Schema di D.Lgs. - Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, nonché decentramento del Ministero della giustizia, a norma della legge 150/2005 - Relazione

Schema di decreto legislativo recante: "Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, nonché decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, commi 1, lettere s) e t), e 12, della legge 15 luglio 2005, n. 150"

Articolato


Il provvedimento attua la previsione contenuta negli articoli 1, comma 1, lettera a) e 2, comma 1, lettere s) e t), nonché nell'articolo 2, comma 12, della legge 25 luglio 2005, n. 150, recante delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico, laddove, in particolare, si prevede che vengano emanati uno o più decreti legislativi diretti, rispettivamente, ad individuare le competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari e ad attuare su base regionale il decentramento del Ministero della giustizia.

In particolare, ed in linea generale, il legislatore delegante ha inteso, in primo luogo, con le previsioni contenute negli articoli 1, comma 1, lettera a) e 2, comma 1, lettera s), della legge 25 luglio 2005, n. 150, riconoscere il ruolo del dirigente amministrativo nell'ambito degli uffici giudiziari, definendone puntualmente i compiti. Ciò sulla scorta della ormai generalmente acquisita consapevolezza di come solo il riconoscimento e la valorizzazione di tale ruolo e professionalità, con la motivazione e responsabilizzazione del dirigente amministrativo che ne conseguono, e di quello rispettivamente spettante al magistrato capo dell'ufficio giudiziario, ed una fattiva sinergia e collaborazione tra tali due diverse componenti degli uffici giudiziari, possono costituire il tramite per il buon funzionamento e l'efficienza degli uffici giudiziari. La legge di delegazione ha, dunque, riconosciuto, in capo ai dirigenti amministrativi, la gestione delle risorse di personale amministrativo, in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio e con il programma delle attività da svolgere nel corso dell'anno predisposto dallo stesso dirigente amministrativo unitamente al magistrato capo dell'ufficio giudiziario, nonché quella delle risorse finanziarie e strumentali assegnategli per lo svolgimento del suo mandato, riservando al magistrato capo dell'ufficio la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio nel suo complesso, oltre alla organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, alle funzioni di "amministrazione dei giudici". Particolare attenzione il legislatore delegante ha poi inteso riservare, con la previsione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera t), della legge n. 150 del 2005, alla amministrazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali relative ai servizi tecnico-amministrativi degli uffici giudiziari compresi nei quattro grandi distretti di Roma, Milano, Napoli e Palermo, prevedendo la costituzione, presso le relative corti di appello, dell'ufficio del direttore tecnico, al cui dirigente è attribuita l'organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale nell'ambito dei suddetti uffici giudiziari.

In secondo luogo, il legislatore delegante ha previsto, con la delega di cui all'articolo 2, comma 12, della legge 25 luglio 2005, n. 150, il decentramento organico del Ministero della giustizia, trasferendo talune potestà decisionali in materia di organizzazione giudiziaria ad organi periferici, le direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria, il cui ambito di attribuzioni, sotto il profilo territoriale, è individuato, appunto, su base regionale. Tale rinnovato modello organizzatorio decentrato del Ministero della giustizia, nel rispondere al criterio guida dettato dall'articolo 5 della stessa Costituzione repubblicana - secondo il quale "La Repubblica (&) attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo" - intende, altresì, evidentemente, mutuarne la ratio: garantire, tramite il decentramento, una migliore amministrazione dei servizi relativi alla giustizia, adeguando l'azione amministrativa nel settore alle specifiche e differenziate esigenze degli uffici giudiziari ricompresi nell'ambito di competenza territoriale di ciascuna direzione regionale o interregionale; e ciò grazie alla miglior conoscenza dei problemi che la maggior vicinanza a tali uffici è in grado di assicurare.

Le evidenti connessioni esistenti tra le due discipline che il legislatore delegante ha chiamato il Governo ad adottare - da un lato, l'individuazione delle competenze dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, con l'istituzione dell'ufficio del direttore tecnico presso le grandi corti di appello e, dall'altro, il decentramento del Ministero della giustizia - discipline che, nel loro complesso, valgono a ridisegnare il sistema della gestione delle strutture amministrative, intese quali insieme di uomini e mezzi, strumentali all'esercizio della giurisdizione, ha indotto ad un esercizio congiunto delle due deleghe, nel contesto, quindi, del presente unico decreto legislativo.

