Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 19 giugno 2012 - Ricorso n.38435/10- Adel BEN SLIMEN c.Italia

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata da Ombretta Palumbo, funzionario linguistico.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
SECONDA SEZIONE
DECISIONE
Ricorso n. 38435/10
Adel BEN SLIMEN contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 19 giugno 2012 in una camera composta da:

Françoise Tulkens, presidentessa,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso sopra citato presentato il 9 luglio 2010,
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:

IN FATTO

Il ricorrente, Ben Slimen, è un cittadino tunisino, nato nel 1975 e residente ad Asti. E’ rappresentato dinanzi alla Corte dall’Avv. P. Cutolo, del foro di Milano. Il governo convenuto è rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo coagente, P. Accardo.

A. Le circostanze della fattispecie

I fatti della causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

Il ricorrente è un cittadino tunisino in situazione irregolare in Italia.

Il 6 novembre 2007, fu arrestato e sottoposto a custodia cautelare nell’ambito di indagini per terrorismo internazionale (articolo 270 bis del codice penale).

Fu assolto con sentenza della corte d’assise di Milano dell’8 luglio 2010.

Lo stesso giorno, il prefetto di Asti emise un decreto di espulsione nei suoi confronti, ed il ricorrente fu subito condotto in un centro di permanenza temporaneo di Torino in attesa dell’esecuzione dell’espulsione.
Il 9 luglio 2010, il giudice di pace di Torino autorizzò l’espulsione del ricorrente verso la Tunisia.

Su richiesta del ricorrente, lo stesso giorno la presidentessa della seconda sezione della Corte ha deciso di indicare al governo italiano, ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte, che era auspicabile, nell’interesse delle parti e del buon svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte, di non espellere il ricorrente verso la Tunisia fino a nuovo ordine. E’ stata attirata l’attenzione del Governo sul fatto che il fatto che uno Stato contraente non si conformi ad una misura indicata ai sensi dell’articolo 39 del regolamento può costituire una violazione dell’articolo 34 della Convenzione (vedi Mamatkulov e Askarov c. Turchia [GC], no 46827/99 e no 46951/99, §§ 128-129 e punto 5 del dispositivo, CEDH 2005-I).

Il 23 luglio 2010, la prefettura di Asti sospese l’esecuzione del decreto di espulsione in attesa della decisione della Corte.

B. Il diritto interno pertinente

I ricorsi che è possibile presentare avverso un decreto di espulsione in Italia e le norme che disciplinano la riapertura di un processo in contumacia in Tunisia si trovano in Saadi c. Italia ([GC], no 37201/06, §§ 58-60, 28 febbraio 2008)

C. Testi e documenti internazionali

I principali documenti internazionali relativi alla situazione in Tunisia all’epoca della fattispecie si trovano nelle cause Saadi c. Italia (sopra citata, §§ 65-93) e Toumi c. Italia (no 25716/09, §§ 27-29, 5 aprile 2011).

La Corte ha esaminato la situazione in Tunisia in seguito al recente cambiamento di regime nella sentenza Al Hanchi c. Bosnia-Erzegovina (no 48205/09, §§ 26-28, 15 novembre 2011) e nella decisione K.A. c. Svizzera (no 30352/09 § 28, 17 aprile 2012).

MOTIVI DI RICORSO

Il ricorrente lamenta che in quanto persona sospettata di atti terroristici, in Tunisia sarebbe sottoposto ad un regime detentivo in violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione.

IN DIRITTO

Il ricorrente lamenta che la decisione delle autorità italiane di espellerlo verso la Tunisia costituisce una violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione, che, nelle loro parti pertinenti, sono così formulati:

«Il diritto di ogni persona alla vita è protetto dalla legge. Non può essere volontariamente inflitta la morte ad alcuno, eccetto che in esecuzione di una sentenza capitale, pronunziata da un tribunale nel caso in cui un delitto è punito dalla legge con questa pena.»

«Nessuno può essere sottoposto a torture né a pene o trattamenti inumani o degradanti.»

1. Tesi delle parti

a) Il Governo

Il Governo eccepisce anzitutto il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in quanto il ricorso presentato dal rappresentante del ricorrente avverso il decreto di espulsione è sempre pendente dinanzi al giudice di pace di Asti.

Il Governo ricorda che il ricorrente è stato prosciolto da tutte le accuse di terrorismo e che la sua situazione è diversa da quella esaminata nella causa Saadi c. Italia ([GC], no 37201/06, CEDH 2008). Inoltre, il Governo ha ricevuto informazioni secondo cui al ricorrente non sono ascrivibili reati in Tunisia. Di conseguenza, l’esecuzione dell’espulsione non lo esporrebbe a rischi di trattamenti contrari agli articoli 2 e 3 della Convenzione.

b) Il ricorrente

Il ricorrente contesta l’eccezione preliminare del Governo e sostiene la non effettività del ricorso presentato avverso il decreto di espulsione.

