Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 26 novembre 2013 - Ricorsi n. 28090/03 e 28462/03 - Maffei e De Nigris c.Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico. Revisione a cura di Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

CAUSA MAFFEI E DE NIGRIS c. ITALIA

(Ricorsi n. 28090/03 e 28462/03)

SENTENZA

STRASBURGO

26 novembre 2013

 


Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Maffei e De Nigris c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in un comitato composto da:
Dragoljub Popović, presidente,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e Seçkin Erel, cancelliere aggiunto di sezione f.f.,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 5 novembre 2013,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA

1. All’origine della causa vi sono due ricorsi (nn. 28090/03 e 28462/03) proposti contro la Repubblica italiana con i quali due cittadini di questo Stato, sigg. Giuseppe Maffei e Gennaro De Nigris («i ricorrenti»), hanno adito la Corte il 29 agosto 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. I ricorrenti sono rappresentati dall’avv. G. Romano, del foro di Benevento. Il Governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo ex co-agente, N. Lettieri.

3. L’8 gennaio 2007 la Corte ha comunicato i ricorsi al Governo.

IN FATTO

LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4. I ricorrenti, parti in procedimenti giudiziari, hanno adito i giudici nazionali competenti ai sensi della legge «Pinto».

5. I fatti essenziali dei ricorsi risultano dalle informazioni contenute nella tabella allegata.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

6. Il diritto e la prassi interni pertinenti relativi alla legge n. 89 del 24 marzo 2001, detta «legge Pinto», sono riportati nelle sentenze Cocchiarella c. Italia ([GC], n. 64886/01, §§ 23-31, CEDU 2006-V) e Simaldone c. Italia, (n. 22644/03, §§ 11-15, 31 marzo 2009).

7. Il diritto e la prassi interni pertinenti riguardanti l’accelerazione delle procedure amministrative e, in particolare, il decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, entrato in vigore lo stesso giorno e convertito dalla legge n. 133 del 6 agosto 2008 sono riportati nella decisione Daddi c. Italia ((dec.), n. 15476/09, 2 giugno 2009).

IN DIRITTO

I. SULLA RIUNIONE DEI RICORSI

8. Tenuto conto della similitudine dei ricorsi relativamente ai fatti e al problema di merito che essi pongono, la Corte ritiene necessario riunirli e decide di esaminarli congiuntamente in un’unica sentenza.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE PER QUANTO RIGUARDA LA DURATA DEI PROCEDIMENTI PRINCIPALI E L’INSUFFICIENZA DEGLI INDENNIZZI «PINTO»

9. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i ricorrenti denunciano l’eccessiva durata dei procedimenti principali e l’insufficienza dei risarcimenti ottenuti nell’ambito del ricorso «Pinto».

10. Il Governo contesta tale tesi.

11. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è così formulato:

«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…)».

A. Sulla ricevibilità

1. Osservazione preliminare

12. I ricorrenti chiedono alla Corte di non tener conto delle osservazioni del Governo in quanto depositate tardivamente in cancelleria.

13. La Corte si limita a rilevare che le osservazioni in questione sono state depositate in cancelleria il 18 aprile 2007 e non il 19 aprile come sostengono i ricorrenti. Pertanto il Governo ha rispettato il termine per il deposito delle sue osservazioni.

2.  Qualità di «vittima»

14. Il Governo sostiene che i ricorrenti non possono ritenersi «vittime» della violazione dell’articolo 6 § 1 in quanto hanno ottenuto dalle corti di appello una constatazione di violazione e una riparazione adeguata e sufficiente.

15. A sostegno, il Governo sottopone argomenti che la Corte ha già rigettato, in particolare nelle sentenze Aragosa c. Italia (n. 20191/03, §§ 17-24, 18 dicembre 2007) e Simaldone c. Italia (sopra citata, §§ 19-33).

16. La Corte, non rilevando alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni, dopo aver esaminato tutti i fatti delle cause e gli argomenti delle parti, ritiene che le riparazioni si siano rivelate insufficienti (si vedano Delle Cave e Corrado c. Italia, n. 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007, CEDU 2007-VI; Cocchiarella c. Italia, sopra citata, §§ 69-98).

17. Il Governo contesta anche il fatto che i ricorrenti non hanno presentato l’istanza di prelievo nel corso del procedimento principale.

