Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 2 luglio 2013 - Ricorso n. 16065/09 - Plesic c.Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione eseguita dalla dott.ssa Ombretta Palumbo, funzionario linguistico. Revisione a cura della dott.ssa Martina Scantamburlo. 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 16065/09
Slvavomirka PLESIC 
contro Italia
 
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 2 luglio 2013 in una Camera composta da:
 
Danutė Jočienė, presidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
 
Visto il ricorso sopra menzionato proposto il 17 marzo 2009,
 
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dalla ricorrente, 
 
Dopo aver deliberato, emette la seguente decisione:
 
IN FATTO
 
1.  La ricorrente, sig.ra Slavomirka Plesic, è una cittadina italiana nata nel 1949 e residente a Roma. La ricorrente è stata autorizzata a agire personalmente dinanzi alla Corte (articolo 36 § 2 del regolamento della Corte). 
2.  Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo.
 
A. Le circostanze del caso di specie
 
3.  I fatti della causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.
4.  La ricorrente fu accusata di circonvenzione di persona incapace. Secondo l’imputazione, avrebbe approfittato dello stato di fragilità psichica di una tale sig.ra C., colpita da arteriosclerosi generalizzata, per indurla a vendere un appartamento il cui prezzo non sarebbe mai stato pagato, e per prelevare somme di denaro e titoli dai suoi conti bancari.
5.  Il 12 febbraio 1999, il giudice delle indagini preliminari di Roma ordinò il sequestro preventivo dell’appartamento e del garage venduti dalla sig.ra C. Il sequestro fu posto in esecuzione il 2 marzo 1999. La ricorrente sostiene che la polizia l’avrebbe espulsa manu militari dalla sua abitazione, impedendole di recuperare il materiale da lei usato per le sue sculture e pitture, nonché i propri oggetti personali.
6.  Il 3 giugno 2004 fu respinta una richiesta di restituzione degli immobili in questione.
7. Con sentenza del 23 settembre 2004, il cui testo fu depositato in cancelleria il 22 dicembre 2004, il tribunale di Roma condannò la ricorrente a un anno e quattro mesi con la sospensione condizionale della pena e a 800 euro (EUR) di multa. La ricorrente fu altresì condannata a risarcire i danni subiti dalla parte civile (l’erede della sig.ra C.), il cui ammontare avrebbe dovuto essere stabilito nell’ambito di un procedimento civile separato. Il sequestro preventivo dell’appartamento e del garage fu trasformato in sequestro conservativo.
8.  La ricorrente interpose appello tramite due avvocati di fiducia. Il 5 gennaio 2007 depositò delle memorie da lei redatte.
9. Dalla sentenza della corte d’appello, risulta che la ricorrente successivamente revocò il mandato da lei conferito ai suoi difensori, e che nominò un nuovo avvocato. Tuttavia, quest’ultimo rinunciò al mandato, il che  causò rinvii del procedimento.
10.  All’udienza dell’8 gennaio 2007, la corte d’appello decise di nominare un avvocato d’ufficio, avv. Z., per rappresentare la ricorrente, che aveva revocato il mandato ai suoi avvocati. L’avv. Z. chiese un rinvio per poter prendere confidenza con il procedimento, e la corte d’appello fissò l’udienza successiva per il 29 marzo 2007.
11.  Con nota del 28 marzo 2007, la ricorrente indicò che desiderava revocare il mandato conferito all’avv. Z., che non avrebbe voluto riceverla nel suo studio, l’avrebbe trattata in modo razzista e non avrebbe studiato il suo fascicolo. La ricorrente dichiarò di nominare un altro avvocato difensore. La stessa sostiene che l’avvocato avrebbe inutilmente tentato di rinviare l’udienza del 29 marzo 2007 in quanto non aveva studiato il fascicolo.
12.  Con sentenza del 29 marzo 2007, il cui testo fu depositato in cancelleria il 26 aprile 2007, la corte d’appello di Roma confermò la sentenza di primo grado. Nella motivazione, la Corte osservò che il comportamento della ricorrente nel corso del processo era stato caratterizzato dalla revoca del mandato dei suoi rappresentanti, seguita dalla nomina di un nuovo avvocato difensore insieme a una richiesta di rinvio, al fine di ritardare la conclusione del processo. Nel corso dell’udienza del 29 marzo 2007, destinata all’esame delle memorie delle parti, la ricorrente aveva presentato nuovamente una richiesta di rinvio, in seguito alla nomina di un altro avvocato, che tuttavia si era riservato la facoltà di accettare o meno il mandato. La corte d’appello aveva respinto la richiesta e confermato che l’avv. Z. rappresentava la ricorrente in qualità di avvocato d’ufficio.
13.  Rappresentata da un nuovo avvocato, l’avv. B.V., la ricorrente presentò ricorso in cassazione.
14.  L’udienza dinanzi alla Corte di Cassazione fu fissata per il 27 gennaio 2009. L’avv. B.V. ne fu informato il 24 dicembre 2008.
15.  Stando alla versione della ricorrente, l’avv. B.V. non era presente in udienza il 27 gennaio 2009 in quanto prendeva parte a uno sciopero degli avvocati. La ricorrente avrebbe chiesto alla Corte di Cassazione di rinviare il procedimento, senza esito.
16.  Con sentenza del 27 gennaio 2009, il cui testo fu depositato in cancelleria il 9 febbraio 2009, la Corte di Cassazione dichiarò il ricorso della ricorrente inammissibile.
17.  Successivamente, gli eredi della sig.ra C. citarono la ricorrente dinanzi al tribunale di Roma al fine di ottenere l’annullamento della vendita dell’appartamento (descritta al paragrafo 4 supra). Con sentenza del 29 febbraio 2012, il cui testo fu depositato in cancelleria il 1° marzo 2012, il tribunale di Roma accolse la richiesta degli eredi della sig.ra C. e intimò alla ricorrente di lasciare l’appartamento in questione.
 
