Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 10 luglio 2012 - Ricorsi nn. 50914/11 e 58323/11 - Arturo SIMONETTI c.Italia e Arturo SIMONETTI c.Italia

Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, traduzione© effettuata da Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
DECISIONE
Ricorsi nn. 50914/11 e 58323/11
Arturo SIMONETTI contro Italia
e Arturo SIMONETTI contro Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 10 luglio 2012 in una Camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Visti i ricorsi sopra menzionati, proposti il 18 e il 30 maggio 2011,
Dopo aver deliberato, emette la seguente decisione:

IN FATTO

1. Il ricorrente, sig. Arturo Simonetti, è un cittadino italiano nato nel 1934 e residente a Portici (Napoli). È rappresentato dinanzi alla Corte dall’avv. A. Marra del foro di Napoli.

2. I fatti della causa si possono riassumere come segue.

a) Il procedimento principale

3. Il 13 marzo 1990 il ricorrente, impiegato presso una società ferroviaria pubblica, presentò un ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale («TAR») della Campania, insieme ad alcuni colleghi, al fine di ottenere il pagamento di alcune somme di denaro. La cancelleria del TAR assegnò a questo ricorso il n. di riferimento «R.G. n. 1611/90».

4. In data non precisata, il TAR dichiarò la perenzione del ricorso in quanto i ricorrenti non avevano proposto la domanda di fissazione dell’udienza.

b) Il procedimento «Pinto»

5. Il 10 giugno 2008 il ricorrente, rappresentato dall’avv. A. Marra, propose domanda alla corte d’appello di Napoli ai sensi della legge «Pinto», lamentando l’eccessiva lunghezza del procedimento dinanzi al TAR. La cancelleria della corte d’appello assegnò a questo ricorso il numero di riferimento «V.G. n. 3603/08».

6. Con decisione emessa il 26 novembre 2008, la corte d’appello riscontrò il superamento del termine ragionevole e accordò al ricorrente la somma di 8.333 euro per il danno morale, nonché la somma di circa 1.041 euro al suo avvocato per le spese.

7. Nel 2009 il ricorrente, rappresentato dallo stesso avvocato, propose ricorso per cassazione lamentando l’insufficienza degli importi ottenuti.

8. Con sentenza emessa il 7 febbraio 2011, depositata in cancelleria il 25 marzo 2011, la Corte di cassazione rigettò il ricorso e condannò il ricorrente a pagare la somma di circa 900 euro per le spese processuali.

9. Le somme accordate dalla corte d’appello «Pinto» furono pagate il 26 aprile 2011.

c) I ricorsi nn. 50914/11 e 58323/11

10. Il 18 maggio 2011 la Corte ricevette, in un plico contenente decine di altri ricorsi dello stesso tipo proposti dall’avv. A. Marra, il ricorso del ricorrente (protocollato con il n. 50914/11) che verteva unicamente sul ritardato pagamento delle somme accordate dalla corte d’appello «Pinto».

11. Il 30 maggio 2011 la corte ricevette, in un altro plico contenente decine di ricorsi dello stesso tipo proposti dallo stesso avvocato, un ricorso del ricorrente (protocollato con il n. 58323/11) riguardante l’insufficienza del risarcimento «Pinto» per il danno morale e la condanna al pagamento delle spese del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione.

12. Il 29 settembre 2011, nell’ambito del ricorso n. 58323/11, la cancelleria chiese all’avv. A. Marra di inviare, entro il 2 gennaio 2012, una copia della decisione emessa all’esito del procedimento principale dinanzi al TAR.

13.Il 12 dicembre 2011 la cancelleria ricevette un fax dall’avv. A. Marra contenente il riferimento «ricorso n. 58323/11 Simonetti Arturo» e il cui contenuto è il seguente:

«Il 25 maggio 2011 ho trasmesso alla Corte due ricorsi a nome dello stesso cliente (Simonetti Arturo).

Un ricorso riguardava un procedimento dinanzi alla corte d’appello di Napoli durato dal 28 luglio 2000 al 4 febbraio 2008 [...]; l’altro ricorso riguardava un procedimento dinanzi alla corte d’appello di Napoli durato dal 13 marzo 1990 al 10 giugno 2008.

Con la vostra lettera del 29 settembre 2011, la Corte ha assegnato il numero sopra menzionato [ossia il n. 58323/11].

Per motivi di organizzazione dell’attività del mio ufficio, vi prego di voler precisare a quale ricorso, tra i due proposti dal sig. Simonetti, è stato assegnato il numero in questione».

