Schema di D.Lgs. - Attuazione della direttiva 2014/67/UE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (<Regolamento IMI>) - Relazione

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 14 luglio 2016

Schema di decreto legislativo recante: “Attuazione della direttiva 2014/67/UE concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (<Regolamento IMI>)

Articolato

Lo schema di decreto in oggetto è finalizzato a dare attuazione, nell’ordinamento nazionale, alla direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del Regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di Informazione del Mercato Interno («regolamento IMI»).Il termine di scadenza della delega è fissato al 18 aprile 2016, come previsto dall’articolo 31 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che continua ad applicarsi nell’originaria formulazione relativamente alle deleghe contenute nelle leggi di delegazione europee entrate in vigore in epoca antecedente alle modifiche apportate dall’articolo 29 della legge 29 luglio 2015, n. 115.
La direttiva 2014/67/UE (di seguito anche solo “la direttiva”) è stata adottata allo scopo di completare la disciplina originariamente contenuta nella direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione transnazionale di servizi e di migliorarne l’applicazione.
La finalità della disciplina è quella di contemperare i principi di libera prestazione dei servizi con quelli di tutela delle condizioni di lavoro.
La direttiva oggetto di attuazione reca un insieme di disposizioni e misure che sono intese a migliorare e uniformare l'applicazione nella pratica della direttiva 96/71/CE, che stabilisce le condizioni di lavoro e di impiego che le imprese devono rispettare nello Stato membro in cui effettuano l’eventuale distacco di lavoratori, affinché possa essere garantito un livello, minimo e omogeneo, di tutela degli stessi.
La tutela concerne in particolare le condizioni di impiego applicabili nello Stato membro ed è intesa, evidentemente, a facilitare l'esercizio della libertà di prestazione dei servizi e a creare, altresì, condizioni di concorrenza leale tra le imprese, sostenendo in tal modo il funzionamento del mercato interno.
Al predetto scopo la direttiva prevede che l'autorità competente dello Stato membro ospitante esamini, se del caso in stretta cooperazione con lo Stato membro di stabilimento, le caratteristiche del rapporto del lavoratore distaccato, anche al fine di verificare la ricorrenza della temporaneità del distacco.
Le disposizioni contenute nella direttiva, concernenti l’applicazione e il monitoraggio del distacco, possono altresì consentire, alle autorità competenti, di identificare i lavoratori che si dichiarano in modo fittizio lavoratori autonomi.
La difficoltà riscontrata nella pratica nell’accesso alle informazioni ha comportato la mancata applicazione di alcune norme da parte delle imprese.
Per detta ragione la direttiva ha disposto affinché gli Stati membri intervengano a garantire che tali informazioni siano messe a disposizione di tutti a titolo gratuito e che siano rese accessibili non solo alle imprese, ma anche ai lavoratori distaccati interessati. All’accesso all’informazione è dedicato il Capo II della direttiva, interamente contenuto nell’ articolo 5.
Caratterizzano inoltre la direttiva, le disposizioni in materia di cooperazione amministrativa, contenute nel presente decreto al Capo II (articoli da 7 a 9), e le disposizioni in materia di Esecuzione transfrontaliera delle sanzioni amministrative pecuniarie e/o delle ammende, contenute nel Capo IV (articoli da 13 a 24).
In particolare, la cooperazione amministrativa e l'assistenza reciproca tra le autorità competenti degli Stati membri che comportano la necessità per gli stessi di rispondere alle richieste di informazioni da parte delle autorità competenti anche riferite al possibile recupero di una sanzione, all’esecuzione dei controlli e alle ispezioni  sono attuate per mezzo del sistema di informazione del mercato interno (IMI) istituito dal regolamento (UE) n. 1024/2012 (ai sensi dell’articolo 21 della direttiva).
In vista del recepimento, da parte dei singoli Stati membri, della direttiva, in data 8 ottobre 2014, la Commissione europea ha istituito un gruppo di esperti, denominato Expert Group on the Transposition of the Enforcement Directive of the Posting of Workers Directive 2014/67/EU, ovvero, più sinteticamente, Gruppo TREND le cui osservazioni sono state prese in considerazione nella stesura della direttiva.
Venendo più propriamente al testo dello schema di decreto si evidenzia anzitutto che in occasione del recepimento della direttiva, si è ritenuto anche opportuno, in una prospettiva di massima semplificazione normativa, abrogare il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72, con il quale è stata a suo tempo recepita l’originaria direttiva 96/71/CE, per racchiudere in un unico testo tanto le norme volte ad attuare la direttiva 2014/67/CE, quanto quelle intese a dare attuazione all’originaria citata direttiva 96/71/CE.
Nello schema di decreto sono pertanto confluite le disposizioni che erano contenute nel citato decreto legislativo n. 72/2000, opportunamente modificate sia in considerazione delle variazioni del panorama normativo intervenute successivamente alla sua emanazione, sia in vista dell’indispensabile raccordo con le disposizioni del presente testo.
Il testo consta di cinque Capi e di 27 articoli, oltre un Allegato A che è il medesimo posto a corredo del testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72.

CAPO I - DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1 – Campo di applicazione

In ragione della suesposta scelta di predisporre un testo unitario, l’articolo 1 dello schema di decreto attua l’articolo 1 della direttiva 96/71/CE, a suo tempo recepito attraverso gli articoli 1 e 4, dell’innanzi citato decreto legislativo n. 72/2000.
Non si è invece ritenuto invece necessario attuare l’articolo 1 della direttiva, in considerazione del fatto che l’obiettivo in esso indicato può ritenersi raggiunto proprio in virtù delle norme del presente decreto.
In maggior dettaglio, il comma 1 riproduce sostanzialmente il testo dell’articolo 1, comma 1 del decreto legislativo n. 72/2000 e individua quali destinatari della nuova disciplina le imprese che prestano servizi, aventi sede in un altro Stato membro dell’Unione, che distaccano uno o più lavoratori in Italia, in favore di un'altra impresa anche se appartenente allo stesso gruppo, o di un’altra unità produttiva, ovvero in favore di un altro soggetto destinatario della prestazione purché, in tutti i casi innanzi indicati, durante il periodo di distacco, continui a esistere un rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l'impresa distaccante. Il comma 2 disciplina l’ipotesi già disciplinata dall’articolo 4 del dlgs. n.72/2000 e dispone che il presente decreto si applica alle agenzie di somministrazione di lavoro, stabilite in uno Stato membro diverso dall’Italia, che distaccano lavoratori presso un’impresa utilizzatrice avente la propria sede o anche solo un’unità produttiva, in Italia. Stante la previsione del comma 3, resta poi vigente, la procedura di autorizzazione prevista dall’articolo 4 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante “Attuazione delle deleghe in materia di mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, che non viene richiesta alle agenzie che dimostrino di operare in forza di un provvedimento amministrativo equivalente, rilasciato dall'autorità competente di uno Stato membro diverso dall'Italia. Il comma 4 precisa che il decreto si applica anche, nel settore del trasporto su strada, alle ipotesi di cabotaggio di cui al Capo III del Regolamento (CE) n. 1072/2009 del 21 ottobre 2009 e al Capo V del Regolamento (CE) n. 1073/2009 del 21 ottobre 2009; il comma 5, riprendendo un’analoga previsione del dlgs n. 72/2000, precisa che le norme relative all’accertamento dell’autenticità del distacco, delle condizioni di lavoro, della difesa dei diritti, degli obblighi amministrativi, delle regole sull’ispezione e delle conseguenze sanzionatorie (contenuta negli articoli 3, 4, 5, 10 e 11) si applica anche alle imprese stabilite in un Paese terzo che distaccano lavoratori in Italia. Infine, il comma 6, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 96/71/CE e dall’attuale d.lgs. n. 72/2000 ribadisce l’esclusione della disciplina per il personale della marina mercantile.

