Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 27 agosto 2013 - Ricorso n.40524/10- Naima Mohammed Hassan e altri 9 ricorsi c. Paesi Bassi e Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Silvia Lucidi, funzionario linguistico. Revisione a cura di Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

TERZA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 40524/10

Naima MOHAMMED HASSAN
e altri 9 ricorsi
contro Paesi Bassi e Italia
(si veda elenco allegato)

La Corte europea dei diritti dell’uomo (Terza Sezione), riunita il 27 agosto 2013 in una Camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Alvina Gyulumyan,
Guido Raimondi,
Corneliu Bîrsan,
Luis López Guerra,
Nona Tsotsoria,
Johannes Silvis, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Visti i ricorsi sopra menzionati proposti contro i Paesi Bassi e l’Italia tra il 19 luglio 2010 e il 14 febbraio 2013,
Viste le misure provvisorie indicate nei ricorsi al Governo olandese ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte e considerato il fatto che tali misure provvisorie sono state adottate,
Viste le osservazioni sui fatti presentate dal Governo olandese e/o dal Governo italiano e i commenti presentati in risposta dai ricorrenti,
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

1. Un elenco dei ricorrenti è disponibile in appendice. Il Governo olandese è rappresentato dal suo agente, R.A.A. Böcker, e/o dal suo agente supplente, L. Egmond, entrambi del Ministero degli Affari Esteri. Il Governo italiano è rappresentato dal suo  agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo.

A.  Le circostanze dei casi di specie

2. I fatti della causa, come esposti dai ricorrenti, dal Governo italiano e dal Governo olandese, si possono riassumere come segue. Alcuni fatti sono contestati dalle parti.

1.  Ricorso n. 4052410

3. La ricorrente, cittadina somala, è nata nel 1985 e proviene da Adado (Somalia centrale). All’epoca della presentazione del ricorso si trovava a Middelburg, nei Paesi Bassi. È rappresentata dinanzi alla Corte dall’avv. M. Stoetzer-van Esch, del foro di Lent.

4. La ricorrente entrava in Italia il 1° marzo 2009, approdando sulla costa siciliana. La suddetta veniva trasferita presso il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo - “CARA” - di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. Il 10 marzo 2009, assistita da un interprete, la ricorrente presentava domanda di protezione internazionale presso la Questura di Foggia, dichiarando, inter alia, di essere nubile. L’audizione dinanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Foggia era programmata per il 13 maggio 2009.

5. Il 7 aprile 2009, il centro di accoglienza di Borgo Mezzanone informava la Prefettura di Foggia, la Questura di Foggia e la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che la ricorrente e altre nove persone si erano allontanate dal centro. 

6. Con decisione del 25 febbraio 2010, avendo osservato che la ricorrente si era allontanata per destinazione ignota, come confermato dalla locale Questura il 6 maggio 2009, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Foggia rigettava la domanda di protezione internazionale presentata dalla ricorrente.

7. Nel frattempo la ricorrente si era recata nei Paesi Bassi, dove era giunta all’inizio di maggio del 2009 e dove presentava domanda di asilo il 15 maggio 2009. Il 7 settembre 2009 l’esame e il confronto delle impronte digitali della ricorrente, operato nel sistema Eurodac dalle autorità olandesi, generava una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che la ricorrente era stata registrata a Foggia il 3 marzo 2009.

8. In occasione della prima audizione dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, tenutasi l’8 luglio 2009, la ricorrente affermava, inter alia, di aver contratto matrimonio il 5 maggio 2007, che suo marito si chiamava Naasir Yaasiin Hassan e che non avevano figli. Lo aveva visto l’ultima volta ad Adado e riteneva che si trovasse ancora lì. Spiegava di essere giunta in Italia passando per l’Etiopia, il Sudan e la Libia. Riferiva che il 28 febbraio 2009 si era recata insieme ad altre persone in Italia dalla Libia a bordo di un’imbarcazione e che la traversata era durata due giorni, confermando di aver presentato domanda di asilo in Italia. Dichiarava di non aver ottenuto un permesso di soggiorno in Italia  e che – dopo una permanenza di un mese in un centro di accoglienza per richiedenti asilo a Foggia – si era trasferita a Napoli e successivamente a Torino, da dove si era poi recata nei Paesi Bassi, dove era giunta il 5 o il 10 maggio 2009. 

9. In occasione della successiva audizione della ricorrente dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, tenutasi il 9 settembre 2009, ella dichiarava, inter alia, di aver lasciato la Somalia in quanto un membro di una delle bande di predatori, note con il nome di moryaan, la importunava nonostante sapesse che era sposata. Quando ella aveva respinto le sue avances, l'uomo si era presentato insieme a un altro nel ristorante della madre della ricorrente, dove tentava di sequestrare quest’ultima. L’altro uomo aveva poi sparato alla madre, uccidendola. Alcuni giorni dopo, suo fratello aveva sparato e ucciso sia l’uomo che l’aveva molestata, sia quello che aveva ucciso sua madre. A quel punto, la suddetta aveva lasciato la Somalia. Durante la traversata in mare dalla Libia all’Italia, la ricorrente aveva scorto a bordo il cugino dell’assassino di sua madre ed egli l’aveva riconosciuta. Anche quest'ultimo aveva soggiornato presso il centro per richiedenti asilo di Foggia, e la ricorrente aveva capito che egli si trovava lì per vendicarsi di lei e della sua famiglia e che anche il fratello dell’assassino di sua madre si trovava in Italia. Questo era il motivo per il quale si era allontanata dal centro per richiedenti asilo e si era recata nei Paesi Bassi, senza informarne le autorità italiane.

10. Il 9 febbraio 2010 le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di riprendere in carico la ricorrente ai sensi dell’articolo 16 § 1(c) del Regolamento del Consiglio (C) n. 343/2003 del  18 febbraio 2003 (“il Regolamento Dublino"). Dal momento che le autorità italiane non rispondevano alla richiesta entro il termine di due settimane, ai sensi dell'articolo 20 § 1 del Regolamento Dublino si riteneva che vi avessero implicitamente aderito.

11. Il 2 marzo 2010 la domanda di asilo presentata dalla ricorrente nei Paesi Bassi veniva rigettata dal Ministro della Giustizia (Minister van Justitie), il quale statuiva che, ai sensi del Regolamento Dublino, competente a esaminare la domanda di asilo era l’Italia. Il Ministro rigettava l'argomento della ricorrente che i Paesi Bassi non potevano fare affidamento sul principio della reciproca fiducia tra Stati (nterstatelijk vertrouwensbeginsel) in relazione all’Italia, in quanto, secondo la ricorrente, sussistevano sufficienti elementi concreti per dedurre che l’Italia non rispettava i propri obblighi derivanti da trattati internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati. Il Ministro rigettava inoltre l’argomentazione della ricorrente secondo cui ella avrebbe rischiato di essere sottoposta in  Italia a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

12. Il 20 maggio 2010, la ricorrente si univa in matrimonio con il sig. M.A.H., cittadino somalo, con cerimonia islamica tradizionale celebrata a Rotterdam. Nel fascicolo non risulta che questo matrimonio religioso sia stato preceduto da un matrimonio civile contratto dinanzi a un ufficiale dello stato civile (ambtenaar van de burgerlijke stand), come previsto dal diritto interno olandese (si veda infra §§ 160-161).

13. L’impugnazione della ricorrente del 2 marzo 2010 avverso questa decisione e la sua contestuale richiesta di adozione di una misura provvisoria venivano rigettate in data 14 luglio 2010 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza (voorzieningenrechter) del Tribunale regionale (rechtbank) dell’Aja con sede a Zutphen. Il giudice non esaminava le argomentazioni della ricorrente basate sull’articolo 8 della Convenzione, ritenendo che  - data la netta distinzione operata nella Legge sugli stranieri del 2000 (Vreemdelingenwet 2000) tra permessi di soggiorno per motivi di asilo e permessi di soggiorno ordinari – la procedura di asilo non consentisse al giudice di prendere in considerazione tali argomentazioni.

14. Il 22 luglio 2010, la ricorrente presentava un'ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa (Afdeling Bestuursrechtspraak) del Consiglio di Stato (Raad van State). Con sentenza del 24 novembre 2011, la Divisione della giurisdizione amministrativa accoglieva l’impugnazione. Essa osservava che la ricorrente si era basata sin dall’inizio su documenti riportanti informazioni generiche e segnatamente, inter alia, su due articoli pubblicati nella newsletter (olandese) in tema di legislazione in materia di asilo e rifugiati (Nieuwsbrief Asiel- en Vluchtelingenrecht) sull’Italia (n. 7, agosto 2004) e sul sistema di asilo italiano nel contesto della legislazione dell’Unione europea (n. 3, giugno 2009), sull’ “aggiornamento settimanale di ECRAN” del 30 maggio 2008 del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (“ECRE”), sul rapporto “Scacciati e schiacciati” pubblicato da Human Rights Watch nel settembre 2009, sui country reports relativi all’Italia del 2007 e del 2008 di Amnesty International, sul rapporto “Italia, un briefing al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura” dell’aprile 2007, su un rapporto di Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, redatto il 16 aprile 2009 in seguito alla sua visita in Italia del 13-15 gennaio 2009, sulla bozza di risoluzione del Parlamento europeo del 27 gennaio 2009,  nonché sulle proposte di emendamento della Direttiva del Consiglio 2003/9 del 27 gennaio 2003 (“la Direttiva accoglienza”) e di revisione del Regolamento del Consiglio (CE) n. 343/2003 del 18 febbraio 2003 (“il Regolamento Dublino II”). In considerazione della sentenza della Corte del 21 gennaio 2011 nella causa di M.S.S. c. Belgio e Grecia ([GC], n. 30696/09, CEDU 2011), la Divisione della giurisdizione amministrativa riteneva che questi documenti non fossero stati presi in esame secondo le modalità descritte nella sentenza della causa M.S.S. Tuttavia, non riscontrando alcun motivo per pronunciare una diversa decisione nel caso della ricorrente, la Divisione della giurisdizione amministrativa disponeva che gli effetti giuridici della decisione impugnata del 2 marzo 2010 rimanessero inalterati (rechtsgevolgen geheel in stand blijven). Tale decisione non è ulteriormente impugnabile.

15. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 19 luglio 2010. Il 23 luglio 2010, il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, era auspicabile non trasferire la ricorrente in Italia. Tale indicazione era inizialmente limitata nel tempo. Il 15 novembre 2010, il Presidente decideva di prorogare, fino a nuova comunicazione, l’indicazione ai sensi dell’articolo 39.

16. In data imprecisata nel novembre 2010, la ricorrente dava alla luce un figlio, il cui nome era Maahir Mohammed Hassan. Il 28 febbraio 2012, la ricorrente dava alla luce un secondo figlio, il cui nome era Madar Naasir Yaasiin. Secondo il certificato di nascita di quest’ultimo, il padre è Naasir Yaasiin Hassan. La ricorrente spiegava che il padre di Madar, sig. M.A.H., in possesso di un titolo di soggiorno nei Paesi Bassi, e da lei sposato il 20 maggio 2010 nei Paesi Bassi, è il vero padre del bambino. Tuttavia, egli non può riconoscere la paternità in quanto la ricorrente risulta tuttora ufficialmente coniugata in Somalia. La procedura di divorzio era stata avviata, ma ci sarebbe voluto del tempo in quanto il suo primo marito viveva in Somalia.

17. Il 13 marzo 2012 venivano poste al Governo italiano una serie di domande riguardo ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) relativi alla situazione della ricorrente in Italia prima del suo arrivo nei Paesi Bassi. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 14 maggio 2012 e i commenti in risposta venivano inoltrati dalla ricorrente il 19  giugno 2012.

2.  Ricorso n. 41993/10

18. La ricorrente, cittadina somala, è nata nel 1981 e proviene da Yagoori (Somalia settentrionale). All’epoca della presentazione del ricorso si trovava a Luttelgeest, nei Paesi Bassi. È rappresentata dinanzi alla Corte dall’avv. P. Blaas, del foro di ‘s-Hertogenbosch.

19. La ricorrente entrava in Italia l’8 ottobre 2008, approdando sulla costa di Lampedusa, dove veniva registrata dalla polizia locale per essere entrata illegalmente nel territorio dell’Unione europea. Il 12 ottobre 2008 la suddetta veniva trasferita presso il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Campomarino Lido, in provincia di Campobasso. Il 13 ottobre 2008, assistita da un interprete, la ricorrente presentava domanda di protezione internazionale presso la Questura di Campobasso, dichiarando, inter alia, di essere coniugata con Yusuf Ali Gedi e di avere lasciato il  suo paese di origine, dove non poteva fare ritorno a causa della guerra civile. A parte il nome di battesimo, non forniva maggiori particolari sul marito in Somalia.