B. Il diritto e la prassi interni pertinenti
 
18.  Ai sensi dell’articolo 97 commi 1, 4, 5 e 6 del codice di procedura penale (CPP),
« 1.  L’imputato che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio.
(...)
4.  Quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di ufficio (...) non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa, il giudice designa come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile per il quale si applicano le disposizioni dell’articolo 102 [ai sensi di questa norma, il sostituto esercita i diritti e assume i doveri di difensore]. (...)
5.  Il difensore di ufficio ha l’obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito solo per giustificato motivo.
6.  Il difensore di ufficio cessa dalle sue funzioni se viene nominato un difensore di fiducia.»
19.  Un difensore appena nominato può chiedere il rinvio della data dell’udienza. In particolare, l’articolo 108 c. 1 recita:
« Nei casi di rinuncia, di revoca [del mandato], di incompatibilità, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell’imputato o quello designato d’ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento.»
20. Nelle sue sentenze nn. 17269 del 21 marzo 2007 e 18613 del 17 maggio 2010, la Corte di Cassazione ha precisato che l’astensione degli avvocati dalle udienze non costituisce una forma di esercizio del diritto di sciopero (articolo 40 della Costituzione), ma è una manifestazione della libertà di associazione (articolo 18 della Costituzione). Questa libertà è limitata dalla tutela del diritto di agire e di difendersi in giustizia (articolo 25 della Costituzione) e dai principi generali che garantiscono la funzione giurisdizionale, tra cui il diritto a una durata ragionevole del processo. L’astensione deve avere una durata ragionevole, è necessario un preavviso sufficiente e occorre predisporre degli strumenti per assicurare le prestazioni essenziali del servizio della giustizia.
 
