Schema di DPR - Modalità di calcolo e liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari - Relazione

Esame definitivo - Consiglio dei ministri 25 settembre 2015

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante: “Disposizioni in materia di modalità di calcolo e liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari iscritti nell’albo di cui al decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14”

 

Articolato

Il presente decreto concerne il “Regolamento recante le modalità di calcolo e di liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari iscritti nell’Albo di cui al decreto 4 febbraio 2010, n. 14”.

I. La norma primaria (art. 8 del Dlgs. n. 14 del 2010) demanda ad un decreto del Presidente della Repubblica il compito di stabilire le modalità di calcolo e di liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari dei beni sottoposti a misure reali di prevenzione e detta i seguenti principi ai quali la disciplina secondaria si deve attenere:
a)  previsione di tabelle differenziate per singoli beni o complessi di beni, e per i beni costituiti in azienda;
b)  previsione che, nel caso in cui siano oggetto di sequestro o confisca patrimoni misti, che comprendano sia singoli beni o complessi di beni sia beni costituiti in azienda, si applichi il criterio della prevalenza, con riferimento alla gestione più onerosa, maggiorato di una percentuale da definirsi per ogni altra tipologia di gestione meno onerosa;
c)  previsione che il compenso sia comunque stabilito sulla base di scaglioni commisurati al valore dei beni o dei beni costituiti in azienda, quale risultante dalla relazione di stima redatta dall'amministratore giudiziario, ovvero al reddito prodotto dai beni;
d)  previsione che il compenso possa essere aumentato o diminuito, su proposta del giudice delegato, nell'ambito di percentuali da definirsi e comunque non eccedenti il 50 per cento, sulla base dei seguenti elementi:
1)  complessità dell'incarico o concrete difficoltà di gestione;
2)  possibilità di usufruire di coadiutori;
3)  necessità e frequenza dei controlli esercitati;
4)  qualità dell'opera prestata e dei risultati ottenuti;
5)  sollecitudine con cui sono state condotte le attività di amministrazione;
e)  previsione della possibilità di ulteriore maggiorazione a fronte di amministrazioni estremamente complesse, ovvero di eccezionale valore del patrimonio o dei beni costituiti in azienda oggetto di sequestro o confisca, ovvero ancora di risultati dell'amministrazione particolarmente positivi;
f)  previsione delle modalità di calcolo e liquidazione del compenso nel caso in cui siano nominati più amministratori per un'unica procedura.


