Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 7 dicembre 2017 - Ricorso n. 63190/16 - Causa Beccarini e Ridolfi c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista da Rita Carnevali, assistente linguistico e dalla la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA BECCARINI E RIDOLFI c. ITALIA
(Ricorso n. 63190/16)

SENTENZA

STRASBURGO
7 dicembre 2017



Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.
 
Nella causa Beccarini e Ridolfi c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un comitato composto da:

  • Kristina Pardalos, presidente,
  • Ksenija Turković,
  • Pauliine Koskelo, giudici,
  • e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 14 novembre 2017,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 63190/16) presentato contro la Repubblica italiana con cui due cittadini di questo Stato, il sig. Enrico Beccarini e la sig.ra Rita Ridolfi («i ricorrenti»), hanno adito la Corte il 24 ottobre 2016 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  I ricorrenti sono stati rappresentati dall’avvocato S. Tonini, del foro di Bologna. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora.
3.  Il 10 febbraio 2017 il ricorso è stato comunicato al Governo.
4.  Con lettera del 17 ottobre 2017, il Governo si è opposto all’esame del ricorso da parte di un comitato. Dopo aver valutato l’obiezione del Governo, la Corte la rigetta.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

5.  Il ricorrente e la ricorrente sono nati rispettivamente nel 1958 e nel 1952 e risiedono a Ferrara.
6.  Essi sono i nonni materni di tre bambini nati nel 2001, 2002 e 2004.
7.  Tra il 2001 e il 2003, i primi due bambini vivevano con i loro genitori a Bruxelles, in un contesto familiare molto degradato e senza una dimora fissa.
8.  Tra il 2003 e il 2004, avendo constatato l’incapacità della madre di esercitare il suo ruolo di genitore, il tribunale di Bruxelles affidò la custodia dei tre minori ai ricorrenti. Dopo la sistemazione dei bambini presso i nonni, i ricorrenti e i loro nipoti furono presi in carico dai servizi sociali di Ferrara fino al 2010.
9.  I tre bambini avevano varie problematiche e soffrivano di disturbi comportamentali conseguenti alla separazione dalla loro madre.
10.  Nel 2010 i servizi sociali di Ferrara ritennero che la presa in carico dei tre minori non fosse più necessaria e lasciarono i ricorrenti soli nel gestire le difficoltà dei bambini.
11.  Nel 2011 i ricorrenti si rivolsero alla cooperativa «Il Germoglio» per chiedere l’attivazione di un progetto di sostegno relativamente ai problemi posti dai bambini.
12.  Nel febbraio 2012, questi problemi si intensificarono e i ricorrenti chiesero ai servizi sociali di aiutarli a prendersi cura dei nipoti. Essi esposero ai servizi sociali che, secondo la psicologa che seguiva i bambini, per aiutare il più grande, Z., a superare le sue difficoltà, sarebbe stato necessario inserirlo temporaneamente in una struttura educativa.
13.  Nel giugno 2012, i servizi sociali fecero pervenire al tribunale per i minorenni di Ferrara («il tribunale») una relazione che attestava la difficile situazione dei ricorrenti. Suggerivano di allontanare i bambini a causa dell’impossibilità per i nonni di occuparsene tenuto conto delle difficoltà dei minori.