Articolo 2 – Definizioni
L’articolo attua contestualmente l’articolo 2 della direttiva 96/71/CE, originariamente recepito dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 72 del 2000, nonché gli articoli 2, 3 e 14 della direttiva. La disposizione da ultimo richiamata è in particolare attuata dal comma 1, lett. a) del presente articolo.
La finalità della disposizione in riferimento è quella di individuare i soggetti chiamati a dare esecuzione alle disposizioni contenute nello schema di decreto, stabilendone i ruoli.
Tenuto conto della scelta effettuata, di individuare le autorità competenti già in seno all’articolo 2, evitando così di dover far luogo a una loro designazione in un momento successivo, e di non innovare l’attuale assetto (che non ha mai visto l’individuazione, in Italia, degli uffici di collegamento di cui all’articolo 4 della direttiva 96/71/CE), è venuta anche meno la necessità di  recepire l’articolo 3 della direttiva.
Si è ritenuto altresì di non dover recepire mediante specifiche disposizioni il secondo e il terzo periodo dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva, che si richiama alla <necessità di assicurare la protezione dei dati contenuti nelle informazioni scambiate e dei diritti legali delle persone fisiche e giuridiche che possono essere interessate>. 
Le autorità competenti saranno infatti necessariamente soggette alla disciplina contenuta nel decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il <Codice in materia di protezione dei dati personali>.
Si evidenzia in particolare che il <titolare> e il <responsabile> del trattamento dei dati resteranno individuati alla luce di quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, lettere f) e g), e dell’articolo 29, comma 1, del citato decreto il quale stabilisce che “Il responsabile è designato dal titolare facoltativamente>, e che anche tutti gli adempimenti relativi al trattamento dei dati dovranno inevitabilmente tener conto di quanto statuito dall’innanzi citato codice.
Si deve inoltre evidenziare che l’articolo 7 del citato regolamento IMI, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno, al paragrafo 3 stabilisce espressamente che “ogni autorità competente è responsabile del trattamento relativamente alle sue attività di trattamento dei dati svolte da un utente dell’IMI sotto la sua autorità (…)”.
Ciò detto, passando al contenuto dell’articolo 2, si rappresenta che il comma 1, individua:
- alla lettera a) l’“autorità richiedente” quale autorità competente che presenta una domanda di assistenza, informazione o notificazione, recupero di sanzioni secondo quanto previsto dal presente decreto;
- alla lettera b) l’“autorità adita” quale autorità alla quale è diretta una richiesta di assistenza, informazione, notificazione o recupero di una sanzione secondo quanto previsto dal presente decreto;
- alla lettera c) l’“autorità competente” nel Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Ispettorato nazionale del lavoro nonché, ai soli fini delle disposizioni relative alla procedura di recupero delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 21 l’Autorità giudiziaria;
- alla lettera d) il “lavoratore distaccato” quale il lavoratore abitualmente occupato in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia che, per un periodo limitato predeterminato o predeterminabile, con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in territorio nazionale italiano;
- alla lettera e) le “condizioni di lavoro e di occupazione” quali quelle disciplinate da disposizioni normative e dai contratti collettivi nazionali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 relative alle seguenti materie:
1. periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;
2. durata minima delle ferie annuali retribuite;
3. trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario;
4. condizione di cessione temporanea dei lavoratori;
5. salute e sicurezza, nei luoghi di lavoro;
6. provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;
7. parità di trattamento fra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione.

Articolo 3 - Autenticità del distacco
La presente disposizione, di recepimento dell’articolo 4 della direttiva, individua gli elementi che gli organi di vigilanza possono prendere in considerazione per accertare l’autenticità del distacco.
In particolare tale disposizione individua, ai commi 2 e 3, in modo non tassativo, gli elementi dai quali è possibile desumere l’autenticità del distacco.
Per espressa previsione del comma 1 gli elementi che caratterizzano la fattispecie sono poi oggetto, in sede di verifica, di una “valutazione complessiva”, pertanto la valutazione della genuinità del distacco non può essere effettuata sulla scorta di singoli elementi isolatamente considerati, ma deve riguardare tutti gli elementi della fattispecie.
Si evidenzia che non è stata riprodotta nel testo l’espressione “tenendo conto di un quadro temporale ampio”, contenuta nel paragrafo 2 dell’articolo 4 della direttiva, in quanto si è ritenuto che il periodo da considerare dipenda anch’esso dalla specificità della situazione e che dunque sia sufficiente, per un corretto recepimento, prevedere una valutazione ancorata a tale specificità.
Il comma 2 stabilisce gli elementi che consentono di accertare se l’impresa distaccante eserciti attività diverse da quelle di mera gestione o amministrazione del personale.
In particolare, quanto alla lettera a) si precisa che con le locuzioni “uffici, reparti ed unità produttive”, che non figurano nel testo della direttiva, s’intendono i locali utilizzati dall’impresa straniera distaccante diversi dalle sedi legali e amministrative della stessa, laddove siano riscontrabili un minimo di organizzazione di mezzi e/o di persone ovvero determinate sedi operative/produttive in ragione delle quali l’impresa può considerarsi stabilita nel territorio di uno Stato membro.
Le suddette locuzioni sono state, pertanto, introdotte proprio per precisare che laddove siano presenti sul territorio nazionale uffici, reparti e unità produttive, anche non qualificabili come sede legale o amministrativa, l’impresa straniera distaccante può essere considerata stabilita in Italia e conseguentemente dovrà ottemperare agli obblighi previsti dalla legge italiana per la tenuta dei documenti. Si evidenzia, infatti, che le disposizioni nazionali afferenti alla tenuta e alle scritturazioni sul Libro Unico del Lavoro (articoli 39 e 40 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133), contenente quest’ultimo le principali informazioni sulla costituzione e sulle modalità di svolgimento del rapporto (presenze, orario, ferie, permessi, malattia, retribuzioni, contributi, etc.), trovano applicazione solo qualora le imprese che distaccano  lavoratori da altro Stato membro abbiano sedi o unità operative/produttive anche sul territorio italiano.
L’espressione di cui all’ultimo punto dell’elenco, ossia il riferimento ad “ogni altro elemento utile alla valutazione complessiva”, anch’essa non contenuta nella direttiva, è stata inserita nel testo come clausola generale al fine di evidenziare che si tratta di una lista di elementi che riveste carattere meramente esemplificativo.
Il disposto di cui al comma 3, che recepisce i paragrafi 3 e 5 dell’articolo 4 della direttiva, prevede gli elementi utili ad accertare se il lavoratore sia effettivamente distaccato ai sensi del presente decreto.
In particolare, con riferimento all’elemento di cui alla lettera h), relativo al certificato concernente la legislazione di sicurezza sociale applicabile (attualmente “modello A1”), che non figura nel testo dell’articolo 4 della direttiva, si fa presente che la sua introduzione è stata ritenuta possibile alla luce del considerando 12 a mente del quale “La mancanza del certificato concernente la legislazione applicabile in materia di previdenza sociale di cui al regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio può indicare che la situazione non può essere qualificata come <distacco temporaneo> in uno Stato membro diverso da quello in cui il lavoratore interessato svolge abitualmente la sua attività nel quadro della prestazione di servizi”.
Il comma 4 dell’articolo in esame stabilisce che nelle ipotesi in cui il distacco risulta essere non genuino, il lavoratore si considera automaticamente alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione. Tale sanzione si applica però solo nei casi in cui tale soggetto sia un’impresa.
Il comma 5 stabilisce che, nelle ipotesi in cui il distacco non risulti genuino, il distaccante e il distaccatario sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, analogamente a quanto previsto dall’articolo 18, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 276 del 2003. In ogni caso l’ammontare della sanzione amministrativa non può essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000. Nei casi in cui il distacco non autentico riguardi i minori, la disposizione prevede l’applicazione della pena dell'arresto fino a diciotto mesi e dell'ammenda aumentata fino al sestuplo.