II. Ciò posto, occorre esporre le ragioni delle principali opzioni attuative accolte a fronte delle direttrici poste in sede primaria:
1) l’ambito applicativo dell’intervento regolamentare è stato limitato al solo primo grado del procedimento di prevenzione e dunque ai soli beni sequestrati (e non anche a quelli confiscati), tenuto conto che - sebbene l’art. 8 del decreto legislativo n. 14 del 4 febbraio 2010 includa i beni confiscati - con decreto legge coevo (n. 4 del 2010)  fu istituita l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, a cui è stato attribuito il compito di amministrare i beni, dopo l’adozione del provvedimento di confisca di primo grado (art. 38 d. lgs. 159/2011); pertanto, per i gradi successivi al primo e dunque dal momento della confisca viene meno la figura dell’amministratore giudiziario; conseguentemente, il regolamento in esame – diversamente da quanto dispone l’art. 8 del d. lgs. 14/210 – prende in considerazione esclusivamente i beni sequestrati (e non anche quelli confiscati);
2) per la liquidazione dei compensi si è assunto come modello di riferimento  l’impianto che governa la disciplina regolamentare cui rinviano gli artt. 39 e 165 L.F. per la determinazione del compenso spettante al curatore fallimentare e al commissario giudiziale nella procedura di concordato preventivo; tale scelta si giustifica in considerazione del fatto che i procedimenti di prevenzione disciplinati dal Codice antimafia presentano, in merito alla gestione dei beni sottoposti a sequestro (o a confisca), innegabili elementi di connessione con le procedure concorsuali, tenuto conto che è espressamente previsto che l’amministratore giudiziario procede alla verifica dei crediti, alla custodia e gestione dei beni, alla loro liquidazione e al riparto delle somme ricavate in favore dei creditori. D’altra parte, si registra già nell’ordinamento la tendenza ad assumere come parametro di riferimento per la liquidazione dei compensi dovuti agli organi gestionali delle procedure concorsuali, anche diverse da quelle regolate dai richiamati articoli 38 e 165 L.F., i criteri cui rinviano le predette disposizioni primarie. In particolare, l’art. 15, comma 9, della legge n. 3 del 2012, in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento, prevede che, fino all’adozione del regolamento previsto dal comma 3 dello stesso articolo,  i compensi dei professionisti nominati in luogo degli organismi di composizione siano liquidati sulla base dei parametri previsti per i commissari giudiziali e per i curatori fallimentari, ridotti del 40%, con la conseguenza che anche il decreto regolamentare di cui al predetto comma 3, chiamato a stabilire i parametri di determinazione dei compensi degli organismi, dovrà tenere conto di quanto previsto dalla disposizione transitoria del comma 9. Inoltre il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 4 dicembre 2007, recante la determinazione dei compensi dovuti ai commissari liquidatori nominati nelle procedure di amministrazione straordinaria, fa espresso rinvio ai parametri per la liquidazione dei compensi dei curatori e dei commissari giudiziali di cui agli artt. 39 e 165 L.F. Ne consegue che può dirsi esistente nell’ordinamento un principio di ordine generale in forza del quale il compenso dovuto per la gestione e la liquidazione di beni in vista del soddisfacimento dei crediti sottoposti a verifica è regolato sulla base dei criteri previsti per la remunerazione dell’attività svolta dal curatore e dal commissario giudiziale;
3) è stato necessario adattare i parametri di liquidazione previsti in sede fallimentare alle specificità proprie della disciplina in materia di misure di prevenzione. Infatti, mentre il decreto del Ministro della giustizia n. 30 del 2012 detta i criteri per la liquidazione del compenso complessivamente dovuto alla conclusione della procedura concorsuale, il citato art. 8 del d.lgs. n. 14 del 2010 si occupa esclusivamente del compenso spettante all’amministratore giudiziario sino alla pronuncia del provvedimento di confisca di primo grado, a seguito del quale le funzioni precedentemente svolte dal predetto amministratore sono assunte dall’agenzia per i beni sequestrati e confiscati, che  può avvalersi di un coadiutore, anche in persona di colui che rivestiva la qualità di amministratore giudiziario, cui spetta un compenso liquidato dall’agenzia. Ne consegue che il presente regolamento è chiamato ad occuparsi esclusivamente dei criteri per la determinazione del compenso dovuto sino alla confisca di primo grado (il cui procedimento può durare non più di trenta mesi, a norma dell’art. 24, comma 2, del Codice antimafia), e, pertanto, si rende necessario uno specifico contenimento dei parametri di liquidazione del compenso previsti per le procedure concorsuali disciplinate dalla legge fallimentare, la cui ragionevole durata è fissata dall’art. 2, comma 2-bis, della legge n. 89 del 2001 in  sei anni. Peraltro, il contenimento dei suddetti parametri si rende necessario tenuto conto di un’altra circostanza: mentre nelle procedure concorsuali l’attività di liquidazione è una fase necessaria, nei procedimenti di prevenzione l’amministratore giudiziario è in ogni caso chiamato a compiere attività di custodia e di gestione dei beni sequestrati, che possono essere sottoposti a liquidazione soltanto in presenza di specifici presupposti, in particolare l’esistenza di creditori del proposto da soddisfare. Peraltro, la maggiore complessità dell’attività che il curatore fallimentare è chiamato a svolgere rispetto all’amministratore giudiziario deriva dal fatto che soltanto il primo subentra in tutti i rapporti giuridici facenti capo al fallito. In questa logica, i compensi dovuti a norma del D.M. n. 30 del 2012 sono stati comunque ridotti in misura inferiore a quella che si sarebbe dovuta applicare se si fosse tenuto conto esclusivamente della diversa durata delle due tipologie di procedure e della diversa complessità dell’attività svolta, al fine di considerare la maggiore esposizione dell’amministratore in contesti di criminalità organizzata;
4) per la determinazione del compenso si prende in considerazione, in attuazione del disposto del citato articolo 8, il valore di stima dei beni risultante dalla relazione dell’amministratore giudiziario; nel caso però di liquidazione dei beni per il soddisfacimento dei creditori (art. 60 del Codice antimafia) si è ritenuto di dover fare riferimento all’effettivo valore di liquidazione, anziché a quello di stima, in quanto il d. lgs. n. 14 del 2010 non avrebbe potuto considerare tale parametro perché all’epoca non era previsto che l’amministratore giudiziario potesse compiere attività liquidatorie (l’art. 2-undecies della l. n. 575 del 1965 prevedeva, infatti, al comma 3, lettera b), che si potesse procedere alla vendita esclusivamente  dei beni aziendali); va inoltre  tenuto conto che è ricavabile dal sistema un principio generale che - imponendo di procedere alla stima secondo criteri di presumibile valore di realizzo dei beni (art. 517 c.p.c.,) – impone la prevalenza del prezzo di liquidazione sul valore di stima; questo criterio consente di stabilire un ragionevole bilanciamento tra il diritto ad un equo compenso e gli interessi dei creditori e di colui che subisce la liquidazione, tenuti a sopportarne gli oneri. A tale criterio si conforma il decreto del Ministro della giustizia 15 maggio 2009, n. 80, recante il regolamento in materia di determinazione dei compensi spettanti ai custodi dei beni pignorati, che, all’art. 2, prevede che il compenso venga sempre parametrato al valore di aggiudicazione, assumendo il valore di stima quale mero criterio residuale da utilizzare nel solo caso in cui non si pervenga alla vendita.

