Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 12 marzo 2013 - Ricorso n.49407/08 - Ivo Varesi e altri c.Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Rita Carnevali, assistente linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 49407/08

Ivo VARESI e altri contro Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 12 marzo 2013 in una camera composta da:
Danutė Jočienė, presidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Nebojša Vučinić,
Helen Keller, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato, proposto il 10 ottobre 2008,
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dai ricorrenti,
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

1. L'elenco delle parti ricorrenti si trova in allegato.

2. I ricorrenti sono stati rappresentati dagli avvocati A. Lana e A. Saccucci, del foro di Roma. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, P. Accardo.

A.  Le circostanze del caso di specie

3. I fatti della causa, come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

4. I ricorrenti sono ex dipendenti dell'Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o loro eredi. Secondo le disposizioni del decreto ministeriale del 22 ottobre 1948 («Regolamento INAIL»), al momento del collocamento a riposo, i dipendenti potevano scegliere se ottenere un capitale o una rendita vitalizia a tasso variabile. Per coloro che sceglievano la seconda opzione, fra cui i ricorrenti, lo stesso decreto prevedeva un adeguamento automatico indicizzato sugli aumenti del trattamento economico del personale in servizio.

5. La legge finanziaria n. 449 adottata dal Parlamento il 27 dicembre 1997 dispose che per l'adeguamento della maggior parte delle forme pensionistiche sostitutive dell'assicurazione generale obbligatoria trovava applicazione esclusivamente l'articolo 11 del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992. Questo articolo non prevedeva l'indicizzazione di tale adeguamento sugli aumenti del trattamento economico del personale in servizio. A partire dal 1° gennaio 1998, la rendita dei ricorrenti fu adeguata in base ad un sistema di indicizzazione applicabile a tutte le prestazioni pensionistiche.

6. Il 23 aprile 1999 i ricorrenti si rivolsero al tribunale amministrativo regionale (il «TAR») del Lazio per reclamare il diritto di percepire la rendita vitalizia nei termini previsti dalla normativa in vigore al momento del versamento dei loro contributi e del loro collocamento a riposo.

7. Secondo loro, anche a decorrere dal 1° gennaio 1998 essi avrebbero dovuto beneficiare di una indicizzazione legata automaticamente agli aumenti del trattamento del personale in servizio. L'articolo 11 del decreto legislativo n. 503/1992 non sarebbe applicabile al loro caso perché il Regolamento INAIL dava diritto non a forme pensionistiche sostitutive, ma ad una rendita vitalizia derivante da un contratto di diritto privato ai sensi dell'articolo 1872 del codice civile. In via sussidiaria i ricorrenti lamentavano la non conformità della legge rispetto agli articoli 3, 36, 38 e 41 della Costituzione, che tutelano rispettivamente il principio di uguaglianza, il diritto di godere di una retribuzione e di una pensione di vecchiaia adeguate, e il diritto di proprietà.

8. Con decisione del 9 gennaio 2003 il TAR negò la natura contrattuale della rendita e respinse l'istanza in quanto il regime che disciplinava la pensione ottenuta dai ricorrenti doveva essere considerato sostitutivo del regime di assicurazione obbligatoria generale. Quanto alla questione sussidiaria, basandosi sulla giurisprudenza della Corte costituzionale (paragrafo 15 infra), il TAR affermò che il rispetto del principio della «sicurezza dei rapporti giuridici» non vietava al Parlamento di prevedere leggi di modifica del regime dei rapporti giuridici di durata in senso sfavorevole per i beneficiari, a meno che queste leggi non comportassero conseguenze di carattere manifestamente irragionevole rispetto al regime precedente.

9. Il 21 gennaio 2004 i ricorrenti presentarono appello dinanzi al Consiglio di Stato.

10 Con sentenza del 18 dicembre 2007, il cui testo fu depositato in cancelleria il 13 maggio 2008, il Consiglio di Stato confermò la decisione del TAR e precisò che l'articolo 1 del Protocollo n. 1 non garantiva il diritto di trarre vantaggi economici da un regime pensionistico quando, ragionevolmente, la legislazione successivamente varata aveva deciso di eliminare questi vantaggi.