14. Il 9 gennaio 2012 la cancelleria ricevette una lettera dell’avvocato, contenente il riferimento «ricorso n. 58323/11 Simonetti Arturo» e il cui contenuto è il seguente:

«In risposta alla vostra lettera del 29 settembre 2011, allego alla presente i documenti richiesti e, in particolare, una copia della decisione del TAR della Campania che ha posto fine al procedimento principale per quanto riguarda il ricorso [n. 58323/11] sopra menzionato.

Si deve osservare al riguardo che le decisioni allegate sono due. In effetti, il 12 dicembre 2011 ho trasmesso [alla Corte] una richiesta di chiarimenti in merito all’assegnazione del numero di riferimento, ma la richiesta non ha avuto alcun seguito fino ad oggi. I ricorsi presentati a nome del sig. Simonetti sono due e, va da sé, riguardano due diversi procedimenti principali.

Dato che la domanda di chiarimenti non ha avuto seguito e il termine fissato dalla Corte [nella lettera del 29 settembre 2011] per inviare i documenti richiesti scadrà entro breve, è la Corte a dover stabilire quale decisione riguarda il ricorso [n. 58323/11] sopra menzionato e deve, dunque, essere inserita nel relativo fascicolo».

15. Alla lettera erano allegate due decisioni del TAR della Campania: la prima dichiarava la perenzione del ricorso «R.G. n. 1611/90» (paragrafo 4 supra), la seconda si pronunciava sul merito di un procedimento il cui numero di riferimento era «R.G. n. 7196/00» e che non era in alcun modo pertinente rispetto ai ricorsi nn. 50914/11 e 58323/11. Si tratta, infatti, di un altro ricorso proposto dal ricorrente dinanzi al TAR della Campania che ha dato luogo, sempre per il tramite dello stesso avvocato, a un altro ricorso «Pinto» dinanzi alla corte d’appello di Napoli (n. di protocollo «V.G. 647/08») e poi a un altro ricorso a Strasburgo, proposto il 7 settembre 2010 e registrato con il n. 57194/10, riguardante il ritardato pagamento del risarcimento «Pinto».

MOTIVI DI RICORSO

a) Ricorso n. 50914/11

16. Invocando gli articoli 6, 13, 17 e 41 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1, il ricorrente lamenta il ritardato pagamento delle somme accordate dalla corte d’appello «Pinto» di Napoli il 26 novembre 2008.

b) Ricorso n. 58323/11

17. Invocando gli articoli 6, 13, 41 e 53 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1, il ricorrente lamenta l’insufficienza dell’indennizzo accordato dalla corte d’appello «Pinto» di Napoli per il danno morale e la condanna al pagamento delle spese relative al procedimento dinanzi alla Corte di cassazione «Pinto».

IN DIRITTO

18. Tenuto conto della similitudine dei fatti e delle questioni giuridiche sollevate dai ricorsi, la Corte decide di riunirli ed esaminarli congiuntamente (articolo 42 § 1 del regolamento della Corte).

19. La Corte ricorda che un ricorso può essere considerato abusivo ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione se, ad esempio, è stato basato volutamente su fatti inventati (si vedano, tra le altre, Jian c. Romania (dec.), n. 46640/99, 30 marzo 2004; Keretchachvili c. Georgia (dec.), n. 5667/02, CEDU 2006 V) o se il ricorrente ha omesso di comunicare delle informazioni fondamentali relative ai fatti della causa per indurre la Corte in errore (si vedano, tra le altre, Hüttner c. Germania (dec.), n. 23130/04, 19 giugno 2006; Basileo e altri c. Italia (dec.), n. 11303/02, 23 agosto 2011). Parimenti, se intervengono nuovi importanti sviluppi nel corso del procedimento dinanzi alla Corte e se – nonostante l’obbligo espresso che incombe su di esse in virtù dell’articolo 47 § 6 del regolamento –, il ricorrente non la informa, impedendole in tal modo di pronunciarsi sul caso con piena cognizione di causa, il suo ricorso può essere rigettato in quanto abusivo (si veda, in ultimo grado, Bekauri c. Georgia (dec.), n. 14102/02, §§ 21-23, 10 aprile 2012).

20. La Corte ha già affermato, inoltre, che «qualsiasi comportamento del ricorrente manifestamente contrario alla vocazione del diritto di ricorso e che ostacoli il buon funzionamento della Corte e il buono svolgimento del procedimento dinanzi ad essa può [in linea di principio] essere definito abusivo» (si veda Miroļubovs e altri c. Lettonia, n. 798/05, § 65, 15 settembre 2009), in quanto la nozione di abuso, rispetto all’articolo 35 § 3 a) della Convenzione, deve essere compresa nel suo significato comune contemplato dalla teoria generale del diritto – ossia il fatto, da parte del titolare di un diritto, di attuarlo al di fuori della sua finalità in modo pregiudizievole (si vedano Miroļubovs e altri, sopra citata, § 62; Petrović c. Serbia (dec.), nn. 56551/11 e altri dieci, 18 ottobre 2011).

