Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 9 luglio 2013 - Ricorso n. 4509/08 - Ciobanu c. Roumania e Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico. Revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
TERZA SEZIONE
SENTENZA
STRASBURGO

Ricorso n. 4509/08
CIOBANU
contro Roumania e Italia

 

 

 

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

 

Nella causa Ciobanu c. Romania e Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (terza sezione), riunita in una camera composta da:

Josep Casadevall, presidente,
Alvina Gyulumyan,
Corneliu Bîrsan,
Ján Šikuta,
Luis López Guerra,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 18 giugno 2013,

Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 4509/08) proposto contro la Romania e l'Italia, con il quale un cittadino rumeno, il sig. Costel Ciobanu («il ricorrente»), ha adito la Corte il 10 gennaio 2008 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2.  Il ricorrente è stato rappresentato dall'avvocato E. Costa del foro di Padova (Italia). Il governo rumeno («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, I. Cambrea, del Ministero degli Affari Esteri.

3.   Il ricorrente lamenta, in particolare, le condizioni detentive che è stato costretto a subire in più centri di detenzione della Romania e il rifiuto dei tribunali rumeni di dedurre dalla pena detentiva inflitta il periodo in cui è stato sottoposto agli arresti domiciliari in Italia. A tale riguardo invoca gli articoli 3 e 5 della Convenzione.

4.  L'8 luglio 2011 il ricorso è stato comunicato al Governo. Come consentito dall’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

5.  Il ricorrente è nato nel 1957 e risiede a Padova (Italia).

A.  La condanna penale e l'estradizione del ricorrente in Romania

6.  Con sentenza definitiva del 21 gennaio 2005, la corte d'appello di Galaţi condannò il ricorrente in contumacia a due anni di reclusione senza benefici per truffa e falso in scrittura privata.

7.  In data non precisata, in vista dell'esecuzione della pena, le autorità rumene richiesero allo Stato italiano, sul cui territorio si trovava il ricorrente, la sua estradizione. Le autorità italiane sottoposero il ricorrente a custodia cautelare in carcere a fini estradizionali dal 18 maggio al 1° giugno 2006. Il 2 giugno 2006 la misura coercitiva fu sostituita fino al 3 dicembre 2007 con quella degli arresti domiciliari con facoltà di allontanarsi dalla propria abitazione per recarsi al lavoro

8.  Con decisione definitiva del 3 ottobre 2007, la Corte di cassazione italiana accolse la domanda di estradizione del ricorrente.

9.  Il 3 dicembre 2007 il ricorrente fu consegnato alle autorità rumene. Al ricorrente non vennero consegnati i documenti di identità né gli effetti personali.

10.  Nel formulario di ricorso, il ricorrente scrive che il procedimento riguardante l'accusa elevata nei suoi confronti è stato iscritto nuovamente a ruolo in tribunale. La Corte non è stata informata dall'esito di questo procedimento.

B.  Le condizioni di detenzione e l'assistenza medica

1.  Le condizioni di detenzione e l'assistenza medica come descritte dal ricorrente

11.  Privo di documenti di identità, il ricorrente fu inizialmente rinchiuso nei locali dell'Ispettorato generale della polizia di Bucarest (Inspectoratul general de poliţie Bucureşti, di seguito «IGP»). Fu sistemato in una cella con altre cinque persone, con un letto senza lenzuola. L'acqua corrente era disponibile soltanto due volte al giorno ed ogni volta per una ventina di minuti. La cella era dotata di una tazza del bagno attraverso la quale entravano i topi. Il sistema di riscaldamento della cella non funzionava mentre le temperature nel mese di dicembre scendevano a - 20o C.

12.  L'11 dicembre 2007, dopo aver ricevuto da sua moglie la carta di identità, il ricorrente fu trasferito nei locali dell'Ispettorato di Galaţi (Inspectoratul judeţean de poliţie Galaţi) dove subì le stesse condizioni di detenzione.

13.  Fu in seguito rinchiuso nel carcere di Galaţi dove fu sistemato in una cella di 20 m²  con altri 24 detenuti dotata di 12 letti senza lenzuola. Fu così costretto a dividere il suo letto con un compagno di cella o a dormire direttamente per terra. I pasti serviti non erano commestibili perché scaduti e freddi. A causa della mancanza di acqua calda e per il fatto che l'acqua fredda era contaminata, ai suoi compagni di cella furono diagnosticate la dissenteria, la scabbia e altre malattie contagiose. La cella era anche infestata da scarafaggi.

14.  Le condizioni di detenzione cagionarono al ricorrente un'ernia del disco che gli provocò dei dolori terribili per undici giorni. Durante questo periodo non fu presa nessuna misura sanitaria nonostante le sue crisi di dolore. L'11 marzo 2008, dopo undici giorni, i suoi compagni di cella chiamarono una infermiera che iniettò al ricorrente un farmaco al quale era allergico, così fu trasportato con urgenza all'ospedale. Qui subì un intervento chirurgico. Dopo l'intervento rimase in ospedale per altri cinque giorni. Durante questo tempo fu ammanettato, incatenato al letto e sorvegliato da due agenti. Fu riportato nel carcere di Galaţi con le seguenti prescrizioni: esonerato dal compiere sforzi fisici, fisioterapia, ginnastica medica e trattamento farmacologico. Nel centro penitenziario non venne rispettata nessuna di queste prescrizioni. Il ricorrente non si rivolse alle autorità per un'azione ai sensi della legge n. 275/2006 in materia di esecuzione delle pene e delle misure adottate nel corso del processo penale («la legge n. 275/2006») per denunciare la asserita mancanza di assistenza medica.

2.  Le condizioni di detenzione e l'assistenza medica come descritte dal Governo

15.  Il ricorrente fu inizialmente rinchiuso nei locali dell'IGP di Bucarest. Fu sistemato con altre cinque persone in una cella che misurava 13,95 m² (4,5 m per 3,1 m) e 3,1 m di altezza in cui vi erano sei letti. La cella era dotata di una finestra, di una tazza del bagno, di una doccia e di due scaffali, era anche dotata di illuminazione artificiale. I detenuti erano autorizzati a procurarsi i prodotti per l'igiene nonché i prodotti per disinfettare la cella. Il cibo era fornito dal carcere di Bucarest-Rahova e i detenuti erano autorizzati a ricevere tutti i mesi dall'esterno 10 kg di cibo, 6 kg di frutta e 20 lt di bevande.