III. Esame dei criteri di liquidazione dei compensi in uso:
Si è ritenuto opportuno verificare l’effetto dell’applicazione dei criteri previsti nel regolamento comparandoli a quelli in uso presso alcuni degli uffici giudiziari in cui vi è un frequente ricorso alle misure di prevenzione.
Si riportano di seguito i  parametri impiegati da alcuni rappresentativi uffici giudiziari per la liquidazione del compenso all’amministratore giudiziario.

a) Tribunale di Reggio Calabria:

I criteri utilizzati (secondo la circolare del 28 ottobre 2011 del presidente della sezione misure di prevenzione) sono i seguenti:
 

tabella A
Patrimoni di cui non facciano parte beni costituiti in azienda

 

  1. Fino a € 1.000.000,00

da € 130,00 a 200,00 mensili

  1. Fino a € 2.500.000,00

da 300,00 a 400,00 mensili

  1. Fino a € 5.000.000,00

da € 500,00 a € 750,00 mensili

  1. Oltre € 5.000.000,00

da 750,00 a 1.000,00 mensili

 

 

tabella B
Patrimoni di cui facciano parte beni costituiti in azienda

 

  1. Fino a € 1.000.000,00

da € 350,00 a 600,00 mensili

  1. Fino a € 2.500.000,00

da 700,00 a 1.200,00 mensili

  1. Fino a € 5.000.000,00

da € 1.200,00 a € 1.800,00 mensili

  1. Oltre € 5.000.000,00

da 1.500,00 a 3.500,00 mensili

 

In caso di patrimoni misti, la circolare prevede che “spetterà al Tribunale valutare, in base all’importanza ed alla complessità delle attività richieste agli amministratori, quale delle due tabelle sia la più congrua per la determinazione del compenso”.

b) Tribunale di Torre Annunziata (protocollo tra Tribunale, Procura e Associazione culturale “ius et gestio”):
Si applicano le tariffe professionali proprie dell’ordine di appartenenza del professionista ausiliario.
c) Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (circolare 2 novembre 2011 e modificata alla luce del DM 140/2012):
I criteri esposti dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere sono i seguenti:
1) € 600,00 per indennità di esecuzione del sequestro per ogni giorno richiesto
2) 0,25% del valore di immobili e beni mobili registrati, per ogni anno, per la custodia e conservazione
3) 0,45% del valore dell’azienda, per ogni anno, per la custodia e conservazione (calcolato sull’attivo lordo risultante dal bilancio)
4) 4% dell’utile netto (canoni o utili derivanti dalla gestione dell’azienda)

