Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 maggio 2013 - Ricorso n. 5097/08 - Rosmini c.Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata dalla dott.ssa Rita Pucci, funzionario linguistico. Revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
DECISIONE

Ricorso n. 5097/08
ROSMINI
contro Italia

 

 

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 28 maggio 2013 in una camera composta da:

Danutė Jočienė, presidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso sopra menzionato proposto il 18 gennaio 2008,

Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dal ricorrente,

Dopo avere deliberato, pronuncia la seguente decisione:

 

IN FATTO

1.  Il ricorrente, sig. Bruno Rosmini, è un cittadino italiano nato nel 1961. Al momento della presentazione del ricorso era detenuto a Voghera. È rappresentato dinanzi alla Corte dall’Avv. L.P. Febbraro e dall’Avv. A. Manno, dei fori di Aix-en-Provence e Catanzaro. Il governo italiano («il Governo») è rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, dal suo ex co-agente aggiunto, N. Lettieri, e dal suo co-agente, P. Accardo.

A.  Le circostanze del caso di specie

2.  I fatti della causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue. 

3.  Detenuto dal 1990, per essere stato riconosciuto colpevole di associazione per delinquere di tipo mafioso e condannato all’ergastolo, il ricorrente fu sottoposto, per un certo periodo, al regime detentivo speciale previsto dall’articolo 41bis della legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 26 luglio 1975).

4.  Il 21 maggio 2003 il regime dell’articolo 41bis gli fu revocato per essersi dissociato dalla sua organizzazione criminale. L’amministrazione penitenziaria decise di assegnarlo al circuito penitenziario ad elevato indice di vigilanza (infra E.I.V.).

5.  Il 30 maggio 2005 l’interessato chiese di essere trasferito in una sezione del circuito penitenziario ordinario (istanza di declassificazione). Egli sosteneva che la sua assegnazione all’E.I.V. non era motivata, tenuto conto della sua buona condotta durante tutta la carcerazione e della sua dissociazione dall’organizzazione  criminale di provenienza. 

6.  Il 13 gennaio 2006 l’amministrazione penitenziaria confermò l’assegnazione del ricorrente al circuito E.I.V. motivandola con la pericolosità dello stesso come risultava dai più recenti rapporti di polizia. 

7.  Il 26 gennaio 2006 l’interessato impugnò la decisione dell’amministrazione dinanzi al tribunale di sorveglianza di Milano. All’udienza del 12 giugno 2007 il tribunale si dichiarò incompetente e trasmise il fascicolo al magistrato di sorveglianza di Pavia.

8.  Con ordinanza del 29 ottobre 2007, depositata il 2 novembre 2007, il magistrato di sorveglianza di Pavia ritenne di essere competente a conoscere del fascicolo. Egli prese atto del fatto che, stando a quanto comunicato il 9 ottobre 2007 dal Procuratore generale antimafia, l’interessato non aveva tagliato i legami con l’organizzazione criminale di appartenenza, giacché alcuni suoi familiari erano molto coinvolti nella stessa. Secondo la polizia di Reggio Calabria, niente provava che il ricorrente aveva tagliato i legami con l’ambiente criminale. Tuttavia, il magistrato di sorveglianza rilevò che il ricorrente si era dissociato apertamente dall’organizzazione criminale di appartenenza. Il comportamento dell’interessato durante la carcerazione rivelava poi una presa di coscienza delle sue responsabilità e una partecipazione significativa alle attività di reinserimento in essere. Inoltre, il direttore del carcere di Voghera aveva emesso un parere favorevole all’assegnazione del ricorrente ad un circuito diverso dall’E.I.V. In conclusione, il magistrato di sorveglianza ritenne che la decisione dell’amministrazione in data 13 gennaio 2006 non fosse sufficientemente motivata e che, pertanto, fosse affetta da vizio di legittimità. Non avendo il potere di annullare la decisione adottata dall’amministrazione, il magistrato di sorveglianza ne dispose la disapplicazione.

