Schema di D.Lgs - Norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa alle squadre investigative comuni – Relazione

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 10 febbraio 2016

Schema di decreto legislativo recante: “Norme di attuazione della decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa alle squadre investigative comuni”


Articolato


Il presente schema di decreto legislativo attua, ai sensi dell’articolo 18 della legge 9 luglio 2015, n. 114, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2014, la decisione quadro del Consiglio 2002/465/GAI del 13 giugno 2002, relativa alla istituzione di squadre investigative comuni.

Nel 1999 il Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre affrontava il problema di superare i tradizionali limiti della cooperazione interstatuale, investigativa e giudiziaria, specialmente nel contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso, alla lotta contro il terrorismo internazionale e ai cosiddetti cross-border crimes, autorizzando gli Stati membri ad avviare, svolgere o coordinare indagini, ovvero ad istituire squadre investigative comuni per alcuni settori di criminalità, rispettando i sistemi di controllo giudiziari tra gli Stati membri.

Oggi, infatti, la criminalità organizzata si connota per il ricorso a forme sempre più sofisticate di cooperazione fra gruppi criminali di nazionalità diverse, finalizzata alla gestione di mercati criminali comuni. È sufficiente richiamare l'attenzione sulle modalità operative delle organizzazioni criminali transnazionali dedite al traffico di stupefacenti e di armi, alla tratta di esseri umani, alla pedopornografia, al terrorismo, alla criminalità informatica per rilevare come il potenziamento e l'affinamento delle sinergie criminali su scala internazionale, con il conseguente frazionamento delle correlate attività delittuose in Paesi sottoposti a diverse giurisdizioni nazionali, costituisce un oggettivo freno alla capacità investigativa degli organi inquirenti.

Pertanto, la repressione dei reati aventi dimensioni sovranazionali necessita della diretta partecipazione degli organi titolari dell'azione penale all'attività di indagine da svolgere sul territorio di uno Stato estero.

L’Unione europea ha disciplinato l’istituzione di squadre investigative comuni di questo tipo, dapprima con la convenzione di Bruxelles del 29 maggio 2000, e successivamente con la decisione quadro n. 2002/465/GAI del Consiglio, adottata il 13 giugno 2002.

Il disegno di legge in esame è appunto diretto a dare attuazione a questa decisione quadro.

Al di là dell’evidente necessità di dare attuazione ai suddetti indirizzi comunitari ed internazionali, va osservato che l’approvazione di una normativa che consenta l’istituzione in Italia di squadre investigative comuni riveste un carattere di particolare opportunità, alla luce del recente allargamento dell’Unione europea e del conseguente aumento della libertà di circolazione delle persone e dei beni a livello continentale.

Attraverso le squadre investigative comuni non si tratta più di prevedere misure di coordinamento tra organi inquirenti dei diversi Stati, bensì di individuare uno specifico ambito di azione comune che consenta di operare nei diversi Stati, direttamente e in tempi reali, senza la penalizzazione di ostacoli di carattere formale.

Occorre dare atto, inoltre, della Risoluzione del Consiglio dell’Unione europea del 26 febbraio 2010, che ha aggiornato il precedente modello di accordo previsto dalla Raccomandazione del consiglio del 2003, volto alla costituzione di una squadra investigativa comune, incoraggiando le autorità competenti degli Stati membri a servirsene, ove necessario, per concordare le modalità di costituzione della squadra. 

Con riferimento alla recentissima Direttiva 2014/41/UE, relativa all’ordine europeo di indagine penale, la cui ricezione richiede un articolato lavoro di riflessione, va evidenziato che essa non modifica in alcun modo il regime relativo all’istituzione delle squadre investigative comuni, alle quali continueranno ad applicarsi le previgenti citate normative.

Infine, è all’esame del Senato (A.S. n. 1949il disegno di legge n. 1460/C  (Verini ed altri) approvato dalla Camera dei deputati il 3 giugno 2015, relativo alla ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000.