20. Con decisione del 2 febbraio 2009, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Caserta  rilasciava alla ricorrente un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria. La decisione veniva notificata personalmente alla ricorrente in data 21 marzo 2009. Le era rilasciato un permesso di soggiorno per stranieri titolari di protezione sussidiaria e un titolo di viaggio. Sia il permesso di soggiorno sia il titolo di viaggio erano validi fino al 9 aprile 2012.

21. In data imprecisata, la ricorrente lasciava il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Campomarino Lido.

22. La ricorrente presentava domanda di asilo nei Paesi Bassi in data 19 aprile 2009. Dopo l’esito negativo dei due precedenti tentativi effettuati il 19 aprile 2009 e il 15 luglio 2009, dovuto alla scarsa qualità delle impronte digitali, il 27 agosto 2009 l’esame e il confronto delle impronte digitali della suddetta, operati dalle autorità olandesi nel sistema Eurodac, generavano una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che la ricorrente era stata registrata a Lampedusa (Italia) l’11 ottobre 2008.

23. In occasione della prima audizione dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, tenutasi l’8 luglio 2009, la ricorrente dichiarava, inter alia, che nel maggio 2008 e dopo la morte del suo primo marito, aveva contratto matrimonio con Yusuf Ali Gedi e che quest’ultimo era rimasto in Somalia. Dichiarava inoltre di aver lasciato l’Italia nel mese di marzo 2009. e che, dopo una permanenza di sei mesi presso un centro per richiedenti asilo, le autorità italiane le avevano rilasciato un titolo di soggiorno italiano, e l’avevano mandata sulla strada. Dato che ciò costituiva un pericolo per una donna debole come lei, decideva di recarsi nei Paesi Bassi.

24. Il 27 ottobre 2009, l’avvocato che rappresentava la ricorrente nella procedura olandese relativa alla sua domanda di asilo, informava le autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, inter alia, che alla ricorrente era stata diagnosticata l’epatite B, che temporaneamente non poteva essere curata in quanto la stessa era incinta di otto mesi.

25. Il 14 dicembre 2009, la ricorrente dava alla luce un figlio di nome Ajuub Haali Ayanie, non affetto da epatite B.

26. Il 27 gennaio 2010 le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di riprendere in carico la ricorrente ai sensi dell’articolo 16 § 1(c) del Regolamento Dublino. Dal momento che le autorità italiane non rispondevano alla richiesta entro il termine di due settimane, si riteneva che vi avessero implicitamente aderito.

27.; Il 26 febbraio 2010 la domanda di asilo presentata dalla ricorrente nei Paesi Bassi veniva rigettata dal Ministro della Giustizia, il quale statuiva che, ai sensi del Regolamento Dublino, competente a esaminare la domanda di asilo era l’Italia. Il Ministro rigettava l'argomentazione della ricorrente che i Paesi Bassi non potevano fare affidamento sul principio della reciproca fiducia tra Stati (nterstatelijk vertrouwensbeginsel) in relazione all’Italia, in quanto, secondo la ricorrente, sussistevano sufficienti elementi concreti per dedurre che l’Italia non rispettava i propri obblighi derivanti da trattati internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati. Il Ministro rigettava inoltre l’argomentazione della ricorrente secondo cui ella avrebbe rischiato di essere sottoposta in  Italia a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

28. L’impugnazione della ricorrente avverso la decisione del 26 febbraio 2010 e la sua contestuale richiesta di adozione di una misura provvisoria venivano rigettate in data 30 giugno 2010 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja con sede a Zutphen.

29. Il 26 luglio 2010, la ricorrente presentava un'ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa. Con sentenza dell'11 novembre 2011, la Divisione della giurisdizione amministrativa accoglieva l’impugnazione. Essa osservava che la ricorrente si era basata sin dall’inizio su documenti riportanti informazioni generiche, e segnatamente, inter alia, sul rapporto “Italia, un briefing al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura” dell’aprile 2007, sui country reports relativi all’Italia del 2007 e del 2008 di Amnesty International, sul rapporto di Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, redatto il 16 aprile 2009 a seguito della sua visita del 13-15 gennaio 2009 in Italia. In considerazione della sentenza della Corte del 21 gennaio 2011 nella causa di M.S.S. c. Belgio e Grecia ([GC], n. 30696/09, CEDU 2011), la Divisione della giurisdizione amministrativa riteneva che questi documenti non fossero stati presi in esame secondo le modalità descritte nella sentenza M.S.S. Tuttavia, non riscontrando alcun motivo per  pronunciare una diversa decisione nel caso della ricorrente, la Divisione della giurisdizione amministrativa disponeva che gli effetti giuridici dell’impugnata decisione del 2 marzo 2010 rimanessero inalterati. Tale decisione non è ulteriormente impugnabile.

30. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 26 luglio 2010. Il 27 luglio 2010, il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, era auspicabile non trasferire la ricorrente in Italia fino a nuova comunicazione.

31. Il 13 marzo 2012 venivano poste al Governo italiano una serie di domande riguardo ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione della ricorrente in Italia prima del suo arrivo nei Paesi Bassi. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 14 maggio 2012 e i commenti in risposta venivano inoltrati dalla ricorrente il 20  giugno 2012.

3. Ricorso n. 57531/10

32. Il ricorrente, cittadino somalo, proviene da Dinsoor (Somalia meridionale) e afferma di essere nato nel 1995. All’epoca della presentazione del ricorso si trovava a Tilburg, nei Paesi Bassi. È rappresentato dinanzi alla Corte dall’avv. W. Spijkstra, del foro di Beetsterzwaag.

33. Il ricorrente entrava in Italia il 29 marzo 2009, approdando sulla costa di Portopalo (provincia di Siracusa, Sicilia). Il giorno successivo era sottoposto a rilievo dattiloscopico presso la Questura  di Siracusa, dove veniva registrato per essere entrato illegalmente nel territorio dell’Unione europea. Veniva registrato con il nome di Mohamud Mohamed, nato in Somalia il 1° gennaio 1989.

34. Il 31 marzo 2009 il ricorrente veniva trasferito presso il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari. Il 16 aprile 2009, assistito da un interprete, il ricorrente presentava domanda di protezione internazionale presso la Questura di Bari. Dichiarava di chiamarsi Mohamed Ahmed Mohamud, di essere nato il 1° gennaio 1989 a Xawali Barbare, nel distretto di Dinsoor, Somalia e di essere celibe. Il ricorrente sottoscriveva personalmente la domanda di asilo. Il 21 aprile 2009, il ricorrente veniva sottoposto nuovamente a rilievo dattiloscopico, questa volta presso la Questura di Bari, che provvedeva a registrarlo come richiedente asilo. Gli veniva rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo per richiedenti asilo, su cui era stata apposta una fotografia per passaporto. Tale permesso rinnovabile aveva una validità di venti giorni.

35. Con decisione del 21 maggio 2009, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari concedeva al ricorrente un permessodi soggiorno per protezione sussidiaria. La decisione era notificata personalmente al ricorrente in data 28 maggio 2009 presso la Questura di Bari. Contemporaneamente gli veniva rilasciato un permesso di soggiorno per stranieri titolari di protezione sussidiaria. Tale permesso era valido fino al 20 maggio 2012 e reca la firma del ricorrente.

36. Il 30 giugno 2009 il ricorrente lasciava il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Bari.

37. In data 31 agosto 2009 il ricorrente presentava domanda di asilo nei Paesi Bassi. Secondo le informazioni indicate sul modulo standard riportante i dati personali, così come compilato e sottoscritto dal ricorrente stesso il 31 agosto 2009, il suo cognome era Mohamed Ahmed, il suo nome Mohamud ed era nato nel 1995 a Dinsoor Bay, Somalia. Interrogato da un funzionario di polizia il 1° settembre 2009, con l’assistenza di un interprete, confermava le informazioni riportate nel modulo sui dati personali compilato il giorno precedente. Dichiarava inoltre di essere giunto nei Paesi Bassi il 30 agosto 2009 con volo proveniente da Nairobi.

38. Il 17 settembre 2009, il ricorrente e la fondazione “Nidos”, che funge da tutore dei minori non accompagnati richiedenti asilo, venivano informati che la prima audizione era programmata per il 7 ottobre 2009 e che la domanda di asilo sarebbe stata presa in esame dalla sezione competente per le domande di asilo di minori non accompagnati richiedenti asilo. Se il ricorrente lo desiderava, il tutore poteva presenziare all’audizione.

39. Il 7 ottobre 2009  l’esame e il confronto delle impronte digitali del ricorrente, operati dalle autorità olandesi nel sistema Eurodac, generavano una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che il ricorrente era stato registrato a Siracusa il 30 marzo 2009 e a Bari il 21 aprile 2009. Nuovamente interrogato da un funzionario di polizia il 7 ottobre 2009, il ricorrente confermava i propri dati personali ma desiderava modificare il suo resoconto sul viaggio nei Paesi Bassi. Dichiarava che nel 2007 o nel 2008 si era recato dalla Somalia – passando per l’Etiopia e il Sudan – in Libia, da dove, a bordo di un gommone, aveva raggiunto l’Italia. Dopo averlo sottoposto a rilievo dattiloscopico una seconda volta, le autorità italiane lo avevano messo sulla strada ed egli quindi si era recato nei Paesi Bassi passando per la Francia e per Bruxelles.

40. In occasione della prima audizione dinanzi alle autorità olandesi competenti di immigrazione, tenutasi il 7 ottobre 2009, il ricorrente dichiarava, inter alia, di essere un minore sebbene non possedesse documenti per dimostrarlo. Confermava di avere ottenuto un permesso di soggiorno italiano della validità di tre anni e dichiarava di averlo gettato via al suo arrivo nei Paesi Bassi. Dichiarava inoltre che, nonostante il fatto che desiderasse restare più a lungo presso il centro di accoglienza italiano, era stato messo sulla strada insieme ad altri. Dopo aver trascorso un periodo di vagabondaggio a Roma, si era recato nei Paesi Bassi attraverso la Francia e il Belgio.

41. In occasione della successiva audizione del 16 dicembre 2009, il ricorrente dichiarava di non aver presentato domanda di asilo in Italia e di essere stato sottoposto forzatamente a rilievo dattiloscopico. Confermava inoltre di aver ottenuto in Italia una sorta di titolo di viaggio ma, non avendo alcuna fiducia nel sistema, lo aveva gettato via.

42.Il 28 aprile 2010 la domanda di asilo presentata dal ricorrente nei Paesi Bassi veniva rigettata dal Ministro della Giustizia, il quale statuiva che, ai sensi del Regolamento Dublino, competente a esaminare la domanda di asilo era l’Italia.

43. L’impugnazione del ricorrente avverso la decisione del 28 aprile 2010 e la sua contestuale richiesta di adozione di una misura provvisoria venivano rigettate in data 27 luglio 2010 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja con sede ad Almelo. Il giudice statuiva che il 30 marzo 2010 il Ministro aveva correttamente chiesto alle autorità italiane di riprendere in carico il ricorrente ai sensi dell’articolo 16 § 1(c) del Regolamento Dublino. Dal momento che le autorità italiane non rispondevano alla richiesta entro il termine di due settimane, ai sensi dell'articolo 20 § 1  (c) del Regolamento Dublino, si riteneva che esse fossero competenti a partire dal 14 aprile 2010. Il giudice inoltre non riteneva accertato che l’Italia non rispettasse i propri obblighi derivanti da trattati internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati e rigettava l’argomentazione del ricorrente secondo cui egli correva il rischio di essere sottoposto in  Italia a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

44. Il 24 agosto 2010, il ricorrente presentava un’ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa. Il 7 ottobre 2010 chiedeva anche l'adozione di una misura provvisoria, richiesta che veniva rigettata lo stesso giorno dal Presidente della Divisione della giurisdizione amministrativa. Non sono state trasmesse ulteriori informazioni circa l’esito finale di tale successiva impugnazione presentata dal ricorrente.

45. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 6 ottobre 2010. Il 7 ottobre 2010, il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, era auspicabile non trasferire il ricorrente in Italia fino a nuova comunicazione.