d) Tribunale di Milano
Non sono stati reperiti provvedimenti a carattere generale (direttive, ecc.) che illustrino i criteri seguiti.
Vale però osservare che in un provvedimento di liquidazione è stato riconosciuto il compenso di € 11.000,00, a fronte di un valore dei beni (società, immobili, rapporti finanziari) pari complessivamente a € 1.600.000,00, per una attività protrattasi per 16 mesi.
e) Tariffario dei dottori commercialisti:
I criteri previsti dal tariffario dei dottori commercialisti (DM 140/12, artt. 15-29) sono i seguenti:
1) Amministrazione e custodia di aziende (art. 19):
- il valore della pratica è costituito dalla sommatoria dei componenti positivi di reddito lordo e delle attività
- il compenso (a norma del riquadro 1 della tabella C allegata al DM 140/2012) è calcolato sulla base dei seguenti scaglioni:
• fino ad euro 10.000,0, dal 2% al 4%
• sul maggior valore fino ad euro 50.000: dal 2% al 3%
• sul maggior valore oltre euro 50.000: dall’1% al 2%
2) Liquidazioni di aziende (art. 20):
- il valore della pratica è costituito dalla sommatoria del totale dell’attivo realizzato e  del passivo accertato
- il compenso (a norma del riquadro 2 della tabella C allegata al DM 140/2012) è calcolato sulla base dei seguenti scaglioni:
2.1) sul totale dell’attivo realizzato:
• fino ad euro 400.000,0, dal 4% al 6%
• sul maggior valore fino ad euro 4.000.000: dal 2% al 3%
• sul maggior valore oltre euro 4.000.000: dallo 0,75% al 1%
      2.2) sul passivo accertato: dallo 0,50% allo 0,75% .
f) Proposta dell’Istituto Nazionale amministratori giudiziari:
L’Istituto Nazionale amministratori giudiziari ha proposto i seguenti criteri:
1) Beni mobili ed immobili
1.1) Amministrazione:
- tra 0,30% e 0,50% del valore, fino a € 5.000.000,00
- tra 0,15% e 0,30%, oltre € 5.000.000,00
Le predette percentuali vanno applicate per ogni anno di amministrazione; il compenso annuo minimo è di € 800,00; per frazioni di anno, i compensi sono proporzionalmente ridotti.
1.2) Canoni:
- € 50,00 fisso, per ogni locatario
- 6% fino a € 7.746,86
- 5% per importi superiori a € 7,746,86
2) Aziende:
- tra 0,30% e 0,50% del valore dell’attivo lordo risultante dalla situazione patrimoniale, per la custodia e conservazione dell’azienda
- amministrazione di azienda: compenso minimo previsto dal CCNL dei dirigenti del settore in cui opera l’impresa oggetto di sequestro, ridotto tra il 10% e il 30%

Ciò premesso, si espongono (in allegato) i risultati delle simulazioni che, al fine di ricomprendere i casi più frequenti, sono state operate su 9 ipotesi, variamente componendo l’attivo (e cioè a seconda che si sia ipotizzata o meno la presenza di cespiti aziendali e/o di canoni o altri utili) e, in alcuni casi, inserendovi anche la previsione dell’esistenza di un passivo da sottoporre a verifica. Le simulazioni tengono conto delle modifiche apportate allo schema del DPR, relativamente all’art. 3, comma 1, lettera a), con riguardo al compenso spettante per la diretta gestione dei beni costituiti in azienda.
Inoltre, per gli uffici nei quali il compenso è calcolato su base annua, si è considerata la durata media del procedimento di prevenzione in primo grado (2 anni), rispetto alla durata massima stabilita dall’art. 24, comma 2, del Codice antimafia, al fine di ricavare l’importo liquidabile a titolo di compenso.
Per necessità di semplificazione, è stata applicata l’aliquota più elevata, in modo da dare contezza dell’importo più alto che deriva dai vari metodi di calcolo.
Infine, considerato che l’Istituto nazionale amministratori giudiziari ha proposto di aver riguardo al compenso previsto dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti di azienda, si è assunto quale parametro, in tutte le simulazioni, il Contratto Collettivo 2009-2013 per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi e, in particolare, il compenso annuo di € 80.000,00, previsto per i dirigenti con anzianità di servizio con qualifica di dirigente da più di sei anni. Nella proposta dell’Istituto nazionale si prevede la riduzione da un minimo del 10% ad un massimo del 30%: pertanto, in coerenza con la scelta di applicare per tutti i criteri di calcolo le aliquote massime, in questo caso la riduzione è stata operata nella misura minima, pari al 10%.
Infine, va sottolineato che le percentuali adottate nello schema di decreto presidenziale consentono un sensibile contenimento dei compensi attualmente  liquidati dagli uffici giudiziari sulla base di criteri generali e preventivi: è il caso, ad esempio, dei Tribunali di Roma e di Torre Annunziata, secondo quanto emerge dalle tabelle che si riportano in allegato alla presente relazione e che danno conto delle simulazioni effettuate.

IV. Il provvedimento si compone di 7 articoli.

Articolo 1 (Oggetto)
Definisce l’ambito applicativo del regolamento.

Articolo 2.  (Definizioni)
Reca le definizioni utilizzate nel corso dell’intero provvedimento.