Nel testo di origine parlamentare è confluita la proposta di delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. In particolare, l’articolo 4 lettera a), punti 9, 10 e 11, contiene principi di delega relativi alla costituzione di squadre investigative comuni con altri Stati membri dell’Unione europea, ma anche con Stati terzi, se previsto da accordi internazionali in vigore per lo Stato, alle modalità di coordinamento investigativo e di istituzione di procedura semplificate per la risoluzione di eventuali contrasti, nonché al regime di utilizzabilità degli atti, in conformità con la disciplina processuale interna.

Il disegno di legge si compone di otto articoli, autonomi rispetto alla disciplina codicistica.

L'articolo 1 indica l'obiettivo  e l’ambito di applicazione del decreto legislativo, vale a dire quello di attuare nell'ordinamento interno la decisione quadro n. 2002/465/GAI del 13 giugno 2002, conformemente all'articolo 34, par. 2 del Trattato sull'Unione europea, in materia di squadre investigative comuni.

L’articolo 2 disciplina l’iniziativa del procuratore della Repubblica italiano per la costituzione delle squadre investigative comuni.
Al comma 1 sono elencate le fattispecie criminose rispetto alle quali¸ in considerazione della natura delle condotte criminose e della dimensione transnazionale che sovente assumono,  si compie una valutazione, in astratto,  circa la possibile esigenza da parte dell’autorità inquirente di costituire squadre investigative comuni.
Si tratta di ipotesi relative ad indagini aventi ad oggetto forme di criminalità organizzata o a reati con finalità di terrorismo, di cui all’art. 51, comma 3bis e 3quater, c.p.p. e dei reati di cui agli articoli 51, comma 3-quinquies, e 407, comma 2, lettera a), c.p.p.

Sempre al comma 1,  si prevede la possibilità di costituire squadre investigative comuni quando si procede a indagini relative ai delitti per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo  a cinque anni,  in coerenza con il limite edittale di ammissibilità delle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, previsto dall’articolo 266 del codice di procedura penale.  Pare opportuno, invero, individuare un criterio razionale e sistematico in base al quale selezionare il novero dei reati per i quali possa ritenersi presunta l’esigenza di dar seguito alla richiesta dell’autorità procedente di costituire una o più squadre investigative comuni.

Va tuttavia osservato che la decisione  quadro non prevede una delimitazione  del novero dei reati per i quali è possibile attivare la procedura di costituzione delle squadre investigative comuni.

Ne consegue che, al di fuori delle specifiche ipotesi di cui al comma 1,  al comma 2 si consente il funzionamento del nuovo strumento investigativo europeo anche in relazione ad altri reati, qualora l’autorità procedente operi una valutazione, questa volta caso per caso ed in concreto, in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti dalla decisione quadro, delineati dall’articolo 1 capoverso, lettere a) e b), che si riferisce a indagini “difficili e di notevole portata che hanno un collegamento con altri Stati membri”  e che esigano “un’azione coordinata e concertata”.

Al comma 2 dello schema di decreto legislativo, pertanto, la costituzione di squadre investigative comuni è subordinato alla sussistenza dell’ampio requisito  costituito dall’ “esigenza di compiere indagini particolarmente complesse sul territorio di più Stati o di assicurare il loro coordinamento”, omettendo ogni riferimento al più circoscritto requisito del collegamento tra le indagini, che precluderebbe la possibilità di costituire la squadra anche per un solo procedimento complesso che richiede indagini in altri Stati.

Il comma 3 disciplina l’ipotesi in cui l’iniziativa per la costituzione della squadra è formulata d’intesa tra diversi uffici del pubblico ministero, allorquando più procuratori della Repubblica procedano a indagini collegate. In tal caso, la disciplina del coordinamento tra i diversi uffici è assicurata dagli articoli 371 e 371 bis del codice di procedura penale e dall’articolo 118 bis delle relative disposizioni di attuazione.