MOTIVI DI RICORSO
 
21.  Invocando gli articoli 6 e 8 della Convenzione, la ricorrente lamenta l’eccessiva durata e la mancanza di equità del suo procedimento.
IN DIRITTO
22.  La ricorrente afferma che il suo processo non ha risposto all’esigenza del «termine ragionevole» e che non è stato equo, e invoca gli articoli 6 e 8 della Convenzione.
23.  La Corte ritiene che il ricorso si presti ad essere esaminato unicamente dal punto di vista dell’articolo 6 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è così formulato:
«1. Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata imparzialmente, (…)  e in un tempo ragionevole, da parte di un tribunale (…) che deciderà sia in ordine alle controversie sui suoi diritti ed obbligazioni di natura civile, sia sul fondamento di ogni accusa in materia penale elevata contro di lei. (...).
3.  Ogni accusato ha diritto soprattutto a:
(...)
b)  disporre del tempo e delle possibilità necessari a preparare la difesa;
c)  difendersi personalmente o con l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per pagare il difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato di ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;
d)  interrogare o fare interrogare i testimoni a carico ed ottenere la citazione e l’interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni dei testimoni a carico;
(...).»
 
A.  Motivo di ricorso relativo alla durata del procedimento
 
24.  La Corte osserva che la ricorrente non ha indicato di aver presentato un ricorso ai sensi della legge «Pinto» (legge n. 89 del 2001) allo scopo di ottenere riparazione per la durata asseritamente eccessiva del suo processo. Un tale ricorso è stato invece considerato dalla Corte accessibile e, in linea di principio, efficace per denunciare, a livello interno, la lentezza della giustizia (si veda tra molte altre, Brusco c. Italia (dec.), n. 69789/01, CEDU 2001 IX, e Pacifico c. Italia (dec.), n. 17995/08, § 67, 20 novembre 2012).
25.   Di conseguenza questo motivo di ricorso deve essere rigettato per mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
 
B. Motivo di ricorso relativo alla mancanza di equità del procedimento 
 
26.  La ricorrente sostiene che la sua condanna si basa su falsi documenti e su un’errata valutazione dei fatti. Inoltre, lamenta l’assenza del suo avvocato nell’udienza del 27 gennaio 2009 dinanzi alla Corte di Cassazione e il rifiuto da parte di quest’ultima di rinviare il procedimento, nonché il fatto che in appello il suo avvocato di fiducia sarebbe stato sostituito da un giovane avvocato d’ufficio che non conosceva il suo fascicolo.
 
1.  Argomenti delle parti
a)  Il Governo
 
27.  Il Governo osserva che il procedimento dinanzi al tribunale di Roma ha dato luogo a una serie di udienze, nel corso delle quali o la ricorrente revocava il mandato al suo avvocato, o l’avvocato rinunciava al mandato, o un avvocato era designato d’ufficio. In particolare, 12 udienze furono rinviate per motivi relativi al diritto alla difesa dell’imputata.
28.  Per quanto riguarda il procedimento d’appello, la ricorrente nel corso di quest’ultimo ha revocato i suoi due difensori di fiducia, sostituiti, all’ultimo momento, dall’avvocato d’ufficio Z. Come fatto notare dalla corte d’appello, col suo comportamento l’imputata dava l’impressione di voler ritardare l’esito del processo. Dal verbale del 29 marzo 2007, risulterebbe non che la corte d’appello abbia rifiutato di accettare la nomina di un difensore scelto dalla ricorrente, ma piuttosto che nessuna domanda in tal senso fosse stata formulata in tempo utile e in buona e dovuta forma.
29.  Dal verbale di udienza del 27 gennaio 2009, risulta che poiché la ricorrente non aveva nominato un avvocato, le era stato assegnato un avvocato d’ufficio, avv. P.T. Del resto, se la ricorrente non disponeva di mezzi per pagare un avvocato, avrebbe potuto chiedere il gratuito patrocinio, il che le avrebbe permesso di scegliere un avvocato all’interno di una lista redatta a tal fine. In ogni caso, la ricorrente ha sempre avuto la possibilità di nominare un difensore di sua scelta in ogni momento del procedimento.
 
