XVIII LEG - Schema di D.Lgs. - disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Reg. (UE) 2017/1939 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della procura europea - «EPPO»

aggiornamento: 16 giugno 2022

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 29 gennaio 2021

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 30 ottobre 2020

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della procura europea - «EPPO»
 

Relazione illustrativa

Indice

Art. 1 - Oggetto
Art. 2 - Autorità competente e procedimento per la designazione dei candidati all’incarico di procuratore europeo
Art. 3 - Collocamento fuori ruolo e trattamento economico del procuratore europeo
Art. 4 - Autorità competente ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento
Art. 5 - Autorità competente e procedimento per la designazione dei procuratori europei delegati
Art. 6 - Provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati
Art. 7 - Trattamento economico e regime contributivo dei procuratori europei delegati
Art. 8 - Modifiche alla tabella B, annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71
Art. 9 - Poteri dei procuratori europei delegati e del procuratore europeo
Art. 10 - Sedi dei procuratori europei delegati
Art. 11 - Valutazioni di professionalità dei procuratori europei delegati
Art. 12 - Comunicazione al procuratore capo europeo di provvedimenti riguardanti i procuratori europei delegati
Art. 13 - Procedimenti disciplinari nei confronti dei procuratori europei delegati per motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento
Art. 14 - Comunicazione e iscrizione di notizie di reato di competenza della Procura europea
Art. 15 - Disposizioni in tema di mandato di arresto europeo
Art. 16 - Contrasti di competenza
Art. 17 - Dichiarazioni relative alle misure di indagine di cui all’articolo 30 regolamento
Art. 18 - Autorità giudiziarie competenti ai sensi degli articoli 25 e 34 del regolamento
Art. 19 - Assunzione di procedimenti della Procura europea
Art. 20 - Disposizioni finanziarie
Art. 21 - Entrata in vigore

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea;

Vista la legge 4 ottobre 2019, n. 117, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge di delegazione europea 2018, e, in particolare, l’articolo 4, che delega il Governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»);

Visto il regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»);

Visto l’articolo 1 della legge 24 aprile 2020, n. 27, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e in particolare il comma 3, il quale dispone che i termini per l’adozione di decreti legislativi con scadenza tra il 10 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020, che non siano scaduti alla data di entrata in vigore della legge, sono prorogati di tre mesi, decorrenti dalla data di scadenza di ciascuno di essi;

Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 30 ottobre 2020;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 29 gennaio 2021;

Su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e il Ministro dell’economia e delle finanze;


E M A N A
il seguente decreto legislativo


Art. 1
(Oggetto)

  1.  Il presente decreto stabilisce le norme necessarie ad adattare l’ordinamento giuridico nazionale alle previsioni del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»), di seguito denominato «regolamento».


Art. 2
(Autorità competente e procedimento per la designazione dei candidati all’incarico di procuratore europeo)

  1. Il Consiglio superiore della magistratura è l’autorità competente alla designazione dei tre candidati all’incarico di procuratore europeo ai fini della nomina da parte del Consiglio dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento.
  2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio superiore della magistratura determina con propria delibera i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall’articolo 16 del regolamento e dal presente decreto. 
  3. Possono candidarsi per l’incarico di procuratore europeo i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, i quali alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione non hanno compiuto il cinquantanovesimo anno di età e hanno conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità. 
  4. I candidati allegano alla dichiarazione di disponibilità ogni elemento ritenuto utile a dimostrare una conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dal collegio della Procura europea ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, del regolamento, il possesso dei requisiti richiesti dall’articolo 16 del regolamento e dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura di cui al comma 2.
  5. Le dichiarazioni di disponibilità sono immediatamente trasmesse al Ministro della giustizia. 
  6. Il Consiglio superiore della magistratura valuta le dichiarazioni di disponibilità nel rispetto dei criteri di cui alla delibera prevista dal comma 2 e, nel termine di trenta giorni dalla scadenza del termine per la loro presentazione, approva con delibera motivata una proposta di designazione di tre candidati idonei e la trasmette al Ministro della giustizia che, nei quindici giorni successivi, può formulare osservazioni, anche proponendo una diversa designazione. 
  7. Nei quindici giorni successivi alla ricezione delle osservazioni del Ministro della giustizia o, comunque, alla scadenza del termine per la formulazione delle stesse, il Consiglio superiore della magistratura designa i tre candidati con delibera motivata. Quando non accoglie le osservazioni formulate dal Ministro della giustizia ai sensi del comma 6, la delibera ne indica specificamente le ragioni. Il Ministro della giustizia procede alla immediata comunicazione dei nominativi dei candidati al Consiglio dell’Unione europea.

 


Art. 3
(Collocamento fuori ruolo e trattamento economico del procuratore europeo)

  1. Il magistrato nominato al posto di procuratore europeo dal Consiglio dell’Unione europea è collocato fuori del ruolo organico della magistratura, fermo restando quanto disposto dall’articolo 58, secondo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Il periodo di collocamento fuori ruolo per lo svolgimento delle funzioni di procuratore europeo non è computato nel termine decennale di cui all’articolo 50, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 e all’articolo 1, comma 68, della legge 6 novembre 2012, n. 190.
  2. Dalla data di decorrenza degli effetti economici del contratto di assunzione sottoscritto con la Procura europea dal magistrato nominato procuratore europeo, cessa il trattamento economico erogato dal Ministero della giustizia a suo favore. 


Art. 4
(Autorità competente ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento)

  1. Il Ministro della giustizia è l’autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo l’accordo previsto dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento. 
  2. Ai fini di cui al comma 1, il Ministro della giustizia, acquisito ogni utile elemento conoscitivo, anche di natura statistica, concernente i reati attribuiti alla competenza della Procura europea, il numero delle persone sottoposte alle indagini ad essi relative, i tempi medi di definizione, la dislocazione sul territorio nazionale degli uffici di procura presso cui i procedimenti sono iscritti e l’eventuale sussistenza di profili di connessione con fenomeni di criminalità organizzata, formula una proposta motivata relativa al numero e alla distribuzione funzionale e territoriale dei procuratori europei delegati e la trasmette, unitamente agli elementi conoscitivi acquisiti, al Consiglio superiore della magistratura. 
  3. Il Consiglio superiore della magistratura esprime il proprio parere sulla proposta formulata ai sensi del comma 2 entro trenta giorni dalla sua ricezione. Scaduto tale termine, il Ministro della giustizia procede alla negoziazione dell’accordo di cui al comma 1 e, all’esito, alla adozione del decreto di cui all’articolo 10, comma 1. Quando non accoglie le osservazioni o la proposta alternativa formulate dal Consiglio superiore della magistratura, il Ministro della giustizia ne indica specificamente le ragioni nella proposta che sottopone al procuratore capo europeo. 
  4. L’accordo concluso con il procuratore capo europeo ai sensi del comma 1 è comunicato senza ritardo dal Ministro della giustizia al Consiglio superiore della magistratura ed è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. 
  5. Le disposizioni dei commi 1, 2, 3 e 4 si applicano anche per le modifiche dell’accordo di cui al comma 1.


Art. 5
(Autorità competente e procedimento per la designazione dei procuratori europei delegati)

  1. Il Consiglio superiore della magistratura è l’autorità competente a designare i procuratori europei delegati ai fini della loro nomina da parte del collegio della Procura europea, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento.
  2. ntro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio superiore della magistratura determina con propria delibera i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall’articolo 17 del regolamento e dal presente decreto. Nell’individuazione dei criteri di valutazione specifico rilievo è accordato all’esperienza maturata dal magistrato nella conduzione di indagini relative a reati contro la pubblica amministrazione e in materia di criminalità economica e finanziaria, nonché alle sue competenze nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale.
  3. Possono candidarsi per l’incarico di procuratore europeo delegato i magistrati, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura o in aspettativa, i quali alla data di presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione non hanno compiuto il cinquantanovesimo anno di età e hanno conseguito almeno la terza valutazione di professionalità. 
  4. I magistrati interessati presentano una dichiarazione di disponibilità in relazione a una o più delle sedi indicate nell’articolo 10, allegando ogni elemento ritenuto utile a dimostrare una conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dal collegio della Procura europea ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, del regolamento, nonché il possesso degli altri requisiti richiesti dall’articolo 17 del regolamento e dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura di cui al comma 2.
  5. Il Consiglio Superiore della Magistratura valuta, in relazione a ciascuna delle sedi indicate nell’articolo 10, le dichiarazioni di disponibilità pervenute nel rispetto delle disposizioni cui all’articolo 13, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 e dei criteri di cui alla delibera prevista dal comma 2. Non si applica il termine previsto dall’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
  6. Entro trenta giorni dalla presentazione delle dichiarazioni di disponibilità, il Consiglio superiore della magistratura designa con delibera motivata, per ciascuna delle sedi indicate nell’articolo 10, un numero di magistrati idonei corrispondente a quello indicato dal procuratore capo europeo all’esito della negoziazione di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento.
  7. Il Ministro della giustizia procede alla immediata comunicazione al procuratore capo europeo dei nominativi dei magistrati designati. 


Art. 6
(Provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati)

  1. Il Consiglio superiore della magistratura destina i magistrati nominati procuratori europei delegati alle sedi indicate nell’articolo 10, disponendo il trasferimento d’ufficio e, se necessario, il mutamento di funzioni degli stessi nel rispetto delle disponibilità manifestate in relazione alle sedi di tramutamento e delle disposizioni cui all’articolo 13, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. 
  2. Con la delibera di trasferimento, qualora l’accordo di cui all’articolo 4, comma 1, preveda che il magistrato nominato procuratore europeo delegato eserciti anche le funzioni di pubblico ministero nazionale, il Consiglio superiore della magistratura dispone l’esonero parziale dall’attività giudiziaria ordinaria in misura corrispondente a quella convenuta nell’accordo. Le funzioni di pubblico ministero nazionale sono esercitate presso la procura della Repubblica di assegnazione di cui al comma 1. 
  3. Alla cessazione dell’incarico di procuratore europeo delegato, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze. In mancanza di una domanda di riassegnazione alla sede di provenienza o di trasferimento ad altra sede, il magistrato cessato dall’incarico di procuratore europeo delegato resta assegnato alla procura della Repubblica cui è stato trasferito ai sensi del comma 1, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze.
  4. Il Consiglio superiore della magistratura richiede, con cadenza annuale, alla Procura europea di comunicare se nei confronti dei magistrati nominati procuratori europei delegati siano stati avviati o definiti procedimenti disciplinari, ovvero se, nei casi agli stessi assegnati, il procuratore europeo incaricato della supervisione abbia adottato la decisione di svolgere l’indagine di persona ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 4, lettera c), del regolamento.
  5. Fermo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 11, comma 1, il procuratore europeo delegato informa senza ritardo il procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia:

            a)    quando riceve formale notizia dell’avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento;
            b)    quando, in un caso assegnatogli, la camera permanente assume una decisione di riassegnazione per i motivi di cui all’articolo 28, paragrafo 3, lettera b), del regolamento o il procuratore europeo adotta la decisione di svolgere l’indagine di persona ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 4, lettera c), del regolamento.

Art. 7
(Trattamento economico e regime contributivo dei procuratori europei delegati)

  1. Dalla data di decorrenza degli effetti economici del contratto di assunzione sottoscritto con la Procura europea dal magistrato nominato procuratore europeo delegato, cessa il trattamento economico erogato a suo favore dal Ministero della giustizia. In caso di esonero parziale, il Ministero della giustizia provvede a rimborsare alla Procura europea la quota di trattamento economico spettante per lo svolgimento dell’ordinaria attività di procuratore nazionale. 
  2. In ogni caso, il periodo di servizio prestato nella qualità di procuratore europeo delegato è computato ai fini della progressione economica per anzianità di servizio e agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza, da determinarsi con riferimento al trattamento economico goduto alla data di assunzione dell’incarico e alla progressione di esso per anzianità di servizio. 
  3. Il versamento dei contributi previdenziali, commisurati sulla base del trattamento economico individuato ai sensi del comma 2, è integralmente posto a carico del Ministero della giustizia, fatto salvo il rimborso all’amministrazione della quota previdenziale posta a carico del magistrato nominato procuratore europeo delegato, secondo le aliquote vigenti.


Art. 8
(Modifiche alla tabella B, annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71)

  1.  La tabella B, annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71, è sostituita dalla tabella B allegata al presente decreto, con l’inclusione, alla lettera L), dei magistrati destinati alle funzioni di procuratori europei delegati.


Art. 9
(Poteri dei procuratori europei delegati e del procuratore europeo)

  1. In relazione ai procedimenti per i quali la Procura europea ha assunto la decisione di avviare o avocare un’indagine, i procuratori europei delegati esercitano, in via esclusiva e fino alla definizione del procedimento, nell’interesse della Procura europea e conformemente alle disposizioni del regolamento e del presente decreto, le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali. 
  2. Ferme in ogni caso le regole ordinarie sulla competenza del giudice, i procuratori europei delegati esercitano le funzioni requirenti sull’intero territorio nazionale, indipendentemente dalla sede di assegnazione.
  3. I procuratori europei delegati, nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, non sono soggetti ai poteri di direzione attribuiti ai procuratori della Repubblica dall’articolo 70 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 e dagli articoli 1, 2, 3 e 4, comma 1, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, né all’attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte di appello prevista dall’articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106. Non si applicano gli articoli 53, 371-bis, 372, 412, 413 e 421-bis, commi 1, secondo periodo, e 2 del codice di procedura penale.
  4. Nel caso previsto dall'articolo 28, paragrafo 4, del regolamento, il procuratore europeo esercita le funzioni requirenti secondo quanto previsto dai commi 1 e 2.

Art. 10
(Sedi dei procuratori europei delegati)

  1. Nei quindici giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell’accordo di cui all’articolo 4, comma 1, il Ministro della giustizia determina con proprio decreto la pianta organica dei procuratori europei delegati in conformità alle previsioni dell’accordo, individuando le sedi di servizio dei procuratori europei delegati presso una o più procure della Repubblica dei capoluoghi di distretto e modificando, ove necessario, le piante organiche degli uffici giudiziari, nell’ambito delle attuali dotazioni organiche. Allo stesso modo il Ministro della giustizia procede in caso di successive modifiche dell’accordo ai sensi dell’articolo 4, comma 5.
  2. Nei trenta giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto del Ministro della giustizia di cui al comma 1, previa determinazione del numero, della qualifica professionale, delle specifiche competenze anche linguistiche e dei requisiti di anzianità e curricolari richiesti, il Ministero della giustizia individua, a mezzo di interpello nazionale riservato al personale di ruolo dell’Amministrazione giudiziaria, le unità di personale amministrativo da assegnarsi alle sedi di servizio dei procuratori europei delegati. Nello stesso termine, sentiti i dirigenti delle procure della Repubblica individuate ai sensi del comma 1, il Ministero della giustizia adotta le misure necessarie ad assicurare la disponibilità, da parte di detti uffici, di locali e di beni strumentali idonei a consentire ai procuratori europei delegati l’esercizio delle funzioni e dei compiti loro assegnati dal regolamento in condizioni di eguaglianza rispetto ai pubblici ministeri nazionali. I provvedimenti di cui al presente comma sono assunti nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  3. Nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto del Ministro della giustizia di cui al comma 1, i dirigenti delle procure della Repubblica individuate quali sedi dei procuratori europei delegati adottano i provvedimenti organizzativi necessari a favorire la piena integrazione dei procuratori europei delegati nell’ambito dell’ufficio e a dotarli delle unità di personale amministrativo, dei locali e dei beni strumentali  di cui al comma 2, assicurando in ogni caso l’eguaglianza di trattamento rispetto ai procuratori pubblici ministeri nazionali nelle condizioni generali di lavoro e nella fruizione dell’ambiente lavorativo.
  4. I provvedimenti indicati al comma 3 sono immediatamente comunicati al Ministero della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura.
  5. Fermo quanto previsto dai commi 2, 3 e 4, il Ministro della giustizia e il Consiglio superiore della magistratura assumono, nell’ambito e nei limiti delle rispettive attribuzioni, le iniziative necessarie a favorire la piena integrazione dei procuratori europei delegati presso gli uffici di procura cui sono destinati e ad agevolare l’assolvimento delle funzioni e dei compiti loro assegnati dal regolamento.