Il comma 4 prevede modalità semplificate di trasmissione della richiesta di istituzione della squadra investigativa comune dal procuratore della Repubblica istante, alla competente autorità dello Stato membro. Si prevede, inoltre, che l'autorità giudiziaria richiedente informi dell'iniziativa il procuratore generale presso la corte di appello o, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis e comma 3-quater del codice di procedura penale, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo.

L’articolo 3 disciplina invece la procedura  di costituzione di squadre investigative comuni su richiesta proveniente dall’autorità competente di un altro Stato membro.

Il comma 1 prevede che detta richiesta sia trasmessa al procuratore della Repubblica il cui ufficio è titolare di indagini che esigono un’azione coordinata e concertata con quelle condotte all’estero o al procuratore della Repubblica del luogo in cui gli atti di indagine della squadra investigativa comune devono essere compiuti. Il comma 2 regola il caso che il procuratore della Repubblica che ha ricevuto la richiesta, valuti l’interesse investigativo di un altro ufficio del pubblico ministero, cui deve trasmetterla immediatamente, dandone avviso all'autorità straniera richiedente.

Sempre a fini di coordinamento, il comma 3  prevede un obbligo di informazione, in capo al procuratore della Repubblica che procede, all’autorità sovraordinata, individuata nel Procuratore generale presso la Corte di Appello, o, per i reati di propria competenza, nel Procuratore antimafia e antiterrorismo.

Trattandosi di una richiesta di costituzione della squadra investigativa che proviene da Stati membri dell’Unione europea, non è stata prevista la trasmissione della richiesta al Ministro della giustizia, al fine di consentirgli l’esercizio di un potere di veto, giustificato dalla ritenuta compromissione della sovranità, della sicurezza o di altri interessi essenziali dello Stato, analogamente a quanto previsto in materia di rogatorie internazionali dagli articoli 723, comma 1, e 727, comma 2, c.p.p.

In conformità con i principi ispiratori dei criteri di delega in materia di riforma del libro XI del codice di procedura penale, contenuti nel disegno di legge n. 1949 all’esame del Senato, s’intende in tal modo promuovere tra gli Stati membri un modello di soluzione che sia in grado di garantire la sostanziale depoliticizzazione del sistema dell’assistenza giudiziaria nell’area circoscritta dall’efficacia degli accordi internazionali stipulati tra stati dell’Unione europea, in ragione dell’esistenza di un quadro di omogeneità che ormai non soltanto giustifica, ma persino impone l’abbandono del tradizionale vaglio di opportunità politica.

Il comma 4 prevede che il procuratore della Repubblica, sentito il procuratore generale presso la Corte d’appello o, per i reati di propria competenza, il Procuratore antimafia e antiterrorismo, comunichi, senza ritardo, all’autorità dello Stato estero richiedente la decisione di non dare corso alla richiesta, qualora questa comporti il compimento di atti espressamente vietati dalla legge o contrari ai princìpi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano.

Analogo onere informativo è previsto a favore del Ministro della giustizia, al fine di consentire all’organo di indirizzo politico le opportune valutazioni di competenza.

Va precisato che il potere di sindacato sulla liceità degli atti di indagine, coerentemente attribuito all’autorità giudiziaria e non all’organo di indirizzo politico, non preclude la possibilità per l’autorità dello Stato membro richiedente di rinnovare la richiesta, purché fondata su finalità e azioni investigative conformi ai principi ed alle leggi del nostro ordinamento  giuridico.
   
 L’articolo 4, al comma 1, disciplina le modalità di istituzione  della squadra investigativa comune,   prevedendo la forma scritta per la stipula dell’accordo costitutivo.

