Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 12 novembre 2013 - Ricorso n. 58511/12 - Migliore c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata dalla dott.ssa Anna Aragona, funzionario linguistico. 

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 58511/13

Maria MIGLIORE contro Italia
e altri 2 ricorsi
(si veda la lista allegata)

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 12 novembre 2013 in una Camera composta da:

Işıl Karakaş, presidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,

Visti i ricorsi sopra menzionati proposti il 14 giugno, il 19 ed il 29 luglio 2013,

Dopo aver deliberato, emette la seguente decisione:

 

IN FATTO

1.  La lista delle parti ricorrenti è allegata alla presente. Esse sono state rappresentate dinanzi alla Corte dall’avv. A. Marra (del foro di Napoli).

2.  I fatti della causa si possono riassumere come segue.

A.  Fatti comuni ai ricorsi 

3.  I ricorrenti erano parti in procedimenti aventi per oggetto l’importo della loro indennità di disoccupazione (ricorsi nn. 58511/13 e 59987/13) ovvero gli interessi dovuti per il ritardo nella corresponsione della stessa (ricorso n. 59971/13).

4.  Essi hanno contestato la durata di tali procedimenti mediante il ricorso «Pinto».

B. Fatti specifici di ciascun ricorso

1.  Ricorsi nn. 48567/07 (Migliore) e 58511/13 (Migliore II)

5. Con decisione del 2 gennaio 2006 (R.G. n. 51275/05), la corte d’appello «Pinto» di Roma constatava la durata irragionevole del procedimento principale ed accordava alla ricorrente 1.900 EUR a titolo di risarcimento del danno morale.

6.  Il 29 ottobre 2007 la ricorrente adiva la Corte (ricorso n. 48567/07). Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 17 della Convenzione, nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentava la mancata esecuzione della decisione «Pinto» e l’ineffettività del ricorso «Pinto».

7.  La ricorrente chiedeva 2.625 EUR, a titolo di risarcimento del danno morale derivante dalla mancata esecuzione «Pinto», oltre a 125 EUR per ogni mese di ritardo a partire dalla presentazione del ricorso sino al pagamento dell’importo «Pinto», nonché una somma forfettaria di 2.000 EUR per l’ineffettività del ricorso «Pinto». L’interessata chiedeva altresì il rimborso delle spese che il suo avvocato avrebbe anticipato nell’ambito del procedimento «Pinto» e di un procedimento di esecuzione promosso in seguito presso il tribunale di Napoli al fine di ottenere il pagamento dell’importo «Pinto».

8.  Alla decisione «Pinto» veniva data esecuzione il 14 febbraio 2013, a seguito di un pignoramento presso il tribunale di Roma (procedimento di esecuzione R.G.  n. 1229/12); la ricorrente otteneva il pagamento di  2.215,91 EUR.

9.  Il 19 luglio 2013 la ricorrente adiva nuovamente la Corte (ricorso n. 58511/13). Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 17 della Convenzione nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentava il ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto» e l’ineffettività del ricorso «Pinto».

10.  La ricorrente chiedeva 10.625 EUR a titolo di risarcimento del danno morale derivante dal ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto», oltre ad una somma forfettaria di 2.000 EUR per l’ineffettività del ricorso «Pinto». L’interessata chiedeva altresì il rimborso delle spese che il suo avvocato avrebbe anticipato nell’ambito di un procedimento di esecuzione promosso presso il tribunale di Roma (R.G. n. 1229/12).

11.  Al titolo VI del modulo di ricorso n. 58511/13 (Altre autorità internazionali che si occupano o si sono occupate del caso) si legge quanto segue:

« La ricorrente ha già presentato ad un’altra autorità internazionale una richiesta avente per oggetto:

- il danno derivante dal ritardo nel pagamento da parte della corte d’appello;

- la concessione di un bonus di 2.000 EUR come previsto dalla giurisprudenza europea nei procedimenti in materia di diritto del lavoro e delle pensioni, come quello del caso di specie;

- ulteriori danni per l’importo di 2.000 EUR per la frustrazione e l’ansia sofferte dopo la sentenza dei giudici italiani;

- il rimborso delle spese e degli onorari dell’avvocato relativi al presente procedimento, con distrazione a favore dell’avvocato.