Alla luce delle connotazioni generali delle deleghe, sopra sinteticamente richiamate, e della premessa da ultimo espressa in ordine alla scelta di un loro esercizio congiunto, si passa, di seguito, all'illustrazione dell'articolato. Esso è stato suddiviso in tre capi: il primo, che comprende gli artticolo da 1 a 5, dedicato alla individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, il secondo, che comprende gli articoli da 6 a 10, dedicato al decentramento del Ministero della giustizia ed il terzo contenente le disposizioni finali.

L'articolo 1, nel contesto dello sforzo, che è proprio dell'intervento attuato con la legge 25 luglio 2005, n. 150, di ricercare una ripartizione di competenze e poteri, tra il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente amministrativo, appropriata e coerente con i rispettivi ruoli, definisce l'ambito di quelli riservati alla dirigenza magistratuale. Confermemente a quanto previsto dalla legge di delegazione - per ragioni, deve ritenersi, sia giuridico costituzionali, che di logica organizzativa - la disposizione si preoccupa, in primo luogo, di salvaguardare l'unitarietà dell'ufficio giudiziario, prevedendo l'unitarietà della relativa titolarità, attribuita al magistrato capo dell'ufficio. Essa riserva poi, al medesimo magistrato capo dell'ufficio, la competenza in ordine ai compiti di "amministrazione della giuridizione" e di "amministrazione dei giudici", conferendo, in via esclusiva, allo stesso, la competenza ad adottare i provvedimenti "necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico".

Gli articoli 2 e 3, segnano il momento della valorizzazione del ruolo del dirigente amministrativo, al quale sono attribuiti i poteri di gestione delle strutture amministrative, intese come insieme di uomini e mezzi, di supporto all'esercizio della giuridizione. Tale attribuzione di poteri, oltre che rispondere ad una esigenza di motivazione e responsabilizzazione del dirigente amministrativo degli uffici giudiziari - esigenza oggi mortificata dall'attuale intreccio di competenze, in materia, tra magistrato capo dell'ufficio giudiziario e dirigente amministrativo e dal ruolo anche gestionale esercitato dal primo, in una posizione di sovraordinazione - muove, inoltre, dal presupposto, da ritenere ormai pressochè generalmente acquisito e condiviso, di come la gestione delle strutture amministrative richieda conoscenze, quelle proprie della scienza ed esperienza dell'organizzazione, ed un orientamento, quello del conseguimento di un obiettivo e di un risultato, che, tradizionalmente, non rientrano nel bagaglio professionale proprio del magistrato, la cui conoscenza ed attività sono, essenzialmente, orientate, alla conoscenza delle regole ed alla garanzia della loro osservanza. L'articolo 2 attribuisce quindi al dirigente amministrativo, in primo luogo, la responsabilità della gestione del personale amministrativo con funzioni di supporto degli uffici giudiziari, gestione che andrà, peraltro, attuata in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell'ufficio, oltre che con il programma annuale delle attività da svolgere nel corso dell'anno predisposto dallo stesso dirigente amministrativo unitamente al magistrato capo dell'ufficio giudiziario ai sensi dell'articolo 4. In attuazione di una espressa previsione della legge di delegazione, al dirigente amministrativo è stata attribuita anche la competenza ad adottare direttamente i provvedimenti disciplinari previsti dall'articolo 55, comma 4, terzo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, segnatamente, il rimprovero verbale e la censura.

L'articolo 3, attribuisce poi al dirigente amministrativo la gestione delle risorse finanziarie e strumentali assegnategli per l'espletamento del suo mandato. L'assegnazione di tali risorse è effettuata ad opera del direttore regionale o interregionale territorialmente competente, organo istituito dall'articolo 8, o ad opera dell'amministrazione centrale - a seconda che tali risorse siano strumentali rispetto ad ambiti di competenza decentrata o ad ambiti di competenza rimasta in capo agli organi dell'amministrazione centrale - e secondo i criteri indicati dal Ministro, ai sensi degli articoli 4, comma 1, lettera c), 14, comma 1, lettera b) e 16, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplinano le competenze dell'organo politico di vertice e della dirigenza in materia di assegnazione delle risorse. Il provvedimento di assegnazione delle risorse definisce i limiti entro i quali è il dirigente amministrativo è comptente ad adottare impegni verso l'esterno con oneri di spesa.