16.  Il ricorrente fu poi incarcerato dalle ore 16 del 10 dicembre  alle ore 12 dell'11 dicembre 2007 nei locali della polizia di Galaţi, dove fu sistemato con altre cinque persone in una cella che misurava 12,6 m² (4,2 m per  3 m) e 3 m di altezza in cui vi erano sei letti. La cella era dotata di un gruppo sanitario (wc e doccia) della superficie totale di 0,77 m². Il locale della polizia aveva la stessa fonte di riscaldamento e di acqua corrente della sede della polizia dipartimentale.

17.  Dall'11 dicembre 2007 al 30 dicembre 2008 il ricorrente fu rinchiuso nel carcere di Galaţi e sistemato nelle celle che misurano 24,5 m² per un'altezza di 3 m, situate in un edificio entrato in servizio nel 1994. Esse erano dotate di dodici letti, di una finestra, di un tavolo, di quattro sedie ed erano anche provviste di illuminazione artificiale. Il riscaldamento era assicurato da radiatori in ferro. Le celle disponevano anche di uno stanzino da bagno di 4, 98 m² provvisto di wc, di una doccia e di un lavabo. Il ricorrente aveva accesso alle docce due volte alla settimana, per un'ora.

18.  I detenuti, ai quali venivano distribuiti prodotti per la pulizia, erano responsabili dell'igiene nelle celle. Le immondizie venivano ritirate  quotidianamente da ogni cella. Le celle non erano infestate da scarafaggi.

19.  La qualità dell'acqua e del cibo era verificata sistematicamente e non era stata rilevata alcuna irregolarità. L'acqua corrente era fornita negli intervalli: 5.30 – 8, 13.30 – 16 e 18.30 – 21.30.

20.  Mentre si trovava rinchiuso nel carcere di Galaţi, l'11 dicembre 2007 il ricorrente fu sottoposto ad un esame medico. In questa circostanza fu diagnosticata una discopatia lombare. Il 10 marzo 2008 il ricorrente ebbe dei forti dolori lombari e gli fu somministrato un trattamento farmacologico. Dal 14 al 21 marzo 2008 fu ricoverato al pronto soccorso e subì un intervento chirurgico a livello delle vertebre. Gli fu prescritto un trattamento. Tuttavia, il 22 aprile 2008, il ricorrente, accettando con piena cognizione di causa i rischi che uno sforzo fisico post-operatorio comportava, chiese di essere autorizzato a lavorare come autista. 

C.  La contestazione dell'esecuzione della pena detentiva 

21.  Il 18 maggio 2007 il ricorrente presentò ai giudici rumeni una istanza con cui chiedeva la concessione della liberazione condizionale sostenendo che se si teneva conto della detenzione subita in Italia ai fini della sua estradizione, egli aveva già scontato la frazione di pena necessaria per poter beneficiare della liberazione condizionale in virtù delle disposizioni del codice penale rumeno. Dopo l'estradizione del ricorrente in Romania, la sua azione fu qualificata come contestazione dell'esecuzione della pena.

22.  Il ricorrente produsse un certificato emesso dalla corte d'appello di Venezia l'8 febbraio 2008 che attestava la durata della sua detenzione in Italia e il fatto che gli arresti domiciliari, nonostante fossero associati all'autorizzazione ad uscire per lavorare, erano assimilati, secondo le norme del codice di procedura penale («CPP») italiano, alla custodia cautelare in carcere e doveva essere dedotta dalla pena detentiva.

23.  Con sentenza del 22 febbraio 2008, il tribunale di prima istanza di Galaţi accolse l'istanza del ricorrente e dedusse il periodo di custodia cautelare subìto in Italia dal 18 maggio 2006 al 2 dicembre 2007 dalla sua pena detentiva. Trattandosi degli arresti domiciliari, il tribunale rilevò che questo periodo doveva essere dedotto dalla pena detentiva, benché la legislazione rumena non prevedesse questa misura privativa della libertà, e questo per più ragioni. In primo luogo, il tribunale notò che l'articolo 18 § 1 della legge n. 302/2004 relativo alla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale («legge n. 302/2004»), prevedeva che la detenzione subita all'estero conseguente all'esecuzione di una richiesta formulata dalle autorità rumene era tenuta in considerazione nell'ambito della procedura penale rumena e dedotta dalla condanna inflitta dalle autorità rumene. Questa legge non operava alcuna distinzione in funzione della modalità dell'esecuzione della detenzione. In secondo luogo, gli arresti domiciliari, pur essendo associati alla autorizzazione ad uscire per lavorare, erano assimilati, secondo le disposizioni del CPP italiano, alla custodia cautelare in carcere. In terzo luogo, il rifiuto di dedurre questo periodo dalla pena pronunciata da un tribunale rumeno costituirebbe un trattamento discriminatorio in quanto una persona cui sarebbe stato accordato il beneficio dell'esecuzione della pena in Italia si avvantaggerebbe delle norme della legge penale italiana, scontando soltanto la differenza della pena, mentre una persona estradata ai fini dell'esecuzione di una pena detentiva in Romania si vedrebbe rifiutare questo beneficio. In seguito, il tribunale sottolineò che, in un contesto europeo, la decisione-quadro del Consiglio dell'Unione europea del 13 giugno 2002 relativa al mandato d'arresto e alle procedure di consegna tra Stati membri («decisione-quadro relativa al mandato europeo»), all'articolo 26 prevedeva l'obbligo di dedurre dalla durata totale della detenzione da scontare, il periodo di custodia risultante dall'esecuzione di un mandato di arresto europeo a seguito della condanna a una pena o a una misura di sicurezza privative della libertà, senza fare distinzioni in funzione della modalità di esecuzione della custodia. Infine, il tribunale ritenne che la Alta Corta di cassazione e di giustizia avesse a torto assimilato, nella sentenza n. 4990 del 4 settembre 2006 (paragrafo 30 infra), questo tipo di detenzione alle misure di sicurezza restrittive ma non privative della libertà previste dalla legislazione penale rumena, ossia l'interdizione di non lasciare una località e l'interdizione di non lasciare il paese.

24.  La procura propose ricorso per cassazione avverso questa sentenza. 

25.  Con sentenza del 16 aprile 2008, il tribunale dipartimentale di Galaţi accolse il ricorso della procura e dedusse dalla pena detentiva inflitta al ricorrente soltanto il periodo di custodia cautelare dal 18 maggio al 1° giugno 2006. Per decidere in tal modo, il tribunale ritenne che gli arresti domiciliari non costituissero una misura privativa della libertà e notò che gli articoli 88 e 89 del codice penale rumeno permettevano di dedurre soltanto la durata delle misure privative della libertà disciplinate dalla legislazione rumena, ossia il fermo di polizia e la custodia cautelare in un centro di detenzione (paragrafo 28 infra).

