XVIII LEG - Schema di D.Lgs. - Disposizioni per l’adeguamento del Regolamento 2016/679 UE relativo alla protezione dei dati personali delle persone fisiche nonché alla loro libera circolazione, abrogazione la direttiva 95/46/CE

aggiornamento: 9 ottobre 2018

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 8 agosto 2018

Esame preliminare - Consiglio dei ministri 21 marzo 2018

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)

 

Relazione illustrativa

Indice

CAPO I - Modifiche al titolo e alle premesse del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

Art. 1 - Modifiche al titolo e alle premesse  del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

CAPO II - Modifiche alla Parte I del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

Art. 2 - Modifiche alla Parte I, Titolo I, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

CAPO III - Modifiche alla Parte II del codice in materia di protezione dei dati personali di cui decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

Art. 3 - Modifiche alla rubrica e al Titolo I della Parte II, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 4 - Modifiche alla Parte II, Titolo III, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 5 - Modifiche alla Parte II, Titolo IV, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 6 - Modifiche alla Parte II, Titolo V, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 7 - Modifiche alla Parte II, Titolo VI, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 8 - Modifiche alla Parte II, Titolo VII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 9 - Modifiche alla Parte II, Titolo VIII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 10 - Modifiche alla Parte II, Titolo IX, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 11 - Modifiche alla Parte II, Titolo X, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 12 - Modifiche alla Parte II, Titolo XII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

CAPO IV - Modifiche alla Parte III e agli allegati del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

Art. 13 - Modifiche alla Parte III, Titolo I, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 14 - Modifiche alla Parte III, Titolo II, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 15 - Modifiche alla Parte III, Titolo III, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 16 - Modifiche all’allegato A del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

CAPO V - Disposizioni processuali

Art. 17 - Modifiche al decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150

Capo VI - Disposizioni transitorie, finali e finanziarie

Art. 18 - Definizione agevolata delle violazioni in materia di protezione dei dati personali
Art. 19 - Trattazione di affari pregressi
Art. 20 - Codici di deontologia e di buona condotta vigenti alla data di entrata in vigoredel presente decreto
Art. 21 - Autorizzazioni generali del Garante per la protezione dei dati personali
Art. 22- Altre disposizioni transitorie e finali
Art. 23 - Disposizioni di coordinamento
Art. 24 - Applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni anteriormente commesse
Art. 25 - Trasmissione degli atti all'autorità amministrativa
Art. 26 - Disposizioni finanziarie
Art. 27 - Abrogazioni

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 25 ottobre 2017, n. 163, recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017” e, in particolare, l’articolo 13, che delega il Governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi di adeguamento del quadro normativo nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016;  

Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea”;

Visto il Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;

Visto il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati);

Vista la direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio;

Vista la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati;

Vista la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, come modificata dalla direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 21 marzo 2018;

Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, adottato nell’adunanza del 22 maggio 2018;;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione dell'8 agosto 2018;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico;


EMANA
il seguente decreto legislativo:


CAPO I
Modifiche al titolo e alle premesse del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

ART. 1
(Modifiche al titolo e alle premesse  del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1.   Al titolo del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dopo le parole “dati personali” sono aggiunte le seguenti: “, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE”.
  2. Alle premesse del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dopo il terzo Visto sono inseriti i seguenti: 
    “Vista la legge 25 ottobre 2017, n. 163, recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017” e, in particolare, l’articolo 13, che delega il Governo all’emanazione di uno o più decreti legislativi di adeguamento del quadro normativo nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016; 
    Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea;
    Visto il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati);”.


CAPO II
Modifiche alla Parte I del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

ART. 2
(Modifiche alla Parte I, Titolo I, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1. Alla Parte I, Titolo I, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     la rubrica del Titolo I è sostituita dalla seguente: “Regole generali e disposizioni comuni”;

b)     prima dell’articolo 1 è inserito il seguente Capo:


“CAPO I
(Oggetto, finalità e Autorità di controllo)”


c) l’articolo 1 è sostituito dal seguente:

“Art. 1
(Oggetto)

  1.  Il trattamento dei dati personali avviene secondo le norme del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, di seguito “Regolamento”, e del presente codice, nel rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali della persona.”;

d) l’articolo 2 è sostituito dal seguente:

“Art. 2
(Finalità)

  1.  Il presente codice reca disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale alle disposizioni del Regolamento.”;


e) dopo l’articolo 2 è inserito il seguente:

“Art.  2-bis
(Autorità di controllo)

  1. 1. L’Autorità di controllo di cui all’articolo 51 del Regolamento è individuata nel Garante per la protezione dei dati personali, di seguito “Garante”, di cui all’articolo 153.”;


f) dopo l’articolo 2-bis sono inseriti i seguenti Capi:

CAPO II
Principi
 

Art. 2-ter  

(Base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri)

1. La base giuridica prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), del Regolamento è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento.  
2. La comunicazione fra titolari che effettuano trattamenti di dati personali, diversi da quelli ricompresi nelle particolari categorie di cui all’articolo 9 del Regolamento e di quelli relativi a condanne penali e reati di cui all’articolo 10 del Regolamento, per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri è ammessa se prevista ai sensi del comma 1. In mancanza di tale norma, la comunicazione è ammessa quando è comunque necessaria per lo svolgimento di compiti di interesse pubblico e lo svolgimento di funzioni istituzionali e può essere iniziata se è decorso il termine di quarantacinque giorni dalla relativa comunicazione al Garante, senza che lo stesso abbia adottato una diversa determinazione delle misure da adottarsi a garanzia degli interessati.
3. La diffusione e la comunicazione di dati personali, trattati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a soggetti che intendono trattarli per altre finalità sono ammesse unicamente se previste ai sensi del comma 1.
4.     Si intende per:
a) “comunicazione”, il dare conoscenza dei dati personali a uno o più soggetti determinati diversi dall’interessato, dal rappresentante del titolare nel territorio dell’Unione europea, dal responsabile, dalle persone autorizzate, ai sensi dell’articolo 2-terdecies, al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione, consultazione o mediante interconnessione;
b) “diffusione”, il dare conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione.

Art. 2-quater
(Regole deontologiche)

1.     Il Garante promuove, nell’osservanza del principio di rappresentatività e tenendo conto delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa sul trattamento dei dati personali, l’adozione di regole deontologiche per i trattamenti previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), 9, paragrafo 4, e al Capo IX del Regolamento e ne verifica la conformità alle disposizioni  vigenti, anche attraverso l’esame di osservazioni di soggetti interessati e contribuisce a garantirne la diffusione e il rispetto.
2.     Lo schema di regole deontologiche è sottoposto a consultazione pubblica per almeno sessanta giorni.
3.     Conclusa la fase delle consultazioni, le regole deontologiche sono approvate dal Garante ai sensi dell’articolo 154-bis, comma 1, lettera b), pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, con decreto del Ministro della giustizia, sono riportate nell’allegato A del presente codice.
4.     Il rispetto delle disposizioni contenute nelle regole deontologiche di cui al comma 1 costituisce condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento dei dati personali.

Art. 2-quinquies
(Consenso del minore in relazione ai servizi della società dell’informazione)

1.     Al consenso del minore al trattamento dei propri dati personali, in relazione ai servizi della società dell’informazione, si applicano le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 1, del Regolamento. In relazione a tali servizi, il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a sedici anni, fondato sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento, è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale.
2.     In relazione all’offerta diretta ai minori dei servizi di cui al comma 1, il titolare del trattamento redige con linguaggio particolarmente chiaro e semplice, facilmente accessibile e comprensibile dal minore, le informazioni e le comunicazioni relative al trattamento che lo riguardi.

Art. 2-sexies
(Trattamento di categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante)

1. I trattamenti delle categorie particolari di dati personali di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento, necessari per motivi di interesse pubblico rilevante ai sensi della lettera g), paragrafo 2, del medesimo articolo, sono ammessi qualora siano previsti dal diritto dell’Unione europea ovvero, nell’ordinamento interno, da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge,  di regolamento che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante.
2.     Fermo quanto previsto dal comma 1, si considera rilevante l’interesse pubblico relativo a:
a) accesso a documenti amministrativi e accesso civico;
b) tenuta degli atti e dei registri dello stato civile, delle anagrafi della popolazione residente in Italia e dei cittadini italiani residenti all’estero, e delle liste elettorali, nonché rilascio di documenti di riconoscimento o di viaggio o cambiamento delle generalità;
c) tenuta dell’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida e dell’archivio nazionale dei veicoli;
d) cittadinanza, immigrazione, asilo, condizione dello straniero e del profugo, stato di rifugiato;
e) elettorato attivo e passivo ed esercizio di altri diritti politici, protezione diplomatica e consolare;  
f) attività dei soggetti pubblici dirette all’applicazione, anche tramite i loro concessionari, delle disposizioni in materia tributaria e doganale;
g) attività di controllo e ispettive;
h) concessione, liquidazione, modifica e revoca di benefici economici, agevolazioni, elargizioni, altri emolumenti e abilitazioni;
i) conferimento di onorificenze e ricompense, riconoscimento della personalità giuridica di associazioni, fondazioni ed enti, anche di culto, accertamento dei requisiti di onorabilità e di professionalità per le nomine, per i profili di competenza del soggetto pubblico, ad uffici anche di culto e a cariche direttive di persone giuridiche, imprese e di istituzioni scolastiche non statali, nonché rilascio e revoca di autorizzazioni o abilitazioni, concessione di patrocini, patronati e premi di rappresentanza, adesione a comitati d’onore e ammissione a cerimonie ed incontri istituzionali;
l) rapporti tra i soggetti pubblici e gli enti del terzo settore;
m) obiezione di coscienza;
n) attività sanzionatorie e di tutela in sede amministrativa o giudiziaria;
o) rapporti istituzionali con enti di culto, confessioni religiose e comunità religiose;
p) attività socio-assistenziali a tutela dei minori e soggetti bisognosi, non autosufficienti e incapaci;
q) attività amministrative correlate a quelle di diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale;
r) compiti del servizio sanitario nazionale e dei soggetti operanti in ambito sanitario, nonché compiti di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro e sicurezza e salute della popolazione, protezione civile, salvaguardia della vita e incolumità fisica;
s) tutela sociale della maternità ed interruzione volontaria della gravidanza, dipendenze, assistenza, integrazione sociale e diritti dei disabili;
t) istruzione e formazione in ambito scolastico, professionale, superiore o universitario;
u) trattamenti effettuati a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica, concernenti la conservazione, l’ordinamento e la comunicazione dei documenti detenuti negli archivi di Stato negli archivi storici degli enti pubblici, o in archivi privati dichiarati di rilevante interesse storico, per fini di ricerca scientifica, nonché per fini statistici da parte di soggetti che fanno parte del sistema statistico nazionale (Sistan);
v) instaurazione, gestione ed estinzione, da parte di soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all’esercizio di pubblici poteri, di rapporti di lavoro di qualunque tipo, anche non retribuito o onorario, e di altre forme di impiego, materia sindacale, occupazione e collocamento obbligatorio, previdenza e assistenza, tutela delle minoranze e pari opportunità nell’ambito dei rapporti di lavoro, adempimento degli obblighi retributivi, fiscali e contabili, igiene e sicurezza del lavoro o di sicurezza o salute della popolazione, accertamento della responsabilità civile, disciplinare e contabile, attività ispettiva.
3. Per i dati genetici, biometrici e relativi alla salute il trattamento avviene comunque nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 2-septies.

Art. 2-septies
(Misure di garanzia per il trattamento dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute)

1. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 9, paragrafo 4, del Regolamento, i dati genetici, biometrici e relativi alla salute, possono essere oggetto di trattamento in presenza di una delle condizioni di cui al paragrafo 2 del medesimo articolo ed in conformità alle misure di garanzia disposte dal Garante, nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo.
2. Il provvedimento che stabilisce le misure di garanzia di cui al comma 1 è adottato con cadenza almeno biennale e tenendo conto:
a) delle linee guida, delle raccomandazioni e delle migliori prassi pubblicate dal Comitato europeo per la protezione dei dati e delle migliori prassi in materia di trattamento dei dati personali;
b) dell’evoluzione scientifica e tecnologica nel settore oggetto delle misure;
c) dell’interesse alla libera circolazione dei dati personali nel territorio dell’Unione europea.
3. Lo schema di provvedimento è sottoposto a consultazione pubblica per un periodo non inferiore a sessanta giorni.
4. Le misure di garanzia sono adottate nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 9, paragrafo 2, del Regolamento e riguardano anche le cautele da adottare relativamente a:
a) contrassegni sui veicoli e accessi a zone a traffico limitato;
b) profili organizzativi e gestionali in ambito sanitario;
c) modalità per la comunicazione diretta all’interessato delle diagnosi e dei dati relativi alla propria salute;
d) prescrizioni di medicinali.
5. Le misure di garanzia sono adottate in relazione a ciascuna categoria dei dati personali di cui al comma 1, avendo riguardo alle specifiche finalità del trattamento e possono individuare, in conformità a quanto previsto al comma 2, ulteriori condizioni sulla base delle quali il trattamento di tali dati è consentito.
6. Le misure di garanzia relative ai dati genetici e quelle di cui al comma 4, lettere b), c) e d), sono adottate sentito il Ministro della salute che, a tal fine, acquisisce il parere del Consiglio superiore di sanità. Per i dati genetici, le misure di garanzia possono individuare, in caso di particolare ed elevato livello di rischio, il consenso come ulteriore misura di protezione dei diritti dell’interessato, a norma dell’articolo 9, paragrafo 4, del Regolamento, o altre cautele specifiche.
7.     I dati personali di cui al comma 1 non possono essere diffusi.

Art. 2-octies
(Principi relativi al trattamento di dati relativi a condanne penali e reati)

1. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 11 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, il trattamento di dati personali relativi a condanne penali e a reati o a connesse misure di sicurezza sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, del Regolamento, che non avviene sotto il controllo dell’autorità pubblica, è consentito, ai sensi dell’articolo 10 del medesimo Regolamento, solo se autorizzato da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, che prevedano garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati.
2. In mancanza delle predette disposizioni di legge o di regolamento, i trattamenti dei dati di cui al comma 1 nonché le garanzie di cui al medesimo comma sono individuate con decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Garante.
3. Fermo quanto previsto dai commi 1 e 2, il trattamento di dati personali relativi a condanne penali e a reati o a connesse misure di sicurezza è consentito se autorizzato da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, riguardanti, in particolare:
a) l’adempimento di obblighi e l’esercizio di diritti da parte del titolare o dell’interessato in materia di diritto del lavoro o comunque nell’ambito dei rapporti di lavoro, nei limiti stabiliti da leggi, regolamenti e contratti collettivi, secondo quanto previsto dagli articoli 9, paragrafo 2, lettera b), e 88 del Regolamento;
b) l’adempimento degli obblighi previsti da disposizioni di legge o di regolamento in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali;
c) la verifica o l’accertamento dei requisiti di onorabilità, requisiti soggettivi e presupposti interdittivi nei casi previsti dalle leggi o dai regolamenti;
d) l’accertamento di responsabilità in relazione a sinistri o eventi attinenti alla vita umana, nonché la prevenzione, l’accertamento e il contrasto di frodi o situazioni di concreto rischio per il corretto esercizio dell’attività assicurativa, nei limiti di quanto previsto dalle leggi o dai regolamenti in materia;
e) l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria;
f) l’esercizio del diritto di accesso ai dati e ai documenti amministrativi, nei limiti di quanto previsto dalle leggi o dai regolamenti in materia;
g) l’esecuzione di investigazioni o le ricerche o la raccolta di informazioni per conto di terzi ai sensi dell’articolo 134 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
h) l’adempimento di obblighi previsti da disposizioni di legge in materia di comunicazioni e informazioni antimafia o in materia di prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di pericolosità sociale, nei casi previsti da leggi o da regolamenti, o per la produzione della documentazione prescritta dalla legge per partecipare a gare d’appalto;
i) l’accertamento del requisito di idoneità morale di coloro che intendono partecipare a gare d’appalto, in adempimento di quanto previsto dalle vigenti normative in materia di appalti;
l) l’attuazione della disciplina in materia di attribuzione del rating di legalità delle imprese ai sensi dell’articolo 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
m) l’adempimento degli obblighi previsti dalle normative vigenti in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
4. Nei casi in cui le disposizioni di cui al comma 3 non individuano le garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati, tali garanzie sono previste con il decreto di cui al comma 2.
5. Quando il trattamento dei dati di cui al presente articolo avviene sotto il controllo dell’autorità pubblica si applicano le disposizioni previste dall’articolo 2-sexies.
6. Con il decreto di cui al comma 2 è autorizzato il trattamento dei dati di cui all’articolo 10 del Regolamento, effettuato in attuazione di protocolli di intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata, stipulati con il Ministero dell'interno o con le Prefetture-UTG. In relazione a tali protocolli, il decreto di cui al comma 2 individua, le tipologie dei dati trattati, gli interessati, le operazioni di trattamento eseguibili, anche in relazione all'aggiornamento e alla conservazione e prevede le garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati. Il decreto è adottato, limitatamente agli ambiti di cui al presente comma, di concerto con il Ministro dell’interno.


Art. 2-novies
(Trattamenti disciplinati dalla Presidenza della Repubblica, dalla Camera dei deputati, dal Senato  della Repubblica e dalla Corte costituzionale)

  1. Le disposizioni degli articoli 2-sexies, 2-septies e 2-octies del presente decreto legislativo recano principi applicabili, in conformità ai rispettivi ordinamenti, ai trattamenti delle categorie di dati personali di cui agli articoli 9, paragrafo 1, e 10 del Regolamento, disciplinati dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale.


Art. 2-decies
(Inutilizzabilità dei dati)

  1. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati, salvo quanto previsto dall’articolo 160-bis.


 CAPO III
Disposizioni in materia di diritti dell’interessato

Art. 2-undecies
(Limitazioni ai diritti dell’interessato)

  1.  I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento non possono essere esercitati con richiesta al titolare del trattamento ovvero con reclamo ai sensi dell’articolo 77 del Regolamento qualora dall’esercizio di tali diritti possa derivare un pregiudizio effettivo e concreto:
    a) agli interessi tutelati in base alle disposizioni in materia di riciclaggio;
    b) agli interessi tutelati in base alle disposizioni in materia di sostegno alle vittime di richieste estorsive;
    c) all’attività di Commissioni parlamentari d’inchiesta istituite ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione;
    d) alle attività svolte da un soggetto pubblico, diverso dagli enti pubblici economici, in base ad espressa disposizione di legge, per esclusive finalità inerenti alla politica monetaria e valutaria, al sistema dei pagamenti, al controllo degli intermediari e dei mercati creditizi e finanziari, nonché alla tutela della loro stabilità;
    e) allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria;
    f) alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala  ai sensi della legge 30 novembre 2017, n. 179, l’illecito di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio.
  2.  Nei casi di cui al comma 1, lettera c), si applica quanto previsto dai regolamenti parlamentari ovvero dalla legge o dalle norme istitutive della Commissione d’inchiesta.
  3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), b), d) e) ed f) i diritti di cui al medesimo comma sono esercitati conformemente alle disposizioni di legge o di regolamento che regolano il settore, che devono almeno recare misure dirette a disciplinare gli ambiti di cui all’articolo 23, paragrafo 2, del Regolamento. L’esercizio dei medesimi diritti può, in ogni caso, essere ritardato, limitato o escluso con comunicazione motivata e resa senza ritardo all’interessato, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a), b), d), e) ed f). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160. In tale ipotesi, il Garante informa l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame, nonché del diritto dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale. Il titolare del trattamento informa l’interessato delle facoltà di cui al presente comma.


Art. 2-duodecies
(Limitazioni per ragioni di giustizia)

 

  1. In applicazione dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento, in relazione ai trattamenti di dati personali effettuati per ragioni di giustizia nell’ambito di procedimenti dinanzi agli uffici giudiziari di ogni ordine e grado nonché dinanzi al Consiglio superiore della magistratura e agli altri organi di autogoverno delle magistrature speciali o presso il Ministero della giustizia, i diritti e gli obblighi di cui agli articoli da 12 a 22 e 34 del Regolamento sono disciplinati nei limiti e con le modalità previste dalle disposizioni di legge o di regolamento che regolano tali procedimenti, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del Regolamento.
  2. Fermo quanto previsto dal comma 1, l’esercizio dei diritti e l’adempimento degli obblighi di cui agli articoli da 12 a 22 e 34 del Regolamento possono, in ogni caso,  essere ritardati, limitati o esclusi, con comunicazione motivata e resa senza ritardo all’interessato, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione,  nella misura e per il tempo in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, per salvaguardare l’indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari.
  3. Si applica l’articolo 2-undecies, comma 3, terzo, quarto e quinto periodo.
  4. Ai fini del presente articolo si intendono effettuati per ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, i trattamenti effettuati in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, nonché i trattamenti svolti nell’ambito delle attività ispettive su uffici giudiziari. Le ragioni di giustizia non ricorrono per l’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla trattazione giudiziaria di procedimenti.


Art. 2-terdecies
(Diritti riguardanti le persone decedute)

  1. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.
  2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata.
  3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma.
  4. L’interessato ha in ogni momento il diritto di revocare o modificare il divieto di cui ai commi 2 e 3.
  5. In ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi.


 CAPO IV
Disposizioni relative al titolare del trattamento e al responsabile del trattamento

Art. 2-quaterdecies
(Attribuzione di funzioni e compiti a soggetti designati)

  1.  Il titolare o il responsabile del trattamento possono prevedere, sotto la propria responsabilità e nell’ambito del proprio assetto organizzativo, che specifici compiti e funzioni connessi al trattamento di dati personali siano attribuiti a persone fisiche, espressamente designate, che operano sotto la loro autorità.
  2. Il titolare o il responsabile del trattamento individuano le modalità più opportune per autorizzare al trattamento dei dati personali le persone che operano sotto la propria autorità diretta.


Art. 2-quinquiesdecies
(Trattamento che presenta rischi elevati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico)

  1. Con riguardo ai trattamenti svolti per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico che possono presentare rischi elevati ai sensi dell’articolo 35 del Regolamento, il Garante può, sulla base di quanto disposto dall’articolo 36, paragrafo 5, del medesimo Regolamento e con provvedimenti di carattere generale adottati d’ufficio, prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell’interessato, che il titolare del trattamento è tenuto ad adottare.


Art. 2-sexiesdecies
(Responsabile della protezione dei dati per i trattamenti effettuati dalle autorità giudiziarie nell’esercizio delle loro funzioni)

  1. Il responsabile della protezione dati è designato, a norma delle disposizioni di cui alla sezione 4 del capo IV del Regolamento, anche in relazione ai trattamenti di dati personali effettuati dalle autorità giudiziarie nell’esercizio delle loro funzioni.



Art. 2-septiesdecies
(Organismo nazionale di accreditamento)

  1.  L’organismo nazionale di accreditamento di cui all’articolo 43, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento è l’Ente unico nazionale di accreditamento, istituito ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, fatto salvo il potere del Garante di assumere direttamente, con deliberazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e in caso di grave inadempimento dei suoi compiti da parte dell’Ente unico nazionale di accreditamento, l’esercizio di tali funzioni, anche con riferimento a una o più categorie di trattamenti.”.


CAPO III
Modifiche alla Parte II del codice in materia di protezione dei dati personali di cui decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
 

 ART. 3
(Modifiche alla rubrica e al Titolo I della Parte II, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1. La rubrica della Parte II del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, è sostituita dalla seguente: “Disposizioni specifiche per i trattamenti necessari per adempiere ad un obbligo legale o per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri nonché disposizioni per i trattamenti di cui al capo IX del Regolamento”.
  2. Al Titolo I della Parte II, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a)     prima del Titolo I, è inserito il seguente:


“TITOLO 0.I
Disposizioni sulla base giuridica

Art.  45-bis
 (Base giuridica)

  1. Le disposizioni contenute nella presente parte sono stabilite in attuazione dell’articolo 6, paragrafo 2, nonché dell’articolo 23, paragrafo 1, del Regolamento.”;
    b)     all’articolo 50, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La violazione del divieto di cui al presente articolo è punita ai sensi dell’articolo 684 del codice penale.”;
    c)     all’articolo 52:
    1) al comma 1, le parole: “per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica,” sono soppresse;
    2) al comma 6, le parole “dell’articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109,” sono sostituite dalle seguenti: “dell’articolo 209 del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50,”.


ART. 4
(Modifiche alla Parte II, Titolo III, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1.  Alla Parte II, Titolo III, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, l’articolo 58 è sostituito dal seguente:

“Art. 58
(Trattamenti di dati personali per fini di sicurezza nazionale o difesa)

1. Ai trattamenti di dati personali effettuati dagli organismi di cui agli articoli 4, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 124, sulla base dell’articolo 26 della predetta legge o di altre disposizioni di legge o regolamento, ovvero relativi a dati coperti da segreto di Stato ai sensi degli articoli 39 e seguenti della medesima legge, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 160, comma 4, nonché, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 8, 15, 16, 18, 25, 37, 41, 42 e 43 del decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 11 della legge 25 ottobre 2017, n. 163.
2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, ai trattamenti effettuati da soggetti pubblici per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato, in base ad espresse disposizioni di legge che prevedano specificamente il trattamento, si applicano le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo, nonché quelle di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 11 della legge 25 ottobre 2017, n. 163.
3. Con uno o più regolamenti sono individuate le modalità di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, in riferimento alle tipologie di dati, di interessati, di operazioni di trattamento eseguibili e di persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile ai sensi dell’articolo 2-terdecies, anche in relazione all'aggiornamento e alla conservazione. I regolamenti, negli ambiti di cui al comma 1, sono adottati ai sensi dell’articolo 43 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e, negli ambiti di cui al comma 2, sono adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti.
4. Con uno o più regolamenti adottati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro della difesa, sono disciplinate le misure attuative del presente decreto in materia di esercizio delle funzioni di difesa e sicurezza nazionale da parte delle Forze armate.”.

ART. 5
(Modifiche alla Parte II, Titolo IV, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1. Alla Parte II, Titolo IV, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     all’articolo 59:
1)     alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e accesso civico”;
2)     al comma 1, le parole “sensibili e giudiziari” sono sostituite dalle seguenti: “di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento” e le parole “Le attività finalizzate all’applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante interesse pubblico.” sono soppresse;
3)     dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: “1-bis. I presupposti, le modalità e i limiti per l’esercizio del diritto di accesso civico restano disciplinati dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.”;
b)     l’articolo 60 è sostituito dal seguente:

“Art. 60
(Dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale)

1. Quando il trattamento concerne dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale.”;

c)     all’articolo 61:
1)     alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “e regole deontologiche”;
2)     i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:
“1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 2-quater, l’adozione di regole deontologiche per il trattamento dei dati personali provenienti da archivi, registri, elenchi, atti o documenti tenuti da soggetti pubblici, anche individuando i casi in cui deve essere indicata la fonte di acquisizione dei dati e prevedendo garanzie appropriate per l’associazione di dati provenienti da più archivi, tenendo presenti le pertinenti Raccomandazioni del Consiglio d’Europa.
2. Agli effetti dell’applicazione del presente codice i dati personali diversi da quelli di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento, che devono essere inseriti in un albo professionale in conformità alla legge o ad un regolamento, possono essere comunicati a soggetti pubblici e privati o diffusi, ai sensi dell’articolo 2-ter del presente codice, anche mediante reti di comunicazione elettronica. Può essere altresì menzionata l’esistenza di provvedimenti che a qualsiasi titolo incidono sull’esercizio della professione.”.

ART. 6
(Modifiche alla Parte II, Titolo V, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1. Alla Parte II, Titolo V, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     l’articolo 75 è sostituito dal seguente:

“Art. 75
(Specifiche condizioni in ambito sanitario)

1. Il trattamento dei dati personali effettuato per finalità di tutela della salute e incolumità fisica dell’interessato o di terzi o della collettività deve essere effettuato ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 2, lettere h) ed i), e 3 del Regolamento, dell’articolo 2-septies del presente codice, nonché nel rispetto delle specifiche disposizioni di settore.
2. In applicazione dell’articolo 23, comma 1, lettera e) del Regolamento, al trattamento dei dati personali effettuato per finalità di tutela della salute e incolumità fisica dell’interessato o di terzi o della collettività non si applica il diritto di cui agli articoli 17 e 20 del medesimo Regolamento.”.

b)    la rubrica del Capo II è sostituita dalla seguente: “Modalità particolari per informare l’interessato e per il trattamento dei dati personali”;

c)     l’articolo 77 è sostituito dal seguente:

“Art. 77
(Modalità particolari)

1. Le disposizioni del presente titolo individuano modalità particolari utilizzabili dai soggetti di cui al comma 2:
a) per informare l’interessato ai sensi degli articoli 13 e 14 del Regolamento;
b) per il trattamento dei dati personali.
2.     Le modalità di cui al comma 1 sono applicabili:
a) dalle strutture pubbliche e private, che erogano prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e dagli esercenti le professioni sanitarie;
b) dai soggetti pubblici indicati all’articolo 80.”;

d) all’articolo 78:
1)     alla rubrica la parola “Informativa” è sostituita dalla seguente: “Informazioni”;
2)     al comma 1, le parole “nell’articolo 13, comma 1” sono sostituite dalle seguenti: “negli articoli 13 e 14 del Regolamento”;
3)     al comma 2, le parole “L’informativa può essere fornita” sono sostituite dalle seguenti: “Le informazioni possono essere fornite” e le parole “prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione” sono sostituite dalle seguenti: “diagnosi, assistenza e terapia sanitaria”;
4)     il comma 3, è sostituito dal seguente: “3. Le informazioni possono riguardare, altresì, dati personali eventualmente raccolti presso terzi e sono fornite preferibilmente per iscritto.”;
5)     al comma 4, le parole “L’informativa” sono sostituite dalle seguenti: “Le informazioni” e la parola “riguarda” è sostituita dalla seguente “riguardano”;
6)     al comma 5:
6.1. le parole “L’informativa resa” sono sostituite dalle seguenti: “Le informazioni rese”;
6.2. la parola “evidenzia” è sostituita dalla seguente: “evidenziano”;
6.3. la lettera a) è sostituita dalla seguente: “a) per fini di ricerca scientifica anche nell’ambito di sperimentazioni cliniche, in conformità alle leggi e ai regolamenti, ponendo in particolare evidenza che il consenso, ove richiesto, è manifestato liberamente;”;
6.4. sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere: “c-bis) ai fini dell’implementazione del fascicolo sanitario elettronico di cui all’articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221; c-ter) ai fini dei sistemi di sorveglianza e dei registri di cui all’articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.”;  

e)     all’articolo 79:
1)     la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Informazioni da parte di strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie e socio-sanitarie)”;
2) il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Le strutture pubbliche e private, che erogano prestazioni sanitarie e socio-sanitarie possono avvalersi delle modalità particolari di cui all’articolo 78 in riferimento ad una pluralità di prestazioni erogate anche da distinti reparti ed unità della stessa struttura o di sue articolazioni ospedaliere o territoriali specificamente identificate.”;
3)     al comma 2, le parole “l’organismo e le strutture” sono sostituite dalle seguenti: “la struttura o le sue articolazioni” e le parole “informativa e il consenso” sono sostituite dalla seguente: “informazione”;
4)     al comma 3, le parole “semplificate di cui agli articoli 78 e 81” sono sostituite dalle seguenti: “particolari di cui all’articolo 78”;
5)     al comma 4, la parola “semplificate” è sostituita dalla seguente “particolari”;
                           
f)     l’articolo 80 è sostituito dal seguente:

“Art. 80
(Informazioni da parte di altri soggetti)

“1. Nel fornire le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Regolamento, oltre a quanto previsto dall’articolo 79, possono avvalersi della facoltà di fornire un’unica informativa per una pluralità di trattamenti di dati effettuati, a fini amministrativi e in tempi diversi, rispetto a dati raccolti presso l’interessato e presso terzi, i competenti servizi o strutture di altri soggetti pubblici, diversi da quelli di cui al predetto articolo 79, operanti in ambito sanitario o della protezione e sicurezza sociale.
2.     Le informazioni di cui al comma 1 sono integrate con appositi e idonei cartelli ed avvisi agevolmente visibili al pubblico, affissi e diffusi anche nell’ambito di pubblicazioni istituzionali e mediante reti di comunicazione elettronica, in particolare per quanto riguarda attività amministrative effettuate per motivi di interesse pubblico rilevante che non richiedono il consenso degli interessati.”;

g) all’articolo 82:
1)     al comma 1, le parole da “L’informativa” fino a “intervenire” sono sostituite dalle seguenti: “Le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Regolamento possono essere rese”;
2)     al comma 2: le parole da “L’informativa” fino a “intervenire” sono sostituite dalle seguenti: “Tali informazioni possono altresì essere rese”, e la lettera a) è sostituita dalla seguente: “a) impossibilità fisica, incapacità di agire o incapacità di intendere o di volere dell’interessato, quando non è possibile rendere le informazioni, nei casi previsti, a chi esercita legalmente la rappresentanza, ovvero a un prossimo congiunto, a un familiare, a un convivente o unito civilmente ovvero a un fiduciario ai sensi dell’articolo 4 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 o, in loro assenza, al responsabile della struttura presso cui dimora l’interessato;”;
3)     al comma 3, le parole da “L’informativa” fino a “intervenire” sono sostituite dalle seguenti: “Le informazioni di cui al comma 1 possono essere rese” e le parole “dall’acquisizione preventiva del consenso” sono sostituite dalle seguenti: “dal loro preventivo rilascio”;
4)     al comma 4, le parole “l’informativa è fornita” sono sostituite dalle seguenti: “le informazioni sono fornite” e le parole da “anche” fino a “necessario” sono sostituite dalle seguenti: “nel caso in cui non siano state fornite in precedenza”;
                        
h)     dopo l’articolo 89 è aggiunto il seguente:

“Art. 89-bis
(Prescrizioni di medicinali)

1.    Per le prescrizioni di medicinali, laddove non è necessario inserire il nominativo dell’interessato, si adottano cautele particolari in relazione a quanto disposto dal Garante nelle misure di garanzia di cui all’articolo 2-septies, anche ai fini del controllo della correttezza della prescrizione ovvero per finalità amministrative o per fini di ricerca scientifica nel settore della sanità pubblica.”;

i)     all’articolo 92:
1)    al comma 1, le parole “organismi sanitari pubblici e privati” sono sostituite dalle seguenti: “strutture, pubbliche e private, che erogano prestazioni sanitarie e socio-sanitarie”;
2)    al comma 2, lettera a), le parole “di far valere” sono sostituite dalle seguenti: “di esercitare”, le parole “ai sensi dell’articolo 26, comma 4, lettera c),” sono sostituite dalle seguenti: “, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera f), del Regolamento,” e le parole “e inviolabile” sono soppresse;
3)    alla lettera b), le parole “e inviolabile” sono soppresse.

ART. 7
(Modifiche alla Parte II, Titolo VI, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

1.     Alla Parte II, Titolo VI, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, l’articolo 96 è sostituito dal seguente:

“Art. 96
(Trattamento di dati relativi a studenti)

1.    Al fine di agevolare l’orientamento, la formazione e l’inserimento professionale, anche all’estero, le istituzioni del sistema nazionale di istruzione, i centri di formazione professionale regionale, le scuole private non paritarie nonché le istituzioni di alta formazione artistica e coreutica e le università statali o non statali legalmente riconosciute su richiesta degli interessati, possono comunicare o diffondere, anche a privati e per via telematica, dati relativi agli esiti formativi, intermedi e finali, degli studenti e altri dati personali diversi da quelli di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento, pertinenti in relazione alle predette finalità e indicati nelle informazioni rese agli interessati ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento. I dati possono essere successivamente trattati esclusivamente per le predette finalità.
2.    Resta ferma la disposizione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, sulla tutela del diritto dello studente alla riservatezza. Restano altresì ferme le vigenti disposizioni in materia di pubblicazione dell’esito degli esami mediante affissione nell’albo dell’istituto e di rilascio di diplomi e certificati.”.