Art. 11
(Valutazioni di professionalità dei procuratori europei delegati)

  1.  Ai fini della procedura di valutazione della professionalità di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come modificato dall’articolo 2, comma 2, della legge 30 luglio 2007, n. 111, il Consiglio superiore della magistratura richiede alla Procura europea di trasmettere:
    a)    un rapporto informativo sull’attività svolta dal magistrato nominato procuratore europeo delegato e i relativi dati statistici;
    b)    copia dei precedenti rapporti di valutazione del rendimento;
    c)    notizie relative alle eventuali decisioni di riassegnazione dei casi assunte dalla camera permanente per i motivi di cui all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento;
    d)    un aggiornamento delle informazioni di cui all’articolo 6, comma 4.
  2. La documentazione di cui al comma 1, unitamente a quella in precedenza acquisita sull’attività del procuratore europeo delegato ai sensi dell’articolo 6, comma 4, è trasmessa dal Consiglio superiore della magistratura al Consiglio giudiziario della Corte di appello di Roma ed è utilizzata ai fini delle valutazioni di professionalità, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. 


Art. 12
(Comunicazione al procuratore capo europeo di provvedimenti riguardanti i procuratori europei delegati)

  1. I provvedimenti che comportano la cessazione dal servizio, i provvedimenti di trasferimento di ufficio e i provvedimenti disciplinari, anche di natura cautelare, adottati per motivi non connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento nei confronti dei magistrati nominati procuratori europei delegati, sono eseguiti solo dopo averne dato comunicazione al procuratore capo europeo.
  2. In caso di trasferimento di ufficio, il Consiglio superiore della magistratura determina la nuova sede di assegnazione del magistrato acquisito il parere del procuratore capo europeo.
  3. Ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, possono essere richiesti, ove rilevanti, atti, documenti e informazioni alla Procura europea., è trasmessa dal Consiglio superiore della magistratura al Consiglio giudiziario della Corte di appello di Roma ed è utilizzata ai fini delle valutazioni di professionalità, ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. 


Art. 13
(Procedimenti disciplinari nei confronti dei procuratori europei delegati per motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento)

  1. Quando è fondato su motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento, il procedimento disciplinare nei confronti del magistrato nominato procuratore europeo delegato può essere iniziato solo dopo aver acquisito il consenso del procuratore capo europeo.
  2. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione richiede al procuratore capo europeo di esprimere il consenso ai sensi del comma 1 una volta ricevuta la richiesta di indagini dal Ministro della giustizia o prima di effettuare la In caso di diniego del consenso, assunta ogni utile informazione, il procuratore generale presso la Corte di cassazione o, quando abbia richiesto di promuovere l’azione disciplinare, il Ministro della giustizia possono richiedere nei successivi trenta giorni al collegio della Procura europea di riesaminare la questione.
  3. La richiesta del procuratore generale presso la Corte di cassazione sospende il decorso dei termini previsti dall’articolo 15, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 sino al momento in cui perviene notizia del consenso espresso dal procuratore capo europeo o, nell’ipotesi prevista dal comma 3, della decisione favorevole del collegio della Procura europea. Nei rimanenti casi, i termini riprendono a decorrere a seguito della cessazione dell’incarico di procuratore europeo delegato, di cui il Consiglio superiore della magistratura informa tempestivamente il procuratore generale presso la Corte di cassazione ai fini dell’avvio del procedimento disciplinare.
  4. L’azione disciplinare non può comunque essere iniziata o proseguita quando la sussistenza dei fatti oggetto di addebito o della responsabilità del magistrato è stata esclusa dal collegio della Procura europea con decisione irrevocabile.
  5. Quando i fatti contestati nell’addebito disciplinare, ovvero altre circostanze comunque rilevanti ai fini del procedimento disciplinare, hanno formato oggetto di procedimento disciplinare da parte del collegio della Procura europea, il procuratore generale presso la Corte di cassazione richiede alla Procura europea la trasmissione degli atti pertinenti.
  6. La documentazione di cui al comma 6 è utilizzabile per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione disciplinare e nel giudizio disciplinare. La rinnovazione dell’esame dei testimoni è ammessa solo su fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni o se ritenuta necessaria sulla base di specifiche esigenze.
  7. In caso di condanna, nella commisurazione delle sanzioni di cui all’articolo 5, comma 1, lettere c), d) ed e), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, si tiene conto di quella già eventualmente irrogata dal collegio della Procura europea per il medesimo fatto. 


Art. 14
(Comunicazione e iscrizione di notizie di reato di competenza della Procura europea)

  1. Le comunicazioni di cui all’articolo 347 del codice di procedura penale, le denunce, le querele, gli esposti e gli ulteriori atti comunque denominati che hanno ad oggetto reati in relazione ai quali la Procura europea potrebbe esercitare la sua competenza ai sensi degli articoli 22 e 25, paragrafi 2 e 3, del regolamento sono presentati o trasmessi, oltre che al pubblico ministero nazionale, al procuratore europeo delegato.
  2. Quando riceve o acquisisce di propria iniziativa notizia di uno dei reati di cui al comma 1, il pubblico ministero provvede agli adempimenti previsti dall’articolo 335, primo comma, del codice di procedura penale, se la Procura europea non ha già comunicato di esercitare la sua competenza e risulta necessario procedere al compimento di atti urgenti o vi è comunque motivo di ritenere che un ritardo nell’avvio delle indagini possa comprometterne l’esito.
  3. Fuori dai casi previsti dal comma 2, il pubblico ministero dispone l’annotazione della notizia di reato in apposito registro, tenuto in forma automatizzata, che il Ministro della giustizia istituisce con proprio decreto da adottare entro trenta gi
  4. Quando la Procura europea comunica che non intende esercitare la sua competenza e, in ogni caso, decorsi trenta giorni dalla annotazione prevista dal comma 3, il pubblico ministero procede immediatamente agli adempimenti previsti dall’articolo 335, comma 1, del codice di procedura penale. 
  5. Il pubblico ministero informa la Procura europea dell’iscrizione del procedimento e dell’avvio delle indagini preliminari ai sensi del comma 2.


Art. 15
(Disposizioni in tema di mandato di arresto europeo)

  1. Le procedure di consegna relative a mandati di arresto europei emessi da procuratori europei delegati sono disciplinate dalla legge 22 aprile 2005, n. 69.
  2. Ai fini della procedura passiva di consegna, per «Stato membro di emissione» si intende lo Stato membro dell’Unione europea in cui si trova il procuratore europeo delegato che ha emesso il mandato di arresto europeo


Art. 16
(Contrasti di competenza)

  1. Il procuratore generale presso la Corte di cassazione è l’autorità competente a decidere in caso di contrasto tra la Procura europea e una o più procure della Repubblica sulla competenza a procedere ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento.
  2. Ai contrasti di competenza di cui al comma 1 si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 54, 54-bis, 54-ter e 54-quater del codice di procedura penale.


Art. 17
(Dichiarazioni relative alle misure di indagine di cui all’articolo 30 regolamento)

  1. Ai fini di cui all’articolo 30, paragrafi 1 e 3, del regolamento, i procuratori europei delegati sono autorizzati a disporre o a chiedere le intercettazioni di conversazioni e le consegne controllate di merci nei limiti e alle condizioni previste dalle norme vigenti.
  2. Nei quindici giorni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, il Governo, su proposta del Ministro della giustizia, notifica alla Procura europea l’elenco dei reati per i quali le norme vigenti consentono l’impiego, a fini di indagine penale, dell’intercettazione di conversazioni o comunicazioni e delle consegne controllate di merci.

Art. 18
(Autorità giudiziarie competenti ai sensi degli articoli 25 e 34 del regolamento)

  1. Nei casi previsti dagli articoli 25, paragrafo 4, e 34, paragrafi 5 e 6, del regolamento, autorità competente è il procuratore generale presso la corte di cassazione.
  2. Il procuratore generale presso la corte di cassazione dà in ogni caso comunicazione al Ministro della giustizia delle determinazioni assunte.


Art. 19
(Assunzione di procedimenti della Procura europea)

  1. Quando, in conseguenza delle determinazioni assunte dal procuratore generale presso la corte di cassazione ai sensi dell’articolo 18, sono trasferiti nello Stato procedimenti relativi a indagini condotte da procuratori europei delegati di altri Stati membri, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 746-ter, commi 3, 4, 5, 6 e 7, del codice di procedura penale.
  2. La disposizione del comma precedente si applica anche nei casi in cui i procedimenti di indagine sono trasferiti nello Stato in forza di provvedimenti assunti dalle camere permanenti della Procura europea ai sensi degli articoli 26, paragrafo 5, e 36, paragrafi 3 e 4.


Art. 20
(Disposizioni finanziarie)

  1. Dall’attuazione del presente decreto, fatta eccezione per l’articolo 4, non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell’ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  2. Agli oneri derivanti dall’articolo 4, pari ad euro ad euro 533.848 annui a decorrere dall’anno 2021, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 4, comma 10 della legge 4 ottobre 2019, n. 117.

 

Art. 21
(Entrata in vigore)

  1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 



  
Relazione illustrativa

1. Il presente schema di decreto legislativo viene predisposto in esecuzione delle disposizioni di cui all’articolo 4 della legge 4 ottobre 2019, n. 117 - Legge di delegazione europea 2018, con cui il Governo è stato delegato all’emanazione di uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea - «EPPO» (indicato, di seguito come «regolamento EPPO» o, ancor più brevemente, come «regolamento» o «reg.»).

Si rammenta, in proposito, che l’originario termine di nove mesi per l’esercizio delega è stato prorogato di tre mesi in forza dell’articolo 1, comma 3, della legge 24 aprile 2020, n. 27 (di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18), concernente tutti i decreti legislativi in scadenza tra il 10 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020, non siano scaduti alla data di entrata in vigore della legge.

La scadenza del termine suddetto risulta attualmente fissata al 2 febbraio 2021.

2. Ai fini della predisposizione dell’articolato normativo si è tenuto conto delle indicazioni emergenti dalle riunioni del gruppo di esperti previsto dall’articolo 20(4) del regolamento e del Gruppo COPEN dedicate all’istituzione della Procura europea. Nel giugno 2019, inoltre, una delegazione italiana ha preso parte all’incontro organizzato dalla Commissione europea in Bruges per la discussione e la verifica delle attività in corso negli Stati Membri in vista dell’entrata in funzione dell’EPPO, nonché dei processi di adeguamento degli ordinamenti interni alle previsioni della cd. direttiva PIF (direttiva UE 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, di recente implementata con decreto legislativo n. 27 del 2020, in vigore dal 30 luglio 2020). In ambito interno sono stati organizzati vari incontri con il Consiglio superiore della magistratura, che già nel novembre 2018 aveva espresso un articolato parere sulle previsioni della legge delega all’epoca in fase di approvazione, e con la procura generale presso la Corte di cassazione, che pure ha elaborato un proprio contributo sulle più opportune scelte ordinamentali e organizzative da operarsi in sede di attuazione della delega.

Da ultimo, su richiesta del Ministro della giustizia, il Consiglio superiore della magistratura ha espresso un ulteriore parere in data 30 dicembre 2020.

3. Va preliminarmente osservato che, in conformità alle previsioni dell’articolo 86(1) TFUE, la Procura europea è stata istituita, come detto, attraverso l’adozione di un regolamento e, dunque, di un atto normativo di «portata generale», nonché «obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri», come previsto dall’articolo 288(2) TFUE e ricordato nella clausola finale dello stesso Regolamento (UE) 2017/1939.

Da tale ultima caratteristica discende che, in linea di principio, le disposizioni in esso contenute entrano immediatamente a far parte degli ordinamenti interni e determinano, pertanto, effetti modificativi e (sostanzialmente) abrogativi delle norme preesistenti senza che sia necessario, e nemmeno consentito, un intervento di adattamento o di attuazione ad opera dei legislatori nazionali. Ciò non esclude, naturalmente, che provvedimenti nazionali integrativi siano implicitamente o esplicitamente richiesti dallo stesso regolamento, come in particolare avviene nel caso di specie. Ove tale evenienza non ricorra, tuttavia, un eventuale atto di «recepimento», come efficacemente rilevato in dottrina, «sarebbe non soltanto superfluo, ma anche incompatibile con l’articolo 288, secondo comma, perché avrebbe l’effetto di trasformare il regolamento in un provvedimento interno e ne occulterebbe, agli occhi dei giudici e delle persone interessate, la natura comunitaria». Ne consegue fra l’altro che, come affermato dalla Corte costituzionale sin da epoca risalente (ovvero ancor prima dell’istituzione dell’Unione Europea), «[l]’emanazione [di] corrispondenti norme italiane, non dettate dalla esigenza di dare alle norme comunitarie attuazione nello Stato, ma dovuta [...] al disconoscimento dell’efficacia immediata e diretta delle norme comunitarie in Italia, contrasta con i principi sanciti dal Trattato di Roma [...]»: contrasto che si verifica «non solo nell’ipotesi di norme interne successive incompatibili con quelle emanate dai competenti organi delle Comunità europee, ma anche nell’ipotesi di norme interne, legislative o regolamentari, di contenuto puramente riproduttivo [...]»(1).

Alla stregua di tali consolidati princìpi, nell’approntamento del testo normativo, si è ritenuto di non avvalersi dei poteri di intervento di cui alle lettere da l) a o) della norma di delega, la cui attuazione si sarebbe risolta nella mera duplicazione di disposizioni già contenute nel regolamento(2).

Le rimanenti indicazioni della legge delega sono state attuate nei limiti del rispetto dei princìpi suddetti, come puntualmente specificato in sede di commento alle singole disposizioni del decreto.

Dev’essere in ogni caso rammentato come, ai sensi dell’articolo 5(3) reg., «[l]e indagini e le azioni penali a nome dell’EPPO» trovino nel regolamento la fonte prioritaria e prevalente di disciplina, laddove invece «[i]l diritto nazionale si applica [unicamente] agli aspetti non disciplinati» ed è, dunque, recessivo in caso di previsioni concorrenti (ovvero «[q]ualora un aspetto sia disciplinato sia dal diritto nazionale che dal [...] regolamento»).

4. Lo schema di decreto si compone di 21 articoli, di seguito illustrati in dettaglio.

4.1. L’articolo 1 definisce la finalità e l’oggetto dell’intervento normativo, individuati nella predisposizione delle norme necessarie ad adattare l’ordinamento giuridico nazionale alle previsioni del regolamento EPPO. 4.2. Con l’articolo 2 è stata attuata la previsione di cui alla lettera a) delle norme di delega, con cui si richiedeva di provvedere all’individuazione dell’autorità competente a designare, a norma dell’articolo 16(1) del regolamento EPPO, i tre candidati al posto di procuratore europeo, nonché alla determinazione dei criteri e delle modalità di selezione regolanti la designazione e il relativo procedimento.

4.2.1. Rispetto alla disciplina transitoria dettata dalla legge delega(3), si è ritenuto di apportare alcune modifiche che, senza alterare la sostanza delle scelte qualificanti a suo tempo compiute, per un verso semplificano l’interlocuzione tra il Consiglio superiore della magistratura e il Ministro della giustizia nella procedura di designazione, per altro verso precisano e integrano la disciplina di quest’ultima, soprattutto con riferimento ai requisiti richiesti per la designazione dei candidati a ricoprire l’incarico di procuratore europeo.

4.2.2. E infatti, ferma l’individuazione del Consiglio superiore della magistratura quale autorità competente per la designazione dei candidati (già prevista al comma 8 della norma di delega), un primo elemento di novità viene introdotto con il comma 2, ove si stabilisce che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio superiore della magistratura determini con propria delibera i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall’articolo 16 del regolamento e dal presente decreto. Trattasi, all’evidenza, di modifica finalizzata a garantire la massima puntualità e trasparenza del procedimento di selezione, richiedendo la preventiva individuazione e ostensione dei relativi criteri e profili procedurali da parte dell’organo di autogoverno.

4.2.3. I commi 3 e 4 implementano le previsioni dettate in via transitoria con riferimento alle condizioni richieste per la presentazione della dichiarazione di disponibilità alla designazione da parte dei magistrati interessati, condizioni peraltro meramente integrative rispetto a quelle previste dal regolamento.

In particolare, al comma 3 della disposizione, nel confermare la legittimazione a prendere parte alla selezione di tutti i magistrati appartenenti all’ordine giudiziario, anche se addetti a funzioni giudicanti o fuori ruolo (la cui designazione ricomprende, in ogni caso, l’eventuale tramutamento di funzioni del magistrato addetto alle prime), si precisa innanzitutto che alla presentazione della domanda non osta l’eventuale situazione di aspettativa di cui, eventualmente, il magistrato stia fruendo nel periodo di vigenza del bando di concorso.

In secondo luogo, è parso necessario fissare un limite massimo d’età per gli aspiranti, individuato – in accoglimento delle osservazioni formulate dalle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato – in cinquantanove anni, al fine di assicurare l’espletamento dell’incarico almeno sino al termine naturale di scadenza (6 anni, non rinnovabili ma prorogabili di 3 anni ex articolo 16(3) reg.), prima del raggiungimento dell’età pensionabile prevista per gli «agenti temporanei», che l’articolo 47, lettera a), del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea fissa a sessantasei anni. Non è stata invece recepita l’indicazione della Commissione giustizia della Camera di stabilire a sessant’anni il limite in questione, al fine di tener conto – come avvenuto per la disciplina relativa ai procuratori europei delegati – della tempistica del procedimento di designazione, prudenzialmente quantificata in dodici mesi.