D.  Azione per la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva 

26.  Nel 2008, in data non precisata, il ricorrente chiese la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva invocando un cattivo stato di salute. Tuttavia, l'8 maggio 2008, il ricorrente rinunciò alla sua richiesta. Il procedimento fu chiuso per questo motivo con una decisione del tribunale di prima istanza di Galaţi dello stesso giorno

E.  Scarcerazione

27.  Al ricorrente fu concessa la libertà condizionale il 30 dicembre 2008. 

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI E INTERNAZIONALI PERTINENTI 

A.  Il codice penale rumeno

28.  All'epoca dei fatti le disposizioni pertinenti erano così formulate:

Articolo 88 § 1

La deduzione del fermo di polizia e della custodia cautelare 

«La durata del fermo di polizia e della custodia cautelare sono dedotte dalla pena detentiva inflitta (…) »

Articolo 89

 La deduzione della privazione della libertà scontata all'estero 

« (...) la durata della pena come pure la durata del fermo di polizia e della custodia cautelare scontati all'estero sono dedotti dalla pena detentiva inflitta dai tribunali rumeni per lo stesso delitto.» 

B.  La legge n. 302/2004 sulla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale

29.  All'epoca dei fatti le disposizioni pertinenti erano così formulate:

Articolo 18 § 1

«La durata della custodia (arestului) scontata all'estero risultante dall'esecuzione di una richiesta formulata dalle autorità rumene sulla base della presente legge viene tenuta in considerazione nell'ambito del procedimento penale rumeno e dedotta dalla pena inflitta dai tribunali rumeni.»

C.  La giurisprudenza della Alta Corte di cassazione e di giustizia

30.  Nella sentenza n. 4990 del 4 settembre 2006, la Alta Corte dichiarò che la misura imposta dalle autorità italiane, che consisteva nell'obbligo per l'interessato di fissare la sua abitazione in una determinata località, associata all'interdizione di lasciare la sua abitazione nell'intervallo di tempo 22.30 -7.00, corrispondeva alla misura di sicurezza del divieto di lasciare la località o il paese prevista dal CPP rumeno. Queste misure di sicurezza costituiscono delle limitazioni alla libertà di circolazione e dunque non danno luogo a una privazione della libertà. Di conseguenza soltanto le misure previste dall'articolo 88 del codice penale, ossia il fermo di polizia e la custodia cautelare possono essere dedotte da una pena detentiva. Peraltro, la Alta Corte considerò che l'interdizione di lasciare la propria abitazione per un certo intervallo di tempo non può essere assimilata alla detenzione in quanto l'interessato rimane nel suo ambiente familiare, mentre la custodia cautelare tende alla rottura delle relazioni sociali al fine di prevenire le attività che possano intralciare il corretto svolgimento di un'indagine.

31.  Con la decisione n. 22 del 12 ottobre 2009, la Alta Corte esaminò un ricorso nell'interesse della legge proposto dal procuratore generale in merito all'interpretazione dell'articolo 18 della legge n. 302/2004. Il ricorso concludeva per l'esistenza di una giurisprudenza divergente dei tribunali rumeni in merito alla computabilità nella pena detentiva della durata degli arresti domiciliari subìti all'estero. Se alcuni tribunali avevano giudicato che soltanto il fermo di polizia e la custodia cautelare potevano essere computati nella pena detentiva, altri tribunali avevano ritenuto, in base all'articolo 5 della Convenzione e all'articolo 26 della decisione-quadro relativa al mandato di arresto europeo, che la durata corrispondente agli arresti domiciliari dovesse essere ugualmente dedotta da una pena detentiva.

La Alta Corte giudicò che, in applicazione dell'articolo 18 della legge n. 302/2004, la durata degli arresti domiciliari subiti all'estero doveva essere dedotta dalla pena detentiva inflitta dai tribunali rumeni. Essa rilevò che nel diritto italiano gli arresti domiciliari costituivano una privazione della libertà e che erano assimilati alla custodia cautelare (articolo 284 del CPP italiano). Peraltro, la Alta Corte fece riferimento alla copiosa giurisprudenza della Corte che qualifica gli arresti domiciliari come privazione della libertà nel senso dell'articolo 5 della Convenzione. Essa constatò inoltre che gli arresti domiciliari non erano certo previsti dal diritto rumeno, ma che il progetto del nuovo CPP rumeno prevedeva l'introduzione di una misura di questo tipo come misura privativa della libertà. Inoltre, il progetto del nuovo codice penale prevedeva la deduzione di qualsiasi misura privativa della libertà, compresi dunque gli arresti domiciliari, da una pena detentiva inflitta dai tribunali rumeni (articoli 218-222 del progetto del nuovo CPP rumeno e articolo 72 § 1 del progetto del nuovo codice penale rumeno).

D.  La decisione-quadro 2002/584/JAI relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri

32.  La decisione-quadro 2002/584/JAI relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 13 giugno 2002 (JO L 190 del 18 luglio 2002, pag. 1) prevede quanto segue nei suoi articoli 12 e 26:

Articolo 12

Mantenimento della persona in custodia

«Quando una persona viene arrestata sulla base di un mandato d'arresto europeo, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione decide se la persona debba o meno rimanere in stato di custodia conformemente al diritto interno dello Stato membro dell'esecuzione. In qualsiasi momento è possibile la rimessa in libertà provvisoria, conformemente al diritto interno dello Stato membro di esecuzione, a condizione che l'autorità competente di tale Stato membro adotti le misure ritenute necessarie ad evitare che il ricercato si dia alla fuga.»

Articolo 26

Deduzione del periodo di detenzione subita nello Stato membro di esecuzione

« 1. Lo Stato membro emittente deduce il periodo complessivo di custodia che risulta dall'esecuzione di un mandato d'arresto europeo dalla durata totale della detenzione che dovrà essere scontata nello Stato emittente in seguito alla condanna a una pena o a una misura di sicurezza privative della libertà.

2. A tal fine l'autorità giudiziaria dell'esecuzione o l'autorità centrale designata ai sensi dell'articolo 7 trasmette all'autorità giudiziaria emittente, all'atto della consegna, tutte le informazioni relative alla durata del periodo di custodia del ricercato in base al mandato d'arresto europeo.»