46. Il 15 marzo 2012 venivano poste al Governo italiano una serie di domande riguardo ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione del ricorrente in Italia prima del suo arrivo nei Paesi Bassi. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 14 maggio 2012 e i commenti in risposta venivano inoltrati dal ricorrente il 27 giugno 2012.

4. Ricorso n.18764/11

47. I ricorrenti sono una coppia e i suoi due figli. I genitori provengono dall’Eritrea e sono nati nel 1981 (il primo ricorrente) e nel 1982 (la seconda ricorrente). Il terzo ricorrente è nato in Sudan nel 2004 e la quarta ricorrente in Italia nel 2008. All’epoca della presentazione del ricorso i ricorrenti si trovavano a Markelo, nei Paesi Bassi, e la seconda ricorrente era incinta di quasi cinque mesi. Sono rappresentati dinanzi alla Corte dall’avv. H. Visscher, del foro di Dordrecht.

48. Il primo, la seconda e il terzo ricorrente entravano in Italia il 3 ottobre 2004. Il giorno successivo, presso la Questura di Ragusa,  i genitori venivano sottoposti a rilievo dattiloscopico e la famiglia veniva registrata per essere entrata illegalmente nel territorio dell’Unione europea. Lo stesso giorno, la famiglia veniva trasferita presso il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone.

49. Avendo manifestato al loro arrivo presso il centro di accoglienza l’intenzione di presentare domanda di asilo, il primo e la seconda ricorrente presentavano la domanda il 21 ottobre 2004 presso la Questura di Crotone. Dichiaravano di essere una coppia coniugata e fornivano ulteriori particolari sul proprio figlio, il terzo ricorrente, nato in Sudan dopo la loro fuga dall’Eritrea. I genitori, che erano stati nuovamente sottoposti a rilievo dattiloscopico, venivano registrati come richiedenti asilo e successivamente veniva loro rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo per richiedenti asilo, su cui era stata apposta una fotografia per passaporto. Tale permesso era inizialmente valido fino al 3 gennaio 2005. Successivamente, la Questura di Foggia ne prorogava la validità. 

50. Il 6 novembre 2004, la famiglia veniva trasferita presso un altro centro di accoglienza a Foggia e, nel gennaio 2006, presso un centro di accoglienza a Firenze, in strutture predisposte nell’ambito del progetto “Accoglienza straordinaria di cittadini etiopi ed eritrei in possesso di status umanitari”.

51. Con decisione del 7 marzo 2006, la Commissione Nazionale per il diritto d’Asilo, Sezione Speciale Stralcio, stabiliva che ai ricorrenti non potesse essere riconosciuto lo status di rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati (“la Convenzione sui rifugiati del 1951”) ma concedeva alla famiglia un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del Decreto Legislativo n. 286/1998. Sulla base di tale decisione, ai ricorrenti veniva rilasciato un permesso di soggiorno valido fino al 5 febbraio 2011.

52.Il 16 luglio 2007, alla scadenza del progetto speciale, i ricorrenti lasciavano il centro di accoglienza di Firenze. Secondo il Governo italiano, il primo ricorrente aveva trovato un lavoro fisso e alla famiglia era stato reperito un alloggio in affitto e riconosciuto un sussidio per l’alloggio e per il mobilio pari rispettivamente a € 4.000 e € 958. I ricorrenti negano di aver ricevuto i due sussidi e sostengono che il primo ricorrente non ha mai avuto il lavoro cui fa riferimento il Governo. L’11 luglio 2008, a Firenze, la seconda ricorrente dava alla luce una figlia.

53. I ricorrenti presentavano domanda di asilo nei Paesi Bassi il 27 ottobre 2010. Lo stesso giorno l'esame e il confronto delle impronte digitali del primo e della seconda ricorrente, effettuati dalle autorità olandesi nel sistema Eurodac, generavano una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che i ricorrenti erano stati registrati a Crotone il 23 ottobre 2004. I ricorrenti dichiaravano che la validità del permesso di soggiorno loro rilasciato in Italia, inizialmente di un anno, era stata successivamente prorogata di tre anni e che avevano gettato via i documenti italiani.

54. Il 29 ottobre 2010 le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di riprendere in carico i ricorrenti ai sensi dell’articolo 16 § 1(c) del Regolamento Dublino. Dal momento che le autorità italiane non rispondevano entro il termine di due settimane, si riteneva che avessero implicitamente aderito alla richiesta, conformemente all’articolo 20 § 1 del Regolamento Dublino.

55. Con decisioni distinte del 22 novembre  2010, il Ministro per l’Immigrazione, l’Integrazione e l’Asilo (Minister voor Immigratie, Integratie en Asiel; succeduto al Ministro della Giustizia) rigettava la domanda di asilo presentata dai ricorrenti nei Paesi Bassi. Il Ministro statuiva che, ai sensi del Regolamento Dublino, competente a esaminare la domanda di asilo dei ricorrenti era l’Italia.

56. L’impugnazione presentata dai ricorrenti il 22 novembre 2010 avverso tali decisioni, e la contestuale richiesta di adozione di una misura provvisoria, venivano rigettate in data 17 dicembre 2010 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja con sede a ‘s-Hertogenbosch, il quale non riteneva accertato che l’Italia non rispettasse i propri obblighi derivanti da trattati internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati e rigettava l’argomentazione dei ricorrenti che essi correvano il pericolo di essere sottoposti in  Italia a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

57. Il 24 agosto 2010, i ricorrenti presentavano un'ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa, che era dichiarata inammissibile il 29 marzo 2011 a causa di una lacuna procedurale.

58. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 23 marzo 2011. Il 29 marzo 2011 il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte era auspicabile non trasferire i ricorrenti in Italia in pendenza della procedura dinanzi alla Corte.

59. Il 19 marzo 2012 venivano poste al Governo italiano una serie di domande riguardo ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione dei ricorrenti in Italia prima del loro arrivo nei Paesi Bassi. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 15 maggio 2012 e i commenti in risposta venivano inoltrati dai ricorrenti il 15 giugno 2012.

60. In base a un certificato medico del 25 aprile 2012, il primo e la seconda ricorrente si erano rivolti a un pediatra al fine di approfondire il ritardo dello sviluppo del terzo ricorrente e la sua anamnesi di epilessia dal momento della nascita al compimento del quarto anno di età. Ne era scaturita la decisione di eseguire ulteriori accertamenti. Non sono state fornite ulteriori informazioni sulla gravidanza della seconda ricorrente all’epoca della presentazione del ricorso.

5. Ricorso n. 20355/12

61. La ricorrente, cittadina eritrea, dichiara di essere nata nel 1989. All’epoca della presentazione del ricorso la suddetta si trovava a Heerlen, nei Paesi Bassi. È rappresentata dinanzi alla Corte dall’avv. B. Lit, del foro di Amsterdam.

62. La ricorrente entrava in Italia il 26 ottobre 2009, approdando sulla costa siciliana. Il 29 ottobre 2009 veniva sottoposta a rilievo dattiloscopico presso la Questura di Modica, dove veniva registrata per essere entrata illegalmente nel territorio dell’Unione europea. La registrazione avveniva con il nome di Nazret Okbakristos, nata in Eritrea il 26 giugno 1986.

63. Il 5 novembre 2009, assistita da un interprete, la ricorrente presentava domanda di protezione internazionale presso la Questura di Trapani, dichiarando, inter alia, che era nubile e che avrebbe spiegato le ragioni della sua fuga dall’Eritrea dinanzi alla Commissione. La ricorrente sottoscriveva personalmente la domanda con il nome di “Nazret”. Lo stesso giorno era emessa la decisione di ammetterla al centro di accoglienza per richiedenti asilo di Salina Grande per la durata – limitata a 35 giorni – della procedura di esame della sua domanda di asilo. Anche in questa occasione la ricorrente sottoscriveva il documento con il nome di “Nazret”.

64. Con nota dell’11 dicembre 2009, il direttore del centro di accoglienza di Salina Grande informava la Prefettura di Trapani e altri enti statali che in data imprecisata la ricorrente si era allontanata dal centro di accoglienza senza autorizzazione e senza preavviso. Il 17 dicembre 2009, la Prefettura di Trapani revocava la decisione di ammettere la ricorrente al centro di accoglienza di Salina Grande.

65. Con decisione del 14 dicembre 2009, e vista la nota dell’11 dicembre 2009, in cui si dichiarava che la ricorrente si era allontanata dal centro di accoglienza, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Trapani rilevava che non era stata accertata la nazionalità della ricorrente, né sussistevano elementi per ritenere che la suddetta fosse soggetta a persecuzione o a grave pericolo. Di conseguenza rigettava la domanda di protezione internazionale della ricorrente.  

66. Nel frattempo, la ricorrente si era recata nei Paesi Bassi, dove giungeva il 25 novembre 2009 e dove presentava domanda di asilo il 1° dicembre 2009, utilizzando un’altra identità. In base alle informazioni fornite nel modulo standard riportante i dati personali, così come compilato e sottoscritto dalla ricorrente stessa, il suo nome era M.K. ed era una cittadina eritrea, nata il 10 maggio 1989. Lo stesso giorno, il 1° dicembre 2009, l’esame e il confronto delle impronte digitali della suddetta, operati dalle autorità olandesi nel sistema Eurodac, generavano una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che la ricorrente era stata registrata a Pozzallo (Sicilia) il 29 ottobre 2009 e a Trapani il 5 novembre 2009.

67. Messa di fronte a tale risultato, in occasione dell’audizione dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, la ricorrente confermava la correttezza della risposta generata dal sistema Eurodac. Asseriva che, dopo averla sottoposta a rilievo dattiloscopico, le autorità italiane l’avevano messa sulla strada, malgrado fosse incinta e bisognosa di cure mediche.

68. Il 4 gennaio 2010, nei Paesi Bassi, la ricorrente dava alla luce un figlio, il cui nome era N.

69. Il 10 maggio 2010 le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di riprendere in carico la ricorrente ai sensi dell’articolo 16 § 1(c) del “Regolamento Dublino". L’11 maggio 2010, le autorità italiane accoglievano la richiesta, anche in considerazione della nascita del figlio della ricorrente, avvenuta nel frattempo nei Paesi Bassi.

70. Il 10 giugno 2010 la domanda di asilo presentata dalla ricorrente veniva rigettata dal Ministro della Giustizia, il quale statuiva che, ai sensi del Regolamento Dublino, competente a esaminare la domanda di asilo era l’Italia e che ciò non era alterato dal fatto che la ricorrente si trovasse in stato di gravidanza avanzato al momento del suo arrivo nei Paesi Bassi.

71. L’impugnazione della ricorrente avverso la decisione del 10 giugno 2010 veniva accolta in data 24 agosto 2010 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja con sede a Haarlem, il quale annullava la decisione impugnata e ordinava al Ministro di emanare una nuova decisione. L’impugnazione di tale provvedimento da parte del Ministro veniva respinta il 27 ottobre 2011 dalla Divisione della giurisdizione amministrativa.

72. Con nuova decisione emessa il 17 gennaio 2012, il Ministro per  l’Immigrazione, l’Integrazione e l’Asilo respingeva la domanda di asilo della ricorrente, statuendo che, ai sensi del Regolamento Dublino, competente a esaminare la domanda era l’Italia. Il Ministro non riteneva accertato che l’Italia non rispettasse i propri obblighi derivanti da trattati internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati o che violasse i diritti della ricorrente previsti all’articolo 3, né che quest’ultima, in caso di trasferimento in Italia, rischiasse di essere sottoposta a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

73. L’impugnazione della ricorrente avverso la decisione del 2 marzo 2010 e la sua contestuale richiesta di adozione di una misura provvisoria venivano rigettate in data 5 aprile 2012 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja con sede a Haarlem. Lo stesso giorno, la ricorrente presentava un’ulteriore impugnazione avverso tale decisione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa. Non sono pervenute ulteriori informazioni circa l’esito di tale successiva impugnazione, che non ha automatico effetto sospensivo.

74. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 5 aprile 2012. Il 10 aprile 2010 il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, era auspicabile non trasferire la ricorrente in Italia fino a nuova comunicazione. Il Presidente decideva altresì di non rendere pubblica l’identità della ricorrente (articolo 47 del Regolamento della Corte) e che i documenti relativi al ricorso della suddetta restassero riservati (articolo 33 § 1 del Regolamento della Corte).

75. Il 10 aprile 2012 venivano poste al Governo italiano una serie di domande riguardo ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione della ricorrente in Italia prima del suo arrivo nei Paesi Bassi. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 24 maggio 2012 e i commenti in risposta venivano inoltrati dalla ricorrente il 13 luglio 2012.