Nessuna modifica è stata invece apportata al requisito connesso alla necessità che, al momento della presentazione della domanda, il candidato abbia conseguito almeno la quarta valutazione di professionalità.

Il comma 4 richiede altresì che gli aspiranti, oltre alle necessarie competenze linguistiche (ovvero «una conoscenza adeguata della lingua di lavoro adottata dal collegio della Procura europea ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, del regolamento»), dimostrino il possesso dei requisiti richiesti dall’articolo 16 del regolamento e dalla delibera del Consiglio superiore della magistratura di cui al comma 2.

Nella stesura finale del decreto è stato soppresso il requisito della «capacità scientifica e di analisi delle norme», inizialmente richiesto per i magistrati aspiranti all’incarico di procuratore europeo delegato, dovendo quest’ultimo – ai sensi dell’articolo 4 del regolamento – esercitare «[l]e funzioni di pubblico ministero dinanzi agli organi giurisdizionali competenti [...] fino alla pronuncia del provvedimento definitivo», e dunque anche innanzi alla Corte di cassazione.

Si era quindi avvertita la necessità che i magistrati chiamati a svolgere detto incarico presentassero requisiti di preparazione e capacità tecnica equiparabili a quelli previsti per il conferimento delle funzioni di legittimità. Per tale ragione, da un lato, la relativa verifica era stata affidata alla medesima Commissione tecnica nominata dal Consiglio superiore della magistratura per il conferimento in via ordinaria delle funzioni suddette (ex articolo 12, comma 13, decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160), dall’altro essa non veniva richiesta per i magistrati che ne risultassero già investiti. Dal momento che l’articolo 28(4) del regolamento EPPO ammette, seppur in via eccezionale, che – previa approvazione della competente camera permanente – al procuratore europeo delegato possa decidere di sostituirsi il procuratore europeo, anche per la designazione di quest’ultimo era stata previsto l’accertamento della «capacità scientifica e di analisi delle norme».

Tuttavia, alla luce dei rilievi espressi dal Consiglio superiore della magistratura nel parere reso in data 30 dicembre 2020, e segnatamente della ritenuta eccessiva brevità del termine di trenta giorni indicato per il completamento della procedura di designazione dei procuratori europei delegati, nell’assoluta impossibilità di prevedere un prolungamento di detto termine in ragione dell’imminente avvio dell’attività di EPPO (allo stato addirittura programmata per il 1° marzo 2021), si è reso indispensabile eliminare nella stesura finale il requisito in parola, e ciò – naturalmente – anche per quanto riguarda l’incarico di procuratore europeo.

4.2.4. I commi da 5 a 7 dell’articolo 2 disciplinano le attività successive alla presentazione della dichiarazione di disponibilità da parte degli aspiranti e intervengono, come detto, con finalità di semplificazione e snellimento sulle regole dettate in via transitoria per l’interlocuzione tra Ministro della giustizia e Consiglio superiore della magistratura.

E infatti, ferma la necessità dell’immediata trasmissione al Guardasigilli delle suddette dichiarazioni di disponibilità e ferma, dunque, anche la possibilità – espressamente contemplata nel regime transitorio – di un’autonoma istruttoria sul versante ministeriale, la nuova disciplina prevede che:

  1. il Consiglio superiore della magistratura proceda alle valutazioni di competenza nel rispetto dei criteri di cui alla delibera prevista dal comma 2 e, nel termine di trenta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle dichiarazioni di disponibilità, approvi senz’altro – con delibera motivata – una proposta di designazione di tre candidati idonei;
  2. quest’ultima sarà trasmessa al Ministro della giustizia, affinché formuli – nei quindici giorni successivi – eventuali osservazioni, che possono consistere anche nella proposta di una diversa designazione dei candidati;
  3. alla scadenza del termine suddetto, laddove non pervengano osservazioni, il Consiglio superiore della magistratura provvederà immediatamente alla designazione dei candidati; quando, invece, il Ministro della giustizia abbia formulato osservazioni, il Consiglio disporrà di ulteriori quindici giorni per assumere le determinazioni definitive, che dovranno essere sorrette da specifica motivazione in merito ad eventuali profili di dissenso rispetto ai rilievi del Guardasigilli;
  4. infine, all’esito alla designazione, i nominativi dei candidati designati saranno immediatamente comunicati dal Ministro della giustizia al Consiglio dell’Unione Europea (il testo originario della norma, che prevedeva un’apposita comunicazione dal Consiglio superiore della magistratura al Ministro della giustizia, è stato così riformulato, senz’alcuna innovazione di natura sostanziale, giacché le delibere consiliari sono comunque destinate ad essere recepite in un decreto ministeriale). Rispetto alla disciplina transitoria, è stato dunque soppresso il potere di iniziativa riconosciuto al Ministro della giustizia, cui il comma 6 dell’articolo 4 della legge di delega rimetteva il potere di formare – corredandola con le relative valutazioni – una «graduatoria dei candidati».

La previsione secondo cui è il Consiglio superiore della magistratura a sottoporre una propria proposta di designazione al Guardasigilli ha comportato, altresì, la soppressione della necessaria verifica da parte di quest’ultimo della ‘controproposta’ del Consiglio in caso di mancata condivisione della quella originaria.

In definitiva, nei termini in cui viene attualmente delineata, l’interlocuzione del Ministro della giustizia è prevista come meramente eventuale, ma risultano confermati tanto il potere di formulare (contro)proposte di designazione diverse da quelle dell’organo di autogoverno, quanto l’obbligo – a carico di quest’ultimo – di piena ostensione delle ragioni di un eventuale orientamento da esse difforme: aspetti sui quali, al netto delle ricordate scansioni puramente procedurali ora soppresse, si concentravano e si concentrano ancor oggi gli effettivi termini sostanziali dell’equilibrio istituzionale tra gli attori della procedura di designazione.

4.3. Rispondono essenzialmente ad esigenze di chiarezza, linearità e completezza del disposto normativo, e in nulla – pertanto – modificano il previgente regime transitorio, le previsioni di cui all’articolo 3 dedicate alla disciplina dello status del procuratore europeo nell’ambito dell’ordine giudiziario nazionale e al suo trattamento economico.

4.3.1. In proposito, come visto, la disciplina transitoria dichiarava – al comma 9 – non applicabile al procuratore europeo i commi 68, 69, 71 e 72, dell’articolo 1 della cd. legge Severino (legge 6 novembre 2012, n. 190), relativi all’esonero di taluni incarichi fuori ruolo dal rispetto del termine decennale.

Le nuove previsioni, da un lato, circoscrivono il richiamo al solo comma 68 della legge suddetta, unica disposizione in concreto rilevante per la posizione del procuratore europeo (risultando invece le altre finalizzate alla definizione di incarichi fuori ruolo già in essere), dall’altro ricomprendono altresì l’analogo termine decennale previsto dell’articolo 50, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, nr. 160.

Anche l’espressa previsione del collocamento fuori ruolo magistrato nominato procuratore europeo dal Consiglio dell’Unione europea appare priva di sostanziale portata innovativa, costituendo mera esplicitazione testuale di una scelta già compiuta in precedenza, che l’originaria formulazione della norma relegava a presupposto implicito dell’inoperatività del termine decennale.

Al riguardo, si osserva che il procuratore europeo – analogamente a quanto avviene per il procuratore capo europeo – viene assunto dall’EPPO in qualità di «agente temporaneo» e, per l’intera durata del suo incarico, è quindi assoggettato allo statuto dei funzionari dell’Unione, anche per quanto riguarda il regime economico, contributivo e previdenziale.

Tale profilo è stato valorizzato, nel senso della necessità del collocamento fuori ruolo del magistrato, oltre che da autorevole dottrina, anche dalla Procura generale presso la Corte di cassazione nel contributo ricordato nelle premesse, ove si è del tutto condivisibilmente rilevato che l’assunzione della qualifica di agente temporaneo «stabilisce un rapporto di dipendenza organica con l’agenzia europea e il suo inserimento nella struttura centrale di EPPO sia pur in funzione di raccordo con i PED che operano nei singoli stati».

D’altro canto, anche l’esercizio di funzioni di natura propriamente giudiziaria ad opera del procuratore europeo costituisce ipotesi che lo stesso regolamento, con la già menzionata previsione di cui all’articolo 28(4), contempla solo tra le evenienze ‘eccezionali’, dovendosi in ogni caso tener presente che in plurime occasioni lo stesso Consiglio superiore della magistratura ha ritenuto lo svolgimento di dette funzioni in sé compatibile con il collocamento fuori ruolo(4).

A ciò può aggiungersi che tale collocazione ordinamentale del procuratore europeo risulta altresì coerente sia con la procedura attraverso cui si perviene alla sua nomina, deliberata all’esito della procedura di selezione dal Consiglio dell’Unione europea (articolo 17(2) reg.), sia con il potere di detta istituzione – nonché del Parlamento europeo e della Commissione – di trarlo a giudizio innanzi alla Corte di giustizia affinché sia rimosso dalle funzioni quando «[si] riscontri che non è più in grado di esercitare le sue funzioni o che ha commesso una colpa grave»(5).

Per tali ragioni, cui in verità altre potrebbero aggiungersi (con riferimento, ad esempio, alla stessa immunità da qualsiasi iniziativa disciplinare in ambito nazionale per l’intera durata dell’incarico), si è ritenuto necessario discostarsi dal ricordato parere espresso dal Consiglio superiore della magistratura nel novembre 2018 e di confermare la scelta, già – come detto – a suo tempo operata dal Parlamento al momento del conferimento della delega in oggetto, di collocare fuori ruolo il magistrato nominato all’incarico di procuratore europeo.

Per i medesimi motivi non è stata accolta l’osservazione formulata dalla Commissione giustizia del Senato, ripresa anche nell’ulteriore parere espresso dal Consiglio superiore della magistratura il 30 dicembre 2020, in cui non si prospettano elementi sostanziali di valutazione nuovi o diversi rispetto a quelli sin qui esposti.

Attraverso il rinvio alla disposizione di cui dall’articolo 58, secondo comma, del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, viene infine precisato, al fine di garantire la neutralità finanziaria della disposizione, che nella qualifica iniziale del ruolo è lasciato scoperto un posto in corrispondenza di quello occupato dal magistrato collocato fuori ruolo.

4.3.2. Anche il comma 2 della norma, a mente del quale «[d]alla data di decorrenza degli effetti economici del contratto di assunzione sottoscritto con la Procura europea dal magistrato nominato procuratore europeo, cessa il trattamento economico erogato dal Ministero della giustizia a suo favore, costituisce disposizione sostanzialmente priva di autonoma portata innovativa, con essa registrandosi unicamente l’effetto derivante alla sfera giuridico-economica del procuratore europeo dall’assunzione in qualità di «agente temporaneo» dell’EPPO, cui si ricollega – tra l’altro – l’impossibilità di essere remunerato (anche) dallo Stato membro di appartenenza (la modifica, di mero drafting, del testo originario della norma consente una più puntuale indicazione del momento a partire dal quale cessa l’erogazione del trattamento economico del procuratore europeo a carico del Ministero della giustizia).

Del tutto in linea con quanto appena osservato appare, del resto, la recente delibera assunta il 9 settembre 2020 dal Consiglio superiore della magistratura, a mezzo della quale il primo magistrato italiano nominato all’incarico di procuratore europeo è stato collocato in aspettativa senza assegni ai sensi dell’articolo 23-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001: regime che, come risulta dalla medesima delibera, «comporta come effetto naturale, ovvero conseguenza necessaria, il collocamento fuori ruolo del magistrato».

4.4. L’articolo 4 dà attuazione alla prima delle due previsioni di cui alla lettera b) della delega, individuando nel Ministro della giustizia l’autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo l’accordo previsto dall’articolo 13(2) del regolamento, volto alla determinazione del numero dei procuratori europei delegati, nonché alla ripartizione funzionale e territoriale delle loro competenze.

In parziale accoglimento delle osservazioni formulate dalle Commissioni giustizia della Camera e del Senato, si è previsto: a) che il Ministro della giustizia debba elaborare in autonomia una proposta motivata da sottoporre al procuratore capo europeo in vista dell’accordo suddetto; b) che su detta proposta vada acquisito il parere del Consiglio superiore della magistratura; c) che detto parere sia espresso entro un termine di trenta giorni, scaduto il quale il Ministro procede alla negoziazione dell’accordo con il procuratore capo europeo e all’assunzione dei provvedimenti a quest’ultimo conseguenti.

Si è altresì previsto che, laddove il Consiglio superiore della magistratura formuli osservazioni sulla proposta ministeriale o avanzi una proposta alternativa, il Ministro della giustizia possa discostarsene solo motivando specificamente circa le ragioni del suo eventuale diverso avviso.

In conseguenza del diverso apporto procedimentale ora richiesto all’organo consiliare, in precedenza configurato nei termini di «intesa», si è inoltre stabilito che il solo Ministro della giustizia debba procedere – in vista della negoziazione e, ovviamente, prima di sottoporre all’Organo di autogoverno la propria proposta di accordo – all’acquisizione di «ogni utile elemento conoscitivo, anche di natura statistica, concernente i reati attribuiti alla competenza della Procura europea, il numero delle persone sottoposte alle indagini ad essi relative, i tempi medi di definizione, la dislocazione sul territorio nazionale degli uffici di procura presso cui i procedimenti sono iscritti e l’eventuale sussistenza di profili di connessione con fenomeni di criminalità organizzata».

Tali elementi informativi andranno trasmessi dal Ministro della giustizia al Consiglio superiore della magistratura a corredo della proposta.

Il comma 4 della disposizione stabilisce che l’accordo concluso con il procuratore capo europeo sia comunicato senza ritardo dal Ministro della giustizia al Consiglio superiore della magistratura e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Il comma 5 estende, infine, la procedura sin qui descritta alle eventuali successive modifiche dell’accordo.

4.4.1. Nel merito delle ragioni che hanno condotto alla modifica della norma, si osserva che, come in precedenza accennato, essa prevedeva in origine che il Ministro della giustizia dovesse procedere «d’intesa con il Consiglio superiore della magistratura e nei limiti delle rispettive attribuzioni» (comma 1), stabilendo – ancor più nel dettaglio – che anche la proposta da sottoporsi al procuratore capo europeo in vista dell’accordo venisse «formulata di concerto con il Consiglio superiore della magistratura» (comma 2).

Per come strutturata la disposizione comportava il rischio di un’eccessiva dilatazione della tempistica di perfezionamento dell’accordo, evidentemente incompatibile con la celerità imposta dalle esigenze di corretto ed efficiente funzionamento della Procura europea e, nell’attuale frangente, come pure detto, addirittura di immediato avvio della sua stessa attività.

Ed infatti al descritto meccanismo co-decisionale conseguiva che, nel caso in cui il procuratore capo europeo respingesse in tutto o in parte la proposta ‘concertata’ dal Ministro della giustizia con l’Organo di autogoverno, ovvero avanzasse – a sua volta – una ‘controproposta’, il Ministro non potesse determinarsi in autonomia ma dovesse nuovamente confrontarsi con il Consiglio superiore al fine di raggiungere una nuova ‘intesa’ sui contenuti dell’accordo.

Soprattutto, non essendo chiarito a quale delle due istituzioni spettasse il potere di formulare la proposta in caso di perdurante disaccordo, sussisteva – con altrettanta evidenza – l’ulteriore rischio di una frustrazione sine die delle esigenze appena menzionate.

Pur condividendo l’esigenza di un intervento correttivo, le Commissioni parlamentari del Senato e della Camera hanno prospettato soluzioni divergenti.

La prima ha proposto di utilizzare «la procedura già utilizzata per la nomina del procuratore europeo, sia in via transitoria che definitiva, partendo da una motivata proposta formulata dal CSM che preveda poi le osservazioni del Ministro della Giustizia e che lasci la decisione finale al CSM, tenuto conto che i PED sono magistrati ordinari in ruolo che esercitano una funzione giurisdizionale a norma dell'art. 102 Cost. e che il CSM è l’organo costituzionalmente deputato ad assumere le decisioni relativamente alle assunzioni, assegnazioni, promozioni, trasferimenti, organizzazione degli uffici giudiziari e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati ordinari a norma dell'articolo 105 della Costituzione».

Considerazioni non dissimili risultano articolate nel parere espresso il 30 dicembre 2020 dal Consiglio superiore della magistratura, che peraltro non ha ravvisato i gravi profili di criticità poco più sopra rilevati.