Articolo 3 (Criteri per la determinazione del compenso)
Per la determinazione del compenso il comma 1 mutua le percentuali previste dal D.M. n. 30 del 2012, apportando specifiche riduzioni in relazione alla diversa tipologia dei beni in sequestro, per le ragioni espresse in premessa sub. 2) e in attuazione del criterio direttivo di cui all’art. 8, comma 2, lettera a), del Dlgs. n. 14 del 2010.
In concreto, sono state indicate specifiche percentuali per ogni scaglione; le percentuali sono state determinate tenendo conto di quelle stabilite dal DM 30/2012 e sono state congruamente ridotte.
Specificatamente:
- per i beni di cui alla lettera a), le percentuali del DM 30/12 sono state applicate per intero, per le ragioni che saranno esposte di seguito
- per i beni di cui alla lettera b), la riduzione effettuata è di circa il 60%
- per i beni di cui alla lettera c), è stata operata una riduzione delle percentuali di circa il 50%
- e, infine, per i frutti e gli altri beni di cui alla lettera d), la riduzione è di circa il 70%.
Tenuto conto delle osservazioni svolte dal Consiglio di Stato nel parere del 21 maggio 2015, si precisa che le percentuali su indicate sono state determinate tenendo conto da un lato che l’attività dell’amministratore giudiziario si protrae per un periodo di tempo (trenta mesi) inferiore rispetto alla durata ordinaria delle procedure fallimentari (6 anni, secondo la legge 89/2001); e, dall’altro, che l’attività di liquidazione, propria del curatore, è invece eccezionale o comunque meramente eventuale nei sequestri di prevenzione, tenuto conto che alla stessa deve procedersi esclusivamente in presenza di creditori del proposto.
Un discorso a parte va sviluppato con riferimento all’attività di diretta gestione dell’azienda da parte dell’amministratore, per le seguenti ragioni. Da un lato, va rammentato che nella procedura fallimentare è previsto che il tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento può disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa da parte del curatore (art. 104 LF). E’ innegabile, però, che nel fallimento questa possibilità non è ricorrente, per il noto ritardo con cui viene dichiarato lo stato di insolvenza, che pregiudica inevitabilmente ogni possibilità di prosecuzione dell’attività imprenditoriale..
Va inoltre considerato che l’art. 47 del d. lgs. 270/99, relativo alle amministrazioni straordinarie, prevede un decreto non regolamentare per determinare il compenso spettante al commissario straordinario: la norma dispone che il compenso del commissario straordinario deve essere differenziato a seconda del tipo di attività svolta. In particolare, per l’attività “gestionale” il decreto deve tener conto del “fatturato dell’impresa”. Invece, per quanto riguarda l’attività “concorsuale”, il compenso deve essere parametrato all’attivo realizzato (ma dedotti i costi sostenuti per l’attività concorsuale) nonchè al passivo della procedura. La norma specifica, tuttavia, che le aliquote dell’emanando decreto non devono essere superiori all’80% di quelle stabilite dal DM 30/2012. La riduzione si giustifica in forza del fatto che la durata prevista per legge delle procedure di amministrazione straordinaria è di 2 anni in caso di ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa (art. 27, comma 2, dlgs. n. 270 del 1999).
Ne deriva che anche per le amministrazioni straordinarie il legislatore ha fissato il principio dell’applicabilità dei criteri previsti per la liquidazione del compenso del curatore, facendolo assurgere a parametro cui deve conformarsi il predetto decreto non regolamentare. In proposito si fa presente che a norma dell’art. 27 d. lgs. 270/99, condizione necessaria per aprire la procedura di amministrazione straordinaria è che l’impresa “presenti concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali” e, quindi, presenta notevoli analogie con quanto previsto dall’art. 41 d. lgs. 159/2011 che, per le aziende sottoposte a sequestro, prevede che il tribunale approva il programma dell’amministratore giudiziarie “esclusivamente qualora rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell’impresa”.
E’ evidente, pertanto, che sia nell’amministrazione straordinaria (come anche nella procedura speciale prevista dal DL 347/03, c.d. decreto Marzano)  che nelle procedure di prevenzione, la continuazione dell’impresa è consentita solo quando è realistica la possibilità di proseguire fruttuosamente l’attività imprenditoriale.
Va tuttavia precisato che per l’attività “gestionale” non vi è una completa sovrapposizione tra le varie norme sinora menzionate.
Infatti:
a) per la gestione dell’impresa ammessa all’amministrazione straordinaria, l’art. 47 d. lgs. 270/99 prevede che il compenso deve essere parametrato “al fatturato dell’impresa”
b) invece, per il caso di continuazione dell’attività economica dell’impresa dichiarata fallita (cioè, in altri termini, quando è stato autorizzato l’esercizio provvisorio, a norma dell’art. 104 LF), l’art. 3 del DM 30/2012 dispone che al curatore è corrisposto un “ulteriore compenso” (rispetto a quello calcolato su attivo e passivo), pari allo 0,50% sugli utili netti ed allo 0,25% sull’ammontare dei ricavi lordi.
Ne consegue, pertanto, che i criteri previsti per le procedure fallimentari sono più favorevoli rispetto a quelli stabiliti per le amministrazioni straordinarie, atteso che per queste ultime è possibile commisurare il compenso spettante all’organo gestorio solo al “fatturato”, mentre al curatore può essere riconosciuta un’aliquota anche sugli utili netti.
Per quanto riguarda, invece, la remunerazione dell’attività svolta dall’amministratore giudiziario per la gestione del complesso aziendale, va osservato che l’art. 8, comma 2, lettera c) prevede “che il compenso sia comunque stabilito sulla base di scaglioni commisurati al valore dei beni o dei beni costituiti in azienda, quale risultante dalla relazione di stima redatta dall'amministratore giudiziario, ovvero al reddito prodotto dai beni”.
Il tenore testuale della norma non lascia adito a dubbio alcuno: all’amministratore giudiziario spetta un compenso parametrato su due criteri (valore dell’azienda e reddito derivato dalla gestione dei beni), indipendentemente dalla destinazione impressa all’azienda. In particolare, il criterio del valore è compatibile con tutte le destinazioni previste dall’art. 48, comma 8, del d. lgs. 159/2011 per i beni aziendali (affitto, vendita, liquidazione); anche per i beni immobili, infatti, il Codice antimafia prevede che essi siano in linea generale mantenuti al patrimonio pubblico (statale, regionale, provinciale o comunale) e che solo in via residuale siano venduti.
Posto che il valore dell’azienda è uno dei criteri fissati dall’art. 8 del d. lgs. 14/2010, va aggiunto che non è in alcun modo possibile confonderlo con il fatturato (criterio previsto invece, per le amministrazioni straordinarie), né con i ricavi lordi (parametro contemplato per le procedure fallimentari). E’ noto, infatti, che la valutazione dell’azienda può essere alternativamente effettuata ricorrendo al metodo patrimoniale, o reddituale o misto.
Il primo (metodo patrimoniale) consiste nel saldo algebrico tra attività e passività (e, quindi, occorre detrarre i debiti).
Il metodo misto più diffuso è noto col nome di U.E.C. (Union Europeenne des Experts Comptables) e tiene conto, tra l’altro, del patrimonio netto rettificato e, quindi, anche dei debiti.