33.  La Romania ha recepito nel diritto interno la decisione-quadro 2002/584/GAI relativa al mandato di arresto europeo con la legge n. 302/2004 sulla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale (paragrafo 29 supra).

E.  I rapporti del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT)

34.  Il rapporto del 2 aprile 2004 del CPT descrive in dettaglio lo stato dei luoghi riscontrato nei diversi locali della polizia e negli istituti penitenziari rumeni visitati dal 16 al 25 settembre 2002 e dal 9 all'11 febbraio 2003, fra cui l'IGP e il locale della polizia di Galaţi. Riguardo all'IGP, il CPT notò che alcune celle offrivano ai detenuti uno spazio vitale ristretto (ad esempio, tre persone in 10 m² o quattro in 14 m²) e che sarebbero state sovraffollate se fossero state occupate al massimo della loro capienza ufficiale; rilevò inoltre che i servizi igienici nelle celle erano tramezzati in maniera insufficiente. Nei locali della polizia di Galaţi, il CPT rilevò che le celle fruivano di pochissima luce del giorno o non ne fruivano affatto, che l'illuminazione artificiale era mediocre e che l'aerazione era manifestamente insufficiente; rilevò che il tasso di occupazione delle celle era talvolta estremamente elevato. A titolo di esempio, il CPT notò che delle celle che misuravano tra 5 e 6 m² erano utilizzate per accogliere 3, 4 addirittura 5 persone e che celle da 10 a 13 m² accoglievano fino a 10 persone e parecchi detenuti erano obbligati a dividersi un letto; le celle erano dotate di WC non tramezzati. Il CPT attirò l'attenzione delle autorità rumene sul fatto che la normativa vigente a livello nazionale, che imponeva soltanto un minimo di 6 m3 di spazio vitale per detenuto (ossia circa 2 m² di spazio vitale per ciascuno), era insufficiente.

35.  Nel suo rapporto pubblicato l'11 dicembre 2008 a seguito della visita nel giugno 2006 in parecchi istituti penitenziari della Romania, il CPT si felicitò del fatto che, poco dopo la sua visita, la norma ufficiale di spazio vitale per detenuto nelle celle fosse stata portata da 6 m3 a 4 m² o 8 m3. Il CPT raccomandò alle autorità rumene di prendere le misure necessarie per far rispettare la norma dei 4 m² di spazio vitale per detenuto nelle celle collettive di tutti gli istituti penitenziari della Romania.

36.  Nel suo ultimo rapporto pubblicato il 24 novembre 2011, a seguito della sua visita dal 5 al 16 settembre 2010 in parecchi istituti penitenziari rumeni, il CPT concluse che il tasso di sovraffollamento di questi istituti restava un grave problema in Romania. Secondo le statistiche fornite dalle autorità rumene, i 42 istituti penitenziari del paese, che avevano una capienza complessiva di 16.898 posti, contavano 25.543 detenuti all'inizio del 2010 e 26.971 detenuti nell'agosto 2010; il tasso di occupazione era molto elevato (150% o più) in quasi tutti questi istituti.

F.  Altri rapporti sulle condizioni di detenzione

37.  Redatto dopo una visita effettuata il 12 dicembre 2005, il rapporto dell'Associazione per la difesa dei diritti dell'uomo - comitaoi Helsinki (APADOR-CH) dello stesso giorno, fa riferimento, tra altri, al problema del sovraffollamento carcerario nel carcere di Galaţi, che all'epoca ospitava 1.268 persone per un totale di 2.705 m², lo spazio vitale medio di un detenuto era quindi di 2,13 m², ossia la metà dello spazio raccomandato dal CPT. Il rapporto rileva inoltre la cattiva qualità dell'acqua potabile che era infestata dai vermi e che era fornita negli impianti sanitari soltanto qualche ora al giorno. Nella sua risposta del 28 febbraio 2006 al rapporto sopra citato, l'Amministrazione nazionale della carceri («ANP») ha fatto riferimento al sovraffollamento delle celle di detenzione e all'insufficienza degli spazi destinati ai detenuti. Inoltre, in risposta a quanto affermato in merito alla qualità dell'acqua, l'ANP indicò che l'alimentazione idrica del carcere avveniva grazie ad un pozzo e che non vi erano possibilità tecniche per realizzare la perforazione per un secondo pozzo. Per allacciarsi alla rete di acqua potabile della città occorreva prima trovare le risorse economiche.

38.  Redatto dopo una recente visita effettuata il 22 novembre 2012, il rapporto dell’APADOR-CH dello stesso giorno tra l'altro fa riferimento al problema del sovraffollamento carcerario nella prigione di Galaţi, che all'epoca ospitava 1.028 persone per un totale di 2.184 m², lo spazio vitale per ciascun detenuto era in media di 2,12 m². Alla data della visita, era appena terminata la perforazione per un secondo pozzo fatto che aveva migliorato la fornitura di acqua corrente nel carcere. L'acqua calda era disponibile due volte alla settimana per un'ora.

 

IN DIRITTO

I.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE

39.  Il ricorrente denuncia le condizioni di detenzione patite nei centri di detenzione rumeni che qualifica come tortura. Egli peraltro sostiene che queste condizioni gli hanno provocato un'ernia del disco per la quale si è reso necessario un intervento chirurgico. Inoltre il suo recupero post-operatorio è stato reso quasi impossibile in carcere. Egli invoca gli articoli 2 e 3 della Convenzione. La Corte ritiene che il motivo di ricorso del ricorrente debba essere esaminato soltanto in relazione all'articolo 3 della Convenzione, così formulato:

«Nessuno può essere sottoposto a tortura o a pene o trattamenti disumani o degradanti.»

A.  Sulla ricevibilità

40. Nella parte del motivo di ricorso che si riferisce alla dedotta insufficienza delle cure sanitarie a lui dispensate, la Corte constata, come ha già fatto nelle cause Petrea c. Romania (n. 4792/03, § 35, 29 aprile 2008) e Coman c. Romania (n.. 34619/04, § 45, 26 ottobre 2010), che il ricorrente ha omesso di presentare un ricorso basato sulle disposizioni della legge n. 275/2006 (paragrafo 14 in fine supra). Pertanto è opportuno rigettare questa parte del motivo di ricorso per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in applicazione dell'articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.