In proposito, rimarcata in via preliminare l’evidente intrinseca diversità delle decisioni che, a giudizio della Commissione giustizia del Senato, dovrebbero ciononostante essere assunte secondo il medesimo meccanismo procedurale, si osserva che, contrariamente a quanto sostenuto, l’articolo 105 della Costituzione non contiene alcun riferimento alla materia della «organizzazione degli uffici giudiziari».

E’ piuttosto a dirsi che «l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia» sono espressamente attribuiti dall’articolo 110 della Costituzione alla competenza del Ministro della giustizia e, soprattutto, che detta espressione – come da tempo ha chiarito la Corte costituzionale – non si riferisce solo «al personale delle cancellerie e segreterie, agli ufficiali giudiziari, alle circoscrizioni giudiziarie, ai locali, all’arredamento dei medesimi, ed, in genere, a tutti i mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni giudiziarie», ma ricomprende anche «l’organizzazione degli uffici nella loro efficienza numerica, con l’assegnazione dei magistrati in base alle piante organiche» (sentenza n. 168 del 1963).

Indubbio che a tale ambito siano riconducibili i temi che l’articolo 13(2) del regolamento EPPO rimette alla negoziazione tra procuratore capo europeo e autorità nazionale (i.e., la determinazione del numero dei procuratori europei delegati e la loro distribuzione territoriale e funzionale), il riconoscimento di una competenza decisionale del Ministro della giustizia costituisce, dunque, mera applicazione della previsione costituzionale su ricordata, ferma – naturalmente – la necessità di una preventiva interlocuzione con l’organo consiliare e l’opportunità di un obbligo di motivazione ‘rafforzato’ in caso di mancata condivisione.

In definitiva, si ritiene che non vi siano ragioni perché la fase prodromica e preparatoria del più volte menzionato accordo non abbia a strutturarsi secondo un modulo sostanzialmente corrispondente a quello previsto per la definizione delle piante organiche degli uffici giudiziari: ciò tanto più che, come a breve si dirà, dalla destinazione dei magistrati all’incarico in questione in assenza di aumento della complessiva dotazione organica e dall’assegnazione dei medesimi ad (alcuni) uffici di procura distrettuali discende, quale logica conseguenza, la necessità di un intervento di rivisitazione – seppur assai parziale e circoscritta – delle suddette piante organiche.

Sulla base rilievi che precedono, nella riformulazione dell’articolo 4 del decreto sono state quindi accolte le osservazioni espresse dalla Commissione giustizia della Camera, dalle quali ci è tuttavia discostati al fine di prevedere un termine più ampio per la formulazione del parere richiesto all’Organo di autogoverno (trenta giorni, come detto, anziché sette), nonché di introdurre il citato obbligo di motivazione in capo al Ministro della giustizia per l’ipotesi di mancata condivisione del parere.

4.5. All’individuazione dell’autorità competente per la designazione dei procuratori europei delegati e alla disciplina della relativa procedura, oggetto della previsione di cui lettera c) della delega, è invece dedicato l’articolo 5 del decreto.

Pur rivestendo uno «status speciale» ai sensi del regolamento, non v’è dubbio che i magistrati investiti di detto incarico siano destinati a svolgere – sempre in forza delle previsioni contenute nello stesso regolamento(6) – funzioni di natura intrinsecamente giudiziaria, e ciò in via pressoché esclusiva: dovendo infatti assumersi quale evenienza alquanto rara, e in ogni caso temporanea, l’ipotesi in cui il procuratore europeo delegato sia chiamato ad assumere le funzioni di procuratore europeo ad interim in caso di impedimento o di abbandono dell’incarico da parte del titolare ai sensi dell’articolo 16(7) reg. Essenzialmente sulla base di tali rilievi, si è innanzitutto previsto che la designazione dei candidati procuratori europei delegati, in vista della loro successiva nomina ad opera del collegio della Procura europea conformemente all’articolo 17 del regolamento, competa in via esclusiva al Consiglio superiore della magistratura (comma 1 e 6).

Il Ministro della giustizia figura unicamente quale destinatario della delibera di designazione, dovendo provvedere al suo immediato inoltro al procuratore capo europeo (comma 7).

Così come già visto a proposito della designazione del procuratore europeo, anche in questo caso l’organo di autogoverno dovrà, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, determinare con propria delibera i criteri e la procedura per la valutazione delle dichiarazioni di disponibilità e la designazione dei candidati, nel rispetto delle qualifiche e dei requisiti previsti dall’articolo 17 del regolamento e dal decreto medesimo.

Peraltro, in ragione della settorialità delle competenze dell’EPPO, è parso opportuno prevedere che, anche nell’individuazione dei criteri di valutazione del procuratore europeo delegato, specifico rilievo sia accordato all’esperienza maturata dal magistrato nella conduzione di indagini relative a reati contro la pubblica amministrazione e in materia di criminalità economica e finanziaria, nonché alle sue competenze nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale (comma 2).

Anche quanto ai requisiti per la designazione la disposizione ricalca la disciplina già illustrata per il procuratore europeo, eccezion fatta per la meno elevata valutazione di professionalità richiesta (la terza valutazione, e non la quarta).

Tra l’altro, seppur nei confronti dei procuratori europei delegati non operi l’articolo 47, lettera a), del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (che, come visto a proposito della designazione dei candidati al posto di procuratore europeo, fissa a 66 anni l’età pensionabile per gli «agenti temporanei»), anche in questo caso è stato previsto che la dichiarazione di disponibilità non possa essere presentata da candidati che abbiano già compiuto i 59 anni.

In tale ipotesi l’individuazione di tale limite discende, infatti, dalla previsione di rinnovabilità dell’incarico (quinquennale) conferito al procuratore europeo delegato, che si è inteso pertanto consentire almeno in un’occasione (comma 4).

Per le medesime ragioni a suo tempo illustrate con riferimento al procuratore europeo (vedasi § 4.2.3., in fine), pure per i procuratori europei delegati è stata eliminata la verifica del requisito della «capacità scientifica e di analisi delle norme», inizialmente prevista dal comma 5 della disposizione.

4.5.1. In conseguenza della modifica apportata all’articolo 10, comma 1, con cui – in accoglimento delle osservazioni formulate dalle Commissioni parlamentari – si è previsto che i procuratori europei delegati siano inseriti in una pianta organica autonoma rispetto a quella dell’ufficio di assegnazione, si è reso necessario introdurre talune disposizioni volte a chiarire e precisare la natura e la disciplina delle delibere consiliari di designazione dei procuratori europei delegati, con particolare riguardo ai presupposti e agli effetti di esse sulla posizione dei magistrati nominati all’incarico.

In particolare, anche al fine di assicurare la piena conformità della disciplina alle garanzie in tema di inamovibilità di cui all’articolo 107, comma 1, Cost., al comma 4 della norma in commento si è innanzitutto precisato che la dichiarazione di disponibilità potrà essere presentata «in relazione a una o più delle sedi indicate nell’articolo 10».

La medesima precisazione è stata inserita al comma 5, con riferimento alla valutazione di detta dichiarazione da parte dell’Organo di autogoverno, per la quale si è altresì chiarito che dovranno, in ogni caso, trovare applicazione le previsioni generali di cui all’articolo 13, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (è stata invece esclusa l’operatività del termine quadriennale di legittimazione al trasferimento previsto dall’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12).

Analogo intervento è stato operato sul comma 6, prevedendosi che la designazione del magistrato all’incarico debba avvenire «per ciascuna delle sedi indicate nell’articolo 10».

L’originario comma 7, invece, è stato semplicemente adattato alla corrispondente previsione dettata per la designazione dei procuratori europei (su cui v. supra 4.2.4).

4.5.2. Nel corso dei lavori preparatori è stata ripetutamente e approfonditamente valutata la possibilità di istituire una figura di procuratore europeo delegato con sole funzioni di legittimità.

Tuttavia, tale soluzione è parsa non praticabile nell’attuale frangente, ovvero in assenza di un preventivo accordo con il procuratore capo europeo, dal momento che le disposizioni del regolamento, pur prevedendo la possibilità di una distribuzione in senso funzionale dei compiti del procuratore europeo delegato, definiscono quest’ultimo come organo innanzitutto investigativo e paiono favorire la concentrazione su un unico magistrato di tutte le attività relative ad un medesimo caso.

Nel senso della problematica percorribilità di tale ipotesi, inoltre, un ruolo di rilievo ha giocato la posizione di contrarietà allo svolgimento di funzioni part-time (pur ammissibili ex articolo 13(3) reg. e, dunque, disciplinate agli articoli 6, co. 2, e 7 del presente decreto), quali avrebbero dovuto essere – con ogni probabilità – quelle affidate al procuratore europeo delegato operante presso la procura generale della Corte di cassazione, manifestata dall’attuale procuratore capo europeo sin dal suo insediamento(7).

Tutto ciò, naturalmente, non consente – allo stato – di escludere con assoluta certezza l’eventualità che, in sede di negoziazione dell’accordo ex articolo 13(2) reg., possa essere elaborata una soluzione alternativa, idonea a valorizzare adeguatamente la peculiare posizione riconosciuta nel nostro ordinamento ai magistrati investiti di funzioni di legittimità.

Ciò anche avuto riguardo al fatto che è lo considerando (44) del regolamento EPPO a prevedere, come detto, che durante le «consultazioni» finalizzate al raggiungimento di detto accordo, «si dovrebbe prendere in debita considerazione l’organizzazione delle procure nazionali» e che «[l]a nozione di ripartizione funzionale delle competenze tra i procuratori europei delegati potrebbe consentire una ripartizione dei compiti».

4.5.3. Non s’è ritenuto opportuno dar seguito alle osservazioni formulate dalle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato, che avevano suggerito di introdurre una previsione volta a prevedere che, con la delibera di designazione dei procuratori europei delegati, il Consiglio superiore della magistratura formasse altresì un elenco di magistrati idonei ai fini delle eventuali ulteriori designazioni di candidati all’incarico.

La proposta, pur apprezzabile nella prospettiva di una possibile semplificazione delle future procedure di selezione, è parsa suscettibile di incidere negativamente sulla tempistica della designazione dei procuratori europei delegati da parte del Consiglio superiore della magistratura, che – per quanto già in precedenza notato – dovrà essere avviata e completata con assoluta urgenza.

4.6. L’articolo 6 del decreto è dedicato alla disciplina dei provvedimenti conseguenti alla nomina dei magistrati all’incarico di procuratore europeo delegato.

4.6.1. La considerazione della già evidenziata natura intrinsecamente e pressoché esclusivamente giudiziaria delle funzioni che i procuratori europei delegati sonno destinati ad assolvere, hanno suggerito di differenziarne la collocazione ordinamentale rispetto al procuratore europeo e, dunque, di non prevederne il collocamento fuori ruolo(8).

In tal senso, sono state tenute presenti anche le indicazioni desumibili da varie previsioni contenute nel regolamento, tra le quali, oltre al già menzionato principio di assimilazione di cui all’articolo 13(1), l’articolo 17(2), che – in armonia con quanto previsto dal considerando (43) (9)– stabilisce che «[d]al momento della nomina a procuratore europeo delegato e fino alla rimozione dall’incarico, i procuratori europei delegati sono membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati [...]».

Ovviamente, in considerazione dello «status speciale» loro conferito, il regime cui saranno soggetti i magistrati investiti dell’incarico in questione è quello compiutamente delineato dal regolamento EPPO nonché dalle ulteriori fonti normative – di origine in parte eurounitaria, in parte nazionale – che sono in esso richiamate o, comunque, contemplate come ‘derivate’(10).

4.6.2. Al comma 1 della disposizione, in ossequio all’articolo 105 della Costituzione, è stata prevista la competenza del Consiglio superiore della magistratura sull’assegnazione dei procuratori europei delegati alle sedi indicate all’articolo 10 (ossia alle sedi individuate con decreto del Ministro della giustizia, nel rispetto degli accordi al riguardo presi con il procuratore capo europeo), prevedendosi peraltro che i provvedimenti di destinazione debbano essere assunti nel rispetto delle disponibilità manifestate in relazione alle sedi di tramutamento e delle disposizioni cui all’articolo 13, commi 3, 4 e 5 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160. Si è inoltre previsto che, qualora l’accordo di cui all’articolo 4, comma 1, preveda che il magistrato nominato procuratore europeo delegato eserciti anche le funzioni di pubblico ministero nazionale, all’atto dell’assegnazione dei procuratori europei delegati alle rispettive sedi, il Consiglio superiore della magistratura ne disponga l’esonero dal carico di lavoro ordinario in misura corrispondente a quella convenuta dal Ministro della giustizia con il procuratore capo europeo.

A tal riguardo, deve osservarsi che, in virtù di quanto poco più sopra segnalato(11), non è allo stato prevedibile che l’esonero suddetto, almeno per i primi anni di funzionamento dell’EPPO, possa essere disposto in misura solo parziale, risultando – come visto – da escludersi che la negoziazione con l’attuale procuratore capo europeo si orienti nel senso di consentire l’accesso al regime di cd. doppio cappello previsto dall’articolo 17(2) del regolamento. 4.6.2.1. In sede di commento dell’articolo 5 s’è già evidenziato che, in correlazione al già accennato intervento di modifica operato sull’articolo 10, comma 1 e all’introduzione di una autonoma pianta organica dei procuratori europei delegati, sono stati precisati i presupposti e gli effetti delle delibere consiliari di designazione e destinazione dei magistrati all’incarico di procuratore europeo delegato (v. supra 4.5.1).

Come accennato, per quanto riguarda la delibera di destinazione è stato previsto che, all’atto della sua assunzione, il Consiglio superiore della magistratura disponga il trasferimento dei magistrati interessati. Poiché, come pure a suo tempo notato, è possibile che per l’incarico sia designato un magistrato investito di funzioni giudicanti, si è altresì previsto che, se necessario, il Consiglio ne disponga altresì il mutamento di funzioni. Anche tale delibera, come già visto per quella di designazione, andrà assunta nel rispetto – oltre che delle previsioni dell’articolo 13, commi 3 - 5, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 – delle disponibilità manifestate dagli interessati «in relazione alle sedi di tramutamento».

Al comma 2, invece, sono state apportate talune modifiche di mero drafting ma, soprattutto, s’è chiarito che il magistrato nominato procuratore europeo delegato, in caso di esonero parziale, eserciterà anche le funzioni di pubblico ministero nazionale presso la medesima procura della Repubblica alla quale è stato destinato. Al comma 3, infine, si è stabilito che, in ogni caso, alla cessazione dell’incarico, il procuratore europeo delegato abbia diritto «ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze»; in mancanza di detta domanda, o di eventuale domanda di trasferimento ad altra sede, rimarrà assegnato all’ufficio di procura cui è stato destinato in qualità di procuratore europeo delegato (anche in questo caso, in eventuale soprannumero da riassorbire con le successive vacanze).

4.6.3. Al comma 4 3 dell’articolo 6 si è previsto che il Consiglio superiore della magistratura debba richiedere, con cadenza annuale, alla Procura europea di comunicare se nei confronti dei magistrati nominati procuratori europei delegati siano stati avviati o definiti procedimenti disciplinari, ovvero se, nei casi agli stessi assegnati, il procuratore europeo incaricato della supervisione abbia adottato la decisione di svolgere l’indagine di persona ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 4, lettera c) del regolamento.

La previsione si correla, da un lato, alla lettera e) della norma di delega, dall’altro alla permanenza in capo al Consiglio superiore della magistratura delle ordinarie competenze esercitate in materia di valutazione della professionalità dei magistrati e in sede disciplinare, tematiche queste ultime su cui si avrà modo di ritornare in occasione di illustrazione degli articoli 11, 12 e 13, ad esse rispettivamente dedicati.

In questa sede, quindi, l’attenzione viene concentrata unicamente sul citato criterio di delega, con cui si richiedeva di «integrare le disposizioni dell’ordinamento giudiziario che prevedono la trasmissione di copia del decreto motivato di avocazione al Consiglio Superiore della Magistratura e ai procuratori della Repubblica interessati, prevedendo un’analoga trasmissione nel caso di decisione motivata da parte del procuratore europeo ai sensi dell’articolo 28 del regolamento (UE) 2017/1939».

Nel corso dei lavori preparatori la norma è stata precisata circoscrivendo le ipotesi di trasmissione del decreto di avocazione ai soli casi previsti dalla norma del regolamento appena citata, in modo da rendere maggiormente chiara la sua estraneità al meccanismo di avocazione di cui all’articolo 27 reg., che – come osservato anche dal Consiglio superiore della magistratura nel parere del 12 novembre 2018 – risponde a «presupposti e finalità del tutto diversi» rispetto a quelli propri dell’omonimo istituto di diritto interno.