Ricorso n. 23696/12

76. La ricorrente, cittadina somala, afferma di essere nata nel 1984 e di provenire da Mogadiscio. All’epoca della presentazione del ricorso si trovava a Venlo. È rappresentata dinanzi alla Corte dall’avv. A. Spel, del foro di Alkmaar.

77. La ricorrente entrava in Italia il 10 agosto 2008, approdando sulla costa di Lampedusa, dove veniva registrata dalla polizia locale per essere entrata illegalmente nel territorio dell’Unione europea, con il nome di Naama Mahamed Fedo, cittadina somala nata il 4 aprile1983.

78. Il 12 agosto 2008, assistita da un interprete, la ricorrente presentava domanda di protezione internazionale presso la Questura di Agrigento, dichiarando, inter alia, di essere coniugata con Abdullahi Abdulle Sambrie, di avere quattro figli, nati, rispettivamente, nel 1999, 2002, 2004 e 2006, i quali si trovavano tutti in Somalia. Aveva lasciato la Somalia nel 2007 a causa della guerra civile e della mancanza di prospettive. Il 19 agosto 2008, la ricorrente veniva trasferita nel centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Sulla base di un “Contratto di benvenuto”, sottoscritto a nome della direzione del centro di accoglienza e della ricorrente, la permanenza di quest’ultima non avrebbe dovuto protrarsi, in linea di massima, oltre il 31 dicembre 2008, ma poteva essere prolungata conformemente alle disposizioni legislative applicabili.

79. Con decisione del 15 ottobre 2008, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Trapani le concedeva un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, rettificando il suo nome in Naima Mohamed Fido. La ricorrente otteneva un permesso di soggiorno per stranieri titolari di protezione sussidiaria e un titolo di viaggio. Sia il permesso di soggiorno sia il titolo di viaggio erano validi  fino al 15 ottobre 2011 ed erano stati sottoscritti dalla ricorrente con il nome di “Naama”.

80. In data imprecisata, circa quattro mesi dopo essere stata accolta presso il suddetto centro di Mazara del Vallo, la ricorrente si allontanava dallo stesso.

81. La ricorrente giungeva nei Paesi Bassi il 13 gennaio 2009, informava le autorità olandesi della sua presenza il giorno successivo e presentava domanda di asilo il 6 aprile 2009 indicando il nome di Foos Ali Ahmed, nata il 1° luglio 1984 a Mogadiscio. In occasione della prima audizione dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, tenutasi il 7 aprile 2009, dichiarava di essersi allontanata da Mogadiscio il 12 gennaio 2009 e di essere giunta nei Paesi Bassi a bordo di un aereo. Dichiarava inoltre che il suo primo marito era morto nel 2004, che si era risposata e che il suo secondo marito si chiamava Duale Moyhadiin Shaeeb, nonché che lo aveva visto l’ultima volta il 1° dicembre 2008. Aveva quattro figli, avuti nel primo matrimonio, i quali vivevano con il secondo marito, dal quale non aveva avuto figli. Essendole stati trovati addosso dei prodotti italiani, alla ricorrente veniva chiesto se fosse stata in Italia, cosa che la stessa negava. Le impronte digitali della ricorrente risultavano di qualità eccessivamente scarsa per eseguire un confronto nel sistema Eurodac. La suddetta spiegava di avere le mani sudate a causa del nervosismo.

82. Il 19 maggio 2009 veniva nuovamente sottoposta a rilievo dattiloscopico e l’esame e il confronto delle impronte digitali, operato nel sistema Eurodac dalle autorità olandesi, generava una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che la ricorrente era stata registrata a Lampedusa il 10 agosto 2008.

83. In occasione della successiva audizione dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, tenutasi il 19 maggio 2009, la ricorrente spiegava di aver lasciato la Somalia dopo essere stata tenuta in ostaggio per quindici giorni a maggio, o giugno, 2008 dall’uomo che aveva ucciso il suo primo marito nel 2004. La ricorrente ammetteva inoltre di essere stata in Italia e di essersene allontanata in quanto non aveva un alloggio. Inizialmente era stata trasferita in un centro per richiedenti asilo. Successivamente aveva ottenuto un permesso di soggiorno e le era stato successivamente  ordinato di lasciare il centro. Aveva deciso di recarsi nei Paesi Bassi, dove, secondo quanto aveva appreso, avrebbe avuto la possibilità di farsi raggiungere dai familiari rimasti nel paese di origine.  

84. Il 23 giugno 2009 le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di riprendere in carico la ricorrente ai sensi dell’articolo 10 § 1 del Regolamento Dublino. Dal momento che le autorità italiane non rispondevano alla richiesta entro il termine di due mesi, si riteneva che vi avessero implicitamente aderito.

85. Il 5 gennaio 2010, il Sottosegretario di Stato alla Giustizia (staatssecretaris van Justitie) rigettava la domanda di asilo presentata dalla ricorrente nei Paesi Bassi. Riteneva che, ai sensi del Regolamento Dublino, l’Italia fosse competente a esaminare tale domanda e rigettava la tesi della ricorrente che  il trasferimento in Italia avrebbe configurato una violazione dell’articolo 3 della Convenzione in conseguenza del trattamento inflitto ai richiedenti asilo in tale paese.

86. Il 1° maggio 2010, la ricorrente dava alla luce un figlio di nome Zakariya. Secondo il certificato di nascita, il padre è Du'ale Muhudiin Shu’eyb, secondo marito della ricorrente.

87. L’impugnazione della ricorrente avverso la decisione di rigetto della domanda di asilo, presentata il 7 gennaio 2010, veniva accolta in data 17 maggio 2010 dal Tribunale regionale dell’Aja con sede a Haarlem, il quale annullava la decisione impugnata e ordinava al Ministro della Giustizia di emanare una nuova decisione.

88. L’11 giugno 2010, il Ministro presentava un’ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa. Il 24 novemre 2011, la Divisione della giurisdizione amministrativa accoglieva l’impugnazione del Ministro, annullava la sentenza del 17 maggio 2010, accoglieva l’impugnazione presentata dalla ricorrente il 7 gennaio 2010, annullava la decisione del 5 gennaio 2010 e disponeva tuttavia che gli effetti giuridici della stessa rimanessero interamente inalterati. In considerazione della sentenza della Corte nella causa M.S.S. c. Belgio e Grecia (sopra citata),osservava che la ricorrente si era basata sin dall’inizio su documenti riportanti informazioni generiche e segnatamente, inter alia, su un rapporto redatto da ECRE nel 2006, su una lettera scritta ad agosto 2008 dal Consiglio per i rifugiati dei Paesi Bassi (VluchtelingenWerk Nederland), su tre rapporti di Amnesty International, su un rapporto successivo a una visita effettuata a Lampedusa dal Parlamento Europeo a febbraio 2009, su un rapporto di Amnesty International del febbraio 2009, su un rapporto del 16 aprile 2009 di Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, redatto il 16 aprile 2009 in seguito alla sua visita in Italia dal 13 al 15 gennaio 2009 e su un rapporto del 4 agosto 2009 della ONG Statewatch. La Divisione della giurisdizione amministrativa riteneva che tali documenti non fossero stati presi in esame con le modalità descritte nella sentenza M.S.S.. Tuttavia, non riscontrando alcun motivo per pronunciare una diversa decisione nel caso della ricorrente, la Divisione della giurisdizione amministrativa disponeva che gli effetti giuridici della decisione impugnata del 5 gennaio 2010 rimanessero inalterati. Tale decisione non è ulteriormente impugnabile.

89. Il 16 febbraio 2012, la ricorrente presentava una nuova domanda di asilo che, ai sensi dell’articolo 4:6 del Testo unico di diritto amministrativo (Algemene Wet Bestuursrecht), doveva essere basata su nuovi fatti sopravvenuti ovvero su circostanze mutate che consentissero il riesame della decisione iniziale. (nieuw gebleken feiten of veranderde omstandigheden). Nel corso dell’audizione relativa a tale domanda, tenutasi il 20 febbraio 2012, la ricorrente dichiarava di essere incinta di cinque mesi. Affermava inoltre che, nel mese di giugno 2009, aveva ricevuto una lettera che la informava che il suo secondo marito aveva divorziato da lei. Nel mese di luglio 2009 aveva incontrato il padre di Zakariya e del bambino di cui era in attesa. Questa persona era un cittadino olandese naturalizzato. La ricorrente non conviveva con quest’ultimo, in quanto egli era coniugato con un’altra donna, con la quale aveva una famiglia. Sebbene il suddetto fosse intenzionato a riconoscere la paternità, ciò era stato possibile solamente dopo che la ricorrente aveva dimostrato alle competenti autorità comunali olandesi di aver divorziato dal secondo marito. Motivo della nuova domanda di asilo era che ella non intendeva tornare in Italia temendo che, in qualità di richiedente asilo, rischiasse di essere sottoposta a trattamento in violazione dell’articolo e che suo figlio potesse non ricevere le cure necessarie per la sua asma.

90. Il 24 febbraio 2012 il Ministro per l’Immigrazione, l’Integrazione e l’Asilo, respingeva la nuova domanda di asilo, rigettando le argomentazioni della ricorrente secondo la quale il suo trasferimento in Italia, incinta e con un figlio in tenera età, avrebbe comportato una violazione dei suoi diritti ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione. 

91. L’impugnazione della ricorrente avverso la decisione del 24 febbraio 2012 e la sua contestuale richiesta di adozione di una misura provvisoria venivano rigettate in data 20 marzo 2010 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja, che accoglieva la decisione impugnata. Sebbene fosse possibile, la ricorrente non presentava ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa, ritenendo in considerazione della giurisprudenza della Divisione della giurisdizione amministrativa nelle cause relative a trasferimenti in Italia ai sensi del Regolamento Dublino – che essa fosse destinata ad avere esito negativo.

92. Il ricorso veniva presentato dinanzi alla Corte il 20 aprile 2012. Il 2 maggio 2012, il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che era auspicabile, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, non trasferire la ricorrente e il figlio in Italia per la durata della procedura dinanzi alla Corte.

93. Anche il 2 maggio 2012,  venivano poste al Governo italiano una serie di domande riguardo ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione della ricorrente in Italia prima del suo arrivo nei Paesi Bassi. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 24 maggio 2012 e i commenti in risposta venivano inoltrati dalla ricorrente il 20  giugno 2012.

94. Il 26 luglio 2012 la ricorrente dava alla luce una figlia di nome Salma. Il padre, come registrato nel certificato di nascita, è Du’ale Muhudiin Shu'eyb.

7. Ricorso n. 62865/12

95. La ricorrente è una cittadina russa di origine armena, nata nel 1984. All’epoca della presentazione del ricorso si trovava ad Aalden. È rappresentata dinanzi alla Corte dall’avv. M. Hoogendoorn, del foro di Leiden.

96. In data imprecisata, il Consolato Generale italiano a Mosca rilasciava un visto turistico, valido dal 21 luglio 2010 al 5 agosto 2010, alla ricorrente e alle sue due figlie minori – nate rispettivamente nel 2006 e nel 2007 – ai fini di una visita a Napoli.

97. Il 21 luglio 2010, la ricorrente e le sue figlie giungevano nei Paesi Bassi, dove la ricorrente presentava domanda di asilo anche nell'interesse delle sue due figlie. La suddetta affermava di essere vittima di una generale discriminazione etnica nei confronti degli armeni in Russia, nonché di una persecuzione mirata da parte delle autorità russe, e sosteneva che la sua abitazione era stata saccheggiata, che era stata violentata, che era rimasta incinta a seguito della violenza, e che aveva sviluppato un disturbo da stress post-traumatico. 

98. Il 17 settembre 2010, le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di assumere la competenza per l’esame della domanda di asilo della ricorrente ai sensi dell’articolo 9 § 2 del Regolamento Dublino. Dal momento che le autorità italiane non rispondevano alla richiesta entro due mesi, si riteneva che vi avessero implicitamente aderito ai sensi dell’articolo 18 § 7 del Regolamento Dublino.