41.  Per quanto riguarda le condizioni materiali di detenzione, la Corte rileva che questa parte del motivo di ricorso non incorre in alcun motivo di irricevibilità. É dunque opportuno dichiararla ricevibile.

B.  Sul merito

1.  Argomenti delle parti

42.  Il ricorrente, rinviando ai diversi strumenti giuridici internazionali, ai rapporti del CPT, a un rapporto redatto nel 2008 dall'organizzazione non governativa Amnesty International ed alla giurisprudenza della Corte, ritiene di aver subìto condizioni di detenzione contrarie all'articolo 3 della Convenzione. In primo luogo denuncia il sovraffollamento carcerario che lo ha portato a condividere talvolta il suo letto con un compagno di cella. Critica anche il cibo insufficiente, il riscaldamento insufficiente e le condizioni igieniche deplorevoli.

43.  Nel fare riferimento alla descrizione delle condizioni di detenzione che ha fornito e alla giurisprudenza della Corte in materia, il Governo sostiene che le condizioni di detenzione del ricorrente erano conformi alle esigenze dell'articolo 3 della Convenzione. In particolare sottolinea che la durata della detenzione del ricorrente nei locali dell'IGP di Bucarest e nei locali della polizia di Galaţi è stata molto breve (8 giorni) e che quindi la soglia di gravità richiesta dall'articolo 3 della Convenzione non è stata raggiunta. Basandosi su un rapporto redatto il 28 ottobre 2011 dalla direzione dipartimentale della polizia di Galaţi, il Governo sottolinea che i locali di queste istituzioni sono stati oggetto delle visite di due organizzazioni non governative rumene, nel 2010 e nel 2011, e che queste ultime non hanno rilevato alcuna violazione dei diritti dei detenuti (rapporti non inseriti nel fascicolo).

2.  Valutazione della Corte

44.  La Corte rammenta che l’articolo 3 impone allo Stato l’obbligo positivo di assicurarsi che tutte le persone ristrette siano detenute in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l’interessato a uno stress o a una prova la cui intensità superi il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, considerate le esigenze pratiche della carcerazione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in maniera adeguata, (Kudła c. Polonia [GC], n. 30210/96, §§ 93-94, CEDU 2000-XI, Norbert Sikorski c. Polonia, n. 17599/05, § 131, 22 ottobre 2009).

45.  Per quanto riguarda le condizioni di detenzione, la Corte tiene conto degli effetti cumulativi di queste ultime nonché di quanto specificatamente affermato dal ricorrente (Dougoz c. Grecia, n. 40907/98, § 46, CEDU 2001-II). In particolare, il periodo durante il quale un individuo è stato detenuto nelle condizioni denunciate costituisce un importante fattore da considerare (Alver c. Estonia, n. 64812/01, § 50, 8 novembre 2005). Inoltre, in alcuni casi, quando il sovraffollamento carcerario raggiunge un certo livello, la mancanza di spazio in un istituto penitenziario può costituire l'elemento centrale di cui tener conto nel valutare la conformità di una data situazione all'articolo 3 (Karalevičius c. Lituania, n. 53254/99, § 39, 7 aprile 2005).

46.  Nell'applicare i principi sopra menzionati al caso di specie, la Corte terrà conto del fattore che in questo caso è centrale, ossia lo spazio personale accordato al ricorrente nei diversi centri di detenzione nei quali è stato rinchiuso. A tale proposito, essa osserva che il ricorrente ha sofferto una situazione di sovraffollamento carcerario grave. In effetti, anche prendendo in considerazione le informazioni fornite dal Governo, ciascuna delle persone detenute in ogni cella in cui il ricorrente è stato rinchiuso disponeva di uno spazio individuale di soltanto 2 m2, al di sotto della norma raccomandata alle autorità rumene nel rapporto del CPT, ossia 4 m² (paragrafi 15-17 e 35 supra).

47.  La Corte rammenta di aver già concluso in numerose cause per la violazione dell'articolo 3 della Convenzione principalmente in ragione della mancanza di spazio individuale sufficiente nei centri nei quali il ricorrente è stato rinchiuso (si vedano, per l’IGP di Bucarest e i locali della polizia di Galaţi – Artimenc c. Romania, n. 12535/04, § 35, 30 giugno 2009, e per il carcere di Galaţi: Dimakos c. Romania, n. 10675/03, §§ 46-47, 6 luglio 2010; Porumb c. Romania, n. 19832/04, §§ 73-75, 7 dicembre 2010, e Colesnicov c. Romania, n.  36479/03, §§ 80-85, 21 dicembre 2010).

48.  La Corte nota inoltre che, oltre al problema del sovraffollamento carcerario, le affermazioni del ricorrente per quanto riguarda le condizioni igieniche deplorevoli, in particolare l'accesso all'acqua corrente e la presenza di diversi parassiti, sono più che plausibili e riflettono realtà descritte dal CPT e dall’APADOR-CH nei diversi rapporti redatti a seguito delle loro visite negli istituti penitenziari in Romania e in particolare nel carcere di Galaţi (paragrafi 34-38 supra).

49.  La Corte ritiene che in questo caso le condizioni di detenzione che il ricorrente ha dovuto sopportare per più di un anno, in particolare il sovraffollamento che regnava nella sua cella e le condizioni igieniche deplorevoli, lo abbiano sottoposto a una prova di intensità che oltrepassava il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione. 

50.  Pertanto vi è stata violazione dell'articolo 3 della Convenzione.

II.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 5 § 1 DELLA CONVENZIONE

51.  Il ricorrente denuncia il rifiuto dei tribunali di dedurre la durata degli arresti domiciliari scontati in Italia dal 2 giugno 2006 al 2 dicembre 2007 dalla sua pena detentiva in Romania. Egli invoca gli articoli 5 e 6 della Convenzione.

52.  Libera di qualificare giuridicamente i fatti di causa, la Corte non si ritiene vincolata dalla qualificazione dai fatti operata dai ricorrenti o dai Governi. In virtù del principio jura novit curia, essa ha, ed esempio, esaminato d'ufficio i motivi di ricorso secondo il punto di vista di un articolo o di un paragrafo che le parti non avevano invocato. Un motivo di ricorso si caratterizza per i fatti che esso denuncia e non per i semplici mezzi o argomenti di diritto invocati (si veda, mutatis mutandis, Guerra e altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Recueil des arrêts et décisions 1998 I). Alla luce di questi principi, la Corte ritiene che il presente motivo di ricorso si presti ad essere analizzato dal punto di vista dell'articolo 5 § 1 della Convenzione (si veda Grava c. Italia, n. 43522/98, § 38, 10 luglio 2003; Pezone c. Italia, n. 42098/98, §§ 36-38, 18 dicembre 2003), che è così formulato:

Articolo 5 § 1

«1.  Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge: (...)» 