Al riguardo, si è ritenuto che la ratio dell’intervento emendativo operato sulla norma di delega meritasse di essere ulteriormente sviluppata e precisata in sede di attuazione, da un lato escludendo la necessità di un’informativa nei confronti del procuratore della Repubblica (in ogni caso priva di rilievo, in quanto insuscettibile di dar luogo a qualsiasi effettivo seguito), dall’altro individuando con ancor maggiore grado di dettaglio l’oggetto di detta informativa sì da assicurarne la coerenza con le finalità ad essa proprie, riferibili – come detto – alle perduranti competenze rimesse all’organo di autogoverno nei confronti dei procuratori europei delegati che si sono sopra indicate.

Per tale ragione, oltre a prevedersi l’iniziativa officiosa del Consiglio nell’acquisizione degli elementi informativi con cadenza annuale (risultando, per ovvie ragioni, preclusa la possibilità di imporre all’EPPO un obbligo di «trasmissione» motu proprio), i contenuti rilevanti sono stati identificati nelle notizie concernenti l’avvio (o la definizione) dei procedimenti disciplinari concernenti i procuratori europei delegati, nonché la sola fattispecie di ‘avocazione’ di fonte regolamentare rilevante ai fini in esame, ovvero quella di cui all’articolo 28(4), lettera c), prevista per il caso di «fallimento del meccanismo di riassegnazione di cui al paragrafo 3» (quest’ultimo da attivarsi quando il procuratore europeo delegato «non [possa] svolgere l’indagine o avviare l’azione penale», oppure «omett[a] di seguire le istruzioni della camera permanente competente o del procuratore europeo»).

E’ invece parsa esorbitante rispetto alle competenze del Consiglio superiore della magistratura, se non addirittura lesiva delle prerogative dell’EPPO, una richiesta di informazioni riguardante le ulteriori ipotesi di avocazione contemplate dalle lettere a) e b) dell’articolo 28(4), riferite ai casi in cui il procuratore europeo incaricato della supervisione assuma in prima persona la direzione dell’indagine in ragione della «gravità del reato, in particolare alla luce delle sue possibili ripercussioni a livello dell’Unione», ovvero del «[coinvolgimento nel]l’indagine [di] funzionari o altri agenti dell’Unione o [di] membri delle istituzioni dell’Unione».

L’ultimo comma della disposizione prevede, in ogni caso, un obbligo a carico dello stesso procuratore europeo delegato di informare senza ritardo il procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia, oltre che nei casi di avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento e delle decisioni adottate dal procuratore europeo ex articolo 28(4) reg., anche nei casi di riassegnazione di suoi procedimenti di indagine ad altro procuratore europeo delegato ex articolo 28(3), lettera b) reg. (l’originario riferimento anche alla lettera a) della disposizione è stato soppresso in accoglimento di specifica osservazione formulata dalla Commissione giustizia della Camera).

4.7. Quanto alla disciplina del trattamento retributivo, previdenziale e pensionistico dei procuratori europei delegati, l’articolo 7 del decreto stabilisce che, dalla data di decorrenza degli effetti economici del contratto di assunzione sottoscritto con la Procura europea dal magistrato nominato procuratore europeo delegato, cessi il trattamento economico erogato a suo favore dal Ministero della giustizia (anche in questo caso, come già visto per l’articolo 3, comma 2, riguardante il procuratore europeo, in sede di stesura finale del testo, la disposizione è stata modificata a fini di maggior precisione e chiarezza: v. supra 4.3.2.).

Per l’ipotesi di esonero parziale, invece, si prevede che l’amministrazione provveda a rimborsare alla Procura europea, la quale verserà – anche in tal caso – al procuratore europeo delegato l’intero trattamento economico, una quota di quest’ultima, e cioè quella dovuta in relazione allo svolgimento – da parte del procuratore europeo delegato – dell’ordinaria attività di procuratore nazionale.

Il periodo di servizio prestato nella qualità di procuratore europeo delegato sarà computato ai fini della progressione economica per anzianità di servizio e ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza, quest’ultimo da determinarsi «con riferimento al trattamento economico goduto alla data di assunzione dell’incarico e alla progressione di esso per anzianità di servizio».

In ogni caso, viene posto integralmente a carico del Ministero della giustizia il versamento dei contributi previdenziali, pur facendosi salvo il diritto dell’amministrazione al rimborso della quota previdenziale posta a carico del magistrato europeo delegato, secondo le aliquote vigenti. Aderendo alla concorde osservazione formulata dalle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato, si è provveduto ad emendare – sotto un profilo puramente formale – il comma 3 della disposizione (la locuzione “magistrato europeo delegato” è stata corretta in quella di “magistrato nominato procuratore europeo delegato”).

4.7.1. In merito alle previsioni di cui agli articoli 6 e 7, la Commissione bilancio del Senato ha osservato che «la copertura mediante risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente degli eventuali oneri correlati agli istituti di trattamento accessorio (a carico dell'amministrazione giudiziaria) non risulta pienamente in linea con le regole di contabilità e finanza pubblica».

In proposito, si rileva che il rispetto delle norme di contabilità e finanza pubblica è garantita dall’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo, che contiene una specifica autorizzazione di spesa per le missioni dei procuratori europei delegati sul territorio nazionale. Sul punto, si evidenzia altresì l’avvenuta asseverazione dei testi da parte del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.

4.8. Con l’articolo 8 del decreto si è chiarito che, ai fini dell’inquadramento nelle categorie di cui alla tabella B annessa alla legge 5 marzo 1991, n. 71, che elenca le funzioni assolte dai magistrati appartenenti all’ordine giudiziario nazionale, i magistrati addetti alle funzioni procuratori europei delegati vadano conteggiati nella lettera L, comprensiva – tra gli altri – dei magistrati con funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado.

4.9. L’articolo 9 dello schema è intitolato ai poteri dei procuratori europei delegati e del procuratore europeo.

4.9.1. Al comma 1 si stabilisce che, in relazione ai reati di competenza della Procura europea, allorquando quest’ultima assuma la decisione di avviare o di avocare un’indagine, i procuratori europei delegati esercitino i poteri loro spettanti in qualità di pubblici ministeri nazionali «nell’interesse della Procura europea e conformemente alle disposizioni del regolamento e del presente decreto».

Premesso che, come pure visto, il cd. principio di assimilazione – alla base delle previsioni suddette – deve considerarsi già pienamente operativo nel nostro ordinamento in forza della previsione di cui all’articolo 13(1), la portata effettivamente innovativa della disposizione è dunque nell’inciso «in via esclusiva e fino alla pronuncia del provvedimento definitivo», che riprende due princìpi cardine enunciati nel regolamento istitutivo della Procura europea. Il primo, sostanzialmente riflesso anche nella lettera n) delle norme di delega(12), discende da quanto previsto nell’articolo 25(1), secondo periodo («[s]e l’EPPO decide di esercitare la sua competenza, le autorità nazionali competenti non esercitano la loro competenza in relazione alla stessa condotta criminosa»), e nell’articolo 27(5) reg. in tema di avocazione, a sua volta pressoché testualmente riprodotto, nella prima parte, lettera o) della delega(13).

In particolare, a mente del citato 27(5), «[q]ualora l’EPPO eserciti il suo diritto di avocazione, le autorità competenti degli Stati membri trasferiscono il fascicolo all’EPPO e si astengono da ulteriori atti d’indagine in relazione allo stesso reato». Il principio, temperato unicamente dalla perdurante competenza delle autorità nazionali ad assumere le «misure urgenti necessarie [...] per garantire l’efficacia dell’indagine e dell’azione penale» (articolo 28(2) reg.), deve ritenersi a fortiori operante anche nei casi in cui sia la Procura europea ad avviare per prima un’indagine ai sensi dell’articolo 26 reg. (così spiegandosi, tra l’altro, l’informativa delle autorità nazionali competenti prevista dal paragrafo 7 della norma).

Non si è ritenuto necessario, né opportuno, prendere posizione sulla tematica inerente «[...]la eventuale delegabilità delle funzioni dei PED a requirenti nazionali, in caso di presenza facoltativa in udienza», peraltro solo accennata nel parere reso dalla Commissione giustizia del Senato. Si tratta, invero, di questione che dipende integralmente dall’interpretazione del Regolamento EPPO e che, ove – in ipotesi – risolta in senso affermativo, non abbisogna di una specifica previsione a livello di normazione primaria interna.

Del secondo principio s’è già detto a proposito del requisito, ora soppresso, relativo alla «capacità scientifica e di analisi delle norme» nella selezione dei magistrati candidati agli incarichi di procuratore europeo e di procuratore europeo delegato (14).

Come in quella sede segnalato ricordando il recital (31) del regolamento, la competenza dell’EPPO si estende «fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione finale che stabilisce se l’indagato o imputato abbia commesso il reato, incluse, se del caso, l’irrogazione della pena e la definizione delle azioni o dei ricorsi giudiziari proponibili fino a quando detta decisione non sia divenuta definitiva».

Ne consegue in particolare che, oltre a dirigere le indagini e a partecipare alle udienze di primo grado, i procuratori europei delegati assommano in sé anche i poteri di impugnazione e di partecipazione alle udienze nei gradi successivi, che invece, secondo le regole ordinarie, sono esercitati dalle procure generali della Repubblica presso le corti di appello e, limitatamente allo svolgimento del giudizio di legittimità, dalla procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione. Sotto questo profilo, la disposizione in esame attua la previsione di cui alla successiva lettera p) delle norme di delega (per quanto testualmente riferita alla sola «proposizione degli atti di impugnazione») e si ricollega a una delle direttive desumibili dalla lettera i) (nella parte in cui dispone che «i procuratori europei delegati svolgano [tutte] le funzioni indicate nell’articolo 51 del codice di procedura penale»).

Il comma 4 della disposizione estende al procuratore europeo i poteri propri del procuratore europeo delegato con riferimento all’ipotesi eccezionale in cui il primo decida di assumere la diretta conduzione del caso ai sensi del già più volte citato articolo 28(4) del regolamento (meramente lessicale risulta la modifica apportata nella stesura finale della norma rispetto al testo originario).

4.9.2. In considerazione del fatto che il numero di magistrati investiti delle funzioni di procuratore europeo delegato risulterà comunque piuttosto ridotto a fronte della necessità – prevista sempre dalla lettera i) della norma di delega – che le funzioni requirenti loro assegnate siano esercitate innanzi ai «tribunal[i] ordinariamente competent[i] per i delitti di cui alla direttiva (UE) 2017/1371», al fine di recuperare un significativo margine di flessibilità operativa al nuovo organismo europeo, con il comma 2 dell’articolo 9 si è previsto che dette funzioni, così come i poteri ad esse connessi, siano «esercitati da ciascun procuratore europeo delegato sull’intero territorio nazionale indipendentemente dalla sede di assegnazione». In ossequio al su riportato inciso della norma di delega è stato necessario mantenere in ogni caso «ferme [...] le regole ordinarie sulla competenza del giudice». Per la medesima ragione non è possibile aderire alla sollecitazione, avanzata nel parere della Commissione giustizia del Senato, di provvedere «[al]l’individuazione in relazione alla competenza del giudice di una certa prossimità agli uffici Gip-Gup competenti nella fase investigativa e deputati a disporre, talvolta con estrema urgenza, intercettazioni e misure cautelari».

4.9.3. Così delineati i poteri e le funzioni del procuratore europeo delegato nell’ambito dei procedimenti in materia penale, il comma 3 della disposizione in esame si preoccupa invece di definirne la posizione istituzionale nell’ambito dell’organizzazione degli uffici di procura dei quali, conformemente al loro stato di magistrati in ruolo, alle funzioni ad esso connesse e alle previsioni del regolamento EPPO, i procuratori europei delegati rimangono – come detto – a pieno titolo «membri attivi»(15).

Varie norme di delega affrontano tali profili, prevalentemente nella prospettiva della ricerca di una forma di possibile coordinamento tra detto regolamento e le disposizioni nazionali di ordinamento giudiziario. Ci si riferisce, innanzitutto, al criterio di cui alla lettera d), che richiede di «coordinare le disposizioni dell’ordinamento giudiziario in materia di attribuzioni e di poteri dei titolari degli uffici del pubblico ministero con le disposizioni del regolamento (UE) 2017/1939 in materia di competenze del collegio, in modo da preservare i poteri di supervisione e di indirizzo spettanti agli organi dell’EPPO nei procedimenti rientranti nell’ambito di applicazione del medesimo regolamento (UE) e garantire la coerenza, l’efficienza e l’uniformità della politica in materia di azione penale dell’EPPO».

Ma nella stessa ottica si muove essenzialmente anche il criterio dettato alla lettera f), che pure postula un «adegua[mento] le disposizioni dell’ordinamento giudiziario alle norme del regolamento (UE) 2017/1939 in materia di: competenze del collegio dell’EPPO; poteri di controllo e di indirizzo della camera permanente e del procuratore europeo incaricato della supervisione; esercizio della competenza dell’EPPO; poteri di riassegnazione, riunione e separazione dei casi spettanti alla camera permanente; diritto di avocazione dell’EPPO; poteri della camera permanente in ordine all’esercizio dell’azione penale, all’archiviazione del caso e alle procedure semplificate di azione penale».

Peraltro, come evidenziato in premessa, nell’attuazione di tali previsioni non può non tenersi conto della diretta applicabilità nell’ordinamento interno delle norme dettate dal regolamento (sottolineata anche nel criterio residuale di delega di cui alla lettera r)), nonché delle prerogative di autonomia e indipendenza – in questo caso ‘esterna’ e di tipo ‘verticale’, cioè verso gli Stati membri – che presidiano l’assetto istituzionale e l’attività della neoistituita Procura europea. E’ essenzialmente sul tale ultimo aspetto che la disposizione in esame si concentra, individuando le norme contenute nelle leggi di ordinamento giudiziario e nel codice di procedura penale non compatibili con le dette prerogative.

Si è dunque previsto che i procuratori europei delegati, pur operando nell’ambito di uffici di procura, non siano tuttavia soggetti né ai poteri di direzione attribuiti ai procuratori della Repubblica dall’articolo 70 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 e dagli articoli 1, 2, 3 e 4, comma 1, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, né all’attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte di appello prevista dall’articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106, né infine ai poteri di coordinamento investigativo del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo di cui all’articolo 371-bis del codice di procedura penale.

E’ stata inoltre esclusa l’operatività delle previsioni in tema di avocazione dettate dagli articoli 372, 412, 413 e 421-bis del codice di rito.

Per ragioni di omogeneità logica e tematica con l’oggetto della disposizione, è in essa richiamato anche l’art. 53 del codice di rito che, garantendo un profilo di autonomia cd. interna del pubblico ministero (in particolare, le determinazioni da assumersi in udienza), per sua natura interferisce con l’assetto istituzionale dell’EPPO e, comunque, con i princìpi più rigidamente ‘gerarchici’ cui esso è improntato. In sede di stesura del testo finale della disposizione si è ritenuto essenzialmente superfluo il mantenimento della clausola residuale di chiusura a mezzo della quale, in ossequio al generale principio di prevalenza e di diretta applicazione della fonte eurounitaria (espressamente ribadito anche dall’articolo 5(3) del regolamento, come pure evidenziato in premessa), era stata ribadita la necessità di disapplicare ogni altra disposizione nazionale incompatibile con il regolamento EPPO.

4.10. In esecuzione del criterio di cui all’ultima parte della lettera d) della norma di delega, con cui il Governo è stato autorizzato ad «apportare le necessarie modifiche alle disposizioni dell’ordinamento giudiziario dirette a costituire presso uno o più uffici requirenti l’ufficio per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati di cui all’articolo 22 del regolamento (UE) 2017/1939», con l’articolo 10 del decreto si prevedeva che, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, il Ministro della giustizia provvedesse a individuare con proprio decreto le sedi di servizio dei procuratori europei delegati presso una o più procure della Repubblica dei capoluoghi di distretto nel rispetto della più volte citata negoziazione con il procuratore capo europeo (destinata, come pure visto, a vertere anche sulla «ripartizione [...] territoriale dei procuratori europei delegati all’interno di ciascuno Stato membro», ai sensi dell’articolo 13(2) reg.).