ART. 8
(Modifiche alla Parte II, Titolo VII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1.  Alla Parte II, Titolo VII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)    la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Trattamenti a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici)”;

b)     l’articolo 97 è sostituito dal seguente:

“Art. 97
(Ambito applicativo)

1. Il presente titolo disciplina il trattamento dei dati personali effettuato a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, ai sensi dell’articolo 89 del Regolamento.”;
c)     l’articolo 99 è sostituito dal seguente:

“Art. 99
(Durata del trattamento)

1.    Il trattamento di dati personali a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici può essere effettuato anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati.
2.    A fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici possono comunque essere conservati o ceduti ad altro titolare i dati personali dei quali, per qualsiasi causa, è cessato il trattamento nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 89, paragrafo 1, del Regolamento.”;

d)     all’articolo 100:
1)     al comma 1, le parole “sensibili o giudiziari” sono sostituite dalle seguenti: “di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento”;
2)     al comma 2, le parole da “opporsi” fino alla fine del comma, sono sostituite dalle seguenti: “rettifica, cancellazione, limitazione e opposizione ai sensi degli articoli 16, 17, 18 e 21 del Regolamento”;
3)     dopo il comma 4, è aggiunto il seguente: “4-bis. I diritti di cui al comma 2 si esercitano con le modalità previste dalle regole deontologiche.”;

e)    la rubrica del Capo II è sostituita dalla seguente: “Trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica”;

f)     all’articolo 101:
1) al comma 1, le parole “per scopi storici” sono sostituite dalle seguenti: “a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica” e le parole “dell’articolo 11” sono sostituite dalle seguenti: “dell’articolo 5 del Regolamento”;
2) al comma 2, le parole “per scopi storici” sono sostituite dalle seguenti: “a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica”;

g)     all’articolo 102:
1)     la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica)”;
2)     il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 2-quater, la sottoscrizione di regole deontologiche per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica.”;
3)     al comma 2 sono apportate le seguenti modificazioni:
3.1 l’alinea è sostituito dal seguente: “2. Le regole deontologiche di cui al comma 1 individuano garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell’interessato in particolare:”;
3.2 alla lettera a), dopo la parola “codice” sono inserite le seguenti: “e del Regolamento”;
3.3 alla lettera c) le parole “a scopi storici” sono sostituite dalle seguenti: “a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica”;

h)     l’articolo 103 è sostituito dal seguente:

“Art. 103
 (Consultazione di documenti conservati in archivi)

1.    La consultazione dei documenti conservati negli archivi di Stato, in quelli storici degli enti pubblici e in archivi privati dichiarati di notevole interesse storico è disciplinata dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e dalle relative regole deontologiche.”;

i)     la rubrica del Capo III è sostituita dalla seguente: “Trattamento a fini statistici o di ricerca scientifica”;

l)     all’articolo 104:
1) alla rubrica, le parole “per scopi statistici o scientifici” sono sostituite dalle seguenti: “a fini statistici o di ricerca scientifica”;
2)    al comma 1, le parole “scopi statistici” sono sostituite dalle seguenti: “fini statistici” e le parole “scopi scientifici” sono sostituite dalle seguenti: “per fini di ricerca scientifica”;

m) all’articolo 105:
1)    al comma 1, le parole “per scopi statistici o scientifici” sono sostituite dalle seguenti: “a fini statistici o di ricerca scientifica”;
2) al comma 2, le parole “Gli scopi statistici o scientifici” sono sostituite dalle seguenti: “I fini statistici e di ricerca scientifica”, le parole “all’articolo 13” sono sostituite dalle seguenti: “agli articoli 13 e 14 del Regolamento” e le parole “, e successive modificazioni” sono soppresse;
3) al comma 3, le parole “dai codici” sono sostituite dalle seguenti: “dalle regole deontologiche” e le parole “l’informativa all’interessato può essere data” sono sostituite dalle seguenti: “le informazioni all’interessato possono essere date”;
4) al comma 4, le parole “per scopi statistici o scientifici” sono sostituite dalle seguenti: “a fini statistici o di ricerca scientifica”, le parole “l’informativa all’interessato non è dovuta” sono sostituite dalle seguenti: “le informazioni all’interessato non sono dovute” e le parole “dai codici” sono sostituite dalle seguenti: “dalle regole deontologiche”;
n)     l’articolo 106 è sostituito dal seguente:

“Art. 106
 (Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica)

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 2-quater, regole deontologiche per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati per fini statistici o di ricerca scientifica, volte a individuare garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell’interessato in conformità all’articolo 89 del Regolamento.
2. Con le regole deontologiche di cui al comma 1, tenendo conto, per i soggetti già compresi nell’ambito del Sistema statistico nazionale, di quanto già previsto dal decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, e, per altri soggetti, sulla base di analoghe garanzie, sono individuati in particolare:
a) i presupposti e i procedimenti per documentare e verificare che i trattamenti, fuori dai casi previsti dal medesimo decreto legislativo n. 322 del 1989, siano effettuati per idonei ed effettivi fini statistici o di ricerca scientifica;
b) per quanto non previsto dal presente codice, gli ulteriori presupposti del trattamento e le connesse garanzie, anche in riferimento alla durata della conservazione dei dati, alle informazioni da rendere agli interessati relativamente ai dati raccolti anche presso terzi, alla comunicazione e diffusione, ai criteri selettivi da osservare per il trattamento di dati identificativi, alle specifiche misure di sicurezza e alle modalità per la modifica dei dati a seguito dell’esercizio dei diritti dell’interessato, tenendo conto dei principi contenuti nelle pertinenti raccomandazioni del Consiglio d’Europa;
c) l’insieme dei mezzi che possono essere ragionevolmente utilizzati dal titolare del trattamento o da altri per identificare direttamente o indirettamente l’interessato, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;     
d) le garanzie da osservare nei casi in cui si può prescindere dal consenso dell’interessato, tenendo conto dei principi contenuti nelle raccomandazioni di cui alla lettera b);
e) modalità semplificate per la prestazione del consenso degli interessati relativamente al trattamento dei dati di cui all’articolo 9 del Regolamento;
f) i casi nei quali i diritti di cui agli articoli 15, 16, 18 e 21 del Regolamento possono essere limitati ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 2, del medesimo Regolamento;
g) le regole di correttezza da osservare nella raccolta dei dati e le istruzioni da impartire alle persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile ai sensi dell’articolo 2-terdecies;
h) le misure da adottare per favorire il rispetto del principio di minimizzazione e delle misure tecniche e organizzative di cui all’articolo 32 del Regolamento, anche in riferimento alle cautele volte ad impedire l’accesso da parte di persone fisiche che non sono autorizzate o designate e l’identificazione non autorizzata degli interessati, all’interconnessione dei sistemi informativi anche nell’ambito del Sistema statistico nazionale e all’interscambio di dati per fini statistici o di ricerca scientifica da effettuarsi con enti ed uffici situati all’estero;
i) l’impegno al rispetto di regole deontologiche da parte delle persone che, ai sensi dell’articolo 2-terdecies, risultano autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile del trattamento, che non sono tenute in base alla legge al segreto d’ufficio o professionale, tali da assicurare analoghi livelli di sicurezza e di riservatezza.”;

o)     l’articolo 107 è sostituito dal seguente:

“Art. 107
 (Trattamento di categorie particolari di dati personali)

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2-sexies  e fuori dei casi di particolari indagini a fini statistici o di ricerca scientifica previste dalla legge, il consenso dell’interessato al trattamento di dati di cui all’articolo 9 del Regolamento, quando è richiesto, può essere prestato con modalità semplificate, individuate dalle regole deontologiche di cui all’articolo 106 o dalle misure di cui all’articolo 2-septies.”;

p)     l’articolo108 è sostituito dal seguente:

“Art. 108
(Sistema statistico nazionale)

1.    Il trattamento di dati personali da parte di soggetti che fanno parte del Sistema statistico nazionale, oltre a quanto previsto dalle regole deontologiche di cui all’articolo 106, comma 2, resta inoltre disciplinato dal decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dati di cui all’articolo 9 del Regolamento indicati nel programma statistico nazionale, le informative all’interessato, l’esercizio dei relativi diritti e i dati non tutelati dal segreto statistico ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 322 del 1989.”;

q)     all’articolo 109, comma 1, le parole “della statistica, sentito il Ministro” sono sostituite dalle seguenti: “di statistica, sentiti i Ministri”;

r)     l’articolo 110 è sostituito dal seguente:

“Art. 110
(Ricerca medica, biomedica ed epidemiologica)

1. Il consenso dell’interessato per il trattamento dei dati relativi alla salute, a fini di ricerca scientifica in campo medico, biomedico o epidemiologico, non è necessario quando la ricerca è effettuata in base a disposizioni di legge o di regolamento o al diritto dell’Unione europea in conformità all’articolo 9, paragrafo 2, lettera j), del Regolamento, ivi incluso il caso in cui la ricerca rientra in un programma di ricerca biomedica o sanitaria previsto ai sensi dell’articolo 12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ed è condotta e resa pubblica una valutazione d’impatto ai sensi degli articoli 35 e 36 del Regolamento. Il consenso non è inoltre necessario quando, a causa di particolari ragioni, informare gli interessati risulta impossibile o implica uno sforzo sproporzionato, oppure rischia di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento delle finalità della ricerca. In tali casi, il titolare del trattamento adotta misure appropriate per tutelare i diritti, le libertà e i legittimi interessi dell’interessato, il programma di ricerca è oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico a livello territoriale e deve essere sottoposto a preventiva consultazione del Garante ai sensi dell’articolo 36 del Regolamento.
2. In caso di esercizio dei diritti dell’interessato ai sensi dell’articolo 16 del Regolamento nei riguardi dei trattamenti di cui al comma 1, la rettificazione e l’integrazione dei dati sono annotati senza modificare questi ultimi, quando il risultato di tali operazioni non produce effetti significativi sul risultato della ricerca.”;

s)     l’articolo 110-bis è sostituito dal seguente:

“Art. 110-bis
 (Riutilizzo dei dati a fini di ricerca scientifica o a fini statistici)

1.    Il Garante può autorizzare il riutilizzo dei dati, compresi quelli dei trattamenti speciali di cui all’articolo 9 del Regolamento, ad esclusione di quelli genetici, a fini di ricerca scientifica o a fini statistici da parte di soggetti che svolgano principalmente tali attività quando, a causa di particolari ragioni, informare gli interessati risulta impossibile o implica uno sforzo sproporzionato, oppure rischia di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento delle finalità della ricerca, a condizione che siano adottate misure appropriate per tutelare i diritti, le libertà e i legittimi interessi dell’interessato, in conformità all’articolo 89 del Regolamento,  comprese forme preventive di minimizzazione e di anonimizzazione dei dati.
2.    Il Garante comunica la decisione adottata sulla richiesta di autorizzazione entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia equivale a rigetto. Con il provvedimento di autorizzazione o anche successivamente, sulla base di eventuali verifiche, il Garante stabilisce le condizioni e le misure necessarie ad assicurare adeguate garanzie a tutela degli interessati nell’ambito del riutilizzo dei dati, anche sotto il profilo della loro sicurezza.
3.    Non costituisce riutilizzo il trattamento dei dati raccolti per l’attività clinica, a fini di ricerca, da parte degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, pubblici e privati, in ragione del carattere strumentale dell’attività di assistenza sanitaria svolta dai predetti istituti rispetto alla ricerca.”.

ART. 9
(Modifiche alla Parte II, Titolo VIII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

1. Alla Parte II, Titolo VIII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     la rubrica è sostituita dalla seguente: “Trattamenti nell’ambito del rapporto di lavoro”;
b)     l’articolo 111 è sostituito dal seguente:

“Art. 111
(Regole deontologiche  per trattamenti nell’ambito del rapporto di lavoro)

1. Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 2-quater, l’adozione di regole deontologiche per i soggetti pubblici e privati interessati al trattamento dei dati personali effettuato nell’ambito del rapporto di lavoro per le finalità di cui all’articolo 88 del Regolamento, prevedendo anche specifiche modalità per le informazioni da rendere all’interessato.”;

c)     dopo l’articolo 111 è aggiunto il seguente:

“Art. 111-bis
(Informazioni in caso di ricezione di curriculum)

1. Le informazioni di cui all’articolo 13 del Regolamento e il consenso al trattamento non sono dovuti in caso di ricezione di curriculum spontaneamente trasmessi dagli interessati ai fini dell’eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro. Le informazioni vengono comunque fornite al momento del primo contatto successivo all’invio del curriculum.”;

d)     la rubrica del Capo III è sostituita dalla seguente: “Trattamento di dati riguardanti i prestatori di lavoro”;

e)     all’articolo 114:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Raccolta di dati, pertinenza e garanzie in materia di controllo a distanza”);
 2) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “, nonché dall’articolo 10 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.”;

f)     all’articolo 115:
1)     la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Telelavoro, lavoro agile e lavoro domestico)”;
2)    al comma 1, le parole “e del telelavoro” sono sostituite dalle seguenti: “del telelavoro e del lavoro agile”;

g)     all’articolo 116, comma 1, le parole “ai sensi dell’articolo 23” sono sostituite dalle seguenti: “dall’interessato medesimo”.

ART. 10
(Modifiche alla Parte II, Titolo IX, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1.  Alla Parte II, Titolo IX, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)    la rubrica è sostituita dalla seguente: “Altri trattamenti in ambito pubblico o di interesse pubblico”;

b) la rubrica del Capo I è sostituita dalla seguente: “Assicurazioni”;

c)     all’articolo 120:
1)     al comma 1, le parole “private e di interesse collettivo (ISVAP)” sono soppresse;
2)     al comma 3, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”.

ART. 11
(Modifiche alla Parte II, Titolo X, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

1. Alla Parte II, Titolo X, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)     all’articolo 121:
1)     la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Servizi interessati e definizioni)”;
2)     dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
“1-bis. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente titolo si intende per:
a) “comunicazione elettronica”, ogni informazione scambiata o trasmessa tra un numero finito di soggetti tramite un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico. Sono escluse le informazioni trasmesse al pubblico tramite una rete di comunicazione elettronica, come parte di un servizio di radiodiffusione, salvo che le stesse informazioni siano collegate ad un contraente o utente ricevente, identificato o identificabile;
b) “chiamata”, la connessione istituita da un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico che consente la comunicazione bidirezionale;  
c) “reti di comunicazione elettronica”, i sistemi di trasmissione e, se del caso, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse, inclusi gli elementi di rete non attivi, che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet, le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato;
d) “rete pubblica di comunicazioni”, una rete di comunicazione elettronica utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, che supporta il trasferimento di informazioni tra i punti terminali di reti;
e) “servizio di comunicazione elettronica”, i servizi consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazioni elettroniche, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, nei limiti previsti dall’articolo 2, lettera c), della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002;
f) “contraente”, qualunque persona fisica, persona giuridica, ente o associazione parte di un contratto con un fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico per la fornitura di tali servizi, o comunque destinatario di tali servizi tramite schede prepagate;
g) “utente”, qualsiasi persona fisica che utilizza un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, per motivi privati o commerciali, senza esservi necessariamente abbonata;
h) “dati relativi al traffico”, qualsiasi dato sottoposto a trattamento ai fini della trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica o della relativa fatturazione;
i) “dati relativi all’ubicazione”, ogni dato trattato in una rete di comunicazione elettronica o da un servizio di comunicazione elettronica che indica la posizione geografica dell’apparecchiatura terminale dell’utente di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico;
l) “servizio a valore aggiunto”, il servizio che richiede il trattamento dei dati relativi al traffico o dei dati relativi all’ubicazione diversi dai dati relativi al traffico, oltre a quanto è necessario per la trasmissione di una comunicazione o della relativa fatturazione;
m) “posta elettronica”, messaggi contenenti testi, voci, suoni o immagini trasmessi attraverso una rete pubblica di comunicazione, che possono essere archiviati in rete o nell’apparecchiatura terminale ricevente, fino a che il ricevente non ne ha preso conoscenza.”;

b) all’articolo 122, comma 1, le parole “con le modalità semplificate di cui all'articolo 13, comma 3” e il terzo periodo, sono soppressi;

c) all’articolo 123:
1) al comma 4, le parole “l’informativa di cui all'articolo 13” sono sostituite dalle seguenti: “le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Regolamento”;
2)     al comma 5, le parole “ad incaricati del trattamento che operano ai sensi dell'articolo 30” sono sostituite dalle seguenti: “a persone che, ai sensi dell’articolo 2-terdecies, risultano autorizzate al trattamento e che operano” e le parole “dell'incaricato” sono sostituite dalle seguenti: “della persona autorizzata”;

d) all’articolo 125, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Rimane in ogni caso fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, della legge 11 gennaio 2018, n. 5.”;

e)    all’articolo 126, comma 4, le parole “ad incaricati del trattamento che operano ai sensi dell'articolo 30,” sono sostituite dalle seguenti: “a persone autorizzate al trattamento, ai sensi dell’articolo 2-terdecies, che operano” e le parole “dell'incaricato” sono sostituite dalle seguenti: “della persona autorizzata”;

f)     l’articolo 129 è sostituito dal seguente:

“Art. 129
(Elenchi dei contraenti)

1. Il Garante individua con proprio provvedimento, in cooperazione con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell’articolo 154, comma 4, e in conformità alla normativa dell’Unione europea, le modalità di inserimento e di successivo utilizzo dei dati personali relativi ai contraenti negli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico.
2.    Il provvedimento di cui al comma 1 individua idonee modalità per la manifestazione del consenso all’inclusione negli elenchi e, rispettivamente, all’utilizzo dei dati per finalità di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta  o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale nonché per le finalità di cui all’articolo 21, paragrafo 2, del Regolamento, in base al principio della massima semplificazione delle modalità di inclusione negli elenchi a fini di mera ricerca del contraente per comunicazioni interpersonali, e del consenso specifico ed espresso qualora il trattamento esuli da tali fini, nonché in tema di verifica, rettifica o cancellazione dei dati senza oneri.”;

g)     all’articolo 130:
1)    al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Resta in ogni caso fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 14, della legge 11 gennaio 2018, n. 5.”;
2)    al comma 3, le parole “23 e 24” sono sostituite dalle seguenti: “6 e 7 del Regolamento” e le parole “del presente articolo” sono soppresse;
3)    al comma 3-bis, le parole “all’articolo 129, comma 1,” sono sostituite dalle seguenti: “al comma 1 del  predetto articolo,” e le parole “di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b)” sono sostituite dalle seguenti: “di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale”;
4)    al comma 3-ter, lettera b), le parole “codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163” sono sostituite dalle seguenti “codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”;
5)    al comma 3-ter, lettera f), le parole “di cui all’articolo 7, comma 4, lettera b)” sono sostituite dalle seguenti: “di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale”;
6) al comma 3-ter, lettera g), le parole “degli articoli 23 e 24” sono sostituite dalle seguenti “degli articoli 6 e 7 del Regolamento”;
7) al comma 5, le parole “all’articolo 7” sono sostituite dalle seguenti: “agli articoli da 15 a 22 del Regolamento”;
8) al comma 6, le parole “dell’articolo 143, comma 1, lettera b)” sono sostituite dalle seguenti: “dell’articolo 58 del Regolamento”;

h)     all’articolo 131, la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Informazioni a contraenti e utenti)”;

i)     all’articolo 132:
1)    al comma 3, secondo periodo, le parole “, ferme restando le condizioni di cui all’articolo 8, comma 2, lettera f), per il traffico entrante” sono soppresse ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La richiesta di accesso diretto alle comunicazioni telefoniche in entrata può essere effettuata solo quando possa derivarne un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397; diversamente, i diritti di cui agli articoli da 12 a 22 del Regolamento possono essere esercitati con le modalità di cui all’articolo 2-decies, comma 3, terzo, quarto e quinto periodo.”;
2)    al comma 5, le parole “ai sensi dell’articolo 17” sono sostituite dalle seguenti: “dal Garante secondo le modalità di cui all’articolo 2-quaterdecies” e le parole da “nonché a:” a “d)” sono sostituite dalle seguenti: “”nonché ad”;
3)     dopo il comma 5, è aggiunto il seguente: “5-bis. E’ fatta salva la disciplina di cui all’articolo 24 della legge 20 novembre 2017, n. 167.”;

l)     dopo l’articolo 132-bis sono inseriti i seguenti:

“Art. 132-ter
(Sicurezza del trattamento)

1.    Nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 32 del Regolamento, ai fornitori di servizi di   comunicazione elettronica accessibili al pubblico si applicano le disposizioni del presente articolo.
2.     Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta, ai sensi dell’articolo 32 del Regolamento, anche attraverso altri soggetti a cui sia affidata l’erogazione del servizio, misure tecniche e organizzative adeguate al rischio esistente.
3.     I soggetti che operano sulle reti di comunicazione elettronica garantiscono che i dati personali siano accessibili soltanto al personale autorizzato per fini legalmente autorizzati.
4.     Le misure di cui ai commi 2 e 3 garantiscono la protezione dei dati relativi al traffico ed all’ubicazione e degli altri dati personali archiviati o trasmessi dalla distruzione anche accidentale, da perdita o alterazione anche accidentale e da archiviazione, trattamento, accesso o divulgazione non autorizzati o illeciti, nonché garantiscono l’attuazione di una politica  di sicurezza.
5.     Quando la sicurezza del servizio o dei dati personali richiede anche l’adozione di misure che riguardano la rete, il fornitore del servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico adotta tali misure congiuntamente con il fornitore della rete pubblica di comunicazioni. In caso di mancato accordo, su richiesta di uno dei fornitori, la controversia è definita dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente.

Art. 132-quater
(Informazioni sui rischi)

1.     Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa gli abbonati e, ove possibile, gli utenti, se sussiste un particolare rischio di violazione della sicurezza della rete, indicando, quando il rischio è al di fuori dell’ambito di applicazione delle misure che il fornitore stesso è tenuto ad adottare a norma dell’articolo 132-ter, commi 2, 3 e 5, tutti i possibili rimedi e i relativi costi presumibili. Analoghe informazioni sono rese al Garante e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.”.

ART. 12
(Modifiche alla Parte II, Titolo XII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

1.     Alla Parte II, Titolo XII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     la rubrica è sostituita dalla seguente: “Giornalismo, libertà di informazione e di espressione”;

b)     all’articolo 136, comma 1:
1)     all’alinea, dopo le parole “si applicano” inserire le seguenti: “, ai sensi dell’articolo 85 del Regolamento,”;
2)     alla lettera c), la parola “temporaneo” è soppressa e le parole “nell'espressione artistica” sono sostituite dalle seguenti: “nell’espressione accademica, artistica e letteraria”;

c)     l’articolo 137 è sostituito dal seguente:

“Art. 137
(Disposizioni applicabili)

1.     Con riferimento a quanto previsto dall’articolo 136, possono essere trattati i dati di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento anche senza il consenso dell’interessato, purché nel rispetto delle regole deontologiche di cui all’articolo 139.
2.  Ai trattamenti indicati nell’articolo 136 non si applicano le disposizioni relative:
a) alle misure di garanzia di cui all’articolo 2-septies e ai provvedimenti generali di cui all’articolo 2-quaterdecies;
b)     al trasferimento dei dati all’estero, contenute nel Capo V del Regolamento.
3.     In caso di diffusione o di comunicazione dei dati per le finalità di cui all’articolo 136 restano fermi i limiti del diritto di cronaca a tutela dei diritti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del Regolamento e all’articolo 1 del presente codice e, in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico.”;

d)    all’articolo 138, comma 1, le parole “dell'articolo 7, comma 2, lettera a)” sono sostituite dalle seguenti: “dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera g), del Regolamento”;

e)     la rubrica del Capo II è sostituita dalla seguente: “Regole deontologiche relative ad attività giornalistiche e ad altre manifestazioni del pensiero”;

f)     l’articolo 139 è sostituito dal seguente:

“Art. 139
(Regole deontologiche relative ad attività giornalistiche)

1.     Il Garante promuove, ai sensi dell’articolo 2-quater, l’adozione da parte del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti di regole deontologiche relative al trattamento dei dati di cui all’articolo 136, che prevedono misure ed accorgimenti a garanzia degli interessati rapportate alla natura dei dati, in particolare per quanto riguarda quelli relativi alla salute e alla vita o all’orientamento sessuale. Le regole possono anche prevedere forme particolari per le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Regolamento.
2.     Nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente articolo e l’adozione delle regole deontologiche, ovvero successivamente, il Garante, in cooperazione con il Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti, prescrive eventuali misure e accorgimenti a garanzia degli interessati, che il Consiglio è tenuto a recepire.
3.     Le regole deontologiche o le modificazioni od integrazioni alle stesse che non sono adottate dal Consiglio entro sei mesi dalla proposta del Garante sono adottate in via sostitutiva dal Garante e sono efficaci sino a quando diviene efficace una diversa disciplina secondo la procedura di cooperazione.
4.     Le regole deontologiche e le disposizioni di modificazione ed integrazione divengono efficaci quindici giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’articolo 2-quater.
5.     In caso di violazione delle prescrizioni contenute nelle regole deontologiche, il Garante può vietare il trattamento ai sensi dell’articolo 58 del Regolamento.”.

CAPO IV
Modifiche alla Parte III e agli allegati del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

ART. 13
(Modifiche alla Parte III, Titolo I, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1. Alla Parte III, Titolo I, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     prima del Capo I è inserito il seguente:

“CAPO 0.I
Alternatività delle forme di tutela

140-bis
(Forme alternative di tutela)

1.     Qualora ritenga che i diritti di cui gode sulla base della normativa in materia di protezione dei dati personali siano stati violati, l’interessato può proporre reclamo al Garante o ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria.
2.     Il reclamo al Garante non può essere proposto se, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, è stata già adita l’autorità giudiziaria.
3.     La presentazione del reclamo al Garante rende improponibile un’ulteriore domanda dinanzi all’autorità giudiziaria tra le stesse parti e per il medesimo oggetto, salvo quanto previsto dall’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150.”;

b)     al capo I, le parole “Sezione I – Principi generali” sono soppresse;

c)     l’articolo 141 è sostituito dal seguente:

“Art. 141
(Reclamo al Garante)

1.     L’interessato può rivolgersi al Garante mediante reclamo ai sensi dell’articolo 77 del Regolamento.”;

d)     dopo l’articolo 141, le parole “Sezione II – Tutela amministrativa” sono soppresse;

e)     l’articolo 142 è sostituito dal seguente:

“Art. 142
(Proposizione del reclamo)

1.     Il reclamo contiene un’indicazione per quanto possibile dettagliata dei fatti e delle circostanze su cui si fonda, delle disposizioni che si presumono violate e delle misure richieste, nonché gli estremi identificativi del titolare o del responsabile del trattamento, ove conosciuto.
2.     Il reclamo è sottoscritto dall’interessato o, su mandato di questo, da un ente del terzo settore soggetto alla disciplina del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, che sia attivo nel settore della tutela dei diritti e delle libertà degli interessati, con riguardo alla protezione dei dati personali.
3.     Il reclamo reca in allegato la documentazione utile ai fini della sua valutazione e l’eventuale mandato, e indica un recapito per l’invio di comunicazioni anche tramite posta elettronica, telefax o telefono.   
4.     Il Garante predispone un modello per il reclamo, da pubblicare nel proprio sito istituzionale, di cui favorisce la disponibilità con strumenti elettronici.
5.     Il Garante disciplina con proprio regolamento il procedimento relativo all’esame dei reclami, nonché modalità semplificate e termini abbreviati per la trattazione di reclami che abbiano ad oggetto la violazione degli articoli da 15 a 22 del Regolamento.”;

f)     l’articolo 143 è sostituito dal seguente:

“Art. 143
(Decisione del reclamo)

1.     Esaurita l’istruttoria preliminare, se il reclamo non è manifestamente infondato e sussistono i presupposti per adottare un provvedimento, il Garante, anche prima della definizione del procedimento può adottare i provvedimenti di cui all’articolo 58 del Regolamento nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 56 dello stesso.
2.     I provvedimenti di cui al comma 1 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana se i relativi destinatari non sono facilmente identificabili per il numero o per la complessità degli accertamenti.
3.     Il Garante decide il reclamo entro nove mesi dalla data di presentazione e, in ogni caso, entro tre mesi dalla predetta data informa l’interessato sullo stato del procedimento. In presenza di motivate esigenze istruttorie, che il Garante comunica all’interessato, il reclamo è deciso entro dodici mesi. In caso di attivazione del procedimento di cooperazione di cui all’articolo 60 del Regolamento, il termine rimane sospeso per la durata del predetto procedimento.  
4.     Avverso la decisione è ammesso ricorso giurisdizionale ai sensi dell’articolo 152.”;

g)     l’articolo 144 è sostituito dal seguente:

“Art. 144
(Segnalazioni)

1.     Chiunque può rivolgere una segnalazione che il Garante può valutare anche ai fini dell’emanazione dei provvedimenti di cui all’articolo 58 del Regolamento.
2. I provvedimenti del Garante di cui all’articolo 58 del Regolamento possono essere adottati anche d’ufficio.”;

h) all’articolo 152, il comma 1 è sostituito dal seguente: “1. Tutte le controversie che riguardano le materie oggetto dei ricorsi giurisdizionali di cui agli articoli 78 e 79 del Regolamento e quelli comunque riguardanti l’applicazione della normativa in materia di protezione dei dati personali, nonché il diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 82 del medesimo Regolamento, sono attribuite all’autorità giudiziaria ordinaria.”.

ART. 14
(Modifiche alla Parte III, Titolo II, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1.    Alla Parte III, Titolo II, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     la rubrica è sostituita dalla seguente: “Autorità di controllo indipendente”;

b)     l’articolo 153 è sostituito dal seguente:

“Art. 153
(Garante per la protezione dei dati personali)

1.     Il Garante è composto dal Collegio, che ne costituisce il vertice, e dall’Ufficio. Il Collegio è costituito da quattro componenti, eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato. I componenti sono scelti tra persone che assicurano indipendenza e che risultano di comprovata esperienza nel settore della protezione dei dati personali, con particolare riferimento alle discipline giuridiche o dell’informatica.
2.     I componenti eleggono nel loro ambito un presidente, il cui voto prevale in caso di parità. Eleggono altresì un vice presidente, che assume le funzioni del presidente in caso di sua assenza o impedimento.
3.     L’incarico di presidente e quello di componente hanno durata settennale e non sono rinnovabili. Per tutta la durata dell’incarico il presidente e i componenti non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, anche non remunerata, né essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati, né ricoprire cariche elettive.
4.     I membri del Collegio devono mantenere il segreto, sia durante sia successivamente alla cessazione dell’incarico, in merito alle informazioni riservate cui hanno avuto accesso nell’esecuzione dei propri compiti o nell’esercizio dei propri poteri.
5.     All’atto dell’accettazione della nomina il presidente e i componenti sono collocati fuori ruolo se dipendenti di pubbliche amministrazioni o magistrati in attività di servizio; se professori universitari di ruolo, sono collocati in aspettativa senza assegni ai sensi dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382. Il personale collocato fuori ruolo o in aspettativa non può essere sostituito.
6. Al presidente compete una indennità di funzione pari alla retribuzione in godimento al primo Presidente della Corte di cassazione, nei limiti previsti dalla legge per il trattamento economico annuo omnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali. Ai componenti compete una indennità pari ai due terzi di quella spettante al Presidente.
7.     Alle dipendenze del Garante è posto l’Ufficio di cui all’articolo 155.
8.     Il presidente, i componenti, il segretario generale e i dipendenti si astengono dal trattare, per i due anni successivi alla cessazione dell’incarico ovvero del servizio presso il Garante, procedimenti dinanzi al Garante, ivi compresa la presentazione per conto di terzi di reclami richieste di parere o interpelli.”;

c)     l’articolo 154 è sostituito dal seguente:

“Art. 154
(Compiti)

1.     Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni e dalla Sezione II del Capo VI del Regolamento, il Garante, ai sensi dell’articolo 57, paragrafo 1, lettera v), del Regolamento medesimo, anche di propria iniziativa e avvalendosi dell’Ufficio, in conformità alla disciplina vigente e nei confronti di uno o più titolari del trattamento, ha il compito di:
a)     controllare se i trattamenti sono effettuati nel rispetto della disciplina applicabile, anche in caso di loro cessazione e con riferimento alla conservazione dei dati di traffico;
b)     trattare i reclami presentati ai sensi del Regolamento, e delle disposizioni del presente codice, anche individuando con proprio regolamento modalità specifiche per la trattazione, nonché fissando annualmente le priorità delle questioni emergenti dai reclami che potranno essere istruite nel corso dell’anno di riferimento;
c)     promuovere l’adozione di regole deontologiche, nei casi di cui all’articolo 2-quater;
d)     denunciare i fatti configurabili come reati perseguibili d’ufficio, dei quali viene a conoscenza nell’esercizio o a causa delle funzioni;
e)     trasmettere la relazione, predisposta annualmente ai sensi dell’articolo 59 del Regolamento, al Parlamento e al Governo entro il 31 maggio dell’anno successivo a quello cui si riferisce;
f)     assicurare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali degli individui dando idonea attuazione al Regolamento e al presente codice;
g)     provvedere altresì all’espletamento dei compiti ad esso attribuiti dal diritto dell’Unione europea o dello Stato e svolgere le ulteriori funzioni previste dall’ordinamento.  
2.     Il Garante svolge altresì, ai sensi del comma 1, la funzione di controllo o assistenza in materia di trattamento dei dati personali prevista da leggi di ratifica di accordi o convenzioni internazionali o da atti comunitari o dell’Unione europea e, in particolare:
a)     dal regolamento (CE) n. 1987/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) e Decisione 2007/533/GAI del Consiglio, del 12 giugno 2007, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II);
b)     dal regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI;
c)     dal regolamento (UE) 2015/1525 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che modifica il regolamento (CE) n. 515/97 del Consiglio relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola e decisione 2009/917/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sull’uso dell’informatica nel settore doganale;
d)     dal regolamento (CE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l’Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un’agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
e)     dal regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS) e decisione n. 2008/633/GAI del Consiglio, del 23 giugno 2008, relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) da parte delle autorità designate degli Stati membri e di Europol ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di reati di terrorismo e altri reati gravi;
f)     dal regolamento (CE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione (regolamento IMI) Testo rilevante ai fini del SEE;
g)     dalle disposizioni di cui al capitolo IV della Convenzione n. 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, adottata a Strasburgo il 28 gennaio 1981 e resa esecutiva con legge 21 febbraio 1989, n. 98, quale autorità designata ai fini della cooperazione tra Stati ai sensi dell’articolo 13 della convenzione medesima.
3.     Per quanto non previsto dal Regolamento e dal presente codice, il Garante disciplina con proprio regolamento, ai sensi dell’articolo 156, comma 3, le modalità specifiche dei procedimenti relativi all’esercizio dei compiti e dei poteri ad esso attribuiti dal Regolamento e dal presente codice.
4.     Il Garante collabora con altre autorità amministrative indipendenti nazionali nello svolgimento dei rispettivi compiti.
5.     Fatti salvi i termini più brevi previsti per legge, il parere del Garante, anche nei casi di cui agli articoli 36, paragrafo 4, del Regolamento, è reso nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso il termine, l’amministrazione può procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere. Quando, per esigenze istruttorie, non può essere rispettato il termine di cui al presente comma, tale termine può essere interrotto per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni dal ricevimento degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.
6.     Copia dei provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria in relazione a quanto previsto dal presente codice o in materia di criminalità informatica è trasmessa, a cura della cancelleria, al Garante.
7.     Il Garante non è competente per il controllo dei trattamenti effettuati dalle autorità giudiziarie nell’esercizio delle loro funzioni.”;

d)     dopo l’articolo 154 sono aggiunti i seguenti:

“Art. 154-bis
(Poteri)

1. Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni, dalla Sezione II del Capo VI del Regolamento e dal presente codice, ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 6, del Regolamento medesimo, il Garante ha il potere di:
a)     adottare linee guida di indirizzo riguardanti le misure organizzative e tecniche di attuazione dei principi del Regolamento, anche per singoli settori e in applicazione dei principi di cui all’articolo 25 del Regolamento;
b)     approvare le regole deontologiche di cui all’articolo 2-quater .
2.    Il Garante può invitare rappresentanti di un’altra autorità amministrativa indipendente nazionale a partecipare alle proprie riunioni, o essere invitato alle riunioni di altra autorità amministrativa indipendente nazionale, prendendo parte alla discussione di argomenti di comune interesse; può richiedere, altresì, la collaborazione di personale specializzato addetto ad altra autorità amministrativa indipendente nazionale.
3.    Il Garante pubblica i propri provvedimenti sulla base di quanto previsto con atto di natura generale che disciplina anche la durata di tale pubblicazione, la pubblicità in Gazzetta Ufficiale e sul proprio sito internet istituzionale nonché i casi di oscuramento delle generalità degli interessati.

Articolo 154-ter
(Potere di agire e rappresentanza in giudizio)

1.     Il Garante è legittimato ad agire in giudizio nei confronti del titolare o del responsabile del trattamento in caso di violazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali.
2.     Il Garante è rappresentato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 1 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.
3.     Nei casi di conflitto di interesse, il Garante, sentito l’Avvocato generale dello Stato, può stare in giudizio tramite propri funzionari iscritti nell’elenco speciale degli avvocati dipendenti di enti pubblici ovvero avvocati del libero foro.”;

e)     all’articolo 155, la rubrica è sostituita dalla seguente: “(Ufficio del Garante)”;

f)     l’articolo 156 è sostituito dal seguente:

“Art. 156
(Ruolo organico e personale)

1.     All’Ufficio del Garante è preposto un segretario generale, nominato tra persone di elevata e comprovata qualificazione professionale rispetto al ruolo e agli obiettivi da conseguire, scelto anche tra i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati dello Stato, i professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche, nonché i dirigenti di prima fascia dello Stato.
2.     Il ruolo organico del personale dipendente è stabilito nel limite di centosessantadue unità. Al ruolo organico del Garante si accede esclusivamente mediante concorso pubblico. Nei casi in cui sia ritenuto utile al fine di garantire l’economicità e l’efficienza dell’azione amministrativa, nonché di favorire il reclutamento di personale con maggiore esperienza nell’ambito delle procedure concorsuali di cui al secondo periodo, il Garante può riservare una quota non superiore al cinquanta per cento dei posti banditi al personale di ruolo delle amministrazioni pubbliche che sia stato assunto per concorso pubblico e abbia maturato un’esperienza almeno triennale nel rispettivo ruolo organico. La disposizione di cui all’articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applica esclusivamente nell’ambito del personale di ruolo delle autorità amministrative indipendenti di cui all’articolo 22, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014,  n.114.  
3.     Con propri regolamenti pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il Garante definisce:
a)     l’organizzazione e il funzionamento dell’Ufficio anche ai fini dello svolgimento dei compiti e dei poteri di cui agli articoli 154, 154-bis, 160, nonché all’articolo 57, paragrafo 1, del Regolamento;
b)     l’ordinamento delle carriere e le modalità di reclutamento del personale secondo i principi e le procedure di cui agli articoli 1, 35 e 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001;  
c)     la ripartizione dell’organico tra le diverse aree e qualifiche;
d)     il trattamento giuridico ed economico del personale, secondo i criteri previsti dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, e, per gli incarichi dirigenziali, dagli articoli 19, comma 6, e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali e organizzative; al fine di adempiere ai nuovi e più onerosi compiti da svolgere anche in ambito internazionale previsti dal Regolamento, al personale è attribuito il trattamento economico del personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
e)     la gestione amministrativa e la contabilità, anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato.
4.     L’Ufficio può avvalersi, per motivate esigenze, di dipendenti dello Stato o di altre  amministrazioni pubbliche o di enti pubblici collocati in posizione di fuori ruolo o equiparati nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, ovvero in aspettativa ai sensi dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, in numero non superiore, complessivamente, a venti unità e per non oltre il venti per cento delle qualifiche dirigenziali, lasciando non coperto un corrispondente numero di posti di ruolo.
5. In aggiunta al personale di ruolo, l’Ufficio può assumere dipendenti con contratto a tempo determinato o avvalersi di consulenti incaricati ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in misura comunque non superiore a venti unità complessive. Resta in ogni caso fermo, per i contratti a tempo determinato, il rispetto dell’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
6.     Il personale addetto all’Ufficio del Garante ed i consulenti sono tenuti, sia durante che dopo il mandato, al segreto su ciò di cui sono venuti a conoscenza, nell’esercizio delle proprie funzioni, in ordine a notizie che devono rimanere segrete.
7.     Il personale dell’Ufficio del Garante addetto agli accertamenti di cui all’articolo 158 e agli articoli 57, paragrafo 1, lettera h), 58, paragrafo 1, lettera b), e 62, del Regolamento riveste, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le rispettive attribuzioni, la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
8.     Le spese di funzionamento del Garante, in adempimento all’articolo 52, paragrafo 4, del Regolamento, ivi comprese quelle necessarie ad assicurare la sua partecipazione alle procedure di cooperazione e al meccanismo di  coerenza introdotti dal Regolamento, nonché quelle connesse alle risorse umane, tecniche e finanziarie, ai locali e alle infrastrutture necessarie per l’effettivo adempimento dei suoi compiti e l’esercizio dei propri poteri, sono poste a carico di un fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposita missione e programma di spesa del Ministero dell’economia e delle finanze. Il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei conti. Il Garante può esigere dal titolare del trattamento il versamento di diritti di segreteria in relazione a particolari procedimenti.”;  

g)     l’articolo 157 è sostituito dal seguente:

“Art. 157
(Richiesta di informazioni e di esibizione di documenti)

1.     Nell’ambito dei poteri di cui all’articolo 58 del Regolamento, e per l’espletamento dei propri compiti, il Garante può richiedere al titolare, al responsabile, al rappresentante del titolare o del responsabile, all’interessato o anche a terzi di fornire informazioni e di esibire documenti anche con riferimento al contenuto di banche di dati.”;
h)     l’articolo 158 è sostituito dal seguente:

“Art. 158
(Accertamenti)

1.     Il Garante può disporre accessi a banche di dati, archivi o altre ispezioni e verifiche nei luoghi ove si svolge il trattamento o nei quali occorre effettuare rilevazioni comunque utili al controllo del rispetto della disciplina in materia di trattamento dei dati personali.
2.     I controlli di cui al comma 1, nonché quelli effettuati ai sensi dell’articolo 62 del Regolamento, sono eseguiti da personale dell’Ufficio, con la partecipazione, se del caso, di componenti o personale di autorità di controllo di altri Stati membri dell’Unione europea.
3.     Il Garante si avvale anche, ove necessario, della collaborazione di altri organi dello Stato per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali.
4.     Gli accertamenti di cui ai commi 1 e 2, se svolti in un’abitazione o in un altro luogo di privata dimora o nelle relative appartenenze, sono effettuati con l’assenso informato del titolare o del responsabile, oppure previa autorizzazione del presidente del tribunale competente per territorio in relazione al luogo dell’accertamento, il quale provvede con decreto motivato senza ritardo, al più tardi entro tre giorni dal ricevimento della richiesta del Garante quando è documentata l’indifferibilità dell’accertamento.
5.     Con le garanzie di cui al comma 4, gli accertamenti svolti nei luoghi di cui al medesimo comma possono altresì riguardare reti di comunicazione accessibili al pubblico, potendosi procedere all’acquisizione di dati e informazioni on line. A tal fine, viene redatto apposito verbale in contradditorio con le parti ove l’accertamento venga effettuato presso il titolare del trattamento.”;

i)     all’articolo 159:
1)     al comma 1, le parole “ai sensi dell'articolo 156, comma 8” sono sostituite dalle seguenti: “su ciò di cui sono venuti a conoscenza, nell’esercizio delle proprie funzioni, in ordine a notizie che devono rimanere segrete”;
2)     al comma 3, dopo le parole “o il responsabile” sono inserite le seguenti: “o il rappresentante del titolare o del responsabile” e le parole “agli incaricati” sono sostituite dalle seguenti: “alle persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile ai sensi dell’articolo 2-terdecies”;
3)     al comma 5, le parole “e telefax” sono soppresse;

l)     l’articolo 160 è sostituito dal seguente:

“Art. 160
(Particolari accertamenti)

1.     Per i trattamenti di dati personali di cui all’articolo 58, gli accertamenti sono effettuati per il tramite di un componente designato dal Garante.
2.     Se il trattamento non risulta conforme alle norme del Regolamento ovvero alle disposizioni di legge o di regolamento, il Garante indica al titolare o al responsabile le necessarie modificazioni ed integrazioni e ne verifica l’attuazione. Se l’accertamento è stato richiesto dall’interessato, a quest’ultimo è fornito in ogni caso un riscontro circa il relativo esito, se ciò non pregiudica azioni od operazioni a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione di reati o ricorrono motivi di difesa o di sicurezza dello Stato.
3.     Gli accertamenti non sono delegabili. Quando risulta necessario in ragione della specificità della verifica, il componente designato può farsi assistere da personale specializzato tenuto al segreto su ciò di cui sono venuti a conoscenza in ordine a notizie che devono rimanere segrete. Gli atti e i documenti acquisiti sono custoditi secondo modalità tali da assicurarne la segretezza e sono conoscibili dal presidente e dai componenti del Garante e, se necessario per lo svolgimento delle funzioni dell’organo, da un numero delimitato di addetti all’Ufficio individuati dal Garante sulla base di criteri definiti dal regolamento di cui all’articolo 156, comma 3, lettera a).
4.     Per gli accertamenti di cui al comma 3 relativi agli organismi di informazione e di sicurezza e ai dati coperti da segreto di Stato il componente designato prende visione degli atti e dei documenti rilevanti e riferisce oralmente nelle riunioni del Garante.
5.     La validità, l’efficacia e l’utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti nel procedimento giudiziario basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizioni di legge o di regolamento restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale.”.