99. Il 13 dicembre 2010, il Ministro per l’Immigrazione, l’Integrazione e l’Asilo rigettava la domanda di asilo della ricorrente, ritenendo che, ai sensi del Regolamento Dublino, l’Italia fosse competente a esaminare tale domanda. Il Ministro rigettava, in quanto non accertata, la domanda della ricorrente secondo la quale ella avrebbe dovuto essere ammessa alla procedura di asilo olandese, in quanto il principio della reciproca fiducia tra Stati non poteva più essere considerato applicabile in relazione all’Italia, dal momento che sussistevano sufficienti elementi concreti per dedurre che l’Italia non rispettava i suoi obblighi derivanti da trattati  internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati. Il Ministro riteneva altresì che la ricorrente non avesse dimostrato che, in caso di trasferimento in Italia, non avrebbe avuto accesso a cure mediche adeguate ovvero avrebbe corso il pericolo di essere sottoposta a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

100. Il 15 gennaio 2011, la ricorrente dava alla luce un figlio.

101. L’impugnazione della ricorrente avverso la decisione del Ministro del 13 dicembre 2010, presentata il 24 gennaio 2011, veniva accolta in data 19 dicembre 2011 dal Tribunale regionale dell’Aja con sede a Haarlem, il quale annullava la decisione impugnata e ordinava al Ministro di emanare una nuova decisione. Il Tribunale regionale accettava che l’Italia fosse competente per la decisione della domanda di asilo della ricorrente. Tuttavia, esso riteneva – in considerazione del fatto che la ricorrente soffriva di disturbo da stress post-traumatico e che era madre di tre bambini in tenera età, dell’indicazione di diverse misure provvisorie da parte della Corte ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, nonché del rapporto di Thomas Hammarberg, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, redatto nel mese di settembre 2011 all’indomani di una visita formale in Italia avvenuta nel maggio 2011 – che la ricorrente avesse fornito sufficienti elementi concreti da cui risultava che l’Italia non rispettava i propri obblighi derivanti da trattati  internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati. Pertanto concludeva che il Ministro non poteva, senza ulteriori verifiche, fare affidamento sul principio di fiducia reciproca tra Stati. 

102. Il 12 gennaio 2012 il Ministro presentava un’ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa. Il 5 settembre 2012, la Divisione della giurisdizione amministrativa accoglieva l’impugnazione del Ministro, annullava la sentenza del 19 dicembre 2011, nella parte in cui il Tribunale regionale non disponeva che gli effetti giuridici della decisione del 13 dicembre 2010 rimanessero inalterati e nella parte in cui ordinava al Ministro di emanare una nuova decisione, disponeva che gli effetti giuridici della decisione del 13 dicembre 2010 rimanessero inalterati e confermava nel resto l’impugnata sentenza. Tenuto conto della sentenza della Corte nella causa di M.S.S. c. Belgio e Grecia (sopra citata), la Divisione della giurisdizione amministrativa osservava che la ricorrente si era basata sin dall’inizio sul rapporto Hammarberg e riteneva che esso non fosse stato preso in esame dal Ministro con le modalità descritte nella sentenza M.S.S. Tuttavia, non riscontrando alcun motivo per pronunciare una diversa decisione nel caso della ricorrente, la Divisione della giurisdizione amministrativa disponeva che gli effetti giuridici della decisione del 13 dicembre rimanessero inalterati. Tale decisione non è ulteriormente impugnabile.

103.  Il ricorso veniva presentato alla Corte il 28 settembre 2012. L’11 ottobre 2012 il Presidente della Sezione decideva, a norma dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che era auspicabile, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, non trasferire la ricorrente e i figli in Italia per la durata della procedura dinanzi alla Corte.

104. Inoltre, il 2 maggio 2012 venivano poste al Governo italiano una serie di domande relative ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione delle madri nubili con figli in tenera età che presentano domanda di asilo in Italia. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 16 novembre 2012 e i commenti in risposta venivano inoltrati dalla ricorrente il 22 dicembre 2012.

8. Ricorso n. 81839/12

105.  La ricorrente è una cittadina eritrea, nata nel 1982, madre di un bambino, nato nel 2012 nei Paesi Bassi. All’epoca della presentazione del ricorso, ella si trovava ad Almere. È rappresentata dinanzi alla Corte dall’avv. M. Hoogendoorn, del foro di Leiden.

106. La ricorrente entrava in Italia il 28 marzo 2011, approdando sulla costa siciliana. Il 29 marzo 2011 era sottoposta a rilievo dattiloscopico presso la Questura di Modica, dove veniva registrata per essere entrata illegalmente nel territorio dell’Unione europea. Veniva registrata con il nome di Weini Fkre, nata in Eritrea nel 1982. Avendo dichiarato di essere intenzionata a chiedere la protezione internazionale, era trasferita lo stesso giorno nel centro di accoglienza per richiedenti asilo di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone. 

107. In data imprecisata, e prima di presentare formale domanda di protezione internazionale, la ricorrente si allontanava di propria volontà dal centro di accoglienza.

108. Il 4 maggio 2011, la ricorrente giungeva nei Paesi Bassi, dove presentava domanda di asilo con il nome di Weyni Fikre. Il 6 giugno 2011, l’esame e il confronto delle impronte digitali della ricorrente, operato nel sistema Eurodac dalle autorità olandesi, generava una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che la ricorrente era stata registrata a Pozzallo (Sicilia) il 29 marzo 2011 e a Crotone il 31 marzo 2011. Lo stesso giorno, le autorità olandesi procedevano a una prima audizione della ricorrente.

109. Nel corso dell'audizione, la ricorrente confermava la propria presenza in Italia anteriormente al suo arrivo nei Paesi Bassi. Dichiarava inoltre di essere nubile e di non essere mai stata sposata. Aveva una figlia, nata nel 2002 e affidata alle cure di parenti in Eritrea. La ricorrente aveva visto la figlia per l’ultima volta nel 2009, quando aveva lasciato l’Eritrea. Dichiarava inoltre di aver trascorso un lungo periodo di tempo in Libia in condizioni deplorevoli. Il suo compagno T.Y. era stato invitato, tramite le  Nazioni Unite, a recarsi nei Paesi Bassi per il reinsediamento in qualità di rifugiato invitato. T.Y. era intenzionato a portarla con sé. Ciò si era tuttavia rivelato impossibile, in quanto, a causa della instabile situazione in Libia, l’Ufficio delle Nazioni Unite aveva chiuso e il personale era andato via. Per salvarsi la vita, ella e circa altri seicento eritrei avevano lasciato la Libia alla volta dell’Italia, dove – al suo arrivo – era stata sottoposta a rilievo dattiloscopico. Essendo molto debole, aveva bisogno di cure ospedaliere, che tuttavia le sarebbero state prestate solo se avesse acconsentito a essere sottoposta a rilievo dattiloscopico. Il suo compagno T.Y. si era recato insieme a lei nei Paesi Bassi.

110. In occasione di una successiva audizione della ricorrente, tenutasi l’8 giugno 2011, ella dichiarava che, durante la permanenza in Libia, aveva appreso che le condizioni di vita degli eritrei in Italia erano molto dure. Dal momento che la ricorrente e il suo compagno avevano trovato lavoro in Libia e guadagnavano del denaro, attendevano la predisposizione del viaggio nei Paesi Bassi. Al suo arrivo in Italia, la ricorrente veniva trasferita in un campo di accoglienza dove rimaneva per 24 ore e da cui poi veniva inviata in un altro campo di accoglienza, dove restava quattro giorni, e da cui successivamente si allontanava. Dichiarava inoltre che, appena scesa dall’imbarcazione, era stata accolta dal servizio sanitario. A parte una infusione di glucosio, la suddetta non aveva ricevuto cure al proprio arrivo in Italia, sebbene ne avesse fatto richiesta in conseguenza del prurito che avvertiva in tutto il corpo. Dichiarava inoltre che aveva sempre avuto l’intenzione, così come T.Y., di recarsi nei Paesi Bassi e di non voler restare in Italia. 

111. Il 4 agosto 2011,  le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di riprendere in carico la ricorrente e T.Y. ai sensi dell’articolo 10 § 1 del Regolamento Dublino. Dal momento che le autorità italiane non rispondevano alla richiesta entro il termine di due mesi, si riteneva che vi avessero aderito. 

 112.  Con distinte decisioni emanate il 1° dicembre 2001, il Ministro per l’Immigrazione, l’Integrazione e l’Asilo rigettava la domanda di asilo presentata nei Paesi Bassi dalla ricorrente e da T.Y. Il Ministro concludeva che, ai sensi del Regolamento Dublino, l’Italia era competente a esaminare tali domande di asilo. 

113.  Il 18 marzo 2012 la ricorrente dava alla luce un figlio.

114.  Le distinte impugnazioni presentate dalla ricorrente e da T.Y. venivano rigettate con un’unica sentenza pronunciata il 14 giugno 2012 dal Tribunale regionale dell’Aja con sede da Arnhem, che concordava con il Ministro che l’Italia era competente per la decisione delle suddette  domande di asilo. A tal proposito, esso osservava che  - nel periodo in cui T.Y. si trovava in Libia - non era stata ancora adottata alcuna decisione di invitare quest’ultimo a reinsediarsi nei Paesi Bassi, e che l’audizione in base alla quale i Paesi Bassi avrebbero dovuto prendere tale decisione, non aveva ancora avuto luogo. Alla luce di ciò, e dato che l’Italia non aveva risposto alla richiesta del 4 agosto 2011, il Tribunale regionale riteneva che l’Italia fosse competente per le domande di asilo presentate dalla ricorrente e da T.Y. Inoltre esso non riteneva che la ricorrente e T.Y. avessero dimostrato che l’Italia non rispettasse i propri obblighi derivanti da trattati internazionali verso i richiedenti asilo e i rifugiati, e rigettava la loro affermazione secondo cui, in qualità di richiedenti asilo, avrebbero rischiato di essere sottoposti a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione, se fossero stati trasferiti in Italia.

115.  La successiva impugnazione presentata dalla ricorrente e da T.Y. il 6 luglio 2012, veniva rigettata il 19 luglio 2012 dalla Divisione della giurisdizione amministrativa.

116.  Nel frattempo, il 9 luglio 2012, la ricorrente e T.Y. erano stati informati dell’intenzione del Ministro di trasferirli in Italia, insieme a loro figlio, il 24 luglio 2012.

117. Il 20 luglio 2012, la ricorrente e il figlio proponevano opposizione (bezwaarschrift) al Ministro avverso l’intenzione di quest’ultimo e, contemporaneamente, chiedevano al giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja di adottare una misura provvisoria che sospendesse il loro trasferimento in Italia.

118.  Con decisione adottata il 23 luglio 2012 dal giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja, con sede ad Amsterdam,  il giudice osservava che il 18 luglio 2012, T.Y. si era sottratto all’obbligo di presentazione in quella data (onttrokken aan de meldplicht) e che la ricorrente aveva dichiarato che era partito per destinazione ignota. Il giudice rilevava altresì che il Ministro non era contrario alla concessione della misura provvisoria richiesta, nel caso in cui T.Y. non fosse stato rintracciato al momento del trasferimento. Il giudice per i provvedimenti d’urgenza pertanto decideva di accogliere la richiesta, nel senso che non era permesso al Ministro di trasferire la ricorrente e il figlio in Italia fintanto che non fosse stato rintracciato T.Y., e tuttavia non oltre quattro settimane dalla decisione relativa all’opposizione proposta il 20 luglio 2012.
119. Il 17 agosto 2012, il Ministro rigettava l’opposizione presentata dalla ricorrente e da suo figlio.

120. Il 27 dicembre 2012, la ricorrente e il figlio proponevano nuovamente opposizione al Ministro avverso l’intenzione dello stesso di trasferirli in Italia il 10 gennaio 2013. Nel contempo, essi chiedevano al giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja di adottare una misura provvisoria che sospendesse il loro trasferimento in Italia.

121. Il 9 gennaio 2013, la ricorrente veniva informata che il giudice per i provvedimenti d’urgenza del Tribunale regionale dell’Aja, con sede a Middelburg, aveva rigettato la sua richiesta di misura provvisoria.

122. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 28 dicembre 2012. Il 9 gennaio 2013, il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, era auspicabile non trasferire la ricorrente in Italia  fino a nuova comunicazione.

123. Il 9 gennaio 2013, venivano poste al Governo italiano una serie di domande relative ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione della ricorrente in Italia prima del suo arrivo nei Paesi Bassi e dopo il suo trasferimento in Italia. Lo stesso giorno, venivano poste una serie di domande riguardo ai fatti anche al Governo olandese, in relazione a suoi eventuali contatti con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (“UNCHR”), in ordine al reinsediamento nei Paesi Bassi della ricorrente e di T.Y. in qualità di rifugiati invitati.