Articolo 4 – Condizioni di lavoro e di occupazione
La norma attua l’articolo 3 della direttiva 96/71/CE, a suo tempo recepita nell’ordinamento nazionale attraverso l’articolo 3 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72, e dispone l’applicazione, ai lavoratori distaccati, durante il periodo del distacco, delle medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco.
La norma prevede che le disposizioni di legge e contratto collettivo in materia di durata minima delle ferie annuali retribuite e di trattamento retributivo minimo, compreso quello maggiorato per lavoro straordinario, non si applicano nei casi di lavori di assemblaggio iniziale o di prima installazione di un bene, previsti in un contratto di fornitura di beni, indispensabili per mettere in funzione il bene fornito ed eseguiti dai lavoratori qualificati o specializzati dell'impresa di fornitura, quando la durata dei lavori, in relazione ai quali è stato disposto il distacco, non è superiore a otto giorni. Restano qui espressamente escluse le attività del settore edilizio indicate nell’allegato A del decreto, riguardanti la realizzazione, il riattamento, la manutenzione, la modifica o l'eliminazione di edifici.
Il comma 3 stabilisce che alla somministrazione di lavoro si applicano le disposizioni di cui all’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 il quale stabilisce che “Per tutta la durata della missione presso l'utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell'utilizzatore”.
Ove si sia al cospetto di una somministrazione transnazionale di lavoro la tutela del lavoratore risulta dunque più incisiva, ma ciò comunque nel rispetto ed in attuazione di disposizioni sovranazionali. Il decreto legislativo n. 81 del 2015 all’articolo 55 ha disposto infatti l’abrogazione degli articoli da 20 a  28 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (come modificati dal decreto legislativo 2 marzo 2012, n. 24), che disciplinavano in passato la materia della somministrazione in recepimento della direttiva 2008/104/CE  relativa al lavoro tramite agenzia interinale, con la conseguenza che l’attuazione di tale citata direttiva è oggi rimessa agli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo n. 81 del 2015. 
I commi 4 e 5 recano infine due disposizioni intese entrambe a dare attuazione all’articolo 12 paragrafo 2 della direttiva che stabilisce che gli Stati membri prevedono misure per garantire che nei casi di subcontratto a catena i lavoratori distaccati possano tenere responsabile il contraente di cui il datore di lavoro è un subcontraente diretto in aggiunta o in luogo del datore di lavoro per il rispetto dei diritti dei lavoratori distaccati.
I commi in riferimento ricalcano il quadro vigente. Più precisamente il comma 4 prevede che nell’ipotesi di distacco di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto trova applicazione il regime di responsabilità solidale di cui agli articoli 1676 del codice civile e 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, mentre nel caso in cui si sia al cospetto di una somministrazione trova applicazione l’articolo 35, comma 2, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Merita qui rammentare che l’articolo 29, comma 2 innanzi richiamato dispone che “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento” mentre il citato art. 35, comma 2, dispone che “L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore”.
Il comma 5 stabilisce poi che in caso di distacco nell’ambito di un contratto di trasporto trova applicazione l’articolo 83 bis, commi dal 4 bis al 4 sexies, del decreto legge 25 giungo 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’articolo 1, comma 248, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, contenente la disciplina ordinariamente applicabile nel caso di contratto di trasporto.
Come innanzi già precisato le disposizioni contenute nei due suindicati commi ricalcano il sistema di tutele dei lavoratori già previsto dalle disposizioni attualmente vigenti a livello nazionale ed, in particolare, il regime di responsabilità solidale che è previsto nelle ipotesi di appalto, fra committente e appaltatore, nelle ipotesi di somministrazione, nonché in quelle di trasporto, al fine di rendere applicabile la relativa disciplina anche alle imprese che distacchino lavoratori sul territorio nazionale.
Le ipotesi di subcontratto nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi di cui all’articolo 12 della direttiva risultano, infatti, riconducibili, nel nostro ordinamento, a diverse tipologie contrattuali, e, nello specifico, a quelle suindicate del contratto di appalto, di somministrazione di lavoro e di trasporto.
In virtù di quanto stabilito, nelle ipotesi di una prestazione transnazionale di servizi attuata mediante contratto di appalto o subappalto, sarà applicabile il regime previsto dall’articolo  29, comma 2, del decreto legislativo n. 276 del 2003, ai sensi del quale il committente imprenditore o datore di lavoro risponde in solido con l'appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori per i crediti retributivi, contributivi ed i premi assicurativi maturati nel periodo di esecuzione del contratto di appalto.
Merita qui rimarcare che in virtù del medesimo articolo 29 sopra citato, la responsabilità solidale può essere attivata dal lavoratore entro e non oltre i due anni dalla cessazione dell’appalto e opera in tutti i settori economici/produttivi, coinvolgendo ciascun soggetto della filiera, ovvero sia il committente che l’appaltatore, nonché gli eventuali subappaltatori.
La previsione è stata ritenuta conforme a quanto stabilito dal paragrafo 4, articolo 12 della direttiva che facoltizza gli Stati a prevedere nell’ambito dell’ordinamento nazionale norme anche più rigorose in materia di responsabilità.
A riguardo va considerato che la limitazione della responsabilità solidale alla sola contraenza diretta, indicata all’articolo 12 della direttiva, andrebbe a coinvolgere nel vincolo solidale esclusivamente due soggetti per volta (il subcontraente e contraente) con la conseguenza che il committente (di regola l’impresa italiana o comunque quella stabilita in Italia) non sarebbe mai chiamata a rispondere delle posizione creditorie dei lavoratori distaccati. Ne conseguirebbe pertanto l’estraneità del committente ad ogni eventuale provvedimento adottato dagli organi di vigilanza con evidente pregiudizio in termini di tutela dei lavoratori distaccati.
Un regime di responsabilità solidale sostanzialmente analogo è previsto anche in caso di prestazione di servizi attuata mediante il contratto di somministrazione di lavoro o mediante contratto di trasporto, attraverso il richiamo all’articolo 35, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015 (già previsto dall’articolo 23, comma 3, del decreto legislativo n. 276 del 2003) e all’articolo 83 bis, commi dal 4 bis al 4 sexies del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito in legge n. 133 del 6 agosto 2008, come modificato dall’articolo 1, comma 248 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
Con particolare riferimento alla disciplina in materia di trasporto, la norma richiamata prevede che il committente o il vettore, in caso di subcontratto, al fine di scongiurare il vincolo solidale, debba verificare, prima della stipulazione del contratto, la regolarità retributiva, previdenziale e assicurativa dell’imprenditore cui intende rivolgersi per l’esecuzione della prestazione. A tal fine può altresì acquisire, all’atto della conclusione del contratto, un’attestazione rilasciata dagli enti previdenziali, di data non anteriore a tre mesi, dalla quale risulti che l’azienda è in regola con il versamento dei contributi assicurativi e previdenziali. Il committente che non esegue la verifica di cui sopra resta obbligato in solido con il vettore nonché con ciascuno degli eventuali sub vettori entro il limite di un anno dalla cessazione del contratto di trasporto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi agli enti competenti limitatamente alle prestazioni ricevute nel corso della durata del contratto di trasporto. 

Articolo 5 – Difesa dei diritti
La disposizione prevede che, ferma la statuizione contenuta all’articolo 3, comma 4 – riferita, lo si rammenta, alla possibilità per il lavoratore, nei casi di distacco che venga accertato come non genuino, di ricorrere in sede giurisdizionale per ottenere la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore della sua prestazione - i lavoratori distaccati che prestano o hanno prestato la loro opera sul territorio nazionale, possono far valere i diritti di cui all’articolo 4 in sede amministrativa e giudiziale.

Articolo 6 -Osservatorio
Si prevede la costituzione di un osservatorio presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con compiti di monitoraggio sul distacco dei lavoratori finalizzato a garantire una migliore diffusione delle informazioni sulle condizioni di lavoro e di occupazione tra imprese e lavoratori. Tale organo è composto da tre rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale dei lavoratori, tre rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale dei datori di lavoro, due rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui uno con funzioni di presidente, un rappresentante dell’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, un rappresentante dell’INPS, un rappresentante dell’Istituto di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, un rappresentante designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ai componenti dell’osservatorio non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza o emolumento comunque denominato.
L’accesso ai dati relativi al numero ed al luogo dei distacchi in Italia, l’inquadramento dei lavoratori distaccati e la tipologia dei servizi per i quali avviene il distacco è assicurato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dall’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro mediante un’apposita convenzione.
Tale disposizione è stata introdotta in accoglimento dell’osservazione della Commissione XI della Camera dei deputati, e recepisce l’articolo articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2014/67UE.


CAPO II – ACCESSO ALLE INFORMAZIONI E COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA
Articolo 7 - Accesso alle informazioni