ART. 15
(Modifiche alla Parte III, Titolo III, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1. Alla Parte III, Titolo III, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)     l’articolo 166 è sostituito dal seguente:

“Art. 166
(Criteri di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e procedimento per l’adozione dei provvedimenti correttivi e sanzionatori)

1.     Sono soggette alla sanzione amministrativa di cui all’articolo 83, paragrafo 4, del Regolamento le violazioni delle disposizioni di cui agli articoli 2-quinquies, comma 2, 2-quaterdecies, 92, comma 1, 93, comma 1, 123, comma 4, 124, 128, 129, comma 2, e 132-ter.
2.     Sono soggette alla sanzione amministrativa di cui all’articolo 83, paragrafo 5, del Regolamento le violazioni delle disposizioni di cui agli articoli 2-ter, 2-quinquies, comma 1, 2-sexies, 2-septies, comma 7, 2-octies, 2-duodecies, commi 1, 2, 3 e 4, 52, commi 1, 4 e 5, 75, 78, 79, 80, 82, 92, comma 2, 93, commi 2 e 3, 96, 99, 100, commi 1, 2 e 4, 101, 105 commi 1, 2 e 4,  110, comma 2, 111, 111-bis,  116, comma 1, 120, comma 2,  122, 123, commi 1, 2, 3 e 5, 124, 125, 126, 130, commi da 1 a 5, 131, 132, 132-bis, comma 2,  132-quater, 152, nonché delle misure di garanzia, delle regole deontologiche e delle modalità tecniche di cui rispettivamente agli articoli 2-septies e 2-quater.
3.     Sono altresì soggette alla sanzione amministrativa di cui al comma 2 le violazioni di cui all’articolo 1, commi 9 e 10, della legge 11 gennaio 2018, n. 5.
4. Il Garante è    l’organo competente ad adottare i provvedimenti correttivi di cui all’articolo 58, paragrafo 2, del Regolamento, nonché ad irrogare le sanzioni di cui all’articolo 83 del medesimo Regolamento e di cui ai commi 1, 2 e 3.
5.     Il procedimento per l’adozione dei provvedimenti e delle sanzioni indicati al comma 4 può essere avviato, nei confronti sia di soggetti privati, sia di autorità pubbliche ed organismi pubblici, a seguito di reclamo ai sensi dell’articolo 77 del Regolamento o di attività istruttoria d’iniziativa del Garante, nell’ambito dell’esercizio dei poteri d’indagine di cui all’articolo 58, paragrafo 1, del Regolamento, nonché in relazione ad accessi, ispezioni e verifiche svolte in base a poteri di accertamento autonomi, ovvero delegati dal Garante.
6.     L’Ufficio del Garante, quando ritiene che gli elementi acquisiti nel corso delle attività di cui al comma 5 configurino una o più violazioni indicate nel presente titolo e nell’articolo 83, paragrafi 4, 5 e 6, del Regolamento, avvia il procedimento per l’adozione dei provvedimenti e delle sanzioni di cui al comma 4, comunicando al titolare o al responsabile del trattamento le presunte violazioni.
7.     Entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 6, il contravventore può inviare al Garante scritti difensivi o documenti e può chiedere di essere sentito dalla medesima autorità.
8.     Nell’adozione dei provvedimenti sanzionatori nei casi di cui al comma 4 si osservano, in quanto applicabili, gli articoli da 1 a 9, da 18 a 22 e da 24 a 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689; nei medesimi casi può essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell'ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, sul sito internet del Garante.  I proventi delle sanzioni, nella misura del cinquanta per cento del totale annuo, sono riassegnati al fondo di cui all’articolo 156, comma 8.
9.     Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido possono definire la controversia adeguandosi alle prescrizioni del Garante e mediante il pagamento di un importo pari alla metà della sanzione irrogata.
10.     Nel rispetto dell’articolo 58, paragrafo 4, del Regolamento, con proprio regolamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il Garante definisce le modalità del procedimento per l’adozione dei provvedimenti e delle sanzioni di cui al comma 4 ed i relativi termini.”;

b)     l’articolo 167 è sostituito dal seguente:

“Art. 167
(Trattamento illecito di dati)

1.    Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto, operando in violazione di quanto disposto dagli articoli 123, 126 e 130 o dal provvedimento di cui all'articolo 129 arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi.
2.    Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2-sexies e 2-octies, o delle misure di garanzia ad esso relative ovvero operando in violazione delle misure adottate ai sensi dell’articolo 2-quaterdecies arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
3.    Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la pena di cui al comma 2 si applica altresì a chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto, procedendo al trasferimento dei dati personali verso un paese terzo o un’organizzazione internazionale al di fuori dei casi consentiti ai sensi degli articoli 45, 46 o 49 del Regolamento, arreca nocumento all’interessato.
4.    Il Pubblico Ministero, quando ha notizia dei reati di cui ai commi 1, 2 e 3, ne informa senza ritardo il Garante.
5.    Il Garante trasmette al pubblico ministero, con una relazione motivata, la documentazione raccolta nello svolgimento dell’attività di accertamento nel caso in cui emergano elementi che facciano presumere la esistenza di un reato. La trasmissione degli atti al pubblico ministero avviene al più tardi al termine dell’attività di accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui al presente decreto.
6.    Quando per lo stesso fatto è stata applicata a norma del presente codice o del Regolamento a carico dell’imputato o dell’ente una sanzione amministrativa pecuniaria dal Garante e questa è stata riscossa, la pena è diminuita.”;

c)     dopo l’articolo 167, sono inseriti i seguenti:

“Art. 167-bis
(Comunicazione e diffusione illecita di dati personali riferibili a un rilevante numero di persone)

1.    Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il titolare o il responsabile del trattamento o la persona designata a norma dell’articolo 2-terdecies che comunica o diffonde, al fine di trarre profitto per sé o altri, dati personali riferibili ad un rilevante numero di persone, in violazione degli articoli 2-ter, 2-sexies e 2-octies, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
2.    Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il titolare o il responsabile del trattamento o la persona designata a norma dell’articolo 2-terdecies che, al fine trarne profitto per sé o altri, comunica o diffonde senza consenso dati personali riferibili a un rilevante numero di persone, è punito con la reclusione da uno a sei anni, quando il consenso dell’interessato è richiesto per le operazioni di comunicazione e di diffusione.
3.    Per i reati di cui ai commi 1 e 2, si applicano i commi 4, 5 e 6 dell’articolo 167.

Art. 167-ter
   (Acquisizione fraudolenta di dati personali)

1.    Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine trarne profitto per sé o altri, acquisisce con mezzi fraudolenti dati personali riferibili a un numero rilevante di persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni.  
2.    Per il reato di cui al comma 1 si applicano i commi 4, 5 e 6 dell’articolo 167.”;
d)     l’articolo 168 è sostituito dal seguente:

“Art. 168
(Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante)

1.    Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento o nel corso di accertamenti dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
2.    Fuori dei casi di cui al comma 1, è punito con la reclusione sino ad un anno chiunque intenzionalmente cagiona un’interruzione o turba la regolarità di un procedimento dinanzi al Garante o degli accertamenti dallo stesso svolti.”;
e)     l’articolo 171 è sostituito dal seguente:

“Art. 171
(Violazioni delle disposizioni in materia di controlli a distanza e indagini sulle opinioni dei lavoratori)

1. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, commi 1 e 2, e 8 della legge 20 maggio 1970, n. 300, è punita con le sanzioni di cui all'articolo 38 della medesima legge.”;

f)     all’articolo 172, comma 1, dopo le parole “pubblicazione della sentenza” sono aggiunte le seguenti: “, ai sensi dell’articolo 36, secondo e terzo comma, del codice penale”.

ART. 16
(Modifiche all’allegato A del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196)

  1.  L’allegato A è ridenominato: “Regole deontologiche”.


CAPO V
Disposizioni processuali

ART. 17
(Modifiche al decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150)

  1. L’articolo 10 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150, è sostituito dal seguente:

“Art. 10
(Delle controversie in materia di applicazione delle disposizioni in materia di
protezione dei dati personali)

1.     Le controversie previste dall’articolo 152 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sono regolate dal rito del lavoro, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
2.     Sono competenti, in via alternativa, il tribunale del luogo in cui il titolare del trattamento risiede o ha sede ovvero il tribunale del luogo di residenza dell’interessato.
3.     Il ricorso avverso i provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali, ivi compresi quelli emessi a seguito di un reclamo dell’interessato, è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.
4.     Decorso il termine previsto per la decisione del reclamo dall’articolo 143, comma 3, del decreto legislativo n. 196 del 2003, chi vi ha interesse può, entro trenta giorni dalla scadenza del predetto termine, ricorrere al Tribunale competente ai sensi del presente articolo. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche qualora sia scaduto il termine trimestrale di cui all’articolo 143, comma 3, del decreto legislativo n. 196 del 2003 senza che l’interessato sia stato informato dello stato del procedimento.
5.     L’interessato può dare mandato a un ente del terzo settore soggetto alla disciplina del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, che sia attivo nel settore della tutela dei diritti e delle libertà degli interessati con riguardo alla protezione dei dati personali, di esercitare per suo conto l’azione, ferme le disposizioni in materia di patrocinio previste dal codice di procedura civile.
6.     Il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti con decreto con il quale assegna al ricorrente il termine perentorio entro cui notificarlo alle altre parti e al Garante. Tra il giorno della notificazione e l'udienza di comparizione intercorrono non meno di trenta giorni.
7.     L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.
8.     Se alla prima udienza il ricorrente non compare senza addurre alcun legittimo impedimento, il giudice dispone la cancellazione della causa dal ruolo e dichiara l'estinzione del processo, ponendo a carico del ricorrente le spese di giudizio.
9.     Nei casi in cui non sia parte in giudizio, il Garante può presentare osservazioni, da rendere per iscritto o in udienza, sulla controversia in corso con riferimento ai profili relativi alla protezione dei dati personali.  Il giudice dispone che sia data comunicazione al Garante circa la pendenza della controversia, trasmettendo copia degli atti introduttivi, al fine di consentire l’eventuale presentazione delle osservazioni.
10. La sentenza che definisce il giudizio non è appellabile e può prescrivere le misure necessarie anche in deroga al divieto di cui all'articolo 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E), anche in relazione all'eventuale atto del soggetto pubblico titolare o responsabile dei dati, nonché il risarcimento del danno.”.

Capo VI
Disposizioni transitorie, finali e finanziarie

ART. 18
(Definizione agevolata delle violazioni in materia di protezione dei dati personali)

  1. In deroga all’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, per i procedimenti sanzionatori riguardanti le violazioni di cui agli articoli 161, 162, 162-bis, 162-ter, 163, 164, 164-bis, comma 2, del Codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e le violazioni delle misure di cui all’articolo 33 e  162, comma 2-bis, del medesimo Codice, che, alla data del 31 dicembre 2017, risultino non ancora definiti con l’adozione dell’ordinanza-ingiunzione, è ammesso il pagamento in misura ridotta di un somma pari a due quinti del minimo edittale. Fatti salvi i restanti atti del procedimento eventualmente già adottati, il pagamento potrà essere effettuato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
  2. Decorsi i termini previsti dal comma 1, l’atto con il quale sono stati notificati gli estremi della violazione o l’atto di contestazione immediata di cui all’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, assumono il valore dell’ordinanza-ingiunzione di cui all’articolo 18 della predetta legge, senza obbligo di ulteriore notificazione, sempre che il contravventore non produca memorie difensive ai sensi del comma 4.
  3. Nei casi di cui al comma 2, il contravventore è tenuto a corrispondere gli importi indicati negli atti di cui al primo periodo del predetto comma entro sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma 1.
  4. Entro il termine di cui al comma 3, il contravventore che non abbia provveduto al pagamento può produrre nuove memorie difensive. Il Garante, esaminate tali memorie, dispone l’archiviazione degli atti comunicandola all'organo che ha redatto il rapporto o, in alternativa, adotta specifica ordinanza-ingiunzione con la quale determina la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente.
  5. L’entrata in vigore del presente decreto determina l’interruzione del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute a norma del presente articolo, di cui all’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689.


ART. 19
(Trattazione di affari pregressi)

  1. Entro il termine di sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cui al comma 3, i soggetti che dichiarano il loro attuale interesse possono presentare al Garante per la protezione dei dati personali motivata richiesta di trattazione dei reclami, delle segnalazioni e delle richieste di verifica preliminare pervenuti entro la predetta data.
  2. La richiesta di cui al comma 1 non riguarda i reclami e le segnalazioni di cui si è già esaurito l'esame o di cui il Garante per la protezione dei dati personali ha già esaminato nel corso del 2018 un motivato sollecito o una richiesta di trattazione, o per i quali il Garante medesimo è a conoscenza, anche a seguito di propria denuncia, che sui fatti oggetto di istanza è in corso un procedimento penale.
  3. Entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Garante per la protezione dei dati personali provvede a dare notizia di quanto previsto dai commi 1 e 2 mediante avviso pubblicato nel proprio sito istituzionale e trasmesso, altresì, all'Ufficio pubblicazioni leggi e decreti del Ministero della giustizia per la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
  4. In caso di mancata presentazione di una richiesta di trattazione ai sensi del comma 1, e salvo quanto previsto dal comma 2, i relativi procedimenti di cui al comma 1 sono improcedibili.
  5. I ricorsi pervenuti al Garante per la protezione dei dati personali e non definiti, neppure nelle forme del rigetto tacito, alla data di entrata in vigore del regolamento (UE) 2016/679 sono trattati come reclami ai sensi dell’articolo 77 del medesimo regolamento.

ART. 20
(Codici di deontologia e di buona condotta vigenti alla data di entrata in vigoredel presente decreto)

  1. Le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui agli allegati A.5 e A.7 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, continuano a produrre effetti, sino alla definizione della procedura di approvazione cui alla lettera b), a condizione che si verifichino congiuntamente le seguenti condizioni:
    a)    entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le associazioni e gli altri organismi rappresentanti le categorie interessate sottopongano all’approvazione del Garante per la protezione dei dati personali, a norma dell’articolo 40 del regolamento (UE) 2016/679, i codici di condotta elaborati a norma del paragrafo 2 del predetto articolo;
    b)    la procedura di approvazione si concluda entro sei mesi dalla sottoposizione del codice di condotta all’esame del Garante per la protezione dei dati personali.
  2. Il mancato rispetto di uno dei termini di cui al comma 1, lettere a) e b) comporta la cessazione di efficacia delle disposizioni del codice di deontologia di cui al primo periodo a decorrere dalla scadenza del termine violato. 
  3. Le disposizioni contenute nei codici riportati negli allegati A.1, A.2, A.3, A.4 e A.6 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, continuano a produrre effetti fino alla pubblicazione delle disposizioni ai sensi del comma 4.
  4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Garante per la protezione dei dati personali verifica la conformità al regolamento (UE) 2016/679 delle disposizioni di cui al comma 3. Le disposizioni ritenute compatibili, ridenominate regole deontologiche, sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, con decreto del Ministro della giustizia, sono successivamente riportate nell'allegato A del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.
  5. Il Garante per la protezione dei dati personali promuove la revisione delle disposizioni dei codici di cui al comma 3 con le modalità di cui all’articolo 2-quater del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.


ART. 21
(Autorizzazioni generali del Garante per la protezione dei dati personali)

  1. Il Garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento di carattere generale da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individua le prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali già adottate, relative alle situazioni di trattamento di cui agli articoli 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), 9, paragrafo 4, nonché al capo IX del regolamento (UE) 2016/679, che risultano compatibili con le disposizioni del medesimo regolamento e del presente decreto e, ove occorra, provvede al loro aggiornamento. Il provvedimento di cui al presente comma è adottato all’esito di procedimento di consultazione pubblica. 
  2. Le autorizzazioni generali sottoposte a verifica a norma del comma 1 che siano state ritenute incompatibili con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 richiamate al medesimo comma, ovvero in relazione alle quali non sia stato adottato il provvedimento di cui allo stesso comma, cessano di produrre effetti il novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto.
  3. Le autorizzazioni generali del Garante per la protezione dei dati personali adottate prima della data di entrata in vigore del presente decreto e relative a situazioni di trattamento diverse da quelle indicate al comma 1 cessano di produrre effetti alla predetta data.
  4. Sino all’adozione delle regole deontologiche e delle misure di garanzia di cui agli articoli 2-quater e 2-septies del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, producono effetti, in quanto compatibili e per la corrispondente categoria di trattamenti, le autorizzazioni generali di cui al comma 1.
  5. Le violazioni delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa di cui all’articolo 83, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2016/679.


ART. 22
(Altre disposizioni transitorie e finali)

  1. Il presente decreto e le disposizioni dell’ordinamento nazionale si interpretano e si applicano alla luce della disciplina dell’Unione europea in materia di protezione dei dati personali e assicurano la libera circolazione dei dati personali tra Stati membri ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2016/679.  
  2. A decorrere dal 25 maggio 2018 le espressioni “dati sensibili” e “dati giudiziari” utilizzate ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, ovunque ricorrano, si intendono riferite, rispettivamente, alle categorie particolari di dati di cui all’articolo 9 del regolamento (UE) 2016/679 e ai dati di cui all’articolo 10 del medesimo regolamento.
  3. Sino all’adozione dei corrispondenti provvedimenti generali di cui all’articolo 2-quaterdecies del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003 , i trattamenti di cui al medesimo articolo, già in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono proseguire qualora avvengano in base a espresse disposizioni di legge o regolamento o atti amministrativi generali, ovvero nel caso in cui siano stati sottoposti a verifica preliminare o autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali, che abbiano individuato misure e accorgimenti adeguati a garanzia dell’interessato.
  4. A decorrere dal 25 maggio 2018, i provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali continuano ad applicarsi, in quanto compatibili con il suddetto regolamento e con le disposizioni del presente decreto.
  5. A decorrere dal 25 maggio 2018, le disposizioni di cui ai commi 1022 e 1023 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 si applicano esclusivamente ai trattamenti di dati relativi al minore raccolti on line, nei limiti e con le modalità di cui all’articolo 36 del regolamento (UE) 2016/679.
  6. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i rinvii alle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, abrogate dal presente decreto, contenuti in norme di legge e di regolamento, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 e a quelle introdotte o modificate dal presente decreto, in quanto compatibili.
  7. All’articolo 1, comma 233, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, dopo le parole “le modalità di restituzione” sono inserite le seguenti: “in forma aggregata”.
  8. Il registro dei trattamenti di cui all’articolo 37, comma 4, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, cessa di essere alimentato a far data dal 25 maggio 2018. Da tale data e fino al 31 dicembre 2019, il registro resta accessibile a chiunque secondo le modalità stabilite nel suddetto articolo 37, comma 4, del decreto legislativo n. 196 del 2003.
  9. Le disposizioni di legge o di regolamento che individuano il tipo di dati trattabili e le operazioni eseguibili al fine di autorizzare i trattamenti delle pubbliche amministrazioni per motivi di interesse pubblico rilevante trovano applicazione anche per i soggetti privati che trattano i dati per i medesimi motivi.
  10. In considerazione delle esigenze di semplificazione delle micro, piccole e medie imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE, il Garante per la protezione dei dati personali, nel rispetto delle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 e del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003 promuove, nelle linee guida adottate a norma dell’articolo 154-bis del medesimo codice, modalità semplificate di adempimento degli obblighi del titolare del trattamento.
  11. La disposizione di cui all’articolo 160, comma 4, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, limitatamente alla parte in cui ha riguardo ai dati coperti da segreto di Stato, si applica fino alla data di entrata in vigore della disciplina relativa alle modalità di opposizione al Garante per la protezione dei dati personali del segreto di Stato.
  12. Le disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, relative al trattamento di dati genetici, biometrici o relativi alla salute continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili con il regolamento (UE) 2016/679, sino all’adozione delle corrispondenti misure di garanzia di cui all’articolo 2-septies del citato codice, introdotto dall’articolo 2, comma 1, lett. e) del presente decreto.
  13. Sino alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro della giustizia di cui all’articolo 2-octies, commi 2 e 6, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, da adottarsi entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il trattamento dei dati di cui all’articolo 10 del regolamento (UE) 2016/679 è consentito quando è effettuato in attuazione di protocolli di intesa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata stipulati con il Ministero dell'interno o con le Prefetture - UTG, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, che specificano la tipologia dei dati trattati e delle operazioni eseguibili.



ART. 23
(Disposizioni di coordinamento)

  1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto:

a)    all’articolo 37, comma 2, alinea, del decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 11 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, il riferimento all’articolo 154 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, si intende effettuato agli articoli 154 e 154-bis del medesimo codice;
b)    all’articolo 39, comma 1,del decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 11 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, il riferimento agli articoli 142 e 143 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003 si intende effettuato agli articoli 141, 142 e 143 del medesimo codice;
c)    all’articolo 42 del decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 11 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, il riferimento all’articolo 165 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, si intende effettuato all’articolo 166, comma 8, del medesimo codice;
d)    all’articolo 45 del decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 11 della legge 25 ottobre 2017, n. 163, il riferimento all’articolo 143, comma 1, lettera c), del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, si intende effettuato all’articolo 58, paragrafo 2, lettera f), del regolamento (UE) 2016/679.
 

ART. 24
(Applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni anteriormente commesse)

  1. Le disposizioni del presente decreto che, mediante abrogazione, sostituiscono sanzioni penali con le sanzioni amministrative previste dal regolamento (UE) 2016/679 si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili.
  2. Se i procedimenti penali per i reati depenalizzati dal presente decreto sono stati definiti, prima della sua entrata in vigore, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza o il decreto, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. Il giudice dell'esecuzione provvede con l'osservanza delle disposizioni dell'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.
  3. Ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto non può essere applicata una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo superiore al massimo della pena originariamente prevista o inflitta per il reato, tenuto conto del criterio di ragguaglio di cui all'articolo 135 del codice penale. A tali fatti non si applicano le sanzioni amministrative accessorie introdotte dal presente decreto, salvo che le stesse sostituiscano corrispondenti pene accessorie.


ART. 25
(Trasmissione degli atti all'autorità amministrativa)

  1. Nei casi previsti dall'articolo 24, comma 1, l'autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, dispone la trasmissione all'autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.
  2. Se l'azione penale non è stata ancora esercitata, la trasmissione degli atti è disposta direttamente dal pubblico ministero che, in caso di procedimento già iscritto, annota la trasmissione nel registro delle notizie di reato. Se il reato risulta estinto per qualsiasi causa, il pubblico ministero richiede l'archiviazione a norma del codice di procedura penale; la richiesta ed il decreto del giudice che la accoglie possono avere ad oggetto anche elenchi cumulativi di procedimenti.
  3. Se l'azione penale è stata esercitata, il giudice pronuncia, ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale, sentenza inappellabile perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti a norma del comma 1. Quando è stata pronunciata sentenza di condanna, il giudice dell'impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.
  4. L'autorità amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all'estero entro il termine di trecentosettanta giorni dalla ricezione degli atti.
  5. Entro sessanta giorni dalla notificazione degli estremi della violazione l'interessato è ammesso al pagamento in misura ridotta, pari alla metà della sanzione irrogata, oltre alle spese del procedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
  6. Il pagamento determina l'estinzione del procedimento.


ART. 26
(Disposizioni finanziarie)

  1. Agli oneri derivanti dall’ articolo 14, comma 1, lettera f), capoverso “Art. 156 Ruolo organico e personale”, comma 3, lettera d) e dell’articolo 18, pari a euro 1.853.397 per il 2018, a euro 3.777.251 per il 2019, a euro 3.840.796 per il 2020, a euro  3.905.612 per il 2021, a euro 3.371.724 per il 2022, a euro 3.439.159 per il 2023, a euro 3.507.942 per il 2024, a euro 3.578.101  per il 2025, a euro 3.649.663 per il 2026, a euro 3.722.656  per il 2027 e a euro 3.797.109 annui a decorrere dal 2028, si provvede:
    a)quanto a euro 1.853.397 per l’anno 2018 e ad euro 600.000 per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1025, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
    b)quanto a euro 3.177.251 per il 2019, a euro 3.240.796 per il 2020, a euro 3.305.612 per il 2021, a euro 3.371.724 per il 2022, a euro 3.439.159 per il 2023, a euro 3.507.942 per il 2024, a euro 3.578.101  per il 2025, a euro 3.649.663 per il 2026, a euro 3.722.656  per il 2027 e a euro 3.797.109 annui a decorrere dal 2028, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 1162, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
  2. Dall’attuazione del presente decreto, ad esclusione dell’ articolo 14, comma 1, lettera f), capoverso “Art. 156 Ruolo organico e personale”, comma 3, lettera d) e dell’articolo 18, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.



ART. 27
(Abrogazioni)

  1. Sono abrogati i Titoli, Capi, Sezioni, articoli e allegati del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, di seguito elencati:

a) alla Parte I:

1) gli articoli 3, 4, 5 e 6;

2) il Titolo II, il Titolo III, il Titolo IV, il Titolo V, il Titolo VI e il Titolo VII;

b) alla Parte II:

1) il Capo I del Titolo I;

2) i Capi III, IV e V del Titolo IV;

3) gli articoli 76, 81, 83 e 84;

4) il Capo III del Titolo V;

5) gli articoli 87, 88 e 89;

6) il Capo V del Titolo V;

7) gli articoli 91, 94, 95, 98, 112,117, 118 e 119;

8) i Capi II e III del Titolo X, il Titolo XI e il Titolo XIII;

c) alla Parte III:

1) la Sezione III del Capo I del Titolo I;

2) gli articoli 161, 162, 162-bis, 162-ter, 163, 164, 164-bis,165 e 169;

3) gli articoli 173, 174, 175, commi 1 e 2, 176, 177, 178 e 179;

4) il Capo II del Titolo IV;

5) gli articoli 184 e 185;

d) gli allegati B e C.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
 

 

Relazione illustrativa


Il presente schema di decreto legislativo è finalizzato ad adeguare il quadro normativo nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE.
In relazione all’elaborazione di questo testo è stata istituita una commissione di studio con decreto del Ministro del 14 dicembre 2017, che ha potuto incominciare i lavori il 4 gennaio 2018. Com’è noto, il regolamento europeo è direttamente applicabile dal 25 maggio 2018. L’adeguamento dell’ordinamento italiano deve essere coerente temporalmente con tale data e dunque la commissione ha potuto operare in un tempo limitato.
La legge di delegazione europea n. 163 del 2017 stabilisce, all’art. 13 comma 3, i seguenti criteri:
“a) abrogare espressamente le disposizioni del codice in materia di trattamento dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, incompatibili con le disposizioni contenute nel regolamento (UE) 2016/679;
b) modificare il codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, limitatamente a quanto necessario per dare attuazione alle disposizioni non direttamente applicabili contenute nel regolamento (UE) 2016/679;
c) coordinare le disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali con le disposizioni recate dal regolamento (UE) 2016/679;
d) prevedere, ove opportuno, il ricorso a specifici provvedimenti attuativi e integrativi adottati dal Garante per la protezione dei dati personali nell’ambito e per le finalità previsti dal regolamento (UE) 2016/679;
e) adeguare, nell’ambito delle modifiche al codice di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, il sistema sanzionatorio penale e amministrativo vigente alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 con previsione di sanzioni penali e amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità della violazione delle disposizioni stesse”.
Oltre a ciò, fra i principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 23, sono indicati quelli del “riassetto e (del)la semplificazione normativi con l’indicazione esplicita delle norme abrogate”.
Dal combinato disposto delle previsioni del legislatore delegante, dunque, in relazione alla finalità della specifica delega, si desume che sono rimesse al legislatore delegato: innanzitutto la potestà di verificare se e quali disposizioni vigenti e, segnatamente, quelle recate attualmente dal codice in materia di protezione dei dati personali, debbano essere espressamente abrogate per incompatibilità con il regolamento; poi, la potestà di verificare se e quali disposizioni di detto codice siano da modificare ma “limitatamente a quanto necessario per dare attuazione alle disposizioni non direttamente applicabili contenute” nello stesso regolamento, ed infine la scelta dello strumento tecnico-normativo più lineare ed efficace per realizzare detti risultati.
In primo luogo, tali “principi e criteri direttivi specifici” della delega neppure latamente individuano norme in vigore che debbano sopravvivere tali e quali: in via di estrema ipotesi, infatti, poteva darsi il caso che, a seguito della prima verifica affidata al legislatore delegato, tutte le disposizioni del codice sulla privacy risultassero da abrogare per essere incompatibili con il regolamento dell’Unione europea. In secondo luogo, l’attribuzione specifica al legislatore delegato del potere anche di coordinamento di tutte le disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali, ivi comprese perciò quelle extra-codicistiche, con le previsioni regolamentari rivela come la delega consenta di intervenire nel modo tecnicamente più appropriato al raggiungimento del fine principale della stessa delega, che resta quello di adeguare l’intero quadro normativo interno al regolamento 2016/679.
Ebbene, a seguito delle verifiche compiute è risultato che la massima parte delle disposizioni del codice è da abrogare espressamente per essere risultate incompatibili con quelle recate dal regolamento; norme che, a loro volta, sono per la maggior parte direttamente applicabili e costituiranno per il futuro il regime primario interno circa la protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché circa la libera circolazione degli stessi dati. Altra e minore parte delle previsioni codicistiche nazionali è stata modificata in modo rilevante, in relazione a disposizioni del regolamento unionale non direttamente applicabili, e che segnatamente lasciavano spazi all’intervento degli Stati membri, in particolare tramite il legislatore nazionale.
Nonostante questi risultati delle cennate verifiche, e le indubbie difficoltà di natura squisitamente tecnico-redazionale, si è deciso di operare essenzialmente all’interno del Codice vigente, in chiave, quindi, di sua novellazione. Pur dovendosi ribadire che quest’ultimo testo normativo, come profondamente innovato, ha senz’altro perso la sua centralità.
Passando dall’illustrazione della tecnica normativa al merito delle scelte effettuate, si è ritenuto, perseguendo l’obiettivo della chiarezza e della semplificazione, di evitare di duplicare alcune disposizioni, molto simili ma non coincidenti, presenti e nel regolamento e nel codice, operando così una scelta chiara.
Conseguentemente dovevano essere abrogate le corrispondenti disposizioni del codice ove la materia fosse già disciplinata da disposizioni del regolamento europeo.
Ancora, disposizioni apparentemente non dissimili, rispettivamente, della normativa italiana vigente e del regolamento europeo, risultano calate in contesti completamente diversi.
Infatti, codice e regolamento sono informati a due filosofie diverse. Il Regolamento, come è noto, è basato sulla cosiddetta accountability, termine tradotto in italiano con “responsabilizzazione”. Questa consiste nell’obbligo per il titolare del trattamento di adottare misure appropriate ed efficaci per attuare i principi di protezione dei dati, nonché nella necessità di dimostrare, su richiesta, che sono state adottate misure appropriate ed efficaci.
Dunque il regolamento non effettua la scelta in molti casi specifici, ma la rimette al titolare del trattamento che è chiamato ad effettuare una valutazione, ad assumere una decisione e a provare di avere adottato misure proporzionate ed efficaci.
Infine, si è voluto dare un segnale del cambiamento intervenuto: del passaggio dalla direttiva 95/46/CE al regolamento (UE) 679/2016. Dopo oltre 20 anni, la disciplina della protezione dei dati personali è stata oggetto di una riformulazione non formale ma sostanziale, essendo cambiato l’approccio stesso alla materia che oggi è dominata dal principio dell’accountability.
Si illustrano di seguito le scelte più importanti che sono state effettuate, rinviando poi all’illustrazione articolo per articolo delle singole disposizioni.
Si è scelto di garantire la continuità facendo salvi per un periodo transitorio i provvedimenti del Garante e le autorizzazioni, che saranno oggetto di successivo riesame, nonché i Codici deontologici vigenti. Essi restano fermi nell’attuale configurazione nelle materie di competenza degli Stati membri, mentre possono essere riassunti e modificati su iniziativa delle categorie interessate quali codici di settore.
Si sono rafforzati il meccanismo delle consultazioni pubbliche e il coinvolgimento delle categorie interessate in molteplici casi.
In materia penale, si è ritenuto di non potere mantenere il reato di cui all’art. 169 del previgente Codice, “Misure di sicurezza”, non essendo più previste le misure minime di sicurezza.
A fronte di elevatissime sanzioni amministrative dettate dal regolamento, si è ritenuto di non potere mantenere alcune delle sanzioni penali le quali si sarebbero sovrapposte a quelle amministrative violando così il principio del “ne bis in idem” (sul punto v. anche infra).
In considerazione delle esigenze di semplificazione delle micro, piccole e medie imprese, si è previsto che il Garante promuova modalità semplificate di adempimento degli obblighi del titolare del trattamento.
Le disposizioni concernenti le comunicazioni elettroniche non sono state modificate, in attesa dell’emanando regolamento europeo in materia di e-privacy.
Molte disposizioni del previgente codice non sono state espressamente richiamate, perché assorbite dalle norme del regolamento europeo. Fra queste, a mero titolo esemplificativo, quelle che consentono di trattare i dati senza consenso per la finalità dell’esercizio del diritto di difesa. Il trattamento di questi dati, così come il trattamento dei dati provenienti da registri pubblici, o la comunicazione dei dati infragruppo, rientra certamente nei presupposti di legittimità del trattamento previsti dall’articolo 6 del regolamento e in particolare nell’esercizio del “legittimo interesse” cui il regolamento accorda ampio spazio.
Per quanto riguarda il quadro sanzionatorio, nella sistematica delle sanzioni penali rinvenibili nel codice in materia di protezione dei dati personali, come si è già accennato, si è ritenuto opportuno proporre l’opzione volta a depenalizzare la fattispecie di cui all’art. 169 del Codice (Misure di sicurezza)
Quanto all’articolo 167, invece, occorre osservare che tale fattispecie, nell’esperienza giurisprudenziale formatasi, ha dimostrato una limitata operatività ed una scarsa aderenza a ipotesi di trattamento illecito realmente significative. Pertanto, come si vedrà meglio in seguito, in luogo di tale fattispecie ne è stata introdotta altra, ben differente, ed alla quale se ne aggiunta una ulteriore, completamente nuova (sub art. 167 bis del Codice, sulla quale v. meglio infra).
Riguardo all’articolo 169, poi, sono le radicali modifiche apportate alle “misure minime” di cui all’articolo 33 che impongono di dequotare la corrispondente fattispecie sanzionatoria, applicando le sanzioni amministrative nei casi previsti dal Regolamento.
In merito, quindi, è necessario prevedere una norma transitoria, declinata sul modello già utilizzato in altri esperimenti di depenalizzazione, che comprenda la c.d. “clausola di salvaguardia” la quale limiti la retroattività della sanzione amministrativa pecuniaria ad un ammontare corrispondente al massimo della pena precedentemente prevista, commutato secondo il criterio di ragguaglio stabilito dall’art. 135 del codice penale.
Rispetto alla fattispecie di cui all’articolo 168 (Falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante), pare opportuno conservare l’opzione punitiva giacché tale fattispecie sanziona condotte caratterizzate da apprezzabile meritevolezza di pena e/o contrassegnate da significativo disvalore. Tale previsione, del resto, è esclusa dall’ambito di applicazione delle sanzioni amministrative, non ponendo problemi in punto di ne bis in idem. Nel dettaglio, occorre però eliminare il riferimento alle “notificazioni” data la necessità di adeguare la normativa nazionale alla nuova disciplina del Regolamento.
Al pari, si ritiene di mantenere, pure, l’illecito di cui all’articolo 171 (Altre fattispecie) quale presidio posto a tutela di beni di particolare rilevanza assiologica.
In riferimento al reato previsto ex articolo 170 (Inosservanza di provvedimenti del Garante), appare preferibile rivedere la condotta penalmente rilevante e sanzionare il comportamento di chi “cagiona una interruzione o turba la regolarità dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”.
Al riguardo, è necessario qualificare in termini maggiormente selettivi la condotta di “interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”, inserendo una nota di qualificazione del dolo valevole a “scongiurare” l’ipotesi di una configurabilità del reato a titolo di dolo eventuale, mediante l’introduzione dell’avverbio “intenzionalmente” che assicura una peculiare pregnanza alla fattispecie in esame.
Quanto alla cornice edittale, sembra ragionevole ridurre il trattamento sanzionatorio rispetto alla pena prevista per la fattispecie di falsità al Garante, in ragione del diverso disvalore del fatto di reato e nel rispetto del canone di proporzionalità rispetto a quanto stabilito dall’articolo 340 del codice penale.
Quanto, infine, alla ipotesi di introduzione di una nuova fattispecie penale di “inadempimento fraudolento delle sanzioni amministrative”, declinata sul paradigma dell’articolo 11, decreto legislativo n. 74 del 2000, si deve rilevare come sia già prevista nel codice penale una fattispecie generale orientata a colpire ipotesi di “Mancata esecuzione di sanzioni pecuniarie” (art. 388ter codice penale) ai sensi della quale è punito “Chiunque, per sottrarsi all’esecuzione di una multa o di una ammenda o di una sanzione amministrativa pecuniaria, compie sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi nei termini all’ingiunzione di pagamento contenuta nel precetto, con la reclusione da sei mesi a tre anni”.
Una tale norma pare già idonea a soddisfare l’esigenza di tutela manifestata.
Si rimanda nel resto alla parte apposita per l’illustrazione delle ulteriori scelte effettuate in campo penale.

Di seguito si riporta il contenuto dei pareri resi sullo schema di decreto-delegato approvato in via preliminare, a norma dell’articolo 13 della legge di delegazione,  dalle Commissioni parlamentari speciali e dal Garante per la protezione dei dati personali. In relazione a ciascuna delle condizioni e osservazioni riportate si dà atto dell’eventuale accoglimento nel testo del decreto-delegato, articolando, in caso negativo, le ragioni del mancato adeguamento.