124.  Il Governo italiano e il Governo olandese presentavano le rispettive risposte il 30 gennaio 2013 e i commenti in risposta venivano inoltrati dalla ricorrente l’11 marzo 2013. Il Governo olandese confermava che vi erano stati dei contatti con l’UNHCR in relazione al reinsediamento di T.Y., ma di non aver mai ricevuto dall’UNHCR una richiesta di reinsediamento della ricorrente. Il modulo di registrazione dell’UNHCR, relativo a T.Y., definisce la  ricorrente ex fidanzata di questi e dichiara che ella vive in Eritrea. In totale, 21 persone di origine eritrea, tra cui T.Y., erano state selezionate per un’approfondita audizione relativa all’asilo, che avrebbe dovuto tenersi presso un Centro di transito di emergenza (CTE) in Romania, al fine di stabilire se le suddette persone possedessero i requisiti per ottenere un permesso di soggiorno per motivi di asilo ai sensi del diritto interno olandese. Tuttavia, nel 2010 tali audizioni presso il CTE non avevano avuto luogo, in quanto le autorità libiche non avevano consentito alle persone interessate di lasciare la Libia.

125.  Il 2 luglio 2013, la ricorrente informava la Corte che il suo compagno, T.Y., l’aveva contattata nuovamente nel mese di maggio 2013 e che, il 4 giugno 2013, egli aveva presentato una nuova domanda di asilo nei Paesi Bassi. La domanda era stata rigettata dal Sottosegretario di Stato alla Sicurezza e alla Giustizia (Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie) il 14 giugno 2013. La sua impugnazione avverso tale decisione, che non ha effetto sospensivo, risulta tuttora pendente dinanzi al Tribunale regionale dell’Aja. Attualmente T.Y. vive con la ricorrente e  il loro figlio.

9. Ricorso n. 7903/13

126.  Le ricorrenti sono madre (la prima ricorrente) e figlia. La prima ricorrente afferma di essere cittadina eritrea e di essere nata nel 1995 in Etiopia. La seconda ricorrente è nata nel 2009. All’epoca della presentazione del ricorso si trovavano a Luttelgeest. Sono rappresentate dinanzi alla Corte dall’avv. I. van den Elshout, del foro di ’s Hertogenbosch.

127.  La prima ricorrente entrava in Italia il 14 luglio 2008 a Lampedusa, dove veniva registrata con il nome di Snaite A., cittadina etiope nata nel 1980.

128.  La sua successiva domanda di asilo, presentata in data imprecisata, veniva accolta l’11 novembre 2008 dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma. Accettando che la prima ricorrente – la quale si trovava all’epoca presso un centro di accoglienza per richiedenti asilo  “CARA” di Castelnuovo di Porto – fosse una rifugiata ai sensi della Convenzione sui Rifugiati del 1951, essa le concedeva un permesso di soggiorno per motivi di asilo, valido fino al 6 ottobre 2014.

129.  Il 18 gennaio 2009, a Roma, la prima ricorrente dava alla luce una figlia, chiamata Rut.

130.  Dall’11 giugno 2009 al 7 settembre 2010, la ricorrente, insieme al marito B.S. e a loro figlia Rut, vivevano in un alloggio fornito dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati “SPRAR”, in provincia di Roma.

131.  In data imprecisata nel mese di ottobre 2010, le due ricorrenti giungevano nei Paesi Bassi dove, il 20 ottobre 2010, presentavano domanda di asilo con nomi leggermente diversi. Lo stesso giorno,  l’esame e il confronto delle impronte digitali della prima ricorrente, operato nel sistema Eurodac dalle autorità olandesi, generava una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che la ricorrente era stata registrata a Roma il 24 luglio 2008 in qualità di richiedente asilo.

132.  Durante le audizioni dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, la prima ricorrente dichiarava di essere cittadina eritrea e di essere nata nel 1985. Era coniugata ma non sapeva dove si trovasse il marito, dal momento che i due si erano separati dopo essere saliti a bordo di imbarcazioni diverse dirette dalla Libia verso l’Italia. Da quel momento non lo aveva più visto. La stessa aveva ottenuto un permesso di soggiorno italiano che le consentiva di viaggiare, ma lo aveva smarrito nei Paesi Bassi. Era vissuta in Etiopia dalla nascita fino al quindicesimo anno di età e successivamente aveva lasciato l’Etiopia per recarsi nel Sudan, dove aveva vissuto fino al 2008 e dove aveva conosciuto suo marito. Nel mese di aprile 2008, si era recata con suo marito in Libia, dove si erano fermati per quattro mesi e successivamente erano partiti per l’Italia. La ricorrente aveva lasciato l’Italia, in quanto in tale paese aveva subito una violenza sessuale e dei tentativi di violenza sessuale, ed era stata costretta a elemosinare cibo per sfamare sua figlia. Inoltre l’Italia era un ambiente malsano per farci crescere sua figlia. Era giunta nei Paesi Bassi per trovare una vita migliore.

133.  Il 25 ottobre 2010 le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di assumere la competenza per l’esame della domanda di asilo delle ricorrenti ai sensi del Regolamento Dublino. Sebbene le autorità italiane rigettassero la domanda l’11 novembre 2010, in quanto alle ricorrenti era già stato riconosciuto lo status di rifugiate in Italia, il 28 febbraio 2011 accettavano di riprenderle in carico alle condizioni previste dall’Accordo europeo sul trasferimento delle responsabilità verso i rifugiati del 16 ottobre 1980.

134. La domanda di asilo delle ricorrenti veniva rigettata il 29 aprile 2011 dal Ministro per l’Immigrazione, l’Integrazione e l’Asilo, il quale osservava che esse erano state accolte in Italia in qualità di rifugiate e che pertanto avevano diritto a strutture per rifugiati riconosciuti. In assenza di indicazioni concrete che portassero a ritenere che le ricorrenti, in caso di trasferimento in Italia, si sarebbero trovate in un contesto in cui i loro diritti previsti all’articolo 3 sarebbero stati violati, il Ministro rigettava la domanda proposta dalle ricorrenti.

135. L’impugnazione presentata dalle ricorrenti avverso tale decisione veniva rigettata il 31 gennaio 2012 dal Tribunale regionale dell’Aja con sede ad Arnhem. Pur riconoscendo che il racconto delle ricorrenti descriveva la difficile situazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati accolti in Italia, evidente anche dalle generiche informazioni presentate dalle ricorrenti, esso riteneva che non fosse possibile concludere che tale situazione fosse tanto negativa da comportare che il trasferimento delle ricorrenti in Italia avrebbe potuto essere considerato in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

 136.  Il 20 dicembre 2012, la Divisione della giurisdizione amministrativa accoglieva la successiva impugnazione delle ricorrenti, annullava la sentenza del 31 gennaio 2012, accoglieva l’impugnazione della ricorrente avverso la decisione del 29 aprile 2011, e annullava tale decisione, ma disponeva che i suoi effetti giuridici rimanessero interamente inalterati. In considerazione della sentenza della Corte del 21 gennaio 2011 nella causa di M.S.S. c. Belgio e Grecia (sopra citata), essa osservava che le ricorrenti si erano basate sin dall’inizio su documenti riportanti informazioni generiche, e riteneva che essi non fossero stati presi in esame secondo le modalità descritte nella sentenza M.S.S. Tuttavia, non riscontrando alcun motivo per pronunciare una diversa decisione nel caso delle ricorrenti, la Divisione della giurisdizione amministrativa disponeva che gli effetti giuridici dell’impugnata decisione del 29 aprile 2011 rimanessero inalterati. Tale decisione non è ulteriormente impugnabile.

137. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 30 gennaio 2013. Lo stesso giorno, il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, era auspicabile non trasferire la ricorrente in Italia fino a nuova comunicazione.

138. Inoltre, il 30 gennaio 2013,  venivano poste al Governo italiano una serie di domande riguardo ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione delle ricorrenti in Italia prima del loro arrivo nei Paesi Bassi. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 21 febbraio 2013  e i commenti in risposta venivano inoltrati dalla ricorrente il 31 maggio 2013.

139.  Su richiesta delle ricorrenti, il Presidente decideva altresì di non rendere pubblica la loro identità (articolo 47 del Regolamento della Corte) e che i documenti relativi al loro ricorso restassero riservati (articolo 33 § 1 del Regolamento della Corte).

10. Ricorso n. 11746/13

140.  I ricorrenti sono una madre (la prima ricorrente) e i suoi due figli. La prima ricorrente è una cittadina eritrea nata nel 1979. I suoi figli sono nati rispettivamente nel 2010 e nel 2012. All’epoca della presentazione del ricorso dinanzi alla Corte i ricorrenti si trovavano a Oisterwijk. Sono rappresentati dinanzi alla Corte dall’avv. M. Verwers, del foro di Wageningen.

141.  La prima ricorrente entrava in Italia l’ 8 agosto 2008, approdando sulla costa di Lampedusa. Il 5 settembre 2008 presentava domanda di asilo e, in data imprecisata, le veniva concesso un permesso di soggiorno italiano per protezione sussidiaria, valido fino al 12 ottobre 2011.

142.  In data imprecisata, la prima ricorrente si recava dall’Italia nei Paesi Bassi dove, il 5 gennaio 2009, presentava domanda di asilo. Il 3 marzo 2009, l’esame e il confronto delle impronte digitali della ricorrente, operato nel sistema Eurodac dalle autorità olandesi, generava una “risposta pertinente”, dalla quale emergeva che la ricorrente era stata registrata a Lampedusa l’8 agosto 2008 e a Crotone il 5 settembre 2008. Il 4 ed il 6 marzo 2009 le autorità olandesi competenti in materia di immigrazione svolgevano delle audizioni con la prima ricorrente.

143. Il 29 maggio 2009 le autorità olandesi chiedevano alle autorità italiane di riprendere in carico i ricorrenti ai sensi dell’articolo 16 § 1(c) del Regolamento Dublino. Dal momento che le autorità italiane non rispondevano alla richiesta entro il termine di due settimane, si riteneva che vi avessero  aderito.

144.  Il 23 luglio 2009, il Sottosegretario alla Giustizia rigettava la domanda di asilo della prima ricorrente, statuendo che, ai sensi del Regolamento Dublino, l’Italia era competente per tale domanda.

145. Il Tribunale regionale dell’Aja, con sede a Zwolle, respingeva l’impugnazione della prima ricorrente avverso la decisione del Sottosegretario del 10 settembre 2009. La successiva opposizione (verzet),  proposta dalla prima ricorrente, veniva rigettata dal Tribunale regionale dell’Aja il 19 ottobre 2009.

146.  Il 20 ottobre 2009, la prima ricorrente presentava ricorso dinanzi alla Corte, con contestuale richiesta di adozione di una misura provvisoria ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte e segnatamente di sospendere il suo trasferimento dai Paesi Bassi in Italia. Tale ricorso veniva registrato al n. 55811/09. Lo stesso giorno, il Presidente della Sezione rigettava la richiesta della prima ricorrente di una misura provvisoria. Il 2 novembre 2009 la prima ricorrente veniva trasferita dai Paesi Bassi in Italia e il 4 dicembre 2009 la suddetta comunicava alla Corte di non voler proseguire il ricorso.

147.  Il 26 maggio 2010, con un’identità diversa, la prima ricorrente presentava una nuova domanda di asilo nei Paesi Bassi. L’8 maggio 2010 era sottoposta a rilievo dattiloscopico. Tuttavia, a causa della scarsa qualità delle impronte, non era possibile effettuare la verifica nella banca dati Eurodac. Il 26 maggio 2010, veniva nuovamente sottoposta a rilievo dattiloscopico, che generava una “risposta pertinente” nel sistema Eurodac, da cui emergeva che – con un’altra identità – la suddetta aveva già in precedenza presentato domanda di asilo in Italia, nei Paesi Bassi e, più recentemente, in Belgio.

148. In occasione della prima audizione del 28 maggio 2010 dinanzi alle autorità olandesi competenti in materia di immigrazione, la prima ricorrente dichiarava di essere incinta da più di due mesi. Dichiarava inoltre che, dopo il ritorno in Italia, le era stata negata una sistemazione, e inoltre che era stata sequestrata da tre uomini che l’avevano trattenuta per due giorni e violentata ripetutamente. Aveva poi lasciato l’Italia per recarsi in Belgio, dove presentava domanda di asilo e riceveva cure mediche. Poiché era stato scoperto che era stata precedentemente in Italia, non poteva rimanere  in Belgio. Dal Belgio si era recata nei Paesi Bassi.