Il ricorso precedente reca il n. 48567/07.

Il presente ricorso, avente diverso oggetto e contenuto, deve essere trattato e deciso separatamente ed autonomamente rispetto al ricorso pendente, recante il n. 48567/07».

2.  Ricorsi nn. 46330/07 (Gallo) e 59971/13 (Gallo II)

12.  Con decisione del 6 dicembre 2005 (R.G. n. 50854/05), la corte d’appello «Pinto» di Roma constatava la durata irragionevole del procedimento principale ed accordava al ricorrente 500 EUR a titolo di risarcimento del danno morale.

13.  Il 16 ottobre 2007 il ricorrente adiva la Corte (ricorso n. 46330/07). Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 17 della Convenzione, nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentava la mancata esecuzione della decisione «Pinto» e l’ineffettività del ricorso «Pinto».

14.  Il ricorrente chiedeva 2.625 EUR a titolo di risarcimento del danno morale derivante dalla mancata esecuzione «Pinto», oltre a 125 EUR per ogni mese di ritardo a partire dalla presentazione del ricorso sino al pagamento dell’importo «Pinto», nonché una somma forfettaria di 2.000 EUR per l’ineffettività del ricorso «Pinto». L’interessato chiedeva altresì il rimborso delle spese che il suo avvocato avrebbe anticipato nell’ambito del procedimento «Pinto» e di un procedimento di esecuzione promosso in seguito presso il tribunale di Napoli al fine di ottenere il pagamento dell’importo «Pinto».

15.  Alla decisione «Pinto» veniva data esecuzione il 21 gennaio 2013, a seguito di un pignoramento presso il tribunale di Roma (procedimento di esecuzione R.G.  n. 47918/11); il ricorrente otteneva il pagamento di 583,48 EUR.

16.  Il 14 giugno 2013 il ricorrente adiva nuovamente la Corte (ricorso n. 59971/13). Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 17 della Convenzione nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentava il ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto» e l’ineffettività del ricorso «Pinto».

17.  Il ricorrente chiedeva 10.625 EUR a titolo di risarcimento del danno morale derivante dal ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto», oltre ad una somma forfettaria di 2.000 EUR per l’ineffettività del ricorso «Pinto». L’interessato chiedeva altresì il rimborso delle spese che il suo avvocato avrebbe anticipato nell’ambito di un procedimento di esecuzione promosso presso il tribunale di Roma (R.G. n. 47918/11).

18.  Al titolo VI del modulo di ricorso n. 58511/13 (Altre autorità internazionali che si occupano o si sono occupate del caso) si legge quanto segue:

«Il ricorrente ha già presentato ad un’altra autorità internazionale una richiesta avente per oggetto:

- il danno derivante dal ritardo nel pagamento da parte della corte d’appello;

- la concessione di un bonus di 2.000 EUR come previsto dalla giurisprudenza europea nei procedimenti in materia di diritto del lavoro e delle pensioni, come quello del caso di specie;

- ulteriori danni per l’importo di 2.000 EUR per la frustrazione e l’ansia sofferte dopo la sentenza dei giudici italiani;

- il rimborso delle spese e degli onorari dell’avvocato relativi al presente procedimento, con distrazione a favore dell’avvocato.

Il ricorso precedente reca il n. 46330/07. 

Il presente ricorso, avente diverso oggetto e contenuto, deve essere trattato e deciso separatamente ed autonomamente rispetto al ricorso pendente, recante il n. 46330/07».

3.  Ricorsi nn. 49807/07 (Busiello) e 59987/13 (Busiello II)

19.  Con decisione del 2 gennaio 2006 (R.G. n. 51263/05) la corte d’appello «Pinto» di Roma constatava la durata irragionevole del procedimento principale ed accordava alla ricorrente 1.900 EUR a titolo di risarcimento del danno morale.

20.  Il 30 ottobre 2007 la ricorrente adiva la Corte (ricorso n. 48908/07). Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 17 della Convenzione, nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentava la mancata esecuzione della decisione «Pinto» e l’ineffettività del ricorso «Pinto».

