XVIII LEG - ddl - Ratifica ed esecuzione dei Protocolli 15 e 16 recanti emendamenti alla Convenzione sui diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Strasburgo 24 giugno 2013 e 2 ottobre 2013)

aggiornamento: 9 novembre 2018

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 17 febbraio 2021

Disegno di legge recante "Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013, e del Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013"

 

Relazione illustrativa

Indice

 

Art. 1 - Autorizzazione alla ratifica
Art. 2 - Ordine di esecuzione
Art. 3 - Sospensione del processo
Art. 4 - Entrata in vigore

 

Art. 1
(Autorizzazione alla ratifica)

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare i seguenti Protocolli:

a) Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013;
b) Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013.
  

Art. 2
(Ordine di esecuzione)

  1. Piena ed intera esecuzione è data ai Protocolli di cui all'articolo 1 della presente legge, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore, in conformità a quanto disposto, rispettivamente, dall'articolo 7 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), e dall'articolo 8 del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b).

   Art. 3
(Sospensione del processo)

  1. La Suprema Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, la Corte dei conti e il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana possono presentare alla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo richieste di parere ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, del Protocollo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della presente legge.
  2. Nei casi di cui al comma 1, il giudice può disporre che il processo sia sospeso fino alla ricezione del parere consultivo della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo.
  3. La Corte costituzionale può provvedere con proprie disposizioni all'applicazione del Protocollo di cui al comma 1.

Art. 4
(Entrata in vigore)

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Relazione illustrativa

Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere l'autorizzazione alla ratifica del Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013, e del Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013.

Protocollo n. 15, emendante la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), con sede a Strasburgo, è stata istituita nel 1959 per assicurare il rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Vi aderiscono tutti i 47 membri del Consiglio d'Europa. Negli ultimi anni, la constatazione dell'esistenza di gravi problemi di funzionamento – in particolare l'arretrato accumulato e la percezione che la struttura non sia più sufficiente per l'attuale utenza di oltre 800 milioni di cittadini – ha avviato una profonda discussione sulla sua riforma.

Una prima risposta è venuta dal Protocollo n. 14, entrato in vigore nel giugno 2010 per conferire maggiore efficienza e rapidità nella trattazione dei ricorsi individuali, attraverso: (1) l'introduzione di un giudice unico chiamato a decidere i casi manifestamente inammissibili; (2) l'ampliamento delle competenze attribuite ai comitati di tre giudici; (3) un nuovo criterio di ammissibilità che autorizza la Corte a rifiutare i ricorsi nel caso in cui il ricorrente non abbia subìto un «pregiudizio importante».

Tali modifiche non hanno tuttavia portato i progressi auspicati. Con le Conferenze di Interlaken e Smirne si è avviata la discussione su una riforma della CEDU che, tenendo conto della realtà attuale, faciliti il raggiungimento dei suoi obiettivi. Al contempo, ha cominciato a diffondersi presso alcuni Stati la sensazione che la Corte tenda a invadere settori di competenza dei tribunali nazionali, trasformandosi in una sorta di quarta istanza anche per questioni non immediatamente connesse con la salvaguardia dei diritti umani fondamentali per cui il sistema della CEDU fu creato.

Sotto la spinta del Regno Unito, la Conferenza di Brighton dell'aprile 2012 si è conclusa con l'adozione di una Dichiarazione che ribadisce come sia in primo luogo un obbligo degli Stati provvedere all'attivazione della Convenzione, auspicando pertanto il rafforzamento del principio di sussidiarietà e del margine di apprezzamento nel rapporto con la Corte.

Sulla scia di Brighton, si è di poi giunti all'adozione del Protocollo n. 15, aperto alla firma degli Stati membri a partire da lunedì 24 giugno 2013. Esso prevede:

articolo 1: aggiunge un nuovo considerando alla fine del preambolo della Convenzione, contenente un riferimento al principio di sussidiarietà e alla dottrina del margine di apprezzamento. Esso è destinato a migliorare la trasparenza e l'accessibilità al sistema previsto dalla Convenzione. È, inoltre, coerente con la dottrina del margine di apprezzamento, come espresso più volte dalla Corte nella sua giurisprudenza;