La presente disposizione recepisce l’articolo 5 della direttiva e disciplina l’accesso alle informazioni relative alle condizioni di lavoro e di occupazione che devono essere rispettate nelle ipotesi di distacco.
In sede di recepimento si è ritenuto di compiere uno sforzo di semplificazione e di accorpare previsioni che, nella direttiva, risultano contenute in un testo che appare assai articolato e talvolta ripetitivo, al fine di rendere la normativa nazionale più snella e di agevole lettura. Per la suindicata ragione la disposizione non ricalca pedissequamente quella corrispondente della direttiva.
L’articolo si compone di due commi.
Il comma 1 attua il paragrafo1 e parte del paragrafo 2, nonché, in parte, il paragrafo 4 dell’articolo 5 della direttiva, prevedendo che tutte le informazioni relative alle condizioni di lavoro che devono essere osservate nelle ipotesi di distacco, siano pubblicate sul sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il comma recepisce altresì la lett. f) del paragrafo 2, dell’articolo 5 della direttiva prevedendo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali garantisca anche il costante aggiornamento di tutte le informazioni pubblicate sul sito.
Il medesimo comma individua poi le informazioni che devono essere pubblicate sul sito istituzionale.
La disposizione è stata redatta avendo presente il contenuto del paragrafo 2, lettere a) e b), e del paragrafo 4 dell’articolo 5 della direttiva.
Le informazioni in parola riguardano:
- le condizioni di lavoro e/o norme di diritto nazionale applicabili ai lavoratori distaccati nel territorio italiano;
- i contratti collettivi applicabili ai lavoratori distaccati nel territorio italiano, con particolare riferimento alle diverse tariffe minime salariali e ai loro elementi costitutivi, al metodo utilizzato per calcolare la retribuzione dovuta e ai criteri per la classificazione del personale;
- le procedure per sporgere denuncia, nonché la disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro applicabile ai lavoratori distaccati;
- i soggetti cui i lavoratori e le imprese possono rivolgersi per ottenere informazioni circa i diritti e gli obblighi derivanti tanto dal diritto nazionale.
Nel sito dovranno essere quindi pubblicate tutte le informazioni relative alla normativa lavoristica, anche contenuta in contratti collettivi di lavoro.
Si è specificato inoltre che le informazioni non devono essere genericamente riferite ai contratti collettivi applicabili, ma, più specificamente, alle tariffe minime salariali e ai loro elementi costitutivi, alle modalità di calcolo della retribuzione dovuta e ai criteri per la classificazione nelle diverse categorie salariali. Ciò in quanto è evidente che l’impresa stabilita in altro Stato membro deve anzitutto aver modo di conoscere, per poter attuare un distacco legittimo, tale normativa.
Nell’ottica di garantite un tutela più incisiva la lettera c) - che recepisce il secondo periodo della lett. c) del paragrafo 2 dell’articolo 5 della direttiva – stabilisce che devono essere rese altresì pubbliche le informazioni relative alle procedure per sporgere denuncia e quelle concernenti la disciplina in materia di salute e la sicurezza sul lavoro applicabile ai lavoratori distaccati.
La lettera d) del comma – che recepisce il paragrafo 2, lett. e) ed il paragrafo 5 sempre dell’articolo 5 della direttiva - prevede poi che, sempre sul sito, siano pubblicati anche i soggetti cui i lavoratori e i prestatori di servizi possono rivolgersi per ottenere informazioni circa i diritti e gli obblighi derivanti dal diritto nazionale.
All’innanzi precisato scopo di definire un testo agile al comma 2 sono state complessivamente indicate tutte le condizioni che devono essere rispettate nella pubblicazione delle informazioni in materia di distacco dei lavoratori, per rendere effettiva la conoscenza e la conoscibilità delle stesse. In particolare la disposizione - che recepisce il paragrafo 1, parte del paragrafo 2, lett. c) e lett. d) e parte del paragrafo 4 dell’articolo 5 della direttiva – prevede che tutte le informazioni devono essere pubblicate in modo trasparente, chiaro e dettagliato, in lingua italiana ed inglese, conformemente agli standard di accessibilità che consentano l’accesso anche alle persone con disabilità. E’ altresì previsto che tali informazioni devono altresì essere accessibili agli utenti in modo gratuito.

Articolo 8 - Cooperazione amministrativa
L’articolo recepisce le previsioni dell’articolo 6 della direttiva ed è stato definito tenuto conto dell’attuale testo dell’articolo 5 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72 che, come già precisato, recepiva la direttiva 96/71/CE.
Nell’articolo vengono indicati gli obblighi e le attività in cui si sostanzia la collaborazione amministrativa tra le amministrazioni competenti ed il contenuto delle “motivate richieste di informazione”.
Lo scambio di informazioni con le autorità degli altri Stati membri coinvolgerà il personale ispettivo che sarà chiamato a effettuare le verifiche e i controlli sulle imprese distaccanti e sui lavoratori distaccati.
In sede di recepimento, si è ritenuto non richiedere trasposizione, mediante disposizione dedicata, del paragrafo 1 dell’articolo 6 della direttiva: la previsione, priva di carattere prescrittivo e la cui portata appare piuttosto quella dell’affermazione di principio, resta d’altro canto attuata, in termini generali, da tutte le disposizioni del presente testo e, più nello specifico, dall’articolo 7.
Non è stata riproposta, nel testo dell’articolo 6 del decreto, la previsione contenuta nel primo comma del citato articolo 5 del decreto legislativo n. 72 del 2000, perché l’esigenza di una disposizione come quella in riferimento deve considerarsi venuta meno alla luce dell’articolo 2 del testo del decreto. E’ appena il caso di rammentare infatti che nell’articolo 2 sono riportate tutte le definizioni, anche relative alle autorità deputate allo scambio delle informazioni, comprese quelle dell’autorità competente.
Nel comma 1 viene stabilito che l’Ispettorato nazionale del lavoro risponde tempestivamente alle motivate richieste di informazione inviate dalle autorità di altri Stati membri ed esegue i controlli e le ispezioni richieste. I controlli possono comprendere anche le indagini sulle ipotesi di inadempienza o violazione della normativa applicabile al distacco dei lavoratori.
Il comma recepisce il secondo paragrafo dell’articolo 6 della direttiva.
In sede di definizione del testo si è tenuto inoltre conto di quanto disposto dall’articolo 5, comma 2, del decreto n. 72 del 2000. A riguardo è da evidenziare che detto ultimo articolo prevede che le richieste motivate di informazioni siano evase dalle direzioni territoriali del lavoro, mentre nel decreto in commento il riferimento è all’Ispettorato nazionale del lavoro.
Il comma 2 prevede che le richieste comprendono anche le informazioni relative al possibile recupero di una sanzione amministrativa, o alla notificazione di un provvedimento amministrativo o giudiziario che le irroga e possono altresì includere l’invio di documenti e di determinate informazioni circa la legalità dello stabilimento e la buona condotta dei prestatori di servizi. Tale comma recepisce in parte il paragrafo 2 e in parte il paragrafo 3 dell’articolo 6 della direttiva. Con riferimento alla disposizione contenuta nel paragrafo 3 del medesimo articolo 6 della direttiva, a seguito di un confronto con il testo in lingua inglese e in lingua francese, si è ritenuto che l’espressione che figura nel testo italiano “notificazione di documenti” sia stata utilizzata in senso a-tecnico. Per tale ragione si è ritenuto di recepire utilizzando la più generica espressione “invio dei documenti”, rinviando, per la disciplina riguardante più propriamente le notifiche, alle disposizioni del testo del decreto che sono state definite in recepimento del Capo VI della direttiva.
Ai sensi del comma 3, al fine di consentire all’autorità competente di fornire risposta alle richieste che pervengano, i destinatari della prestazione di servizi stabiliti nel territorio nazionale sono tenuti a comunicare tutte le informazioni necessarie.
Non si è ritenuto di dover prevedere una sanzione ad hoc per l’ipotesi in cui le imprese in riferimento non ottemperino, dal momento che la mancata comunicazione delle informazioni da parte di una azienda italiana che, abbia distaccato all’estero e in relazione alla quale gli ispettori italiani - su richiesta dell’autorità di altro Stato membro – abbiano attivato un’ispezione, rientrerebbe in un ordinaria ipotesi di ostacolo alla vigilanza, per la quale è già prevista la sanzione di cui all’articolo 4, ultimo comma, della legge 22 luglio 1961, n. 628 o la sanzione amministrativa di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638.
Il successivo comma 4 - che recepisce il paragrafo 6 dell’articolo 6 della direttiva – precisa che lo scambio delle informazioni avviene attraverso IMI (Internal Market Information), piattaforma informatica multilingue, realizzata dalla Commissione europea, e che trova la propria base giuridica nel Regolamento (Ue) n. 1024/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione («regolamento IMI»). 
L’IMI è già esistente e pienamente operativo, oltre che già attualmente impiegata, anche ad altri fini (es. in materia di riconoscimento di qualifiche professionali). Si tratta di uno strumento che rende più facile e rapida la cooperazione amministrativa ed è uno strumento obbligatorio per lo scambio di informazioni relative a tutte le direttive del mercato interno tra autorità competenti.
Sempre in tale comma, vengono, individuati due termini per lo scambio delle informazioni:
- entro e non oltre due giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta per i casi urgenti, che richiedano la consultazione di registri; 
- entro il termine di giorni venticinque lavorativi dalla ricezione della richiesta in tutti gli altri casi, restando ferma la possibilità per gli Stati membri di concordare un termine più breve.
La richiesta da presentare per i casi urgenti deve essere adeguatamente motivata e deve indicare espressamente gli elementi che comprovino tale urgenza.
Il secondo, più ampio termine previsto per la risposta, pari a venticinque giorni, è riferito alle richieste che si possono definire “ordinarie” e consentirà, com’è evidente, di svolgere le indagini e i controlli che si rendano necessari mediante il personale ispettivo.
Il comma 5 prevede la possibilità, in via residuale, per l’Ispettorato nazionale del lavoro, di applicare accordi e intese bilaterali aventi ad oggetto la cooperazione amministrativa, per verificare e monitorare le condizioni di lavoro che possono essere applicate ai lavoratori distaccati.
Il comma 6 recepisce il paragrafo 5 dell’articolo 6 della direttiva e, in tale prospettiva, al fine di garantire  un’efficace collaborazione tra amministrazioni degli Stati membri, stabilisce che l’Ispettorato nazionale del lavoro fornisce tempestiva comunicazione alle autorità richiedenti di tutte quelle ipotesi in cui ricorrano obiettive difficoltà a rispondere alla richiesta di informazioni ricevuta, o nell’eseguire i controlli e le ispezioni nel termine previsto dalla richiesta, al fine di individuare una soluzione.
Non si è ritenuto di recepire il paragrafo 7 dell’articolo 6 della direttiva. Tenuto conto che l’inciso posto a chiusura della citata norma (“sempreché gli Stati membri abbiano incluso tali registri nell’IMI”) ha consentito di concludere che detto recepimento non era per l’Italia necessitato, merita altresì evidenziare che allo stato non sarebbe agevole, anche in termini di rispetto della privacy, consentire alle autorità competenti di altri Stati membri l’accesso alle banche-dati in cui sono iscritti i “prestatori di servizi italiani” ed attuare quindi la disposizione.
Il comma 7 stabilisce che nel caso in cui si verifichi la sussistenza di irregolarità l’autorità competente si attiva senza ritardo affinché tutte le pertinenti informazioni siano trasmesse allo Stato interessato tramite IMI.
Il comma 8, che recepisce il paragrafo 10 dell’articolo 6 della direttiva, introducendo una norma che lascia impregiudicata la possibilità di adottare le misure che si ritengano idonee a prevenire violazioni della disciplina sul distacco dei lavoratori.
Il comma 9, che recepisce i paragrafi 8 e 9 dell’articolo 6 della direttiva, ribadisce il principio che la cooperazione amministrativa deve essere realizzata a titolo gratuito. Precisa altresì che le informazioni sono utilizzate esclusivamente in relazione alle richieste cui si riferiscono.

