Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 14 gennaio 2014 - Ricorso n. 1537/04 - Pascucci c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico. Revisione a cura di Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

CAUSA PASCUCCI c. ITALIA

(Ricorso n. 1537/04)

SENTENZA

STRASBURGO

14 gennaio 2014

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma
 
Nella causa Pascucci c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in un comitato composto da:
Dragoljub Popović, presidente,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Marialena Tsirli, cancelliere aggiunto di sezione f.f.,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 10 dicembre 2013,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 1537/04) proposto contro la Repubblica italiana con il quale una cittadina di tale Stato, sig.ra Filomena Pascucci («la ricorrente»), ha adito la Corte il 3 gennaio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2.  La ricorrente è stata rappresentata dall’avv. A. Guida, con studio in Bernalda (MT). Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, N. Lettieri.

3.  Il 30 gennaio 2007 il ricorso è stato comunicato al Governo.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.  La ricorrente è nata nel 1956 e risiede a Matera.

5.  La madre della ricorrente era proprietaria di un terreno edificabile di 1.267 metri quadrati, situato a Bernalda e registrato in catasto al foglio 4, particella 222.

6.  Con decreto del 28 febbraio 1981, la Regione Basilicata dichiarò che il terreno era situato in una zona di interesse pubblico e autorizzò il comune di Bernalda ad occupare d’urgenza 475 metri quadrati di detto terreno al fine di affidarlo ad una società di costruzioni che avrebbe realizzato case popolari. A seguito della modifica del suddetto decreto in data 12 febbraio 1984, l’autorizzazione fu estesa in particolare a 477 metri quadrati di terreno.

7.  Con sentenza dell’8 giugno 1981, la Regione autorizzò il comune a occupare d’urgenza un’altra parte della proprietà (866 metri quadrati), che nel 1987 fu ridotta a 760 metri quadrati.

8.  La trasformazione irreversibile del terreno avvenne nel settembre 1986.

9.  Con atto di citazione notificato il 2 novembre 1989, la madre della ricorrente si rivolse al tribunale di Matera con un’azione di risarcimento danni a carico del comune di Bernalda sostenendo che, benché il terreno avesse subito una trasformazione a seguito dei lavori edificatori realizzati sullo stesso, non era stato emesso alcun decreto di espropriazione né era stato riconosciuto alcun indennizzo. Essa sostenne che 30 metri quadrati di terreno non erano stati occupati e che questi ultimi erano ormai inutilizzabili. Chiedeva pertanto un indennizzo per l’occupazione illegittima del suo terreno, il risarcimento danni per la parte di terreno non soggetta ad espropriazione e resa inutilizzabile nonché una rivalutazione dell’indennità provvisoria di espropriazione.

10.  Il 29 marzo 1990 il tribunale dispose una perizia. Nella relazione depositata il 12 settembre 1990, il perito stabilì che la particella 222 era completamente occupata dalla costruzione realizzata. Egli notò che i lavori per la costruzione erano iniziati il 20 giugno 1981 ed erano terminati il 12 settembre 1986. Basandosi sul valore del terreno al metro quadrato fissato in 37.300 lire italiane (ITL), il perito ritenne che il valore di mercato del terreno al momento della sua trasformazione (il 12 settembre 1986) fosse 47.252.500 ITL, ossia circa 24.000 euro (EUR), più interessi e rivalutazione monetaria.

11.  Il 14 gennaio 1998 il tribunale ordinò una perizia integrativa per determinare l’importo dell’indennità di occupazione in base alla legge n. 662 del 1996.

12.  Con decisione parziale del 18 febbraio 1998, il tribunale dichiarò la propria incompetenza ratione materiae quanto alla rivalutazione dell’indennità provvisoria di espropriazione e proseguì l’istruzione pronunciandosi sulla richiesta di risarcimento danni e sull’indennità di occupazione illegittima.