11. Il 22 aprile 2011 i rappresentanti dei ricorrenti informarono la Corte che il secondo ricorrente, sig. Luigi Antenucci, era deceduto il 4 ottobre 2009 e precisarono che i suoi eredi – ossia sua moglie, sig.ra Elena Carli, e i suoi tre figli, sigg.re Francesca e Patrizia Antenucci e sig. Fabrizio Antenucci, nati rispettivamente nel 1923, 1944, 1952 e 1950 – desideravano continuare la procedura avviata dinanzi alla Corte.

B.  Il diritto e la prassi interni pertinenti

1.  Il regolamento INAIL

12. Le disposizioni pertinenti del regolamento INAIL (decreto ministeriale del 22 ottobre 1948), recitano:

Articolo 7

«Il dipendente [...] può disporre che l'importo del conto individuale di previdenza sociale […] sia versato al fondo rendite di cui all'articolo 10 per ottenere una rendita vitalizia variabile [fino ad un massimo di quaranta quarantesimi] dallo stipendio del personale in servizio in relazione alla categoria, grado, anzianità e mansioni che il dipendente stesso aveva al momento della cessazione dal servizio.»

Articolo 8

«La rendita vitalizia variabile ai sensi dell’articolo precedente secondo le modificazioni dello stipendio del personale in servizio, è riversibile in caso di morte del dipendente titolare dopo la sua costituzione a favore degli eredi.»

2. Il decreto legislativo n. 503 del 1992 e la legge n. 449 del 1997

13. Ai sensi dell'articolo 11 § 1 del decreto legislativo n. 503 del 30 dicembre 1992,

«Gli aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali si applicano, con decorrenza dal 1994, sulla base del solo adeguamento del costo della vita (...).»

14. Secondo l'articolo 59 § 4 della legge n. 449 del 27 dicembre 1997,

«A decorrere dal 1o gennaio 1998, per l'adeguamento delle pensioni previdenziali ed assistenziali (…) trova applicazione esclusivamente l'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all'evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio. (…)»

3.  La giurisprudenza della Corte costituzionale in materia.

15. Nella sentenza n. 390 del 1995, la Corte costituzionale ha stabilito che, nel contesto del sistema costituzionale italiano, non è interdetto al legislatore modificare, in senso sfavorevole per i beneficiari, la disciplina dei rapporti giuridici di durata, ad eccezione del caso in cui le modifiche trasmodino in un regolamento irrazionale frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica.

16. Nella sentenza n. 30 del 23 gennaio 2004, la Corte costituzionale ha richiamato i seguenti principi:

  1. la pensione, avendo natura di retribuzione differita, deve essere proporzionata alla qualità e quantità di lavoro prestato e deve comunque essere idonea ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa (articolo 36 della Costituzione);
  2. è particolarmente importante che siano individuate le modalità per garantire effettivamente che il trattamento pensionistico sia adeguato non solo al momento del collocamento a riposo, ma anche successivamente in relazione ai mutamenti del potere di acquisto;
  3. è riservata alla valutazione discrezionale del legislatore l'individuazione di meccanismi che assicurino la perdurante adeguatezza delle pensioni;
  4. per questo il legislatore deve operare sulla base di un ragionevole bilanciamento del complesso dei valori e degli interessi costituzionali coinvolti, compresi quelli connessi alla disponibilità delle risorse finanziarie assicurando comunque la garanzia delle esigenze minime di protezione della persona;
  5. un irragionevole scostamento tra l'importo delle pensioni e le variazioni del potere di acquisto della moneta può costituire un indice della non idoneità del meccanismo scelto dal legislatore;
  6. l'articolo 59 § 4 della legge n. 449 del 1997 (che disponeva che a decorrere dal 1998 l'unica forma di adeguamento delle prestazioni pensionistiche fosse la perequazione automatica collegata ad alcuni parametri) era coerente con le riforme del sistema pensionistico (legge n. 335 del 1995) e con la riforma che ha interessato il pubblico impiego;
  7. il fatto che un incremento delle retribuzioni del personale in servizio non fosse esteso alle pensioni già liquidate, non costituiva violazione di alcun canone costituzionale.