Sul punto, appare in ogni caso opportuno ricordare che, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, del decreto, il procuratore europeo delegato può – in ogni caso – esercitare le funzioni e i poteri assegnatigli senza limiti di competenza territoriale e, dunque, anche aldilà di quelli propri dell’ufficio di procura presso cui è incardinato. Sempre in base alla medesima previsione, andranno in ogni caso rispettate le norme sulla competenza del giudice. Come già in precedenza ricordato a proposito delle modifiche apportate nella formulazione finale degli articoli 5 e 6 del decreto (v. supra 4.5.1. e 4.6.2.1), in accoglimento delle osservazioni sul punto formulate dalle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato, si è provveduto ad integrare la previsione del comma 1, stabilendosi che con il decreto ministeriale in questione – da adottarsi, ora, nel più breve termine di quindici giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’accordo con il procuratore capo europeo – sia altresì determinata una autonoma «pianta organica dei procuratori europei delegati», con contestuale modifica – se necessario – delle piante organiche degli uffici giudiziari (da adottarsi, peraltro, «nell’ambito delle attuali dotazioni organiche»). In tal modo si è chiarito che, pur essendo incardinati presso le procure distrettuali, i procuratori europei delegati non saranno conteggiati nella relativa pianta organica (‘ordinaria’) e, dunque, la loro assegnazione a detti uffici non implicherà un’automatica copertura delle eventuali vacanze. Si è previsto, infine, che la procedura descritta trovi applicazione anche per le successive modifiche dell’accordo con il procuratore capo europeo, ai sensi dell’articolo 4, comma 5.

In conseguenza di quanto già osservato in relazione alla modifica dell’articolo 4 con riferimento al procedimento di formazione della proposta di accordo tra Ministro della giustizia e procuratore capo europeo, della necessaria corrispondenza della pianta organica dei procuratori europei delegati ai contenuti di detto accordo e del limitato impatto dell’assunzione dei procuratori europei delegati sulla (peraltro solo eventuale) rivisitazione delle piante organiche degli uffici giudiziari, non si è dato seguito alla proposta della Commissione giustizia del Senato di «regolamentare la procedura che realizz[a] l’intesa tra CSM e Ministro della giustizia in merito alla pianta organica relativa alle sedi di servizio dei procuratori europei delegati».

4.10.1. La Commissione giustizia della Camera ha segnalato, altresì, «l’opportunità di una più chiara definizione [...] dei compiti del Ministero della giustizia nell’assegnazione del personale alle sedi di servizio dei procuratori europei delegati, in modo da procedere ad un reclutamento su base nazionale individuando le unità in possesso delle necessarie competenze linguistiche e contenendo l’impatto sulle dotazioni dei singoli uffici».

Un rilievo sostanzialmente analogo è stato formulato sia dalla Commissione giustizia del Senato, sia dal Consiglio superiore della magistratura nel parere reso il 30 dicembre 2020. Recependo tali indicazioni, è stato riformulato il comma 2 dell’articolo 10, prevedendo che, nei trenta giorni successivi alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di determinazione della pianta organica dei procuratori europei delegati, il Ministero della giustizia provveda – a mezzo di interpello nazionale riservato al personale di ruolo dell’Amministrazione giudiziaria – ad individuare le unità di personale amministrativo da assegnare alle sedi di servizio dei procuratori europei delegati, previa determinazione del loro numero, nonché della qualifica professionale, delle specifiche competenze (anche linguistiche) e dei requisiti di anzianità e curricolari richiesti.

Entro il medesimo termine, consultati i dirigenti delle procure distrettuali individuate quali sedi dei procuratori europei delegati, il Ministero della giustizia provvederà altresì all’adozione delle misure necessarie «ad assicurare la disponibilità, da parte di detti uffici, di locali e di beni strumentali idonei a consentire ai procuratori europei delegati l’esercizio delle funzioni e dei compiti loro assegnati dal regolamento in condizioni di eguaglianza rispetto ai pubblici ministeri nazionali». Anche per tali provvedimenti valgono i limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, dunque, essi andranno assunti senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In conseguenza dell’inserimento di tali disposizioni, sono stati operati i necessari adattamenti delle previsioni contenute nell’originario comma 2, ora ricollocate al comma 3, in cui si stabilisce ora che, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di determinazione della pianta organica dei procuratori europei delegati, i dirigenti delle procure distrettuali interessate dalla destinazione dei procuratori europei delegati adottino, a loro volta, i provvedimenti organizzativi necessari a favorire la loro piena integrazione nell’ambito dei rispettivi uffici e a dotarli delle unità di personale amministrativo, dei locali e dei beni strumentali di cui al comma 2.

Anche in tal caso, naturalmente, dovrà essere «assicura[ta] in ogni caso l’eguaglianza di trattamento rispetto ai procuratori pubblici ministeri nazionali nelle condizioni generali di lavoro e nella fruizione dell’ambiente lavorativo». Per la medesima ragione, è stato adattato l’originario comma 3 (ora comma 4), con cui si prevede che i citati provvedimenti organizzativi assunti dai dirigenti delle procure distrettuali debbano essere immediatamente comunicati al Ministero della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura.

L’ultimo comma della disposizione, infine, coinvolge il Ministero della giustizia e l’Organo consiliare («nell’ambito e nei limiti delle rispettive competenze») nella predisposizione di ogni utile iniziativa funzionale «a favorire la piena integrazione dei procuratori europei delegati» e «ad agevolare l’assolvimento delle funzioni e dei compiti loro assegnati dal regolamento»., così specificandosi ulteriormente la portata, nell’ordinamento interno, delle generali previsioni di cui all’articolo 96(6) del regolamento.

4.11. Con l’articolo 11 si è data attuazione alla lettera h) delle norme di delega, a mezzo della quale si richiedeva di «[c]oordinare le disposizioni dell’ordinamento giudiziario in materia di valutazioni di professionalità con le norme del regolamento (UE) 2017/1939 che attribuiscono al collegio, su proposta del procuratore capo europeo, l’adozione di norme sui criteri di rendimento e sulla valutazione dell’insufficienza professionale dei procuratori europei delegati, in modo da integrare la disciplina procedimentale nazionale in materia di valutazioni di professionalità, facendo salve le prerogative del collegio dell’EPPO e regolandone l’incidenza sul procedimento di valutazione interno».

A tal fine si è previsto che il Consiglio superiore della magistratura richieda alla Procura europea di trasmettere: un rapporto informativo sull’attività svolta dal magistrato nominato procuratore europeo delegato ed i relativi dati statistici; copia dei precedenti rapporti di valutazione del rendimento; notizie relative a decisioni di riassegnazione dei casi assunte dalla camera permanente per i motivi di cui all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento; un aggiornamento delle informazioni, relative ad eventuali procedimenti disciplinari e a provvedimenti di cd. avocazione, che il Consiglio è tenuto ad acquisire con cadenza annuale in base all’articolo 6, comma 4, 3 del decreto.

Tale documentazione, unitamente a quella già in precedenza acquisita sempre ai sensi dell’articolo 6, comma 4 3, sarà trasmessa dal Consiglio superiore della magistratura al Consiglio giudiziario della Corte di appello di Roma per essere utilizzata ai fini della valutazione di professionalità del magistrato, conformemente all’articolo 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160.

4.12. Con gli articoli 12 e 13 del decreto sono state attuate le previsioni di delega relative alla responsabilità disciplinare del procuratore europeo delegato.

4.12.1. Alla delicata tematica il regolamento fa riferimento nel recital (46), dettando la disciplina operativa all’articolo 17, paragrafi 3 - 5. Come già ricordato, inoltre, l’articolo 114 rimette ad una decisione del collegio l’individuazione degli illeciti e della procedura disciplinari. La legge di delegazione, infine, dedica alla materia la previsione di cui alla lettera g). Per quanto riguarda la disciplina regolamentare, è di interesse notare come le previsioni del recital (46) e quelle contenute nell’articolo 17 non appaiano perfettamente allineate.

Ed infatti, com’è agevole rilevare dal loro raffronto(16), mentre il considerando rimette esclusivamente al collegio la potestà disciplinare nei confronti dei procuratori europei delegati «quando agiscono ai sensi del presente regolamento», invece l’art. 17(4), secondo periodo, presuppone una competenza disciplinare delle autorità nazionali anche «per motivi connessi alle responsabilità che [...] derivano dal [...] regolamento», pur presupponendo – in questo caso – per l’instaurazione del procedimento il consenso del Procuratore Capo o, in mancanza, che il collegio accolga la richiesta di riesame presentata dallo Stato membro al collegio della Procura.

Nell’impostazione del legislatore delegante(17), conformemente alla più comprensiva (rispetto al considerando) previsione dell’articolo 17 del regolamento, vengono tenuti presenti sia gli illeciti disciplinari del procuratore europeo delegato «per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano [...] dal regolamento» (ovvero configurabili «in conseguenza dell’incarico rivestito nell’EPPO», secondo la dizione della norma nazionale), sia gli illeciti disciplinari «per motivi non connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento» (sicuramente ricompresi nella prima parte della norma di delega e, in ogni caso, espressamente menzionati al nr. 1)).

4.12.2. Chiarite le interrelazioni esistenti tra i parametri normativi di (necessario) riferimento delle previsioni attuative, si osserva che nessun particolare problema si pone nell’ipotesi in cui venga in rilievo la responsabilità – per così dire – ‘extraregolamentare’ del procuratore europeo delegato, per la quale le competenze istituzionali interne (e, prime fra tutte, quelle spettanti all’organo di autogoverno) non subiscono alcuna limitazione di natura sostanziale, risultando imposto unicamente il vincolo, di tipo procedurale, costituito dalla necessaria informativa preliminare del procuratore capo europeo.

A tal proposito l’articolo 12 dello schema di decreto, dando attuazione ai punti di delega di cui ai numeri 1) e 2) della lettera g), stabilisce che i provvedimenti che comportano la cessazione dal servizio, così come quelli di trasferimento di ufficio e quelli disciplinari (anche di natura cautelare), adottati nei confronti dei procuratori europei delegati per motivi non connessi alle responsabilità loro derivanti dal regolamento, possano essere eseguiti solo dopo averne dato comunicazione al procuratore capo europeo. Rispetto alla previsione contenuta nel regolamento la norma ha una portata effettivamente innovativa laddove, in conformità a quanto richiesto dal legislatore delegante al punto 2), estende anche ai trasferimenti di ufficio l’obbligo di informativa nei confronti del procuratore capo europeo, così – di fatto – prevedendo una «clausol[a] di salvaguardia» identica a quella che assiste i provvedimenti di cessazione dal servizio e disciplinari.

Proprio in vista della finalità di ‘salvaguardia’ delle prerogative della Procura europea, resa esplicita – come visto – nella stessa formulazione testuale della norma di delega, si è previsto che, nell’individuare la nuova sede di destinazione del magistrato trasferito di ufficio, il Consiglio superiore della magistratura acquisisca il parere del procuratore capo europeo. Lo spazio di interlocuzione e raccordo istituzionale così creato consentirà, infatti, di contemperare le finalità proprie del trasferimento di ufficio con le esigenze organizzative dell’EPPO.

Con l’ultimo comma della disposizione, in accoglimento di una specifica proposta in tal senso avanzata dal Consiglio superiore della magistratura nel già citato parere del 12 novembre 2018, si è infine previsto che, in vista dell’adozione dei provvedimenti in esame, possano essere richiesti alla Procura europea gli atti, i documenti e le informazioni eventualmente ritenuti rilevanti.

4.13. Nel successivo articolo 13 del decreto sono raccolte le disposizioni riguardanti i procedimenti disciplinari nei confronti del procuratore europeo delegato per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento.

In siffatte ipotesi, come visto, quest’ultimo prevede che il procuratore capo europeo sia non solo informato dell’iniziativa disciplinare ma, altresì, che – nella sostanza – esprima il proprio nulla osta prestandovi «consenso»: in caso contrario, salva la possibilità di un «[ri]esame della questione» da parte del collegio, è la stessa possibilità di dar corso al procedimento a risultare interdetta.

Tale regime, com’è evidente, «comporta una indubbia limitazione delle prerogative del Consiglio superiore della magistratura», come rilevato nel citato parere dell’organo di autogoverno della magistratura, che ha pertanto auspicato un intervento normativo volto a «circoscrivere il più possibile il significato della locuzione aspecifica ‘responsabilità derivanti dal regolamento’ alle sole violazioni ricollegabili all’adempimento degli obblighi specifici derivanti dal regolamento, conservando uno spazio valutativo all’organo consiliare con riferimento a condotte violative di obblighi previsti dall’ordinamento nazionale, anche se commesse nell’ambito delle funzioni PED».

Pur condividendosene le ragioni di fondo, non si è ritenuto possibile dar corso a tale sollecitazione. Non solo, infatti, la ratio e la lettera delle ricordate disposizioni del regolamento non autorizzano un siffatto intervento del legislatore nazionale ma, più in generale, ad esso osta la competenza esclusiva della Corte di giustizia ex articolo 267 TFUE a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla «interpretazione [...] di norme del diritto dell’Unione, compreso il presente regolamento» (articolo 42(2), lettera b)).

Invece, anche per tali procedimenti, come si vedrà a breve, è stata accolta la richiesta dell’organo di autogoverno di «esplicitare che i comportamenti connessi allo svolgimento della funzione PED che hanno determinato la rimozione da parte di EPPO debbano essere valutate dal Consiglio ai fini disciplinari [...]».

4.13.1. La disposizione in esame può essere idealmente suddivisa in due parti, la prima attinente alla preliminare richiesta di «consenso» da avanzarsi al procuratore capo europeo (commi 1 - 4), la seconda relativa ai rapporti tra l’eventuale procedimento disciplinare svoltosi innanzi al collegio della Procura europea e quello da celebrarsi in ambito nazionale innanzi al Consiglio superiore della magistratura (commi 5 - 8).

Notato incidentalmente al riguardo che il mantenimento dello status di magistrati in ruolo e il più volte richiamato principio di ‘assimilazione’ rendono procuratori europei delegati responsabili dei medesimi illeciti funzionali addebitabili ai pubblici ministeri nazionali, che in caso di rilascio del consenso non è da escludersi (ed è anzi, come si dirà, auspicabile) anche uno svolgimento in parallelo dei giudizi disciplinari e, infine, che anche nell’ipotesi in cui il consenso venga negato la responsabilità disciplinare del magistrato potrà comunque essere fatta valere una volta che questi sia rientrato in ruolo, in merito alle singole previsioni si osserva quanto segue.

a) La competenza a richiedere al procuratore capo europeo il consenso necessario affinché possa procedersi nei confronti del procuratore europeo delegato per motivi connessi alle responsabilità derivanti dal regolamento è stata attribuita al procuratore generale presso la Corte di cassazione, che provvederà all’incombente, a seconda dei casi, una volta ricevuta la richiesta di indagini dal Ministro della giustizia, ovvero prima di effettuare la comunicazione al Consiglio superiore della magistratura prevista dall’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (commi 1 e 2).

b) In considerazione della natura dell’iniziativa da intraprendersi e, in particolare, delle sue possibili ricadute sulle relazioni internazionali dello Stato, nell’originaria formulazione della norma si era ritenuto di affidare ad una valutazione discrezionale Ministro della giustizia – previa richiesta in tal senso avanzata dal procuratore generale presso la Corte di cassazione – la decisione circa l’eventuale richiesta al collegio dell’EPPO di riesaminare la questione, prevedendosi altresì che, prima di assumere le proprie determinazioni, il Ministro potesse assumere ogni utile informazione e che la richiesta andasse formulata nei trenta giorni successivi al diniego (comma 3).

E’ tuttavia parso indispensabile riformulare la disposizione, in modo da tener distintamente conto dei casi in cui l’iniziativa per il promovimento dell’azione disciplinare sia stata autonomamente assunta dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, e ciò anche in considerazione dell’obbligatorietà di detta iniziativa. Si è pertanto previsto che la richiesta di riesame possa essere promossa sia dal Ministro della giustizia, quando quest’ultimo abbia richiesto di promuovere l’azione disciplinare, sia dal procuratore generale.

c) Il successivo comma 4 regola gli effetti della richiesta di consenso, dell’eventuale diniego opposto dal procuratore capo europeo e dell’altrettanto eventuale decisione di ‘riesame’ assunta dal collegio EPPO sui termini previsti per l’avvio del procedimento disciplinare dall’articolo 15, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109. In proposito, rammentato nuovamente che in caso di diniego del consenso il procedimento disciplinare interno non potrebbe aver inizio che dopo la cessazione dell’incarico ricoperto dal magistrato presso l’EPPO (e, dunque, anche a distanza di lungo tempo dal verificarsi dei fatti che danno luogo all’addebito), si è previsto che i termini suddetti siano sospesi a seguito della richiesta del procuratore generale presso la Corte di cassazione e che essi riprendano a decorrere solo dal momento in cui pervenga notizia del consenso espresso dal procuratore capo europeo e, in caso di ‘riesame’, dall’eventuale decisione favorevole del collegio della Procura europea.