articolo 2: modifica gli articoli 21 e 23 della Convenzione. Più in particolare, stabilisce le condizioni per l'esercizio delle funzioni di giudice della Corte: i candidati devono avere meno di 65 anni al momento in cui figurano nella lista preliminare richiesta dall'Assemblea parlamentare. Questa modifica ha lo scopo di consentire a giudici altamente qualificati di rimanere in carica l'intero periodo di nove anni, rafforzando così la coesione dei membri della Corte. Il limite di età previsto dall'articolo 23, paragrafo 2, della Convenzione, redatto prima dell'entrata in vigore del Protocollo in esame, impediva infatti a taluni giudici, nonostante la grande esperienza, di concludere il loro mandato;

articolo 3: modifica l'articolo 30 della Convenzione. Per quanto concerne la rimessione alla Grande Camera ex articolo 30, viene eliminato il diritto d'opposizione delle Parti;

articoli 4 e 5: modificano entrambi l'articolo 35 della Convenzione. Più in particolare, l'articolo 4 riduce da 6 a 4 mesi dalla sentenza definitiva nazionale il termine entro il quale un ricorso può essere presentato alla Corte. Con la disposizione transitoria prevista all'articolo 8, paragrafo 3, del Protocollo si è stabilito che la riduzione del termine per la presentazione della domanda alla Corte dovrà applicarsi solo dopo un periodo di sei mesi a decorrere dall'entrata in vigore del Protocollo, al fine di consentire ai potenziali ricorrenti di diventare pienamente edotti sulla nuova scadenza. Inoltre, il nuovo termine non avrà effetto retroattivo;

articolo 5: modifica il l'articolo 35, paragrafo 3, lettera b, della Convenzione, eliminando dai presupposti di ricevibilità la condizione limitativa dell'applicazione del criterio «de minimis non curat praetor».

Protocollo n. 16, emendante la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), con sede a Strasburgo, è stata istituita nel 1959 per assicurare il rispetto della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Vi aderiscono tutti i 47 Stati membri del Consiglio d'Europa. Negli ultimi anni, la constatazione dell'esistenza di gravi problemi di funzionamento – in particolare l'arretrato accumulato e la percezione che la struttura non sia più sufficiente per l'attuale utenza di oltre 800 milioni di cittadini – ha avviato una profonda discussione sulla sua riforma, che è avvenuta attraverso l'adozione di alcuni Protocolli, l'ultimo dei quali è il n. 16.

Già la Conferenza di Smirne sul futuro della Corte (26-27 aprile 2011) nella sua dichiarazione finale, invitava «il Comitato dei Ministri a considerare l'opportunità di introdurre una procedura che consentisse alle più alte giurisdizioni nazionali di richiedere pareri consultivi alla Corte, relativamente all'interpretazione e all'applicazione della Convenzione, per chiarire le disposizioni della Convenzione e la giurisprudenza della Corte, fornendo in questo modo ulteriore attività di indirizzo al fine di aiutare gli Stati parte ad evitare future violazioni». Nelle decisioni dei delegati dei Ministri che hanno fatto seguito alla Conferenza di Smirne, il Comitato direttivo per i diritti dell'uomo (CDDU) è stato quindi invitato ad elaborare delle proposte specifiche.

La questione dei pareri consultivi è stata discussa a lungo durante la preparazione della successiva Conferenza (Brighton 19-20 aprile 2012) sul futuro della Corte, alla quale la Corte stessa ha contribuito con un dettagliato «Documento di riflessione sulla proposta di estendere la competenza consultiva della Corte».

La dichiarazione finale della Conferenza di Brighton affermava che l'interazione tra la Corte e le autorità nazionali avrebbe potuto essere consolidata dall'introduzione nella Convenzione di un ulteriore potere della Corte, che gli Stati parte avrebbero comunque potuto accettare in via facoltativa, e cioè il potere di emettere, su esplicita richiesta, pareri consultivi sull'interpretazione della Convenzione nell'ambito di una specifica causa a livello nazionale. Fatto salvo il carattere non vincolante dei pareri per gli altri Stati parte, si invitava il Comitato dei Ministri a redigere la bozza del testo di un protocollo in tal senso, che entrasse in vigore entro la fine del 2013.

A seguito della Conferenza di Brighton, la 122ª sessione del Comitato dei Ministri (23 maggio 2012) ha stabilito che il CDDU redigesse il testo richiesto. Le questioni chiave affrontate durante tale processo erano: la natura delle autorità nazionali che possono richiedere un parere consultivo della Corte, il tipo di quesiti sui quali la Corte può emettere un parere consultivo, la procedura per la valutazione delle richieste, per la delibera in seguito all'accoglimento delle stesse e per l'emissione di pareri consultivi e, infine, l'effetto giuridico di un parere consultivo sulle diverse tipologie delle cause.