MOTIVI DI RICORSO

17. Invocando l'articolo 1 del Protocollo n. 1, i ricorrenti contestano gli effetti della legge n. 449 del 1997 sul meccanismo di adeguamento delle loro rendite vitalizie.

18. Invocando l'articolo 14 della Convezione, i ricorrenti lamentano di essere stati trattati come i lavoratori che non avevano optato per la rendita vitalizia.

IN DIRITTO

A.  Questione preliminare

19. I ricorrenti hanno informato la Corte che il secondo ricorrente, sig. Luigi Antenucci, è deceduto il 4 ottobre 2009 successivamente alla presentazione del ricorso e i suoi eredi (sua moglie, sig.ra Elena Carli, e i suoi tre figli, sigg.re Francesca e Patrizia Antenucci e sig. Fabrizio Antenucci) hanno informato la Corte che desideravano proseguire la procedura (paragrafo 11 supra). Anche se gli eredi di un ricorrente deceduto non possono rivendicare un diritto generale a che la Corte continui l'esame del ricorso introdotto da quest'ultimo (Scherer c. Svizzera, 25 marzo 1994, §§ 31-32, serie A n. 287), la Corte in più occasioni ha riconosciuto ad alcuni parenti stretti di un ricorrente deceduto il diritto di sostituirsi a quest'ultimo (Deweer c. Belgio, 27 febbraio 1980, § 37, serie A n. 35, e Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, § 2, serie A n. 281-A).

20. In questo caso la Corte è disposta a permettere agli eredi del secondo ricorrente di proseguire l'istanza presentata inizialmente da quest'ultimo (si veda, mutatis mutandis, Nerva e altri c. Regno Unito, n. 42295/98, § 33, CEDU 2002 VIII, e Kirilova e altri c. Bulgaria, nn. 42908/98, 44038/98, 44816/98 e 7319/02, § 85, 9 giugno 2005).

B.  Motivo di ricorso relativo all'articolo 1 del Protocollo n. 1

21. I ricorrenti lamentano che la legge finanziaria n. 449 del 1997 avrebbe modificato retroattivamente il regime dell'assicurazione obbligatoria di vecchiaia di cui hanno beneficiato fino al 1997. Denunciano l'impossibilità di continuare a beneficiare dell'adeguamento dell'importo della rendita vitalizia sulla base degli aumenti del trattamento economico del personale in servizio.
Essi invocano l'articolo 1 del Protocollo n. 1, così formulato.
«Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

22. Il Governo si oppone a questa tesi.

1. Argomenti delle parti

a)  Il Governo

23. Il Governo nota che il trattamento pensionistico di cui godevano i ricorrenti era quello previsto dall'assicurazione generale obbligatoria ed era sottoposto all'articolo 59 § 4 della legge n. 449 del 1997. Fino al 1° gennaio 1998, ogni adeguamento del loro trattamento economico era collegato all'aumento delle retribuzioni del personale in servizio; dopo questa data, l'adeguamento è stato limitato a quanto era previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 503 del 1992.