La Commissione speciale per l’esame degli atti del Governo della Camera dei Deputati ha reso parere favorevole allo schema di decreto con le seguenti condizioni e osservazioni:  
condizioni:
1) all’articolo 2-quinquies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di consenso del minore in relazione ai servizi della società dell’informazione, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, al comma 1 sia sostituita la parola: « sedici » con la seguente: « quattordici »;
2) all’articolo 2-sexies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente il trattamento di categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, al comma 2, siano apportate le seguenti modificazioni:
dopo la lettera b), inserire la seguente:
« b-bis) tenuta di registri pubblici relativi a beni immobili o mobili »;
alla lettera e), aggiungere in fine le seguenti parole: « esercizio del mandato degli organi rappresentativi, ivi compresa la loro sospensione o il loro scioglimento, nonché l’accertamento delle cause di ineleggibilità, incompatibilità o di decadenza, ovvero di rimozione o sospensione da cariche pubbliche »;
dopo la lettera e), aggiungere le seguenti:
« e-bis) documentazione dell’attività istituzionale di organi pubblici, con particolare riguardo alla redazione di verbali e resoconti dell’attività di assemblee rappresentative, commissioni e di altri organi collegiali o assembleari;
e-ter) svolgimento delle funzioni di controllo, indirizzo politico, inchiesta parlamentare o sindacato ispettivo e l’accesso a documenti riconosciuto dalla legge e dai regolamenti degli organi interessati per esclusive finalità direttamente connesse all’espletamento di un mandato elettivo »;
dopo la lettera v), aggiungere la seguente: « v-bis) programmazione, gestione, controllo e valutazione dell’assistenza sanitaria, nonché vigilanza sulle sperimentazioni, farmacovigilanza, autorizzazione all’immissione in commercio e all’importazione di medicinali e di altri prodotti di rilevanza sanitaria »;
3) all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante misure di garanzia per il trattamento dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, siano apportate le seguenti modificazioni:
siano specificate, in un elenco tassativo e non meramente esemplificativo, le materie rispetto alle quali il Garante può adottare misure di garanzia, prevedendo altresì che tali misure individuano quelle di sicurezza, ivi comprese tecniche di cifratura e di pseudonimizzazione, misure di minimizzazione, specifiche modalità di accesso selettivo ai dati e per rendere le informazioni agli interessati, nonché eventuali altre misure necessarie a garantire i diritti degli interessati;
dopo il comma 6, aggiungere il seguente: « 6-bis. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento, ai fini del rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali, con riferimento agli obblighi di cui all’articolo 32 del Regolamento, è ammesso l’utilizzo dei dati biometrici con riguardo alla protezione dei supporti informatici e alle procedure di accesso fisico e logico ai dati da parte dei soggetti autorizzati, nel rispetto delle misure di garanzia e nei casi individuati ai sensi del presente articolo »;
4) dopo l’articolo 2-octies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, aggiungere il seguente: « 2-octies.1 Le disposizioni degli articoli 2-sexies, 2-septies e 2-octies del presente decreto legislativo recano principi applicabili, in conformità ai rispettivi ordinamenti, ai trattamenti delle categorie di dati personali di cui agli articoli 9, paragrafo 1, e 10 del Regolamento, disciplinati dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale ».
5) l’articolo 2-decies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante limitazioni ai diritti dell’interessato, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, sia coordinato con la recente disciplina in materia di whistleblowing, di cui alla legge 30 novembre 2017, n. 179, che tutela, a determinate condizioni, la riservatezza del segnalante;
6) all’articolo 136 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dall’articolo 12, comma 1, lettera b), del presente schema di decreto, sia soppressa la parola « occasionale », al fine di adeguare più compiutamente il disposto del medesimo articolo 136 a quanto previsto dall’articolo 85 del Regolamento (UE) 2016/679;
7) all’articolo 166 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante criteri di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e procedimento per l’adozione dei provvedimenti correttivi e sanzionatori, come modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera a), del presente schema di decreto, siano apportate le seguenti modificazioni:
al comma 2, sia soppresso il seguente numero: « 152 »;
al comma 6, si preveda la notificazione della contestazione all’interessato anziché la mera comunicazione, giacché quest’ultima risulta priva delle caratteristiche di certezza necessarie nell’ambito dei procedimenti sanzionatori e prescrittivi amministrativi;
al comma 8, si preveda che i proventi delle sanzioni, nella misura del 50 per cento del totale annuo, siano riassegnati al fondo di cui all’articolo 156, comma 8, per essere destinati alle specifiche attività di sensibilizzazione e di ispezione nonché di attuazione del Regolamento svolte dal Garante;
al comma 9, al fine di allineare il termine ivi previsto alla disciplina vigente in materia di ricorsi avverso i provvedimenti del Garante, dopo le parole: « Entro il termine » inserire le seguenti: « di cui all’articolo 10, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2011 »; inoltre, dopo le parole: « prescrizioni del Garante », aggiungere le seguenti: « , ove impartite, »;
8) all’articolo 167 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di trattamento illecito dei dati, come modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera b), del presente schema di decreto, al comma 2, sostituire le parole: « ad esso relative » con le seguenti: « di cui all’articolo 2-septies»;
9) all’articolo 171 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante violazioni delle disposizioni in materia di controlli a distanza e indagini sulle opinioni dei lavoratori, come modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, sostituire le parole: « commi 1 e 2 » con le seguenti: « comma 1 », giacché il comma 2 dell’articolo 4 della legge n. 300 del 1970, concernente gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, risulta di carattere concessorio e non limitativo e pertanto dovrebbe essere espunto;
10) agli articoli 167, 167-bis e 167-ter del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, rispettivamente in materia di trattamento illecito di dati, comunicazione e diffusione illecita di dati riferibili a un rilevante numero di persone e acquisizione fraudolenta di dati personali, quali risultanti dalle modifiche e integrazioni introdotte dall’articolo 15, comma 1, lettere b) e c), del presente schema di decreto, sia inserita, oltre alla finalità del profitto per sé o per altri, anche quella del danno all’interessato, al fine di evitare di affievolire la tutela contro fatti incresciosi come il « revenge porn» o lo «slut shaming», che dovrebbero al contrario essere oggetto di attenta tutela;
11) sia ripristinato l’articolo 170 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il delitto di inosservanza di provvedimenti del Garante, abrogato dall’articolo 27 del presente schema di decreto, in rapporto alle scelte compiute in sede di recepimento della direttiva (UE) 2016/680 e, in particolare, all’introduzione, in quella sede, di una norma incriminatrice dell’inosservanza dei provvedimenti del Garante, del tutto analoga all’attuale articolo 170, posto che, qualora tale ultima norma venisse abrogata, si determinerebbe l’irragionevole conseguenza per cui l’inadempimento del medesimo provvedimento del Garante, se imputabile ad organi incaricati di funzioni di accertamento, prevenzione e repressione dei reati, integrerebbe gli estremi di tale delitto, mentre se imputabile a qualsiasi altro soggetto rileverebbe esclusivamente ai fini sanzionatori amministrativi;
12) all’articolo 10 del decreto legislativo 1o settembre 2011, n. 150, concernente la disciplina delle controversie relative all’applicazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, come modificato dall’articolo 17 del presente schema di decreto, al fine di precisare che il Garante presenta osservazioni, nel caso in cui non sia parte in giudizio, quando il giudice lo richiede, al comma 9 sia aggiunto, in fine, il seguente periodo: « Il Garante rende le osservazioni di cui al periodo precedente quando il giudice lo richiede. »;
13) all’articolo 21 del presente schema di decreto, concernente le autorizzazioni generali del Garante per la protezione dei dati personali, apportare le seguenti modificazioni:
al comma 1, siano sostituite le parole: « 9, paragrafo 4 » con le seguenti: « 9, paragrafo 2, lettera b), e 4 », al fine di richiamare anche la disciplina del trattamento di dati particolari nel campo del lavoro e della protezione sociale, materia anch’essa oggetto di autorizzazione generale suscettibile di verifica;
il comma 2 sia sostituito dal seguente: « 2. Le autorizzazioni generali, sottoposte a verifica a norma del comma 1, che sono state ritenute incompatibili con le disposizioni del Regolamento (UE) 2016/ 679 cessano di produrre effetti al momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di cui al comma 1. », al fine di prevedere che la cessazione degli effetti delle autorizzazioni generali ritenute incompatibili si produca al momento della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della versione finale del provvedimento;
e con le seguenti osservazioni:
a) si valuti l’opportunità di sopprimere l’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), del presente schema di decreto, in modo da ripristinare il testo degli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recanti rispettivamente diritto alla protezione dei dati personali e finalità;
b) all’articolo 2-quinquies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di consenso del minore in relazione ai servizi della società dell’informazione, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di sostituire il comma 2 con il seguente: « 2. In relazione all’offerta diretta ai minori dei servizi di cui al comma 1, il titolare del trattamento redige con linguaggio particolarmente chiaro, semplice, conciso ed esaustivo, facilmente accessibile e comprensibile dal minore, al fine di rendere significativo il consenso prestato da quest’ultimo, le informazioni e le comunicazioni relative al trattamento che lo riguardi. »;
c) all’articolo 2-novies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di inutilizzabilità dei dati, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di precisare che in ogni caso l’utilizzazione processuale dei dati, comunque raccolti, ai fini della prova è consentita ai sensi dell’articolo 160, in materia di particolari accertamenti svolti dal Garante;
d) all’articolo 2-duodecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente diritti riguardanti le persone decedute, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e) del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di specificare se l’interessato per il quale si agisce a tutela sia il deceduto ovvero un altro soggetto portatore di un interesse proprio;
e) all’articolo 2-quinquiesdecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di organismo nazionale di accreditamento, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di definire puntualmente la distinzione tra i ruoli svolti dall’ente nazionale di accreditamento (Accredia) e l’autorità di supervisione (Garante), anche al fine di evitaresovrapposizioni, contenziosi e conflitti di interesse, precisando i criteri sulla base dei quali sono individuate dal Garante le categorie di trattamento in relazione alle quali il Garante stesso riserva a sé le funzioni di accreditamento, riservando a quest’ultimo le funzioni di accreditamento relative ai dati genetici, biometrici e relativi alla salute;
f) all’articolo 110-bis del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di riutilizzo dei dati a fini di ricerca scientifica o a fini statistici, come modificato dall’articolo 7, comma 1, lettera s), del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di: sostituire il termine « riutilizzo », ovunque ricorra, con quello di « trattamento ulteriore da parte di terzi », conformemente al considerando n. 50 del Regolamento (UE) 2016/679, specificando che l’autorizzazione del Garante può essere rilasciata anche in relazione a determinate categorie di titolari e di trattamenti e che, in questo caso, essa è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale; al comma 1, di sopprimere le parole: « ad esclusione di quelli genetici »; modificare il comma 3 specificando che il trattamento a fini di ricerca da parte degli IRCSS dei dati raccolti per l’attività clinica è effettuato nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 89 del Regolamento (UE) 2016/679, che disciplina garanzie e deroghe relative al trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici;
g) all’articolo 139 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di regole deontologiche relative ad attività giornalistiche, come modificato dall’articolo 12, comma 1, lettera f) del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di specificare che la norma è destinata ad avere effetti anche oltre il periodo transitorio, sopprimendo, al comma 2, le parole da: « Nel periodo compreso » fino a: « successivamente », ricollocando conseguentemente la disposizione risultante come comma aggiuntivo del medesimo articolo 139;
h) si valuti l’opportunità, compatibilmente con il rispetto dei principi e criteri direttivi della delega legislativa, di introdurre una procedura di evidenza pubblica ai fini dell’acquisizione delle candidature a componente del Garante, analogamente a quanto già previsto per la nomina dei componenti del consiglio di amministrazione della Rai designati dal Parlamento, riformulando l’articolo 153 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera b), del presente schema di decreto, nel senso di sostituire il secondo periodo del comma 1 con il seguente: « I componenti devono essere eletti tra coloro che presentano la propria candidatura nell’ambito di una procedura di selezione il cui avviso deve essere pubblicato nei siti internet della Camera, del Senato e del Garante almeno sessanta giorni prima della nomina. Le candidature devono pervenire almeno trenta giorni prima della nomina e i curricula devono essere pubblicati negli stessi siti internet. Le candidature possono essere avanzate da persone che assicurino indipendenza e che risultino di comprovata esperienza nel settore della protezione dei dati personali, con particolare riferimento alle discipline giuridiche o dell’informatica»;
i) all’articolo 154-bis del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente i poteri del Garante, inserito dall’articolo 14, comma 1, lettera d) del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di aggiungere, dopo il comma 3, un ulteriore comma di contenuto analogo al comma 10 dell’articolo 22, con conseguente soppressione di quest’ultimo comma, prevedendo che il Garante possa adottare linee guida di indirizzo riguardanti misure di organizzazione e tecniche di attuazione del Regolamento, tenendo conto delle esigenze di semplificazione di micro, piccole e medie imprese, anche in relazione al trattamento del personale;
j) all’articolo 156 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, sulla composizione e dotazione del personale del Garante, come modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera f), del presente schema di decreto, al comma 3, lettera d), si valuti l’opportunità di sopprimere le parole « al fine di adempiere ai nuovi e più onerosi compiti » fino alla fine della medesima lettera, giacché tale disposizione non appare rientrare tra i principi e criteri direttivi della delega;
k) all’articolo 166 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente i criteri di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e il procedimento per l’adozione dei provvedimenti correttivi e sanzionatori, come modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera a), del presente schema di decreto, dopo il comma 8, al fine di adeguare in modo più compiuto l’ordinamento a quanto prescritto dall’articolo 83, comma 9, del Regolamento, in merito alla necessità che le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’autorità di controllo siano in ogni caso effettive, proporzionate e dissuasive, considerando altresì la specifica situazione delle micro, piccole e medie imprese, si valuti la possibilità di aggiungere, compatibilmente con il rispetto dei principi e criteri direttivi della delega, il seguente: « 8-bis. Nell’adozione dei provvedimenti sanzionatori, il Garante ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, al grado di responsabilità o a eventuali precedenti violazioni pertinenti, nonché alla personalità dello stesso, alle sue condizioni economiche ovvero alla dimensione dell’impresa con particolare riguardo alle micro, piccole e medie imprese »;
l) si valuti l’opportunità di prevedere, compatibilmente con il rispetto dei principi e criteri direttivi della delega e con le previsioni del Regolamento (UE) 2016/679, un minimo edittale alle sanzioni previste dal nuovo Regolamento, anche ai fini dell’accesso all’oblazione;
m) si valuti la possibilità di prevedere, compatibilmente con il rispetto dei principi e criteri direttivi della delega, il ricorso a sanzioni penali solo in presenza di violazioni gravi e rispetto a fattispecie che non siano già presidiate da sanzioni amministrative comminate ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679;
n) all’articolo 166 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente i criteri di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e il procedimento per l’adozione dei provvedimenti correttivi e sanzionatori, come modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera a), del presente schema di decreto, al fine di chiarire che le sanzioni non si applicano, per espressa esclusione prevista dal Regolamento (UE) 2016/679, ai trattamenti in ambito giudiziario, si valuti l’opportunità di aggiungere, dopo il comma 11, il seguente: « 11-bis. Le disposizioni relative a sanzioni amministrative previste dal presente Codice e dall’articolo 83 del Regolamento non si applicano in relazione ai trattamenti svolti in ambito giudiziario. »;
o) all’articolo 167-bis del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di comunicazione e diffusione illecita dei dati personali riferibili a un rilevante numero di persone, inserito dall’articolo 15, comma 1, lettera c) del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di: riformulare la previsione che individua nel titolare e nel soggetto responsabile del trattamento, nonché nel soggetto designato a norma dell’articolo 2-terdecies, gli unici soggetti attivi del reato, definendo invece il novero dei soggetti attivi – analogamente a quanto disposto per le altre fattispecie, anche in sede di recepimento della direttiva (UE) 2016/680 – con il termine generale « chiunque »; sostituire le parole: « rilevante numero di persone » con altra formulazione che possa salvaguardare maggiormente la tassatività della disposizione;
p) all’articolo 167-ter del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di acquisizione fraudolenta di dati personali, inserito dall’articolo 15, comma 1, lettera c), del presente schema di decreto, si valuti l’opportunità di sostituire le parole: « rilevante numero di persone » con altra formulazione che possa salvaguardare maggiormente la tassatività della disposizione;
q) all’articolo 21 del presente schema di decreto si valuti l’opportunità di: rivedere i termini stabiliti al comma 1, prevedendo che il Garante predisponga lo schema di provvedimento da porre in consultazione pubblica entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e che il medesimo provvedimento venga adottato entro sessanta giorni dall’esito della consultazione pubblica, sostituendo, al primo periodo, le parole: « con provvedimento di carattere generale da adottarsi entro novanta giorni » con le seguenti: « con provvedimento di carattere generale da porre in consultazione pubblica entro novanta giorni » e, al secondo periodo, le parole: « è adottato all’esito di procedimento di consultazione pubblica » con le seguenti: « è adottato entro sessanta giorni dall’esito del procedimento di consultazione pubblica »; riformulare i commi 4 e 5 – in considerazione del fatto che le disposizioni delle autorizzazioni generali vigenti compatibili con il Regolamento sono destinate a confluire nel provvedimento generale di cui al comma 1 – nei seguenti termini:
 « 4. Sino all’adozione delle regole deontologiche e delle misure di garanzia di cui agli articoli 2-quater, 2-septies del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 producono effetti per la corrispondente categoria di dati e di trattamenti le autorizzazioni generali di cui al comma 1 e le pertinenti prescrizioni del provvedimento di cui al comma 1.
5. Le violazioni delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali di cui al presente articolo e nel provvedimento generale di cui al comma 1 sono soggette alla sanzione amministrativa di cui all’articolo 83, paragrafo 5, del Regolamento (UE) 2016/679. ».
r) al fine di tenere conto di quanto previsto dall’articolo 2-quaterdecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, inserito dall’articolo 2, comma 1, lettera e), del presente schema di decreto, con riferimento a trattamenti svolti per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico, che può presentare rischi particolarmente elevati ai sensi dell’articolo 35 del Regolamento (UE) 2016/679, nonché di quanto altresì previsto per i minorenni nel presente schema di decreto, all’articolo 22 dello schema medesimo, recante altre disposizioni transitorie e finali, si valuti l’opportunità di riformulare il comma 5 nei seguenti termini: « A decorrere dal 25 maggio 2018, le disposizioni di cui ai commi 1022 e 1023 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 si applicano esclusivamente ai trattamenti dei dati personali funzionali all’autorizzazione del cambiamento del nome e/o del cognome dei minorenni. Con riferimento a tali trattamenti, il Garante per la protezione dei dati personali può, nei limiti e con le modalità di cui all’articolo 36 del Regolamento (UE) 2016/679, adottare provvedimenti di carattere generale. Al fine di semplificare gli oneri amministrativi, i soggetti che rispettano le misure di sicurezza e gli accorgimenti prescritti ai sensi dell’articolo 2-quaterdecies sono esonerati dall’invio al Garante dell’informativa di cui al citato comma 1022. In sede di prima applicazione, le suddette informative sono inviate entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento del Garante. »;
s) si valuti la possibilità che il Garante, in una fase transitoria, in ogni caso non inferiore a 8 mesi, successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo, non irroghi sanzioni alle imprese, ma disponga ammonimenti o prescrizioni di adeguamento alla nuova disciplina, in base al principio di proporzionalità e di gradualità della sanzione, nonché ai principi dello small business act.”

Commissione speciale per l'esame degli atti urgenti presentati dal Governo
La Commissione speciale per l’esame degli atti urgenti presentati dal Governo del Senato della Repubblica ha reso parere favorevole allo schema di decreto con le seguenti condizioni e osservazioni:
condizioni:
- con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-quinquies, si provveda a sostituire la parola "sedici" con "quattordici";
- si provveda ad introdurre, con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), nel nuovo articolo 2-sexies, tra le finalità di rilevante interesse pubblico elencate, quelle di "programmazione, gestione, controllo e valutazione dell'assistenza sanitaria" e quelle sulla "vigilanza sulle sperimentazioni, farmacovigilanza, autorizzazione all'immissione in commercio e all'importazione di medicinali e di altri prodotti di rilevanza sanitaria" (articoli 85, comma 1, lettere b e c del Codice e 9, paragrafo 2, lettera h del Regolamento), che si suggerisce invece di prevedere. Analogamente, al comma 2, lettera della predetta disposizione, andrebbero menzionate anche le finalità di "documentazione dell'attività istituzionale di organi pubblici", di "esercizio del mandato degli organi rappresentativi, ivi compresa Io loro sospensione o il loro scioglimento, nonché l'accertamento delle cause di ineleggibilità, incompatibilità o di decadenza, ovvero di rimozione o sospensione da cariche pubbliche" (cfr. articolo 65 del Codice abrogato dallo schema in esame). L'articolo, infatti, disciplina il trattamento di dati particolari (già "sensibili" in base al previgente Codice) per "motivi di interesse pubblico rilevante" ai sensi dell'articolo 9, par. 1, lettera g) del Regolamento, che riproduce in maniera sostanzialmente inalterata il regime normativo previsto al previgente articolo 20 del Codice per i trattamenti di dati sensibili effettuati da soggetti pubblici;
            - con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-septies, si provveda a specificare meglio quali ambiti siano esclusi o inclusi nella previsione di eliminare la necessità di consenso come base giuridica per il trattamento di dati per finalità di tutela della salute in ambito sanitario (ad esempio il dossier sanitario elettronico). Laddove non si intendesse espungere la disposizione, si valuti di inserire dopo le parole "è consentito" il seguente periodo: "In particolare, le misure di garanzia individuano le misure di sicurezza, ivi comprese tecniche di cifratura e di pseudonimizzazione, misure di minimizzazione, specifiche modalità di accesso selettivo ai dati e per rendere le informazioni agli interessati, nonché eventuali altre misure necessarie a garantire i diritti degli interessati". In subordine, voglia il Governo valutare l'opportunità di modificare tale disposizione, in quanto, pur nella consapevolezza della sua funzionalità, volta a confermare la vigenza di norme del Codice non incompatibili con il Regolamento, desta tuttavia perplessità l'elencazione, al comma 4, con finalità meramente esemplificativa, delle materie rispetto alle quali il Garante possa adottare misure di garanzia, dovendo come noto preferirsi, nei testi normativi, elencazioni tassative al fine di ridurre i margini di discrezionalità dell'interprete, suscettibile di pregiudicare la necessaria certezza del diritto. Al comma 6, secondo periodo, si valuti se sostituire le parole: "Per i" con le seguenti: "Limitatamente ai", al fine di chiarire che il consenso quale ulteriore misura di garanzia può essere previsto esclusivamente con riferimento ai dati genetici;
- con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-septies, si provveda ad aggiungere, al comma 6, dopo le parole "dati genetici", le seguenti parole "e dati relativi alla salute";
5) con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-septies, si provveda ad aggiungere il seguente comma:"6-bis. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 9 paragrafo 1 del Regolamento, ai fini del rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali, con riferimento agli obblighi di cui all’articolo 32 del Regolamento, è ammesso l’utilizzo dei dati biometrici con riguardo alla protezione dei supporti informatici, e alle procedure di accesso fisico e logico ai dati da parte dei soggetti autorizzati, nel rispetto delle misure di garanzia e nei casi individuati ai sensi del presente articolo.";
- con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-decies, si provveda a coordinare la disposizione con la recente disciplina sul whistleblowing, che tutela, a certe condizioni, la riservatezza del segnalante;
            - con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-quaterdecies, nel richiamo alle parole "rischi particolarmente elevati" si provveda a sopprimere la parola "particolarmente". Inoltre, conseguentemente, si provveda a riformulare la disposizione come segue: "Con riguardo ai trattamenti svolti per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico che presentano rischi elevati ai sensi dell’articolo 35 del Regolamento, il titolare consulta il Garante ai fini di ottenere l’autorizzazione preliminare sulla base di quanto disposto dall’articolo 36 paragrafo 5, del medesimo Regolamento. In tali casi il Garante può, anche con provvedimenti di carattere generale adottati d’ufficio, prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell’interessato che il titolare del trattamento è tenuto ad adottare.";
- con riguardo all'articolo 12, si valuti di coordinare il testo con l’articolo 85 del Regolamento, che accorda agli Stati membri di prevedere esenzioni o deroghe al trattamento effettuato a scopi giornalistici o di espressione accademica, artistica o letteraria. Peraltro, il lemma "occasionale" sembra problematico rispetto all'attività di chi non esercita in modo professionale il trattamento di dati nell'attività giornalistica, e tuttavia esercita i propri diritti di libertà di informazione ed espressione, soggetti che invece bisogna tutelare. A tal fine se ne propone la soppressione;
            - con riferimento all'articolo 15, comma 1, lettera a), al nuovo art. 166, comma 2, si provveda ad eliminare il numero "152";
            - con riguardo all'articolo 15, comma 1, lettera a), in ordine alla procedura descritta dall'articolo 166, al comma 8, si provveda a destinare le somme del 50 per cento dei proventi di cui al testo, alle specifiche attività di sensibilizzazione e di ispezione svolte dall’Autorità, nonché di attuazione del Regolamento;
            - con riguardo all'articolo 15, comma 1, lettera a), in ordine all'articolo 166, comma 9, si provveda ad inserire dopo le parole "Entro il termine" le seguenti parole: "di cui all'art. 10, comma 3, del d.lgs. 150 del 2011"; si provveda altresì ad inserire dopo la parola "Garante" le parole "ove impartite";
            - con riguardo all'articolo 15, comma 1, lettera a), in ordine alla procedura descritta dall'articolo 166, al comma 6 si valuti se prevedere la notificazione della contestazione all'interessato anziché una semplice comunicazione che, in quanto tale, è priva delle caratteristiche di certezza necessitate nell'ambito dei procedimenti sanzionatori e prescrittivi amministrativi;
            - con riferimento all'articolo 15, comma 1, lettere b), che modifica l'art. 167 del codice privacy, al comma 2, si provveda ad inserire dopo le parole "delle misure di garanzia", le parole seguenti: "di cui all'articolo 2-septies";
            - con riguardo all'articolo 15, lettera e), si provveda a sostituire il comma 1 dell'articolo 171 con il seguente: "1. La violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, comma 1, e 8 della legge 20 maggio 1970 n. 300, è punita con le sanzioni di cui all'articolo 38 della medesima legge";
            -  si provveda ad inserire le fattispecie di danno e di violazioni non lucrative, per non rischiare, altrimenti, di affievolire la tutela contro fatti incresciosi come il "revenge porn" o lo "slut shaming", che dovrebbero al contrario essere oggetto di attenta tutela. A tal fine agli articoli 167, 167-bis e 167-ter, dopo le parole "al fine di trarne profitto per sé o per altri", si provveda ad aggiungere le parole "ovvero al fine di arrecare danno all’interessato". Si provveda a riconsiderare l'abrogazione dell'articolo 170 - recante il delitto di inosservanza di provvedimenti del Garante - in rapporto alle scelte compiute in sede di recepimento della direttiva (UE) 2016/680 e, in particolare, all'introduzione, in quella sede disposta, di una norma incriminatrice dell'inosservanza dei provvedimenti del Garante, del tutto analoga all'attuale articolo 170. Qualora, quindi, tale ultima norma venisse abrogata, si determinerebbe l'irragionevole conseguenza per cui l'inadempimento del medesimo provvedimento del Garante, se imputabile ad organi incaricati di funzioni di accertamento, prevenzione, repressione dei reati, integrerebbe gli estremi di tale delitto, mentre se imputabile a qualsiasi altro soggetto rileverebbe esclusivamente ai fini sanzionatori amministrativi (articolo 83, paragrafo 5, lettera e), del  Regolamento). Tale disparità di trattamento solleva perplessità, segnatamente, in ordine al rispetto del principio di eguaglianza e del canone di ragionevolezza, dal momento che alla medesima condotta, lesiva dello stesso bene giuridico (la piena effettività delle funzioni del Garante), si applicherebbero due regimi sanzionatori estremamente diversi, solo in ragione della natura soggettiva del titolare e del contesto in cui sia realizzato il trattamento (attività di polizia o giustizia penale, ovvero ogni altro ambito). Elementi, questi, inidonei a giustificare, di per sé soli, tali differente regime sanzionatorio. Si richiede pertanto una più attenta riflessione sul punto, al fine di adottare una soluzione che eviti ingiustificate disparità di trattamento, pur nel rispetto del divieto di bis in idem richiamato dal considerando 150 del Regolamento. Nel caso si intenda far rivivere la disposizione incriminatrice, si provveda ad individuare i provvedimenti del Garante così presidiati in ragione della loro rilevanza, richiamando, in particolare, l'articolo 58, paragrafo 2, lettera f), del Regolamento e gli articoli 2-septies, comma 1 del Codice, e 21, comma 1, dello schema di decreto legislativo;
            - con riferimento all’articolo 17 dello schema di decreto, al nuovo articolo 10, comma 9 del decreto legislativo n. 150 del 2011, si provveda ad aggiungere in fine il seguente periodo: "Il Garante rende le osservazioni di cui al periodo precedente quando il giudice lo richiede.";
            - con riguardo all'articolo 21, comma 1, si provveda a sostituire le parole "9, paragrafo 4" con le seguenti "9, paragrafo 2, lettera b) e 4"; inoltre si provveda a sostituire il comma 2 con il seguente: "2. Le autorizzazioni generali, sottoposte a verifica a norma del comma 1, che sono state ritenute incompatibili con le disposizioni del regolamento (UE) cessano di produrre effetti al momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di cui al comma 1.";
            -  si propone, in linea con quanto già previsto per la nomina dei componenti del Consiglio di Amministrazione della Rai designati dal Parlamento, di introdurre una procedura di evidenza pubblica per la raccolta delle candidature a componente della Autorità Garante. Pertanto, si provveda a sostituire, all’articolo 153, comma 1, il periodo ricompreso tra le parole "I componenti sono scelti" e "dell’informatica" con il seguente: "I componenti devono essere eletti tra coloro che presentano la propria candidatura nell'ambito di una procedura di selezione il cui avviso deve essere pubblicato nei siti internet della Camera, del Senato e dell’Autorità almeno sessanta giorni prima della nomina. Le candidature devono pervenire almeno trenta giorni prima della nomina e i curricula devono essere pubblicati negli stessi siti internet. Le candidature possono essere avanzate da persone che assicurano indipendenza e che risultano di comprovata esperienza nel settore della protezione dei dati personali, con particolare riferimento alle discipline giuridiche o dell’informatica".
            Formula, altresì, le seguenti osservazioni:
            - con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), si valuti di non modificare i vigenti articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 196 del 2003; in ogni caso, qualora si intendano riformulare, si coordinino con il testo Regolamento;
            - con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-quinquies, comma 2, si valuti se riformulare come segue: "2. In relazione all’offerta diretta ai minori dei servizi di cui al comma 1, il titolare del trattamento redige con linguaggio particolarmente chiaro, semplice, conciso ed esaustivo, facilmente accessibile e comprensibile dal minore, al fine di rendere significativo il consenso prestato da quest’ultimo, le informazioni e le comunicazioni relative al trattamento che lo riguardi.";
            - con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-novies, si valuti se aggiungere le seguenti parole: "In ogni caso, l'utilizzazione processuale dei dati, comunque raccolti, ai fini della prova è consentita ai sensi dell’articolo 160.";
            - con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), in riferimento al testo del nuovo articolo 2-duodecies si consideri di specificare meglio, con riguardo alle parole "che agisce a tutela dell'interessato", di quale interessato si tratti, se del deceduto ovvero di un soggetto portatore di un interesse proprio;
            - con riguardo all'articolo 2, comma 1, lettera e), rispetto al testo del nuovo articolo 2-quinquiesdecies, si valuti di definire chiaramente la distinzione tra i ruoli svolti dall’ente nazionale e di accreditamento (Accredia) e l'autorità di supervisione (Garante), anche per evitare sovrapposizioni, contenziosi e conflitti di interesse. Si valuti l’opportunità di precisare meglio i criteri sulla base dei quali sono individuati dal Garante le categorie di trattamento in relazione alle quali riserva a sé le funzioni di accreditamento;
            - con riguardo all'articolo 8, comma 1, lettera s), con riferimento al testo del nuovo articolo 110-bis del codice privacy, si valuti quanto segue: qualora le disposizioni dell'articolo medesimo si volessero mantenere, il termine "riutilizzo" potrebbe essere innanzitutto sostituito, ovunque ricorra, con quello di "trattamento ulteriore da parte di terzi" (cfr. in tal senso, il considerando 50 del Regolamento). In secondo luogo, le predette disposizioni potrebbero essere coordinate meglio con le norme di settore sopra richiamate, specificando, in particolare, che l'autorizzazione del Garante può essere rilasciata anche in relazione a determinate categorie di titolari e di trattamenti e, in questo caso, è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Infine, il terzo comma potrebbe essere riformulato, specificando che il trattamento a fini di ricerca da parte degli IRCSS dei dati raccolti per l'attività clinica è effettuato nel rispetto di quanto prevede il Regolamento e in particolare dell'articolo 89 dello stesso;
            - con riguardo all'articolo 11, comma 1, lettera l), si valuti se riformulare il testo del nuovo articolo 132-quater, comma 1, come segue: "1. Il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico informa gli abbonati e, ove possibile, gli utenti, mediante linguaggio chiaro, idoneo e adeguato rispetto alla categoria e alla fascia di età dell’interessato a cui siano fornite le suddette informazioni, con particolare attenzione in caso di minori di età, se sussiste un particolare rischio di violazione della sicurezza della rete, indicando, quando il rischio è al di fuori dell’ambito di applicazione delle misure che il fornitore stesso è tenuto ad adottare a norma dell’articolo 132-ter, commi 2, 3 e 5, tutti i possibili rimedi e i relativi costi presumibili. Analoghe informazioni sono rese al Garante e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.";
            - con riferimento a quanto previsto per il codice deontologico dell'attività giornalistica dall'articolo 139, comma 2, si valuti se specificare meglio che la norma è destinata ad avere effetti anche oltre il periodo transitorio, sopprimendo le parole da: "Nel periodo compreso", fino a: "successivamente", conseguentemente collocando la disposizione all'ultimo comma dell'articolo;
- con riguardo all'articolo 14, comma 1, lettera d), che introduce l'articolo 154-bis, al comma 1, lettera a), al codice privacy, si valuti di adottare linee guida di indirizzo riguardanti misure organizzative e tecniche di attuazione dei principi del Regolamento, nonché volte a fornire adeguate forme di tutela agli interessati anche per singoli settori o categorie, quali i soggetti minori di età, e in applicazione dei principi e delle prescrizioni di cui agli articolo 6, 25, 35 e 36 del Regolamento, tenendo conto anche delle esigenze di semplificazione di micro, piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361 CE. Conseguentemente, si sopprima tale riferimento dal testo dell’articolo 22, comma 10;
            - con riguardo all'articolo 14, comma 1, lettera f), che modifica l'articolo 156 del codice privacy, sulla composizione e dotazione del personale del Garante, la disposizione appare eccedere i limiti della delega; si valuti, pertanto, l'esclusione della previsione;
            - con riguardo all'articolo 15, comma 1, lettera a), si valuti se aggiungere, all’articolo 166 dello schema, un comma 11 del seguente tenore: "11. Le disposizioni relative a sanzioni amministrative previste dal presente codice e dall’articolo 83 del Regolamento non si applicano in relazione ai trattamenti svolti in ambito giudiziario.". Ciò al fine di chiarire che le sanzioni non operano, per espressa esclusione prevista dal Regolamento UE, per i trattamenti in ambito giudiziari;
            - in relazione alle fattispecie di reato introdotte all'articolo 167-bis del Codice, si valuti di riformulare la disposizione relativa alla previsione del titolare e del responsabile del trattamento, nonché del soggetto designato a norma dell'articolo 2-terdecies, quali unici soggetti attivi del reato, in ragione della mancata considerazione delle persone suscettibili di operare quali autorizzate al trattamento. Si valuti, inoltre, l'opportunità di definire il novero dei soggetti attivi - analogamente a quanto disposto per le altre fattispecie, anche in sede di recepimento della direttiva (UE) 2016/680 - con il termine generale "chiunque", inserendo tale termine in tutte le fattispecie penali previste. Con riferimento all'articolo 15, comma 1, lettere b) e c) rispetto agli articoli 167-bis e 167-ter, si valuti di sostituire l’espressione "rilevante numero di persone", con altra espressione che possa tutelare maggiormente il principio di tassatività della norma;
            - con riguardo all'articolo 21, comma 1, si valuti se sostituire le parole "con provvedimento di carattere generale da adottarsi entro novanta giorni" con le seguenti: "con provvedimento di carattere generale da porre in consultazione pubblica entro novanta giorni"; e, al secondo periodo del comma 1, di riformulare la norma come segue: "il provvedimento di cui al presente comma è adottato entro sessanta giorni dall'esito del procedimento di consultazione pubblica". I termini di novanta giorni, ivi stabiliti per consentire al Garante l'adozione del provvedimento generale con il quale si individuano le prescrizioni delle autorizzazioni generali compatibili con il Regolamento, appaiono troppo esigui. Ciò, soprattutto in considerazione degli adempimenti istruttori previsti ai fini dell'adozione che prevedono, in aggiunta, un ulteriore procedimento di consultazione pubblica. Tale procedimento aggiuntivo, infatti, - teso a consentire ai partecipanti la possibilità effettiva di concorrere a determinare la decisione finale grazie a un orizzonte temporale adeguato al processo di consultazione - non può (da solo) risultare inferiore a sessanta giorni (cfr. Linee guida sulla consultazione pubblica in Italia, pubblicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, 2017). Al riguardo, come indicato, sarebbe opportuno rivedere i termini stabiliti nell'articolo, prevedendo che il Garante predisponga lo schema di provvedimento da porre in consultazione pubblica entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e che il medesimo provvedimento venga adottato entro sessanta giorni dall'esito della consultazione pubblica. Si valuti, inoltre, se riformulare il comma 2 come segue: "2. Le autorizzazioni generali, sottoposte a verifica a norma del comma 1, che sono state ritenute incompatibili con le disposizioni del regolamento (UE) n. 679 del 2016 cessano di produrre effetti al momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di cui al comma 1.". Si valuti, al comma 3, anche di inserire analoga previsione in ordine al momento di cessazione degli effetti per le autorizzazioni ivi previste. Infatti, in coerenza con quanto osservato per il comma 1, al comma 3 potrebbe prevedersi che la cessazione degli effetti delle autorizzazioni generali ritenute incompatibili dovrà prodursi al momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della versione finale del provvedimento, al fine di evitare zone franche di tutela. Si valuti anche se inserire i seguenti mirati interventi ai commi 4 e 5, per un miglior coordinamento dell'intero articolo: "4. Sino all'adozione delle regole deontologiche e delle misure di garanzia di cui agli articoli 2-quater, 2-septies del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, producono effetti, per la corrispondente categoria di dati e di trattamenti, le autorizzazioni generali di cui al comma 1 e le pertinenti prescrizioni del provvedimento di cui al comma 1.
5. Le violazioni delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali di cui al presente articolo e nel provvedimento generale di cui al comma 1 sono soggette alla sanzione amministrativa di cui all'articolo 83, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 679 del 2016.".
            Ciò in considerazione del fatto che le disposizioni delle autorizzazioni generali vigenti sono destinate a confluire (in parte, cioè quelle compatibili con il Regolamento) nel provvedimento generale di cui al comma 1;
            - con riguardo all'articolo 22, comma 5, si valuti se riformulare la disposizione nei seguenti termini: "5. A decorrere dal 25 maggio 2018, le disposizioni di cui ai commi 1022 e 1023 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 si applicano esclusivamente ai trattamenti dei dati personali funzionali all'autorizzazione del cambiamento del nome e/o del cognome dei minorenni. Con riferimento a tali trattamenti, il Garante per la protezione dei dati personali può, nei limiti e con le modalità di cui all'articolo 36 del regolamento (UE) n. 679 del 2016 adottare provvedimenti di carattere generale. Al fine di semplificare gli oneri amministrativi, i soggetti che rispettano le misure di sicurezza e gli accorgimenti prescritti ai sensi dell'articolo 2-quaterdecies sono esonerati dall'invio al Garante dell'informativa di cui al comma 1022. In sede di prima applicazione, le suddette informative sono inviate entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento del Garante.".  Facendo opportuno riferimento a trattamenti svolti per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico che può presentare rischi particolarmente elevati ai sensi dell'articolo 35 del Regolamento, disciplinati dallo schema nel nuovo articolo 2-quaterdecies del Codice, si tiene conto del disposto di tale ultimo articolo e del riferimento ai minorenni contenuti nel testo dello schema di decreto;
            Si valuti la possibilità di stabilire, tramite provvedimenti del Garante, una fase transitoria, in ogni caso non inferiore a 8 mesi, successiva all'entrata in vigore del decreto legislativo, nel corso della quale il Garante non procederà ad irrogare sanzioni alle imprese, disponendo, invece, ammonimenti o prescrizioni di adeguamento alla nuova disciplina. Ciò anche in base al principio di proporzionalità e di gradualità della sanzione, anche osservando i principi dello small business act.”