14.  L’11 giugno 2012, su richiesta dei servizi sociali, i bambini furono collocati in una casa di accoglienza e in tribunale fu avviata una procedura volta ad accertare se i minori versassero in uno stato di abbandono e fosse necessario dichiarare la loro adottabilità. A partire da questa data, i ricorrenti non rividero più i loro nipoti fino al 2017.
15.  Il 20 luglio 2012, il tribunale sospese la potestà genitoriale della madre, nominò un tutore per i bambini e ordinò una indagine sociale sulle loro condizioni di vita.
16.  Secondo le relazioni presentate dallo psicologo, la madre dei bambini aveva delegato le sue responsabilità genitoriali ai ricorrenti, e ciò aveva dato luogo a una distorsione dei rapporti familiari.
17.   Tra dicembre 2012 e aprile 2013 furono depositate in tribunale diverse relazioni sulla situazione dei bambini. Queste relazioni descrivevano una situazione molto difficile, in quanto i bambini soffrivano ancora per gli episodi traumatici vissuti nei primi anni di vita. Gli psicologi consigliavano una ripresa dei contatti con la madre.
18.  Il 2 ottobre 2010 i ricorrenti si costituirono nel procedimento dinanzi al tribunale.
19.  Il 31 ottobre 2010 i ricorrenti lamentavano dinanzi al tribunale di non essere stati ancora convocati. Precisarono che la situazione psicologica dei minori non era migliorata dopo il loro affidamento e che il controllo dispensato dai servizi sociali non aveva avuto effetti positivi per loro.
20.  Nel marzo 2014 i ricorrenti furono convocati dal tribunale.
21.  Una relazione dei servizi sociali datata marzo 2014 sottolineava quanto la ripresa dei contatti tra bambini e nonni contrastasse con la soluzione prospettata, vale a dire l’adottabilità.
22.  L’11 marzo 2014 i ricorrenti chiesero al tribunale di essere aiutati attraverso un percorso di sostegno e di disporre una perizia su di loro. Chiesero inoltre di poter riprendere i contatti con i nipoti.
23.  Con provvedimento del 9 maggio 2014, il tribunale dispose una graduale ripresa dei contatti in forma protetta tra i ricorrenti e i bambini.
24.  Secondo una relazione dei servizi sociali del mese di maggio 2014, non era opportuno programmare degli incontri con i ricorrenti in quanto era preferibile dare priorità ai contatti tra i bambini e la madre.
25.  Il 25 maggio 2015 i servizi sociali informarono il tribunale che non si era svolto alcun incontro con i ricorrenti, in quanto era stata data priorità al ripristino dei legami dei bambini con la madre.
26.  Il 24 giugno 2015 i bambini ritornarono a vivere con la madre.
27.  Il 27 ottobre 2015, il tribunale pronunciò un non luogo a provvedere, affidò la custodia dei bambini ai servizi sociali con collocamento presso la madre e ordinò ai servizi sociali di organizzare degli incontri tra nonni e nipoti secondo le modalità più rispondenti agli interessi dei minori.
28.  Nel maggio e ottobre 2016 i nonni incontrarono i servizi sociali per richiedere notizie dei bambini e sapere quali fossero le modalità di incontro. Non ottennero alcuna notizia dei bambini, al contrario furono informati che la madre si opponeva alle visite e che dovevano rivolgersi al loro avvocato.
29.  A tutt’oggi, nonostante le numerose richieste da parte dei ricorrenti, e nonostante le due decisioni del tribunale del 2014 e del 2015, i servizi sociali non hanno organizzato alcun incontro.
30.  Dal fascicolo risulta che i ricorrenti hanno potuto rivedere i bambini una volta nell’aprile 2017 e una volta nel maggio 2017, grazie al consenso dato dalla madre.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