24. In queste circostanze il Governo ritiene che non vi sia stata alcuna incidenza sui diritti già acquisiti dai ricorrenti in quanto il cambiamento riguarda soltanto il futuro. Non può quindi esserci una ingerenza ingiustificata nel diritto al rispetto dei beni e lo scopo di uniformare il regime pensionistico (al fine di assicurare l'equità sociale e una migliore distribuzione delle risorse) è stato considerato legittimo dalla Corte (si veda, in particolare, Maggio e altri c. Italia, nn. 46286/09, 52851/08, 53727/08, 54486/08 e 56001/08, § 63, 31 maggio 2011). La Corte costituzionale ha peraltro ritenuto che il mantenimento del precedente regime sarebbe stato contrario al principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, in quanto il personale INAIL sarebbe stato trattato più favorevolmente rispetto agli altri pensionati.

25. La Corte non può occuparsi dell'interpretazione del diritto interno applicabile al caso di specie, in quanto ha unicamente il compito di stabilire se l'applicazione di questo diritto abbia portato ad un risultato contrario alla Convenzione. I ricorrenti non hanno subìto una riduzione dell'importo delle loro rendite vitalizie; essi, a decorrere dal 1° gennaio 1998, hanno soltanto perso la possibilità di ottenere un adeguamento di queste rendite più favorevole dell'adeguamento applicabile a tutte le pensioni. Il Governo fa riferimento ai principi esposti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 30 del 2004 (paragrafo 16 supra) e ricorda che secondo una consolidata giurisprudenza interna, i ricorrenti non godevano di un diritto assoluto o di una aspettativa legittima di beneficiare, per il futuro, di un regime privilegiato di adeguamento della loro pensione, in quanto i regimi pensionistici possono essere modificati nel tempo, a condizione di garantire una adeguata protezione sociale.

b)  I ricorrenti

26. Secondo i ricorrenti, il Governo avrebbe implicitamente ammesso che le loro doglianze ricadono nel campo di applicazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1. Ad ogni modo, la Corte ha precisato che quando uno Stato contraente mette in atto una legislazione che prevede il versamento automatico di una prestazione sociale - che la concessione di questa prestazione dipenda o meno dall'aver precedentemente effettuato il versamento dei contributi -, si deve ritenere che questa legislazione generi un interesse patrimoniale che rientra nel campo di applicazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 per le persone che soddisfano le sue condizioni (Stec e altri c. Regno Unito [GC] (dec.), nn. 65731/01 e 65900/01, §§ 51-55, CEDU 2005-X). In particolare, una significativa riduzione dell'importo della pensione può ledere questi interessi (si veda, in particolare, Zeman c. Austria  (dec.), n. 23960/02, 30 giugno 2005).

27. Nel caso di specie, la rendita di cui i ricorrenti beneficiano si basa su un rapporto contrattuale di assicurazione concluso con l'INAIL, in virtù del quale i contributi versati dagli impiegati venivano trasferiti sui conti individuali di questi ultimi, fatto che dava luogo a una rendita vitalizia proporzionata alla retribuzione, all'anzianità e alle funzioni che ogni impiegato aveva avuto al momento del suo collocamento a riposo.

28. I ricorrenti rammentano anche che una aspettativa legittima al pagamento di un credito può costituire un «bene» e che la Corte non è vincolata dalle conclusioni alle quali sono giunti i giudici nazionali in merito all'esistenza di un diritto di natura patrimoniale.

29. La rendita per la quale i ricorrenti hanno optato era diversa rispetto alle prestazioni fornite dal regime pensionistico generale. E' vero che la rendita in quanto tale non è stata ridotta; tuttavia, in virtù dell'entrata in vigore della legge n. 449 del 1997, i ricorrenti hanno percepito un trattamento ben inferiore a quello che potevano legittimamente aspettarsi di continuare a percepire. Il fatto che gli adeguamenti della rendita fossero collegati agli adeguamenti della retribuzione del personale in servizio era stato un elemento determinante nella scelta operata dai ricorrenti. Questo meccanismo di adeguamento non costituirebbe, come afferma il Governo, un «privilegio ingiustificato», ma era proporzionale ai contributi versati dai ricorrenti e alle modalità di investimento delle somme trasferite sui conti individuali degli impiegati.