18. La Corte ha già affermato che era possibile ritenere che, nel diritto nazionale, l’obbligo di richiedere l’istanza di prelievo sussistesse soltanto a partire dal 25 giugno 2008, data di entrata in vigore del decreto-legge n. 112/2008, e ciò, esclusivamente alla scopo di contestare, in una fase successiva e tramite un ricorso «Pinto», la durata irragionevole della procedura (Daddi, sopra citata). Per di più, l’opposizione alla ricevibilità dei ricorsi «Pinto» aventi ad oggetto l’eccessiva durata di un procedimento amministrativo conclusosi prima del 25 giugno 2008, esclusivamente perché non era stata presentata istanza di prelievo, potrebbe costituire una prassi di natura tale da dispensare i ricorrenti dall’obbligo di esperire il ricorso «Pinto» (ibidem).

19. Alla luce di queste considerazioni, la Corte ritiene che i ricorrenti possano comunque ritenersi vittime.

3. Conclusione

20.La Corte constata che questo motivo di ricorso non incorre in altri motivi di irricevibilità ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione e lo dichiara dunque ricevibile

B. Sul merito

21. La Corte constata che, alla data di presentazione del ricorso «Pinto», i procedimenti in causa sono durati rispettivamente:

  • n. 28090/03: circa dieci anni e tre mesi per un grado di giudizio;
  • n. 28462/03: circa dieci anni e quattro mesi per un grado di giudizio;

La Corte ha trattato più volte ricorsi che sollevavano questioni simili a quelle dei casi di specie e ha constatato una inosservanza dell'esigenza del «termine ragionevole», tenuto conto dei criteri stabiliti dalla sua giurisprudenza consolidata in materia (si veda, in primo luogo, Cocchiarella sopra citata). In assenza di elementi che possano condurre ad una conclusione diversa nella presente causa, la Corte ritiene di dover constatare, in ogni ricorso, anche una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione per gli stessi motivi.

III. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO N. 1

22.Invocando gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti lamentano il ritardo delle autorità nazionali a conformarsi alle decisioni della corte d’appello «Pinto».

A.  Sulla ricevibilità

23. Il Governo ritiene che il ritardo nell’esecuzione delle decisioni «Pinto» sarebbe compensato dal riconoscimento di interessi moratori al momento del pagamento.

24. A sostegno, il Governo sottopone argomenti che la Corte ha già rigettato, da ultimo, nella sentenza Belperio e Ciarmoli c. Italia (n. 7932/04, 21 dicembre 2010).

25. Non rilevando alcun motivo per derogare a tale criterio, la Corte rigetta l’eccezione sollevata dal Governo e ritiene che i ricorrenti possano comunque considerarsi «vittime», ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.

26. La Corte constata che il motivo di ricorso formulato dai ricorrenti non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incorre in nessun altro motivo di irricevibilità, dunque lo dichiara ricevibile.

B. Sul merito

27. La Corte rammenta di aver già dichiarato che, nell’ambito del ricorso «Pinto», gli interessati non hanno l’obbligo di avviare una procedura esecutiva (si veda Delle Cave e Corrado sopra citata, §§ 23-24). Essa ha anche ammesso che un’amministrazione potrebbe aver bisogno di un certo periodo di tempo per effettuare un pagamento. Tuttavia, trattandosi di un ricorso di tipo risarcitorio volto a compensare le conseguenze della eccessiva durata dei procedimenti, il periodo di tempo in linea generale non dovrebbe superare i sei mesi a partire dal momento in cui la decisione che riconosce l’indennizzo è diventata esecutiva (si veda Cocchiarella sopra citata, § 89 e Simaldone sopra citata, §§ 55-56).

28. La Corte constata che le somme accordate dalla giurisdizione «Pinto» sono state pagate ben oltre questo termine (si veda la tabella allegata).

29.Pertanto, vi è stata violazione del diritto dei ricorrenti all’esecuzione delle decisioni giudiziarie garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.

30. Tenuto conto dei motivi per i quali la Corte ha concluso per la violazione dell’articolo 6, dell’approccio adottato dalla Corte nella causa Simaldone c. Italia summenzionata e visti gli argomenti dei ricorrenti, la Corte ritiene che nel caso di specie vi sia stata anche la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

IV. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 13 E 53 DELLA CONVENZIONE

31. Invocando gli articoli 13 e 53 della Convenzione, i ricorrenti lamentano la ineffettività del rimedio «Pinto» in ragione dell’insufficiente riparazione accordata dalla corte d’appello «Pinto».