Il Garante per la protezione dei dati personali ha espresso parere favorevole con le condizioni di cui al paragrafo 1 e ai sotto-paragrafi 2.1.1, 2.1.2, 2.2., 2.5 e 2.6, nonché con le osservazioni di cui ai restanti punti:
“1. Profili di particolare interesse
1.1. Conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico
L'articolo 11, comma 1, lett. i), numero 3, dello schema di decreto conferma la deroga all'articolo 132, commi 1 ed 1-bis del Codice, introdotta dall'articolo 24 della legge 20 novembre 2017, n. 167, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017". Come noto, tale disposizione ha prolungato fino a 72 mesi il termine di conservazione  dei  dati  di  traffico telefonico e telematico, nonché dei dati relativi alle chiamate senza risposta, "al fine di garantire strumenti di indagine efficace in considerazione delle straordinarie esigenze di contrasto del terrorismo, anche internazionale, per le finalità dell'accertamento e della repressione dei reati di cui agli articoli 51, comma 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale".
La conferma della predetta deroga determina rilevanti criticità - come già segnalato nel parere del 22 febbraio 2018 reso sullo schema di decreto di recepimento della direttiva (UE) 2016/680 - in ordine al rispetto del  principio di proporzionalità tra esigenze investigative e limitazioni del diritto alla protezione dei dati dei cittadini, affermato dalla Corte di giustizia Ue con le sentenze Digital Rights Ireland (resa in data 8 aprile 2014 nelle cause riunite C-293/12 e C-594/12,) e Tele2 e Watson (resa il 21 dicembre 2016, nelle cause riunite C 203/15 e C 698/15).
In ragione della incompatibilità della deroga con il principio di proporzionalità (come interpretato dalla Corte di giustizia nelle richiamate sentenze) e al fine di garantire la piena conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea, si valuti l'opportunità di espungere dallo schema di decreto l'articolo 11, comma 1, lett. i), numero 3, e per l'effetto il neo introdotto comma 5-bis dell'articolo 132 del Codice.  Per completare il riassetto normativo in questione, è, inoltre, necessario anche abrogare espressamente l'art. 24 della legge 20 novembre 2017, n. 167.
1.2. Disposizioni del CAD in materia di Piattaforma digitale nazionale dati
L'articolo 50-ter del Codice dell'Amministrazione Digitale (infra: Cad), introdotto dal decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217, prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri promuova la progettazione, lo sviluppo e la sperimentazione di una Piattaforma Digitale Nazionale Dati finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto, per finalità istituzionali, dai soggetti pubblici di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) del Cad, ad esclusione delle autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, nonché alla condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto ad accedervi ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese. In sede di prima applicazione, la sperimentazione della Piattaforma Digitale Nazionale Dati è affidata al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale. A tal fine il Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale provvede ad acquisire i dati, a organizzarli e conservarli.
La norma in questione suscita preoccupazione. La pur necessaria valorizzazione del patrimonio informativo pubblico non deve, infatti, avvenire a discapito della tutela dei diritti fondamentali e con possibili ricadute anche in termini di sicurezza nazionale.
In considerazione delle gravi criticità – già segnalate al Governo - sottese alla realizzazione di una così rilevante concentrazione, presso un unico soggetto, di informazioni, anche sensibili e sensibilissime, con evidenti rischi di usi distorti e accessi non autorizzati, nonché dell'esigenza di adeguare il quadro normativo nazionale al Regolamento, si ritiene necessario aggiungere, all'interno dell'articolo 22 dello schema, una disposizione volta a modificare l'articolo 50–ter del Cad come segue:
"All'articolo 50-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, la parola "condivisione" è sostituita dalla seguente: "comunicazione"; b) al comma 3, le parole "ad acquisire" sono sostituite dalle seguenti : "rendere disponibili", le parole "organizzarli e conservarli, " sono soppresse, e la parola "condivisione" è sostituita dalla seguente: "comunicazione"; c) al comma 4, la parola "condivisione" è sostituita dalla seguente: "comunicazione" e le parole "per le finalità di cui al comma 3" sono sostituite dalle seguenti: "per tali finalità"; d) il comma 5  è sostituito dal seguente: "5.Nella Piattaforma di cui al comma 1 non sono duplicati gli archivi contenenti dati personali dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del presente decreto.".
1.3. Patrocinio del Garante
L'articolo 154-ter del Codice così come modificato dallo schema di decreto legislativo ("Potere di agire e rappresentanza in giudizio") chiarisce che il Garante è legittimato ad esercitare azioni giudiziarie nei confronti del titolare o del responsabile del trattamento in caso di violazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali. Viene altresì specificato che il Garante è rappresentato in giudizio dall'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'articolo 1 del r.d. n. 1611/1933. Nell'ipotesi in cui quest'ultima non ne possa assumere il patrocinio, il Garante agisce in giudizio tramite proprio personale iscritto all'elenco speciale degli avvocati dipendenti da enti pubblici o mediante avvocati del libero foro.
Al riguardo, si precisa preliminarmente che il Garante in questi anni si è costantemente avvalso dell'Avvocatura dello Stato ai sensi dell'articolo 43 del r.d. n. 1611/1933 secondo quanto previsto dall'articolo 17 del Regolamento di organizzazione del Garante n. 1/2000, e intende continuare ad avvalersene nei medesimi termini, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le Regioni, come previsto dalla citata disposizione.
L'articolo 1 del r.d. n. 1611/1933 –cui la disposizione che lo schema intende introdurre nel Codice si riferisce - prevede il patrocinio obbligatorio dell'Avvocatura per le Amministrazioni dello Stato; il successivo articolo 43, invece, disciplina il cd. patrocinio facoltativo per le Amministrazioni non statali autorizzate ad avvalersene.
Si ritiene che al Garante debba essere applicata più correttamente tale ultima disposizione (patrocinio facoltativo).
E' utile evidenziare che la formulazione dell'articolo 17 del Regolamento n. 1/2000 ricalca pedissequamente quella dell'articolo 22 del precedente Regolamento sull'organizzazione e il funzionamento dell'Ufficio del Garante, approvato con D.P.R. 31 marzo 1998, n. 501, con il parere del Consiglio di Stato. In altri termini, la scelta del patrocinio facoltativo non è stata frutto di una decisione della sola Autorità che se ne avvale, ma è stata effettuata all'origine dal Governo, evidentemente proprio in ragione della natura e delle funzioni del Garante, come, tra l'altro, è avvenuto per  la Consob e l'Ivass.
Infine, si tenga comunque presente che, in occasione di un contenzioso giudiziario avverso un provvedimento del Garante, è stato eccepito che la normativa italiana non soddisfa il requisito della piena indipendenza del Garante nella parte in cui prevede che lo stesso sia difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. Per tale motivo, è stata presentata e pende tuttora una denuncia per infrazione contro la Repubblica Italiana presso la Commissione europea - CHAP (2016)00255 (fascicolo ricorrente Tribunale C)- per violazione dell'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dell'articolo 28, par. 1, secondo comma, della direttiva 95/46/CE.
1.4.  Illeciti penali e amministrativi
1.4.1. In ordine all'elemento soggettivo del delitto di trattamento illecito di dati, di cui al novellato articolo 167 del Codice, si valuti l'opportunità di considerare, quale oggetto alternativo del dolo specifico anche il nocumento, in ragione dell'esigenza di presidiare con la sanzione penale condotte connotate da un simile disvalore, anche quando sorrette dal dolo di danno e non solo da quello di profitto. Tale modifica consentirebbe inoltre di assicurare una maggiore continuità normativa con la fattispecie vigente e di evitare gli effetti (anche sui processi in corso) dell'abolitio criminis che si dovesse ravvisare, in parte qua, per effetto della novellazione proposta.
In relazione alla disposizione  di cui al comma 6 dell'articolo 167- pur comprendendone la ratio, volta a garantire maggiore conformità al principio del ne bis in idem - si rileva la parziale difformità rispetto alla norma di cui all'art. 187-terdecies del d.lgs. n. 58 del 1998, che limita l'esazione della pena pecuniaria "alla parte eccedente quella riscossa dall'Autorità amministrativa"; circostanza che non ricorre nella disposizione in esame.
In relazione alle fattispecie di reato introdotte all'articolo 167-bis del Codice, la previsione del titolare e del responsabile del trattamento, nonché del soggetto designato a norma dell'articolo 2-terdecies, quali unici soggetti attivi del reato, solleva perplessità in ragione della mancata considerazione delle  persone suscettibili di operare quali autorizzate al trattamento.
Si valuti, pertanto, l'opportunità di definire il novero dei soggetti attivi - analogamente a quanto disposto per le altre fattispecie, anche in sede di recepimento della direttiva (UE) 2016/680 – con il termine generale "chiunque".
Si valuti, inoltre, in analogia con quanto osservato in relazione all'art. 167, di considerare, quale oggetto alternativo del dolo specifico anche il nocumento, in ragione dell'opportunità di assistere con la sanzione penale condotte connotate da un simile disvalore anche quando sorrette dal dolo di danno e non solo da quello di profitto. Nella fattispecie di cui all'articolo 167, del resto, il nocumento, ancorché non ricompreso nell'ambito del dolo specifico (come pure auspicato), è comunque oggetto del dolo diretto del soggetto attivo, essendo configurato come elemento costitutivo del reato. Pertanto, agli articoli 167-bis e 167-ter, comma 1, dopo le parole "al fine di trarre profitto per sé o per altri" si suggerisce di aggiungere le parole "ovvero al fine di arrecare danno all'interessato".
L'abrogazione dell'articolo 170 – recante il delitto di inosservanza di provvedimenti del Garante - va considerata in rapporto alle scelte compiute in sede di recepimento della direttiva (UE) 2016/680 e, in particolare, all'introduzione, in quella sede disposta, di una norma incriminatrice dell'inosservanza dei provvedimenti del Garante, del tutto analoga all'attuale articolo 170.
Qualora, quindi, tale ultima norma venisse abrogata, si determinerebbe l'irragionevole conseguenza per cui l'inadempimento del medesimo provvedimento del Garante, se imputabile ad organi incaricati di funzioni di accertamento, prevenzione, repressione dei reati, integrerebbe gli estremi di tale delitto, mentre se imputabile a qualsiasi altro soggetto rileverebbe esclusivamente ai fini sanzionatori amministrativi (art. 83, par. 5, lett. e) Reg.).
Tale disparità di trattamento solleva perplessità, segnatamente, in ordine al rispetto del principio di eguaglianza-ragionevolezza, dal momento che alla medesima condotta, lesiva dello stesso bene giuridico (la piena effettività delle funzioni del Garante), si applicherebbero due regimi sanzionatori estremamente diversi, solo in ragione della natura soggettiva del titolare e del contesto in cui sia realizzato il trattamento (attività di polizia o giustizia penale, ovvero ogni altro ambito). Elementi, questi, inidonei a giustificare, di per sé soli, tali differente regime sanzionatorio.
Si invita pertanto a una ulteriore riflessione sul punto, al fine di adottare una soluzione che eviti ingiustificate disparità di trattamento, pur nel rispetto del divieto di bis in idem richiamato dal considerando 150 del Regolamento.
Nel caso si intenda far rivivere la disposizione incriminatrice, si suggerisce di individuare i provvedimenti del Garante così presidiati in ragione della loro rilevanza, richiamando, in particolare, l'articolo 58, par. 2, lett. f), del Regolamento e gli articoli 2-septies, comma 1 del Codice, e 21, comma 1, dello schema di decreto legislativo.
1.4.2.  L'articolo 166 del Codice (concernente le sanzioni amministrative pecuniarie), nella nuova formulazione proposta, ai commi 1 e 2 individua le disposizioni del decreto legislativo n. 196/2003 la cui violazione è sanzionata, rispettivamente, ai sensi dell'articolo 83, par. 4 o par. 5 del Regolamento a seconda della gravità della violazione. Al riguardo, si evidenziano una serie di  criticità che andrebbero riviste anche al fine di un migliore coordinamento con le restanti norme del testo.
Innanzitutto, l'articolo 124 (Fatturazione dettagliata) risulta inserito sia al comma 1 che al comma 2, segno evidente di un refuso. Essendo le disposizioni ivi contenute riconducibili all'esercizio dei diritti da parte dell'interessato, la cui violazione è sanzionata ai sensi del par. 5 dell'articolo 83 del Regolamento, il riferimento all'articolo 124 sarebbe da collocare, più correttamente, al comma 2 dell'articolo 166 (violazioni più gravi).
Inoltre, si ritiene auspicabile inserire al comma 1, tra le condotte sanzionabili, quelle che si pongono in contrasto con il comma 1 dell'articolo 110 del Codice. Diversamente, la mancata conduzione di una valutazione d'impatto e la mancata attivazione, ove necessario, della consultazione preventiva dell'Autorità, ai sensi degli articoli 35 e 36 del Regolamento, previste dall'articolo 110, comma 1, nel caso in cui il trattamento di dati sanitari a fini di ricerca medica, biomedica ed epidemiologica sia effettuato in assenza del consenso degli interessati, al fine di consentire di realizzare un ponderato bilanciamento dei vari interessi in gioco, rimarrebbe priva di conseguenze.
In tale quadro, attesa la particolare delicatezza dei trattamenti disciplinati dall'articolo 110-bis, aventi ad oggetto il "riutilizzo" dei dati a fini di ricerca scientifica o a fini statistici, in assenza del consenso degli interessati e previa autorizzazione del Garante, andrebbe prevista espressamente la sanzionabilità anche della violazione delle disposizioni del comma 2 dell'articolo 110-bis che richiedono l'autorizzazione del Garante, nonché della violazione delle prescrizioni impartite con tale autorizzazione. A tal fine, andrebbe quindi citata questa disposizione nell'elenco di cui al comma 2 dell'art. 166. Sempre in materia di ricerca scientifica, risulta invece inopportuna e sproporzionata l'inclusione, tra le condotte sanzionabili, della fattispecie di cui all'articolo 110, comma 2, del Codice, in quanto tale norma si limita ad indicare specifiche modalità con cui possono essere effettuate l'eventuale rettificazione e integrazione dei dati richieste dall'interessato, tenuto conto delle peculiarità del contesto di riferimento.
Al comma 2 non risulta pertinente la citazione dell'articolo 152 tra le fattispecie sanzionabili, atteso che tale disposizione si limita a individuare nell'autorità giudiziaria ordinaria il soggetto deputato a dirimere le controversie in materia di protezione dei dati personali; pertanto si suggerisce la sua eliminazione.
Si suggerisce, altresì, di citare tra le fattispecie sanzionate di cui all'articolo 166, comma 2, anche la mancata osservanza dell'articolo 157 del Codice (mancato riscontro alla richiesta di informazioni o esibizione di documenti al Garante). Tale fattispecie, già sanzionata nella disciplina previgente, andrebbe ripristinata  anche al fine di allineare  il quadro sanzionatorio con quanto previsto dal Regolamento. Quest'ultimo, all'articolo 83, par. 5, infatti, sanziona la mancata osservanza dell'articolo 58, par. 1, ai sensi del quale viene disciplinata tale attività istruttoria da parte delle autorità di controllo nell'ambito dei poteri di indagine ad esse attribuiti. Peraltro, al medesimo comma 2 appare opportuno sopprimere le parole: "e delle modalità tecniche", dal momento che esse (diversamente dalle misure di garanzia e dalle regole deontologiche) non costituiscono l'oggetto delle norme di cui agli articoli 2-septies e 2-quater ai quali la norma si riferisce.
Al fine di rendere coerente le disposizioni con il resto dell'ordinamento, si ritiene opportuno citare tra le fattispecie sanzionate, oltre a quelle individuate al comma 3 (violazione delle disposizioni in materia di registro pubblico delle opposizioni, che attualmente rinviano all'articolo 162, comma 2-quater, del Codice il quale verrà soppresso), anche quelle di cui all'articolo 5-ter del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, visto che quest'ultimo rinvia all'articolo 162, comma 2-bis del Codice parimenti destinato alla soppressione.
2.Trattamenti particolari
2.1. Trattamenti in ambito pubblico
2.1.1. L'articolo 2-sexies disciplina il trattamento di dati particolari (già "sensibili" in base al previgente Codice) per "motivi di interesse pubblico rilevante" ai sensi dell'articolo 9, par. 1, lett. g) del Regolamento, riproducendo in maniera sostanzialmente inalterata il regime normativo previsto al previgente articolo 20 del Codice per i trattamenti di dati sensibili effettuati da soggetti pubblici.
Il Regolamento richiede che, per il trattamento di tali dati, il diritto nazionale individui "misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato". Tuttavia il comma 1 del nuovo articolo 2-sexies si limita a prevedere che la "legge o, nei casi previsti dalla legge, il regolamento, specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante" senza più richiedere, come previsto dall'analogo articolo 20 del Codice il parere conforme del Garante sull'atto da adottare. Non sono inoltre previsti i necessari richiami al fatto che l'atto normativo debba contenere anche le specifiche misure a tutela degli interessati richieste dal Regolamento (e previste ad esempio anche dall'art. 2-octies per i "dati giudiziari"). Al riguardo si propone di modificare il comma 1 come segue:
"1. I trattamenti delle categorie particolari di dati personali di cui all'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento, necessari per motivi di interesse pubblico rilevante ai sensi della lettera g), paragrafo 2, del medesimo articolo, sono ammessi qualora siano previsti dal diritto dell'Unione europea ovvero, nell'ordinamento interno, da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, adottato in conformità al parere espresso dal Garante anche su schemi tipo, che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante, nonché le misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato."
2.1.2. Inoltre, si segnala che nella disposizione in esame, tra le finalità di rilevante interesse pubblico elencate non si rinvengono, né sembra possibile ricavarle in via interpretativa, quelle di "programmazione, gestione, controllo e valutazione dell'assistenza sanitaria" e quelle sulla "vigilanza sulle sperimentazioni, farmacovigilanza, autorizzazione all'immissione in commercio e all'importazione di medicinali e di altri prodotti di rilevanza sanitaria" (artt. 85, comma 1, lett. b e c del Codice e 9, par. 2, lett. h del Regolamento), che si suggerisce invece di prevedere. Analogamente, al comma 2, lett. e) della predetta disposizione, andrebbero menzionate anche le finalità di "documentazione dell'attività istituzionale di organi pubblici", di "esercizio del mandato degli organi rappresentativi, ivi compresa lo loro sospensione o il loro scioglimento, nonché l'accertamento delle cause di ineleggibilità, incompatibilità o di decadenza, ovvero di rimozione o sospensione da cariche pubbliche" (cfr. art. 65 del Codice abrogato dallo schema in esame).
2.1.3 Al comma 2, lett. v), viene specificato che i rapporti di lavoro nell'ambito dei quali si effettuano i trattamenti riguardano "soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all'esercizio di pubblici poteri". Poiché tutti i trattamenti disciplinati dall'articolo in esame sono effettuati da tali categorie di soggetti, per i diversi compiti di "rilevante interesse pubblico" indicati in tutte le lettere di cui al comma 2, per evitare equivoci interpretativi si ritiene opportuno che l'inciso in questione sia collocato, più correttamente, nell'alinea del comma 2 secondo la riformulazione che si suggerisce: "2. Fermo quanto previsto dal comma 1, si considera rilevante l'interesse pubblico relativo a trattamenti effettuati da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all'esercizio di pubblici poteri nelle seguenti materie:".
2.2 Misure di garanzia per il trattamento dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute
L'articolo 2-septies introdotto nel Codice dall'articolo 2, comma 1, lettera e) dello schema di decreto, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 9, paragrafo 4, del Regolamento, stabilisce che i dati genetici, biometrici e relativi alla salute, possono essere oggetto di trattamento in presenza di una delle condizioni di cui al paragrafo 2 del medesimo articolo ed in conformità alle misure di garanzia disposte dal Garante.
In proposito, si ritiene opportuno specificare le misure che potranno essere adottate dal Garante e al riguardo si suggerisce di integrare il comma 5 della menzionata disposizione inserendo dopo le parole "è consentito" il seguente periodo: "In particolare, le misure di garanzia individuano le misure di sicurezza, ivi comprese tecniche di cifratura e di pseudonimizzazione, misure di minimizzazione, specifiche modalità di accesso selettivo ai dati e per rendere le informazioni agli interessati, nonché eventuali altre misure necessarie a garantire i diritti degli interessati.".
Pur nella consapevolezza della sua funzionalità a confermare la vigenza di norme del Codice non incompatibili con il Regolamento, desta tuttavia perplessità l'elencazione, al comma 4, con finalità meramente esemplificativa, delle materie rispetto alle quali il Garante possa adottare misure di garanzia, dovendo come noto preferirsi, nei testi normativi, elencazioni tassative al fine di ridurre i margini di discrezionalità dell'interprete, suscettibile di pregiudicare la necessaria certezza del diritto. Si invita pertanto il Governo a valutare l'opportunità di sopprimere o quantomeno modificare tale disposizione.
Al comma 6, secondo periodo, è opportuno sostituire le parole: "Per i" con le seguenti: "Limitatamente ai", al fine di chiarire che il consenso quale ulteriore misura di garanzia può essere previsto esclusivamente con riferimento ai dati genetici.
2.3. Trattamento di dati biometrici per finalità di sicurezza
L'articolo 9 del Regolamento, che ha inserito i dati biometrici nella categoria dei dati "particolari" (già "sensibili") vietandone, in via generale, il relativo trattamento, prevede, con riguardo all'impiego in ambito lavoristico, che il trattamento sia consentito quando "necessario per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici del titolare del trattamento o dell'interessato in materia di diritto del lavoro e della sicurezza sociale e protezione sociale, nella misura in cui sia autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri o da un contratto collettivo ai sensi del diritto degli Stati membri, in presenza di garanzie appropriate per i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato" (art. 9, par. 2, lett. b), Reg. e considerando da 51 a 53).
Questa disposizione limita quindi in modo rilevante, rispetto al passato, la possibilità dell'impiego di tecniche biometriche nel contesto lavorativo e potenzialmente non consente di utilizzare sistemi biometrici anche per finalità di autenticazione informatica. Al riguardo infatti, con l'abrogazione del Disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza, allegato B) al Codice, verrebbe meno anche l'attuale base normativa, ivi contenuta, che ammetteva questa possibilità (regola 2).
Al riguardo, si propone quindi di inserire, all'interno dell'articolo 2-septies, un comma 6-bis, che legittimi ai sensi dell'articolo 9, par. 2 lett. b) del Regolamento, le tecniche di riconoscimento biometrico per specifiche finalità di sicurezza, in aggiunta o in sostituzione degli ordinari sistemi di autenticazione informatica, basati su informazioni nella disponibilità cognitiva (password, user id) o su dispositivi (badge, token). Ciò peraltro in armonia a quanto già prescritto o autorizzato, in alcuni casi, dal Garante nel vigente quadro normativo (in applicazione della sopra citata regola 2 dell'allegato B al Codice). La disposizione fa, in ogni caso, salva la successiva e puntuale individuazione, da parte del Garante, dei casi che possono trovare nella stessa il presupposto di liceità, nonché delle misure di garanzia e delle ulteriori condizioni di liceità dei conseguenti trattamenti nell'ambito dell'emanando provvedimento previsto dall'articolo 2-septies.
Attraverso tale norma si intende così autorizzare il trattamento di dati biometrici quando le esigenze di sicurezza e integrità dei sistemi o delle aree (ad esempio, dei locali ove sono custoditi dati e informazioni di particolare delicatezza) richiedono un maggior grado di certezza dell'identità del soggetto legittimato all'utilizzo di sistemi o all'accesso alle aree indicate, anche al fine di scongiurare il rischio di cessione illegittima o di furto di credenziali.
Si propone quindi di inserire, all'interno dell'articolo 2-septies, un comma del seguente tenore:
"6.bis. Ai fini del rispetto dei principi in materia di protezione dei dati personali, con riferimento agli obblighi di cui articolo 32 del Regolamento, è ammesso l'utilizzo dei dati biometrici con riguardo alle procedure di accesso fisico e logico ai dati da parte dei soggetti autorizzati, nel rispetto delle misure di garanzia e nei casi individuati ai sensi del presente articolo.".
2.4. Consenso del minore
Con riferimento all'art. 2-quinquies del Codice come modificato dallo schema di decreto, si osserva, in relazione ai servizi della società dell'informazione, che l'indicazione in base alla quale in tale ambito è consentito "il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a sedici anni" non appare coerente con altre disposizioni dell'ordinamento che individuano, invece, a quattordici anni il limite di età consentito per esercitare determinate azioni giuridiche. Si pensi, fra le tante, alle disposizioni in materia di cyberbullismo che consentono al minore ultraquattordicenne di esercitare i diritti previsti a propria tutela contro atti di cyberbullismo nei suoi confronti (v. art. 2, c. 1, l. n. 71 del 2017). O si pensi al diritto del minore ultraquattordicenne di prestare il proprio consenso all'adozione (art. 7, c. 2, l. n. 184 del 1983). Parrebbe pertanto incoerente ammettere il quattordicenne a prestare il proprio consenso per essere adottato, ma non per iscriversi a un social network.
2.5.  Limitazione ai diritti dell'interessato
2.5.1. In relazione all'articolo 2-decies, si segnala la necessità di espungere il riferimento al "responsabile del trattamento" in quanto i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento sono esercitabili solo nei confronti del titolare del trattamento.
2.5.2. Inoltre, con riferimento sia all'articolo 2-decies, comma 3, sia all'articolo 2-undecies, comma 2, occorre inserire dopo le parole "l'esercizio dei medesimi diritti può, in ogni caso, essere ritardato, limitato o escluso con comunicazione motivata e senza ritardo all'interessato" le parole "a meno che ciò possa compromettere le finalità della comunicazione medesima". Ciò in quanto l'ostensione di informazioni all'interessato, ove non sia prevista la possibilità di una loro limitazione, potrebbe vanificare la ratio della norma che comprime l'esercizio del diritto di accesso ai dati personali in presenza di interessi ritenuti di particolare tutela. Peraltro, tale previsione risulta anche coerente con quanto previsto dall'articolo 23, par. 2, lett. h), del Regolamento.
2.6. Riutilizzo di dati a fini di ricerca scientifica o a fini statistici
Riguardo all'articolo 110-bis, pur apprezzando l'intenzione del legislatore di inquadrare a livello sistematico le norme sul riutilizzo dei dati a fini di ricerca scientifica o a fini statistici introdotte dall'articolo 28 della legge europea n. 167 del 2017, tale disposizione per la sua formulazione solleva alcuni dubbi interpretativi.
In primo luogo, riguardo alla nozione di "riutilizzo" che non viene definita dal decreto e che pare incompatibile con quella contenuta nella normativa vigente sul riutilizzo delle informazioni del settore pubblico. Il riutilizzo a norma della predetta disciplina, richiamata peraltro anche nel considerando 154 del Regolamento, coincide infatti con l'utilizzo da parte di terzi, a fini commerciali o non commerciali, diversi da quelli iniziali per i quali le informazioni sono state prodotte, e riguarda soltanto i documenti contenenti dati pubblici (indipendentemente dal fatto che si tratti di dati personali o meno) nella disponibilità di pubbliche amministrazioni e di organismi di diritto pubblico. Sono quindi esclusi dal campo di applicazione del riutilizzo, così inteso, i dati personali che non godono di un generale regime di conoscibilità ovvero quelli la cui conoscibilità è subordinata al rispetto di determinati limiti o modalità, in base alle leggi, ai regolamenti o alla normativa dell'Unione europea.
Pertanto, se la nozione di riutilizzo andasse interpretata alla luce della predetta disciplina essa non potrebbe estendersi, in generale, ai dati sensibili e giudiziari e, in particolare, a quelli attinenti alla salute e alla vita sessuale, per il trattamento dei quali il Regolamento individua particolari condizioni e limiti (cfr. artt. 9 e 10). Tale interpretazione contrasterebbe inoltre con quanto affermato al comma 3 del medesimo articolo 110-bis che, nell'escludere dal concetto di riutilizzo il trattamento a fini di ricerca effettuato dagli IRCSS con dati raccolti nell'ambito dell'attività clinica, fa riferimento a casi di utilizzo ulteriore di dati non da parte di terzi, bensì del medesimo titolare del trattamento.
Se con tale nozione si vuole, invece, fare riferimento a trattamenti ulteriori, a fini di ricerca scientifica o a fini statistici, di dati personali inizialmente raccolti per altri scopi (ai sensi dell'articolo 6, par. 4 del Regolamento), indipendentemente dal fatto che questo sia effettuato dal medesimo titolare o da titolari diversi (distinzione che peraltro non si rinviene nel nuovo quadro giuridico introdotto dal Regolamento), la disposizione contenuta nell'articolo 110-bis appare superflua in quanto l'articolo 5, par. 1, lett. b) del Regolamento qualifica già le ulteriori finalità di ricerca scientifica e statistiche eventualmente perseguite come compatibili con quelle iniziali, purché l'ulteriore trattamento sia effettuato in conformità alle garanzie previste dall'articolo 89 del Regolamento. Inoltre, l'ulteriore trattamento a fini scientifici o statistici di dati raccolti per altri scopi è già consentita sulla base dei presupposti di liceità del trattamento individuati dagli articoli 6 e 9 del Regolamento (cfr., in particolare, art. 6, par. 1., lett. a, o f e art. 9 par. 2 lett. j) e secondo le modalità previste dall'articolo 89 dello stesso, dalla disciplina del Codice, così come emendata dallo schema di decreto in esame (cfr. artt. 104-110 e art. 20, commi 3 e 4, che fa salve le regole deontologiche vigenti per i trattamenti a fini scientifici e statistici, ferma restando la verifica della loro compatibilità con il nuovo quadro giuridico europeo da parte del Garante), nonché dalle altre rilevanti disposizioni di settore (cfr. per l'accesso di soggetti terzi ai dati raccolti a fini statistici, art. 5-ter del d.lgs n. 33 del 2013, nonché, più in generale, per i trattamenti a fini statistici, d.lgs. n. 322 del 1989).
Conseguentemente, il potere del Garante di autorizzare i trattamenti ulteriori non dovrebbe essere escluso per i dati genetici.
Infine, la previsione di un'autorizzazione specifica da parte del Garante per ciascun trattamento ulteriore, a fini di ricerca scientifica o a fini statistici, di dati personali inizialmente raccolti per altri scopi, non accompagnata dalla possibilità di rilasciare altresì, ove possibile, provvedimenti autorizzativi di tipo generale, in relazione a determinate categorie di titolari e di trattamenti, rischia di irrigidire eccessivamente le attività poste in essere in questo settore.
In conclusione, tutto ciò considerato, qualora le disposizioni di cui all'articolo 110-bis si volessero mantenere, il termine "riutilizzo" andrebbe innanzitutto sostituito, ovunque ricorra, con quello di "trattamento ulteriore da parte di terzi" (cfr. in tal senso, il considerando 50 del Regolamento). In secondo luogo, le predette disposizioni andrebbero coordinate meglio con le norme di settore sopra richiamate, specificando in particolare che l'autorizzazione del Garante può essere rilasciata anche in relazione a determinate categorie di titolari e di trattamenti e, in questo caso, è pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Infine, il terzo comma andrebbe riformulato specificando che il trattamento a fini di ricerca da parte degli IRCSS dei dati raccolti per l'attività clinica è effettuato nel rispetto di quanto prevede il Regolamento e in particolare dell'articolo 89 dello stesso.
2.7. Responsabile protezione dati
Appare opportuno estendere all'autorità giudiziaria nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali  diverse da quelle penali l'obbligo di designazione del responsabile della protezione dati, coerentemente con la scelta compiuta in occasione del recepimento della direttiva (UE) 2016/680, relativamente ai trattamenti svolti dall'autorità giudiziaria nell'esercizio della funzione giurisdizionale in sede penale (cfr. art. 28, AG 517, XVII legislatura.).
2.8. Informazioni in caso di ricezione di curricula
Con riferimento all'articolo 9, lett. c), dello schema di decreto che inserisce nel Codice l'articolo 111-bis, in materia di "informazioni in caso di ricezione di curricula", al fine di meglio coordinare la disposizione con i principi del Regolamento, che esigono che l'interessato sia sempre informato in ordine al trattamento dei dati che lo riguardano, si propone di rivedere la norma nei termini di seguito indicati:
"1. Le informazioni di cui all'articolo 13 del Regolamento, nei casi di ricezione di curricula spontaneamente trasmessi dagli interessati al fine dell'instaurazione di un rapporto di lavoro, vengono fornite al momento del primo contatto utile, successivo all'invio del curriculum medesimo. Nei limiti delle finalità di cui all'articolo 6, par. 1, lett. b), del Regolamento, il consenso al trattamento dei dati presenti nei curricula non è dovuto".
2.9.  Diritti riguardanti le persone decedute
All'articolo 2-duodecies dello schema di decreto, si ritiene utile garantire che la volontà dell'interessato di vietare l'esercizio dei diritti di accesso ai dati che lo riguardano non sia condizionata da eventuali valutazioni predeterminate da terzi. Si suggerisce, pertanto, di inserire all'interno della norma un ulteriore comma dal seguente tenore:
"3-bis. Sono nulle le clausole contrattuali che prevedono disposizioni in contrasto con quanto stabilito dai commi 2 e 3".
Si valuti, infine, l'opportunità di assicurare un migliore coordinamento della disposizione in esame con la disciplina civilistica rilevante, in particolare in ordine alle implicazioni del divieto di cui ai commi 2 e 3 sull'esercizio, da parte dei terzi, dei diritti patrimoniali derivanti dalla morte dell'interessato nonché del diritto di difesa in giudizio.
2.10. Procedimento sanzionatorio amministrativo
In ordine alla procedura descritta dall'articolo 166, al comma 6 è opportuno prevedere la notificazione della contestazione all'interessato anziché una semplice comunicazione che, in quanto tale, è priva delle caratteristiche di certezza necessitate nell'ambito dei procedimenti sanzionatori e prescrittivi amministrativi.
2.11. Regole deontologiche relative ad attività giornalistiche
Con riferimento a quanto previsto per il codice deontologico dell'attività giornalistica dall'art. 139, comma 2, è opportuno chiarire meglio che la norma è destinata ad avere effetti anche oltre il periodo transitorio, sopprimendo le parole da: "Nel periodo compreso", fino a: "successivamente", conseguentemente collocando la disposizione all'ultimo comma dell'articolo.
2.12. Modalità di verifica delle autorizzazioni generali
Per quanto riguarda l'articolo 21 dello schema di decreto, in via preliminare si rileva, al comma 1, che andrebbe richiamato, tra le disposizioni "relative alle situazioni di trattamento", anche l'articolo 9, par. 2, lett. b), del Regolamento, che disciplina il trattamento di dati particolari nel campo del diritto del lavoro e della protezione sociale, materia anch'essa oggetto di autorizzazione generale suscettibile di verifica.
Inoltre, i termini di novanta giorni, ivi stabiliti per consentire al Garante l'adozione del provvedimento generale con il quale si individuano le prescrizioni delle autorizzazioni generali compatibili con il Regolamento, appaiono troppo esigui. Ciò, soprattutto in considerazione degli adempimenti istruttori previsti ai fini dell'adozione che prevedono, in aggiunta, un ulteriore procedimento di consultazione pubblica. Tale procedimento aggiuntivo, infatti, - teso a consentire ai partecipanti la possibilità effettiva di concorrere a determinare la decisione finale grazie a un orizzonte temporale adeguato al processo di consultazione - non può (da solo) risultare inferiore a sessanta giorni (cfr. Linee guida sulla consultazione pubblica in Italia, pubblicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, 2017).
Al riguardo, pertanto, sarebbe opportuno rivedere i termini stabiliti nell'articolo prevedendo che il Garante predisponga lo schema di provvedimento da porre in consultazione pubblica entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e che il medesimo provvedimento venga adottato entro sessanta giorni dall'esito della consultazione pubblica.
In tal senso, al comma 1 dell'articolo 21 le parole "con provvedimento di carattere generale da adottarsi entro novanta giorni" dovrebbero essere sostituite dalle seguenti: "con provvedimento di carattere generale da porre in consultazione pubblica entro novanta giorni", e il  secondo periodo del comma 1 dovrebbe essere riformulato come segue: "Il provvedimento di cui al presente comma è adottato entro sessanta giorni dall'esito del procedimento di consultazione pubblica".
In coerenza con quanto appena osservato, al comma 2 dovrebbe prevedersi che la cessazione degli effetti delle autorizzazioni generali ritenute incompatibili dovrà prodursi al momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della versione finale del provvedimento. Pertanto, il comma 2, dovrebbe essere riformulato come segue:
"2. Le autorizzazioni generali, sottoposte a verifica a norma del comma 1, che sono state ritenute incompatibili con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679  cessano di produrre effetti al momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di cui al comma 1".
Analoga previsione in ordine al momento di cessazione degli effetti deve essere introdotta al comma 3 per le autorizzazioni ivi previste.
Infine, in considerazione del fatto che le disposizioni delle autorizzazioni generali vigenti sono destinate a confluire (in parte, cioè quelle compatibili con il Regolamento) nel provvedimento generale di cui al comma 1, si propongono di seguito alcuni mirati perfezionamenti dei commi 4 e 5, volti ad un miglior coordinamento dell'intero articolo:
"4. Sino all'adozione delle regole deontologiche e delle misure di garanzia di cui agli articoli 2-quater, 2-septies del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 producono effetti per la corrispondente categoria di dati e di trattamenti, le autorizzazioni generali di cui al comma 1 e le pertinenti prescrizioni del provvedimento di cui al comma 1.
5. Le violazioni delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali di cui al presente articolo e nel provvedimento generale di cui al comma 1 sono soggette alla sanzione amministrativa di cui all'articolo 83, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2016/679.  ".
2.13.  Particolari trattamenti per ragioni di interesse pubblico
Per assicurare una piena corrispondenza e conformità all'articolo 36 del Regolamento cui la norma fa espresso rinvio, l'articolo 22, comma 5, dello schema di decreto andrebbe modificato, facendo opportuno riferimento a trattamenti svolti per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico che può presentare rischi particolarmente elevati ai sensi dell'articolo 35 del Regolamento, disciplinati dallo schema nel nuovo articolo 2-quaterdecies del Codice.
Tenendo conto del disposto di tale ultimo articolo e del riferimento ai minorenni contenuti nel testo dello schema di decreto, l'osservazione potrebbe essere recepita riformulando la disposizione nei seguenti termini:
"5. A decorrere dal 25 maggio 2018, le disposizioni di cui ai commi 1022 e 1023 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 si applicano esclusivamente ai trattamenti dei dati personali funzionali all'autorizzazione del cambiamento del nome e/o del cognome dei minorenni. Con riferimento a tali trattamenti, il Garante per la protezione dei dati personali può, nei limiti e con le modalità di cui all'articolo 36 del regolamento (UE) 2016/679 adottare provvedimenti di carattere generale. Al fine di semplificare gli oneri amministrativi, i soggetti che rispettano le misure di sicurezza e gli accorgimenti prescritti ai sensi dell'articolo 2-quaterdecies sono esonerati dall'invio al Garante dell'informativa di cui al citato comma 1022. In sede di prima applicazione, le suddette informative sono inviate entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento del Garante."
3.Ulteriori osservazioni
Al fine di garantire maggiore conformità della disciplina interna al diritto dell'Unione europea, nonché per assicurare la necessaria certezza normativa, si propongono ulteriori modifiche ed integrazioni del testo, di seguito descritte
3.1. All'articolo 2-octies, non è del tutto chiaro il rapporto tra le disposizioni di cui ai primi tre commi. Si valuti pertanto l'opportunità di coordinare meglio le relative previsioni.
3.2. All'articolo 2-novies, appare opportuno assicurare un corretto coordinamento con la disciplina sulla valutazione, in sede giudiziaria, della validità, efficacia e utilizzabilità di atti, documenti e provvedimenti basati sul trattamento di dati personali non conforme a norme legislative o regolamentari. A tal proposito, considerato che l'art. 160 riformulato dal decreto riguarda ormai soltanto i trattamenti di cui all'art. 58 del Codice, sarebbe opportuno separare la disposizione contenuta nel comma 5 dal resto dell'articolo 160, introducendo un apposito art. 160-bis, al quale l'art. 2-novies faccia rinvio con una clausola di salvaguardia.
3.3. L'articolo 2-quaterdecies inserito nel Codice dallo schema di decreto contiene la locuzione "rischi particolarmente elevati", che sembra introdurre una nuova categoria di trattamenti i quali richiederebbero un intervento interpretativo per individuare le fattispecie soggette all'autorizzazione preliminare, di difficile apprezzamento da parte dei titolari e di dubbia compatibilità con il Regolamento. Il Regolamento, agli articoli 35 e 36, dei quali la disposizione in questione costituisce diretta attuazione, fanno riferimento solo a "rischi elevati". Pertanto, si suggerisce di espungere l'avverbio "particolarmente" dal citato articolo 2-quaterdecies.
3.4. Con riferimento al Titolo VIII della Parte II del Codice (art. 9, comma 1, lett. d), dello schema), si osserva che la proposta nuova rubrica "Trattamento di dati riguardanti prestazioni di lavoro" va riferita, più correttamente, al Capo II e non al Capo III del Titolo in questione. La rubrica del Capo III del Codice, invece, va integrata con il riferimento al "lavoro agile" (si suggerisce la seguente locuzione: "Controllo a distanza, lavoro agile e telelavoro").
Quanto all'articolo 114 del Codice (cfr. art. 9 comma 1, lett. e), dello schema), esso va mantenuto inalterato nel testo attualmente vigente (confermando cioè il mero rinvio all'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori), mentre si suggerisce di perfezionarne la rubrica come segue: "Garanzie in materia di controllo a distanza".
Il riferimento all'articolo 10 del decreto legislativo n. 276 del 2003 (che lo schema riporta nell'articolo 114 del Codice) deve essere, invece, inserito, ratione materiae, nell'articolo 113 del Codice, che già rinvia all'articolo 8 dello Statuto dei lavoratori in tema di divieto per il datore di lavoro di svolgere indagini sulle opinioni politiche, religiose e sindacali dei lavoratori. Il predetto articolo 10, infatti, ha esteso il divieto di indagini anche alle agenzie di lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati autorizzati ad operare in tale settore.
3.5. E' necessario confermare la vigenza dell'articolo 135 del Codice, concernente le regole deontologiche in materia di indagini difensive e investigazioni, con gli opportuni adattamenti (sostituendo cioè la locuzione "codice di deontologia e di buona condotta" con: "regole deontologiche", sia nella rubrica che nel corpo dell'articolo). Tali regole deontologiche sono infatti confermate dallo schema di decreto (cfr. nuovo art. 2-quater del Codice e 20, comma 3, dello schema, nonché all. A6 del previgente Codice). L'osservazione può essere recepita espungendo il titolo XI del Codice (che reca come unica norma appunto l'articolo 135) dalle abrogazioni (art. 27, c. 1, lett. b, n. 9, dello schema).
3.6. Con riferimento all'articolo 11 dello schema di decreto, che ha modificato l'articolo 122, comma 1, del Codice, occorre sopprimere unicamente le parole "di cui all'articolo 13, comma 3", in quanto l'informativa deve essere resa ora ai sensi degli articoli 13 e 14 del Regolamento, lasciando sopravvivere la previsione della possibilità di informare gli interessati "con modalità semplificate". Infatti, va tenuto presente che nell'ambito dei servizi di comunicazione elettronica, che includono anche il trattamento attraverso siti web, il ricorso a modalità semplificate per informare gli interessati appare necessario al fine di non rendere sproporzionato l'adempimento  e rendere di immediata comprensione il trattamento che si intende effettuare, agevolando la "navigazione" nei siti medesimi (si pensi all'archiviazione dei c.d. cookie sui terminali degli interessati da parte dei siti Internet visitati).
3.7. Si suggerisce di espungere il secondo comma dell'articolo 75 del Codice, così come novellato, in quanto, da un lato, il richiamo all'articolo 23, par. 1, lett. e) non rileva, prevedendo la possibilità di introdurre limitazioni solo per finalità di sanità pubblica e sicurezza sociale e non per i trattamenti sanitari in generale; dall'altro lato, l'articolo 17, par. 3, lett. c), nonché l'articolo 20, par. 3, del Regolamento, già escludono rispettivamente l'applicabilità del diritto alla limitazione al settore della sanità pubblica e la sua applicazione di quello alla portabilità nei confronti dei trattamenti necessari per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri.
3.8. L'articolo 14, comma 1, lett. c), introduce il nuovo articolo 154-bis del Codice, il cui comma 3 prevede che il Garante disciplini le modalità di pubblicazione dei propri provvedimenti e "i casi di oscuramento delle generalità degli interessati". Al riguardo, si fa presente che i casi in cui può essere opportuno l'oscuramento possono riguardare non solo l'interessato, ma anche il titolare del trattamento e tutti i soggetti citati all'interno dei provvedimenti stessi. Non è poi sufficiente prevedere l'oscuramento delle sole generalità, ma anche dei dati di contesto che possono rendere identificabili i soggetti interessati in maniera indiretta. Per tale motivo si propone di eliminare dal comma 3 l'inciso "delle generalità degli interessati".
3.9. Si segnala un refuso all'articolo 132 del Codice come novellato, per cui il riferimento numerico della legge del 20 novembre 2017 va modificato da "164" in "167".
3.10. All'articolo 18, comma 1, il dies ad quem per la definizione dei procedimenti sanzionatori da parte del Garante va individuato più correttamente nella data di effettiva applicazione del Regolamento (25 maggio 2018) e non già nel 21 marzo 2018, le ragioni della cui individuazione non appaiono chiare.  
3.11. All'articolo 19, al comma 5, il dies ad quem per la definizione dei ricorsi da parte del Garante va individuato più correttamente nella data di effettiva applicazione (25 maggio 2018) e non già di entrata in vigore del Regolamento, di due anni precedenti.
3.12. All'articolo 21, comma 3, appare opportuno sostituire le parole "situazioni di trattamento diverse" con le seguenti: "trattamenti diversi".
3.13. Al fine di meglio chiarire il disposto dell'articolo 25, fugando possibili dubbi interpretativi, appare opportuno:
a) al comma 3, dopo le parole: "sentenza inappellabile" inserire le seguenti: "di proscioglimento";
b) al comma 5, precisare se la sanzione (cui si fa riferimento per calcolare l'entità del pagamento in misura ridotta) sia da intendersi con riferimento alla comminatoria edittale, ovvero alla sanzione in concreto irrogata.
Tale ultima precisazione appare opportuna, oltre che per esigenze di certezza normativa, anche per ragioni di compatibilità con l'articolo 16 della legge n. 689 del 1981.”