 

A.  Sulla ricevibilità

53. Poiché la Corte constata che questo motivo di ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 (a) della Convenzione e non incorre in nessun altro motivo di irricevibilità, lo dichiara ricevibile.

B.  Sul merito

1.  Argomenti delle parti

54.  Il ricorrente ritiene che il tribunale dipartimentale di Galaţi abbia a torto dichiarato che il periodo corrispondente agli arresti domiciliari non debba essere computato su una pena detentiva. Il ricorrente mette in evidenza che gli arresti domiciliari costituiscono una detenzione ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 302/2004, tenuto conto della sua qualificazione nel diritto dello Stato italiano sul territorio del quale è stata eseguita questa misura. A tale proposito rinvia alle disposizioni dell'articolo 283 c. 4 del CPP italiano e  produce una decisione della Corte di cassazione italiana del 3 giugno 1999 nella quale quest'ultima dichiara che, nonostante i loro effetti simili nella pratica, non bisogna confondere, da una parte, gli arresti domiciliari con facoltà di allontanarsi dalla propria abitazione per recarsi al lavoro, prevista dall'articolo 284 c. 3 del CPP italiano, e che costituisce una privazione della libertà equivalente alla custodia cautelare, con, dall'altra parte, l'obbligo di dimora con prescrizione di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, previsto dall'articolo 283 c. 4 del CPP italiano e che costituisce una misura restrittiva della libertà di circolazione di una persona. A tale proposito il ricorrente sottolinea che la sentenza del 4 settembre 2006 della Alta Corte di cassazione e di giustizia alla quale si riferisce il tribunale di prima istanza di Galaţi del 22 febbraio 2008 per respingere la sua richiesta, riguarda l'obbligo di dimora e non gli arresti domiciliari (paragrafo 23 supra).

Il ricorrente insiste anche sul fatto che l'articolo 26 della decisione-quadro relativa al mandato di arresto europeo prevede anche l'obbligo di dedurre dalla durata complessiva della privazione della libertà che sarebbe da scontare, qualsiasi periodo di detenzione che risulti dall'esecuzione di un mandato di arresto europeo, a seguito di condanna ad una pena o ad una misura di sicurezza privative della libertà, senza fare distinzioni in funzione della modalità di esecuzione della detenzione (paragrafo 32 supra). Aggiunge infine che la Corte di cassazione italiana rifiuta, perché contraria ai diritti dell'uomo, l'estradizione di una persona che è stata sottoposta a custodia cautelare (compresi gli arresti domiciliari) per una durata superiore alla pena detentiva che deve scontare nello Stato verso il quale è estradata (decisione n. 46451 della Corte di cassazione del 17 settembre 2004, non inserita nel fascicolo).

55.  Il Governo, rinviando alla sentenza Guzzardi c. Italia (6 novembre 1980, serie A n. 39) ritiene che la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in un determinato comune non ricada in quanto tale nell'ambito di applicazione dell'articolo 5 della Convenzione. Al riguardo sottolinea che il ricorrente ha mantenuto i legami con la sua famiglia come pure il suo impiego, in quanto la sua vita normale non è stata intaccata. Pertanto, a ragione i tribunali rumeni si sono rifiutati di computare sulla pena inflitta al ricorrente la durata degli arresti domiciliari, misura che peraltro non è prevista nel diritto rumeno. Il Governo ritiene anche che la situazione nella presente causa sia simile a quella della decisione Trijonis c. Lituania ((dec.), n. 2333/02, 17 marzo 2005) nella quale la Corte ha dichiarato che gli arresti domiciliari con facoltà di allontanarsi dalla propria abitazione per lavorare e l'obbligo di rimanere nella propria abitazione tra le ore 19 e le 7 nel corso della settimana e tutta la giornata dei fine settimana, non equivalessero a una privazione di libertà, ma a una restrizione della libertà di circolazione. Il Governo aggiunge infine che la sentenza pronunciata il 12 ottobre 2009 dalla Alta Corte di cassazione e di giustizia in un ricorso nell'interesse della legge era successiva alla conclusione del procedimento avviato dal ricorrente che è terminato con la sentenza del tribunale dipartimentale di Galaţi del 16 aprile 2008, in quanto nella fattispecie non scattava l'obbligo dei tribunali di tenerne conto. A tale proposito, sottolinea che una divergenza di giurisprudenza nell'interpretazione della legge potrebbe porre un problema rispetto all'articolo 6 della Convenzione, ma non sul terreno dell'articolo 5 della Convenzione.

2.  Valutazione della Corte

56.  La Corte osserva che, con sentenza definitiva del 21 gennaio 2005, la corte d'appello di Galaţi ha condannato in contumacia il ricorrente a due anni di reclusione senza benefici. In vista dell'esecuzione di questa pena, le autorità rumene hanno chiesto l'estradizione del ricorrente allo Stato italiano sul territorio del quale egli risiedeva. Il ricorrente fu arrestato e sottoposto inizialmente a custodia cautelare in carcere per 15 giorni. La custodia cautelare fu sostituita dalla misura degli arresti domiciliari con facoltà di allontanarsi dalla propria abitazione per andare al lavoro che durò fino alla sua estradizione verso la Romania, ossia un anno e sei mesi. In queste circostanze, se la durata degli arresti domiciliari fosse stata dedotta dalla pena detentiva, il ricorrente avrebbe dovuto scontare, salvo il beneficio della libertà condizionale, 5 mesi e 15 giorni. Ora, il ricorrente è stato incarcerato in Romania dal 3 dicembre 2007 al 30 dicembre 2008, ossia circa tredici mesi. Resta dunque da determinare se l'eccedenza di 7 mesi e 15 giorni di reclusione abbia violato l'articolo 5 della Convenzione.