Articolo 9 – Misure di accompagnamento
La disposizione attua l’articolo 8 della direttiva che impone agli Stati membri, con l’assistenza della Commissione, di adottare misure di accompagnamento per sviluppare, facilitare e promuovere gli scambi di personale responsabile della cooperazione amministrativa e dell'assistenza reciproca, nonché della vigilanza sul rispetto della normativa vigente.
La norma afferma l’impegno dell’Italia ad adottare le suindicate misure, nell’ambito delle iniziative che saranno assunte dalla Commissione europea per le specificate finalità.

CAPO III – OBBLIGHI E SANZIONI
Articolo 10 - Obblighi amministrativi

La norma in argomento stabilisce gli adempimenti cui è tenuta l’impresa che distacca lavoratori ai sensi del presente decreto, in conformità a quanto contemplato dall’articolo 9, paragrafo 1, lettere da a) ad f), della direttiva.
La stessa norma stabilisce altresì quelle misure che sono finalizzate a rendere possibili i necessari controlli.
In particolare, al fine di assicurare l’effettiva vigilanza sul rispetto della disciplina in materia di distacco, viene disposto quanto di seguito indicato.
Al comma 1 è previsto l’obbligo, per l’impresa, di effettuare la comunicazione preventiva di distacco al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, entro le ore 24 del giorno antecedente l’inizio del distacco stesso. La disposizione prevede altresì che entro i 5 giorni successivi debbano essere comunicate le variazioni che intervengono rispetto a detta comunicazione.
Il comma stabilisce altresì il contenuto della comunicazione preventiva di distacco disponendo che la stessa deve contenere le seguenti informazioni:
a) dati identificativi dell’impresa distaccante;
b) numero e generalità dei lavoratori distaccati;
c) data di inizio di fine e durata del distacco;
d) luogo di svolgimento della prestazione di servizi
e) dati identificativi del soggetto distaccatario;
f) tipologia dei servizi;
g) generalità e domicilio eletto del referente di cui al comma 3, lettera b;
h) generalità del referente di cui al comma 4;
i) numero del provvedimento di autorizzazione all’esercizio dell’attività di somministrazione, in caso di somministrazione transnazionale ove l’autorizzazione sia richiesta dalla normativa dello Stato di stabilimento.
Il comma 2 prevede che con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente testo, verranno definite le modalità delle comunicazioni.
Il comma 3 dispone che durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla cessazione dello stesso l’impresa ha l’obbligo di:
- lett. a) conservare, predisponendone copia in lingua italiana, il contratto di lavoro o altro documento contenente le informazioni di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 1997, n. 152, i prospetti paga, i fogli che indicano l'inizio, la fine e la durata dell'orario di lavoro giornaliero, la documentazione comprovante il pagamento delle retribuzioni o i documenti equivalenti, la comunicazione pubblica di instaurazione del rapporto di lavoro o documentazione equivalente ed il certificato relativo alla legislazione di sicurezza sociale applicabile;
- lett. b) designare un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti; è qui previsto che in difetto (di designazione ovvero di elezione di domicilio) la sede dell’impresa distaccante coincide con il luogo in cui ha sede legale l’impresa utilizzatrice ovvero, nei casi in cui il soggetto destinatario della prestazione non sia un’impresa, dovrà farsi riferimento al luogo di residenza di quest’ultimo.
Il comma 4 stabilisce poi che l’impresa ha l’obbligo di designare, per tutto il periodo del distacco, un referente con poteri di rappresentanza per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione collettiva di secondo livello; tale soggetto ha l’obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti sociali.

Art. 11 - Ispezioni
In recepimento dell’articolo 10 della direttiva, la norma in riferimento stabilisce che l’Ispettorato nazionale del lavoro pianifica ed effettua accertamenti ispettivi volti a verificare l’osservanza delle disposizioni del presente decreto nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione.
Si evidenzia che i controlli del personale di vigilanza sono ordinariamente svolti sulla base dei risultati della mappatura dei rischi e dell’attività di studio e analisi relative alle diverse aree territoriali e ai singoli settori merceologici.
I controlli saranno quindi svolti tenuto conto dei settori in cui si concentra il fenomeno del distacco dei lavoratori e altresì, a titolo esemplificativo, tenuto conto dell’esistenza di catene di subappaltatori, della prossimità geografica, delle problematiche relative a specifici settori merceologici, di precedenti irregolarità o della vulnerabilità concernente specifiche categorie di lavoratori.
I suddetti controlli dovranno essere effettuati nel rispetto del principio di proporzionalità e non discriminazione.
Si evidenzia che in occasione dell’elaborazione del documento di programmazione dell’attività di vigilanza - di norma presentato nel corso della prima riunione, nell’anno di riferimento, della Commissione centrale di coordinamento - viene svolta, infatti, un’attenta analisi dei fenomeni di violazione ed elusione della disciplina in materia di lavoro e legislazione sociale, finalizzata all’individuazione strategica di ambiti e obiettivi prioritari verso i quali orientare l’azione ispettiva sul territorio nazionale. Tra i più rilevanti fenomeni patologici evidenziati e selezionati per la pianificazione degli accertamenti ispettivi annuali - anche in base all’azione di intelligence svolta dagli Uffici territoriali negli ambiti geografici di riferimento – rientrano tradizionalmente le fattispecie fittizie di delocalizzazione delle imprese presso Stati esteri, attraverso il ricorso non corretto al distacco, che determina un consistente abbattimento del costo del lavoro con conseguenti forme di dumping fra imprese.
La pianificazione dell’attività di vigilanza in tale ambito consente:
- di assicurare tutela ai lavoratori distaccati, soggetti a una significativa disparità di trattamento a causa dell’utilizzo improprio dell’istituto del distacco;
- di contribuire efficacemente alla regolazione del mercato del lavoro e a presidiare la legalità a garanzia della concorrenzialità delle imprese.

Articolo 12 – Sanzioni
L’articolo, in attuazione dell’articolo 20 della direttiva, definisce le sanzioni applicabili.
In particolare la disposizione stabilisce:
• che in caso di violazione,  da parte dell’impresa, degli obblighi stabiliti all’articolo 10, comma 1, di comunicazione preventiva del distacco e, se del caso, delle successive  variazioni, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso fra i 150 e i 500 euro, per ogni lavoratore interessato. L’individuazione di termini puntuali entro cui adempiere comporta che l’illecito si configurerà tanto nelle ipotesi di omessa comunicazione quanto in quelle di ritardo;
• che in caso di violazione dell’obbligo di conservazione dei documenti di cui all’articolo 10, comma 3, lett. a), si applica la sanzione amministrativa di importo compreso fra i 500 e i 3000 euro per ogni lavoratore interessato; si evidenzia che è qui definita una sanzione amministrativa in luogo di quella penale attualmente prevista per le aziende italiane, in considerazione della scarsa efficacia delle sanzioni penali, oggetto di frequente archiviazione da parte delle Procure per la non rilevante pericolosità dei reati che con le stesse sono puniti;
• la mancata designazione dei referenti di cui all’articolo 10, comma 3, lett. b), e comma 4, sono entrambe punite con la sanzione amministrativa di importo compreso fra i 2000 ed i 6000 euro.
• In osservanza dei principi e criteri di delega di carattere generale previsti per il recepimento delle direttive europee dall’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, si precisa, altresì al comma 4, che le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 non possono essere superiori a 150.000 euro.

