Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 23 ottobre 2012 - Ricorso n.19041/04 - Immobiliare Podere Trieste Srl c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione effettuata da Emanuela Cataldi, funzionario linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA IMMOBILIARE PODERE TRIESTE S.R.L. c. ITALIA
(Ricorso n. 19041/04)
SENTENZA
(Equa soddisfazione)
STRASBURGO
23 ottobre 2012

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

 
Nella causa Immobiliare Podere Trieste S.r.L. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da:
Ineta Ziemele, presidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 2 ottobre 2012,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All'origine della causa vi è un ricorso (n. 19041/04) proposto contro la Repubblica italiana con il quale una società di diritto italiano, la società Immobiliare Podere Trieste («la ricorrente»), ha adito la Corte il 24 maggio 2004 in virtù dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. Con sentenza del 16 novembre 2006 («la sentenza in via principale»), la Corte ha ritenuto che la ricorrente avesse subito un’espropriazione di fatto, incompatibile con il diritto al rispetto dei propri beni e che, pertanto, vi era stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (Immobiliare Podere Trieste S.r.L. c. Italia, n. 19041/04, §§ 43-44, 16 novembre 2006).

3. Basandosi sull’articolo 41 della Convenzione, la ricorrente chiedeva in via principale la restituzione del terreno ed un’indennità per mancato godimento del terreno valutata dalla ricorrente in 56.616.062,10 EUR. In caso di non restituzione, la ricorrente chiedeva un risarcimento di 163.823.229,10 EUR, corrispondente al valore venale attuale del terreno maggiorato del plusvalore apportato dalle opere nel frattempo realizzate sullo stesso. La ricorrente chiedeva inoltre una somma a titolo di risarcimento del danno morale ed il rimborso delle spese sostenute per il procedimento.

4. La Corte si è riservata di decidere in merito all’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, non essendo istruita la questione, ed ha invitato il Governo e la ricorrente a presentarle per iscritto, entro tre mesi, le loro osservazioni su detta questione e, in particolare, ad informarla di ogni eventuale accordo da essi raggiunto (ibidem, § 62, e punto 4 del dispositivo).

5. Il termine fissato per permettere alle parti di giungere ad un accordo in via amichevole è scaduto senza che le parti siano giunte a tale accordo. La ricorrente ed il Governo hanno entrambi depositato delle osservazioni.

6. Il 12 marzo 2007, il presidente della camera ha deciso di chiedere alle parti di nominare ognuna un perito incaricato di valutare il danno materiale e di depositare una relazione peritale entro il 14 giugno 2007.

7. Le relazioni peritali sono state depositate entro il termine stabilito.

IN FATTO

8. I fatti avvenuti dopo la sentenza in via principale si possono riassumere come segue.

9. Con sentenza in data 11 novembre 2010, il tribunale di Roma si pronunciò sui procedimenti riuniti concernenti rispettivamente la restituzione del terreno ed il risarcimento dei danni per la perdita di proprietà (si vedano i paragrafi 21-24 della sentenza in via principale).

10. Il tribunale rigettò la domanda della ricorrente volta a ottenere la restituzione del terreno e condannò l’amministrazione comunale al pagamento dei danni per l’espropriazione indiretta del terreno. Per quanto concerne la restituzione, il tribunale affermò tra l’altro che la ricorrente, presentando una domanda di indennizzo per l’espropriazione di fatto del terreno, aveva riconosciuto la perdita di proprietà del proprio bene a vantaggio dell’amministrazione. Peraltro, la restituzione del terreno, la quale comporta il trasferimento delle opere pubbliche edificate dall’amministrazione, sarebbe pregiudizievole per l’interesse generale della collettività.

11. In merito all’indennizzo dovuto alla ricorrente, avvalorato da una perizia tecnica prodotta da quest’ultima il 7 giugno 2006, il tribunale affermò che il valore venale del terreno alla data della sua occupazione, ossia il 5 novembre 1984, era di 9.996.438,56 EUR. Il terreno era stato irreversibilmente trasformato tra il 1987 ed il 1988. Ai fini del calcolo del risarcimento, detto importo doveva essere maggiorato di un’indennità per la perdita di godimento del bene derivante dalla sua indisponibilità a decorrere dalla data di occupazione, calcolata sulla base del controvalore venale attualizzato del terreno. All’importo così calcolato, il tribunale aggiunse la rivalutazione e gli interessi legali. Il tribunale condannò quindi l’amministrazione comunale al pagamento di 40.924.326,13 EUR a favore della ricorrente. L’amministrazione fu inoltre condannata al pagamento delle spese sostenute per il procedimento.

12. La ricorrente interpose appello contro tale sentenza. Essa reiterò la propria domanda volta a ottenere la restituzione del terreno e contestò l’importo del risarcimento accordato dal tribunale, affermando che quest’ultimo aveva commesso un errore di calcolo. Il procedimento, al giorno dell’adozione della sentenza, era pendente dinnanzi alla corte d’appello di Roma.

13. Dal fascicolo risulta che la ricorrente non ha ricevuto alcuna somma da parte dell’amministrazione.

IN DIRITTO

14. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.».

A. Danno materiale

15. Nelle osservazioni depositate nel 2007 la ricorrente chiedeva la restituzione del proprio terreno, oltre ad un’indennità per mancato godimento del bene da lei valutata a 56.616.062 EUR. In caso di non restituzione, la ricorrente chiedeva la somma di 112.699.344 EUR, corrispondente al valore venale del terreno al momento dell’espropriazione, rivalutato e maggiorato del plusvalore derivante dalla realizzazione dell’opera pubblica. Nelle osservazioni presentate alla Corte nel 2011, la ricorrente, reiterando la domanda in via principale tendente alla restitutio in integrum del terreno, chiedeva una somma corrispondente al valore venale attuale del terreno, nella misura di 48.549.018 EUR, oltre alla somma di 64.730.406,60 EUR a titolo di mancato godimento del bene a seguito dell’occupazione.