L'articolo 4, introduce il programma delle attività annuali, nuovo strumento di organizzazione degli uffici, prodotto della collaborazione tra il magistrato capo dell'ufficio ed il dirigente amministrativo, a mezzo del quale gli stessi annualmente definiscono, tenendo conto delle risorse disponibili ed indicando le priorità, il piano delle attività da svolgere nel corso dell'anno. L'adozione del programma dovrà avvenire, annualmente, entro trenta giorni dalle determinazioni adottate, a seguito della direttiva generale del Ministro della giustizia per l'attività amministrativa e la gestione, di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dal direttore regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria, dal direttore preposto agli uffici istituiti, ai sensi dell'articolo 5, presso le Corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, o dagli organi della amministrazione centrale, per quanto di rispettiva competenza. Il comma 2 dell'articolo in esame disegna infine la sequenza procedimentale volta ad attivare i poteri di intervento del Ministro della giustizia per il caso di mancata predisposizione o esecuzione del programma o di mancata adozione di modifiche dello stesso divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario. In tali casi, qualora il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente amministrativo non provvedano nel termine perentorio fissato dal Ministro, è previsto un intervento sostitutivo di quest'ultimo il quale incarica degli adempimenti urgenti il presidente della corte di appello del distretto di appartenenza dell'ufficio giudiziario inerte ed il dirigente amministrativo del relativo ufficio, mentre provvede direttamente nel caso di inerzia delle corti di appello o della Corte di cassazione.

L'articolo 5, attua la previsione dell'articolo 2, comma 1, lettera t), della legge n. 150 del 2005, prevedendo l'istituzione, presso le Corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo, dell'ufficio del direttore tecnico, organo di livello dirigenziale generale, costituito, presso tali grandi corti di appello, per l'organizzazione tecnica e la gestione dei servizi non aventi carattere giurisdizionale. Nel definire, al comma 3, conformemente ai principi e criteri indicati dalla delega, i compiti demandati all'ufficio, la disposizione riprende quanto poi espressamente chiarito all'articolo 8, comma 3, in ordine alla relazione tra l'ufficio stesso e le, anch'esse neoistituite, direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, richiamando i poteri di programmazione ed indirizzo spettanti al direttore generale preposto alle suddette direzioni generali regionali o interregionali nei confronti della attività dell'ufficio dei direttore tecnico - nei limiti, beninteso, delle competentenze devolute alle direzioni generali regionali e interregionali da lui dirette -.

Conformemente alla delega, la disposizione definisce poi, al comma 4, la dotazione di personale dell'ufficio del direttore tecnico e chiarisce, al comma 5, che le strutture dell'ufficio sono rperite mediante lo strumento della locazione finanziaria.

L'articolo 6, che apre il capo II intitolato al decentramento del Ministero della giustizia, prevede l'istituzione dei nuovi organi periferici del Ministero, le direzioni regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, chiamati ad esercitare, localmente, le attribuzioni trasferite dall'amministrazione centrale. La specifica individuazione di tali direzioni, della circoscrizione regionale o interregionale che ne segna l'ambito di competenza per territorio, dei distretti di corte di appello in essa ricompresi e delle sedi, è prevista nella tabella allegata allo schema. Al fine assicurare il migliore adeguamento della azione aministrativa delle direzioni generali alle necessità degli uffici giudiziari del territorio, le direzioni interregionali sono state limitate a sole quattro, mediante accorpamento delle regioni Piemonte e Valle d'Aosta, Umbria e Marche, Abruzzo e Molise e Calabria e Basilicata. Complessivamente risultano pertanto istituite sedici direzioni generali regionali o interregionali. In relazione alla esigenza di assicurare economicità di gestione o più elevati livelli di efficienza del servizio od alla esigenza di adeguamento delle circoscrizioni alle modificazioni territoriali dei distretti, è possibile procedere alla istituzione, soppressione o modifica delle direzioni generali regionali o interregionali con lo strumento del regolamento di organizzazione, che ha natura di regolamento autorizzato, di cui agli articoli 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 e 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