30. La situazione dei ricorrenti non sarebbe paragonabile a quella degli impiegati dell'INAIL entrati in servizio in un'epoca in cui non era possibile scegliere tra rendita vitalizia e adesione al sistema pensionistico generale. Peraltro, la giurisprudenza interna avrebbe negato la possibilità di applicare alla rendita vitalizia le regole generali in materia di pensioni.

31. La modifica delle modalità di adeguamento della rendita non andrebbe a vantaggio dell’interesse pubblico, tanto meno di quello di ridurre le spese dell'assistenza sociale. In effetti, la rendita riguarderebbe soltanto poche centinaia di persone, era finanziata dai contributi individuali e derivava da un accordo contrattuale di tipo privatistico non modificabile unilateralmente.

32. Peraltro la decisione dell'INAIL di applicare ai ricorrenti l'articolo 59 della legge n. 449 del 1997 sarebbe arbitraria e basata su una interpretazione erronea e irragionevole delle disposizioni interne pertinenti. In effetti, questo articolo si riferiva alle forme pensionistiche obbligatorie sostitutive, esclusive ed esonerative, mentre i ricorrenti erano liberi di optare per il regime pensionistico generale o per la rendita vitalizia. Questa interpretazione, che ha ricevuto l'avallo del TAR e del Consiglio di Stato, non era prevedibile, perché non era coerente con la giurisprudenza della Corte di cassazione e dei tribunali amministrativi.

33. Infine, l'ingerenza subita dai ricorrenti non sarebbe proporzionata, perché la loro rendita è stata significativamente ridotta rispetto all'importo che avrebbe avuto applicando il meccanismo di adeguamento precedentemente in vigore. Per i ricorrenti questa differenza sarebbe intorno al 50%. Per esempio il quinto ricorrente, sig. Dante Romano Moneta, ha percepito tra il 1998 e il 2010 una rendita di 879.764 euro (EUR), mentre secondo il regime precedente avrebbe dovuto percepire 1.580.724 EUR, ossia 703.960 EUR in più.

2. Valutazione della Corte

(a)  Principi generali

34. La Corte rammenta che, secondo la sua giurisprudenza, un ricorrente può lamentare una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 soltanto nella misura in cui le decisioni che egli contesta si riferiscono ai suoi «beni» ai sensi di questa disposizione. La nozione di «beni» può comprendere sia i «beni attuali» che i valori patrimoniali, ivi compresi, in alcune situazioni ben definite, i crediti. Affinché un credito possa essere considerato un «valore patrimoniale» rientrante nell'ambito dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, occorre che il titolare del credito dimostri che quest'ultimo ha una base sufficiente nel diritto interno, per esempio che è confermato da una consolidata giurisprudenza. Una volta che ciò è acquisito, può entrare in gioco la nozione di «aspettativa legittima» (Maurice c. Francia [GC], n. 11810/03, § 63, CEDU 2005 IX).

35. L’articolo 1 del Protocollo n. 1 non garantisce un diritto ad acquisire dei beni (Van der Mussele c. Belgio, 23 novembre 1983, § 48, serie A n. 70; Slivenko c. Lettonia (dec.) [GC], n. 48321/99, § 121, CEDU 2002-II; e Kopecký c. Slovacchia [GC], n. 44912/98, § 35 (b), CEDU 2004-IX). Inoltre, tale articolo non può essere interpretato nel senso di riconoscere alle persone che hanno pagato i contributi a un regime di previdenza sociale il diritto a una pensione di un determinato importo (si veda, ad esempio, Domalewski c. Polonia (dec.), n. 34610/97, CEDU 1999-V; Janković c. Croazia (dec.), n. 43440/98, CEDU 2000-X; e Kjartan Ásmundsson c. Islanda, n. 60669/00, § 39, CEDU 2004-IX). Tuttavia un credito che riguarda una pensione può costituire un «bene» ai sensi dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 quando ha una base sufficiente nel diritto nazionale, per esempio quando è confermato da una sentenza definitiva (Pravednaya c. Russia, n. 69529/01, §§ 37-39, 18 novembre 2004, e Maggio e altri, sopra citata, § 55).