21.  La ricorrente chiedeva 2.625 EUR a titolo di risarcimento del danno morale derivante dalla mancata esecuzione della decisione «Pinto», oltre a 125 EUR per ogni mese di ritardo a partire dalla presentazione del ricorso sino al pagamento dell’importo «Pinto», nonché una somma forfettaria di 2.000 EUR per l’ineffettività del ricorso «Pinto». L’interessata chiedeva altresì il rimborso delle spese che il suo avvocato avrebbe anticipato nell’ambito del procedimento «Pinto» e di un procedimento di esecuzione promosso in seguito presso il tribunale di Napoli al fine di ottenere il pagamento dell’importo «Pinto».

22.  Con la sentenza Gaglione e altri c. Italia, nn. 45867/07 e altri (21 dicembre 2010), la Corte, pronunciandosi, tra l’altro, sul ricorso n. 49807/07 della sig.ra Busiello, rappresentata dall’avv. A. Marra, constatava la violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1, a seguito della mancata esecuzione della decisione «Pinto», e dichiarava irricevibile il ricorso per il resto. La Corte accordava quindi alla ricorrente la somma forfettaria di 200 EUR a titolo di risarcimento del danno morale derivante dalle violazioni constatate.

23.  Alla decisione «Pinto» veniva data esecuzione il 14 febbraio 2013, a seguito di un pignoramento presso il tribunale di Roma (procedimento di esecuzione R.G.  n. 1234/12); la ricorrente otteneva il pagamento di 2.214,31 EUR.

24.  Il 29 luglio 2013 la ricorrente adiva nuovamente la Corte (ricorso n. 59987/13). Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 17 della Convenzione nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentava il ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto» e l’ineffettività del ricorso «Pinto» .

25.  La ricorrente chiedeva 10.625 EUR a titolo di risarcimento del danno morale derivante dal ritardo nell’esecuzione della decisione «Pinto», oltre ad una somma forfettaria di 2.000 EUR per l’ineffettività del ricorso «Pinto». L’interessata chiedeva altresì il rimborso delle spese che il suo avvocato avrebbe anticipato nell’ambito di un procedimento di esecuzione promosso presso il tribunale di Roma (R.G. n. 1234//12).

26.  Al titolo VI del modulo di ricorso n. 59987/13 (Altre autorità internazionali che si occupano o si sono occupate del caso) si legge quanto segue:

«Il ricorrente ha già presentato ad un’altra autorità internazionale una richiesta avente per oggetto:

- il danno derivante dal ritardo nel pagamento da parte della corte d’appello;

- la concessione di un bonus di 2.000 EUR come previsto dalla giurisprudenza europea nei procedimenti in materia di diritto del lavoro e delle pensioni, come quello del caso di specie;

- ulteriori danni per l’importo di 2.000 EUR per la frustrazione e l’ansia sofferte dopo la sentenza dei giudici italiani;

- il rimborso delle spese e degli onorari dell’avvocato relativi al presente procedimento, con distrazione a favore dell’avvocato.

Il ricorso precedente reca il n. 48908/07. 

Il presente ricorso, avente diverso oggetto e contenuto, deve essere trattato e deciso separatamente ed autonomamente rispetto al ricorso pendente, recante il n. 48908/07».

MOTIVI DI RICORSO

27.  Invocando gli articoli 6 § 1, 13 e 17 della Convenzione nonché l’articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti lamentano il ritardo nell’esecuzione delle decisioni «Pinto» e l’ineffettività del ricorso «Pinto». 

IN DIRITTO

28.  Tenuto conto della similitudine dei fatti e delle questioni giuridiche sollevate dai ricorsi, la Corte decide di riunirli ed esaminarli congiuntamente in una sola decisione (articolo 42 § 1 del regolamento della Corte).