Il progetto, che è diventato il Protocollo n. 16 alla Convenzione, è stato definitivamente adottato durante la 1176ª riunione dei delegati dei Ministri.

Osservazioni sulle disposizioni del Protocollo

Articolo 1

Il paragrafo 1 stabilisce tre parametri chiave della nuova procedura.

In primo luogo, affermando che le autorità giudiziarie competenti «possono» richiedere alla Corte un parere consultivo, specifica che tale richiesta è facoltativa e in nessun caso obbligatoria. A tale proposito, è importante anche chiarire che l'autorità giudiziaria che presenta la richiesta può ritirarla in ogni momento.

In secondo luogo, stabilisce che competenti a richiedere un parere consultivo alla Corte sono solo «le più alte giurisdizioni di un'Alta Parte contraente, designate conformemente all'articolo 10». Questa formulazione è volta a evitare potenziali complicazioni, permettendo una certa libertà di scelta. La locuzione «le più alte giurisdizioni» fa riferimento alle autorità giudiziarie al vertice del sistema giudiziario nazionale.

Ciascuna Parte contraente deve specificare quale alta giurisdizione può richiedere un parere consultivo (articolo 10); ciò consente la necessaria flessibilità per tenere conto dei diversi sistemi giudiziari nazionali. Va, inoltre, osservato che, sempre ai sensi dell'articolo 10, un'Alta Parte contraente può in ogni momento cambiare la sua indicazione di quale tra le più alte giurisdizioni può richiedere un parere consultivo.

Il terzo parametro riguarda la natura delle questioni sulle quali una giurisdizione interna può richiedere il parere consultivo della Corte, e cioè le «questioni di principio relative all'interpretazione o all'applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli». Sarà la Corte a interpretare la definizione al momento di decidere se accettare o meno la richiesta di un parere consultivo (articolo 2, paragrafo 1).

Il paragrafo 2 dell'articolo 1 prevede che la richiesta di parere consultivo sia presentata nell'ambito di una causa pendente dinanzi all'autorità giudiziaria che presenta la richiesta. La procedura non è pensata, ad esempio, per consentire una revisione in astratto della legislazione che non deve essere applicata nella causa pendente dinanzi a essa.

Il paragrafo 3 stabilisce determinati requisiti procedurali che devono essere soddisfatti dall'autorità giudiziaria che presenta la richiesta. Essi recepiscono lo scopo della procedura, che non è quello di trasferire la causa alla Corte, ma piuttosto quello di conferire all'autorità giudiziaria che presenta la richiesta i mezzi necessari per garantire il rispetto dei diritti previsti nella Convenzione durante l'esame della causa pendente dinanzi ad essa.

Pertanto, l'autorità giudiziaria deve motivare la richiesta di parere e fornire gli elementi rilevanti dei fatti acquisiti nel corso del procedimento e indicare le questioni della Convenzione rilevanti, in particolare i diritti o le libertà invocati.

Articolo 2

L'articolo 2 stabilisce la procedura per decidere se accogliere o meno una richiesta di parere consultivo. La Corte ha un margine di discrezionalità nell'accettare o meno una richiesta; comunque il rigetto di una domanda dovrà essere motivato, scoraggiando così le richieste non opportune.

Il paragrafo 2 prevede che è la Grande Camera della Corte ad emettere i pareri consultivi in seguito all'accoglimento o meno della richiesta da parte del collegio dei cinque giudici.

Il paragrafo 3 prevede che il collegio e la Grande Camera comprendano di diritto il giudice eletto per l'Alta Parte contraente cui appartiene l'autorità giudiziaria che ha richiesto il parere e stabilisce anche la procedura da seguire nel caso in cui tale giudice sia assente o non possa partecipare alla riunione.

Articolo 3

L'articolo 3 conferisce al Commissario per i diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa e all'Alta Parte contraente cui appartiene l'autorità giudiziaria che ha richiesto il parere il diritto di presentare osservazioni per iscritto e di prendere parte a tutte le cause all'esame della Grande Camera nelle procedure relative alla richiesta. Inoltre il Presidente della Corte può invitare ogni altra Alta Parte contraente o persona a presentare le proprie osservazioni per iscritto o a partecipare alle udienze, quando ciò sia nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia.