36. L’articolo 1 del Protocollo n. 1 esige, prima di tutto e soprattutto, che una ingerenza dei pubblici poteri nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. Inoltre, una ingerenza di questo tipo è giustificata solo se persegue un interesse pubblico (o generale) legittimo. Le autorità nazionali, grazie ad una conoscenza diretta della loro società e dei suoi bisogni, si trovano in linea di principio ad avere una posizione migliore di quella del giudice internazionale per stabilire ciò che è di «pubblica utilità». Di conseguenza, nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, spetta in primo luogo a loro pronunciarsi sull'esistenza di un problema di interesse generale. Pertanto, su questo punto, come in altri campi ai quali si estendono le garanzie della Convenzione, esse godono di un certo margine di apprezzamento (Wieczorek c. Polonia, n. 18176/05, § 59, 8 dicembre 2009).

37. L'articolo 1 del Protocollo n. 1 esige anche, per ammettere un’ingerenza, che vi sia un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito (Jahn e altri c. Germania [GC], nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, §§ 81-94, CEDU 2005-VI). Questo giusto equilibrio è rotto se la persona interessata deve sopportare un onere eccessivo ed esorbitante (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre1982, §§ 69-74, serie A n. 52, e Maggio e altri, sopra citata, § 57).

38. Quando l'importo di una prestazione sociale è ridotto o annullato, può esservi una ingerenza nel diritto al rispetto dei beni che richiede di essere giustificata (Kjartan Ásmundsson, sopra citata, § 40; Rasmussen c. Polonia, n. 38886/05, § 71, 28 aprile 2009; e Maggio e altri, sopra citata, § 58).

(b)  Applicazione di questi principi al caso di specie

39. La Corte non ritiene necessario pronunciarsi sulla questione sollevata dal Governo (ossia stabilire se i ricorrenti avessero una aspettativa legittima di beneficiare, in futuro, di un regime privilegiato di adeguamento della loro pensione e fossero quindi titolari di un «bene» nel senso dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 - si veda il paragrafo 25 supra), essendo questo motivo di ricorso comunque irricevibile per le ragioni esposte qui di seguito (si veda, mutatis mutandis, Maggio e altri, sopra citata, § 59).

40. La Corte rileva che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la legge n. 449 del 27 dicembre 1997 non ha disciplinato retroattivamente i loro diritti alla pensione. In effetti questa legge si è limitata a stabilire che a partire dal 1° gennaio 1998, e quindi per il periodo successivo alla sua entrata in vigore, gli adeguamenti della rendita dei ricorrenti dovevano essere calcolati in base al sistema di indicizzazione applicabile a tutte le pensioni. Certo, i ricorrenti affermano che l'articolo 59 di questa legge è stato interpretato in modo erroneo ed irragionevole dal TAR e dal Consiglio di Stato (paragrafo 32 supra). Tuttavia, la Corte ricorda che spetta in primo luogo ai giudici nazionali interpretare e applicare il diritto interno; inoltre, essa non può considerare arbitraria l'interpretazione che assimila la rendita vitalizia dei ricorrenti ai trattamenti sostitutivi del regime di assicurazione obbligatoria generale (paragrafo 8 supra). L'ingerenza lamentata dai ricorrenti era dunque prevista dalla legge ai sensi della giurisprudenza della Corte.

41. La Corte ammette anche che la norma denunciata dai ricorrenti perseguisse l'interesse pubblico all'armonizzazione del regime pensionistico allo scopo di rendere il sistema di previdenza sociale equo e sostenibile (si veda, mutatis mutandis, Maggio e altri, sopra citata, § 60).