CAPO IV – ESECUZIONE DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE

Le norme di attuazione del Capo VI della direttiva 2014/67/UE, concernenti l’esecuzione transfrontaliera delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate alle imprese che distaccano uno o più lavoratori in violazione delle disposizioni contenute nel presente decreto, da parte della autorità competente di altro Stato membro ovvero da parte della autorità competente dello Stato italiano, sono finalizzate evidentemente a rafforzare e rendere ancor più efficace la cooperazione amministrativa tra le autorità in parola e a consentire una più agevole esecuzione dei provvedimenti sanzionatori adottati dai singoli Stati.
Questi obiettivi vengono perseguiti mediante l’utilizzo di uno strumento uniforme predisposto nell’ambito del sistema d’Informazione del Mercato Interno (piattaforma IMI), basato sul principio di assistenza fra i diversi Stati membri e di riconoscimento reciproco dei provvedimenti amministravi e giudiziari e finalizzato alla notificazione, nonché alla conseguente esecuzione degli stessi.
Si sottolinea che tale disciplina trova applicazione solo in via residuale, ossia laddove l’autorità richiedente non sia in grado di procedere alla notificazione del provvedimento o alla relativa esecuzione, ai fini del recupero della sanzione amministrativa pecuniaria, in forza delle disposizioni e delle procedure contemplate dall’ordinamento interno.
Le disposizioni che riguardano il recepimento del Capo VI sono suddivise in tre sezioni.
Nella sezione I, coincidente con il solo articolo 13, vengono stabilite le Disposizioni generali.
La sezione II, articoli da 14 a 17, concerne la Richiesta di notifica e di recupero ad altri Stati membri 
La sezione III, articoli da 18 a 24, disciplina Richiesta di notifica e di recupero da altri Stati membri.

Sezione I – Disposizioni generali
Articolo 13 - Ambito di applicazione

Il presente articolo, in attuazione dell’articolo 13 della direttiva 2014/67/UE, prevede che i principi dell’assistenza e del riconoscimento reciproci, nonché le misure e le procedure ivi contenute, trovino applicazione con riferimento all’esecuzione transnazionale delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate alle imprese che distaccano uno o più lavoratori in violazione delle disposizioni del decreto (comma 1).
In particolare, si tratta delle sanzioni amministrative pecuniarie, inclusi gli interessi, le spese ed eventuali somme accessorie, irrogate dalle autorità competenti o confermate in sede amministrativa o giudiziaria, relative alla mancata osservanza delle disposizioni contenute nel decreto.
La disciplina dettata dal presente capo non si applica all’irrogazione delle ammende, di cui alla decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio, e delle sanzioni di cui al Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio e alla decisione quadro n. 2006/325/CE.
Il comma 3 dell’articolo stabilisce che “Ai fini di cui al comma 1, le disposizioni del presente Capo sostituiscono la disciplina di cui alla legge 21 marzo 1983, n. 149 sulla notifica e l'ottenimento all'estero di documenti, informazioni e prove in materia amministrativa”.

Sezione II - Richiesta di notifica e di recupero ad altri Stati membri.
Articolo 14 - Competenza

L’articolo individua l’Ispettorato nazionale del lavoro quale autorità deputata a effettuare senza ritardo le richieste finalizzate alla notificazione di provvedimenti amministrativi o giudiziari o al recupero di una sanzione amministrativa pecuniaria.
Tale richiesta è trasmessa all’autorità competente dello Stato membro nel quale la persona risiede o ha il proprio domicilio, o, se persona giuridica, nel quale ha la propria sede legale. In caso di richiesta di recupero, ove la persona fisica o giuridica non disponga di beni nel predetto Stato membro, la richiesta è trasmessa all’autorità competente dello Stato nel quale la persona dispone di beni o di un reddito.

Articolo 15 - Condizioni per la trasmissione
La disposizione, in attuazione dell’articolo 16 della direttiva, stabilisce anzitutto, al comma 1, che la richiesta di recupero di una sanzione amministrativa pecuniaria o di notificazione di un provvedimento che irroga detta sanzione sono effettuate in presenza di due presupposti, e precisamente: a) quando non sia possibile procedere al recupero o alla notificazione applicando le disposizioni e le procedure previste dall’ordinamento interno; b) quando il provvedimento amministrativo o giudiziario non è soggetto a impugnazione.
Il comma 2 dell’articolo stabilisce poi che la richiesta di cui al precedente comma deve essere trasmessa ai sensi del successivo articolo 16 e deve contenere i seguenti elementi: le generalità e l'indirizzo del destinatario e altri dati o informazioni utili alla sua identificazione; una sintetica esposizione dei fatti e delle circostanze della violazione e la disciplina applicabile; le disposizioni che consentono l'esecuzione secondo l’ordinamento interno, e ogni altra informazione o documento, anche di natura giudiziaria, concernente la sanzione amministrativa pecuniaria e le eventuali impugnazioni; i dati identificativi dell'autorità amministrativa o giudiziaria competente al gravame sulla sanzione amministrativa pecuniaria e, se diverso, dell'autorità competente a fornire ulteriori informazioni sulla sanzione o sulle possibilità di impugnazione.
La richiesta indica, inoltre, nel caso di una notificazione di un provvedimento o di altro documento pertinente, lo scopo della stessa e il termine entro il quale deve essere eseguita; nel caso di richiesta di recupero, la data in cui il provvedimento amministrativo o giudiziario è divenuto esecutivo o, in caso di gravame, definitivo anche a seguito di una decisione o una sentenza non più soggetta ad impugnazione, la descrizione della natura e dell'ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria, con l’indicazione dello stato della procedura sanzionatoria, nonché le modalità della notifica al trasgressore e all’obbligato in solido (comma 3).
Si evidenzia che in luogo della locuzione “decisione”, contenuta nell’articolo 16, paragrafo 2,  lett. b), della direttiva, è stato impiegato al comma 3, lett. b), della disposizione in riferimento, il termine “provvedimento”, in quanto la richiesta di recupero potrebbe riguardare anche l’ordinanza ingiunzione di cui all’articolo 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689,  che, per acquisire il carattere di definitività, non necessita di alcuna decisione, essendo sufficiente la mancata impugnazione nei termini previsti.

Articolo 16 - Trasmissione ad altri Stati
La disposizione in esame sancisce che l’Ispettorato nazionale del lavoro provvede alla trasmissione della richiesta, unitamente alla documentazione di riferimento, nelle forme previste dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1024/2012 del 25 ottobre 2012, tramite IMI, all’autorità competente dell’altro Stato membro.
Se, ai fini del recupero nei confronti del trasgressore e dell’obbligato in solido sono competenti le autorità di più Stati, il provvedimento, la decisione o la sentenza è trasmessa all’autorità di un solo Stato di esecuzione per volta.
L’ultimo comma della disposizione stabilisce infine che se il provvedimento da eseguire viene impugnato dall’impresa destinataria, l’Ispettorato nazionale del lavoro ne informa senza indugio l’autorità dell’altro Stato membro.

Articolo 17 - Effetti del riconoscimento
L’Ispettorato nazionale del lavoro non è tenuto all’adozione dei provvedimenti necessari all’esecuzione quando l’autorità adita comunica di avere dato seguito alla richiesta di recupero.
L’Ispettorato nazionale del lavoro riassume il potere di procedere all’esecuzione se: l’autorità adita comunica la mancata esecuzione, totale o parziale; l’autorità adita rifiuta il riconoscimento per uno dei motivi di cui all’articolo 20.
Qualora il trasgressore fornisca la prova di un pagamento, totale o parziale, l’Ispettorato nazionale del lavoro ne dà comunicazione all’autorità adita, anche ai fini della deduzione dall’importo complessivo oggetto di esecuzione.

Sezione III - Richiesta di notifica e di recupero da altri Stati.
Articolo 18 – Richiesta di notifica di provvedimento o di una decisione

La norma prevede che l’Ispettorato nazionale del lavoro, quando riceve da un altro Stato dell’Unione europea, tramite il sistema IMI, la richiesta di notifica di un provvedimento amministrativo o giudiziario che irroga o conferma una sanzione amministrativa pecuniaria, provvede senza formalità, entro il termine di trenta giorni, valutata la sussistenza degli eventuali motivi di rigetto di cui all’articolo 20, comma 1.
La norma dispone inoltre che l’Ispettorato nazionale del lavoro comunica nelle forme previste dal Regolamento (UE), n.1024/2012, tramite IMI, all’autorità richiedente, gli eventuali motivi di rigetto e che la notificazione di un provvedimento, effettuata secondo le disposizioni dell’ordinamento interno dall’autorità adita, ha gli effetti previsti dalla disciplina dell’ordinamento dello Stato richiedente.
 