9.  Dal fascicolo risulta che il ricorrente rimase detenuto nella sezione E.I.V. del carcere di Voghera. Il 24 giugno 2008 la procura di Reggio Calabria segnalò all’amministrazione penitenziaria che il ricorrente continuava ad avere legami con l’ambiente criminale all’esterno del carcere e formulò un parere negativo sul trasferimento di questi in una sezione del circuito penitenziario ordinario.

10.  Nell’aprile 2009 il circuito E.I.V. fu soppresso. Il ricorrente fu assegnato al circuito A.S.1. («Alta Sicurezza» di livello 1).

11.  Il 12 novembre 2009 il ricorrente si rivolse nuovamente al magistrato di sorveglianza di Pavia al fine di ottenere il trasferimento in una sezione del circuito penitenziario ordinario. Il 27 novembre 2009 il magistrato in questione constatò che l’amministrazione penitenziaria non aveva dato seguito all’ordinanza del 29 ottobre 2007. Egli trasmise la domanda del ricorrente al ministero della Giustizia.

12.  Il 4 dicembre 2009 la domanda del ricorrente giunse al ministero della Giustizia. Quest’ultimo precisò che, nel caso specifico, l’ordinanza del magistrato di sorveglianza controversa non era vincolante per l’amministrazione penitenziaria, in quanto il ricorrente si era limitato a chiedere un semplice trasferimento in un’altra sezione del carcere, senza manifestare alcuna lamentela relativa ai suoi diritti di natura civile. La sua richiesta rientrava quindi unicamente nel campo amministrativo. Il magistrato di sorveglianza avrebbe dovuto declinare la sua competenza, dal momento che le questioni relative all’organizzazione delle carceri dipendono dall’amministrazione penitenziaria ai sensi degli articoli 13 e 14 della legge sull’ordinamento penitenziario. Il ministero spiegò del resto che la creazione di diversi circuiti penitenziari rispondeva alla necessità di suddividere la popolazione carceraria in gruppi omogenei al fine di osservare meglio la condotta dei detenuti, di valutare la loro personalità e individuare il trattamento adatto, di evitare influenze nocive reciproche e di impedire che la comune permanenza all’interno degli istituti penitenziari diventasse il presupposto per la commissione di ulteriori reati. L’assegnazione del detenuto ad un dato circuito rispondeva unicamente a criteri di logistica e di sicurezza e consentiva il buon esito del programma risocializzante.

In secondo luogo, il ministero prese in esame la questione se il ricorrente dovesse essere mantenuto in un circuito di alta sicurezza e rispose affermativamente. Si basò sul parere formulato il 23 febbraio 2010 dalle autorità di Reggio Calabria preposte alla lotta contro la criminalità, le quali evidenziavano il persistere dei legami del ricorrente con il gruppo criminale di provenienza malgrado gli anni trascorsi in stato detentivo.

13.  Il Governo ha fatto sapere il 25 febbraio 2011 che il ricorrente era stato trasferito in un altro carcere e assegnato ad una sezione del circuito penitenziario A.S.3 (Alta Sicurezza di livello 3).

B.  Il diritto interno pertinente

14.  Le norme in materia di assegnazione di un detenuto ad una sezione del circuito penitenziario E.I.V. sono descritte nella sentenza Enea c. Italia ([GC], n. 74912/01, §§ 43-47, CEDU 2009).

15.  Con nota circolare n. 3619/6069 del 21 aprile 2009, il ministero della Giustizia ha soppresso il circuito E.I.V. e istituito un nuovo circuito di Alta Sicurezza («A.S.») costituito a sua volta da tre diversi sottocircuiti (A.S.1., A.S.2. e A.S.3.). I detenuti provenienti dal regime detentivo speciale di cui all’articolo 41bis della legge sull’ordinamento penitenziario sono assegnati al sottocircuito A.S.1. I detenuti autori di reati connessi alla mafia sono altrimenti assegnati al sottocircuito A.S.3.