13.  Nella relazione depositata il 28 dicembre 1998, il perito stimò il valore di mercato del terreno in 47.252.500 ITL, ossia 24.403,88 EUR, da attualizzare tenendo conto della variazione dei prezzi del mercato tra il  1986 e il 1998 (corrispondente al 70,86%) e del tasso di interesse legale del 5%. Secondo il perito, la somma da versare alla madre della ricorrente da parte del comune era 73.347.000 ITL, ossia 37.880,56 EUR, da rivalutare secondo gli indici ISTAT a decorrere dal 30 novembre 1998 fino alla data del pagamento, più gli interessi legali.

14.  La madre della ricorrente morì il 26 maggio 2003; la ricorrente ereditò il terreno e dunque subentrò  a quest’ultima nel procedimento.

15.  Con sentenza del 9 luglio 2003, depositata il 12 luglio 2003, il tribunale di Matera, basandosi sulla nuova perizia, condannò il comune di Bernalda al pagamento di 73.347.000 ITL, ossia 37.880,56 EUR, da rivalutare secondo gli indici ISTAT a decorrere dal 30 novembre 1998 fino alla data del pagamento, più gli interessi legali.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

16.  Il diritto interno pertinente relativo all’espropriazione indiretta è descritto nella sentenza Guiso Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009.

IN DIRITTO

I.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE

17.  La ricorrente sostiene di essere stata privata del suo terreno con modalità incompatibili con l'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, così formulato:

«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

18.  Il Governo contesta questa tesi.

A.  Sulla ricevibilità

19.   La Corte constata che il presente motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 a) della Convenzione e rileva peraltro che esso non incorre in altri motivi di irricevibilità. È dunque opportuno dichiararlo ricevibile.

B.  Sul merito

20.  La ricorrente fa notare di essere stata privata del suo bene in virtù del principio dell’espropriazione indiretta, un meccanismo che permette all’autorità pubblica di acquisire un bene in totale illegalità, fatto non ammissibile in uno Stato di diritto.

21.  Secondo il Governo, nonostante mancasse un decreto legittimo di espropriazione e il terreno avesse subito una trasformazione irreversibile in seguito alla costruzione di un’opera di pubblica utilità, rendendone impossibile la restituzione, l’occupazione contestata è stata realizzata nell’ambito di una procedura amministrativa fondata su una dichiarazione di pubblica utilità. Nel caso di specie, il Governo sostiene che la ricorrente ha ottenuto dal tribunale un risarcimento che è stato calcolato in base alla legge n. 662 del 1996.

22.  La Corte osserva innanzitutto che le parti convengono nell’affermare che vi è stata «privazione della proprietà».

23.  La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (si vedano, tra altre, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, n. 31524/96, CEDU 2000-VI; Scordino c. Italia (n. 3), n. 43662/98, 17 maggio 2005; Velocci c. Italia, n. 1717/03, 18 marzo 2008) per il riepilogo dei principi pertinenti e per un quadro della sua giurisprudenza in materia

24.  Nella presente causa, la Corte osserva che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, i giudici nazionali hanno ritenuto che la ricorrente fosse stata privata del suo bene a decorrere dal 12 settembre 1986, data di realizzazione dell’opera pubblica. Tuttavia, in assenza di un atto formale di espropriazione, la Corte ritiene che questa situazione non possa essere considerata «prevedibile», poiché solo con la decisione giudiziaria definitiva si può ritenere effettivamente applicato il principio dell’espropriazione indiretta e sancita l’acquisizione del terreno da parte delle autorità pubbliche. Di conseguenza, la ricorrente ha avuto la «certezza giuridica» di essere stata privata del terreno solo il 27 agosto 2004, data in cui la sentenza del tribunale di Matera è divenuta definitiva.