Articolo 19 – Richiesta di recupero della sanzione
La competenza a decidere sulla richiesta di recupero di una sanzione amministrativa pecuniaria, spetta alla Corte di appello nel cui distretto risiede la persona nei confronti della quale è stata irrogata la sanzione e dispone di beni o di un reddito, ovvero risiede o dimora abitualmente, ovvero, se persona giuridica, ha la propria sede legale al momento della trasmissione dallo Stato membro del provvedimento da eseguire.
Quando la Corte di appello rileva la propria incompetenza, la dichiara con ordinanza disponendo a la trasmissione degli atti alla Corte di appello competente, dandone tempestiva comunicazione, tramite l’Ispettorato nazionale del lavoro, all’autorità richiedente.

Articolo 20 - Motivi di rigetto
Il presente articolo individua, ricalcando il testo dell’articolo 17 della direttiva, i motivi che giustificano il rigetto della richiesta di recupero o di notificazione.
La norma stabilisce che la Corte d’Appello non è obbligata a dare esecuzione ad una richiesta di recupero o di notificazione se la richiesta non contenga le informazioni di cui all’articolo 15, ovvero nell’ipotesi in cui la stessa risulti incompleta o si discosti totalmente dalla relativa decisione.
La Corte d’Appello, inoltre, può rifiutare l’esecuzione di una richiesta di recupero nei seguenti casi: laddove risulti che le spese previste per il recupero della sanzione amministrativa pecuniaria sono sproporzionate rispetto all'importo da recuperare; nell’ipotesi in cui la sanzione pecuniaria è inferiore a 350 euro o all'equivalente di tale importo ovvero nel caso di violazione dei diritti e delle libertà fondamentali dei destinatari degli atti, nonché dei principi giuridici fondamentali loro applicabili previsti dalla Costituzione.

Articolo 21 – Procedimento e decisione di riconoscimento
Quando riceve da un altro Stato dell’Unione europea, ai fini dell’esecuzione in Italia, la richiesta di recupero, corredata dal provvedimento che irroga una sanzione amministrativa pecuniaria, contenente le informazioni di cui all’articolo 15, la procura generale presso la corte di appello competente ai sensi dell’articolo 19, fa richiesta di riconoscimento alla corte di appello che provvede alla notifica della richiesta al datore di lavoro entro il termine di trenta giorni.
Il procedimento davanti alla Corte di appello si svolge in camera di consiglio, nelle forme previste dall’articolo 127 del codice di procedura penale, in quanto compatibili. Il presidente del collegio fissa la data dell’udienza e ne fa dare avviso al datore di lavoro e alle altre parti interessate, almeno dieci giorni prima della data fissata per l’udienza. Il pubblico ministero, il datore di lavoro e il suo difensore, nonché gli altri interessati sono sentiti, se compaiono. La decisione sull’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della richiesta è emessa entro il termine di venti giorni dalla data di ricevimento della richiesta trasmessa ai sensi del comma 1. Ove, per circostanze eccezionali, sia impossibile rispettare tale termine, il presidente della Corte ne informa l’autorità richiedente. In questo caso il termine è prorogato di trenta giorni.
Quando è pronunciata la decisione di riconoscimento, la Corte di appello la trasmette al procuratore generale per l’esecuzione.
Contro la decisione emessa dalla Corte di appello il procuratore generale, la persona cui è stata irrogata la sanzione e il suo difensore possono proporre ricorso per Cassazione per violazione di legge entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione dell’avviso di deposito. Dell’avvenuta proposizione del ricorso, che non può avere ad oggetto le ragioni poste a fondamento della decisione sulle sanzioni amministrative pecuniarie, è informata senza indugio l’autorità richiedente.
Il ricorso non sospende l’esecuzione della decisione.
La Corte di Cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti, osservando le forme di cui all’articolo 127 del codice di procedura penale. Copia del provvedimento è trasmessa all’autorità richiedente.
In caso di proposizione del ricorso per Cassazione, il termine per il riconoscimento è prorogato di trenta giorni.  
La decisione divenuta irrevocabile è immediatamente trasmessa all’ autorità richiedente.
L’autorità adita comunica, nelle forme previste dall’articolo 7, paragrafo 2 del regolamento (UE) n. 1024/2012 del 25 ottobre 2012, tramite IMI, all’autorità richiedente gli eventuali motivi di rigetto, in caso si rifiuti di dare esecuzione ad una richiesta di recupero di una sanzione amministrativa pecuniaria. Se il riconoscimento è negato perché il provvedimento che irroga la sanzione pecuniaria deve essere eseguito in un altro Stato, si provvede secondo quanto previsto in caso di ricorrenza dei motivi di rigetto di cui all’articolo 19.

Articolo 22 - Sospensione del procedimento
La norma dispone che se il provvedimento da eseguire viene impugnato la procedura di esecuzione transnazionale della sanzione viene sospesa sino alla decisione dell'autorità competente dello Stato membro richiedente.

Articolo 23 - Effetti del riconoscimento
Quando la Corte di appello provvede al riconoscimento del provvedimento che irroga una sanzione amministrativa pecuniaria, l’esecuzione è disciplinata secondo la legge italiana.
Alla esecuzione provvede il procuratore generale presso la Corte di appello che ha deliberato il riconoscimento.
Qualora il trasgressore fornisca la prova di un pagamento, parziale, gli importi riscossi sono dedotti dall’importo complessivo oggetto di esecuzione in Italia. Nel caso in cui il trasgressore dimostri l’integrale pagamento della sanzione, l’autorità giudiziaria sospende l’esecuzione dandone comunicazione all’autorità richiedente.
A chiusura dell’articolo il comma 4 stabilisce che le somme recuperate a seguito dell’esecuzione della decisione sulle sanzioni pecuniarie spettano allo Stato e sono riscosse in euro. Si specifica che le sanzioni espresse in una diversa valuta sono convertite in euro al tasso di cambio in vigore alla data in cui sono state inflitte.

Articolo 24 – Somme recuperate
L’articolo in esame sancisce il principio generale di cui all’articolo 19 della direttiva, in forza del quale gli importi recuperati, concernenti le sanzioni amministrative pecuniarie in argomento, spettano al Ministero della giustizia nella valuta del proprio Stato secondo le procedure ivi previste.

CAPO V – DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 25 – Clausola di invarianza finanziaria

La disposizione in riferimento reca la clausola di invarianza finanziaria stabilendo che dal testo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le attività previste saranno svolte mediante impiego delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Art. 26 - Abrogazioni
La norma stabilisce l’abrogazione del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72.

Art. 27 – Entrata in vigore
La norma stabilisce che il decreto entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Completa il provvedimento l’Allegato A, che è il medesimo che attualmente è posto a corredo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72. L’allegato reca un elenco di n. 13 attività del settore edilizio riguardanti la realizzazione, il riattamento, la manutenzione, la modifica o l’eliminazione di edifici. Dette attività sono quelle per le quali non opera la previsione contenuta nel comma 2 dell’articolo 4, in virtù del rinvio espresso, ivi contenuto, a detto all’Allegato.