Il comma 2 si occupa  del contenuto dell’atto costitutivo della squadra investigativa comune, che deve indicare la composizione ed il direttore della squadra, scelto tra i suoi componenti,  e individuare l’oggetto e la finalità dell’ indagine, oltre al termine entro il quale le attività devono essere compiute.

Quanto alla composizione della squadra, la norma limita la partecipazione alla squadra investigativa ai soli rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri, individuati nei membri nazionali e in quelli “distaccati”, definiti quali componenti della squadra appartenenti ad altri Stati membri e designati in base alle rispettive normative nazionali. 

L’esclusione dalla composizione della squadra di rappresentanti di altri organismi, anche se istituiti in ambito nazionale o europeo, oltre ad essere consentita dalla decisione quadro (articolo 1, par. 12), è imposta nell’ordinamento interno dall’obbligo del segreto sugli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, al fine di salvaguardare il buon esito delle stesse (articolo 329 c.p.).

Il comma 3 prevede che all’atto costitutivo sia allegato un piano di azione operativo, finalizzato a prevedere le misure organizzative e ad indicare le modalità esecutive di dettaglio della squadra. Per la redazione di tale documento, che si occupa della risoluzione di questioni pratiche che dovrà affrontare la squadra, evitando inutili appesantimenti nella stesura dell’atto costitutivo, le parti potranno servirsi, ove lo ritengano necessario, del modello di accordo contenuto nella Risoluzione del Consiglio del 26 febbraio 2010 (in particolare, punto 13 ed appendice IV), citata in premessa.  

I commi 4 e 5 del presente articolo dettano la disciplina per adeguare il funzionamento della squadra investigativa comune alle esigenze, anche di carattere investigativo, che possono sopravvenire “in corso d’opera”. L’accordo modificativo, sempre con atto scritto, può consentire adattamenti dell’oggetto e delle finalità investigative, del termine di indagine, che può essere prorogato, e della composizione della squadra, al fine di scongiurare inefficienze o la paralisi dell’attività investigativa comune.  

Quanto, in particolare, al tema della durata, ferma la possibilità della proroga del termine entro il quale le attività di indagine devono essere compiute, viene preferita l’opzione di non limitarla ad un termine prefissato,  essendo comunque necessario il rispetto della disciplina interna relativa ai termini di durata massima delle indagini preliminari, ai sensi degli articoli 405 e seguenti del codice di procedura penale.  Inoltre, nei limiti suddetti, il termine di durata della squadra investigativa verrà concordato tra gli Stati che costituiscono la squadra e sarà come tale indicato nell’atto costitutivo.

Si è dunque optato per la non istituzione di un meccanismo di autorizzazione alla proroga da parte dell’autorità giudiziaria.

 Il comma 6 prevede che la squadra investigativa comune è sottoposta alla direzione del pubblico ministero.  Esso mira ad attuare l’articolo 1 comma 3, della decisione quadro, nella parte in cui, alla lettera b), prevede che la squadra opera “in conformità del diritto dello Stato membro in cui interviene”. Invero, nel caso in cui la squadra investigativa opera sul territorio dello Stato, in applicazione dell’ordinamento processuale interno, dovrà trovare applicazione il principio di cui all’articolo 327 del codice di procedura penale, per cui “il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria”.

Il comma 7 specifica che, nel caso previsto dall’articolo 2,  comma 3 (sussistenza di più indagini facenti capo a diversi uffici del pubblico ministero), il pubblico ministero sotto la cui direzione opera la squadra  è indicato nell’atto costitutivo.

L’articolo 5 , al comma 1, disciplina lo status e la responsabilità penale dei membri distaccati che operano nel territorio dello Stato, prevedendo che essi assumono la qualifica di pubblici ufficiali, agli effetti della legge penale, e che ad essi sono attribuite le funzioni di polizia giudiziaria nel compimento delle attività di indagine ad essi assegnate.