In altri termini, le richiamate disposizioni primarie del Dlgs. n. 14 del 2010 impongono di determinare il compenso sul valore dell’azienda, da determinare in ogni caso detraendo i debiti, impedendo così il ricorso a criteri diversi commisurati su indici contabili che non tengono conto dell’esposizione debitoria dell’impresa. Al fine di evitare ogni equivoco, è opportuno utilizzare nel DPR la stessa terminologia adottata dalla legge e, quindi, si è provveduto a sostituire il termine “attivo” (utilizzato nella precedente stesura dello schema) con quello di “valore”.

Quanto all’eventuale attività dell’amministratore giudiziario diretta ad individuare ulteriore beni da rendere oggetto della misura di prevenzione, si rileva che alla stessa non va riservata una specifica previsione diretta a prevedere la liquidazione di un’autonoma voce di compenso, atteso che qualora la ricerca abbia esito positivo, i beni rinvenuti concorreranno a formare il montante sul quale vanno applicate le aliquote previste, mentre, in caso di ricerca negativa, l’autorità giudiziaria potrà sempre valutare di applicare le maggiorazioni di cui all’art. 4.

Per le ragioni che precedono e considerata la gravità dell’impegno richiesto all’amministratore giudiziario, anche alla luce delle difficoltà del contesto criminale in cui è chiamato ad operare, si ritiene, accogliendo le sollecitazioni in tal senso provenienti dal Consiglio di Stato, di dover eliminare l’abbattimento percentuale del compenso spettante all’amministratore giudiziario che gestisce direttamente il complesso aziendale, parificandolo quindi al compenso previsto dal DM 30/2012, che costituisce, come già rilevato, un essenziale indice di riferimento per la liquidazione del compenso dovuto nell’ambito di procedure necessariamente contrassegnate da prospettive di recupero dell’equilibrio dell’attività imprenditoriale, qual è quella di amministrazione straordinaria.