31.  Una parte del diritto interno pertinente al caso di specie si trova descritto nella sentenza Strumia c. Italia (n.53377/13, §§ 73-78, 23 giugno 2016).
32.  L’articolo 317 bis del codice civile, introdotto dal decreto legislativo n. 154 del 28 dicembre 2013, prevede che gli ascendenti hanno il diritto di mantenere rapporti con i loro nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto, può ricorrere al giudice affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore.

IN DIRITTO

I.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

33.  Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i ricorrenti lamentano l’impossibilità di vedere i loro nipoti. A questo proposito indicano che non vi è stato nessun provvedimento giudiziario che abbia ordinato l’interruzione dei loro rapporti con i nipoti e che la sentenza del 27 ottobre 2015 che aveva ordinato di organizzare incontri tra loro e i nipoti è rimasta non eseguita. L’articolo 8 della Convenzione è così formulato:
«1.  Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita (…) familiare (...)
2.  Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
34.  Il Governo contesta la tesi dei ricorrenti.

A.  Sulla ricevibilità

35.  Senza eccepire espressamente il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, il Governo sostiene che i ricorrenti non hanno utilizzato il rimedio previsto dall’articolo 317 bis del codice civile chiedendo, parallelamente al procedimento principale, l’intervento del giudice per denunciare la mancata esecuzione delle sue decisioni.
36.  I ricorrenti contestano la tesi del Governo indicando che questa disposizione tutela i diritti degli ascendenti ai quali senza motivo viene impedito di esercitare i loro diritti nei confronti dei nipoti da altre persone, ma non dall’autorità giudiziaria o, come sarebbe avvenuto nel caso di specie, dai servizi sociali. Essi ritengono che, in questo ultimo caso, possano presentare le loro doglianze soltanto nell’ambito di un procedimento che verte sul collocamento dei minori e sulla domanda di adozione.
37.  La Corte constata che i ricorrenti hanno presentato le loro domande riguardanti il diritto di visita al tribunale per i minorenni nell’ambito del procedimento relativo alla dichiarazione di adottabilità dei minori. La Corte non è convinta dall’argomento del Governo e rammenta che spetta a quest’ultimo, che eccepisce il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, dimostrare che un ricorso effettivo era disponibile sia in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, vale a dire che era accessibile, poteva offrire ai ricorrenti la riparazione per le loro doglianze e presentava ragionevoli prospettive di successo (V. c. Regno Unito [GC], n. 24888/94, § 57, CEDU 1999 IX).
38.  Ora, nel caso di specie, la Corte osserva che il Governo ha fatto riferimento, senza tuttavia produrla, a una sentenza della Corte di cassazione (n. 572 del 19 gennaio 2015) che ha negato la facoltà di agire di una nonna ed ha stabilito che l’interesse dei nonni non può essere superiore a quello dei minori.
39.  La Corte nota che, nella causa citata dal Governo, la corte d’appello aveva vietato ogni contatto tra la nonna e il bambino in ragione del comportamento pregiudizievole della prima, mentre, nella presente causa, il tribunale aveva stabilito, nel 2014 e nel 2015, che i ricorrenti potevano incontrare i loro nipoti e che le due decisioni non sono state eseguite dai servizi sociali.
40.  La Corte nota che si tratta di due situazioni differenti e che il Governo non ha prodotto alcun esempio per dimostrare che un’azione di questo tipo fosse stata intentata con successo in circostanze simili a quelle della causa dei ricorrenti.
41.  Di conseguenza, l’eccezione del Governo deve essere respinta.
42.  Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e che non incorre in nessun altro motivo di irricevibilità, la Corte lo dichiara ricevibile.

B.  Sul merito

1.  Tesi delle parti

43.  I ricorrenti indicano che, nonostante la decisione del tribunale del 2014, non è stato messo in atto alcun progetto di riavvicinamento tra loro e i nipoti, benché si fossero mostrati disponibili nei confronti dei servizi sociali.
44.  Aggiungono che i servizi sociali hanno ignorato le decisioni del tribunale del 2014 e 2015, e che le raccomandazioni di questo ultimo sono rimaste lettera morta.
45.  Inoltre, precisano che, a partire dal 2012, vi è stata una interruzione dei loro rapporti con i nipoti senza che un’autorità giudiziaria lo avesse ordinato, che non è stata richiesta alcuna perizia in merito alla loro capacità di prendersi cura dei nipoti e che la decisione del tribunale che nel 2014 prevedeva una graduale ripresa dei contatti non è stata eseguita.
46.  Infine, i ricorrenti affermano che se nel 2017 hanno potuto vedere i bambini in due occasioni, ciò è stato fatto senza l’intermediazione dei servizi sociali ed esclusivamente grazie al consenso dato dalla loro madre.
47.  Il Governo sostiene che il lavoro dei servizi sociali è complesso e richiede modalità e misure che non possono essere attuate in breve tempo. Inoltre, secondo il Governo, le autorità nazionali intervengono su due fronti per proteggere l’interesse del minore: da un lato, collocano quest’ultimo in un ambiente idoneo a farsi carico della sua educazione e in grado di offrirgli la protezione e l’assistenza materiale, psicologica ed affettiva di cui ha bisogno, per il tempo necessario per permettergli di elaborare positivamente il suo vissuto di sofferenza; dall’altro lato, svolgono un lavoro di preparazione sia per quanto riguarda il minore che per gli adulti della sua famiglia per ristabilire alla fine le relazioni che sembrano ancora potenzialmente positive. Difficile e delicato, questo lavoro non si concilierebbe con la fretta che rischia di compromettere il risultato finale.
48.  Il Governo chiede alla Corte di non sostituire la sua valutazione a quella delle autorità nazionali, ritenendo che, nel caso di specie, queste ultime abbiano sempre dato priorità all’interesse superiore dei minori.