Illustrazione analitica dello schema di decreto
Al fine di conferire alla disciplina la necessaria organicità e sistematicità, il decreto è stato suddiviso in sei Capi, e si compone di 27 articoli, dedicati a specifici aspetti della materia.
Il Capo I del decreto, recante “Modifiche al titolo e alle premesse del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196””, consiste in un unico articolo, l’art. 1, che dispone le modifiche di cui alla rubrica.
Il Capo II del decreto, poi, sotto la rubrica “Modifiche alla Parte I del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”, contiene appunto una serie di modifiche a detta parte del Codice.
In particolare, l’art. 2 reca varie modifiche alla Titolo I di quella parte.
Al Titolo I, la cui rubrica è sostituita, è introdotto un Capo I che reca la seguente rubrica: “Oggetto, finalità e Autorità di controllo”.
Più nello specifico, l’ art. 1 del Codice circa l’ “Oggetto” è stato sostituito nel senso di specificare che ora il trattamento dei dati personali avviene secondo il Regolamento, oltre che dello stesso Codice, ovviamente come profondamento innovato, nel rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali della persona. Si ribadisce così il sistema dei diritti e delle libertà fondamentali della persona nell’ordinamento italiano e nell’ordinamento europeo, non diversamente da quanto già disposto in precedenza.
L’art. 2 del Codice, come sostituito, sotto la rubrica “Finalità”, è volto semplicemente a chiarire che il Codice ora è deputato ad adeguare l’ordinamento nazionale al suddetto Regolamento; cosa che, peraltro, si è inteso chiarire sin dal titolo del medesimo Codice, come modificato, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), dello schema di decreto legislativo.
Come già esplicitato, infatti, il Codice, come qui modificato, è finalizzato all’adeguamento dell’ordinamento nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati). Alla luce della tecnica legislativa adottata, quindi, le sue disposizioni dovranno quindi essere lette in “combinato disposto” con le disposizioni previste dal regolamento.

Al riguardo si rappresenta di non aver condiviso l’osservazione della Commissione speciale per l’esame di atti del Governo della Camera, in merito alla ritenuta opportunità di sopprimere l’articolo 2, comma 1, lettere b) e c), del presente schema di decreto, in modo da ripristinare il testo degli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recanti rispettivamente diritto alla protezione dei dati personali e finalità.
Le disposizioni di cui si domanda il ripristino sono incompatibili con il Regolamento ed una loro eventuale riformulazione si tradurrebbe in una non consentita riproduzione delle norme di diritto europeo ovvero sarebbe produttiva di effetti distonici rispetto alle norme di diritto europeo.
La Commissione Europea, nella comunicazione al Parlamento Europeo e al Consiglio del 24 gennaio 2018, ha precisato, invero, che: “(…) È altresì vietato integrare il testo dei regolamenti nel diritto nazionale (per esempio ripetere le definizioni o i diritti dei singoli), a meno che tale integrazione sia strettamente necessaria ai fini della coerenza e per rendere le disposizioni nazionali comprensibili alle persone cui si applicano. La riproduzione del testo del regolamento parola per parola nella legge nazionale di precisazione è ammessa solo in circostanze eccezionali e giustificate e non può essere usata per inserire condizioni o interpretazioni aggiuntive al testo del regolamento.”.

L’art. 2-bis del Codice, con la rubrica “Autorità di controllo”, è stato introdotto per immediatamente indicare, a fini di più agevole comprensione di parecchie norme che seguono, quale sia tuttora la nostra autorità di controllo nel campo, che resta individuata nel Garante per la protezione dei dati personali. L’articolo, quindi, rappresenta l’attuazione a livello nazionale di quanto previsto dall’articolo 51 del regolamento. L’articolo, infatti, individua nel Garante per la protezione dei dati personali l’autorità di controllo nazionale, deputata alla sorveglianza dell’applicazione del regolamento al fine di tutelare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche coinvolte nel trattamento di dati personali, nonché di agevolare la libera circolazione dei dati personali all’interno dell’Unione.

Il Capo II del Titolo I della Parte I Codice, sotto la rubrica “Principi”, è introdotto per dettare i principi generali del trattamento, ma indica altresì condizioni e requisiti specifici per categorie particolari di trattamento. In particolare, viene stabilito che la base giuridica per i trattamenti connessi ad un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri sia da rintracciarsi esclusivamente in una norma di legge o di regolamento.
In particolare, l’articolo 2 ter detta specificazioni in merito alla “Base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri”, nell’esercizio dello spazio di discrezionalità previsto dall’articolo 6, 2 comma, del regolamento che lascia agli Stati membri la possibilità di mantenere o introdurre disposizioni più specifiche con riguardo ai trattamenti necessari per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri.
L’articolo si presenta come una riformulazione dell’articolo 19 del previgente codice in materia di protezione dei dati personali, il cui ambito di applicazione soggettivo viene esteso al fine di adeguarsi all’impostazione adottata dal regolamento. Nel regolamento, infatti, scompare la distinzione basata sulla natura pubblica o privata dei soggetti che trattano i dati, rilevando unicamente la finalità del trattamento perseguita, vale a dire se la finalità concerne un interesse pubblico o privato. L’articolo quindi deve intendersi applicabile ai soggetti che trattano i dati personali per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, a prescindere dalla loro natura soggettiva.
L’articolo specifica la base giuridica individuata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera b) del regolamento nel “diritto dello Stato membro”, precisando che a livello nazionale tale base è costituita esclusivamente da una norma di legge o di regolamento.
Inoltre, vengono introdotte specifiche condizioni di legittimità per la comunicazione o diffusione di dati personali da parte di soggetti che effettuano trattamenti per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri. In particolare, si distinguono le condizioni di legittimità per la comunicazione dei dati personali a seconda che i trattamenti siano effettuati per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri, o per altre finalità. Nel primo caso, viene ammessa la comunicazione, anche in assenza di previsione legislativa o regolamentare, qualora la stessa sia necessaria allo svolgimento delle finalità istituzionali, previa comunicazione al Garante. La diffusione, invece, è ammessa unicamente se prevista in una norma di legge o di regolamento.
In assenza di una norma definitoria nel regolamento, a fini di chiarezza terminologica l’articolo introduce specifiche definizioni di “comunicazione” e “diffusione”, riprendendo quelle presenti nel codice in materia di protezione dei dati personali, adeguate alle modifiche normative del nuovo testo.
A seguire, nell’art. 2-quater, vengono disciplinate le regole deontologiche nelle materie riservate agli Stati membri. L’articolo affida al Garante per la protezione dei dati personali l’attività di promozione della sottoscrizione di “Regole deontologiche” negli ambiti in cui il regolamento riserva la materia agli Stati membri. In particolare, il regolamento prevede che il legislatore nazionale possa individuare disposizioni più specifiche, nonché determinare requisiti ad hoc relativamente a: a) trattamenti necessari per adempiere un obbligo legale; b) trattamenti necessari per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri; c) trattamento di dati genetici, biometrici o relativi alla salute; d) talune specifiche situazioni di trattamento, come ad esempio il trattamento a scopi giornalistici o di espressione accademica, artistica o letteraria, il trattamento nell’ambito dei rapporti di lavoro e il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici. Tale disposizione trova in parte la propria ratio nella scelta di conservare le regole stabilite nei “Codici di deontologia e di buona condotta”, previsti all’articolo 12 del previgente codice in materia di protezione dei dati personali, che sino ad oggi hanno costituito una rilevante fonte di riferimento per i settori a cui sono diretti. Sebbene si sia dunque preferito far sopravvivere tali corpus settoriali, non si è optato per una loro integrale trasposizione nel nuovo testo normativo, ritenendo piuttosto necessario un loro aggiornamento ed adeguamento alla luce del nuovo impianto normativo e dei progressi tecnico-scientifici. Per tale motivo, l’articolo in esame prevede che lo schema di regole deontologiche sia sottoposto ad una previa consultazione pubblica. Il dialogo con le parti, gli stakeholders e i settori direttamente interessati è essenziale al fine di elaborare regole condivisibili e stabilire modalità di attuazione che non risultino eccessivamente onerose ovvero inefficaci agli occhi degli operatori.
Vengono poi delineate, all’art. 2-quinquies, talune regole per il “Consenso del minore in relazione ai servizi della società dell’informazione”. L’articolo rappresenta un esercizio di delega in materia riservata da parte del legislatore statale, chiamato a fissare la soglia minima di età ai fini della validità del consenso espresso dal minore. Si è comunque stabilito che il minore debba avere almeno quattordici anni al fine di prestare un valido consenso al trattamento dei propri dati in tale ambito, in conformità alle concordanti osservazioni contenute nei pareri delle Commissioni parlamentari e nel parere del Garante per la protezione dei dati personali. Tale disposizione è circoscritta ai trattamenti che vengono effettuati nell’ambito dei servizi della società dell’informazione, vale a dire quei servizi prestati normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario. Si tratta ad esempio dei trattamenti di dati conseguenti all’iscrizione a social network o a servizi di messaggistica. La norma è dunque volta a tutelare il minore in quei contesti virtuali ove risulta maggiormente esposto a causa di una minore consapevolezza dei rischi insiti nella “rete”. La disposizione, infatti, rende l’operatore consapevole del fatto che minori possono accedere ai servizi, e quindi richiede di apprestare le relative misure. Sono state, inoltre, recepite le indicazioni unanimi delle Commissioni parlamentari di natura terminologica circa il consenso al fine di rendere significativo lo stesso. All’infuori dell’ambito dei servizi della società dell’informazione, permane in ogni caso il limite dei diciotto anni per la prestazione di un valido consenso al trattamento dei dati personali.
L’articolo 2-sexies detta le condizioni richieste per il “Trattamento di categorie particolari di dati necessario per motivi di interesse pubblico rilevante”, specificando quanto previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera g) del regolamento. In particolare, si precisa che il suddetto trattamento sia ammesso solo se previsto dal diritto dell’Unione europea o dal diritto nazionale. In quest’ultimo caso, la base giuridica è costituita esclusivamente da una disposizione di legge o di regolamento, che, oltre ad assicurare le condizioni di proporzionalità del trattamento, salvaguardia del diritto alla protezione dei dati e previsione di misure di salvaguardia appropriate per gli interessati, deve ulteriormente specificare i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante. Ferma restando la necessità che il trattamento sia individuato in una specifica disposizione di normativa, a fini di razionalizzazione e semplificazione, l’articolo riunisce in un elenco, non esaustivo, i trattamenti che possono ritenersi effettuati per motivi di rilevante interesse pubblico, in precedenza disseminati in molteplici disposizioni del previgente codice in materia di trattamento dei dati personali.
In adesione alle osservazioni delle Commissioni parlamentari è stato incrementato l’elenco di trattamenti del comma 2 dell’articolo che si illustra e sono state apportate talune altre modificazioni al suo testo.
Non si è ritenuto, invece, di seguire il parere del Garante per la protezione dei dati personali laddove ha proposto una modifica del comma 1 dell’articolo 2-sexies consistente nel vincolare il contenuto dei regolamenti al “parere espresso dal Garante anche su schemi tipo, che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante, nonché le misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato”. Tanto perché detta Autorità di controllo nazionale è già chiamata ad esprimere il proprio parere, oltre che sugli atti legislativi, anche su quelli regolamentari in materia di protezione dei dati personali.

Infine, con riferimento al trattamento di dati genetici, biometrici e relativi alla salute, l’articolo opera un rinvio alle misure di garanzia di cui al successivo art. 2-septies.
All’art. 2-septies, infatti, con riferimento ai dati genetici, biometrici e relativi alla salute, viene previsto che il relativo trattamento sia subordinato al rispetto di misure di garanzia disposte dal Garante per la protezione dei dati personali. L’articolo rubricato “Misure di garanzia per il trattamento dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute”, attua la delega riservata dal regolamento agli ordinamenti nazionali in relazione ai trattamenti di dati genetici, biometrici e relativi alla salute. In particolare, viene previsto che il trattamento di queste particolari categorie di dati sia subordinato all’osservanza di misure di garanzia, stabilite dal Garante per la protezione dei dati personali con provvedimento adottato con cadenza almeno biennale, a seguito di consultazione pubblica. Nell’adozione del provvedimento il Garante deve tenere in particolare considerazione, oltre alle linee guida, raccomandazioni e migliori prassi pubblicate dal Comitato europeo per la protezione dei dati, anche l’evoluzione tecnologica e scientifica del settore a cui tali misure sono rivolte, nonché l’interesse alla libera circolazione dei dati nel territorio europeo. Le misure di garanzia sono adottate tenendo in considerazione le specifiche finalità di trattamento in relazione a ciascuna delle categorie di dati e nel rispetto delle condizioni alternative di legittimità del trattamento, previste dall’articolo 9, paragrafo 2 del regolamento. Dunque, per esempio, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) e i) del regolamento, il consenso non è più richiesto se il trattamento è necessario per finalità di medicina preventiva o di medicina del lavoro, valutazione della capacità lavorativa del dipendente, diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale ovvero gestione dei sistemi e servizi sanitari o sociali sulla base del diritto dell’Unione europea o degli Stati membri o conformemente al contratto con un professionista della sanità,  o se il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica.
Con riferimento al trattamento dei dati genetici, viene tuttavia prevista la possibilità per il Garante di individuare il consenso come ulteriore misura di protezione dei diritti dell’interessato.
Le misure di garanzia disciplinate dal presente articolo dovrebbero presentare soprattutto un contenuto tecnico ed organizzativo, e dettare misure di sicurezza.
Le “autorizzazioni generali” di cui all’articolo 40 del previgente codice in materia di protezione dei dati personali non trovano invece inquadramento tra gli istituti disciplinati dal regolamento e sono mantenute per un periodo transitorio. Analogamente alle regole deontologiche, anche le misure di garanzia sono sottoposte ad una previa consultazione pubblica ai fini della loro approvazione. Viene infine specificato che ciascuna categoria di dati godrà di proprie misure ad hoc elaborate in relazione a specifiche finalità del trattamento.
Infine, l’articolo ribadisce il divieto di diffusione dei dati genetici, biometrici e relativi alla salute, come già previsto, seppur in maniera meno estesa, dall’articolo 26 del codice in materia di protezione dati personali.

Sono state recepite le osservazioni delle Commissioni parlamentari e del Garante, fatta eccezione per la richiesta di specificare in un elenco tassativo le materie su cui il Garante può adottare misure di garanzia. Tanto perché le misure di garanzia devono mantenere un contenuto elastico e non predeterminato anche in relazione allo sviluppo tecnologico. Per contro, neppure è stata accolta l’opposta opzione di soppressione o modifica della lista di materie in questione, la quale è il frutto di specifiche richieste delle Amministrazioni interessate e, in particolare, del Ministero della Salute.
Inoltre, è stata parzialmente accolta la richiesta - della sola Commissione Speciale del Senato - di aggiungere al comma 6, dopo le parole "dati genetici", le seguenti parole "e dati relativi alla salute". In particolare, tale richiesta è stata accolta limitatamente al trattamento dei dati relativi alla salute per finalità di prevenzione, diagnosi e cura,  in quanto in tale ambito è perimetrata la competenza del Ministero della salute, ben potendo il trattamento dei predetti dati aver luogo per altre finalità, come, ad esempio in relazione al rapporto lavorativo.

In raccordo con quanto previsto dalla direttiva 2016/680 e dal relativo decreto di recepimento, viene introdotta una disposizione (l’art. 2-octies) relativa al trattamento di dati concernenti condanne penali e reati, limitando le operazioni di trattamento ai soli casi in cui queste siano previste da una norma di legge o di regolamento. In particolare, la liceità di tale trattamento, ove non sia svolto sotto il controllo di un’autorità pubblica, è subordinata alla sussistenza di una disposizione di legge o di regolamento che lo autorizzi e che preveda al contempo garanzie appropriate per i diritti degli interessati. La ratio di tale disposizione è da rinvenire nella volontà di tutelare l’interessato da trattamenti particolarmente invasivi della propria privacy, considerate le finalità del trattamento e la tipologia dei dati. Una tutela effettiva può essere garantita solo dal vaglio di un’autorità pubblica, in grado di bilanciare gli interessi nazionali con quelli di riservatezza del singolo ovvero da un’espressa disposizione normativa contenente garanzie ulteriori, rispetto a quelle normalmente adottate, per la riservatezza dell’interessato.
È stata recepita (con l’introduzione di un articolo 2-novies) la condizione espressa dalla Commissione speciale della Camera e dal Garante relativa alla necessità di estendere le disposizioni degli articoli 2-sexies, 2-septies e 2-octies ai trattamenti delle categorie di dati personali di cui agli articoli 9, paragrafo 1, e 10 del Regolamento, disciplinati dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale, come già previsto dal Codice Privacy all’articolo 22, comma

Inoltre, all’art. 2-decies, viene ribadita l’inutilizzabilità dei dati trattati in violazione della normativa sul trattamento dei dati personali. L’articolo prevede l’“Inutilizzabilità dei dati” come conseguenza principale e diretta dell’eventuale trattamento illecito dei dati, riprendendo quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali. Unitamente alle sanzioni di natura amministrativa, tale previsione rappresenta una tutela ex post per il soggetto interessato i cui dati siano stati trattati in modo illecito.
È stata prevista una clausola di salvaguardia con riferimento a quanto previsto dall’attuale articolo 160 bis del Codice, conformemente a quanto richiesto in tutti i pareri acquisiti.

Il nuovo Capo III del Titolo I della Parte I  del Codice, rubricato “Disposizioni in materia di diritti dell’interessato”, concerne i diritti garantiti all’interessato e le ipotesi di limitazione degli stessi. Viene infatti previsto che tali diritti possono essere limitati in caso di concreto pregiudizio per altri interessi normativamente tutelati. In particolare, vengono previste limitazioni in ambito di: antiriciclaggio, sostegno delle vittime di atti estorsivi, attività delle commissioni parlamentari d’inchiesta, controllo dei mercati finanziari e monetari, esercizio di diritti in sede giudiziaria e per ragioni di giustizia. Vengono inoltre previste specifiche limitazioni dei diritti dell’interessato al fine di tutelare l’indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari. Particolarmente significativa è la disposizione concernente il trattamento relativo ai dati di persone decedute, ove è stata prevista un’estensione della possibilità di esercizio dei diritti dell’interessato a chi abbia un interesse proprio o agisca a tutela dell’interessato o per particolari ragioni familiari.
È stata introdotta, aderendo a quanto richiesto dalle Commissioni parlamentari, una ulteriore ipotesi di limitazione dei diritti degli interessati (articolo 2-undecies, comma 1, lettera f), sì da coordinare il presente decreto con la disciplina di cui alla legge 30 novembre 2017, n. 179.

L’articolo 2-undecies disciplina, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 23 del regolamento, le “Limitazioni dei diritti dell’interessato”, per esigenze di tutela di interessi giuridici meritevole di particolare protezione. Nella specificazione di tali esigenze di tutela, si è fatto riferimento agli interessi giuridici già contemplati dall’articolo 8 del decreto legislativo n. 196 del 2003, in ragione della loro rilevanza, della loro riconducibilità alle categorie di beni giuridici selezionati dall’articolo 23 e delle esigenze di protezione che legittimano – secondo un criterio di gradualità – il ritardo, la limitazione e, in ultima istanza, l’esclusione dell’esercizio dei diritti dell’interessato.
Si prevede, quindi, che i diritti sanciti dagli articoli da 15 a 22 del regolamento non possano essere esercitati con richiesta al titolare o al responsabile del trattamento ovvero con reclamo, qualora possa derivarne un pregiudizio effettivo e concreto: agli interessi tutelati in base alle disposizioni vigenti  in materia di riciclaggio o di sostegno alle vittime di richieste estorsive; all’attività di Commissioni parlamentari d’inchiesta; alle attività svolte da un soggetto pubblico, diverso dagli enti pubblici economici, in base ad espressa disposizione di legge, per esclusive finalità inerenti alla politica monetaria e valutaria, al sistema dei pagamenti, al controllo degli intermediari e dei mercati creditizi e finanziari, nonché alla tutela della loro stabilità; allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria.
Mentre nel caso di pregiudizio all’attività svolta da Commissioni parlamentari inquirenti, si applica quanto previsto dai regolamenti parlamentari o dalla fonte istitutiva della Commissione stessa (sia essa legge o atto parlamentare di rango non legislativo), negli altri casi si applica la disciplina di settore. Il comma 3 precisa, inoltre, in analogia con quanto disposto dall’articolo 14 del decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2016/680, di cui all’AG 517, che in tali ultimi casi il ritardo, la limitazione o l’esclusione dell’esercizio del diritto siano disposti, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, nella misura e per il tempo in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi giuridici protetti. Nei medesimi casi, inoltre, in analogia con quanto previsto dall’articolo 13 del decreto di cui al citato AG 517, i diritti dell’interessato possono essere esercitati mediante il Garante, il quale informa l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame, rappresentandogli inoltre la possibilità di proporre ricorso giurisdizionale. Della medesima possibilità anche il titolare deve rendere edotto l’interessato.
L’articolo 2-duodecies, sotto la rubrica “Limitazioni per ragioni di giustizia” disciplina, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 23, paragrafo 1, lettera f) del regolamento, le limitazioni dei diritti degli interessati di cui agli articoli da 12 a 22 e 34, per  esigenze di salvaguardia dell’indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari, relativamente a dati trattati nell’ambito di procedimenti dinanzi agli uffici giudiziari di ogni ordine e grado nonché dinanzi al Consiglio superiore della magistratura e agli altri organi di governo autonomo delle magistrature speciali o presso il Ministero della giustizia, ovvero relativamente a trattamenti che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione giurisdizionale, nonché relativamente alle attività ispettive su uffici giudiziari. Tali limitazioni non si applicano per l’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non è pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla trattazione dei procedimenti. La selezione delle ipotesi nelle quali i diritti degli interessati possono essere limitati si conforma, del resto, alla definizione della nozione di “trattamenti effettuati per ragioni di giustizia” di cui al previgente articolo 47, comma 2, del decreto legislativo n. 196 del 2003.
Nei casi suddetti – in conformità alle disposizioni di settore, nel rispetto di quanto previsto dal paragrafo 2 dell’articolo 23 del regolamento- il ritardo, la limitazione o l’esclusione dell’esercizio del diritto sono disposti, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, nella misura e per il tempo in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare l’indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari. Nei medesimi casi, inoltre, in analogia con quanto previsto dall’articolo 2-undecies del Codice, i diritti dell’interessato possono essere esercitati mediante il Garante, il quale informa l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame, rappresentandogli inoltre la possibilità di proporre ricorso giurisdizionale. Della medesima possibilità anche il titolare deve rendere edotto l’interessato.
L’articolo 2-terdecies disciplina il trattamento dei dati riguardanti le persone decedute, escluso dall’applicazione del regolamento e demandato alla normazione da parte degli Stati membri. Al fine di non introdurre disposizioni in contrasto con il diritto nazionale in materia successoria è previsto che i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del regolamento concernenti persone decedute possano essere esercitati da chi ha un interesse proprio, da colui che agisce a tutela dell’interessato in qualità di suo mandatario o da colui che agisce per ragioni familiari meritevoli di protezione. L’esercizio di tali diritti è limitato solo nei casi previsti dalla legge. Tuttavia, con riferimento ai servizi della società dell’informazione, l’esercizio di tali diritti può essere limitato, in tutto o in parte, anche a seguito della specifica dichiarazione resa dall’interessato al titolare del trattamento. Al pari del consenso al trattamento dei dati personali, la dichiarazione resa dall’interessato deve essere specifica, libera e informata, nonché revocabile e modificabile in ogni momento. Al fine di garantire un equo bilanciamento dei diritti, è stabilito che tale divieto non possa produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio dei diritti patrimoniali dei terzi derivanti dalla morte dell’interessato, nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi.
In relazione a tale disposizione si è ritenuto di non recepire né le osservazioni delle Commissioni parlamentari (sulla ritenuta opportunità di specificare se l’interessato per il quale si agisce a tutela sia il deceduto ovvero un altro soggetto portatore di un interesse proprio), né quelle del Garante (di cui al punto 2.9). Quanto alle prime, “l’interessato per il quale si agisce a tutela” è, evidentemente, nel testo del primo comma dell’articolo, il de cuius. Tale opzione è aderente alla previgente disposizione in materia (articolo 9 del Codice Privacy), la quale non aveva destato perplessità applicative ed interpretative. In merito a quanto osservato dal Garante, invece, non appare necessario prevedere un’ipotesi di nullità “di protezione” ad hoc, operando l’ordinario regime relativo alle nullità negoziali.

Il nuovo Capo IV del Titolo I della Parte I del Codice, rubricato “Disposizioni relative al titolare del trattamento e al responsabile del trattamento”, reca una serie di disposizioni volte a precisare taluni poteri e obblighi in capo al titolare e al responsabile, tra cui la possibilità di delegare compiti e funzioni a persone fisiche operanti sotto la loro autorità e responsabilità. Viene poi precisato che il titolare, che intenda effettuare un trattamento connesso all’esecuzione di un compito di pubblico interesse che presenta rischi elevati, deve obbligatoriamente chiedere la previa autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali. Viene infine individuato l’organismo nazionale preposto all’esercizio delle funzioni di accreditamento nell’Ente Unico nazionale di accreditamento.
Più nello specifico, l’articolo 2-quaterdecies, rubricato “Attribuzione di funzioni e compiti a soggetti designati”, prevede il potere di titolare e responsabile, di delegare compiti e funzioni a persone fisiche che operano sotto la loro autorità e che, a tal fine, dovranno essere espressamente designati. Tale disposizione permette di mantenere le funzioni e i compiti assegnati a figure interne all’organizzazione che, ai sensi del previgente codice in materia di protezione dei dati personali ma in contrasto con il regolamento, potevano essere definiti, a seconda dei casi, responsabili o incaricati.
L’articolo 2-quinquiesdecies, rubricato “Trattamento che presenta rischi specifici per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico”, attua quanto previsto dal regolamento in relazione alla possibilità per gli Stati membri di prescrivere che i titolari del trattamento consultino l’autorità di controllo, e ne ottengano l’autorizzazione preliminare, in relazione al trattamento connesso all’esecuzione di un compito di interesse pubblico. La norma in esame dispone infatti che i trattamenti, svolti per l’esecuzione di un compito di pubblico interesse e che presentano rischi elevati, debbano previamente ottenere un’autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali ai fini della loro legittimità. Tale disposizione sostituisce dunque l’istanza e la procedura di verifica preliminare che l’articolo 17 del previgente codice in materia di protezione dei dati personali richiedeva in relazione ai trattamenti che presentavano rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità dell’interessato. Analogamente alla verifica preliminare, anche in costanza di tale autorizzazione preventiva, il Garante può prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell’interessato, che il titolare del trattamento è tenuto ad adottare.
È stato introdotta, recependo quanto osservato dal Garante ed in conformità a quanto previsto al riguardo nel decreto legislativo n. 51/2018, recante la disciplina attuativa della Direttiva n. 680/2016, una disposizione (articolo 2-sexiesdecies) che contempla uno specifico obbligo di designazione del responsabile della protezione dati per i trattamenti effettuati dalle autorità giudiziarie nell’esercizio delle loro funzioni.

L’articolo 2-septiesdecies individua l’ “Organismo di accreditamento nazionale”, previsto dall’articolo 43, paragrafo 1, lettera b) del regolamento, nell’Ente Unico nazionale di accreditamento, istituito ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008. Si prevede tuttavia che l’esercizio diretto di tali funzioni possa essere assunto direttamente dallo stesso Garante con riferimento a una o più categorie di trattamenti.
Si prevede, inoltre, che l’esercizio diretto di tali funzioni possa essere assunto dallo stesso Garante, in caso di grave inadempimento dei suoi compiti da parte dell’Ente unico nazionale di accreditamento, con riferimento a una o più categorie di trattamenti. Si è, invero, ritenuto di aderire, in parte, alle osservazioni delle Commissioni parlamentari in merito alla necessità di perimetrare il predetto potere di avocazione.
Gli articoli dal 3 al 45 compreso del Codice sono, invece, abrogati.
Il Capo III del decreto reca “Modifiche alla Parte II del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
Più in dettaglio, la rubrica della Parte II del Codice è stata sostituita dalla seguente: “Disposizioni specifiche per i trattamenti necessari per adempiere ad un obbligo legale o per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri nonché disposizioni per i trattamenti di cui al capo IX del Regolamento”.
E il nuovo Titolo 0.1, sotto la rubrica “Disposizioni sulla base giuridica”, è stato inserito appunto nella Parte II, prima del Titolo I.
L’art. 45-bis, rubricato “Base giuridica” specifica che le relative disposizioni sono stabilite in attuazione dell’articolo 6, paragrafo 2, nonché dell’articolo 23, paragrafo 1, del Regolamento.
Gli articolo da 46 a 49 sono abrogati.
L’art. 50 del Codice riproduce la disposizione vigente che sancisce il divieto di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo di notizie o immagini idonee a consentire l'identificazione di un minore; salvo disporre che la violazione del divieto ivi stabilito è punita ai sensi dell’art. 684 c.p., nel senso, quindi, di stabilire che la pubblicazione e la divulgazione in questione sono punite come quelle che riguardano la “pubblicazione arbitraria di atto di un procedimento penale”.
Alla luce delle osservazioni delle Commissioni speciali circa il novellato articolo 52, si è ritenuto opportuno mantenere l’articolo 51 del Codice, in tema di “Principi generali di informatica giuridica”, considerato che il medesimo non risulta incompatibile con il Regolamento e costituisce, tuttora, una valida cornice normativa delle garanzie riconosciute dall’articolo 52.
L’articolo 52 del Codice, circa i “Dati identificativi degli interessati”, riguardante il trattamento di dati identificativi contenuti in sentenze e altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado in caso di loro riproduzione, ricalca pressoché pedissequamente la norma previgente, se non per l’espunzione della precisazione della sua applicazione solo ai casi di divulgazione per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici, consentendo in tal modo la sua applicazione anche ad altre ipotesi di riproduzione di sentenze e documenti.
Gli articoli da 53 a 57 sono stati abrogati in base a disposizione (l’art.  49 secondo l’attuale articolato in fase di completamento del relativo iter) contenuta nello schema di decreto legislativo recante l’attuazione della Direttiva (UE) 2016/680/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte dell’autorità competente ai fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento dei reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione-quadro 2008/977/GAI del Consiglio, in virtù della delega di cui all’art. 11 della legge 25 ottobre 2017-Legge di delegazione europea 2016-2017. Nel caso dell’art. 57, peraltro, tale abrogazione è stata stabilita con la decorrenza differita di un anno a far tempo dalla data di entrata in vigore del cennato decreto legislativo.
L’ art. 4 del decreto contiene, poi, “Modifiche” al Titolo III della Parte II del Codice.
Per quanto riguarda l’art. 58 del Codice, in tema di disposizioni applicabili nel campo di “Difesa e sicurezza dello Stato” (nel testo attualmente vigente nel codice), il testo dello schema di decreto legislativo, attualmente con la rubrica “Trattamento di dati personali per fini di sicurezza nazionale o difesa”, è concepito in termini di sostanziale conservazione del regime attuale, ma con rinvii a previsioni dettate nell’ambito del decreto legislativo n. 51 del 2018.
In ogni caso, circa il testo proposto, si ricorda che, sebbene la materia non rientri nell’ambito di applicazione del Regolamento (né, parimenti della direttiva (UE) 2016/680), sembra che la necessità di disciplinare anche tale settore deriva dalla disposta abrogazione dei parametri normativi cui l’articolo 58 nell’attuale formulazione si riferisce con rinvio meramente formale, con il conseguente svuotamento del relativo contenuto normativo.  
Nel  disciplinare tale profilo, si è dunque, in questa sede, pensato di prevedere l’applicabilità di alcune delle norme di cui al decreto legislativo di recepimento della citata direttiva 2016/680 (AG 517), in ragione dell’affinità di materia trattata (essendo la materia della prevenzione dei reati ricompresa nell’ambito applicativo della direttiva), ritenute compatibili con le peculiarità del settore, al fine di realizzare un compiuto bilanciamento tra il diritto alla protezione dei dati personali dei cittadini e le esigenze di tutela della difesa e della sicurezza dello Stato.
Riprendendo, in tal senso, il modello generale di cui all’articolo 58 citato, il comma 1 rende applicabili, ai trattamenti di dati personali svolti dagli Organismi del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, nonché a quelli effettuati su dati coperti da segreto di Stato, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 8, 15, 16, 18, 25, 37, 41, 42 e 43 del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51.  
 Rispetto ai trattamenti svolti per fini di difesa o sicurezza dello Stato da soggetti pubblici diversi dagli Organismi, si applicano le norme suddette unitamente a quelle sulla valutazione d’impatto e sulla consultazione preventiva del Garante.
Il comma 3 rinvia, infine, a specifici regolamenti adottati secondo la procedura sancita dall’articolo 43 della legge n. 124 del 2007 (con il relativo coinvolgimento del Copasir) e stabilisce che, negli ambiti di cui al comma 2 dello stesso articolo, che detti regolamenti siano adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 17, comma 3, L. m- 400 del 1988, su proposta dei Ministri competenti.
Analoghi decreti di natura regolamentare sono previsti al successivo comma 4 in materia di esercizio delle funzioni di difesa e sicurezza nazionale da parte delle Forze armate.
L’ art. 5 del decreto detta “Modifiche alla Parte II, titolo IV, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
In particolare, gli articoli 59 e 60 ricalcano pressoché pedissequamente le disposizioni vigenti, concernenti il “raccordo” della normativa in materia di accesso a documenti amministrativi contenuta nella legge n. 241 del 1990 con le regole e i principi in materia di protezione dei dati personali, al fine di realizzare un equo bilanciamento fra i diritti dell’istante e la tutela della riservatezza del terzo i cui dati compaiano nella documentazione cui si chiede di accedere; e ciò anche rispetto a categorie particolari di dati (i dati “sensibili” e “giudiziari” del decreto legislativo n. 196 del 2003 di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento).
In base al secondo comma dell’articolo 59 (Accesso a documenti amministrativi e accesso civico), si è inteso semplicemente chiarire che l’esercizio del diritto di “accesso civico” resta disciplinato quanto a presupposti, modalità e limiti dalla specifica normativa (decreto legislativo n. 33 del 2013).
I trattamenti effettuati in applicazione della disciplina dell’accesso a documenti amministrativi restano necessari per motivi di interesse pubblico rilevante e sono perciò consentiti anche con riguardo a dati particolari (cfr. articolo 2-sexies, comma 2, lettera a), in relazione all’articolo 59, comma 1, del Codice).
Quanto alla disciplina dell’accesso a documenti recanti dati di particolare delicatezza (c.d. “pari rango”), nell’art. 60 come sostituito, essa rimane sostanzialmente inalterata e si prevede la sua applicazione, oltre che ai dati relativi alla salute e alla vita sessuale (come già previsto nella formulazione attuale), anche ai dati genetici e a quelli relativi all’orientamento sessuale della persona di cui all’articolo 9 del Regolamento.
Infine, l’articolo 61, come sostituito, disciplina in dettaglio la promozione da parte del Garante, ai sensi dell’articolo 2 quater dello stesso Codice di regole deontologiche per il trattamento dei dati personali provenienti da archivi, registri, elenchi, atti o documenti tenuti da soggetti pubblici.
Gli articoli da 62 a 74 sono stati, invece, abrogati.
L’ art. 6 del decreto reca modifiche al Titolo V della stessa Parte, che, sotto la rubrica “Trattamento di dati personali in ambito sanitario”, contiene tuttora una serie di disposizioni in tale materia.
Riguarda il trattamento dei dati personali effettuato per perseguire finalità di tutela della salute e incolumità fisica dell’interessato o di terzi o della collettività, che deve essere effettuato ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del Regolamento, dell’articolo 2-septies del Codice come qui introdotto, e nel rispetto delle specifiche disposizioni di settore.
Gli articoli 75, 77, 78, 79, 80, 82, 89-bis, 92 e 93, ricompresi in tale Titolo riproducono, senza sostanziali modifiche o integrazioni, se non alcune dettate da un opportuno aggiornamento dei riferimenti normativi, le vigenti disposizioni, con limitati adeguamenti sul piano sistematico: in particolare, viene espunto ogni riferimento al consenso, che non costituisce più unico requisito di liceità del trattamento alla luce dell’articolo 9, paragrafo 2 del Regolamento, mentre sono conservate le modalità particolari per rendere agli interessati, anche in forma semplificata, le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Regolamento.
Per quanto concerne l’articolo 75 si è aderito all’osservazione del Garante (punto 3.7) circa l’opportunità di eliminare il secondo comma.