57.  La Corte rileva innanzitutto che il presente ricorso non riguarda la questione del trasferimento da un paese in cui l'interessato ha subìto una condanna penale verso un altro paese in vista dell'esecuzione della pena, e dunque non verte sulle circostanze della conversione della sua pena (Veermäe c. Finlandia (dec.), n. 38704/03, 15 marzo 2005; Csoszanszki c. Svezia (dec.), n. 22318/02, 27 giugno 2006; Ciok c. Polonia (dec.), n. 498/10, 23 ottobre 2012, e Willcox e Hurford c. Regno Unito (dec.), nn. 43759/10 e 43771/12, 8 gennaio 2013). La Corte non è neanche chiamata a studiare in abstracto la questione più generale del computo, su una pena detentiva inflitta a un condannato in un certo Stato, della durata della detenzione che quest'ultimo aveva subìto in un altro Stato. A tale proposito, la Corte rammenta che in ogni caso la Convenzione non obbliga le Parti contraenti a imporre le sue regole agli Stati o ai territori terzi (Drozd e Janousek c. Francia e Spagna, 26 giugno 1992, § 110, serie A n. 240).

58.  Nel caso di specie, il ricorrente lamenta che i tribunali rumeni non gli hanno applicato una riduzione di pena alla quale egli ritiene di aver diritto in virtù della normativa rumena. A tale proposito, la Corte nota che il diritto rumeno (articolo 18 della legge n. 302/2004) prevede che la durata della «detenzione subita all'estero nell'ambito di una richiesta di estradizione formulata dalle autorità rumene venga dedotta dalla pena detentiva pronunciata dai tribunali  rumeni. Tuttavia, nella fattispecie il tribunale dipartimentale di Galaţi, con sentenza del 16 aprile 2008, ha negato l'applicazione di questa norma di legge ritenendo che gli arresti domiciliari scontati dal ricorrente in Italia costituissero una misura cautelare che non era prevista dal diritto rumeno e che non aveva privato il ricorrente della sua libertà (paragrafo 25 supra).

59.  La Corte rammenta che i termini «regolarmente» e «secondo le vie legali» contenuti nell'articolo 5 § 1 rinviano essenzialmente alla legislazione nazionale e sanciscono l'obbligo di osservarne tanto le norme di merito quanto quelle procedurali. Se in primo luogo spetta alle autorità nazionali, in particolare ai tribunali, interpretare e applicare il diritto interno, è diverso quanto si tratta di cause nelle quali, rispetto all'articolo 5 § 1, l'inosservanza del diritto interno comporta violazione della Convenzione. In tali casi, la Corte può e deve esercitare un certo controllo per verificare se il diritto interno sia stato correttamente rispettato (si veda, fra molte altre, Douiyeb c. Paesi Bassi [GC], n. 31464/96, §§ 44-45, 4 agosto 1999).

60.  Tuttavia, la «regolarità» della detenzione rispetto al diritto interno è un elemento essenziale e non decisivo. La Corte deve inoltre essere convinta che la detenzione durante il periodo in gioco sia conforme allo scopo dell'articolo 5 § 1, ossia deve proteggere l'individuo da qualsiasi arbitraria privazione della libertà. La Corte deve dunque assicurarsi che un diritto interno si conformi esso stesso alla Convenzione, compresi i principi enunciati o quelli che essa comporta (si veda, fra altre, Winterwerp c. Paesi Bassi, 24 ottobre 1979, § 45, serie A n. 33).

61.  Su questo ultimo punto, la Corte sottolinea che quando si tratta di una privazione della libertà, è particolarmente importante soddisfare il principio generale della certezza del diritto. Di conseguenza, è essenziale che le condizioni di privazione della libertà in virtù del diritto interno siano chiaramente definite e che la legge stessa sia prevedibile nella sua applicazione, in modo da soddisfare il criterio di «legalità» fissato dalla Convenzione, che esige che qualsiasi legge sia sufficientemente precisa per permettere al cittadino - avvalendosi al bisogno di consulenti illuminati - di prevedere, a un livello ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze che possono derivare da un determinato atto (Baranowski c. Polonia, n. 28358/95, §§ 50-52, CEDU 2000 III).

62.  L'argomento del Governo secondo il quale gli arresti domiciliari con facoltà di allontanarsi dalla propria abitazione per lavorare non equivale a una privazione della libertà, ma costituisce una limitazione della libertà di circolazione, richiede alcune considerazioni. 

In primo luogo, la questione di sapere se in un determinato caso vi sia stata privazione della libertà dipende dai fatti particolari della fattispecie. A tale proposito, la Corte rammenta che nel quadro del sistema della Convenzione, essa è chiamata a svolgere un ruolo sussidiario rispetto ai sistemi nazionali di protezione dei diritti dell'uomo ((A. e altri c. Regno Unito [GC], n. 3455/05, § 154, CEDU 2009). Per principio, laddove siano stati condotti procedimenti interni, la Corte non deve sostituire la sua valutazione dei fatti a quella dei giudici nazionali, ai quali spetta accertarli sulla base delle prove raccolte. Se la Corte non è vincolata dalle constatazioni di questi ultimi ma rimane libera di elaborare una propria valutazione alla luce di tutti gli elementi di cui dispone, normalmente si discosterà dalle constatazioni di fatto dei giudici nazionali soltanto se viene in possesso di dati convincenti a tal fine (Giuliani e Gaggio c. Italia [GC], n. 23458/02, § 180, CEDU 2011 (estratti)). Tuttavia, tenuto conto del fatto che in virtù degli articoli 19 e 32 della Convenzione essa ha il compito di interpretare e applicare quest'ultima in ultimo grado, la Corte, se deve certamente tener conto delle constatazioni di fatto dei giudici nazionali, non è tuttavia limitata dalle loro conclusioni giuridiche quando si tratta di stabilire se il ricorrente sia stato privato o meno della sua libertà nel senso dell'articolo 5 § 1 della Convenzione (Austin e altri c. Regno Unito [GC], nn. 39692/09, 40713/09 e 41008/09, § 61, CEDU 2012).

63.  A tale proposito, la Corte osserva che nel diritto italiano, una persona sottoposta agli arresti domiciliari si considera sottoposta a custodia cautelare, anche se è autorizzata ad uscire per lavorare (paragrafo 22 supra Mancini c. Italia, n. 44955/98, § 17, CEDU 2001 IX ). Da parte sua, il tribunale di primo grado di Galaţi, nella sua sentenza ampiamente motivata del 22 febbraio 2008, ha anche concluso che il ricorrente era stato privato della libertà durante il periodo in cui era agli arresti domiciliari (paragrafo 23 supra). Al contrario, in appello, il tribunale dipartimentale Galaţi ha ritenuto che gli arresti domiciliari scontati dal ricorrente in Italia fossero una misura cautelare che non era prevista dal diritto rumeno e che non aveva privato il ricorrente della sua libertà. Spettava dunque al tribunale dipartimentale di Galaţi motivare sufficientemente la sua decisione di prendere le distanze dalla sentenza del tribunale di primo grado di Galaţi. Ora è necessario constatare che la conclusione del tribunale dipartimentale non è sufficientemente motivata a tale riguardo (paragrafo 25 supra). In queste condizioni, la Corte ritiene che il ricorrente poteva sostenere in maniera difendibile di aver subìto una detenzione in Italia che doveva essere dedotta dalla pena da scontare in Romania.