29. La Corte rammenta che un ricorso può essere considerato abusivo ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione se, ad esempio, esso è stato consapevolmente basato su fatti inventati (si vedano, tra le altre, Jian c. Romania (dec.), n. 46640/99, 30 marzo 2004; Keretchachvili c. Georgia (dec.), n. 5667/02, CEDU 2006 V) ovvero se il ricorrente ha omesso di comunicare informazioni essenziali relative ai fatti di causa  al fine di indurre in errore la Corte (si vedano, tra le altre, Hüttner c. Germania (dec.), n. 23130/04,   19 giugno 2006; Basileo e altri c. Italia (dec.), n. 11303/02, 23 agosto 2011).

30.  La Corte ha inoltre già affermato che «qualsiasi comportamento del ricorrente che sia manifestamente contrario alla vocazione del diritto di ricorso e che ostacoli il buon funzionamento della Corte e il corretto svolgimento del procedimento dinanzi ad essa può [in linea di principio] essere definito abusivo» (si veda Miroļubovs e altri c. Lettonia, n. 798/05, § 65, 15 settembre 2009), in quanto la nozione di abuso, ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione, deve essere intesa nel significato comune contemplato dalla teoria generale del diritto – ossia il fatto di esercitare un diritto, da parte del suo titolare, al di fuori della sua finalità in modo pregiudizievole (si vedano Miroļubovs e altri, sopra citata, § 62; Petrović c. Serbia (dec.), nn. 56551/11 e altri dieci, 18 ottobre 2011). 

31.  La Corte ribadisce, altresì, che, ai sensi dell’articolo 44A del regolamento, «le parti hanno l’obbligo di cooperare pienamente allo svolgimento del procedimento...». Essa ha ritenuto ripetutamente che le norme di procedura previste dal diritto interno sono volte a garantire la buona amministrazione della giustizia e il rispetto del principio di certezza del diritto e che gli interessati devono poter contare sull’applicazione di tali norme. La stessa constatazione si applica a fortiori alle norme procedurali contenute nella Convenzione e nel regolamento della Corte (si veda Miroļubovs e altri, sopra citata, § 66). 

32.  Di conseguenza, un comportamento assolutamente irresponsabile e leggero del ricorrente o del suo rappresentante, che sia chiaramente contrario alla vera missione della Corte ai sensi degli articoli 19 e 32 della Convenzione, può comportare il rigetto del ricorso in quanto abusivo  (Petrović, sopra citata; Bekauri c. Georgia (dec.), n. 14102/02, §§ 21-24, 10 aprile 2012).

33.  Sulla base di tali principi, nella causa Basileo e altri c. Italia, sopra citata, la Corte ha dichiarato abusivo il motivo di ricorso basato sulla durata del procedimento principale e sull’insufficienza dell’importo «Pinto» in quanto i ricorrenti avevano omesso di comunicare, dapprima ai giudici «Pinto» e successivamente alla Corte, informazioni essenziali relative ai fatti di causa  al fine di indurre in errore i giudici.

34.  Nella decisione Simonetti (II) c. Italia e Simonetti (III) c. Italia (nn. 50914/11 e 58323/11, § 24, 10 luglio 2012), la Corte, constatando un abuso del diritto di ricorso,  ha stigmatizzato il fatto che il ricorrente che il ricorrente, per il tramite dell’avv. A. Marra, avesse proposto a distanza di dodici giorni due ricorsi relativi allo stesso procedimento «Pinto» e che inoltre le comunicazioni del rappresentante del ricorrente, successive alla presentazione di tali ricorsi, si fossero rivelate imprecise e ingannevoli. 

35. Anche nella decisione De Cristofaro e altri c. Italia (n. 30464/07 e altri, §§ 45-49, 10 luglio 2012), la Corte ha dichiarato irricevibili in quanto abusivi più ricorsi concernenti gli stessi procedimenti «Pinto», oggetto di altri ricorsi già pendenti proposti dall’avv. A. Marra a nome degli stessi ricorrenti. In effetti, con nota del 27 ottobre 2011, la Corte aveva comunicato al suddetto avvocato che, al momento della proposizione di un nuovo ricorso, avrebbe dovuto segnalare l’esistenza di altri ricorsi già pendenti a nome del medesimo ricorrente in relazione allo stesso procedimento nazionale. Di conseguenza, la Corte ha constatato che l’avv. A. Marra aveva apertamente ignorato le istruzioni precedentemente impartite, non osservando il dovere di collaborazione previsto dall’articolo 44A del regolamento.