b)  La ricorrente
 
30.  La ricorrente afferma che il tribunale di Roma ha emesso la sentenza il 29 febbraio 2012 (paragrafo 17 supra) senza informarla del procedimento e senza che essa fosse rappresentata in modo valido da un avvocato. La ricorrente aggiunge che da venti anni è oggetto di una «persecuzione» da parte del governo italiano, che l’ha lasciata senza casa e senza cibo e le ha minato la salute.
31.  La ricorrente afferma anche che nell’ambito del suo procedimento penale, in appello e in cassazione non ha potuto presentare la propria difesa tramite un avvocato di fiducia. Gli avvocati designati d’ufficio per rappresentarla non conoscevano il fascicolo e la loro difesa non è stata efficace. Inoltre, i testimoni di cui avrebbe chiesto l’escussione non sono stati ascoltati.
 
2.  Valutazione della Corte
 
32.  Dato che le esigenze del paragrafo 3 rappresentano degli aspetti particolari del diritto a un processo equo sancito dal paragrafo 1 dell’articolo 6, la Corte esaminerà le doglianze della ricorrente dal punto di vista del combinato disposto di questi due testi di legge (si veda, tra molte altre, Van Geyseghem c. Belgio [GC], n. 26103/95, § 27, CEDU 1999-I). 
33.  Nella misura in cui la ricorrente afferma che la sua condanna si basa su falsi documenti e su un’errata valutazione dei fatti, la Corte rammenta che non ha competenza per esaminare gli errori di fatto o di diritto asseritamente commessi da un giudice nazionale, salvo se e nella misura in cui tali errori possano aver pregiudicato i diritti e le libertà sanciti dalla Convenzione (Khan c. Regno Unito, n. 35394/97, § 34, CEDU 2000-V), e che, in linea di principio, sono i giudici nazionali a dover valutare i fatti e interpretare e applicare il diritto interno (Pacifico, decisione sopra citata, § 62).
34.  Per quanto riguarda l’impossibilità, asserita dalla ricorrente, di essere efficacemente difesa da un avvocato, la Corte rammenta che pur riconoscendo ad ogni imputato il diritto a «difendersi personalmente o con l’assistenza di un difensore», l’articolo 6 § 3 c) non precisa le condizioni di esercizio del diritto in questione, ma lascia agli Stati contraenti la scelta dei mezzi atti a permettere al loro sistema giudiziario di garantirlo; il compito della Corte consiste nel verificare se la via da loro intrapresa soddisfi le esigenze di un processo equo (Quaranta c. Svizzera, 24 maggio 1991, § 30, serie A n. 205). A questo proposito, non bisogna dimenticare che la Convenzione ha lo scopo di «tutelare dei diritti non teorici o illusori, ma concreti e effettivi», e che la nomina di un avvocato non garantisce di per sé l’efficacia dell’assistenza che questi può fornire all’imputato (Artico c. Italia, 13 maggio 1980, § 33, serie A n. 37, e Imbrioscia c. Svizzera, 24 novembre 1993, § 38, serie A n. 275).
35.  Non si può per questo imputare a uno Stato la responsabilità di qualsiasi incapacità di un avvocato designato d’ufficio o scelto dall’imputato. Dall’indipendenza del foro rispetto allo Stato consegue che la le modalità con cui viene condotta la difesa dipendono essenzialmente dall’imputato e dal suo avvocato, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia nominato a titolo di gratuito patrocinio o retribuito dal suo cliente (Cuscani c. Regno-Unito, n. 32771/96, § 39, 24 settembre 2002). L’articolo 6 § 3 c) obbliga le competenti autorità nazionali a intervenire soltanto se la carenza dell’avvocato d’ufficio risulta palese o se ne sono informate a sufficienza in qualsiasi altro modo (Kamasinski c. Austria, 19 dicembre 1989, § 65, serie A n. 168; Daud c. Portogallo, 21 aprile 1998, § 38, Recueil des arrêts et décisions 1998-II; e Sannino c. Italia, n. 30961/03, § 49, CEDU 2006-VI).