Sono, invece, abrogati gli articoli 76, 81, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91 e 94.
L’ art. 7 del decreto contiene “Modifiche alla Part. II, Titolo VI, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.
Nell’ambito del Titolo VI, relativo all’ “Istruzione”, è stato abrogato l’articolo 95 in tema di “Dati sensibili e giudiziari”, le cui previsioni sono da ritenere assorbite in quelle più generali circa le categorie particolari di dati, e facevano riferimento agli art. 20 e 21 dello stesso Codice, ma qui abrogati.
L’ambito di applicazione di cui all’art. 96, con la rubrica “Trattamento di dati relativi a studenti”, è stato esteso anche al settore delle università pubbliche e private e ad altre istituzioni nel campo della formazione e dell’istruzione in modo da rimediare alla originaria asimmetria rinvenibile nella tutela tra gli studenti delle istituzioni scolastiche e di quelle universitarie.
L’ art. 8 del decreto reca “Modifiche alla Parte II, Titolo VII, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.Per quanto riguarda il Titolo VII, disciplinante i “Trattamenti a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici”, in ordine a tali specifici settori si registra una sostanziale riproduzione delle corrispondenti norme previgenti, con l’eccezione di alcuni adeguamenti riguardanti l’adozione di regole deontologiche.  
Più in particolare, rispetto alla disciplina previgente non sono state apportate modificazioni sostanziali. Nondimeno, per evidenti esigenze di armonizzazione normativa, le relative disposizioni sono state adeguate al dettato del Regolamento, dando, in particolare, rilievo autonomo ai trattamenti di dati effettuati per finalità di archiviazione nel pubblico interesse, rispetto a quelli svolti a fini di ricerca storica e accanto ai trattamenti posti in essere per finalità statistiche e di ricerca scientifica.
Pertanto, l’art. 97, sotto la rubrica “Ambito applicativo”, è volto semplicemente a specificare che il Titolo suddetto disciplina il trattamento dei dati personali effettuato a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica a fini statistici, ai sensi dell’articolo 89 del Regolamento.
L’art. 98 del Codice, invece, è stato abrogato.
L’articolo 99, rubricato “Durata del trattamento”, replica le disposizioni vigenti sulla la durata dei trattamenti svolti per le predette finalità, disponendo che questi possono essere effettuati anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati e che i dati personali per i quali è cessato il trattamento possono essere conservati o ceduti ad altri titolare, in conformità alle garanzie fissate dal Regolamento.
Analogamente, l'articolo 100, sotto la rubrica “Dati relativi ad attività di studio e di ricerca”, riproduce il disposto vigente in materia di diffusione di dati a fini di ricerca e collaborazione in campo scientifico e tecnologico, specificando che restano fermi i diritti dell’interessato di rettifica, cancellazione, limitazione e opposizione al trattamento.
L’art. 101 novellato disciplina le “Modalità di trattamento”.
Il Capo II del medesimo Titolo VII, contiene le disposizioni riguardanti il trattamento di dati personali effettuato a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca storica, in ordine alle quali non si riscontrano specifici interventi di sostanziale modifica rispetto alla disciplina attuale, fatta salva l’estensione ai trattamento di dati personali svolti per finalità di archiviazione nel pubblico interesse delle regole previgenti in materia di ricerca storica, in ragione dell’autonomo rilievo che il Regolamento dedica a tali trattamenti.
Inoltre, l’articolo 102 sulle ”Regole deontologiche per il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse o di ricerca scientifica,” riproduce le disposizioni in vigore, relative alla promozione in tali settori di apposite regole deontologiche volte ad individuare garanzie adeguate per i diritti e le libertà degli interessati, prevedendo in particolare, che tali regole possano anche stabilire particolari procedure per l’esercizio dei diritti dell’interessato, quando ciò sia appropriato alla luce delle specifiche finalità del trattamento, in linea con il regime di favore accordato dal Regolamento a tali trattamenti.
L'articolo 103, riguardante la “Consultazione di documenti conservati in archivi”, riprende le disposizioni vigenti sulla consultazione dei documenti conservati negli archivi di Stato o in quelli storici degli enti pubblici ovvero in archivi privati, aggiornandole alla disciplina vigente in materia di beni culturali e ambientali.
Il Capo III, sotto la nuova rubrica “Trattamento a fini statistici o di ricerca scientifica”, contiene le disposizioni riguardanti il trattamento di dati personali effettuato a tali fini, in primo luogo al novellato art. 104, che, come sostituito, delinea l’ambito applicativo dello stesso Capo.
In ordine a tali trattamenti, l'articolo 105, rubricato “Modalità di trattamento”, conferma le disposizioni previgenti volte a semplificare le modalità con cui è possibile rendere all'interessato l'informativa sul trattamento dei dati personali, adeguandole alle previsioni del Regolamento. In particolare, sancisce che l'informativa non è dovuta in relazione al trattamento effettuato a fini statistici o di ricerca scientifica rispetto a dati originariamente raccolti per altri scopi, quando richiederebbe uno sforzo sproporzionato rispetto al diritto tutelato, purché siano, però, adottate idonee forme di pubblicità alternative, individuate dalle rispettive regole deontologiche.
L’articolo 106 conferma le disposizioni in essere, relative alla promozione in tali settori di apposite regole deontologiche volte ad individuare garanzie adeguate per i diritti e le libertà degli interessati. In armonia con il Regolamento e con i principi contenuti nelle pertinenti Raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia, si prevede, tra l’altro, che le predette regole possano specificare le garanzie da osservare nei casi in cui si possa prescindere dal consenso degli interessati, nonché le particolari procedure per l’esercizio dei diritti dei medesimi interessati.
L’articolo 107, relativo al “Trattamento di categorie particolari di dati personali”, ricalca le norme previgenti sulle modalità semplificate per la raccolta del consenso dell’interessato, qualora il trattamento a fini statistici e di ricerca scientifica abbia ad oggetto le categorie particolari di dati personali previste dal Regolamento.
L'articolo 108, sotto la rubrica “Sistema statistico nazionale”, riproduce le disposizioni attuali sul trattamento dei dati personali da parte di soggetti che fanno parte del Sistan, rinviando alla relativa disciplina di settore.
L’articolo 109 regola i “Dati statistici relativi all’evento della nascita”.
L'articolo 110, relativo alla “Ricerca medica, biomedica ed epidemiologica”, conferma le norme previgenti sul trattamento di dati relativi alla salute per scopi di ricerca scientifica in campo medico, biomedico o epidemiologico, apportandovi alcuni mirati interventi di adeguamento alle previsioni del Regolamento, anche attraverso la valorizzazione dell’istituto della valutazione d’impatto. La disposizione specifica in particolare che il trattamento può essere effettuato anche senza il consenso dell'interessato, quando la ricerca è effettuata in base a norme di legge o di regolamento conformi ai requisiti del Regolamento, ivi incluso il caso in cui questa rientra in un programma di ricerca biomedica o sanitaria, a condizione che venga condotta e resa pubblica una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati. La possibilità di trattare i dati dell'interessato senza il suo consenso è prevista anche nell'ipotesi in cui informare gli interessati non sia possibile, o implica uno sforzo sproporzionato, oppure rischia di pregiudicare gravemente il conseguimento degli scopi della ricerca, e il programma di ricerca sia oggetto di parere favorevole del competente comitato etico e sia, altresì, sottoposto alla consultazione preventiva del Garante o autorizzato, anche attraverso atti a valenza generale, dall’Autorità.
L’articolo 110-bis è stato in parte riformulato, a partire dalla sua rubrica (“Trattamento ulteriore da parte di terzi dei dati personali a fini di ricerca scientifica o a fini statistici”), in conformità alle osservazioni delle Commissioni speciali parlamentari e del Garante.
L’articolo apporta taluni necessari adattamenti sul piano sistematico alle disposizioni sul trattamento ulteriore dei dati da parte di terzi a fini di ricerca scientifica o a fini statistici introdotte dall’art. 28 della legge europea (legge 20 novembre 2017, n. 167), adeguandole ai principi del Regolamento. In particolare, si precisa che il riutilizzo dei dati, anche sensibili, a fini di ricerca scientifica o a fini statistici, può essere autorizzato dal Garante, quando, a causa di particolari ragioni, informare gli interessati risulta impossibile o implica uno sforzo sproporzionato, oppure rischia di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento delle finalità della ricerca, a condizione che siano adottate misure appropriate per tutelare i diritti, le libertà e i legittimi interessi dell'interessato, in conformità all’articolo 89 del Regolamento, tra le quali forme preventive di minimizzazione e di anonimizzazione dei dati. I termini per la decisione del Garante sono fissati in quarantacinque giorni, decorsi i quali la mancata pronuncia equivale a rigetto.
L’ art. 9 del decreto contiene modifiche al Titolo VIII della Parte II del Codice, che disciplina tuttora la materia del trattamento dei dati personali nell’ambito del rapporto di lavoro, oggetto di “riserva” normativa in ambito nazionale in ragione della specificità del settore.
L’art. 111, come sostituito, disciplina “Regole deontologiche” nel settore specifico, prevedendo in dettaglio la promozione da parte del Garante, ai sensi dell’articolo 2-quater come inserito nello stesso Codice, di regole deontologiche per il trattamento dei dati personali effettuato da soggetti pubblici e privati nell’ambito del rapporto di lavoro per le finalità di cui all’articolo 88 del Regolamento, prevedendo anche specifiche modalità per le informazioni da rendere all'interessato.
Il neointrodotto art. 111-bis detta regole circa le “Informazioni in caso di ricezione di curriculum”. Il medesimo è stato riformulato in conformità al parere del Garante.

L’art. 112 è stato, invece, abrogato.
L’articolo 88 del Regolamento, infatti, sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 6, paragrafo 2, consente agli Stati membri di legiferare in tale materia introducendo “norme più specifiche” per assicurare la protezione dei diritti e delle libertà con riguardo al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell’ambito dei rapporti di lavoro, in particolare per talune finalità riconducibili alla gestione del rapporto di lavoro, a condizione che tali misure assicurino garanzie per gli interessati e siano volte alla salvaguardia della dignità umana, degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali degli interessati.
A ciò si aggiunga che l’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento autorizza il trattamento di dati particolari dell’interessato (i “dati sensibili” secondo la locuzione adoperata dal decreto legislativo n. 196 del 2003) in materia di lavoro, sicurezza e protezione sociale sulla base del diritto interno degli Stati membri che preveda “garanzie appropriate per i diritti fondamentali” dell’interessato, cioè del lavoratore in questo caso.
L’art. 113 del Codice è stato parzialmente modificato, in conformità delle osservazioni del Garante, mediante il rinvio all’articolo 10 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
L’articolo 114 è rimasto immutato, fatta eccezione per la modifica relativa alla rubrica (“Garanzie in materia di controllo a distanza”).
L’articolo 115 (“Telelavoro, lavoro agile e lavoro domestico”) riproduce il disposto vigente, concernente la tutela della personalità e della libertà morale del lavoratore che effettua la prestazione lavorativa a distanza (c.d. “telelavoro”) e la disciplina del lavoro domestico. La disposizione è solo aggiornata con riferimento anche alla recente disciplina del “lavoro agile” di cui alla legge 22 maggio 2017, n. 81.
Infine, chiude il Titolo l’articolo 116 (“Conoscibilità di dati su mandato dell'interessato”) che riproduce pedissequamente il corrispondente testo vigente.  La disposizione stabilisce che per lo svolgimento delle proprie attività gli istituti di patronato e di assistenza sociale, nell'ambito del mandato conferito dall'interessato, possono accedere alle banche di dati degli enti eroganti le prestazioni, in relazione a tipi di dati individuati specificamente con il consenso manifestato dall’interessato; e ciò sulla base di apposite convenzioni tra gli istituti di patronato e gli enti eroganti le prestazioni.
Infatti, gli articoli dal 117 al 119 compreso sono stati abrogati.
L’ art. 10 del decreto reca modifiche al Titolo IX, che riguarda ora taluni peculiari “Altri trattamenti in ambito pubblico o di interesse pubblico” (ed in tal senso è stata aggiornata la relativa rubrica), che, nonostante la loro diversificazione, erano stati ivi raggruppati per esigenze di sistematicità. Peraltro, anche la rubrica del relativo Capo I è ora “Assicurazioni”.
Vi vengono sostanzialmente riprodotte con riferimento ai “Sinistri” le previsioni di cui all’articolo 120 vigente del Codice.
L’ art. 11 del decreto, poi, reca modifiche al Titolo X, che, rubricato “Servizi di comunicazione elettronica”, riproduce quasi integralmente le norme vigenti contenute in tale titolo, tranne che per alcune modifiche di coordinamento con il resto del presente intervento normativo, nonché con il Regolamento e le novelle legislative intervenute medio tempore in materia, delineando i confini della materia, che, a norma dell’articolo 95 del Regolamento, restano determinati, nell’ordinamento nazionale, alle disposizioni già adottate in attuazione della Direttiva 2002/58/CE. E tanto in attesa di una nuova disciplina unionale a riguardo.
L’articolo 121, rubricato “Servizi interessati e definizioni”, delinea il perimetro applicativo delle disposizioni che seguono, stabilendo che esse riguardano il trattamento dei dati personali connesso alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico su reti pubbliche di comunicazioni, comprese quelle che supportano i dispositivi di raccolta dei dati e di identificazione. La disposizione ripropone, altresì, le definizioni già contenute nel testo vigente, al fine di facilitare la corretta applicazione delle previsioni in materia.
L’articolo 122, sotto la rubrica “Informazioni raccolte nei riguardi del contraente o dell'utente”, conferma il divieto dell’uso di una rete di comunicazione elettronica per accedere a informazioni archiviate nell’apparecchio terminale di un abbonato o di un utente, a fini di archiviazione di informazioni o di monitoraggio delle operazioni effettuate dall’utente medesimo.
L’articolo 123, concernente i “Dati relativi al traffico”, come rubricato, e individua il periodo di tempo entro il quale il fornitore può trattare i dati strettamente necessari per la fatturazione, a fini di documentazione in caso di contestazione della fattura o per la pretesa del pagamento (non superiore a sei mesi, salvo in caso di contestazione). Viene nuovamente previsto che il consenso espresso dall’abbonato o dall’utente al trattamento dei dati personali a fini di commercializzazione di servizi di comunicazione elettronica o per la fornitura di servizi a valore aggiunto, può essere revocato in ogni momento.
Fatti salvi gli opportuni interventi di coordinamento con il Regolamento, il comma 4 sancisce la già prevista specifica garanzia di trasparenza per l’abbonato o per l’utente, precisando che nel fornire le informazioni, il fornitore del servizio, in relazione ai trattamenti appena descritti, deve informare espressamente l’abbonato o l’utente sulla natura dei dati relativi al traffico che sono sottoposti a trattamento e sulla durata dei medesimi trattamenti, restringendo la possibilità di effettuare il trattamento dei dati di traffico, esclusivamente da parte di persona autorizzata o designata, a quanto è strettamente necessario per lo svolgimento di fatturazione o della gestione del traffico, di analisi per conto di clienti, dell'accertamento di frodi, o della commercializzazione dei servizi di comunicazione elettronica o della prestazione dei servizi a valore aggiunto.
L’articolo 125, rubricato “Identificazione della linea” riproduce le previgenti disposizioni riguardanti la possibilità di impedire la presentazione dell'identificazione della linea chiamante, chiamata per chiamata sia per il contraente chiamante, sia per il contraente chiamato.
L’articolo 126, sotto la rubrica “Dati relativi all’ubicazione”, non modifica la previgente disciplina che dava attuazione alla direttiva 2002/58/CE, prevedendo che i dati relativi all’ubicazione dell’abbonato o dell’utente se tali dati sono diversi da quelli relativi al traffico e sono effettivamente oggetto di trattamento, nei limiti in cui l’attuale tecnologia lo consenta, essi possono essere trattati solo se anonimi o se l’utente o l’abbonato ha manifestato previamente il proprio consenso, anche in questo caso revocabile in ogni momento. Gli stessi soggetti conservano, inoltre, il diritto di richiedere l’interruzione temporanea del trattamento di tali dati. Anche tale norma prevede, a fini di trasparenza, uno specifico onere informativo per il fornitore del servizio in relazione alla natura dei dati, agli scopi e alla durata del trattamento, nonché sull’eventualità che i dati siano trasmessi ad un terzo per la prestazione di un servizio a valore aggiunto.
L’articolo 129, sugli “Elenchi di contraenti”, conferma l’assetto secondo il quale le modalità di inserimento e di successivo utilizzo dei dati personali relativi agli abbonati negli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico, sono individuate dal Garante con proprio provvedimento, in cooperazione con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Viene precisato, inoltre, che il provvedimento individua idonee modalità per la manifestazione del consenso all'inclusione negli elenchi e, rispettivamente, all'utilizzo dei dati per le finalità di cui all’art. 21, paragrafo 2, Regolamento, in base al principio della massima semplificazione delle modalità di inclusione negli elenchi a fini di mera ricerca del contraente per comunicazioni interpersonali, e del consenso specifico ed espresso qualora il trattamento esuli da tali fini, nonché in tema di verifica, rettifica o cancellazione dei dati senza oneri.
Le restanti disposizioni non registrano modifiche rispetto al passato; rilevano gli articoli 130 e 131, rubricati rispettivamente “Comunicazioni indesiderate” e “Informazioni a contraenti e utenti” - che disciplinano ognuno le modalità di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, nonché  l’obbligo del fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, del contraente e dello stesso utente di informare circa  la sussistenza di situazioni che permettono di apprendere in modo non intenzionale il contenuto di comunicazioni o conversazioni da parte di soggetti terzi - riprendono pressoché integralmente il contenuto degli articoli vigenti, le sole modifiche rispetto a tali ultimi articoli concernono gli aspetti di coordinamento normativo con il resto del presente intervento normativo e con le norme del Regolamento.
In generale la mancata modifica di tali articoli è dovuta al fatto che tali disposizioni sono la trasposizione nel diritto interno della Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002 – attualmente vigente - relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche).
L’articolo 132 disciplina la “Conservazione dei dati di traffico per altre finalità”, prevedendo rispettivamente un termine di 24 e 12 mesi per finalità di accertamento e repressione di reati.
Anche tale disposizione ricalca quasi integralmente – tranne per le modifiche di coordinamento con il resto del decreto- il contenuto dell’articolo 132 del decreto legislativo n. 196 del 2003.
Essa tiene conto della recente la modifica introdotta dall’articolo 24 della legge 20 novembre 2017, n. 167, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017".
La suddetta legge come noto ha previsto una deroga all'articolo 132, commi 1 ed 1-bis del decreto legislativo n. 196 del 2003, prevedendo in attuazione dell'articolo 20 della direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e al fine di garantire strumenti di indagine efficace in considerazione delle straordinarie esigenze di contrasto del terrorismo, anche internazionale, per le finalità dell'accertamento e della repressione dei reati di cui agli articoli  51, comma 3-quater, e 407, comma  2,  lettera a), del codice di procedura penale, l’estensione del termine di conservazione dei dati di traffico, fino a settantadue mesi.
Al riguardo si precisa che si è ritenuto di non aderire alla condizione del Garante (punto 1.1), considerato che l’abrogazione dell’articolo 24 della legge n. 167/2017 attinge materie estranee all’ambito di stretto adeguamento dell’ordinamento interno al Regolamento ed esorbita dai limiti della delega legislativa, la quale consente, invece, interventi in senso di mero coordinamento con il quadro normativo vigente.
Analoga valutazione, del resto, è stata già compiuta in merito nel decreto delegato attuativo della Direttiva n. 680/2016, già in vigore.

L’articolo 132-bis, sotto la rubrica “Procedure istituite dai fornitori”, prevede e disciplina l’obbligo per i fornitori di dotarsi di specifiche procedure interne per corrispondere alle richieste effettuate in conformità alle disposizioni che prevedono forme di accesso a dati personali degli utenti. Neanche questa disposizione ha subito modifiche, ricalcando quanto previsto nell’art. 132-bis, del decreto legislativo n. 196 del 2003.
L’articolo 132-ter, sulla “Sicurezza del trattamento” introduce, in linea con quanto disposto dall’art. 32 del Regolamento, una nuova disposizione che si applica ai fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, secondo cui questi ultimi devono  adottare,  in attuazione del principio di integrità e riservatezza di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento, anche attraverso  altri  soggetti  a  cui  sia  affidata  l'erogazione  del  servizio, e se del caso di concerto con i fornitori dei servizi di rete,  misure  tecniche, organizzative e di sicurezza adeguate al rischio esistente.
L’articolo 132-quater, rubricato “Informazioni sui rischi”, in linea con l’approccio basato sul rischio presente nel nuovo Regolamento,  introduce una disposizione, nuova rispetto al decreto legislativo n. 196 del 2003, nella quale viene previsto il principio secondo cui il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico è tenuto ad informare abbonati e utenti, ove possibile,  sull’esistenza di un rischio di  violazione  della sicurezza della rete e, in alcuni casi, indicando i possibili rimedi. L’articolo prevede, inoltre, che le medesime informazioni siano rese anche al Garante per la protezione dei dati personali e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Gli articoli 133, 134 e 135, invece, sono abrogati.

Con riferimento alla richiesta contenuta nel parere del Garante di ripristinare il testo dell’articolo 135 del Codice, si ritiene che essa non sia meritevole di accoglimento tenendo conto di quanto esplicitamente previsto dal novellato articolo 20, comma 3, del presente decreto, che, in materia di “Codici di deontologia e di buona condotta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ha stabilito che, tra le altre, le disposizioni contenute nel codice riportato nell’allegato A.6 continuano a produrre effetti fino alla pubblicazione delle disposizioni ai sensi del comma 4 dello stesso articolo, secondo le modalità meglio appresso descritte ad illustrazione dell’articolo 20 citato.
Le disposizioni di cui all’allegato 6 sono quelle del “Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria”, vale a dire, proprio del codice che è preso in considerazione dall’articolo 135 del Codice, il cui mantenimento non sarebbe pertanto utile o giustificato, perché contrastante con la disciplina recata dall’articolo 20 citato.

L’ art. 12 del decreto contiene modifiche al Titolo XII della Parte II Codice, la cui rubrica è stata sostituita ed è ora la seguente: “Giornalismo, libertà di informazione e trattamento”.
In relazione agli articoli da 136 a 139 concernenti i trattamenti effettuati per finalità giornalistiche e altre manifestazioni del pensiero, la disciplina rimane invariata, salvo gli adeguamenti del dettato normativo all’articolo 2-quater del Codice come qui introdotto, derivanti dalle clausole di flessibilità presenti nel Regolamento in base alle quali si è prevista l’adozione di regole deontologiche nel segno della continuità con i codici di deontologia e buona condotta di cui all’articolo 12 del decreto legislativo n. 196 del 2003, in quei soli ambiti (v. articoli da 85 a 91 di cui al Capo IX Regolamento, in combinato disposto con gli articoli 6, paragrafo 2, e 23, paragrafo 2) nei quali è consentito allo Stato membro “mantenere o introdurre disposizioni più specifiche e … altre misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto anche per le altre specifiche situazioni di trattamento di cui al Capo IX”. I predetti articoli, in continuità con il decreto legislativo n. 196 del 2003, stabiliscono che ai trattamenti in esame non trovano applicazione talune misure, oggetto di specifica indicazione, poste a protezione dei dati.
Per quanto specificamente concerne l’articolo 136 del Codice, si è deciso, in parziale accoglimento delle condizioni del Garante, di non sopprimere la parola occasionale (presente alla lettera c) del comma 1), bensì di prevedere l’inserimento della parola “anche” prima di “occasionale”, poiché l’intento del parere sul punto è nel senso di coprire anche la fattispecie di chi pubblica non professionalmente, ma regolarmente articoli (come nel caso dei “blogger”).
In conformità a tutti i pareri acquisiti, la norma di cui all’articolo 139 è stata riformulata nel senso di poter avere effetti anche oltre il periodo transitorio.  

L’ art. 140 del Codice è stato, invece, abrogato.
L’ art. 13 del decreto apre il Capo IV del provvedimento, che contiene “Modifiche alla Parte III del Codice”.
Più nello specifico, nell’ambito della Parte III del Codice, circa la “Tutela dell’interessato e sanzioni”, sono tuttora regolati innanzitutto i mezzi di ricorso e il quadro sanzionatorio in caso di illecito trattamento dei dati personali. L’interessato può proporre reclamo al Garante che dovrà decidere entro nove mesi, salvo casi particolari per i quali viene prevista una proroga di tre mesi. È stata inoltre garantita la possibilità a chiunque di effettuare una segnalazione al Garante, da cui potranno scaturire eventuali provvedimenti. Viene poi concessa la possibilità di adire direttamente l’autorità giudiziaria ordinaria per la tutela dei propri diritti. Tale scelta è alternativa ad ogni altra azione instaurata o da instaurarsi presso il Garante e la competenza è stabilita nel tribunale del luogo di residenza dell’interessato, sulla base delle più recenti pronunce giurisprudenziali, oppure in quello dove ha sede il titolare del trattamento. Si specifica tuttavia che è il Garante per la protezione dei dati personali l’unico soggetto abilitato ad adottare provvedimenti correttivi ai sensi all’articolo 58, paragrafo 2, del Regolamento e ad irrogare sanzioni a livello amministrativo ai sensi dell’articolo 83 del Regolamento e dell’articolo 166 del Codice, a seguito di idoneo procedimento con garanzia dei diritti difensivi. Infine si sottolinea la rilevanza penale della produzione di dichiarazioni o atti falsi al Garante durante gli accertamenti o il procedimento così come della turbativa nell’esecuzione dei compiti o nell’esercizio dei poteri del Garante.
Peraltro, al Capo I del Titolo I di questa Parte III, è stato anteposto un Capo 0.1, titolato “Alternatività delle forme di tutela”, che consta di un solo articolo 140-bis, con la rubrica “Forme alternative di tutela”. Quest’ultimo articolo, atteso che gli articoli artt. 77 e 79 del Regolamento lasciano impregiudicata la possibilità di avvalersi di ogni altro ricorso amministrativo o extragiudiziale disponibile, conferma la rimessione della scelta all’interessato di proporre reclamo al Garante o ricorso dinanzi all'Autorità giudiziaria qualora ritenga che i diritti di cui gode sulla base della normativa in materia di protezione dei dati personali siano stati violati, salvaguardando la regola dell’alternatività della tutela giurisdizionale con quella innanzi al Garante. Ciò solo laddove proposti per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, al fine di evitare, in tali ipotesi, una duplicazione di procedimenti con il rischio, in caso di impugnazione della decisione del Garante sul reclamo, di un potenziale conflitto di “giudicati”. Inoltre, al Capo I, le parole “Sezione I – Principi generali” sono state soppresse.
In particolare, l’art. 141, come sostituito, sotto la rubrica “Reclamo al Garante”, stabilisce che l’interessato può rivolgersi al Garante con un nuovo mezzo di tutela in via amministrativa, ossia, il reclamo previsto dall’art. 77 del Regolamento. Il reclamo viene quindi individuato come un’unica forma di tutela amministrativa dell’interessato dinanzi al Garante quale autorità di controllo, in linea con quanto previsto dall’art. 77 del Regolamento. Viene meno l’esigenza di mantenimento del ricorso al Garante come specifico strumento di tutela dei diritti dell’interessato (accesso, rettifica, cancellazione, ecc. ai sensi degli artt. 7 ss. del Codice), con conseguente abrogazione degli articoli 146-151 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (il ricorso presuppone, peraltro, l’interpello preventivo del titolare, non previsto come requisito preliminare per il reclamo, e presenta profili di difficile conciliazione con il meccanismo di “sportello unico” di cui agli articoli 56, 60 e seguenti del Regolamento, riferiti ai trattamenti transfrontalieri di dati personali). Tali diritti sono ora adeguatamente salvaguardati mediante il reclamo, posto che il Regolamento prevede l’applicabilità anche di rilevanti sanzioni pecuniarie in caso di loro violazione.
Il successivo art. 142 regola appunto ora la “Proposizione del reclamo” al Garante, e non reca modifiche rilevanti, se non quelle di opportuno coordinamento con le disposizioni del Regolamento.
L’articolo 143, sotto la rubrica “Decisione del reclamo“, detta le fasi procedimentali per definire l’istruttoria relativa al reclamo, individuando i termini per la relativa conclusione che tengono conto anche dell’eventuale attivazione del meccanismo di cooperazione di cui all’articolo 60 del Regolamento.
Con tali articoli 142 e 143, quindi, vengono sostanzialmente confermate le previsioni del Codice riguardo alla proposizione e alla decisione del reclamo, con un loro allineamento alle disposizioni del Regolamento per quanto concerne, da un lato, la possibilità per l’interessato di dare mandato per la presentazione del reclamo ad organizzazioni od associazioni no profit (articolo. 80), che sono stati individuati nei c.d. enti del Terzo settore di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017 (v. articolo 1, comma 2, lettera b), legge n. 106 del 2016), e, da un altro lato, l’obbligo per il Garante di informare l’interessato sullo stato o esito del reclamo entro tre mesi dalla data di presentazione, in conformità al considerando 141 ed all’articolo 77, paragrafo 2, del Regolamento.
L’articolo 144 mantiene, sotto la rubrica “Segnalazioni”, lo strumento della segnalazione, già previsto in tale norma del Codice, come ulteriore forma di tutela amministrativa comunque attivabile da soggetti diversi dall’interessato al fine di portare all’attenzione e richiedere l’intervento del Garante in relazione a vicende anche a carattere collettivo e sociale, concernenti possibili violazioni della disciplina sulla protezione dei dati.
L’intera Sezione III (contenente gli artt. 145-151), relativa alla “Tutela alternativa a quella giurisdizionale”, è stata abrogata; il che rappresenta conseguenza della normazione innovativa di cui agli articoli precedenti (cfr. in particolare il già commentato art. 140-bis in tema appunto di tutela alternativa).   
Nell’articolo 152, riguardante la “Autorità giudiziaria ordinaria”, viene conservata la disposizione relativa all’attribuzione all’Autorità giudiziaria ordinaria della competenza su tutte le controversie in materia di protezione dei dati personali, nonché di diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 82 del medesimo Regolamento, in quanto compatibile con gli articoli 78 e 79 del Regolamento in materia di ricorso giurisdizionale nei confronti sia dell’autorità di controllo, sia del titolare o responsabile del trattamento.
L’ art. 14 del decreto detta modifiche al Titolo II della Parte III del Codice.
Il Titolo II, sotto la nuova rubrica “Autorità di controllo indipendente”, individua l’autorità di controllo alla quale, nell’ordinamento nazionale, è affidato il compito di dare piena attuazione alle disposizioni del Regolamento e vigilare sulla loro corretta osservanza, disciplinandone le modalità di funzionamento anche secondo i principi e in armonia con le altre norme vigenti. Con le norme contenute nel Titolo si provvede a “tradurre” nel Codice i corrispondenti articoli contenuti nel Regolamento, operando gli opportuni adattamenti derivanti dalle novelle legislative introdotte in merito nel corso del tempo a partire dal decreto legislativo n. 196 del 2003, sulla base di quanto previsto dagli articoli da 51 a 59 del Regolamento medesimo.
Le norme di questo titolo, quindi, specificano l’organigramma e la struttura organizzativa del Garante per la protezione dei dati personali. Vengono indicati i requisiti e le procedure per la scelta del personale dipendente di tale Autorità, così come i compiti e gli emolumenti loro spettanti. Vengono elencati i compiti e i poteri del Garante, nonché i provvedimenti che lo stesso può emanare, con l’espressa esclusione del suo intervento in relazione ai trattamenti di dati effettuati dalle autorità giudiziarie nell’esercizio delle proprie funzioni. Al Garante viene inoltre attribuita una legittimazione ad agire e stare in giudizio tramite professionisti dell’Avvocatura dello Stato, propri dipendenti abilitati o avvocati del libero foro. Infine, vengono inserite disposizioni specifiche in merito a particolari accertamenti che il Garante può effettuare nell’esercizio delle sue funzioni, che comprendono la richiesta di informazioni e di esibizioni di documenti; il compimento di accessi a banche di dati e archivi o altre ispezioni e verifiche nei luoghi del trattamento; nonché accertamenti effettuati sulle reti di comunicazione accessibili al pubblico. In particolare, vengono precisate le modalità e le procedure in base alle quali le operazioni di accertamento devono essere condotte.
Al fine di rispettare la delega, che richiede di adeguare il  quadro  normativo  nazionale  alle  disposizioni  del Regolamento, l’articolo 153 novellato, rubricato “Garante per la protezione dei dati personali”, si limita a recepire gli opportuni aggiornamenti della disciplina riguardante l’autorità di controllo, identificata nel Garante medesimo, derivanti sia dalle riforme legislative via via intervenute, sia dal Regolamento, i cui articoli da 51 a 54 richiedono al legislatore nazionale di assicurare con legge i meccanismi di istituzione, indipendenza, risorse e nomina dei componenti.
Al comma 1, viene chiarito che il Garante è composto dal Collegio, che ne costituisce il vertice, e dall’Ufficio, specificando che la struttura dell’organo collegiale, che è composto da quattro componenti, eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato. Vengono altresì stabiliti i criteri per la loro individuazione ai sensi degli articoli 53 e 54 del Regolamento. I componenti continuano a dover essere scelti tra persone che assicurano indipendenza e viene comunque precisato che i componenti medesimi debbano avere, come stabilito dal Regolamento, comprovata esperienza nel settore della protezione dei dati personali, con particolare riguardo alle discipline giuridiche e dell’informatica. Entrambe le Commissioni speciali hanno manifestato l’opportunità di introdurre una procedura selettiva ricalcata su quella oggi prevista per i componenti del Consiglio di amministrazione della RAI ed in tal senso è stata riformulata la previsione.

Al comma 2, riguardante le modalità di organizzazione interna del Collegio, non si registrano variazioni, per cui è previsto che i componenti eleggano nel loro ambito un presidente, il cui voto prevale in caso di parità; essi sono tenuti altresì ad eleggere un vice presidente, che assume le funzioni del presidente in caso di sua assenza o impedimento.
Il comma 3, riguarda la durata del mandato che, originariamente, era di quattro anni rinnovabile per non più di una volta. La disposizione viene aggiornata opportunamente in considerazione dell’articolo 47-quater, comma 1, decreto legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che ha fissato per tutte le autorità indipendenti la durata dell’incarico dei componenti nel termine di sette anni, non rinnovabile
Rimangono invece invariati gli ulteriori aspetti, già previsti, concernenti le cause di decadenza e incompatibilità dei componenti, nonché il dovere del segreto per le informazioni acquisite durante l’espletamento dell’incarico (commi 2, 3, 4), pienamente conformi agli articoli 53 e 54 del Regolamento e, quindi, ai criteri della legge di delegazione,
Il comma 5 prevede, come già stabilito nella previgente disciplina, che il presidente e i componenti al momento dell'accettazione della nomina sono collocati fuori ruolo se dipendenti di pubbliche amministrazioni o magistrati in attività di servizio; qualora siano professori universitari di ruolo, sono collocati in aspettativa senza assegni ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni. Il personale collocato fuori ruolo o in aspettativa non può essere sostituito.
Il comma 6 stabilisce le indennità di funzioni che, rispettivamente, competono al presidente del collegio dell’Autorità e ai suoi componenti.
Il comma 7 stabilisce che alle dipendenze del Garante è posto l'Ufficio di cui al successivo all’articolo 155, in coerenza con l’articolo 52, paragrafi 4 e 5, del Regolamento.
Nell’ottica di garantire l’integrità dell’azione amministrativa, anche in funzione anticorruttiva e per rafforzare i doveri di indipendenza e imparzialità sia del Collegio, sia del personale del Garante, il comma 8 prevede che il presidente, i componenti, il segretario generale e i dipendenti si astengono dal trattare, per un periodo di almeno due anni successivi alla cessazione dell’incarico ovvero del servizio presso il Garante, procedimenti dinanzi al Garante, ivi compresi reclami, sanzioni, richieste di parere o interpelli. Vengono così fissati a livello legislativo i parametri di incompatibilità, anche susseguenti al termine dell’incarico o del servizio delle predette figure, fino ad ora regolati nel codice etico del Garante.
Per quanto riguarda gli articoli 154 e 154-bis, disciplinanti rispettivamente i “Compiti” e i “Poteri” del Garante, poiché essi sono stabiliti dal Regolamento agli articoli 57 e 58, al fine di evitare duplicazioni, vengono pertanto espunti quelli disciplinati in tale sede; entrambi recano limitati interventi di aggiornamento in armonia con i diversi compiti e poteri individuati con il presente intervento normativo ed attribuiti al Garante in virtù dell’articolo 58, paragrafo 6, Regolamento, che consente agli Stati membri di attribuire ulteriori poteri all’Autorità di controllo, purché non ostino ai meccanismi di cooperazione e coerenza di cui al Capo VII del Regolamento.
In tale quadro, nel rispetto di tali vincoli, viene previsto, all’articolo 154, il compito di controllare se i trattamenti sono effettuati nel rispetto della disciplina applicabile, anche in caso di loro cessazione e con riferimento alla conservazione dei dati di traffico; di trattare i reclami presentati ai sensi del Regolamento, e delle disposizioni del presente decreto; promuovere la sottoscrizione regole deontologiche, nei casi di cui all’articolo 5; denunciare i fatti configurabili come reati perseguibili d'ufficio, dei quali viene a conoscenza nell'esercizio o a causa delle funzioni; trasmettere la relazione, predisposta annualmente ai sensi dell’articolo 59 del Regolamento, al Parlamento e al Governo entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello cui si riferisce (ciò in quanto si è ormai consolidata la prassi di presentare il documento nel mese di giugno, congiuntamente a tutte le altre autorità indipendenti).
Viene altresì previsto che il Garante assicuri la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali degli individui dando idonea attuazione al decreto legislativo e provveda altresì all’espletamento dei compiti ad esso attribuiti dal diritto dell’Unione o dello Stato e svolgere le ulteriori funzioni previste dall’ordinamento. Vengono necessariamente aggiornati i riferimenti normativi concernenti la funzione di controllo o assistenza svolta dal Garante in materia di trattamento dei dati personali prevista da leggi di ratifica di accordi o convenzioni internazionali o da atti comunitari o dell’Unione europea; inoltre, per un opportuno coordinamento normativo, viene precisato che il parere del Garante, anche nei casi di cui agli articoli 36, paragrafo 4, del Regolamento - che ha introdotto la consultazione obbligatoria dell’Autorità di controllo sulla legislazione primaria - è reso nel termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta, così come viene esclusa la sua competenza per il controllo dei trattamenti effettuati dalle autorità giudiziarie nell’esercizio delle loro funzioni.
L’articolo 154-bis, poi, prevede che il Garante, in aggiunta ai poteri previsti da specifiche disposizioni, dalla Sezione II del Capo VI del Regolamento e dal presente decreto, ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 6, del Regolamento medesimo, possa adottare linee guida non vincolanti, uno strumento già previsto in passato, con riferimento alle misure organizzative e tecniche di attuazione dei principi del Regolamento, anche per singoli settori e in applicazione dei principi di cui all’art. 25 del Regolamento, nonché approvare le regole deontologiche di cui all’articolo 2-quater del Codice, come introdotto dal presente decreto.
In adesione ai pareri delle Commissioni speciali si è introdotto, nell’articolo 154 bis, il comma 4 (già comma 10 dell’articolo 22 del presente schema di decreto) che consente al Garante di promuovere, nelle linee guida, modalità semplificate di adempimento degli obblighi del titolare del trattamento. Il Garante valuterà l’opportunità di individuare le concrete esigenze di semplificazione delle PMI, di cui tenere conto in sede di predisposizione delle linee guida, mediante un raccordo con il Garante per le micro, piccole e medie imprese, istituito presso il Ministero per lo sviluppo economico dalla legge 11 novembre 2011, n. 180.

L’articolo 154-ter concerne il “Potere di agire e rappresentanza in giudizio” e chiarisce che il Garante è in tal senso legittimato, qualora si renda necessario espletare delle azioni giudiziarie nei confronti del titolare o del responsabile del trattamento in caso di violazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali. Viene altresì specificato che il Garante è ordinariamente rappresentato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato. Nell’ipotesi in cui quest’ultima non ne possa assumere il patrocinio, il Garante agisce in giudizio tramite proprio personale iscritto all’elenco speciale degli avvocati dipendenti da enti pubblici ovvero mediante avvocati del libero foro.
Al riguardo si è ritenuto di non accogliere la condizione, contenuta nel parere del Garante, secondo cui al medesimo dovrebbe essere applicata, in luogo dell’articolo 1, R.D. n. 1611/1933 cui l’articolo 154-ter, comma 2, fa espresso rinvio, la disposizione di cui all’articolo 43 del medesimo regio decreto, disciplinante il cd. patrocinio facoltativo per le Amministrazioni non statali autorizzate ad avvalersene.
Il richiamo all’articolo 1, infatti, appare necessario ed in linea con l’orientamento della giurisprudenza amministrativa formatosi sul patrocinio dell’Avvocatura erariale in favore delle Autorità, ritenute, a tutti gli effetti, organi dello Stato.