16. Il Governo fa osservare che il tribunale di Roma ha accordato alla ricorrente un’equa soddisfazione sufficiente, calcolata secondo criteri conformi alla giurisprudenza della Corte. Il Governo afferma che l’amministrazione comunale provvederà presto al relativo pagamento. Secondo il Governo, se la Corte accordasse una somma a titolo di equa soddisfazione, la ricorrente potrebbe essere indennizzata due volte.

17. La Corte risponde prontamente all’argomentazione del Governo. Essa ritiene improbabile che la ricorrente riceva un duplice indennizzo, dato che i giudici nazionali, al momento di definire la causa attualmente pendente in seconda istanza, terranno inevitabilmente conto di ogni somma accordata all’interessata da questa Corte (Serghides e Christoforou c. Cipro (equa soddisfazione), n. 44730/98, § 29, 12 giugno 2003). Inoltre, visto che il procedimento nazionale dura da oltre vent’anni, non sarebbe ragionevole attenderne l’esito (Serilli c. Italia (equa soddisfazione), n. 77822/01, § 17, 17 luglio 2008; Matthias e altri c. Italia (equa soddisfazione), n. 35174/03, § 14, 17 luglio 2012).

18. La Corte rammenta che una sentenza che constati una violazione comporta per lo Stato convenuto l’obbligo di far cessare la violazione stessa e di eliminarne le conseguenze in modo da ristabilire, nei limiti del possibile, la situazione anteriore a quest’ultima (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 32, CEDU 2000-XI). Se la natura della violazione permette una restituito in integrum, spetta allo Stato convenuto eseguirla, non avendo la Corte né la competenza né la possibilità pratica di provvedervi essa stessa. Se tale restituzione non è invece possibile, come nel caso in esame, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare alla parte lesa, se del caso, la soddisfazione che ritiene appropriata.

19. La Corte rammenta che, nel caso Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009), la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte riguardante i criteri di indennizzo nelle cause di espropriazione indiretta. In particolare, la Grande Camera ha deciso di respingere le richieste dei ricorrenti fondate sul valore dei terreni alla data della sentenza della Corte e di non tenere più conto, ai fini della stima del danno materiale, del costo di costruzione degli edifici costruiti dallo Stato sui terreni.

20. Stando ai nuovi criteri fissati dalla Grande Camera, l’indennizzo deve corrispondere al valore pieno ed intero del terreno al momento della perdita della proprietà, quale stabilito dalla perizia disposta dal giudice competente nel corso del procedimento interno. Successivamente, una volta detratta la somma eventualmente accordata dal giudice nazionale, l’importo deve essere indicizzato per compensare gli effetti dell’inflazione. È inoltre opportuno maggiorarlo di interessi tali da compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spossessamento dei terreni, interessi che devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato al capitale progressivamente rivalutato.

21. La ricorrente ha perso la proprietà del proprio terreno nel 1984. Stando alla perizia effettuata dalla ricorrente nel corso del procedimento nazionale, il valore del terreno a tale data era di 9.996.438,56 EUR. Tenuto conto di tali elementi, la Corte ritiene ragionevole accordare alla ricorrente 46.000.000 EUR, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta su tale somma.

22. Rimane da valutare la perdita di opportunità subita in conseguenza dell’espropriazione controversa (Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC] sopra citata, § 107). La Corte ritiene che occorra tener conto del danno derivante dall’indisponibilità del terreno durante il periodo compreso tra l’inizio dell’occupazione legittima (novembre 1984) e il momento della perdita di proprietà (dicembre 1987). Deliberando in via equitativa, la Corte accorda alla ricorrente 1.700.000 EUR.

B.Danno morale

23. La ricorrente chiede 9.709.803,30 EUR.

24. Il Governo vi si oppone.

25. La Corte ritiene che il senso di impotenza e frustrazione della ricorrente di fronte allo spossessamento illegale del suo bene abbia causato a quest’ultima un danno morale notevole, da ripararsi in maniera adeguata.

26. Deliberando in via equitativa, la Corte accorda alla ricorrente 20.000 EUR a titolo di risarcimento del danno morale.

C. Spese

27. La ricorrente chiede 62.715,25 EUR per le spese del procedimento dinnanzi ai giudici interni e il rimborso delle spese sostenute per il procedimento dinnanzi alla Corte.

28. Il Governo sostiene che le somme richieste dai ricorrenti a titolo di rimborso delle spese siano eccessive.

29. La Corte rammenta che l’attribuzione delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che ne siano accertate la realtà e la necessità, e che il loro importo sia ragionevole (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 54, CEDU 2000-XI). Inoltre, le spese di giustizia sono recuperabili solo se si riferiscono alla violazione constatata (si vedano, ad esempio, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 105, CEDU 2003-VIII).

30. La Corte non dubita della necessità di sostenere delle spese, ma ritiene eccessivi gli onorari complessivi richiesti a tale titolo. A suo avviso, essi devono quindi essere rimborsati solo in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte giudica ragionevole accordare la somma di 20.000 EUR per le spese complessivamente sostenute.

D. Interessi moratori

31. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ:

  1. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti:
      1. 47.700.000.000 EUR (quarantasette milioni settecentomila euro), più l’ importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno materiale;
      2. 20.000 EUR (ventimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale;
      3. 20.000 EUR (ventimila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta alla ricorrente, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  2. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 23 ottobre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Ineta Ziemele
Presidente

Françoise Elens-Passos
Cancelliere aggiunto