32. La Corte rammenta che, secondo la giurisprudenza Delle Cave e Corrado c. Italia (sopra citata, §§ 43-46) e Simaldone c. Italia (sopra citata, §§ 71-72), l’insufficienza dell’indennizzo «Pinto» non rimette in discussione l’effettività di questa via di ricorso.
Pertanto, questo motivo di ricorso deve essere dichiarato irricevibile in quanto manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

33. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno

34. Ciascun ricorrente chiede 25.145,59 euro (EUR) per il danno morale che avrebbe subito.

35. Il Governo contesta queste richieste ritenendole eccessive.

36. Tenuto conto della soluzione adottata nelle sentenze Cocchiarella (sopra citata, §§ 139-142 e 146), Belperio e Ciarmoli c. Italia (n. 7932/04, §§ 61-64, 21 dicembre 2010), e Gaglione e altri c. Italia (n. 45867/07 e altri, §§ 64 e 70, 21 dicembre 2010), la Corte, decidendo in via equitativa, accorda ai ricorrenti le somme indicate nella tabella che segue, raffrontate agli importi che avrebbe accordato in assenza di vie di ricorso interne, considerati l’oggetto di ciascuna controversia, il valore dei procedimenti e l’esistenza di ritardi ascrivibili ai ricorrenti.

Tabella
N. Ricorso

Somma che la Corte avrebbe accordato
in assenza di vie di ricorso interne

Percentuale assegnata
dalla giurisdizione «Pinto»
Somma accordata
per danno morale
28090/03 9.800 EUR 7,14% 3.700 EUR (eccessiva durata della procedura) nonché
200 EUR (ritardo pagamento indennizzo «Pinto»)
28462/03 9.800 EUR 7,14% 3.700 EUR (eccessiva durata della procedura) nonché
200 EUR (ritardo pagamento indennizzo «Pinto»)

B. Spese

37. Ciascun ricorrente chiede anche 15.754,78 EUR per le spese sostenute nell’ambito del giudizio svoltosi dinanzi alla Corte.

38. Il Governo trova eccessive le somme richieste.

39. La Corte rammenta che, secondo la sua giurisprudenza, l’assegnazione di somme a titolo dell’articolo 41 presuppone che siano accertate la realtà e la necessità delle spese, e il loro importo sia ragionevole. Inoltre, le spese di giustizia sono recuperabili soltanto nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (si veda, ad esempio, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 105, CEDU 2003 VIII).

40. Tenuto conto dei documenti a sua disposizione, la Corte ritiene ragionevole accordare a ciascun ricorrente 500 EUR per spese.

C. Interessi moratori

41. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÁ,

  1. Decide di riunire i ricorsi;
  2. Dichiara i ricorsi ricevibili per quanto riguarda i motivi relativi alla eccessiva durata del procedimento e al ritardo nel pagamento delle somme Pinto e irricevibili per il resto;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della eccessiva durata della procedura;
  4. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, nonché dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, in ragione del ritardo con il quale le autorità nazionali si sono conformate alle decisioni Pinto;
  5. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare a ciascun ricorrente, entro tre mesi,
      1. 3.900 EUR (tremilanovecento euro) più l’importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta, per il danno morale,
      2. 500 EUR (cinquecento euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta dai ricorrenti, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  6. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 26 novembre 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Dragoljub Popović Presidente

Seçkin Erel Cancelliere aggiunto f.f.

Allegato
Numero del ricorso e data di presentazione Dati dei ricorrenti Procedimento principale e relativa procedura «Pinto»
n. 28090/03 Giuseppe MAFFEI, cittadino italiano, nato nel 1930,
residente a Torrecuso (BN)
Procedimento principale
Oggetto: rimborso del costo dei buoni pasto.
Primo grado: tribunale amministrativo regionale della Campania (RG n. 9643/92),
dal 21 ottobre 1992 al 19 febbraio 2003 (deposito decisione Pinto).

Procedura «Pinto»
Avviata il 18 aprile 2002 dinanzi alla corte d’appello di Roma (RG n. 3735/02).
Decisione depositata il 19 febbraio 2003. Constatazione di violazione.
700 EUR per danno morale, più 1.000 EUR per spese.
Indennizzo «Pinto» pagato il 22 giugno 2004.
n. 28462/03 Gennaro DE NIGRIS, cittadino italiano, nato nel 1938,
residente a Benevento
Procedimento principale
Oggetto: rimborso del costo dei buoni pasto.
Primo grado: tribunale amministrativo regionale della Campania (RG n. 9554/92),
dal 20 ottobre 1992 al 4 marzo 2003 (deposito decisione Pinto).

Procedura «Pinto»
Avviata il 18 aprile 2002 dinanzi alla corte d’appello di Roma (RG n. 3730/02).
Decisione depositata il 4 marzo 2003. Constatazione di violazione.
700 EUR per danno morale, più 900 EUR per spese.
Indennizzo «Pinto» pagato l’8 giugno 2004.