36. Nel caso di specie, la Corte rileva il carattere impreciso ed ingannevole delle affermazioni ribadite al titolo VI del modulo relativo ai ricorsi nn. 58511/13 (Migliore), 59987/13 (Gallo) e 59971/13 (Busiello).

37.  In primo luogo, per quanto concerne l’oggetto dei ricorsi già pendenti (nn. 48567/07 (Migliore), 46330/07 (Gallo) e 48908/07 (Busiello)), si fa riferimento ad una richiesta che non era stata avanzata nell’ambito degli stessi (si vedano i paragrafi 6-7, 13-14, 20-21 supra), ossia «la concessione di un bonus di 2.000 EUR come previsto dalla giurisprudenza europea nei procedimenti in materia di diritto del lavoro e delle pensioni, come quello del caso di specie». 

38.  In secondo luogo, l’avvocato dei ricorrenti afferma che i ricorsi già pendenti (nn. 48567/07 (Migliore), 46330/07 (Gallo) e 48908/07 (Busiello)) riguardano il «danno derivante dal ritardo nel pagamento da parte della corte d’appello», senza aggiungere alcun dettaglio su quale fosse il titolo del credito o la corte d’appello che aveva emesso la decisione pertinente o il numero « R.G.» attribuito al procedimento.

39.  Infine, l’avv. Marra afferma che ciascuno dei «nuovi» ricorsi (nn. 58511/13 (Migliore), 59987/13 (Gallo) e 59971/13 (Busiello)), «avente diverso oggetto e contenuto, deve essere trattato e deciso separatamente ed autonomamente rispetto al ricorso pendente» (vale a dire i ricorsi nn. 48567/07 (Migliore), 46330/07 (Gallo) e 48908/07 (Busiello)), mentre, al contrario, l’ oggetto è essenzialmente identico: la mancata esecuzione (per i ricorsi del 2007) o il ritardo  nell’esecuzione (per i ricorsi del 2013) della medesima decisione «Pinto».

In tal modo, i ricorrenti hanno in sostanza chiesto alla Corte di condannare lo Stato italiano a risarcirli due volte per un danno che è in buona parte il medesimo, in quanto ciascuna doglianza relativa alla mancata esecuzione della decisione «Pinto», sollevata nel ricorso del 2007, è compresa nella doglianza basata sul ritardo nell’esecuzione della medesima decisione «Pinto», sollevata nei ricorsi del 2013.

Del resto, nella sentenza Gaglione e altri sopra citata, la Corte, pronunciandosi, tra l’altro, sul primo ricorso della sig.ra Busiello (n. 46330/07), aveva già constatato la violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1 a causa della mancata esecuzione della decisione «Pinto» R.G. n. 51263/05, accordando una somma a titolo di risarcimento del danno morale (paragrafo 22 supra).

40.  Quanto precede denota, una volta di più, una condotta chiaramente contraria allo scopo del ricorso individuale previsto dall’articolo 34 nonché  alla vera missione della Corte ai sensi degli articoli 19 e 32 della Convenzione. Di conseguenza, è opportuno dichiarare i ricorsi irricevibili in quanto abusivi, in applicazione dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,

Decide di riunire i ricorsi;

Dichiara i ricorsi irricevibili.

Stanley Naismith
Cancelliere

Işıl Karakaş
Presidente

 

 

 

ALLEGATO
N. Ricorso N. Proposto il Ricorrente
Data di nascita
Luogo di residenza
Rappresentato da
1.     58511/13 19/07/2013 Maria MIGLIORE
15/12/1948
Napoli
Alfonso Luigi MARRA
2.     59971/13 14/06/2013 Carlo GALLO
19/08/1966
Napoli
Alfonso Luigi MARRA
3.     59987/13 29/07/2013 Immacolata BUSIELLO
09/06/1950
Volla
Alfonso Luigi MARRA