149. Il 1° luglio 2010, il Ministro della Giustizia rigettava la nuova domanda di asilo della prima ricorrente. Quest’ultima presentava impugnazione dinanzi al Tribunale regionale dell’Aja.

150. Il 30 novembre 2010, la prima ricorrente dava alla luce un figlio nei Paesi Bassi.

151.  Il 3 dicembre 2010, il Tribunale regionale dell’Aja, con sede a Maastricht, accoglieva l’impugnazione della ricorrente. Esso annullava la decisione del 1° luglio 2010, ordinando al Ministro di emanare una nuova decisione, indicando a quest’ultimo di esaminare se le misure provvisorie adottate dalla Corte ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, nelle cause concernenti trasferimenti in Italia ai sensi del Regolamento Dublino, costituissero un’indicazione concreta che l’Italia non avrebbe rispettato i propri obblighi derivanti da trattati internazionali nei confronti della prima ricorrente.

152.  Con una nuova decisione del 28 marzo 2011, il Ministro per l’Immigrazione, l’Integrazione e l’Asilo rigettava nuovamente la domanda di asilo della prima ricorrente, ritenendo che ai sensi del Regolamento Dublino, l’Italia fosse competente per tale domanda.

153. Il 13 settembre 2011, il Tribunale regionale dell’Aja, con sede a Zutphen, accoglieva l’impugnazione della prima ricorrente. Annullava la decisione impugnata e ordinava al Ministro di emanare una nuova decisione. Riteneva che il Ministro non avesse rispettato l’indicazione data nel provvedimento del Tribunale regionale del 3 dicembre 2010.

154. L’11 ottobre 2011, il Ministro presentava un’ulteriore impugnazione dinanzi alla Divisione della giurisdizione amministrativa.

155.  L’8 novembre 2012, la prima ricorrente dava alla luce una figlia nei Paesi Bassi. Il padre dei figli della prima ricorrente è Y.M., cittadino eritreo che, secondo la prima ricorrente, non risiede legalmente né nei Paesi Bassi, né in un altro Stato europeo, ma che entra sporadicamente in Europa illegalmente e che si è recato più volte in visita alla prima ricorrente. Quest’ultima lo aveva visto l’ultima volta alla nascita del loro secondo figlio e da quel momento aveva perso i contatti con lui. Dal certificato di nascita olandese della figlia, redatto il 12 novembre 2012, risultava che Y. D. aveva denunciato la sua nascita alle autorità competenti.

156.  Il 18 gennaio 2013, la Divisione della giurisdizione amministrativa accoglieva l’impugnazione del Ministro, annullava la sentenza del 13 settembre 2011, accoglieva l’impugnazione della prima ricorrente avverso la decisione del 28 marzo 2011, e annullava la decisione, ma disponeva che i suoi effetti giuridici rimanessero interamente inalterati. Essa riteneva che, dal momento che la decisione del 28 marzo 2011 era fondamentalmente identica alla decisione del 23 luglio 2009, il Tribunale regionale avrebbe dovuto innanzitutto esaminare se la nuova domanda di asilo fosse basata su nuovi fatti e circostanze sopravvenuti, cosa che invece non aveva fatto. Inoltre, avendo osservato la sentenza della Corte nella causa di M.S.S. c. Belgio e Grecia (sopra citata), essa notava che la prima ricorrente si era basata sin dall’inizio su documenti contenenti informazioni generiche sulla situazione in Italia e riteneva che tali documenti non fossero stati esaminati con le modalità descritte nella sentenza M.S.S.. Tuttavia, non riscontrando alcun motivo per pronunciare una diversa decisione nel caso della ricorrente, in relazione alle sue argomentazioni basate sull’articolo 3 della Convenzione, la Divisione della giurisdizione amministrativa  disponeva che gli effetti giuridici dell’impugnata decisione del 28 marzo 2011 rimanessero inalterati. Tale decisione non è ulteriormente impugnabile.

157. Il ricorso veniva presentato alla Corte il 15 febbraio 2013. Lo stesso giorno, venivano poste domande sui fatti ai ricorrenti e al Governo olandese, i quali rispondevano entrambi il 18 febbraio 2013. Il 19 febbraio 2013, il Presidente della Sezione decideva, ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, di indicare al Governo olandese che, nell’interesse delle parti e del corretto svolgimento della procedura dinanzi alla Corte, era auspicabile non trasferire i ricorrenti in Italia fino a nuova comunicazione.

 158.  Inoltre, il 19 febbraio 2013, venivano poste al Governo italiano una serie di domande relative ai fatti (articolo 54 § 2 (a)) inerenti alla situazione della prima ricorrente in Italia e veniva chiesto se Y.M., padre del secondo e della terza ricorrente, fosse noto alle autorità italiane. Il Governo italiano presentava le sue risposte in data 12 marzo 2013, fornendo inter alia copia del permesso di soggiorno per motivi di asilo rilasciato a Y.M., inizialmente valido fino all’8 febbraio 2011 ma la cui validità era stata successivamente prorogata al 7 febbraio 2016. I commenti dei ricorrenti in risposta alle informazioni fornite dal Governo italiano venivano presentati  il 9 aprile 2013.

B.  Il diritto e la prassi pertinenti dell’Unione europea, dell’Italia e dei Paesi Bassi

159. Il diritto, gli strumenti, i principi e la prassi pertinenti europei, italiani e olandesi in materia di procedure di asilo, accoglienza e trasferimento dei richiedenti asilo ai sensi del Regolamento Dublino sono stati recentemente sintetizzati in maniera esaustiva nella decisione Mohammed Hussein c. Paesi Bassi e Italia ((dec.), n. 27725/10, §§ 25-28 e 33-50, 2 aprile 2013); Daybetgova e Magomedova c. Austria ((dec.), n. 6198/12, §§ 25 29 e §§ 32-39, 4 giugno 2013); Halimi c. Austria e Italia ((dec.), n. 53852/11, §§ 21-25 e §§ 29-36, 18 giugno 2013); e Abubeker c. Austria e Italia (dec.), n. 73874/11, §§ 31-34 e §§ 37-41, 18 giugno 2013).

C.  Il diritto olandese pertinente in materia di matrimonio

160. Ai sensi dell’articolo 33 del Libro 1 del Codice civile olandese (Burgerlijk Wetboek), una persona può unirsi in matrimonio solo con una persona alla volta e, conformemente all’articolo 68 del Libro 1 del Codice civile, non si può celebrare un matrimonio religioso prima che le parti abbiano dimostrato al ministro di culto che officia la cerimonia religiosa che il matrimonio è stato concluso dinanzi all’ufficiale dello stato civile.

161.  Ai sensi dell’articolo 237 del Codice penale olandese (Wetboek van Strafrecht), il reato di bigamia intenzionale è punito con la reclusione fino a quattro anni ovvero con la multa di quarta categoria (non superiore a € 19.500). L’articolo 449 del Codice penale stabilisce che la celebrazione di un matrimonio religioso antecedentemente a un matrimonio civile è punita con la multa di seconda categoria (non superiore a € 3.900).

MOTIVI DI RICORSO 

A.  Nei confronti dei Paesi Bassi

162.  Tutti i ricorrenti lamentano ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione che il loro trasferimento dai Paesi Bassi in Italia li sottoporrebbe a un trattamento contrario a tale disposizione, data la situazione generale e le condizioni di vita dei richiedenti asilo in Italia, in  special modo di quelli particolarmente vulnerabili, quali, ad esempio, i genitori non coniugati con figli in tenera età o le persone che necessitano di cure mediche. In base a questo motivo di ricorso, una ricorrente (n. 81839/12) lamenta altresì che i Paesi Bassi, rigettando la sua domanda di protezione e chiedendo che fosse trasferita in Italia, avevano agito in contrasto con l’articolo 1 della Convenzione.

163.  Alcuni ricorrenti (nn. 40524/10, 41993/10, 57531/10, 18764/11, 20355/12 e 11746/13) lamentano inoltre ai sensi dell’articolo 3 che i Paesi Bassi, trasferendoli in Italia senza aver esaminato il trattamento che rischiano nel loro paese di origine, li esporranno al rischio di respingimento dall’Italia al loro paese di origine, senza che la loro domanda di asilo e le doglianze ai sensi dell’articolo 3 siano stati debitamente esaminati in Italia.

164.  Alcune ricorrenti lamentano che il loro trasferimento sarebbe inoltre contrario all’articolo 8 della Convenzione, in quanto le separerebbe dai loro mariti nei Paesi Bassi (nn. 40524/10 e 81839/12), ovvero in quanto esso comporterebbe il rischio di separarle dai propri figli, qualora questi ultimi fossero trovati a vivere sulla strada e fossero affidati all’assistenza pubblica in Italia (nn. 41993/10 and 7903/13).

165.  Alcuni ricorrenti (nn. 40524/10, 41993/10, 57531/10, 18764/11, 7903/13 e 11746/13) lamentano, in relazione ai propri motivi di ricorso ai sensi dell’articolo 3, di non avere avuto un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione.

B.  Nei confronti dell’Italia

166.  Eccezion fatta per la ricorrente della causa n. 62865/12, tutti i ricorrenti lamentano di essere stati sottoposti a trattamenti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione durante la loro permanenza in Italia e che, data la situazione generale e le condizioni di vita dei richiedenti asilo in Italia, in caso di trasferimento in tale luogo, saranno sottoposti a tale trattamento.

167.  Basandosi sull’articolo 8 della Convenzione, le ricorrenti di cui alle cause nn. 41993/10 e 7903/13 lamentano inoltre che, a causa dell’inadeguatezza delle strutture di accoglienza in Italia  per stranieri nella loro condizione, esse rischiano di essere separate dai propri figli, nel caso in questi ultimi fossero trovati a vivere sulla strada e venissero affidati all’assistenza pubblica in Italia.

168.  Infine, alcuni ricorrenti (nn. 40524/10, 41993/10, 57531/10, 18764/11, 81839/12, 7903/13 e 11746/13) lamentano, in merito alle loro doglianze ai sensi dell’articolo 3, relative sia al trattamento cui rischierebbero di venire sottoposti nel proprio paese di origine, sia a quello cui verrebbero sottoposti in Italia, di non aver avuto un ricorso effettivo in Italia ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione.

IN DIRITTO

169.  I ricorrenti lamentano che il loro trasferimento dai Paesi Bassi in Italia ai sensi del Regolamento Dublino, li esporrebbe al rischio di trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione, che recita:

“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.”

170.  In relazione a questa doglianza ai sensi dell’articolo 3, alcuni ricorrenti lamentano altresì una violazione dell’articolo 13 della Convenzione, che recita:

“Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.”

171.  La ricorrente di cui alla causa n. 81839/12,  lamenta inoltre che i Paesi Bassi, rigettando la sua domanda di protezione e cercando di trasferirla in Italia, agivano in violazione dell’articolo 1 della Convenzione, che recita:

   “Le Alte Parti Contraenti riconoscono ad ogni persona sottoposta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà enunciati nel Titolo primo della presente Convenzione..”

172.  La Corte rammenta anzitutto i pertinenti principi generali ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione, recentemente delineati nella sua decisione sulla ricevibilità relativa alle cause Mohammed Hussein c. Paesi Bassi e Italia (sopra citata, §§ 65-71) e Daybetgova e Magomedova c. Austria (sopra citata, §§ 58-64). Rammenta altresì che se un ricorrente non è stato ancora trasferito quando la Corte esamina la causa, la data da prendere in considerazione per la valutazione dell’esistenza del rischio di trattamento contrario all’articolo 3 è quella della procedura dinanzi alla Corte (si veda Saadi c. Italia [GC], n. 37201/06, § 133, CEDU 2008, e A.L. c. Austria, n. 7788/11, § 58, 10 maggio 2012). È necessaria una valutazione completa, dal momento che la situazione del paese di destinazione può cambiare nel corso del tempo (si veda Salah Sheekh c. Paesi Bassi, n. 1948/04, § 136, 11 gennaio 2007).

173.  La Corte osserva anzitutto che le ricorrenti di cui alla causa n. 7903/13 sono state accolte in Italia in qualità di rifugiate ai sensi della Convenzione per i Rifugiati del 1951 e sono in possesso di un permesso di soggiorno italiano per motivi di asilo valido fino al 6 ottobre 2014. Pertanto, ai fini del presente ricorso, esse non possono essere considerate delle richiedenti asilo, bensì delle rifugiate riconosciute.