2.  Valutazione della Corte

49.  La Corte rammenta che la presente causa è analoga alla causa Manuello e Nevi c. Italia (n. 107/10, §§ 47-49, 20 gennaio 2015), nell’ambito della quale ha ribadito i principi generali applicabili in questa materia.
50.  In primo luogo la Corte rileva che, nel caso di specie, non viene contestato che il legame tra i ricorrenti e i loro nipoti rientra nella nozione di vita familiare ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione. A questo proposito, essa rammenta di aver già dichiarato che il rapporto tra nonni e nipoti fa parte dei legami familiari ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione (Manuello e Nevi, sopra citata § 53, Kruškić c. Croazia (dec.), n. 10140/13, 25 novembre 2014, Nistor c. Romania, n. 14565/05, § 71, 2 novembre 2010, e Bronda c. Italia, 9 giugno 1998, Recueil des arrêts et décisions 1998 IV).
51.  Esaminando il caso di specie, la Corte ritiene che, di fronte alle circostanze che le vengono sottoposte, il suo compito consista nell’esaminare se le autorità nazionali abbiano adottato tutte le misure che era possibile ragionevolmente esigere da loro per mantenere i legami tra i ricorrenti e i loro nipoti, e se abbiano in tal modo adempiuto ai loro obblighi positivi derivanti dall’articolo 8 della Convenzione.
52.  La Corte rileva che i ricorrenti non hanno visto i loro nipoti per cinque anni e che, ad oggi essi devono gli unici contatti avuti con i bambini all’accordo della madre e non ai servizi sociali, nonostante la decisione del tribunale che ordinava ai servizi sociali di organizzare degli incontri. A questo proposito, essa rammenta che, secondo i principi elaborati in questa materia, delle misure che portano ad una rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia possono essere applicate solo in circostanze eccezionali (Zhou c. Italia , n. 33773/11, § 46, 21 gennaio 2014, e Clemeno e altri c. Italia , n. 19537/03, § 60, 21 ottobre 2008). La Corte ritiene che questi principi si applichino anche al caso di specie.
53.  La Corte osserva che, nel caso di specie, l’impossibilità per i ricorrenti di vedere i nipoti è stata la conseguenza, in un primo tempo, della decisione di sospendere gli incontri e, in un secondo tempo, della mancanza di diligenza da parte delle autorità competenti. I ricorrenti non hanno potuto ottenere l’attivazione, entro un termine ragionevole, di un percorso di riavvicinamento con i nipoti, e non hanno potuto far rispettare il loro diritto di visita, come era stato riconosciuto dalle decisioni del tribunale del 2014 e del 2015.
54.  La Corte osserva che tra il 2014 e il 2017 i servizi sociali non hanno dato esecuzione alla decisione del tribunale che autorizzava gli incontri e che non è stata adottata nel caso di specie alcuna misura per mettere in atto il diritto di visita dei ricorrenti. Rammenta la sua giurisprudenza secondo la quale gli obblighi positivi derivanti dall’articolo 8 della Convenzione impongono allo Stato di adottare misure idonee a riunire i genitori e il figlio, sapendo peraltro che l’adeguatezza di una misura si giudica anche dalla rapidità con cui viene messa in atto (Nicolò Santilli c. Italia, n. 51930/10, § 71, 17 dicembre 2013, Lombardo c. Italia, n. 25704/11, § 89, 29 gennaio 2013, e Piazzi c. Italia, n. 36168/09, § 78, 2 novembre 2010).
55.  La Corte constata che, nel caso di specie, la ragione principale che ha giustificato la pressoché totale rottura dei rapporti fra i ricorrenti e i loro nipoti era la procedura di adottabilità, che era pendente. Benché la Corte sia consapevole del fatto che delle misure volte a proteggere il minore possono comportare una limitazione dei contatti con i familiari, essa ritiene che, nel caso di specie, le autorità competenti non abbiano compiuto gli sforzi necessari per salvaguardare il legame familiare e non abbiano reagito con la diligenza richiesta (Manuello e Nevi, sopra citata, § 59)
La Corte osserva, a questo proposito, che le decisioni pronunciate dal giudice nel 2014 e nel 2015, che accordano ai ricorrenti il diritto di visita, non sono mai state eseguite (paragrafo 28 supra).
56.  La Corte rammenta che non ha il compito di sostituire la sua valutazione a quella delle autorità nazionali competenti per quanto riguarda le misure che avrebbero dovuto essere adottate, dal momento che queste autorità si trovano in una posizione migliore per effettuare tale valutazione, soprattutto perché sono in contatto diretto con il contesto della causa e le parti coinvolte (Reigado Ramos, sopra citata, § 53). Tuttavia, nel caso di specie non si può ignorare il fatto che i ricorrenti non hanno potuto vedere i loro nipoti per quasi cinque anni, che hanno più volte richiesto l’istituzione di un percorso di riavvicinamento con i bambini, che hanno seguito quanto prescritto dai servizi sociali, e che nonostante tutto, nel caso di specie, non è stata adottata nessuna misura che potesse permettere di ristabilire il legame familiare tra loro e i loro nipoti.
57.  La Corte rileva che, ad oggi, i servizi sociali non hanno messo in atto alcun progetto di riavvicinamento e che gli unici due incontri sono stati possibili solo grazie all’accordo dato dalla madre dei bambini. Rileva inoltre che non sono mai state adottate misure quali un lavoro di preparazione sia per i minori che per gli adulti della loro famiglia, volte a favorire il ripristino delle relazioni che sembravano ancora potenzialmente positive, misure alle quali si riferisce il Governo nelle sue osservazioni.
58.  Essa rileva a questo proposito che la rottura totale di qualsiasi rapporto ha avuto conseguenze molto gravi sulle relazioni tra i ricorrenti e i loro nipoti e che, malgrado le decisioni favorevoli dell’autorità giudiziaria, i servizi sociali non hanno sufficientemente considerato, nel caso di specie, la possibilità di mantenere una forma di contatto tra i nonni e i nipoti.
59.  Alla luce di quanto precede e fatto salvo il margine di apprezzamento dello Stato convenuto in materia, la Corte ritiene che le autorità nazionali non abbiano compiuto sforzi adeguati e sufficienti per preservare il legame familiare tra i ricorrenti e i nipoti, e abbiano violato il diritto dei ricorrenti al rispetto della vita familiare garantito dall’articolo 8 della Convenzione.
60.  Pertanto, la Corte conclude che vi è stata violazione di questa disposizione.