Nei rimanenti casi, e in particolare quando la procedura di ‘riesame’ non sia attivata o abbia dato esito negativo, i termini decorreranno nuovamente (solo) a seguito della cessazione dell’incarico di procuratore europeo delegato, circostanza di cui il Consiglio superiore della magistratura curerà la necessaria informativa al procuratore generale presso la Corte di cassazione affinché possa dare avvio al procedimento disciplinare.

d) Quanto ai rapporti tra il procedimento disciplinare interno e quello in corso (o eventualmente già svoltosi) innanzi al collegio della Procura europea, giova ricordare preliminarmente che, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, «le sanzioni disciplinari atteng[o]no in senso lato al diritto sanzionatorio-punitivo, e proprio per tale ragione attragg[o]no su di sé alcune delle garanzie che la Costituzione e le carte internazionali dei diritti riservano alla pena». Purtuttavia, «esse conservano tuttavia una propria specificità [...]», sicché «alcune almeno delle garanzie che [...] circondano la pena in senso stretto non si applicano, o si applicano con un maggior grado di flessibilità, alla sfera delle sanzioni disciplinari».

Ciò in quanto «[o]ltre che a logiche punitive e deterrenti comuni alle pene, tali sanzioni possono legittimamente rispondere, quanto meno nei casi concernenti pubblici funzionari cui sono affidati compiti essenziali a garanzia dello Stato di diritto, anche alla finalità di assicurare la definitiva cessazione dal servizio di persone dimostratesi non idonee, o non più idonee, all’assolvimento dei propri doveri»(18).

Alla luce di tali premesse, si è innanzitutto ritenuto che quello che potrebbe definirsi il ‘nocciolo duro’ del principio del ne bis in idem dovesse necessariamente trovare incondizionata applicazione con riferimento all’efficacia preclusiva dell’eventuale pregressa decisione assolutoria assunta dal Collegio dell’EPPO rispetto a un secondo giudizio disciplinare instaurato nei confronti del procuratore europeo delegato in ambito nazionale. Si è così previsto che l’azione disciplinare non possa comunque essere iniziata o proseguita «quando la sussistenza dei fatti oggetto di addebito o della responsabilità del magistrato [sia] stata esclusa dal collegio della Procura europea con decisione irrevocabile» (comma 5).

e) Quanto invece alle ipotesi di precedente condanna, si è ritenuto che l’operatività del suddetto principio fosse invece da escludersi, e ciò in considerazione, principalmente, del fatto che, in tali casi, viene in rilievo una pretesa punitiva concorrente e complementare a tutela di esigenze proprie dell’ordinamento nazionale e, in particolare, dell’ordine giudiziario interno. In tale prospettiva, è parso tuttavia doveroso modellare la disciplina nel rispetto delle univoche indicazioni provenienti dalla più recente giurisprudenza sovranazionale e costituzionale, che – essenzialmente – individuano nella ricorrenza di condizioni idonee ad assicurare il costante rispetto del principio di proporzionalità il punto di equilibrio tra le istanze di garanzia individuale e la possibilità di cumulo di procedimenti con finalità ‘punitiva’ aventi ad oggetto i medesimi fatti(19).

f) Al riguardo, va innanzitutto rammentato che, ai sensi dell’articolo 6, comma 5 4, del decreto, il procuratore europeo delegato ha l’obbligo di informare senza ritardo il procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia nei casi di avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento, di riassegnazione di suoi procedimenti di indagine ad altro procuratore europeo delegato ex articolo 28(3), lett. b) reg. e di adozione delle decisioni ex articolo 28(4), lett. c) reg. da parte del procuratore europeo. La previsione di tale obbligo è funzionale anche a garantire sin dove possibile (ovvero laddove il procuratore capo europeo esprima il consenso richiestogli) la necessaria ‘correlazione temporale’ tra le diverse iniziative disciplinari, e ciò all’evidente fine di circoscrivere a quanto strettamente necessario l’indubbio aggravio che alla posizione dell’interessato deriva dalla replicazione del giudizio.

g) Al medesimo fine, nella specifica ottica della garanzia di un’adeguata circolazione del materiale probatorio raccolto nel primo procedimento, si è inoltre disposto che, in caso di identità dei fatti oggetto di addebito, il procuratore generale presso la Corte di cassazione richieda alla Procura europea la trasmissione degli atti pertinenti in vista della loro utilizzazione ai fini delle sue determinazioni inerenti l’esercizio dell’azione disciplinare e nel susseguente giudizio. Stante la sostanziale identità di ratio, la previsione è stata estesa anche ai casi in cui in un pregresso giudizio disciplinare innanzi al collegio dell’EPPO siano emerse «altre circostanze comunque rilevanti» ai fini del procedimento interno.

Altrettanto opportuna è parsa l’introduzione di un limite alla possibilità di rinnovazione istruttoria, prevedendosi – con disposizione analoga a quella dettata dall’articolo 190-bis, comma 1, del codice di rito – che l’audizione di testi già escussi nel procedimento disciplinare innanzi al collegio della procura europea sia ammessa solo su fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni o se ritenuta necessaria sulla base di specifiche esigenze (commi 6 - 7).

h) Sul versante ‘sostanziale’ della garanzia di proporzionalità, si è infine previsto che della sanzione eventualmente irrogata dal collegio dell’EPPO debba tenersi conto nel determinare la durata delle sanzioni della perdita di anzianità, dell’incapacità ad esercitare un incarico direttivo o semidirettivo e della sospensione dalle funzioni (comma 8).

4.14. L’articolo 14 dello schema di decreto, originariamente intitolato alla Comunicazione alla Procura europea delle denunce di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, è stato integralmente riformulato al fine di recepire le osservazioni svolte nei pareri delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato.

a) In proposito, va premesso che, in base all’articolo 25(1) del Regolamento l’EPPO può esercitare la sua competenza «avviando un’indagine a norma dell’articolo 26 o decidendo di avvalersi del suo diritto di avocazione ai sensi dell’articolo 27». Dagli articoli 24(2) e 27 del Regolamento si desume che la distinzione tra le due diverse modalità di attivazione della Procura europea dipende dall’esistenza o meno di un’indagine a livello nazionale, poiché nel primo caso l’EPPO non può avviare autonomamente una propria attività investigativa, ma deve prima «avocare» il fascicolo di indagine iscritto in ambito domestico(20).

b) Lo schema di decreto legislativo inizialmente predisposto non conteneva specifiche disposizioni dedicate all’acquisizione della notitia criminis da parte della Procura europea, essendosi ritenuta esaustiva la disciplina dettata dal Regolamento. Proprio in base a tale considerazione, si era solo parzialmente dato seguito al criterio di delega indicato alla lettera q), con cui il legislatore delegante richiedeva, in relazione ai cd. reati PIF, di prevedere «come obbligatoria la denuncia all’EPPO, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 331 del codice di procedura penale, nonché l’obbligo di informazione in relazione ai medesimi delitti da parte del pubblico ministero in ogni fase del procedimento, al fine dell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 27 del regolamento (UE) 2017/1939». In particolare, come in precedenza accennato, detto criterio di delega aveva trovato attuazione solo per denunce provenienti da pubblici uffici e incaricati di pubblico servizio ex articolo 331 cod. proc. pen., le cui posizioni non apparivano immediatamente riconducibili alla disposizione contenuta nell’articolo 24(1) del regolamento.

c) Le Commissioni parlamentari hanno evidenziato «l’opportunità di apportare talune modifiche lessicali alla previsione dell’articolo 14 e, più in generale, di predisporre una forma di coordinamento nell’avvio delle indagini da parte delle Procure nazionali e dell’EPPO». Quanto al primo profilo, oltre ad un’imprecisione nella formulazione della disposizione, si è sottolineata la necessità di «chiarire che l’obbligo di denuncia dev’essere adempiuto anche nei confronti delle procure nazionali».

In ordine al secondo, è stato posto in risalto che «[p]roprio il contemporaneo inoltro ai due distinti organi investigativi della notizia di reato, che lo schema di decreto implicitamente presuppone anche per le informative della polizia giudiziaria, rende altresì opportuna [...] la predisposizione di una regolamentazione volta a circoscrivere e, comunque, a disciplinare sul versante nazionale la possibile sovrapposizione delle attività dell’EPPO e degli uffici di procura». In particolare, si è ritenuto che sia necessario «predispo[rre] una regola chiara e precisa al fine di assicurare il tempestivo compimento degli atti urgenti» e, più in generale, «elaborare un meccanismo di bilanciamento volto a rinvenire un ragionevole punto di equilibrio tra il rispetto dovuto alle prerogative comunque spettanti alle Procure nazionali nelle more dell’assunzione della decisione da parte dell’EPPO e l’esigenza di assicurare a quest’ultima un adeguato spatium deliberandi, senza dover necessariamente avocare il procedimento nazionale». Nel medesimo senso si è pronunciato il Consiglio superiore della magistratura nel parere espresso il 30 dicembre 2020.

d) Le richiamate proposte di modifica sono apparse meritevoli di integrale condivisione nella parte in cui evidenziano il rischio che la mancanza di una disciplina di coordinamento dell’avvio delle indagini «potrebbe determinare sul versante nazionale un inutile impiego di tempo e risorse da parte delle procure nazionali e degli organi di polizia giudiziaria, in tutti i casi in cui l’EPPO decidesse effettivamente di ‘avocare’ l’indagine», laddove «sul versante della Procura europea, la sistematica preesistenza dell’indagine nazionale comporta la necessità di decidere entro un termine estremamente breve».

Parimenti meritevole della massima considerazione appare la circostanza, anch’essa richiamata nei citati pareri, che «le disposizioni contenute nel regolamento interno adottato dal Collegio dell’EPPO il 12 ottobre 2020, per il sub-procedimento attraverso il quale andranno assunte le determinazioni circa l’esercizio della competenza, prevedono una tempistica non compatibile con le situazioni in cui debbano essere compiuti atti urgenti, o sia comunque necessario procedere con urgenza».

e) Alla stregua di quanto sin qui rilevato si è proceduto, quindi, ad un’integrale riformulazione dell’articolo 14 del decreto. E’ stata, innanzitutto, modificata la rubrica, che si riferisce ora – in senso onnicomprensivo – alla Comunicazione e iscrizione di notizie di reato di competenza della Procura europea. La portata generale della disposizione trova conferma nel comma 1, che menziona espressamente «[l]e comunicazioni di cui all’articolo 347 del codice di procedura penale, le denunce, le querele, gli esposti e gli ulteriori atti comunque denominati che hanno ad oggetto reati in relazione ai quali la Procura europea potrebbe esercitare la sua competenza ai sensi degli articoli 22 e 25, paragrafi 2 e 3, del regolamento».

La norma prevede che dette notitiae criminis debbano essere «presentate o trasmesse, oltre che al pubblico ministero nazionale, al procuratore europeo delegato».

Il comma 2 mira ad evitare il verificarsi delle problematiche sopra evidenziate prevedendo che, all’atto della ricezione di una notizia di reato di potenziale competenza dell’EPPO, il pubblico ministero nazionale proceda agli adempimenti previsti dall’articolo 335, primo comma, cod. proc. pen., solamente al verificarsi di due condizioni, ovvero se: - la Procura europea non assunto la decisione di esercitare la sua competenza, dandone comunicazione alle nostre autorità giudiziarie; e - risulta necessario procedere al compimento di atti urgenti o vi è comunque motivo di ritenere che un ritardo nell’avvio delle indagini possa comprometterne l’esito.

Unicamente al ricorrere di tali circostanze, dunque, il pubblico ministero provvederà all’iscrizione di un fascicolo di indagine secondo le regole ordinarie e l’EPPO, come detto, dovrà decidere se esercitare la propria competenza nelle forme e, soprattutto, entro i termini previsti per l’avocazione.

Ove non sussistano ragioni di urgenza, così come – del resto – quando la Procura europea abbia già esercitato la sua competenza, invece, il pubblico ministero non iscriverà la notizia di reato ricevuta nel registro di cui all’articolo 335 cod. proc. pen. ma ne disporrà l’annotazione in un apposito registro informatizzato, che – come previsto dal comma 3 – il Ministro della giustizia provvederà ad istituire con proprio decreto entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento normativo.

L’adempimento in questione formalizza una situazione di temporanea ‘stasi’ del procedimento, tant’è che non decorre il termine, semestrale o annuale, che l’articolo 405, comma 2, cod. proc. pen. ricollega alla iscrizione nel registro delle notizie di reato. Ciò naturalmente solo in ambito nazionale in quanto, sul versante EPPO, la ricezione della notizia di reato innesca il procedimento di «registrazione» e «verifica» previsto in via generale dall’articolo 24(6) reg. e disciplinato nel dettaglio dal regolamento interno adottato, come visto, in epoca recentissima dal Collegio della Procura europea. Il comma 4 della disposizione delimita l’estensione temporale della stasi del procedimento, stabilendo che il pubblico ministero debba «provvede[re] immediatamente agli adempimenti previsti dall’articolo 335, primo comma, del codice di procedura penale» nel momento in cui riceva comunicazione dalla Procura europea della decisione di non esercitare la sua competenza e, in ogni caso, decorsi 30 giorni dall’effettuazione della annotazione.

All’ultimo comma si prevede infine che, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 24(2) reg., il pubblico ministero informi la Procura europea dell’avvenuta iscrizione del fascicolo e dell’avvio delle indagini preliminari.

4.15. In base al regolamento EPPO i procuratori europei delegati sono autorizzati ad avvalersi delle procedure di consegna in conformità alle previsioni della Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri(21). Occorrendo quindi provvedere all’adattamento della normativa nazionale di implementazione della decisione quadro, in conformità a quanto previsto dalla lettera r) delle norme di delega, all’articolo 15 dello schema di decreto si è previsto che anche le procedure di consegna relative a mandati di arresto europei emessi da procuratori europei delegati siano disciplinate dalla legge 22 aprile 2005, n. 69 e che, quanto in particolare alle procedure passive di consegna, per «Stato membro di emissione» debba intendersi lo Stato membro dell’Unione europea in cui si trova il procuratore europeo delegato che ha emesso il mandato di arresto europeo.

4.16. Ai sensi dell’articolo 25(6), «[i]n caso di disaccordo tra l’EPPO e le procure nazionali sulla questione se la condotta criminosa rientri nel campo di applicazione dell’articolo 22, paragrafi 2 o 3, o dell’articolo 25, paragrafi 2 o 3, le autorità nazionali competenti a decidere sull’attribuzione delle competenze per l’esercizio dell’azione penale a livello nazionale decidono chi è competente per indagare il caso». Il secondo periodo della disposizione prevede che gli Stati membri sono tenuti a «specifica[re] l’autorità nazionale che decide sull’attribuzione della competenza».

Con l’articolo 16 del decreto si è pertanto provveduto ad individuare detta autorità nel procuratore generale presso la Corte di cassazione, conformemente a quanto già previsto dalla disciplina interna (articoli 54, 54-bis, 54-ter e 54-quater del codice di procedura penale), la cui applicazione è stata più in generale estesa – nei limiti della compatibilità – ai contrasti sulla competenza che coinvolgano la Procura europea.

4.17. L’articolo 17 del decreto va letto in correlazione alle previsioni contenute nell’articolo 30 del regolamento, il cui paragrafo 1 obbliga gli Stati membri ad assicurare – «[a]lmeno nei casi in cui il reato oggetto dell’indagine è punibile con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione» – la titolarità, in capo ai procuratori europei delegati, del potere di disporre (o, a seconda delle discipline nazionali, di richiedere al giudice) alcune «misure investigative» ivi specificamente elencate, quali – ad esempio – perquisizioni, sequestri, ordini di produzione di cose o documenti e altro.

Il regolamento ammette che legislazioni nazionali assoggettino a condizioni particolari l’applicazione di dette misure in relazione «a categorie specifiche di persone o di professionisti giuridicamente vincolati a un obbligo di riservatezza» (paragrafo 2) e consente ulteriori limitazioni con specifico riferimento agli ordini di produzione di dati informatici, alle intercettazioni delle comunicazioni elettroniche dell’indagato (o dell’imputato) e, infine, al «tracciamento e rintracciamento di un oggetto mediante mezzi tecnici, comprese le consegne controllate di merci» (paragrafo 3, in relazione alle lettere c), e) e f) del paragrafo 1).

In relazione alle ultime due categorie di misure appena indicate, sempre il paragrafo 3 della norma stabilisce che, tra le limitazioni ammissibili, rientra in particolare la possibilità di circoscriverne l’applicazione «a specifici reati gravi», ponendo peraltro a carico dello Stato membro che di detta possibilità intenda avvalersi l’onere di «notifica[re] all’EPPO il pertinente elenco [...] in conformità dell’articolo 117».

E’ dunque a tale ultima previsione che si correla la disposizione in esame che, dopo aver chiarito che i poteri dei procuratore europeo delegato in materia di intercettazioni e di consegne controllate soggiacciono ai medesimi limiti previsti in via generale dalla legislazione nazionale (comma 1), stabilisce che, nei quindici giorni successivi alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni, il Governo, su proposta del Ministro della giustizia, provveda all’incombente anzidetto (comma 2).