64.  La Corte considera inoltre che l'articolo 18 della legge n. 302/2004 non è sufficientemente chiaro per rendere prevedile la categoria delle misure alle quali questa norma è applicabile (si veda, mutatis mutandis, Creangă c. Romania [GC], n. 29226/03, § 120, 23 febbraio 2012).

A questa mancanza di chiarezza della legge non è stato posto rimedio da una consolidata giurisprudenza dei tribunali rumeni in merito alla sua interpretazione. Al contrario, è tramite un ricorso nell'interesse della legge che la Alta Corte di cassazione e di giustizia, con sentenza del 12 ottobre 2009, si è pronunciata sull'interpretazione di questa norma ponendo fine così all'esistenza di una divergente giurisprudenza dei tribunali rumeni in merito al computo su una pena detentiva della durata degli arresti domicilairi scontati all'estero (paragrafo 31 supra).

E' evidente che una divergenza di giurisprudenza di questo tipo non era tale da permettere di prevedere, ad un livello ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze che potevano derivare da un determinato atto. In queste condizioni, la Corte conclude che la legislazione rumena pertinente non soddisfaceva il criterio di «prevedibilità» di una «legge ai fini dell'articolo 5 § 1 della Convenzione (mutatis mutandis, Baranowski sopra citata, § 55, e Toniolo c. San Marino e Italia, n. 44853/10, §§ 48-51, 26 giugno 2012).

65.  Tenuto conto di quanto esposto e del fatto che soltanto una rigorosa interpretazione quadra con lo scopo e l'oggetto dell'articolo 5 § 1 della Convenzione (Medvedyev e altri c. Francia [GC], n. 3394/03, § 78, CEDU 2010), la Corte ritiene che il ricorrente abbia scontato una pena la cui durata è superiore a quella che avrebbe dovuto subire secondo il sistema giuridico nazionale e tenuto conto dei benefici ai quali aveva diritto. La durata eccedente della detenzione non può pertanto costituire una detenzione regolare ai sensi dell'articolo 5 § 1 della Convenzione in assenza di una base legale avente le qualità richieste per soddisfare il principio generale della certezza del diritto.

66.  Pertanto vi è stata violazione dell'articolo 5 § 1 della Convenzione.

III.  SULLE ALTRE VIOLAZIONI DEDOTTE

67.  Il ricorrente contesta infine la sua carcerazione per truffa ritenendola contraria all'articolo 1 del Protocollo n. 4 alla Convenzione. Invocando l'articolo 1 del Protocollo n. 7 alla Convenzione, il ricorrente contesta anche contro l'Italia il suo rinvio in Romania disposto dalle autorità italiane senza documenti di identità e senza effetti personali.

68.  Tenuto conto di tutti gli elementi in suo possesso e dal momento che è competente per esaminare le affermazioni formulate, la Corte non rileva alcuna parvenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione. La Corte conclude quindi che questa parte del ricorso è manifestamente infondata e deve essere rigettata in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

 

IV.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

69.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

 

A.  Danno

70.  Il ricorrente chiede il rimborso delle spese correnti sostenute per sé e per la sua famiglia durante la custodia cautelare e delle spese di viaggio sostenute dalla sua famiglia per raggiungere il luogo in cui era detenuto in Romania, che ammontano a 19.000 euro (EUR) più le somme che egli deve rimborsare a suo figlio, che ha pagato le mensilità del mutuo mentre lui era in arresto, che ammontano a 10.000 EUR. Chiede anche 17.985,85 EUR che rappresentano gli stipendi che avrebbe percepito nel 2008 se non fosse stato estradato, più 7.000 EUR per anno, dopo il 2008, che rappresentano la riduzione del suo stipendio e le spese supplementari di spostamento generate dal suo nuovo impiego. Egli valuta inoltre il danno materiale collegato ai suoi problemi di salute in 20.000 EUR. Chiede per di più 250 EUR al giorno per l' «ingiusta» detenzione, ossia un totale di 99.250 EUR per 397 giorni di detenzione. Il ricorrente chiede infine la somma di 100.000 EUR per danno morale.

71.  Per il Governo non deve essere accordata nessuna somma a titolo di danno materiale in quanto egli non ha provato il nesso di causalità con la constatazione di violazioni e non ha prodotto documentazione giustificativa per la maggior parte delle somme richieste. Quanto al danno morale, il Governo ritiene che la constatazione di violazione costituirebbe una riparazione sufficiente e che comunque la somma richiesta sia eccessiva.

72.  La Corte non ravvisa alcun nesso di causalità tra le violazioni constatate e il danno materiale che il ricorrente sostiene di aver subìto. Al contrario, giudica che quest’ultimo abbia subìto un torto morale certo e ritiene opportuno accordargli 12.000 EUR a tale titolo.

B.  Spese

73.  Il ricorrente chiede anche 13.000 EUR a titolo di onorari di avvocati versati da sua moglie a diversi avvocati nel corso della sua detenzione in Romania. Non è stato prodotto alcun documento giustificativo dinanzi alla Corte.

74.  Il Governo ritiene che il ricorrente non abbia formulato una richiesta per le spese.

75.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte rigetta la richiesta relativa alle spese.

C.  Interessi moratori

76.  La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile nei confronti della Romania, per quanto riguarda i motivi relativi all'articolo 3 (condizioni materiali di detenzione) e dell'articolo 5 § 1 della Convenzione, e irricevibile per il resto;
  2. Dichiara che vi è stata violazione da parte della Romania dell'articolo 3 della Convenzione,
  3. Dichiara che vi è stata violazione da parte della Romania dell'articolo 5 § 1 della Convenzione;
  4. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto rumeno deve versare al ricorrente, entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all'articolo 44 § 2 della Convenzione, 12.000 EUR (dodicimila euro), più l'importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale, da convertire nella valuta dello Stato convenuto, al tasso applicabile alla data del versamento;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto. 

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 9 luglio 2013, in applicazione dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Santiago Quesada
Cancelliere

Josep Casadevall
Presidente