L'articolo 7, individua l'ambito della sfera di attribuzioni delle direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria, devolvendo alle stesse, in conformità con la delega, le grandi aree funzionali del personale e della formazione, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali, dei beni e dei servizi e delle statistiche (comma 1). Tali aree si connotano come trasversali alla organizzazione per dipartimenti del Ministero della giustizia oggetto del decentramento, interessando sia, in misura preponderante, il Dipartimento per gli affari di giustizia, sia il Dipartimento per la giustizia minorile, sia, infine, il Dipartimento per gli affari di giustizia sia pur, essenzialmente, per ciò che concerne le funzioni dello stesso relative al servizio dei casellari giudiziali. A tale ultimo proposito, si è ritenuto di esplicitare, nella previsione di cui al comma 2, la competenza delle direzioni regionali o interregionali per le funzioni relative al servizio dei casellari giudiziali, competenza che, nel testo della legge di delegazione, sembrava ricavarsi, piuttosto, per implicito, dalla riserva alla amministrazione statale del servizio del casellario giudiziale centrale. Esigenze di immediatezza nella ricostruzione del quadro complessivo delle attribuzioni dei nuovi organi periferici e delle attribuzioni che, pur se relative alle aree funzionali sopra indicate, rimangono, conformemente alle previsioni della delega, in capo all'organizzazione burocratica centrale, hanno indotto a ricompredere anche l'indicazione di queste ultime nel contesto del medesimo articolo 7, al comma 3. La devoluzione alle direzioni generali regionali o interregionali delle grandi aree funzionali del personale e della formazione, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali, dei beni e dei servizi e delle statistiche, comporterà, come è evidente, oltre che la necessità di una puntuale definizione delle funzioni e dei compiti, inerenti tali aree, attribuiti alle direzioni generali medesime e di quelle che, viceversa, resteranno in capo agli organi dell'amministrazione centrale, un intervento di profonda revisione dell'attuale organizzazione del Ministero della giustizia contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55. Lo strumento del regolamento di organizzazione, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, è stato dunque individuato, al comma 4, come quello idoneo, nell'attuale sistema delle fonti, ad attuare tale inevitabile intervento di revisione dell'organizzazione ministeriale. Da tale intervento non potranno derivare ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.

L'articolo 8, oltre a richiamare, a proposito del direttore generale regionale o interregionale dell'organizzazione giudiziaria, la disposizione di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, relativo ai soggetti che possono rivestire incarichi dirigenziali nell'ambito del Ministero della giustizia, individua, al comma 2, nel suddetto direttore generale, il responsabile dell'intera attività della direzione regionale o interregionale, chiamandolo, altresì, ad attuare i programmi definiti, sulla base delle direttive generali emanate dal Ministro della giustizia, dal capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, dal capo del Dipartimento per la giustizia minorile e dal capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, nell'esercizio dei poteri di indirizzo e coordinamento, ad essi rispettivamente spettanti in relazione all'area funzionale nella quale è ricompresa la funzione od il compito devoluto alla direzione generale regionale o interregionale, che l'articolo 7, comma 3, lettera a), in ossequio alle previsioni della delega, riserva alla amministrazione centrale. Come anticipato nell'illustrazione dell'articolo 5, l'articolo 8 chiarisce poi, al comma 3, il rapporto tra l'ufficio del direttore tecnico costituito presso le quattro corti di appello di Roma, Milano, Napoli e Palermo e le direzioni generali regionali e interregionali dell'organizzazione giudiziaria, al cui direttore spettano poteri di programmazione ed indirizzo nei confronti della attività dell'ufficio dei direttore tecnico, nei limiti, beninteso, delle competentenze devolute alle direzioni generali regionali e interregionali da lui dirette. Il comma 4 dell'articolo in esame prevede, infine, la presentazione, da parte del direttore generale regionale o interregionale, con cadenza annuale, ai capi dei Dipartimenti sopra indicati, di una relazione riguardante l'andamento dei servizi, specificandone il contenuto.

L'articolo 9, detta le disposizioni in materia di modifica dell'organico dell'Amminstrazione giudiziaria conseguenti all'istituzione delle direzioni generali regionali o interregionali dell'organizzazione giudiziaria.

L'articolo 10, disciplina l'allocazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie destinate alle direzioni generali regionali ed interregionali, allocazione alla quale provvedono, per quanto di rispettiva competenza, il capo del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, il capo del Dipartimento per la giustizia minorile ed il capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, a norma del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni e del decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 2001, n. 55. La disposizione in esame disciplina inoltre, al comma 2, i poteri di gestione delle risorse finanziarie destinate alla direzione generale regionale o interregionale, la assegnazione delle risorse umane e materiali destinate agli uffici giudiziari, la definizione dei limiti, per gli uffici giudiziari, concernenti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno e che comportano oneri di spesa, nonché, al comma 3, la trasmissione, da parte dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari della cirocscrizione, al direttore generale regionale o interregionale competente, dell'elenco delle spese sostenute nel semestre per il controllo sulla regolare attuazione dei programmi.

L'articolo 11, detta la disciplina transitoria in ordine agli immobili utilizzabili da parte delle direzioni generali regionali e interregionali sino alla data di acquisizione della sede definitiva.

L'articolo 12, prevede la copertura finanziaria degli oneri a carico del bilancio dello Stato derivanti dall'applicazione delle disposizioni recate dal decreto.

L'articolo 13, disciplina la decorrenza dell'efficacia delle disposizioni contenute nel decreto, conformemente a quanto previsto dall'articolo 1, comma 2 e dall'articolo 2, comma 16, della legge 25 luglio 2005, n. 150.