MOTIVI DI RICORSO

16.  Invocando gli articoli 6 e 13 della Convenzione, il ricorrente lamenta l’impossibilità di ottenere l’esecuzione dell’ordinanza del magistrato di sorveglianza di Pavia del 22 ottobre 2007. Egli denuncia altresì la mancanza di effettività del ricorso dinanzi al magistrato di sorveglianza, dal momento che questi non ha potuto annullare la decisione dell’amministrazione penitenziaria relativa all’assegnazione del ricorrente al circuito penitenziario E.I.V.

IN DIRITTO

A.  Motivo di ricorso relativo all’articolo 6 della Convenzione

17.  Il ricorrente lamenta di non disporre di alcuna tutela giurisdizionale contro la decisione di inserimento nel circuito penitenziario E.I.V. Deduce la violazione dell’articolo 6 della Convenzione, che, nelle parti pertinenti nel caso di specie, è così redatto:

 «1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale indipendente e imparziale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (…).»

18.  Il Governo ritiene necessario distinguere tra, da un lato, un regime penitenziario quale quello previsto dall’articolo 41bis della legge sull’ordinamento penitenziario e, dall’altro, l’assegnazione ad un circuito penitenziario in cui la vigilanza può essere più o meno ravvicinata, come ad esempio il circuito E.I.V. Il primo riguarda le regole di trattamento dei detenuti e può anche limitare il godimento di alcuni loro diritti. Per questo motivo, la legge prevede la possibilità per gli interessati di contestare l’imposizione di un regime penitenziario diverso da quello ordinario attraverso un procedimento che offre tutte le garanzie dell’articolo 6 § 1. L’assegnazione dei detenuti ad un dato circuito penitenziario risponde alla necessità di organizzare e gestire gli istituti penitenziari e la popolazione carceraria, in funzione delle particolari esigenze di sicurezza. L’imposizione del regime previsto dall’articolo 41bis e l’inserimento in un circuito E.I.V. sarebbero quindi due cose indipendenti. Inoltre, secondo il Governo, l’inserimento nel circuito E.I.V. non restringe il godimento dei diritti del detenuto. Non vi sarebbe alcuna differenza, rispetto agli altri detenuti ordinari, quanto al numero di visite dei familiari, alla possibilità di ricevere la posta senza visto di controllo, alla gestione di somme di denaro, alle ore d’aria o alle attività ricreative e culturali.

19. Il Governo osserva poi che, per sapere se essi rientrino o meno nel campo di applicazione dell’articolo 6 della Convenzione, occorre innanzitutto precisare quali sarebbero i diritti civili di cui si denuncia la limitazione. Il ricorrente ha omesso di fornire indicazioni al riguardo e non ha lamentato affatto limitazioni ai suoi diritti civili derivanti dall’assegnazione al circuito E.I.V. o di Alta sicurezza. Di conseguenza, il Governo invita la Corte a seguire il ragionamento da essa applicato nella causa Enea (Enea c. Italia [GC], n. 74912/01, CEDU 2009) e poi nella causa Pesce (Pesce c. Italia, (dec.), n. 19270/07, 6 ottobre 2009).

20.  Il ricorrente sottolinea l’impossibilità di ottenere per via giurisdizionale l’annullamento della decisione dell’amministrazione penitenziaria che lo assegnava al circuito penitenziario E.I.V. Denuncia anche la mancata esecuzione da parte dell’amministrazione penitenziaria della decisione del magistrato di sorveglianza del 29 ottobre 2007. Il conseguente mantenimento del ricorrente nel circuito E.I.V. o di Alta Sicurezza sarebbe arbitrario e incompatibile con la Convenzione.