Il ricorrente lamenta che rischierebbe di subire dei maltrattamenti se fosse rinviato in Tunisia, dove secondo lui sarebbe sospettato di terrorismo.

Il ricorrente ricorda che secondo la giurisprudenza della Corte il fatto di essere sospettato di appartenere alle organizzazioni sovversive e di essere inserito nelle liste dei potenziali terroristi rappresenta un’effettiva possibilità del rischio di essere sottoposti in Tunisia a torture e a trattamenti inumani e degradanti (Saadi § 143, sopra citata).

2. Valutazione della Corte

La Corte non ritiene necessario esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Governo nella misura in cui, anche ammettendo che le vie di ricorso siano state legittimamente esaurite, il ricorso è in ogni caso irricevibile per mancanza palese di fondamento.

La Corte ricorda che i principi generali relativi alla responsabilità degli Stati contrattanti in caso di espulsione, agli elementi da considerare per valutare il rischio di esposizione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione ed al concetto di «tortura» e di «trattamenti inumani e degradanti» sono riassunti nella sentenza Saadi c. Italia ([GC], no 37201/06, §§ 124-133, CEDH 2008-...). In tale sentenza, la Corte ha ribadito il carattere assoluto della proibizione della tortura o delle pene o trattamenti inumani e degradanti prevista dall’articolo 3 della Convenzione, per quanto siano state indesiderabili e pericolose le azioni della persona in questione. La Corte ha altresì ribadito l’impossibilità di valutare il rischio di maltrattamenti ed i motivi addotti per l’espulsione al fine di stabilire se la responsabilità di uno Stato sia coinvolta nell’ambito dell’articolo 3 (§§ 137-141).

Per determinare la sussistenza di motivi seri ed accertati che possano far credere ad un reale rischio di trattamenti incompatibili con l’articolo 3, la Corte si basa sull’insieme degli elementi fornitigli o, eventualmente, che essa stessa si è procurata d’ufficio (H.L.R. c. Francia, 29 aprile 1997, § 37, Raccolta delle sentenze e delle decisioni 1997 III e Hilal c. Regno Unito, no 45276/99, § 60, CEDH 2001-II). In cause come quelle della fattispecie, la Corte ha il dovere infatti di applicare dei criteri rigorosi al fine di valutare la sussistenza di tale rischio (Chahal c. Regno Unito, 15 novembre 1996, § 96, Raccolta delle sentenze e delle decisioni 1996).

In linea di principio, spetta al ricorrente presentare gli elementi capaci di dimostrare che vi sono serie ragioni per pensare che, se la misura incriminata fosse eseguita, egli sarebbe esposto a un rischio reale di essere sottoposto a trattamenti contrari all’articolo 3 (N. c. Finlandia, no 38885/02, § 167, 26 luglio 2005). Nel caso siano presentati tali elementi, spetta al Governo dissipare gli eventuali dubbi in proposito.

Al fine di verificare l’esistenza di un rischio di maltrattamenti nella fattispecie, la Corte deve esaminare le prevedibili conseguenze del rimpatrio del ricorrente in Tunisia, tenendo conto della situazione generale, del cambiamento di regime successivamente verificatosi e delle circostanze specifiche al caso della persona in questione (Al Hanchi, sopra citata § 42).

La Corte ricorda che nella causa Al Hanchi (sopra citata), la Corte ha deciso che l’espulsione di un cittadino tunisino sospettato di terrorismo verso il suo paese d’origine non costituiva una violazione dell’articolo 3 della Convenzione, tenuto conto della transizione democratica in Tunisia.

Tra l’altro, la Corte osserva che, dopo l’adozione della sentenza Al Hanchi (sopra citata), il 23 ottobre 2011 vi sono state delle elezioni organizzate in presenza di osservatori internazionali che hanno portato all’elezione di un’Assemblea Costituente (K.A., sopra citata, § 28)

Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza Al Hanchi, sopra citata, la Corte conclude che il ricorrente non corre alcun rischio di maltrattamenti in caso di espulsione verso la Tunisia, e quindi il suo rimpatrio non comporterebbe la violazione dell’articolo 3.

Questa conclusione esime la Corte dall’esaminare la questione di sapere se l’espulsione violerebbe altresì l’articolo 2 della Convenzione. Di conseguenza, occorre porre fine all’applicazione dell’articolo 39 del regolamento e respingere il ricorso in quanto palesemente infondato, ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Françoise Tulkens
Presidentessa

Stanley Naismith
Cancelliere