25.  La Corte ritiene che l’ingerenza controversa non sia compatibile con il principio di legittimità e che abbia quindi violato il diritto al rispetto dei beni della ricorrente, con conseguente violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1

II.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

26.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno materiale

27.  La ricorrente chiede una somma corrispondente alla differenza tra il valore venale del terreno e l’importo del risarcimento accordato a livello nazionale, da maggiorare di interessi e rivalutazione, più una indennità per l’occupazione temporanea del suo terreno. Nel novembre 2006 valutava questa somma in 18.763,40 EUR più interessi e rivalutazione.

28.  Il Governo si oppone a tale richiesta.

29.  La Corte rammenta che una sentenza che constati una violazione comporta per lo Stato convenuto l’obbligo di porre fine alla violazione e di eliminarne le conseguenze così da ripristinare nel limite del possibile la situazione preesistente (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 32, CEDU 2000-XI).

30.  Essa rammenta che nella causa Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009, la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte riguardante i criteri di indennizzo nelle cause di espropriazione indiretta. In particolare, la Corte ha deciso di respingere le richieste dei ricorrenti fondate sul valore dei terreni alla data della sentenza della Corte e di non tenere più conto, ai fini della stima del danno materiale, del costo di fabbricazione degli edifici costruiti dallo Stato sui terreni.

31.  L’indennizzo deve quindi corrispondere al valore pieno e intero del terreno al momento della perdita della proprietà, quale stabilito dalla perizia disposta dall’organo giudiziario competente nel corso del procedimento interno. Poi, una volta detratta la somma eventualmente accordata a livello nazionale, l’importo deve essere indicizzato per compensare gli effetti dell’inflazione e opportunamente maggiorato di interessi tali da compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spossessamento dei terreni

32.  Nel caso di specie, la ricorrente, secondo i giudici nazionali, ha perduto la proprietà del suo terreno il 12 settembre 1986. Risulta dalla sentenza del tribunale di Matera che il valore del terreno a tale data era 24.403,88 EUR (si veda paragrafo 13 supra).

33.  Tenuto conto di questi elementi e decidendo in via equitativa, la Corte ritiene ragionevole accordare alla ricorrente 36.000 EUR per il danno materiale, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta su questa somma.

34.  Resta da valutare la perdita di chance subita a seguito dell’espropriazione in causa (Guiso-Gallisay c. Italia, equa soddisfazione [GC], sopra citata, § 107). La Corte ritiene si debba prendere in considerazione il pregiudizio derivante dalla indisponibilità del terreno per il periodo che va dall’inizio dell’occupazione legittima (nel 1981) fino al momento della perdita della proprietà (12 settembre 1986). Decidendo in via equitativa, la Corte accorda 6.000 EUR alla ricorrente.

B.  Danno morale

35.  La ricorrente chiede 15.000 EUR per danno morale.

36.  Il Governo si oppone a tale richiesta.

37.  La Corte ritiene che il senso di impotenza e frustrazione della ricorrente di fronte allo spossessamento illegale del suo bene le abbia causato un danno morale notevole, da dover adeguatamente riparare.

38.  Conformemente alla giurisprudenza Guiso-Gallisay c. Italia (sopra citata) e decidendo in via equitativa, la Corte accorda alla ricorrente 10.000 EUR per danno morale.

C.  Spese

39.  La ricorrente, producendo note di onorari, chiede anche 7.056,25 EUR per le spese affrontate per il procedimento svoltosi dinanzi alla Corte.

40.  Il Governo si oppone a tale richiesta.

41.  La Corte non dubita del fatto che sia necessario dover affrontare delle spese, ma trova eccessivi gli onorari complessivi rivendicati a questo titolo. Considera pertanto che le spese siano da rimborsare solo parzialmente.

42.  Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte giudica ragionevole accordare l’importo di 5.000 EUR per tutte le spese sostenute.

D. Interessi moratori

43.  La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. 42.000 EUR (quarantaduemila euro) più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno materiale;
      2. 10.000 EUR (diecimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
      3. 5.000 EUR (cinquemila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dalla ricorrente, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 14 gennaio 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Dragoljub Popović
Presidente

Marialena Tsirli 
Cancelliere aggiunto f.f.