Articolo 4

Il paragrafo 1 richiede che la Corte motivi i pareri consultivi emessi ai sensi del Protocollo.

Il paragrafo 2 consente ai giudici della Grande Camera di esprimere un'opinione separata (dissenziente o concordante).

Il paragrafo 3 richiede che la Corte comunichi i pareri consultivi all'autorità giudiziaria che presenta la richiesta e all'Alta Parte contraente cui appartiene tale autorità.

Infine, il paragrafo 4 richiede la pubblicazione dei pareri consultivi emessi ai sensi del Protocollo.

Articolo 5

L'articolo 5 prevede che i pareri consultivi non siano vincolanti. Essi vengono emessi nell'ambito di un dialogo tra la Corte e le autorità giudiziarie nazionali. Di conseguenza l'autorità richiedente decide sugli effetti del parere consultivo nel procedimento nazionale.

Il fatto che la Corte abbia emesso un parere consultivo su una questione sollevata nell'ambito di una causa pendente dinanzi a un'autorità giudiziaria di un'Alta Parte contraente non impedisce a una parte di tale causa di esercitare successivamente il suo diritto a un ricorso individuale ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione, vale a dire che essa può comunque portare la causa dinanzi alla Corte. Tuttavia, laddove un ricorso venga proposto successivamente all'emissione di un parere consultivo della Corte che sia stato già recepito, si ritiene che tali elementi del ricorso che riguardano le questioni affrontate nel parere consultivo debbano essere dichiarati irricevibili o debbano essere stralciati.

I pareri consultivi ai sensi del Protocollo non hanno effetto diretto sugli eventuali successivi ricorsi. Tuttavia, andranno a fare parte della giurisprudenza della Corte, insieme alle sentenze e alle decisioni.

Articolo 6

L'articolo 6 recepisce il fatto che l'accettazione del Protocollo è facoltativa per le Alte Parti contraenti della Convenzione. Pertanto non ha l'effetto di modificare le disposizioni della Convenzione, il cui testo rimane invariato. Le sue disposizioni operano solo tra le Alte Parti contraenti che scelgono di accettare il Protocollo come «articoli addizionali alla Convenzione». La sua applicazione, pertanto, è condizionata da tutte le altre disposizioni rilevanti della Convenzione.

Articolo 7

L'articolo 7 contiene le disposizioni ai sensi delle quali un'Alta Parte contraente della Convenzione può essere vincolata dal Protocollo.

Articolo 8

Il testo dell'articolo 8 è preso dall'articolo 7 del Protocollo n. 9 alla Convenzione e si basa sul modello di clausole finali approvato dal Comitato dei Ministri. L'entrata in vigore del Protocollo è prevista il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data in cui tutte le Alte Parti contraenti della Convenzione avranno espresso il loro consenso a essere vincolate dal Protocollo.

Articolo 9

L'articolo 9 prevede che le Alte Parti contraenti non possano fare riserva rispetto al Protocollo.

Articolo 10

L'articolo 10 stabilisce che ciascuna Alta Parte contraente indica quale delle sue alte giurisdizioni potrebbe richiedere i pareri consultivi della Corte. Consente inoltre la possibilità per le Alte Parti contraenti di aggiungere o togliere, in qualsiasi momento, dalle liste le autorità giudiziarie indicate. Tutte le dichiarazioni di questo tipo devono essere indirizzate al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, in qualità di depositario di accordi multilaterali adottati all'interno dell'organizzazione.

Articolo 11

L'articolo 11 è una delle consuete clausole finali incluse nei trattati redatti nell'ambito del Consiglio d'Europa. La lettera d si riferisce alle procedure istituite in virtù dell'articolo 10 del Protocollo che indica quale delle autorità giudiziarie delle Alte Parti contraenti può richiedere pareri consultivi alla Corte.

Il disegno di legge, all'articolo 3, individua le più alte giurisdizioni che possono presentare alla Grande Camera della CEDU richieste di pareri ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, del Protocollo n. 16, introducendo un nuovo caso di sospensione facoltativa del processo (articolo 3, comma 2). Il comma 3 prevede che la Corte costituzionale possa provvedere con proprie disposizioni sull'applicazione del Protocollo n. 16.