L’articolo 155, sotto la rubrica “Ufficio del Garante”, non registra variazioni, confermando che  al fine di garantire la responsabilità e l'autonomia ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, si applicano sia i principi riguardanti l'individuazione e le funzioni del responsabile del procedimento, sia quelli relativi alla distinzione fra le funzioni di indirizzo e di controllo, attribuite agli organi di vertice, e le funzioni di gestione attribuite ai dirigenti, nonché altresì le disposizioni del medesimo.
L’articolo 156, nel disciplinare il “Ruolo organico e personale”, riproduce il contenuto delle corrispondenti disposizioni previgenti, introducendo alcuni limitati aggiornamenti che sono frutto, per la maggior parte, di un opportuno recepimento di novelle legislative introdotte nel corso degli anni.
Dopo il comma 1, nel quale si conferma che il segretario generale ricopre il ruolo di vertice gerarchico dell’Ufficio, al comma 2, viene aggiornata la composizione numerica dell’organico, ora pari a 162 unità a seguito degli incrementi apportati, da ultimo, dall’articolo 29 delle legge n. 167 del 2017 (Legge europea 2017). In ottemperanza all’articolo 52, paragrafo 5, del Regolamento - in base al quale l’autorità di controllo seleziona e dispone di proprio personale, soggetto alla direzione esclusiva della stessa autorità, e al fine di garantire buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, nonché forme di reclutamento trasparente - viene stabilito che il Garante può riservare una quota non superiore al cinquanta per cento dei posti banditi al personale di ruolo delle amministrazioni pubbliche che sia stato assunto per concorso pubblico e abbia maturato un’esperienza almeno triennale nel rispettivo ruolo organico.
Quanto all’organizzazione dell’Ufficio e del trattamento giuridico ed economico del personale, non si registrano variazioni, con l’eccezione di alcuni passaggi che vengono aggiornati, tenuto conto dell’evoluzione della normativa tempo per tempo intervenuta.
Il comma 3 viene quasi integralmente mantenuto, in quanto già pienamente conforme ai più rigorosi principi di indipendenza fissati dal Regolamento, ribadendo che, con propri regolamenti pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, il Garante definisce l'organizzazione e il funzionamento dell'Ufficio anche ai fini dello svolgimento dei compiti e dei poteri stabiliti dalla disciplina europea; la ripartizione dell'organico tra le diverse aree e qualifiche; la gestione amministrativa e la contabilità, anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato. Sebbene i pareri delle Commissioni parlamentari non appaiano, sul piano tecnico-normativo, adeguatamente formulati sul punto, si è mantenuta, in luogo della novella originariamente proposta, la vigente formulazione della lettera d) del comma 3 dell’articolo 156 del codice, prendendo atto che la volontà politica emergente dai pareri parlamentari fosse concorde nell’escludere la compatibilità con i criteri di delega dell’intervento normativo, articolato nello schema oggetto di deliberazione preliminare, diretto ad equiparare pienamente il trattamento economico del personale del Garante a quello del personale AGCOM.
In relazione alla lettera e), del medesimo comma, essa viene parzialmente riformulata senza fare più riferimento per l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione alle somme già versate nella contabilità speciale, in quanto si tratta di una precisazione non più attuale che era, invece, necessaria al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 196 del 2003, poiché si passava proprio dalla contabilità speciale alla contabilità finanziaria autonoma, gestita sulla base di un proprio regolamento, ormai a distanza di oltre quindici anni risulta una disposizione priva di significato e obsoleta.
Al comma 5 viene mantenuta la possibilità che l'Ufficio, anche in considerazione dell’elevata tecnicità dei compiti attribuiti al Garante, assuma dipendenti con contratto a tempo determinato o si avvalga di consulenti incaricati ai sensi dell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, in misura comunque non superiore a venti unità complessive; salvo il rispetto dell’art. 36 dell’ora cit. decreto.
Come già previsto in passato, è consentito, sempre in considerazione della complessità della materia di protezione dei dati personali, che il Garante possa avvalersi anche dell'opera di consulenti, sancendo per questi ultimi, così come per il personale addetto all'Ufficio, l’obbligo del segreto su ciò di cui sono venuti a conoscenza, nell'esercizio delle proprie funzioni, in ordine a notizie che devono rimanere segrete. Viene, inoltre, ribadito al comma 7 che il personale dell'Ufficio addetto agli accertamenti di cui all'158 del decreto legislativo, nonché a quelli di cui agli articoli 57, paragrafo 1, lettera h), 58, paragrafo 1, lettera b), e 62 del Regolamento riveste, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le rispettive attribuzioni, la qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria.
In relazione alle modifiche apportate al comma 8, riguardante il finanziamento del Garante,  e relative all’iscrizione di un apposito fondo stanziato a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in apposita Missione e programma di spesa, esse sono apportate in ragione del necessario adeguamento alle novità normative introdotte dall’articolo 25 (classificazione delle entrate e delle spese) della legge di contabilità e finanza pubblica  n. 196 del 2009 e dalla legge di bilancio n. 205 del 2017.
L’articolo 157, riguardante la “Richiesta di informazioni e di esibizione di documenti”, reca un necessario aggiornamento delle procedure che disciplinano l’attività istruttoria e di indagine del Garante, arrecando alcune modifiche di coordinamento normativo con il Regolamento.
Analogamente, l’articolo 158, rubricato “Accertamenti” contiene, quali elementi di novità, da un lato, la previsione già contenuta nel Regolamento che alle attività in questione possano prendere parte, se del caso, membri o personale di autorità di controllo di altri Stati membri dell’Unione Europea; dall’altro lato, che gli accertamenti possono altresì essere effettuati sulle reti di comunicazione accessibili al pubblico, potendosi procedere all’acquisizione di dati e informazioni on line, redigendo un apposito verbale in contradditorio con le parti.
L’articolo 159, disciplinante le “Modalità” per espletare gli accertamenti viene modificato solo al comma 3, dove la figura dell’incaricato del trattamento, non più prevista dal Regolamento, viene sostituita con quelle delle persone autorizzate al trattamento dei dati personali sotto l’autorità diretta del titolare o del responsabile di cui all’articolo 4 del Regolamento medesimo e delle persone espressamente designate ai sensi dell’articolo 2-terdecies del Codice, come qui introdotto.
I “Particolari accertamenti” di cui all’articolo 160 novellato, già esercitabili in relazione ai trattamenti effettuati in ambito giudiziario, di polizia e di difesa e sicurezza dello Stato, riprendono pressoché integralmente il contenuto dell’articolo 160 vigente. Le sole modifiche rispetto a tale ultimo articolo concernono- oltre ad ovvi aspetti di coordinamento normativo con il resto del presente intervento normativo e con le norme del Regolamento- la soppressione del riferimento agli accertamenti da svolgere nei riguardi degli uffici giudiziari, in ragione della prevista esclusione della competenza del Garante in ordine ai trattamenti svolti da parte dell’autorità giudiziaria, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, e da parte di forze di polizia, con la conseguente limitazione dell’ambito di applicazione della disposizione in esame ai soli trattamenti svolti per fini di difesa o sicurezza nazionale.
Aderendo all’osservazione del Garante, si è ritenuto opportuno separare la disposizione contenuta nel comma 5 dell'articolo 160, introducendo un apposito articolo 160-bis ove la medesima è confluita. In tal modo ci si è altresì uniformati alle osservazioni delle Commissioni speciali.
Peraltro, allo scopo di rendere il testo ancor più chiaro nel senso di consentirne l’applicazione a qualsiasi contesto processuale, ivi compresi i procedimenti innanzi a qualsiasi giudice speciale, si è deciso di eliminare la finale specificazione “nella materia civile e penale”, specificazione che, se mantenuta, avrebbe potuto far insorgere il dubbio che la disposizione non sia applicabile innanzi al giudice contabile, al giudice tributario, al giudice amministrativo ed agli altri giudici speciali.

Gli articoli da 161 e 165 compreso del Codice sono, invece, abrogati.
L’ art. 15 del decreto regge le modifiche al Titolo III della Parte III del Codice.
In dettaglio, l’art. 166 novellato, poi, sotto la nuova rubrica “Criteri di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e procedimento per l’adozione dei provvedimenti correttivi e sanzionatori”, ai commi 1, 2 e 3, specifica in primo luogo a quali sanzioni amministrative, previste, secondo i casi, dal paragrafo 4 o dal paragrafo 5 dell’articolo 83 del Regolamento, sono soggette le violazioni delle disposizioni ivi in dettaglio indicate.
L’articolo, nei commi seguenti, individua nel Garante l’organo competente ad adottare i provvedimenti correttivi di cui all’articolo 58, paragrafo 2, del Regolamento, nonché ad irrogare le sanzioni amministrative.
Il procedimento sanzionatorio viene disciplinato in dettaglio, stabilendo - come già previsto della disciplina precedente e in armonia con il Regolamento nonché con i principi dell’ordinamento - che possa essere avviato, nei confronti sia di soggetti privati, sia di autorità pubbliche ed organismi pubblici, a seguito di reclamo ai sensi dell’articolo 77 del Regolamento o di attività istruttoria d’iniziativa del Garante, nell’ambito dell’esercizio dei poteri d’indagine di cui all’articolo 58, comma 1 del Regolamento, nonché in relazione ad accessi, ispezioni e verifiche svolte in base a poteri di accertamento autonomi, ovvero delegati dal Garante.
Ai commi 5 e 6, viene stabilito che il procedimento per l’adozione dei provvedimenti e delle sanzioni viene avviato qualora gli elementi acquisiti configurino una o più violazioni, comunicando al titolare o al responsabile del trattamento le presunte violazioni, i quali possono inviare al Garante scritti difensivi o documenti e chiedere di essere sentito entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.
Al comma 8 vengono opportunamente specificate le disposizioni ritenute applicabili della legge 24 novembre 1981, n. 689, oltre alle disposizioni del decreto legislativo la cui violazione è sanzionata amministrativamente, precisando che le sanzioni di cui all’art. 83 del Regolamento si applicano altresì alle violazioni delle disposizioni, nonché delle misure di cui all’art. 4, comma 1, e 10, comma 1, del presente decreto. Al medesimo comma si prevede, altresì, che possa essere applicata la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione dell’’ordinanza-ingiunzione, per intero o per estratto, sul sito internet del Garante.
Il comma 9 introduce un meccanismo premiale analogo al pagamento in misura ridotta previsto dalla legge n. 689 del 1981, consentendo che entro il termine previsto per la proposizione del ricorso il trasgressore e gli obbligati in solido possano definire la controversia adeguandosi alle prescrizioni del Garante e mediante il pagamento di un importo pari a metà della sanzione irrogata.
Come in passato, è previsto, al comma 10, che con proprio regolamento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il Garante definisca le modalità del procedimento  per l’adozione dei provvedimenti e delle sanzioni ed i relativi termini.
Con riferimento a tale disposizione sono state recepite quasi tutte le condizioni ed osservazioni espresse nei pareri acquisiti, fatta eccezione per l’osservazione inerente alla ritenuta opportunità di introdurre un nuovo comma recante la seguente previsione: “8-bis. Nell’adozione dei provvedimenti sanzionatori, il Garante ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, al grado di responsabilità o a eventuali precedenti violazioni pertinenti, nonché alla personalità dello stesso, alle sue condizioni economiche ovvero alla dimensione dell’impresa con particolare riguardo alle micro, piccole e medie imprese.”. Tanto in considerazione del fatto che lo stesso Regolamento, all’articolo 83, recante “Condizioni generali per infliggere sanzioni amministrative pecuniarie”, al paragrafo 2, indica i criteri che le Autorità di controllo devono e possono osservare nel determinare la misura della sanzione da irrogare, tra i quali quello della gravità della violazione e, alla lettera k), “eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso”. Evidentemente, quindi, non è possibile introdurre ulteriori criteri rispetto a quelli già individuati dal Legislatore europeo, criteri in forza dei quali ben potrà essere tenuta in adeguata considerazione la dimensione delle imprese e, in particolare, la posizione delle micro, piccole e medie imprese, ai fini della concreta determinazione della sanzione da applicare.  Un’eventuale norma nazionale difforme da quella eurounitaria risulterebbe incompatibile, considerata l’esaustività degli elementi indicati.

Le Commissioni speciali, inoltre, avevano suggerito di valutare l’opportunità di prevedere, compatibilmente con il rispetto dei principi e criteri direttivi della delega e con le previsioni del Regolamento (UE) 2016/679, un minimo edittale alle sanzioni previste dal nuovo Regolamento, anche ai fini dell’accesso all’oblazione.
Tale osservazione non è stata accolta poiché, anche a seguito di interlocuzione informale con esponenti della Commissione Europea che hanno seguito il campo in considerazione, è emersa l’incompatibilità con il diritto europeo di norme nazionali che stabilissero minimi edittali, poiché comportanti una frammentazione dei vari ordinamenti nazionali sul punto.
Del resto, il testo dell’articolo 83 del Regolamento non prevede minimi edittali e, per contro, nel considerando n. 150 al Regolamento, è specificato che lo stesso Regolamento prevede solo i massimi delle sanzioni che possono essere inflitte.  

Per quanto riguarda il fronte sanzionatorio penale, a completamento di quanto osservato all’inizio della presente relazione, occorre ricordare che l’art. 83 del Regolamento introduce sanzioni amministrative ad hoc per le violazioni delle norme a protezione dei dati personali, mentre il successivo art. 84 ammette l’introduzione di ulteriori sanzioni (anche penali), «in particolare per le violazioni non soggette a sanzioni amministrative pecuniarie a norma dell'articolo 83». In proposito, inoltre, il considerando n. 149 precisa che «l’imposizione di sanzioni penali per violazioni di tali norme nazionali, e di sanzioni amministrative, non dovrebbe essere in contrasto con il principio del ne bis in idem quale interpretato dalla Corte di Giustizia».
Ebbene, quasi tutte le vigenti disposizioni penali (gli art. 167 ss. del codice privacy) reprimono comportamenti che, in attuazione dell’art. 83 del Regolamento, dovranno essere puniti con sanzioni amministrative (fa eccezione soltanto il reato di false comunicazioni al Garante). Di conseguenza, è stata evidenziata l’opportunità di adempiere a tale obbligo procedendo direttamente ad una mirata e limitata depenalizzazione, in modo da scongiurare i rischi di violazione del principio del ne bis in idem tra sanzioni penali e sanzioni amministrative affermato nella giurisprudenza delle Corti europee (su cui ora si tornerà maggiormente nel dettaglio).
In particolare, vanno assicurate le esigenze di proporzione tra fatto e trattamento sanzionatorio che sono sostanzialmente riconducibili al profilo sostanziale del ne bis in idem (peraltro soltanto nei casi in cui la sanzione amministrativa sia inferiore a quella penale ed il suo importo possa, di conseguenza, essere integralmente scomputato); ma il rispetto di dette esigenze non risolve i profili di tensione con l’omonima garanzia processuale, secondo cui un soggetto non dovrebbe essere sottoposto a due procedimenti sanzionatori per il medesimo fatto (idem factum), indipendentemente dall’esito degli stessi (e a prescindere, quindi, dal problema della proporzione della sanzione).
E si deve ricordare che, in effetti, proprio tale ultima considerazione ha condotto la Corte europea dei diritti dell’uomo a condannare l’Italia nel noto caso Grande Stevens, in cui in materia di abusi di mercato veniva giudicata non risolutiva la previsione dell’art. 187-terdecies T.U.F. (e dichiarata una violazione per la sola apertura del procedimento penale dopo quello amministrativo, indipendentemente dal suo esito), con conclusioni da ultimo confermate dalla Corte di giustizia nella sentenza Garlsson (su cui si tornerà).
Come noto, d’altra parte, nella giurisprudenza di Strasburgo più recente (sentenza della Grande Camera A. e B. c. Norvegia) si è affermato un orientamento meno rigido, secondo cui si potrebbe escludere una violazione del principio, riconoscendo l’esistenza di “sistemi sanzionatori integrati” anziché una reale “duplicazione” di procedimenti, sulla base di una valutazione combinata dei seguenti presupposti: a) la finalità complementare delle procedure, le quali dovrebbero considerare “aspetti diversi” del fatto illecito; b) la prevedibilità della duplicazione degli accertamenti; c) l’esistenza di un’interazione tra autorità procedenti nella raccolta e nella valutazione delle prove che faccia “apparire” che il secondo accertamento dei fatti si basi su quello precedente; d) un meccanismo compensatorio che eviti un cumulo sproporzionato delle sanzioni; e) la “specificità” della procedura amministrativa rispetto all’illecito e la sua natura non “stigmatizzante”. Come si può notare, il tema della proporzione della sanzione è soltanto uno degli aspetti che vengono considerati dalla Corte di Strasburgo, accanto ad ulteriori che dovrebbero permettere di apprezzare un certo coordinamento ed un’integrazione tra i procedimenti amministrativo e penale, tali da escludere una violazione del ne bis in idem.
In una direzione analoga pare essersi orientata da ultimo la Corte di giustizia che, in tre coeve sentenze (Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 20 marzo 2018, C-524/15, Menci; C-537/16, Garlsson Real Estate e a.; C-596/16 e C-597/16, Di Puma e Zecca), ha ritenuto che la legittimità dei doppi binari sanzionatori debba essere apprezzata alla luce del principio di proporzionalità, il quale ammette limitazioni delle garanzie dell’individuo solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui, così da garantire un coordinamento fra i due procedimenti relativi all’idem factum e ridurre il più possibile gli oneri supplementari che il ricorso a tale sistema genera, nel rispetto del principio di proporzione della pena, limitando a quanto strettamente necessario il complesso delle sanzioni irrogate.
Orbene, si deve evidenziare che rispetto alle varie ipotesi di “doppio binario” sanzionatorio previste nell’ordinamento italiano, compresa quella che si andrebbe a creare in materia di privacy mantenendo le attuali fattispecie penali accanto a quelle amministrative di prossima introduzione, rendeva arduo formulare una valutazione favorevole circa il rispetto dei presupposti delineati nella giurisprudenza delle Corti europee. Mancherebbe, ad esempio, qualsiasi coordinamento tra procedimenti sul piano della raccolta e della valutazione della prova “che faccia apparire che il secondo accertamento si basi su quello precedente” (nei termini della Corte EDU) o “che limiti il più possibile gli oneri supplementari per il destinatario” (nei termini della Corte di giustizia), atteso che, al contrario, il principio del contraddittorio impone che le prove siano integralmente riassunte nel dibattimento e rivalutate dal giudice penale secondo regole di giudizio del tutto diverse.
Inoltre, tornando ai parametri Cedu, si deve evidenziare che i due procedimenti non considererebbero realmente “aspetti diversi” del fatto illecito e che quello amministrativo parrebbe evidenziare caratteri di minore “specificità” rispetto a quanto previsto nelle materie finanziaria e tributaria. A questo proposito, vale la pena di sottolineare che nella sentenza Menci, la Corte di giustizia ha ritenuto legittimo il doppio binario previsto in materia tributaria soprattutto alla luce del fatto che in tale ambito le fattispecie penali considerano violazioni di particolare disvalore, individuate attraverso il meccanismo delle soglie quantitative, mentre le fattispecie penali vigenti a tutela della privacy, nella loro ampiezza, si sovrapporrebbero integralmente a quelle amministrative.
Quanto alla proporzione della sanzione, infine, si deve notare che a fronte di sanzioni amministrative di importo elevato (quali quelle che a breve opereranno in materia di privacy), proprio la Corte di giustizia ha ritenuto sproporzionato il ricorso aggiuntivo alla sanzione penale nella sentenza Garlsson, in cui espressamente si è ritenuto insufficiente il già descritto scomputo disciplinato dall’art. 187-terdecies T.U.F. poiché «l’articolo 187-terdecies sembra avere ad oggetto solamente il cumulo di pene pecuniarie, e non il cumulo di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale e di una pena della reclusione» e pertanto «non garantisce che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte sia limitata a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del reato in questione».
Al riguardo nella sentenza Ricucci della Corte di Giustizia si osserva che «con riferimento al cumulo di sanzioni autorizzato dalla normativa discussa nel procedimento principale, quest’ultima sembra limitarsi a prevedere, all’articolo 187 terdecies del TUF, che quando per lo stesso fatto sono state applicate una multa e una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale, l’esazione della prima è limitata alla parte eccedente l’importo della seconda. Orbene, dal momento che l’articolo 187 terdecies sembra avere ad oggetto solamente il cumulo di pene pecuniarie, e non il cumulo di una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale e di una pena della reclusione, risulta che detto articolo non garantisce che la severità dell’insieme delle sanzioni inflitte sia limitata a quanto strettamente necessario rispetto alla gravità del reato in questione.
A conclusione della ricostruzione che precede, va ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte EDU per verificare la violazione del principio del ne bis in idem è necessario considerare la coincidenza o meno dei concreti fatti imputati, a nulla rilevando la struttura astratta delle fattispecie, secondo un orientamento sostanzialista della Corte sovranazionale. Con la conseguenza che una distinzione tra fattispecie penale e amministrativa condotta sulla base degli elementi costitutivi, ivi compreso quello psicologico, non coglierebbe nel segno.
Tutto ciò premesso, il novellato art. 167 del Codice punisce tuttora diverse condotte consistenti nell’arrecare nocumento all’interessato, in violazione di specifiche previsioni indicate nei primi tre commi dell’articolo,
I commi 4 e 5 consentono la cooperazione tra autorità giudiziaria e garante, autorità amministrativa competente per l’erogazione delle sanzioni amministrative eventualmente coincidenti con l’area della rilevanza penale.
Il comma 6 mutua il contenuto dell’art.187-terdecies del d.lgs. n.58 del 1998. Si tenga presente che nel caso degli abusi di mercato vi è una convergenza sul medesimo fatto di sanzioni pecuniarie, che ove esatte dall’autorità amministrativa competente comportano la riduzione della pena pecuniaria penale. La circostanza per cui l’articolo 167, come modificato dal presente schema di decreto, non prevede una pena pecuniaria ma esclusivamente la pena della reclusione impedisce che possa mutuarsi la formulazione dell’articolo 187-terdecies TUF che “limita l’esazione della pena pecuniaria alla “parte eccedente quella riscossa dall’autorità amministrativa” come sembrerebbe suggerire il Garante nel proprio parere.
All’ art. 167-bis del Codice sono state introdotte le figure di “Comunicazione e diffusione illecita di dati personali oggetto di trattamento su larga scala”.
E’ punita la comunicazione o diffusione di un archivio automatizzato o di una parte sostanziale di esso, al fine di trarne profitto o di arrecare un danno.
L’ “archivio” rinviene una propria definizione nel Regolamento UE 679/16 (art. 4,  numero 6)), mentre la “parte sostanziale” di esso è un concetto che trova riscontro nella direttiva 96/9/CE relativa alla “Tutela giuridica delle banche dati” e rinviene un proprio preciso contenuto nella giurisprudenza della CGUE  (v. sentenza resa nella causa C-46/02, tra Fixtures Marketing Ltd contro Oy Veikkaus Ab.). Si innesta quindi la precisazione che deve trattarsi di archivio avente ad oggetto dati trattati su larga scala, che connota professionalmente il fenomeno. Il concetto di trattamento su larga scala oltre a trovare riferimento nel citato Reg. UE è oggetto già delle linee guida del A29WP.
La riformulazione della norma è stata operata allo scopo di soddisfare le richieste all’uopo pervenute dalle Commissioni speciali e risulta in linea con altri modelli di disciplina interna adottati in Paesi U.E. in sede di armonizzazione con il Regolamento.
Il comma 2 punisce la comunicazione di un archivio o di una parte sostanziale di esso di dati personali oggetto di trattamento su larga scala senza consenso quando esso è stabilito ai fini della liceità dell’operazione di trattamento.
La previsione di una nuova e diversa fattispecie penale non coincidente con l’attuale articolo 167 del Codice ha lo scopo di reprimere quei comportamenti che per vastità di dimensioni, non si esauriscono nella mera violazione delle norme sul trattamento. I due procedimenti, penale e ammnistrativo. nel caso considererebbero “aspetti diversi” del fatto illecito e quello amministrativo parrebbe evidenziare caratteri di minore “specificità”. Nella sentenza Menci, lo si ribadisce, la Corte di giustizia ha ritenuto legittimo, sulla base del principio di proporzione che prescinde dalle modalità con cui le fattispecie penale e amministrativa sono astrattamente delineate, il doppio binario previsto in materia tributaria soprattutto alla luce del fatto che in tale ambito le fattispecie penali considerano violazioni di particolare disvalore, individuate attraverso il meccanismo delle soglie quantitative. In materia di privacy al fine di evitare sovrapposizioni con gli illeciti amministrativi, è stata operata un’analoga scelta.
E’ stata poi introdotta un’ulteriore fattispecie incriminatrice, del tutto nuova, sub art. 167-ter del Codice, sotto la rubrica “Acquisizione fraudolenta di dati personali oggetto di trattamento su larga scala”, declinata sempre in relazione all’acquisizione con mezzi fraudolenti,  al fine trarne profitto per sé o altri ovvero di arrecare danno, di un archivio automatizzato o una parte sostanziale di esso contenente dati personali oggetto di trattamento.
Alle figure di cui agli artt. 167-bis e 167-ter, peraltro, si applicano le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 del precedente novellato art. 167, sempre allo scopo di far fronte ai problemi sin qui illustrati.
In adesione dei pareri acquisiti, nelle figure previste dagli articoli 167, 167 bis e 167 ter, è stato introdotto il dolo alternativo specifico costituito dall’arrecare danno all’interessato.
La fattispecie di cui all’articolo 167 bis è stata, inoltre, modificata sotto il profilo del soggetto attivo del reato, ricorrendo alla locuzione “chiunque”, come richiesto nei pareri acquisiti.

Per quanto riguarda le residue violazioni della disciplina aventi rilevanza penale, solo quella già contemplata all’ art. 169 del Codice viene abrogata: tale opera di mirata e limitata depenalizzazione viene effettuata in ragione della forte dissuasività esercitata dalle sanzioni amministrative alla luce dell’articolo 83 del Regolamento. Residuano quelle condotte che, per l’impatto particolarmente lesivo che possono esercitare sull’attività del Garante, assurgono a fattispecie penalmente rilevanti.
La fattispecie delle “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”, di cui al novellato art. 168 del Codice, sancisce la punibilità, con la reclusione da sei mesi a tre anni, dei soggetti che, nei procedimenti davanti al Garante, dichiarano o attestano il falso. La disposizione viene integrata tramite l’inserimento di un secondo comma, con la previsione della sanzione della reclusione fino ad un anno a carico di chi cagiona intenzionalmente una interruzione o turba la regolarità dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante medesimo.
Come richiesto in tutti i pareri è stata reintrodotta la fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 170 del Codice, come riformulata quanto alla specificazione del tipo di provvedimenti violati.
Infine, è stato riformulato l’art. 171 in tema di “Violazioni delle disposizioni in materia di controlli a distanza e indagini sulle opinioni dei lavoratori”.
Gli articoli da 173 a 183 compreso sono, invece, abrogati.
L’art. 16 del decreto reca le modifiche all’allegato A del Codice.
Passando alla parte extracodicistica dell’intervento normativo che si illustra, il Capo V dello schema di decreto, sotto la rubrica “Disposizioni processuali”, consta di un solo articolo, il 17, che, titolato, “Modifiche all’articolo 10 del decreto legislativo 1 settembre 2011 n. 150”, disciplina e chiarisce, sotto il profilo strettamente procedurale, l’iter per dirimere le controversie previste dall’articolo 152 del Codice. Si è dunque proceduto, per ragioni di coordinamento, alla riformulazione dell’art. 10 del decreto legislativo n. 150 del 2011 sulle suddette controversie in materia di protezione dei dati personali in modo da avere in tale ambito una disciplina completa del ricorso giurisdizionale previsto dal Regolamento. Al riguardo, si evidenzia che, pur mantenendosi la competenza del tribunale del luogo in cui risiede o ha la sede il titolare o il responsabile del trattamento, è stata prevista, in alternativa, la competenza anche del luogo in cui ha la residenza l’interessato, ove si tratti di un consumatore. Anche per i ricorsi giurisdizionali viene confermato il diritto dell’interessato di conferire mandato ad enti del terzo settore, come per il reclamo, ai sensi dell’art. 80, paragrafo 1, del Regolamento.

Muovendo dalle sollecitazioni contenute sul punto nei pareri delle Commissioni parlamentari è stato aggiunto, al comma 9, un periodo che prevede che il giudice dispone che, a cura della cancelleria, sia data comunicazione al Garante circa la pendenza della controversia trasmettendogli copia degli atti introduttivi delle parti costituite, in modo da consentire al medesimo Garante il consapevole esercizio della valutazione relativa alla (eventuale) trasmissione delle osservazioni in qualità di amicus curiae.

Il Capo VI del decreto è dedicato alle “Disposizioni transitorie, finali e finanziarie”.
L’articolo 18, rubricato “Definizione agevolata delle violazioni in materia di protezione dei dati personali”, introduce l’ammissione al pagamento in misura ridotta di una somma pari ai due quinti del minimo edittale previsto per la violazione contestata in sede amministrativa (pari alla somma che conseguirebbe all’applicazione della diminuente del fatto di minore gravità di cui all’articolo 164-bis, comma 1 del decreto legislativo n. 196 del 2003), per i procedimenti inerenti gli illeciti amministrativi previsti dal medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003 per i quali, alla data indicata in decreto, non sia stata adottata la relativa ordinanza-ingiunzione.
In conformità a quanto richiesto dagli Organi consultati, tale data è stata definitivamente fatta coincidere col 25 maggio 2018, data di applicazione del GDPR.
L’articolo 19 introduce una specifica disciplina per la “Trattazione degli affari pregressi”, prevedendo in particolare che entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso di cui al comma 3 del medesimo articolo, si possa presentare al Garante motivata richiesta di trattazione dei reclami, delle segnalazioni e delle richieste di verifica preliminare che siano pervenuti entro la medesima data, per i quali si sia già esaurito l'esame, di cui il Garante abbia già esaminato nel corso del 2018 un motivato sollecito o una richiesta di trattazione, ovvero relativamente ai quali l’Autorità abbia contezza della pendenza di procedimenti penali, per i medesimi fatti. In assenza di richiesta di trattazione, i relativi procedimenti sono improcedibili.
Si dispone, infine, che i ricorsi pervenuti al Garante successivamente alla data di applicazione del regolamento (UE) 2016/679 sono trattati come reclami ai sensi dell’articolo 77 del medesimo regolamento.
Di tale disciplina per la trattazione degli affari pregressi il Garante dà notizia mediante avviso, pubblicato sul proprio sito istituzionale e nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
L’articolo 20, rubricato “Codici di deontologia e di buona condotta vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto”, disciplina appunto, in relazione al nuovo quadro giuridico europeo, l’efficacia giuridica dei codici di deontologia e buona condotta previsti dal decreto legislativo n. 196 del 2003 e a questo allegati. In particolare, il comma 1 dispone l’ultrattività degli effetti giuridici dei codici deontologici per i sistemi informativi per il credito al consumo, l’affidabilità e puntualità nei pagamenti e per i trattamenti svolti a fini di informazioni commerciali, sino all’approvazione, da parte del Garante, entro sei mesi dalla richiesta, di codici di condotta che le categorie interessate gli sottopongano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, ai sensi dell’articolo 40 del Regolamento.
Per quanto invece concerne gli altri codici deontologici allegati al decreto legislativo n. 196 del 2003, se ne dispone l’ultrattività, spettando al Garante il compito di promuoverne la revisione con le modalità di cui all’articolo 2-quater del Codice.
L’articolo 21 sulle “Autorizzazioni generali del Garante” reca la relativa disciplina transitoria. Esso è stato parzialmente modificato in adesione ai pareri resi dagli Organi consultati.
In particolare, il Garante, con provvedimento di carattere generale da porre in consultazione pubblica entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto , individua, individua le prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali già adottate, relative alle situazioni di trattamento di cui agli articoli 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), 9, paragrafi 2 lettera b) e 4, nonché al capo IX del regolamento (UE) 2016/679, che risultano compatibili con le disposizioni del medesimo regolamento e del presente decreto e, ove occorra, provvede al loro aggiornamento. Il provvedimento di cui al presente comma è adottato entro sessanta giorni dall’esito del procedimento di consultazione pubblica.  
Le autorizzazioni generali sottoposte a verifica a norma del comma 1 che sono state ritenute incompatibili con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 cessano di produrre effetti dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di cui al comma 1.

L’articolo 22, rubricato “Altre disposizioni transitorie e finali”, reca disposizioni transitorie relative a profili eterogenei. Il comma 1 reca, anzitutto, una clausola interpretativa a valenza generale, che impone di interpretare e applicare, appunto, il presente decreto e le restanti norme nazionali, alla luce della disciplina europea in materia di protezione dei dati personali, assicurando peraltro la libera circolazione dei dati nell’Unione, come previsto dall’articolo 1, paragrafo 3, del Regolamento. Tale clausola di salvaguardia – che esplicita un canone interpretativo desumibile anche dalla gerarchia delle fonti del diritto – mira ad evitare ogni possibile controversia o antinomia in sede applicativa, garantendo alle norme dell’ordinamento coerenza e conformità al quadro giuridico europeo.
Parallelamente, il comma 6 dispone, con clausola di salvaguardia a valenza generale, che i richiami contenuti, in norme di legge o regolamento, a disposizioni del decreto legislativo n. 196 del 2003, si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del Regolamento o del presente decreto, in quanto compatibili.
Al fine di garantire coerenza con il nuovo quadro giuridico anche ai provvedimenti amministrativi, il comma 4 dispone che, a decorrere dal 25 maggio 2018, i provvedimenti del Garante si continuano ad applicare se compatibili con il Regolamento e con il presente decreto.
Ai fini della corretta interpretazione di atti e documenti adottati precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto, il comma 2 dispone che, ovunque si trovi nell’ordinamento il riferimento al “dato sensibile” e al “dato giudiziario”, debba intendersi come tale, rispettivamente, il dato personale appartenente alle categorie particolari di dati di cui all’articolo 9 nonché ai dati relativi a condanne penale e reati di cui all’articolo 10 del Regolamento. In tal modo si garantisce la complessiva coerenza e conformità al nuovo quadro giuridico europeo dei provvedimenti adottati precedentemente.
Il comma 3 reca la disciplina applicabile ai trattamenti che presentino rischi specifici, già in corso alla data di entrata in vigore del decreto, consentendone la prosecuzione ove avvengano in base a espresse disposizioni di legge o regolamento o atti amministrativi generali, ovvero nel caso in cui siano stati sottoposti a verifica preliminare o autorizzazione del Garante, con la conseguente individuazione di misure e accorgimenti adeguati a garanzia dell’interessato.
Il comma 5 è stato riformulato in conformità a quanto richiesto in entrambi i pareri delle Commissioni speciali, nel senso di stabilire che, a decorrere dal 25 maggio 2018, le disposizioni di cui ai commi 1022 e 1023 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 si applicano esclusivamente ai trattamenti dei dati personali funzionali all’autorizzazione del cambiamento del nome e/o del cognome dei minorenni. Con riferimento a tali trattamenti, il Garante per la protezione dei dati personali può, nei limiti e con le modalità di cui all’articolo 36 del Regolamento (UE) 2016/679, adottare provvedimenti di carattere generale. Al fine di semplificare gli oneri amministrativi, i soggetti che rispettano le misure di sicurezza e gli accorgimenti prescritti ai sensi dell’articolo 2-quinquiesdecies sono esonerati dall’invio al Garante dell’informativa di cui al citato comma 1022. In sede di prima applicazione, le suddette informative sono inviate entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento del Garante.

Il comma 7, la relativa disposizione della legge di bilancio, precisa che la restituzione ai comuni, da parte dell’Istat, delle informazioni raccolte nell’ambito del censimento permanente avviene in forma aggregata.
Il comma 8 stabilisce che il registro dei trattamenti di cui all’articolo 37, comma 4, del Codice cessa di essere alimentato a far data dal 25 maggio 2018, stabilendo delle modalità transitorie di accesso a tale registro fino al 31 dicembre 2019.
Il comma 9 sancisce che disposizioni di legge o di regolamento, che individuano il tipo di dati trattabili e le operazioni eseguibili al fine di autorizzare i trattamenti delle pubbliche amministrazioni per motivi di interesse pubblico rilevante, debbano trovare applicazione anche per i soggetti privati che trattano i dati per i medesimi motivi.
L’originario comma 10 della presente disposizione è stato spostato al comma 4 dell’articolo 154-bis del Codice, come già evidenziato a commento di quest’ultimo articolo.
Il comma 10 prevede che la disposizione di cui all’articolo 160, comma 4, del codice limitatamente alla parte in cui ha riguardo ai dati coperti da segreto di Stato, si applica fino alla data di entrata in vigore della disciplina relativa alle modalità di opposizione al Garante per la protezione dei dati personali del segreto di Stato.
Il comma 11 detta una disposizione transitoria a norma della quale le disposizioni del codice relative al trattamento di dati genetici, biometrici o relativi alla salute continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili con il regolamento (UE) 2016/679, sino all’adozione delle corrispondenti misure di garanzia di cui all’articolo 2-septies del citato codice, introdotto dal presente decreto.
Il comma 12, infine, in ragione della innegabile utilità dell'istituto del protocollo di intesa, soprattutto in relazione ad alcune aree del Paese ad elevato tasso di criminalità organizzata, il decreto reca una disposizione transitoria che consente di continuare ad avvalersi di tali strumenti giuridici attraverso l'ultrattività della regola contenuta nell’abrogando comma l-bis dell'articolo  21 del codice. Detta ultrattività cesserà alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro della giustizia che, di concerto con il Ministro dell’interno, ai sensi dei commi 2 e 6 dell’articolo 2-octies provvederà ad individuare, in mancanza di specifiche disposizioni legislative o regolamentari, le ulteriori categorie di trattamenti dei dati di cui all'articolo 10 del GDPR consentiti.

Avuto riguardo alla condizione espressa dal Garante al punto 1.2, volta a modificare l’articolo 50-ter del D.Lgs. 07/03/2005, n. 82, recante “Codice dell'amministrazione digitale”, articolo introduttivo della “Piattaforma Digitale Nazionale Dati”, si ritiene che l’intervento richiesto esuli dalla delega conferita circa l’implementazione del Regolamento.

Le Commissioni speciali, inoltre, avevano entrambe richiesto di valutare “la possibilità di stabilire, tramite provvedimenti del Garante, una fase transitoria, in ogni caso non inferiore a 8 mesi, successiva all'entrata in vigore del decreto legislativo, nel corso della quale il Garante non procederà ad irrogare sanzioni alle imprese, disponendo, invece, ammonimenti o prescrizioni di adeguamento alla nuova disciplina. Ciò anche in base al principio di proporzionalità e di gradualità della sanzione, anche osservando i principi dello small business act.”
In merito, ritenuto di non poter accogliere integralmente tale osservazione (considerata la necessità di assicurare uniformità di trattamento, anche sanzionatorio, evitando sacche, seppur temporanee, di impunità), si è aggiunto un ultimo comma che, per i primi otto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, assicura che il Garante per la protezione dei dati personali tenga conto, ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative e nei limiti in cui risulti compatibile con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679, della fase di prima applicazione delle disposizioni sanzionatorie (in linea con i criteri di cui all’articolo 83 del regolamento sopra illustrati).


L’articolo 23, poi, reca disposizioni di coordinamento volte a chiarire a quali norme del presente decreto legislativo debbano intendersi riferiti i “rinvii” al Codice contenuti nel testo del decreto legislativo n. 51 del 2018 ai fini del recepimento della direttiva (UE) 2016/680.  
L’articolo 24, sotto la rubrica “Applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni anteriormente commesse”, disciplina l’applicabilità delle sanzioni amministrative alle violazioni precedentemente poste in essere, sul modello di quanto disposto da precedenti interventi di depenalizzazione e, da ultimo, dal decreto legislativo n. 8 del 2016.
La norma, in particolare, dispone l’applicabilità delle sanzioni amministrative che, nel presente decreto, sostituiscono corrispondenti sanzioni penali, agli illeciti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, purché il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili. Qualora, invece, il relativo procedimento sia stato definito, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento, il giudice dell'esecuzione dispone la revoca della sentenza o del decreto, dichiarando che il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato e adottando i provvedimenti conseguenti, con ordinanza opponibile ai sensi dell’articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale. Il comma 3 riproduce poi la clausola di salvaguardia – presente nei precedenti interventi di depenalizzazione – volta a limitare la retroattività della sanzione amministrativa pecuniaria a un ammontare corrispondente al massimo della pena precedentemente prevista, commutato secondo il criterio di ragguaglio di cui all’articolo 135 del codice penale.
Ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto non si applicano le sanzioni amministrative accessorie introdotte dal medesimo provvedimento, salvo che le stesse sostituiscano, nel nuovo sistema, corrispondenti pene accessorie.
L’articolo 25, rubricato “Trasmissione degli atti all'autorità amministrativa”, introduce le necessarie disposizioni procedurali, complementari a quelle di cui all’articolo precedente. Si dispone pertanto che, nei casi di applicazione della sanzione amministrativa sostituita alla corrispondente penale, in relazione a procedimenti non conclusi con sentenza o decreto irrevocabili, l'autorità giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, trasmette al Garante- quale autorità amministrativa competente- gli atti del procedimento penale relativo ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che gli illeciti penali risultino, alla stessa data, prescritti o estinti per altra causa.
Qualora, invece, l'azione penale non sia stata ancora esercitata, la trasmissione degli atti è disposta direttamente dal pubblico ministero il quale, in caso di procedimento già iscritto, annota la trasmissione nel registro delle notizie di reato. In caso di estinzione del reato per qualsiasi causa, il pubblico ministero richiede l'archiviazione.
Nell’ipotesi in cui l’azione penale sia stata esercitata, ma il procedimento non sia concluso, con provvedimento irrevocabile, il giudice pronuncia sentenza inappellabile perché il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti al Garante.
In caso di pronuncia di sentenza di condanna (non ancora divenuta irrevocabile), il giudice dell'impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è (più) previsto dalla legge come reato, decide sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza concernenti gli interessi civili.
Non si ritiene sul punto di aderire alle osservazioni del Garante, secondo cui sarebbe stato necessario aggiungere, dopo le parole “sentenza inappellabile”, “di proscioglimento”, apparendo il medesimo superfluo atteso il richiamo all’articolo 129 c.p.p.; peraltro, la formulazione della disposizione è analoga a quella adottata nell’articolo 9, comma 3, del D.Lgs. n. 8/2016.
Il Garante notifica gli estremi della violazione agli interessati nel termine di novanta e trecentosettanta giorni dalla ricezione degli atti, in ragione della residenza nel territorio nazionale o all’estero del destinatario. Questi è ammesso al pagamento in misura ridotta della sanzione entro sessanta giorni dalla notificazione degli estremi della violazione, con estinzione del procedimento in caso di pagamento.
L’articolo 26 reca le disposizioni finanziarie del provvedimento.
L’ art. 27 contiene la specifica indicazione di Titoli, Capi, Sezioni, articoli e allegati del Codice che si è deciso di abrogare.

Per completezza, circa gli allegati al Codice, va specificato che quelli B e C sono soppressi, mentre l’allegato A è mantenuto, ma ridenominato “Regole deontologiche”.