Il comma 2 prevede che il pubblico ministero che dirige la squadra investigativa comune può, per ragioni particolari e con provvedimento motivato,  escludere dal compimento di singoli atti sul territorio italiano i membri distaccati, in conformità a quanto previsto dall’articolo 1, paragrafo 5, della decisione quadro.  Invero, l’atto costitutivo presenta una spiccata valenza negoziale, sicché, salva diversa previsione, i membri della squadra investigativa comune designati dalla competente autorità di uno Stato membro possono partecipare agli atti di indagine da compiere sul territorio dello Stato italiano, nonché all'esecuzione di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, fermo restando che rimane il potere di esclusione degli stessi, dal compimento di singoli atti, in capo al pubblico ministero che dirige la squadra.

L’articolo 6  prevede il regime di utilizzazione delle informazioni investigative e degli atti di indagine.

In particolare, il comma 1 prevede che la squadra investigativa comune opera sul territorio dello Stato in base alla legge italiana, conformemente all’articolo 1 comma 3, della decisione quadro, nella parte in cui, alla lettera b), prevede che essa operi “in conformità del diritto dello Stato membro in cui interviene.”

Il comma 2 prevede che, ai sensi dell'articolo 431 del codice di procedura penale, nel fascicolo per il dibattimento entrano a far parte i verbali degli atti non ripetibili posti in essere dalla squadra investigativa comune.

Quanto al regime degli altri atti ripetibili, il comma 3 precisa che essi hanno la stessa efficacia dei corrispondenti atti regolati dalla legge processuale italiana.  L’attribuzione dell’efficacia non significa, però, che tali atti siano direttamente ed automaticamente utilizzabili nel processo penale dinnanzi all’autorità giudiziaria italiana, ma soltanto che sono suscettibili di essere valutati, alla stregua degli ordinari parametri probatori, ai fini dell’utilizzabilità processuale.

Il comma 4 prevede, in pedissequa attuazione dell’articolo 1, paragrafo 10, della decisione quadro,  un regime di limitata utilizzabilità delle informazioni legalmente ottenute da un membro o da un membro distaccato durante la sua partecipazione a una squadra investigativa comune e non altrimenti disponibili per le autorità competenti dello Stato membro sul cui territorio sono state assunte.

Il comma 5, in particolare, attribuisce al procuratore della Repubblica che ha costituito la squadra la facoltà di richiedere all’autorità degli altri Stati membri coinvolti di ritardare, per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nell'atto istitutivo, l'utilizzazione delle informazioni ottenute dai componenti della squadra e non altrimenti disponibili, se essa può pregiudicare indagini o procedimenti penali in corso nello Stato, per un tempo non superiore a sei mesi.

In modo speculare, il comma 6 prevede che il procuratore della Repubblica osserva, nei limiti di tempo di cui al comma 5, le condizioni richieste dall'autorità degli altri Stati membri per l'utilizzazione delle informazioni di cui al medesimo comma 1 per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nell'atto costitutivo della squadra investigativa comune.

L’articolo 7, in materia di responsabilità civile per danni, al comma 1 limita la responsabilità dello Stato italiano ai soli danni causati dai propri componenti della squadra investigativa comune  e  derivanti dalle attività della squadra stessa.

Al comma 2, si prevede il principio per cui se i componenti italiani della squadra hanno causato danni a terzi nel territorio di un altro Stato membro, lo Stato italiano rimborsa integralmente a quest'ultimo le somme dal medesimo anticipate per ristorare il danno subito dalle parte lese.

In modo speculare, al comma 3 è previsto un meccanismo di rivalsa dello Stato italiano, che abbia provveduto al risarcimento dei danni causati dal componente del membro distaccato in territorio italiano, limitatamente ai danni derivanti dallo svolgimento della attività della squadra investigativa comune, nei confronti dello Stato di appartenenza.

L’articolo 8 contiene la clausola di copertura finanziaria, indicando gli oneri derivanti dall’attuazione  del provvedimento ed i mezzi per farvi fronte.