42. Per stabilire se i ricorrenti abbiano dovuto sopportare un onere individuale eccessivo, la Corte deve avere riguardo al particolare contesto del caso di specie, ossia quello di un regime di previdenza sociale. Tali regimi sono, tra l’altro, una espressione della solidarietà della società nei confronti dei suoi membri vulnerabili (si veda, mutatis mutandis, Goudswaard-Van der Lans c. Paesi Bassi (dec.), n. 75255/01, CEDU 2005-XI).

43. La Corte ricorda che nella causa Maggio e altri (sopra citata, §§ 62-64) ha escluso l'esistenza di una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 nei confronti di un pensionato che, nell'ambito di una armonizzazione retroattiva del regime pensionistico, aveva subìto una sostanziale riduzione della sua pensione ed ha osservato che si trattava di una riduzione ragionevole e proporzionata, e non di una totale privazione dei suoi diritti che aveva avuto l'effetto di evitare il conferimento di privilegi ingiustificati al ricorrente e alle persone che si trovavano in una situazione simile alla sua.

44. La Corte ritiene che queste considerazioni siano applicabili al caso di specie, dove la modifica del regime pensionistico non è stata applicata retroattivamente (paragrafo 40 supra) e ha interessato soltanto il meccanismo di adeguamento della rendita vitalizia dei ricorrenti al costo della vita. L'importo della loro pensione in quanto tale non è stato toccato e gli interessati non sono stati privati di un meccanismo di adeguamento all'inflazione. Questo meccanismo è stato semplicemente sostituito da un altro meccanismo, peraltro comune alla maggior parte dei pensionati.

45. In queste circostanze, anche supponendo che al caso di specie possa essere applicato l'articolo 1 del Protocollo n. 1, non è possibile rilevare alcuna parvenza di violazione di questa disposizione.

46. Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione.

C.  Motivo di ricorso relativo all'articolo 14 della Convenzione

47.I ricorrenti ritengono di essere stati vittime di una discriminazione e osservano che la loro situazione è stata arbitrariamente assimilata a quella di altri lavoratori che non avevano optato per la rendita vitalizia.
Essi invocano l'articolo 14 della Convenzione, così formulato:
«Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.»

48. La Corte fa presente di aver lasciato aperta la questione di stabilire se i ricorrenti fossero titolari di un «bene» ai termini dell'articolo 1 del protocollo n. 1 (paragrafo 39 supra) e ritiene che nel caso di specie non sia necessario pronunciarsi sull'applicabilità dell'articolo 14 della Convenzione, essendo questo motivo di ricorso comunque irricevibile per le ragioni che seguono.

49. La Corte rileva che in una situazione in cui coesistono diversi metodi di calcolo del meccanismo di adeguamento delle pensioni, ogni misura volta a uniformare questi regimi ha come inevitabile conseguenza quella di trattare allo stesso modo persone che, in precedenza, si trovavano sottoposte a regole diverse o avevano espresso la loro preferenza per un metodo di calcolo particolare. Tuttavia ciò non può costituire una discriminazione vietata dalla Convenzione, che non può semplicemente ostacolare le politiche di armonizzazione delle prestazioni della previdenza sociale.

50. Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Danutė Jočienė
Presidente

Stanley Naismith
Cancelliere Presidente

ALLEGATO

  1. Ivo VARESI nato nel 1927, residente a Roma
  2. Luigi ANTENUCCI nato nel 1916, residente a L’Aquila
  3. Romolo D’AMICO nato nel 1929, residente a Roma
  4. Franco MASSARIA nato nel 1927, residente a Roma
  5. Dante Romano MONETA nato nel 1929, residente a Roma
  6. Ugo NAVARRA nato nel 1925, residente a Bologna
  7. Carlo PICCIOLI nato nel 1929, residente a L’Aquila
  8. Giampiero SANTUCCI nato nel 1927, residente a Roma
  9. Tilde COCCI nata nel 1933, residente a Bologna