In relazione alla sollecitazione contenuta nel parere del Consiglio di Stato di inserire una “indicazione sui parametri temporali per il calcolo dei compensi”, si ritiene di non poterla  accogliere in quanto la prescelta modalità di commisurazione del compenso, commisurata sull’intera durata della procedura, soddisfa specifiche esigenze di semplificazione dell’attività di liquidazione riservata all’autorità giudiziaria, fermo il potere di riconoscere acconti (ex art. 42, comma 5, del Dlgs. n. 159 del 2011). 


Al fine di contenere l’impatto del provvedimento sulla finanza pubblica, deve escludersi che si possa prevedere un compenso in misura più elevata rispetto a quello previsto per gli organi delle procedure concorsuali, tenuto conto che in caso di revoca del sequestro o della confisca il compenso  dell’amministratore giudiziario è a carico dello Stato a norma dell’art. 42, comma 3, del Dlgs. n. 159 del 2011. La finanza pubblica se ne fa carico anche nel caso in cui le disponibilità del conto di gestione risultano insufficienti per provvedervi.

Il comma 2 indica i criteri volti alla determinazione del valore ai fini della liquidazione.
Il comma 3 prevede il compenso supplementare per remunerare l’attività di assistenza dell’amministratore giudiziario alla verifica dei crediti. Anche in tal caso si fa riferimento alle percentuali previste dall’art. 1 coma 2 del predetto D.M., senza operare in tal caso alcuna riduzione, tenuto conto della sostanziale equivalenza dell’attività posta in essere dall’amministratore giudiziario rispetto a quella del curatore nonché della contenuta portata delle predette percentuali. Non si condivide sul punto l’affermazione contenuta nel parere del Consiglio di Stato, secondo cui sarebbe “meno giustificata la previsione di un compenso supplementare” per l’attività di verifica perché, invece, appare doveroso tenere conto in tali casi di un maggiore impegno professionale profuso dall’amministratore.
Il comma 4 prevede che nel caso in cui l’amministratore giudiziario, debitamente autorizzato, prosegua o riprenda l’attività d’impresa allo stesso sia riconosciuto un ulteriore compenso ragguagliato agli utili netti e ai ricavi lordi conseguiti, mutuando quanto previsto dall’art. 3 del D.M. n. 30 del 2012 ma prevendendo percentuali più elevate in considerazione del fatto che la prosecuzione  o la ripresa di un’impresa già inserita in un contesto criminale è certamente più complessa in quanto l’amministratore deve recidere i legami e porre fine ai comportamenti illeciti che la favorivano.
Il comma 5 fissa il compenso minimo. Il comma 6 dà attuazione, ai fini della liquidazione del compenso, al criterio direttivo dettato dall’art. 8, comma 2, lettera b) Dlgs. n. 14 del 2010.
Il comma 7 detta una disposizione per l’ipotesi di gruppo d’impresa, volta ad evitare che fenomeni di duplicazione del compenso, perché calcolato sui medesimi assets patrimoniali.
Il comma 8 indica i criteri per la liquidazione delle spese generali e specifica che i costi dei coadiutori dei quali l’amministratore eventualmente si avvale non rilevano ai fini della quantificazione del compenso, perché ricompresi tra le spese delle quali l’amministratore ha diritto al rimborso, sempre che effettivamente sostenute e documentate. In accoglimento del parere reso dal Consiglio di Stato è stato chiarito che i costi dei coadiutori costituiscono spese vive rimborsabili  e non spese generali. Quanto al coordinamento tra la disposizione in commento (comma 8) e l’art. 4, comma 1, lettera b), sollecitato dal Consiglio di Stato nel proprio parere, si rileva che non vi alcun conflitto tra le due disposizioni, posto che l’intervento di coadiutori determina, per un verso l’insorgenza di costi dei quali l’amministratore ha diritto al rimborso, e, dall’altro, integra un elemento di cui occorre tenere conto nella liquidazione del compenso perché, a seconda dei casi, può essere sintomatico o di una particolare complessità della procedura, che ha reso necessario l’intervento di competenze esterne, ovvero di un minor impegno dell’amministratore, che si è avvalso dell’opera altrui.  Inoltre, con riferimento all’osservazione del Consiglio di Stato relativa al fatto che di frequente non è possibile affidare la gestione del complesso aziendale a professionisti “non sempre reperibili in loco”, si osserva che lo schema prevede il rimborso integrale (e non forfetario) delle spese di viaggio; ciò consente all’autorità giudiziaria di avvalersi delle professionalità estranee all’ambiente in cui opera l’impresa oggetto di sequestro di prevenzione, tutte le volte in cui lo ritiene opportuno.
Il comma 9 precisa, sulla scorta dell’art. 147 L.F. (relativo al fallimento contestuale delle società di persone e dei soci illimitatamente responsabili), per come interpretato dal diritto vivente, che quando i beni sottoposti alla misura di prevenzione appartengono a più proposti, per la liquidazione del compenso si procede  previa formazione di masse separate. Le ragioni di tale scelta riposano, da un lato, sul disposto dell’art. 37, comma 5, del Codice antimafia, che impone all’amministratore di tenere contabilità separate in relazione ai vari soggetti proposti e, per altro verso, sulla necessità di soddisfare le seguenti esigenze applicative e funzionali: - individuare esattamente il compenso dell’amministratore riferibile al singolo proposto; - determinare la somma che deve essere posta a carico dello Stato in caso di revoca del sequestro nei confronti soltanto di uno dei proposti; quantificare la somma netta ricavata dalla vendita dei beni dei singoli proposti, al fine di determinare la percentuale del 60% da destinare ai creditori.