21.  La Corte osserva innanzitutto che sotto il profilo della norma del mancato esaurimento delle vie di ricorso interne – peraltro non invocata dal Governo – potrebbe porsi la questione se il controllo giurisdizionale invocato dal ricorrente non spettasse al giudice amministrativo. Ad ogni modo, la Corte ritiene che questo motivo di ricorso sia manifestamente infondato per i motivi seguenti.

22.  La Corte rammenta che, nella sentenza Enea (sopra citata, §§ 97-107), la Grande Camera ha ritenuto che l’articolo 6 della Convenzione fosse inapplicabile sotto il profilo penale, giacché il contenzioso penitenziario non riguarda in linea di principio la fondatezza di un’«accusa penale». Essa ha tuttavia ritenuto che una controversia concernente l’inserimento di un detenuto nel circuito penitenziario E.I.V. si sostanziasse in una «controversia su diritti» che, per la natura di alcune limitazioni afferenti al suddetto inserimento, rivestono carattere civile. Pertanto, essa ha concluso che, in circostanze analoghe a quelle del presente caso di specie, l’articolo 6 della Convenzione trovava applicazione sotto il profilo civile. La Corte non vede motivi per discostarsi da tale conclusione.

23.  Quanto alla questione se l’assenza di tutela giurisdizionale contro un’assegnazione al circuito E.I.V. fosse compatibile con il diritto di accesso ad un tribunale, quale sancito dall’articolo 6 § 1, la Grande Camera ha osservato che «se è vero che la decisione di inserimento nel circuito E.I.V. non può essere contestata di per sé dal detenuto che intendesse metterne in discussione la fondatezza, ogni limitazione di un diritto di «natura civile» (riguardante ad esempio le visite dei familiari o la corrispondenza di un detenuto) può, questa sì, formare oggetto di ricorso dinanzi ai giudici di sorveglianza» (Enea sopra citata, §§ 116-120).

Nella causa Enea, la decisione di assegnazione al circuito E.I.V. non aveva comportato alcuna limitazione del genere, il che aveva indotto la Corte a concludere che l’assenza di ricorso avverso tale decisione non poteva essere considerata un diniego di accesso ad un tribunale. Nella causa Pesce (sopra citata) la Corte era giunta alla stessa conclusione.

24.  Considerazioni del tutto analoghe si applicano al presente caso di specie, in cui non risulta dal fascicolo che l’inserimento del ricorrente nella sezione E.I.V. del carcere abbia leso i suoi diritti di carattere civile. In particolare, la Corte osserva che il ricorrente ha omesso di spiegare in che modo i suoi diritti risulterebbero limitati dall’assegnazione al circuito E.I.V.

25.  Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

B.  Motivo di ricorso relativo all’articolo 13 della Convenzione

26.  Invocando l’articolo 13 della Convenzione, il ricorrente sostiene di non disporre di ricorsi efficaci per contestare la decisione dell’amministrazione di assegnarlo al circuito penitenziario E.I.V. Ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione:

 «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (…) Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

27.  Il Governo osserva che l’articolo 13 della Convenzione non si applica nel caso di specie, dal momento che i diritti sanciti dalla Convenzione non sono interessati dall’assegnazione del detenuto al circuito penitenziario in questione.

28.  Il ricorrente riprende le osservazioni enunciate nel precedente paragrafo 20 e sottolinea l’inesistenza di un ricorso che gli permetta di ottenere l’assegnazione ad un determinato circuito penitenziario. 

29.  La Corte è giunta alla conclusione che il motivo di ricorso relativo all’articolo 6 § 1 della Convenzione quanto al diritto ad un tribunale è manifestamente infondato (paragrafo 24 supra). Pertanto, poiché le esigenze dell’articolo 6 sono più severe di quelle dell’articolo 13, che risultano assorbite dalle prime (Enea sopra citata, §§ 154-155), anche questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato conformemente all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, a maggioranza,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Stanley Naismith
Cancelliere

Danutė Jočienė
Presidente