Va notato che, diversamente da quanto accade per le cd. consegne controllate, la normativa nazionale (e, segnatamente, l’articolo 266, comma 1, del codice di rito) non individua sempre e immancabilmente le figure di reato che legittimano il ricorso alle intercettazioni menzionandole nominatim (ciò che avviene nei casi di cui alle lettere da f) e f)-quinquies), ma talora ricorre ad indici – per così dire – sintetici di selezione della gravità delle condotte oggetto dell’indagine, facendo riferimento ora al limite edittale della pena massima (lettera a)), ora alla materia (lettere c), d) ed e)), ora ad entrambi tali criteri congiuntamente (lettera b)).

A riguardo, si evidenzia che, come confermato anche dalle indicazioni fornite dalla Commissione europea in occasione dell’incontro organizzato in Bruges nel giugno 2018, sarà possibile procedere alla notifica prevista dall’articolo 30(3) dando comunicazione del testo delle norme pertinenti così come formulate, senza dunque procedere ad un’analitica elencazione dei singoli reati in esse ricompresi.

4.17.1. In merito alla previsione di cui all’articolo 17, la Commissione bilancio del Senato ha richiesto di valutare «la possibilità di prevedere una procedura per la richiesta alla Procura europea di rimborso delle spese sostenute dai procuratori europei delegati nell'ambito delle attività di indagine, per il caso in cui i costi risultino eccezionalmente elevati».

Nel rammentare che alla possibilità di rimborso – meramente eventuale – il Regolamento fa riferimento al considerando (112) e all’articolo 91, paragrafo 6, non si è ritenuto necessario indicare una specifica procedura nello schema di decreto, in virtù della legittimazione da parte dell’Amministrazione che ha sostenuto le spese, e dunque del Ministero della giustizia, ad avanzare la relativa richiesta (ferma la neutralità degli effetti finanziari).

4.18. Con l’articolo 18 del decreto, predisposto avvalendosi della previsione di cui alla lettera r) dei criteri di delega, si è provveduto a individuare l’autorità nazionale competente ai fini delle determinazioni previste dagli articoli 25, paragrafo 4, e 34, paragrafi 5 e 6, del regolamento, concernenti il consenso all’esercizio della competenza cd. accessoria della Procura europea nelle ipotesi in cui il danno reale o potenziale per gli interessi finanziari dell’Unione causato dal reato «non sia superiore al danno reale o potenziale causato a un’altra vittima» e, rispettivamente, l’assunzione dei procedimenti di indagine istruiti dalla Procura europea, quando quest’ultima decida di dismetterli o di archiviarli.

Sul punto va ricordato che, secondo la generale disciplina codicistica di cui al Titolo IV-bis del codice di rito, individua detta autorità secondo le generali regole ordinarie, ovvero nell’ «ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente» (articolo 746-ter c.p.p.).

Tali norme fanno salve «le disposizioni speciali in materia di conflitti di giurisdizione con le autorità giudiziarie degli Stati membri dell'Unione europea», e dunque la normativa nazionale di implementazione della decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, che – attuata in Italia con il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 29 – individua l’autorità competente nel procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto ha sede l’ufficio del pubblico ministero competente secondo le disposizioni del codice di procedura penale.

In considerazione, da un lato, della connotazione sovranazionale dell’Autorità giudiziaria con cui l’interlocuzione sui trasferimenti dei sono destinate a svolgersi, dall’altro dell’opportunità di garantire – in ambito interno – uniformità di indirizzo nelle relative decisioni, l’autorità competente è stata per questi particolari casi individuata nella procura generale presso la Corte di cassazione. Anche in tal caso, peraltro, come già previsto dall’articolo 11, comma 3, del citato decreto legislativo n. 29, si è stabilito che delle determinazioni assunte il procuratore generale debba dare in ogni caso comunicazione al Ministro della giustizia.

4.19. L’articolo 19, anch’esso approntato in forza della norma di delega di cui alla lettera r), disciplina le ipotesi in cui, per effetto delle determinazioni del procuratore generale ai sensi del precedente articolo 18, le autorità giudiziarie italiane assumano la conduzione di procedimenti di indagine istruite da procuratori europei delegati di altri Stati membri.

In tali casi, attesa la sostanziale identità di materia, si è stabilito che trovino applicazione le disposizioni dettate ai commi da 3 a 7 dell’articolo 746-ter del codice di procedura penale relative all'avviso alla persona offesa e alla proposizione e all'efficacia della querela (per reati eventualmente connessi a quelli cd. PIF non procedibili ex officio in Italia), in tema di rinnovazione delle misure cautelari e di decorrenza dei relativi termini e, infine, di utilizzabilità degli atti di acquisizione probatoria.

Con il secondo comma della norma si è assoggettata alla medesima disciplina l’ipotesi in cui il fascicolo di indagine in origine istruito da un procuratore europeo delegato operante in altro Stato membro sia trasferito a un procuratore europeo delegato italiano, in forza di uno dei provvedimenti che tale effetto comportano ai sensi degli articoli 26, paragrafo 5, e 36, paragrafi 3 e 4 del regolamento EPPO.

4.20. L’articolo 20 reca le disposizioni finanziarie.

4.21. In considerazione della più volte segnalata necessità di dar corso con assoluta urgenza alle negoziazioni con il procuratore capo europeo e alle procedure di designazione dei procuratori europei delegati, in deroga al termine ordinario di vacatio legis, l’articolo 21 del decreto ne fissa l’entrata in vigore al giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
 

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Note

1. Cfr. sentenza I.C.I.C. del 20 ottobre 1975, n. 232; per la necessità di disapplicazione diretta, ad opera del giudice, della norma interna successiva, v. sentenza Granital in data 8 giugno 1984, n. 170.
2. Si vedano, rispettivamente, il considerando (23) e gli articoli 12(1), 12(2) e 13(1), quanto ai concetti di «supervisione» e, in particolare, alle «istruzioni» impartite dal procuratore europeo al procuratore europeo delegato di cui alla lettera l); e, rispettivamente, gli articoli 31, 27(2) e 27(5) per i successivi criteri di delega.
3.
Si riportano i commi 5 - 9 dell’articolo 4 della legge n. 177: «5. Le domande per la candidatura al posto di procuratore europeo sono proposte al Consiglio Superiore della Magistratura da magistrati requirenti o giudicanti in possesso almeno della quarta valutazione di professionalità, anche se collocati fuori dal ruolo organico della magistratura. 6. Il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministro della giustizia, al quale le domande sono inoltrate, procedono autonomamente alla valutazione dei candidati nel rispetto dei criteri di cui al paragrafo 1 del citato articolo 16 del regolamento (UE) 2017/1939. Il Ministro della giustizia trasmette la graduatoria dei candidati corredata dalle relative valutazioni al Consiglio Superiore della Magistratura che, qualora le condivida, provvede alla designazione e trasmette il relativo provvedimento al Ministro della giustizia perché lo comunichi agli organi dell’EPPO. 7. Quando il Consiglio Superiore della Magistratura non condivide le valutazioni che sorreggono la formazione della graduatoria di cui al comma 6, restituisce, con provvedimento motivato, gli atti al Ministro della giustizia. Entro quindici giorni il Ministro della giustizia può, alternativamente: a) trasmettere al Consiglio Superiore della Magistratura una proposta di graduatoria conforme alle valutazioni del medesimo Consiglio; b) invitare, con richiesta motivata, il Consiglio Superiore della Magistratura a rivedere le proprie valutazioni. 8. Ricevuta la proposta o la richiesta di cui alle lettere a) e b) del comma 7, il Consiglio Superiore della Magistratura provvede in ogni caso alla designazione, fornendo specifica motivazione quando non aderisce all’invito di cui alla medesima lettera b). Il provvedimento di designazione è comunicato a norma del comma 6. 9. Al magistrato nominato procuratore europeo ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) 017/1939 non si applicano i commi 68, 69, 71 e 72 dell’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190».
4. Così, ad esempio, nei casi dei magistrati nominati componenti di Tribunali internazionali e di Corti di giustizia (sia come giudici sia come pubblici ministeri) e dei magistrati partecipanti a progetti di cooperazione giudiziaria e internazionale, il collocamento fuori ruolo dei quali ultimi è stato fatto dipendere dalla circostanza che l’iniziativa non fosse stata approvata dal Consiglio superiore della magistratura, così accordandosi prevalenza ad un elemento ulteriore rispetto alla considerazione del mero dato ‘ontologico’ costituito dallo svolgimento di funzioni giudiziarie.
5. Cfr. articolo 16 (5) reg., che riproduce la previsione dell’articolo 14(5), relativa al procuratore capo europeo.
6.L’articolo 13(1) del regolamento prevede, infatti, che «[i] procuratori europei delegati agiscono per conto dell’EPPO nei rispettivi Stati membri e dispongono degli stessi poteri dei procuratori nazionali in materia di indagine, azione penale e atti volti a rinviare casi a giudizio, in aggiunta e fatti salvi i poteri specifici e lo status conferiti loro e alle condizioni stabilite dal presente regolamento». Può essere significativo notare la differente formulazione della disposizione “operativa” rispetto a quanto si legge nel considerando (33) (da cui è tratta l’espressione «status speciale» riportata nel testo), ove si prevede che sia lo Stato membro di appartenenza dei procuratori europei delegati a «conferire loro almeno gli stessi poteri dei procuratori nazionali».
7. Alla posizione del procuratore capo europeo risultano essersi uniformati tutti gli Stati aderenti alla cooperazione rafforzata, con la sola eccezione – al momento - della Finlandia.
8. V. supra 4.3.1.
9. Secondo cui «[l]a procedura di nomina dei procuratori europei delegati dovrebbe garantire che questi siano parte integrante dell’EPPO, rimanendo nel contempo integrati a livello operativo
10.
Si allude, in particolare, oltre che alle Conditions of employment previste dall’articolo 114, lettera c) del regolamento (ovvero le «norme sulle condizioni di impiego, i criteri di rendimento, l’insufficienza professionale, i diritti e gli obblighi dei procuratori europei delegati, comprese le norme per la prevenzione e la gestione dei conflitti di interesse»), alle Internal rules of procedure (cd. regolamento interno), cui l’articolo 21 affida «l’organizzazione del lavoro» della Procura europea, anche in relazione alle procedure di trattamento dei dati personali e alla disciplina del funzionamento del sistema di gestione informatica dei fascicoli (Case Management System – CMS).
11. V. supra 4.5, in fine.
12.
«Prevedere che il pubblico ministero, quando sia stato informato dell’avvio del procedimento di cui all’articolo 27 del regolamento (UE) 2017/1939, possa adottare e richiedere atti urgenti fino all’intervenuta decisione sull’avocazione da parte dell’EPPO, astenendosi dall’adozione di atti che possano precluderne l’esercizio».
13.
«Prevedere che, in caso di intervenuta decisione di avocazione delle indagini da parte dell’EPPO, il pubblico ministero trasmetta gli atti all’EPPO secondo quanto stabilito dall’articolo 27 del regolamento (UE) 2017/1939».
14. V. sub 4.2.3.
15.
Cfr. articolo 17(2) reg.; v. anche il recital (43) che, a proposito della procedura di nomina dei procuratori europei delegati, prevede che essi «siano parte integrante dell’EPPO, rimanendo nel contempo integrati a livello operativo nei loro sistemi giuridici e nelle loro strutture giudiziarie e di iniziativa penale nazionali».
16.
Nel considerando si dispone infatti che: «[i]l collegio dovrebbe essere responsabile dei provvedimenti disciplinari riguardanti i procuratori europei delegati quando agiscono ai sensi del presente regolamento. Poiché i procuratori europei delegati continuano a essere membri attivi delle procure o della magistratura degli Stati membri e possono inoltre espletare le funzioni di procuratori nazionali, per motivi non connessi al presente regolamento possono applicarsi disposizioni disciplinari nazionali. Tuttavia, viste le sue responsabilità di gestione dell’EPPO e al fine di tutelare l’integrità e l’indipendenza di quest’ultima, è opportuno che in tali casi il procuratore capo europeo sia informato della rimozione o di eventuali provvedimenti disciplinari». Dal canto suo, l’articolo 17 reg. , nelle parti qui di interesse, prevede: a) che il collegio debba rimuove dall’incarico un procuratore europeo delegato «se riscontra che [...] ha commesso una colpa grave» (paragrafo 3); b) che «[s]e uno Stato membro decide la rimozione dall’incarico o l’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti di un procuratore nazionale nominato procuratore europeo delegato per motivi non connessi alle responsabilità che gli derivano dal presente regolamento, esso informa il procuratore capo europeo prima di attivarsi in tal senso» (paragrafo 4, primo periodo); c) che, inoltre, «[u]no Stato membro non può rimuovere dall’incarico un procuratore europeo delegato o adottare provvedimenti disciplinari nei suoi confronti per motivi connessi alle responsabilità che gli derivano dal presente regolamento senza il consenso del procuratore capo europeo»; laddove quest’ultimo neghi il consenso, «lo Stato membro interessato può chiedere al collegio di esaminare la questione» (paragrafo 4, secondo periodo); d) che, infine, «[s]e un procuratore europeo delegato [...] è rimosso dal suo incarico [...], lo Stato membro interessato ne informa immediatamente il procuratore capo europeo e, se del caso, designa un altro procuratore affinché sia nominato come nuovo procuratore europeo delegato [...]» (paragrafo 5).
17. Il criterio di cui alla lettera g) prevede: «Adeguare le disposizioni dell’ordinamento giudiziario alle norme del regolamento (UE) 2017/1939 che disciplinano la rimozione dall’incarico o l’adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti del procuratore nazionale nominato procuratore europeo delegato, in conseguenza dell’incarico rivestito nell’EPPO, e in particolare: 1) prevedere che i provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura che comportino la rimozione dall’incarico o, comunque, i provvedimenti disciplinari nei confronti di un procuratore nazionale nominato procuratore europeo delegato per motivi non connessi alle responsabilità che gli derivano dal regolamento (UE) 2017/1939 siano comunicati al procuratore capo europeo prima che sia data loro esecuzione; 2) prevedere clausole di salvaguardia analoghe a quelle di cui al numero 1) a fronte di qualsiasi altra procedura di trasferimento di ufficio che comporti la rimozione dall’incarico di procuratore europeo delegato».
18.
Sent. 197 del 2018, punto 11 del Considerato in diritto.
19.
Ci si riferisce, quanto alla giurisprudenza CEDU e CGUE, alla sentenza Grande camera del 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia e, rispettivamente, alle tre decisioni rese dalla Corte di Lussemburgo in data 20 marzo 2018 (C-524/15, Menci; C-537/16, Garlsson; C-596/16 e C-597/16, Di Puma e Zecca). Nella nostra giurisprudenza costituzionale, il riferimento è alle sentenze n. 43 del 2018 e n. 222 del 2019.
20.
L’operatività anche nei procedimenti in corso dell’obbligo di informativa (a fini di eventuale avocazione da parte dell’EPPO) è espressamente prevista sempre nell’articolo 27(2) reg. che, infatti, si riferisce anche ai casi in cui «in qualsiasi momento successivo all’avvio di un’indagine» la competente autorità giudiziaria o di polizia dello Stato membro rilevi la competenza (o la possibile competenza) della Procura europea. In proposito, è di notevole interesse notare che, conformemente alla previsione contenuta nell’articolo 120, il regolamento EPPO è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, avvenuta il 31.10.2017, e che, sempre ai sensi della medesima norma, la Procura europea «esercita la sua competenza in relazione a qualsiasi reato rientrante in quest’ultima commesso dopo la data di entrata in vigore del [...] regolamento» (paragrafo 2). Conseguentemente, a partire dalla data che, su richiesta del procuratore capo europeo, la Commissione indicherà per l’effettiva assunzione dei «compiti di indagine e azione penale» da parte dell’EPPO (con decisione anch’essa destinata ad essere pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea: così il paragrafo 3), le autorità giudiziarie e di polizia di tutti gli Stati membri dell’Unione europea dovranno comunicare senza ritardo alla Procura europea la pendenza di fascicoli di indagine relativi a reati di sua potenziale competenza commessi a partire dal 20 novembre 2017, fornendo per ciascuno di essi le informazioni previste dall’articolo 24(4) reg. (e, dunque, «come minimo, una descrizione dei fatti, compresa una valutazione del danno reale o potenziale, la possibile qualificazione giuridica e qualsiasi informazioni disponibile riguardo alle potenziali vittime, agli indagati e a qualsiasi altra persona coinvolta»).
21.
Si vedano, in particolare, il considerando (72) e l’articolo 33(2) del regolamento.


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