Il provvedimento, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, è stato sottoposto all’esame delle competenti Commissioni parlamentari che hanno reso pareri favorevoli con condizioni ed osservazioni recepite nei termini di seguito indicati. Gli articoli sui quali le  Commissioni hanno espresso osservazioni seguono la numerazione del precedente schema successivamente modificato, anche nella numerazione, a seguito della introduzione del nuovo articolo 6, con il quale è stato istituito l’Osservatorio sul distacco.
La Commissione V – bilancio e la Commissione XIV della Camera dei deputati hanno espresso parere favorevole.
La 10a Commissione del Senato si è espressa in senso non ostativo, invitando tuttavia la Commissione di merito a valutare l'esigenza di richiamare espressamente, con riferimento alle sanzioni amministrative pecuniarie, il limite massimo di 150.000 euro di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012. (OSSERVAZIONE PARZIALMENTE ACCOLTA, in quanto tale limite massimo è stato richiamato aggiungendo il comma 4 all’articolo 11; mentre, con riferimento all’articolo 3, comma 5, si è ritenuto applicabile l’articolo 1 del Decreto legislativo n. 8 del 2016 che ha depenalizzato la fattispecie di distacco non autentico di cui all’articolo 18, comma 5 bis, D. lgs n, 276 del 2003, prevedendo per le sanzioni proporzionali la misura massima di 50.000 (oltre a quella minima pari a 5.000 euro).
La 14a Commissione ha formulato “osservazioni non ostative con le seguenti condizioni:
- si rileva che l’articolo 3, comma 5, dello schema, nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico, prevede, a carico del distaccante e del soggetto che ha utilizzato la prestazione dei lavoratori distaccati, una sanzione amministrativa pecuniaria di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. Tale previsione non è in linea con il principio generale di delega per il recepimento di direttive europee di cui all’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234 del 2012, il quale dispone che la misura delle sanzioni amministrative pecuniarie, previste in sede di esercizio della delega, non può essere - in ogni caso - inferiore a 150 euro (né superiore a 150.000 euro); (NON ACCOLTA, in quanto 50 euro non è la misura minima della sanzione ma solo un elemento di calcolo, visto che - come precisato al secondo periodo dell’articolo 3, comma 5, essa è fissata in 5.000 Euro).
- la medesima condizione va formulata in riferimento all’articolo 11, comma 1, dello schema, che, nel prescrivere la sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 9, comma 1, fissa il minimo in 100 euro” (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
Le Commissioni parlamentari di merito hanno espresso parere favorevole, formulando le osservazioni che si riportano di seguito, dando partitamente conto del loro esito:
Commissione XI della Camera dei deputati
“anche alla luce delle previsioni dell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2014/67UE, valuti il Governo l’opportunità di prevedere la costituzione di un osservatorio sul distacco dei lavoratori al quale partecipino anche le parti sociali, al fine di favorire una migliore diffusione delle informazioni sulle condizioni di lavoro e di occupazione, consentendo altresì un efficace monitoraggio all’utilizzo di tale fattispecie” (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
“con riferimento alla disciplina delle sanzioni per le violazioni degli obblighi di cui all’art. 9, verifichi il Governo se la formulazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 11 assicuri il rispetto dei principi e criteri di delega di carattere generale previsti per il recepimento delle direttive europee dall’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, ai sensi di quali i decreti legislativi possono prevedersi sanzioni amministrative non inferiori a 150 euro e non superiori a 150,000 euro” (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
“con riferimento alla disciplina della richiesta di recupero delle sanzioni da parte di altri Stati membri di cui alla Sezione III del provvedimento:
a) all’articolo 18, comma 1, valuti il Governo l’opportunità di attribuire la competenza a decidere sulla richiesta di recupero alla Corte di appello nel cui distretto ha eletto domicilio il referente di cui all’articolo 9, comma 3, lettera b), in modo da individuare in modo univoco il giudice competente in coerenza con l’impianto complessivo del provvedimento (OSSERVAZIONE ACCOLTA);
b) all’articolo 20, comma 1, valuti il Governo l’opportunità di sostituire le parole: «la Corte di appello» con le seguenti: «la Procura generale presso la Corte di appello», in modo da richiamare espressamente l’ufficio competente a promuovere il procedimento di delibazione; (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
c) all’articolo 23, comma 1, valuti il Governo l’opportunità di sostituire le parole: «all’autorità adita» con le seguenti: «al Ministero della giustizia», essendo ragionevole attribuire le somme recuperate al Ministero, anziché alla singola Corte di appello identificabile quale autorità adita (OSSERVAZIONE ACCOLTA).
Con riferimento alla formulazione del provvedimento, valuti il Governo l’opportunità di apportare le seguenti le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4, sostituire la rubrica con la seguente: « Condizioni di lavoro e di occupazione»; (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
b) all’articolo 4, comma 1, sostituire le parole: «previste dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015» con le seguenti: «e di occupazione»; (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
c) alla rubrica delle Sezioni II e III del Capo IV, aggiungere, in fine, le parole: «membri»; (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
d) all’articolo 13, comma 2, secondo periodo, sostituire le parole: «di residenza o di domicilio» con le seguenti: «membro di cui al primo periodo»; (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
e) all’articolo 18, comma 1, sostituire le parole: «dall’estero» con le seguenti: «dallo Stato membro» ; (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
f) all’articolo 20, comma 1, sostituire le parole: «ai sensi dell’articolo 17» con le seguenti: «ai sensi dell’articolo 18»; (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
La Commissione 11° del Senato
“In merito all'articolo 1, sulla definizione del campo di applicazione, si suggerisce di definire in maniera più opportuna la nozione di distacco, includendovi espressamente quello operato nell'ambito di un appalto, come era previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 72 del 2000. (OSSERVAZIONE ACCOLTA, con la precisazione che il distacco avviene nell’ambito di una prestazione di servizi anche in favore di un soggetto privato)
Con riferimento al comma 5, del medesimo articolo, in merito alla disciplina di tutela per un'impresa stabilita in uno Stato terzo che distacca lavoratori in Italia, si invita a valutare se sia preferibile inserire il richiamo dell'articolo 6, considerato anche che, sotto il profilo sostanziale, le informazioni relative alle condizioni di lavoro - pubblicate, ai sensi dell'articolo 6, sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in lingua italiana ed in lingua inglese - sono accessibili anche ai lavoratori provenienti da Stati non membri. (OSSERVAZIONE NON ACCOLTA, in quanto l’articolo 6 è una disposizione diretta al Ministero del lavoro e non alle imprese, come le altre richiamate nell’art. 1, comma 5; peraltro tale modifica non aggiungerebbe nulla poiché alle informazioni pubblicate sul sito istituzionale accedono tutti).
In merito all'articolo 3, comma 5, che reca sanzioni per ipotesi di distacco non autentico, si suggerisce di chiarire la nozione di sfruttamento e di precisare se trovino applicazione gli "indici" di sfruttamento di cui all'articolo 603-bis del codice penale, concernente il reato di "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro" (OSSERVAZIONE ACCOLTA). Si evidenzia che nella diversa fattispecie del caporalato (art. 603 bis cp) - il coinvolgimento del minore è una mera aggravante, mentre nel reato in questione è un elemento costitutivo della fattispecie stessa).
Occorre inoltre specificare se le sanzioni di cui al comma 5 riguardino unicamente i casi in cui il distacco risulti non autentico con riferimento al soggetto realmente utilizzatore, con conseguente esclusione dei casi in cui il distacco sia viziato, anziché da una latente dualità di soggetti (impresa distaccante e soggetto utilizzatore), da una mancanza sostanziale di limiti temporali di durata. (OSSERVAZIONE NON ACCOLTA, in quanto tra gli elementi di valutazione per l’accertamento dell’autenticità del distacco, l’articolo 3, comma 2, lettera c) prevede espressamente la temporaneità dell’attività lavorativa)
Al medesimo comma, fermo restando il limite minimo della sanzione pecuniaria amministrativa (fissato nel secondo periodo in 5.000 euro), si invita il Governo a rivedere l'entità della medesima sanzione per ogni lavoratore occupato, in quanto la misura prevista di 50 euro non è in linea con il principio generale di delega per il recepimento di direttive europee, di cui all'articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234 del 2012, che fissa a 150 euro il limite minimo applicabile (e a 150 mila euro quello massimo).  (OSSERVAZIONE NON ACCOLTA, in quanto, come già detto, la somma di 50 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di occupazione non è la sanzione minima ma un elemento di calcolo per la quantificazione dell’importo poiché il limite minimo è fissato in 5.000 euro. Peraltro la disposizione ricalca l’articolo 18, comma 5 bis, del D. Lgs. 276 del 2003 che prevede la stessa modalità di calcolo per l’applicazione dell’ammenda in caso di distacco nazionale non genuino, fattispecie ora depenalizzata dall’articolo 1 del Decreto legislativo 15 gennaio 2016, n.8; in particolare, la fissazione della misura minima e massima è conforme a quanto previsto dal comma 6 del citato articolo 1. Peraltro quanto al massimo (50.000 euro) parimenti conforme al dettato dell’articolo 32 ).
Tale considerazione va fatta anche per la sanzione pecuniaria (100 euro) individuata per le ipotesi di violazione di obblighi di comunicazione, di cui all'articolo 11, comma 1. (OSSERVAZIONE ACCOLTA).
Riguardo alla sanzione di cui al comma 2, del medesimo articolo, si sollecita il Governo a valutare se inserire una norma di chiusura, che faccia salvo il rispetto del limite massimo di 150.000 euro, posto, come detto, dai principi generali di delega per il recepimento di direttive europee. (OSSERVAZIONE ACCOLTA).
Con riferimento all'articolo 13, si fa rilevare che, sotto il profilo formale, il riferimento alla sede legale della persona giuridica cui trasmettere notifiche di provvedimenti amministrativi o giudiziari, presente nel primo periodo del comma 2, andrebbe inserito anche nel secondo periodo del medesimo comma. (OSSERVAZIONE ACCOLTA)
Infine, si invita a valutare la possibilità di un alleggerimento degli oneri previsti dal decreto in esame con riferimento a talune imprese italiane, dislocate in aree di confine con altri paesi comunitari e operanti in settori non particolarmente a rischio, che potrebbero risultare eccessivamente penalizzate dalle prescrizioni previste dal decreto in esame per il distacco di lavoratori”. (OSSERVAZIONE NON ACCOLTA, in quanto non si ritengono sussistenti ragioni che giustifichino un diverso regime per dette imprese)