36.  Nel caso di specie, la ricorrente in appello ha revocato il mandato che aveva conferito ai suoi difensori e ha nominato un nuovo avvocato. Quest’ultimo ha in seguito rinunciato al suo mandato, il che ha causato dei rinvii. L’8 gennaio 2007, la corte d’appello di Roma ha nominato un avvocato d’ufficio, l’avv. Z., che ha usufruito di un rinvio fino al 29 marzo 2007 per prendere confidenza con il fascicolo. Soltanto il 28 marzo 2007, ossia alla vigilia dell’udienza, la ricorrente ha indicato di voler revocare il mandato conferito all’avv. Z. e nominare un altro avvocato per rappresentarla, il che secondo la ricorrente avrebbe dovuto portare a un nuovo rinvio del procedimento. La corte d’appello, ritenendo che il comportamento della ricorrente avesse lo scopo di ritardare l’esito del processo, ha respinto questa richiesta e confermato che l’avv. Z. l’avrebbe rappresentata in qualità di avvocato d’ufficio (paragrafi 9-12 supra).
37.  La Corte ritiene che nelle particolari circostanze del caso di specie, le decisioni prese dalla corte d’appello non possano essere considerate arbitrarie. La Corte osserva in proposito che i giudici nazionali devono tener conto del diritto a una sentenza in un tempo ragionevole e della necessità che ne deriva di un trattamento rapido delle cause iscritte a ruolo (si veda, per esempio e mutatis mutandis, Jan Åke Andersson c. Svezia, 29 ottobre 1991, § 27, serie A n. 212-B, e Hoppe c. Germania, n. 28422/95, § 63, 5 dicembre 2002), e che d’altra parte l’avv. Z. ha avuto a sua disposizione un tempo sufficiente (due mesi e venti giorni) per prendere confidenza con il fascicolo della ricorrente, che non presentava una particolare complessità. Egli risultava perciò in grado di garantire un’adeguata difesa. Tra l’altro, nulla nel caso di specie permette di ritenere che la difesa garantita dall’avv. Z. sia stata inficiata da palesi carenze che avrebbero obbligato le competenti autorità nazionali a intervenire.
38.  Per quanto riguarda l’assenza dell’avvocato della ricorrente all’udienza dinanzi alla Corte di Cassazione, la Corte osserva che l’interessata ha presentato il suo ricorso tramite il suo avvocato di fiducia, avv. B.V., che è stato informato in tempo utile che l’udienza dinanzi all’alta giurisdizione italiana era stata fissata per il 27 gennaio 2009 (paragrafi 13-14 supra).
39.  Tuttavia, secondo la versione della ricorrente, l’avv. B.V. non era presente in udienza in quanto prendeva parte a uno «sciopero delle udienze» degli avvocati (paragrafo 15 supra). Tuttavia, l’avv. B.V. sapeva o avrebbe dovuto sapere che un tale comportamento non comportava il rinvio automatico del procedimento e che la Corte di Cassazione avrebbe potuto giudicare la causa in sua assenza (si veda la giurisprudenza citata al paragrafo 20, supra). Nel diritto italiano, infatti, la presenza di un avvocato nell’udienza in cassazione non è indispensabile.
40.  Del resto, la Corte osserva che la ricorrente non ha indicato i testimoni di cui richiedeva l’escussione e i motivi per cui la loro deposizione sarebbe stata determinante ai fini dell’esito della causa. L’interessata non ha fornito neppure elementi che potessero sostenere le sue asserzioni su una pretesa «persecuzione» nei suoi confronti (paragrafo 30 supra). Per quanto riguarda, infine, la asserita mancanza di equità del procedimento civile di annullamento della vendita, la ricorrente non ha indicato di aver presentato appello contro la sentenza del tribunale di Roma del 29 febbraio 2012 (paragrafo 17 supra).
41.  In queste circostanze, la Corte ritiene che non vi sia alcuna apparenza di violazione del diritto della ricorrente a un equo processo, così come garantito dall’articolo 6 della Convenzione.
42.  Ne consegue che il ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione.
 
Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Dichiara  il ricorso irricevibile.
 

Stanley Naismith
Cancelliere

Danutė Jočienė
Presidente