174.  I restanti ricorrenti possono essere considerati dei richiedenti asilo, in quanto, sebbene alcuni di essi siano già stati accolti in Italia in passato in qualità di stranieri richiedenti protezione sussidiaria (nn. 41993/10, 57531/10, 23696/12 e 11746/13) ovvero per motivi umanitari (n. 18764/11), allo stato nessuno dei rimanenti ricorrenti è in possesso di un permesso di soggiorno italiano valido. Ne consegue che i suddetti dovranno presentare una (nuova) domanda di asilo in Italia in caso di trasferimento in tale luogo.

175.  La Corte esaminerà anzitutto se la situazione in cui si verrebbe probabilmente a trovarsi l’ultima categoria di ricorrenti, in caso di trasferimento in Italia, possa essere considerata incompatibile con l’articolo 3, tenendo conto della loro situazione di richiedenti asilo  e, in quanto tali, di membri di un gruppo di persone particolarmente svantaggiato e vulnerabile che necessita di una protezione speciale (si veda M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata, § 251).

176.  Rammentando le proprie conclusioni nella causa di Mohammed Hussein c. Paesi Bassi e Italia (sopra citata, § 78) e non ravvisando alcun motivo nelle osservazioni prospettate nelle cause in esame per pervenire ad altra conclusione, la Corte ritiene che, benché la situazione generale e le condizioni di vita in Italia dei richiedenti asilo siano sicuramente lungi dall’essere ideali e possano rivelare delle lacune, non è ravvisabile una carenza sistemica nel fornire supporto o strutture di assistenza ai richiedenti asilo, come nel caso della sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia (sopra citata). La Corte osserva altresì, anche in considerazione delle modalità con cui i ricorrenti che soggiornavano in Italia sono stati trattati dalle autorità italiane dopo l’iniziale arrivo in tale luogo, che nessuno di essi – che la Corte considera dei richiedenti asilo – ha dimostrato che, in caso di trasferimento in Italia, le sue prospettive future, considerate dal punto di vista materiale, fisico o psicologico, rivelassero un rischio sufficientemente reale e imminente di privazioni di gravità tale da rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 3. La Corte non ravvisa alcun elemento per ritenere che i ricorrenti non potranno beneficiare delle risorse disponibili in Italia per i richiedenti asilo o che, in caso di difficoltà, le autorità italiane non risponderebbero in maniera adeguata. 

177.  Ne consegue che questa parte dei motivi di ricorso dei ricorrenti sollevati ai sensi dell’articolo 3, contro i Paesi Bassi e l’Italia, è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 (a) della Convenzione e pertanto irricevibile ai sensi dell’articolo 35 § 4.

178.  Per quanto attiene alla situazione delle ricorrenti di cui alla causa n. 7903/13, la Corte osserva che è stato loro concesso un permesso di soggiorno italiano in qualità di rifugiate riconosciute e che tale permesso è valido  fino al 6 ottobre 2014. La Corte rileva inoltre che esse sono state accolte in una struttura per rifugiati riconosciuti nell’ambito del programma SPRAR.

179.  La Corte rammenta che i richiedenti asilo, vale a dire delle persone che chiedono rifugio, sono un gruppo di persone particolarmente svantaggiato e vulnerabile che necessita di una protezione particolare sotto forma di strutture di accoglienza di base, in pendenza della determinazione della loro domanda di asilo (si veda M.S.S. c. Belgio e Grecia, sopra citata). La Corte è tuttavia del parere che la situazione dei richiedenti asilo non possa essere equiparata al legittimo soggiorno di un rifugiato riconosciuto, cui è stato esplicitamente concesso il permesso di stabilirsi nel paese di accoglienza, quali le ricorrenti di cui alla causa n. 7903/13, il cui permesso di soggiorno italiano per motivi di asilo ha equiparato queste ultime, per quanto concerne i diritti e gli obblighi previsti del diritto interno italiano, alla popolazione generale italiana (Mohammed Hussein c. Paesi Bassi e Italia, sopra citata, § 37).

180.  Inoltre, la Corte rammenta che il semplice fatto di tornare in un Paese in cui la propria situazione economica sarebbe peggiore rispetto a quella dello Stato contraente di espulsione, non è sufficiente a soddisfare la soglia di maltrattamento proibita dall’articolo 3, che tale disposizione non può essere interpretata come un obbligo generale per le Alte Parti Contraenti di fornire un alloggio a  chiunque si trovi nella loro giurisdizione e/o di fornire ai rifugiati assistenza finanziaria per consentire loro di mantenere un determinato tenore di vita, che gli stranieri soggetti a espulsione non possono, in linea di massima, rivendicare alcun diritto a rimanere nel territorio di uno Stato contraente per poter continuare a beneficiare dell’assistenza sanitaria, sociale o di altre forme di assistenza e servizi forniti dallo Stato di espulsione e che, in assenza di motivi umanitari estremamente convincenti contro il trasferimento, il fatto che le condizioni di vita materiali e sociali del ricorrente possano peggiorare significativamente in caso di espulsione dallo Stato contraente non è di per sé sufficiente a configurare una violazione dell’articolo 3 (si veda Mohammed Hussein c. Paesi Bassi e Italia, sopra citata, §§ 70-71 con ulteriori riferimenti).

181.  Ne consegue che la Corte è dell’avviso che anche questa parte del ricorso presentato nella causa n. 7903/13 contro Paesi Bassi e Italia sia manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 (a) della Convenzione e pertanto irricevibile ai sensi dell’articolo 35 § 4.

182.  Per quanto attiene ai motivi di ricorso ai sensi dell’articolo 3, alcuni ricorrenti lamentano altresì la violazione dell’articolo 13 della Convenzione, disposizione che garantisce il diritto a un ricorso effettivo in relazione ai diritti e alle libertà previsti dalla Convenzione.

183.  La Corte evidenzia che, nella misura in cui i fatti lamentati rientrano nel campo di applicazione di una o più disposizioni della Convenzione, il termine “ricorso”, nell’accezione dell’articolo 13, non indica un ricorso destinato ad avere esito positivo, ma semplicemente un ricorso accessibile dinanzi a un’autorità competente a esaminare il merito di una doglianza sollevata ai sensi della Convenzione (si vedano Ivakhnenko c. Russia (dec.), n. 12622/04, 21 ottobre 2008; e Adamczuk c. Polonia (revisione), n. 30523/07, § 78, 15 giugno 2010).

184.  La Corte osserva che i ricorrenti non hanno tentato di impugnare le azioni e/o le decisioni adottate dalle autorità italiane in merito alla domanda di asilo presentata in Italia, e non hanno provato la loro affermazione secondo cui ciò sarebbe praticamente impossibile, al momento pertinente, o se essi presentassero una nuova domanda di protezione internazionale in Italia.

185.  Per quanto concerne la determinazione della loro domanda di asilo presentata nei Paesi Bassi, la Corte osserva che i ricorrenti potevano avvalersi e si sono avvalsi della facoltà di impugnare la decisione del (Vice) Ministro della Giustizia dinanzi al Tribunale Regionale dell’Aja e alla Divisione della giurisdizione amministrativa, e che tali organi giurisdizionali hanno esaminato e determinato le argomentazioni dei ricorrenti, basate sull’articolo 3 della Convenzione, in merito al loro trasferimento in Italia.

186. Ne consegue che anche questi motivi di ricorso sono manifestamente infondati e devono essere rigettati in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione.

187.  Le ricorrenti di cui alle cause nn. 40524/10 e 81839/12  lamentano che il loro trasferimento dai Paesi Bassi sarebbe anche contrario ai loro diritti ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione, in quanto le separerebbe dai mariti nei Paesi Bassi.
L’articolo 8, nella sua parte pertinente, recita:

“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

188. Nella misura in cui la ricorrente di cui alla causa n. 40524/10 si basa sul suo matrimonio del 20 maggio 2010, la Corte rammenta che non si può interpretare l’articolo 8 come se imponesse allo Stato l’obbligo di riconoscere un matrimonio religioso (si veda Şerife Yiğit c. Turchia [GC], n. 3976/05, § 102, 2 novembre 2010). In ogni caso, la Corte ritiene ciò nonostante che il rapporto della ricorrente con il sig. M.A.H. rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 8, dal momento che in tale disposizione la nozione di “vita familiare” non è circoscritta esclusivamente alle famiglie fondate sul matrimonio e può comprendere altri rapporti di fatto (si veda Van der Heijden c. Paesi Bassi [GC], n. 42857/05, § 50, 3 aprile 2012).

189. La Corte osserva che conformemente al diritto interno olandese non appare possibile che le autorità giudiziarie riesaminino decisioni relative a domande di asilo per valutare richieste basate sull’articolo 8 della Convenzione, poiché – nell’ambito dell’ordinamento giuridico applicabile – tali richieste devono essere sollevate in procedure relative a richieste di permesso di soggiorno per motivi diversi dall’asilo. Tuttavia, non risulta che la ricorrente abbia presentato una richiesta di permesso di soggiorno sulla base del suo rapporto con il sig. M.A.H.

190.  La Corte ritiene pertanto che in relazione a questo motivo di ricorso non si possa ritenere che la ricorrente di cui alla causa n. 40524/10 abbia soddisfatto la norma relativa all’esaurimento delle vie di ricorso interne e che, di conseguenza, questa parte del ricorso debba essere pertanto rigettata per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne ai sensi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione.

191.  Per quanto concerne il motivo di ricorso ai sensi dell’articolo 8, sollevato dalla ricorrente nella causa n. 81839/12, la Corte osserva che attualmente la ricorrente e il suo compagno convivono nei Paesi Bassi e che possono essere entrambi trasferiti in Italia. La Corte non ritiene dimostrato che le autorità olandesi cerchino di trasferirli separatamente in Italia. Conseguentemente, questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione.

192. Per quanto attiene al motivo di ricorso ai sensi dell’articolo 8 sollevato dalle ricorrenti di cui alle cause nn. 41993/10 e 7903/13, secondo cui, in Italia, esse rischierebbero di essere separate dai propri figli nel caso in cui questi ultimi fossero affidati all’assistenza pubblica, la Corte ritiene che questa doglianza non sia stata minimamente provata, e che pertanto anch’essa debba essere rigettata in quanto manifestamente infondata in applicazione dell’articolo 35 § 3 (a) e 4 della Convenzione.

193.  Alla luce di quanto sopra esposto, è opportuno porre fine all’applicazione dell’articolo 39 del Regolamento della Corte.

Per questi motivi, la Corte all’unanimità

Decide di riunire i ricorsi;

Dichiara i ricorsi irricevibili.

Josep Casadevall
Presidente

Santiago Quesada
Cancelliere
 

Appendice
N. Ricorso n. Presentato il Ricorrente
Data di nascita
Luogo di residenza
Rappresentato/a da
1. 40524/10 19/07/2010 Naima MOHAMMED HASSAN
02/01/1985
Middelburg
M. STOETZER-VAN ESCH
2. 41993/10 26/07/2010 Haali AYANLE DAHIR
01/07/1981
Luttelgeest

Ayuub HAALI AYANLEB
14/12/2009
P. BLAAS
3. 57531/10 06/10/2010 Mohamud MOHAMED AHMED
01/01/1995
Tilburg
W. SPIJKSTRA
4. [fuzzy]1. Ricorso n. 23/03/2011 Filmon EMBAYE HABTE
02/03/1981
Dordrecht

Hayle YERGALEM
05/01/1982
Dordrecht

Hannibal FILMON
04/11/2004
Jaquelien FILMON
11/07/2008
H. VISSCHER
5. 20355/12 05/04/2012 M.K.
10/05/1989
Heerlen
B. LIT
6. 23696/12 20/04/2012 Foos ALI AHMED
01/07/1984
Venlo

Zakariya DU’ALE MUHUDIIN
01/05/2010
A. SPEL
7. 62865/12 02/10/2012 Anna AKOPYAN
14/06/1984
Aalden
M. HOOGENDOORN
8. 81839/12 28/12/2012 Weynie FIKRE ZEKARIAS
16/08/1982
Leiden
M. HOOGENDOORN
9. 7903/13 30/01/2013 S.A.
01/01/1985
Rotterdam

M.S.
18/01/2009
I. VAN DEN ELSHOUT
10. 11746/13 14/02/2013 Senait MEBRAHTU GHEBRETNSAE
10/02/1979
Oisterwijk

Hermon MEBRAHTU GHEBRETNSAE
30/11/2010

Hermala MEBRAHTU GHEBRETNSAE
08/11/2012
M. VERWERS