Articolo 4 (Aumento o riduzione del compenso)
Il comma 1 dà piana attuazione al disposto dell’art. 8, comma 2, lettera d), del Dlgs. n. 14 del 2010.
Il comma 2 attua quanto disposto dal predetto articolo 8, comma 2, lettera e). La possibilità, per l’autorità giudiziaria, di aumentare il compenso, in misura non superiore al 100% nel caso di amministrazioni estremamente complesse o aventi ad oggetto beni di eccezionale valore, opera rispetto al compenso determinato a norma dell’articolo 3 e non rispetto al compenso già aumentato ex art. 4, comma 1, com’è agevole rilevare dal disposto dell’art. 4, comma 2, in questa sede in commento, che fa espresso rinvio al predetto art. 3.
Non sembra opportuno accogliere la sollecitazione del Consiglio di Stato di prevede una “maggiorazione del compenso in presenza di situazioni di intimidazione ambientale”, perché questo è ciò che normalmente accade nel caso di misure di prevenzione e, quindi, sarebbe un criterio non idoneo a discriminare le varie situazioni. Del fattore intimidatorio si è tenuto conto, in linea generale e quindi per tutti i procedimenti di prevenzione, quando si sono individuate le aliquote per la liquidazione del compenso.

Articolo 5 (Incarichi collegiali)
Si prevede, in attuazione del criterio direttivo di cui all’art. 8, comma 2, lettera f), che per il caso di incarichi collegiali il compenso liquidato secondo i criteri previsti dagli artt. 3 e 4 è aumentato. Rimane fermo che nei casi in cui le ragioni di aumento o di riduzione del compenso di cui all’art. 4 ricorrano esclusivamente in relazione a specifici componenti del collegio tali incrementi o decurtazioni del compenso operano soltanto in relazione al suddetto componente. In altri termini, il procedimento di liquidazione può essere così esemplificato: compenso base spettante a norma dell’art. 3 = 120; aumentato a 180, a norma dell’art. 5, comma 1, in relazione alla natura collegiale dell’incarico; compenso spettante a ciascun componente del collegio 180/3= 60; ricorrenza dei presupposti per l’aumento del compenso ex art. 4, commi 1 o 2, esclusivamente  rispetto al componente del collegio Tizio: al quale dunque si riconosce il compenso finale proprio di 60+30 90; agli altri componenti del collegio, non operando i presupposti ex art. 4, commi 1 e 2, rimane dovuto il compenso di 60 ciascuno.

Articolo 6 (Compenso per attività su incarico della società)
La norma prevede che i criteri di liquidazione previsti dal regolamento non si applicano ai casi in cui l’amministratore giudiziario svolge l’attività di gestione a seguito di incarico conferito dalla società le cui partecipazioni sono oggetto di sequestro. In tal caso, il compenso sarà liquidato secondo gli ordinari parametri privatistici.

Articolo 7 (Clausola di invarianza)
L’articolo contiene la clausola di invarianza finanziaria.

 

 


 


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