21. La Corte sottolinea, infine, che, ai sensi dell’articolo 44A del regolamento, «le parti hanno l’obbligo di cooperare pienamente allo svolgimento del procedimento...». Essa ha ritenuto ripetutamente che le norme di procedura previste nel diritto interno sono volte a garantire la buona amministrazione della giustizia e il rispetto del principio di sicurezza giuridica e che gli interessati devono poter contare sull’applicazione di tali norme. La stessa constatazione si applica a fortiori alle disposizioni procedurali contenute nella Convenzione e nel regolamento della Corte (si veda Miroļubovs e altri, sopra citata, § 66).

22. Nel caso di specie la Corte osserva, anzitutto, che il ricorrente, per il tramite dell’avv. Marra, ha proposto, con dodici giorni di intervallo uno dall’altro, due ricorsi relativi allo stesso procedimento «Pinto»: il primo (ricorso n. 50914/11) per lamentare il ritardato pagamento delle somme accordate dalla corte d’appello «Pinto», il secondo (ricorso n. 58323/11) per criticare l’insufficienza dell’indennizzo «Pinto» per il danno morale nonché la condanna al pagamento delle spese relative al processo dinanzi alla Corte di cassazione «Pinto».

23. La Corte osserva, inoltre, che le comunicazioni del rappresentante del ricorrente successive alla presentazione dei due ricorsi si sono rivelate imprecise e ingannevoli. Nel fax del 12 dicembre 2011 egli sosteneva che i due ricorsi riguardavano la durata di due procedimenti distinti dinanzi alla corte d’appello di Napoli, mentre in realtà i due ricorsi riguardano il procedimento «Pinto» relativo a un procedimento principale unico dinanzi al TAR della Campania (paragrafi 3 e 4 supra). Nella lettera del 9 gennaio 2012 l’avvocato ribadiva che i due ricorsi riguardavano due procedimenti principali distinti, facendo pervenire alla Corte una decisione assolutamente non pertinente con i ricorsi nn. 50914/11 e 58323/11, in quanto relativa ad un terzo ricorso (n. 57194/10) proposto dallo stesso ricorrente (paragrafo 15 supra).

24. Lungi dall’essere collaborativa con la Corte e il suo mandato, la condotta del ricorrente e del suo avvocato si è rivelata particolarmente scorretta ed ha causato uno spreco di risorse della Corte. Pertanto, il diritto di ricorso individuale è stato distolto dal suo scopo, previsto dall’articolo 34 della Convenzione (si vedano Petrović e Bekauri, § 24, sopra citate). Ne consegue che i ricorsi devono essere dichiarati abusivi in applicazione dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione.

25. Del resto, la Corte osserva che, il 27 ottobre 2011, la cancelleria ha richiamato l’attenzione dell’avv. A. Marra sulla necessità di segnalare, quando vengono proposti nuovi ricorsi, l’esistenza di altri ricorsi già presentati a nome degli stessi ricorrenti e riguardanti gli stessi procedimenti giudiziari, per permettere di verificare se i nuovi motivi di ricorso sollevati debbano essere considerati parte integrante dei ricorsi già pendenti.

26. Nei ricorsi che propongono alla Corte, gli avvocati devono manifestare un alto livello di diligenza professionale e di collaborazione attiva con la Corte, che viene investita di numerosi ricorsi che sollevano problemi seri in materia di rispetto dei diritti dell’uomo. Devono non solo evitare di proporre motivi di ricorso inconsistenti ma anche, dopo aver presentato il ricorso, attenersi alle norme di deontologia e di procedura. Diversamente, il ricorso abusivo o superficiale mina la credibilità degli avvocati e addirittura, se ripetuto sistematicamente, può determinare la loro esclusione dai procedimenti dinanzi alla Corte, ai sensi degli articoli 36 § 4 b) e 44D del regolamento della Corte (si vedano Petrović e Bekauri, ibidem, sopra citate).

Per questi motivi, la Corte

Decide, all’unanimità, di riunire i ricorsi;

Dichiara, a maggioranza, i ricorsi irricevibili.

Françoise Tulkens
Presidente

Françoise Elens-Passos
Cancelliere aggiunto