II.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

61.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno

62.  I ricorrenti chiedono 200.000 euro (EUR) per il danno morale e 2.428.000 EUR per il danno materiale indicando che, a causa dell’allontanamento dei bambini, il primo ricorrente ha perso il lavoro.
63.  Il Governo non ha presentato osservazioni a questo proposito.
64.  La Corte non rileva un nesso di causalità tra la violazione constatata e il danno materiale dedotto e rigetta questa domanda. Ritiene, invece, opportuno accordare ai ricorrenti congiuntamente 3.000 EUR per danno morale.

B.  Spese

65.  I ricorrenti chiedono anche 20.007,76 EUR per le spese sostenute nei procedimenti dinanzi alle autorità giudiziarie interne e 5.288,19 EUR per quelle affrontate per la procedura dinanzi alla Corte.
66.  Il Governo non si pronuncia su questo punto.
67.  Tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, la Corte rigetta la domanda di rimborso delle spese relative al procedimento nazionale, ritiene ragionevole la somma di 5.000 EUR per la procedura dinanzi alla Corte e la accorda ai ricorrenti.

C.  Interessi moratori

68.  La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, congiuntamente, entro tre mesi, le somme seguenti:
      1. 3.000 EUR (tremila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per danno morale,
      2. 5.000 EUR (cinquemila euro), più l’importo eventualmente dovuto dai ricorrenti a titolo di imposta, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 7 dicembre 2017, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

Renata Degener
Cancelliere aggiunto

Presidente
Kristina Pardalos