Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 26 giugno 2012 - Ricorso n. 44853/10 Toniolo C. San Marino e Italia

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione Generale del Contenzioso e dei Diritti Umani, eseguita dalla dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
TERZA SEZIONE
CAUSA TONIOLO C. SAN MARINO E ITALIA
(Ricorso n. 44853/10)
SENTENZA
STRASBURGO
26 giugno 2012

 

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite dall’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma. 

 

Nella causa di Toniolo c. San Marino e l’Italia,
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Terza Sezione), riunita in una camera composta da:

Josep Casadevall, Presidente,
Corneliu Bîrsan,
Ján Šikuta,
Ineta Ziemele,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, giudici,
e Santiago Quesada, Cancelliere di Sezione,

dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 29 maggio 2012,
rende la seguente sentenza, adottata in tale data:

 


PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n° 44853/10) proposto contro la Repubblica Italiana e la Repubblica di San Marino con il quale un cittadino italiano, il Sig. Giuseppe Toniolo (“il ricorrente”) ha adito la Corte il 2 agosto 2010 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).

2. Il ricorrente è stato rappresentato dall’Avv. U. Guerini, del Foro di Bologna, Italia. Il Governo sanmarinese (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo Agente, Sig. Lucio L. Daniele e dal suo Agente aggiunto, Sig. Guido Bellatti Ceccoli.

3. Il ricorrente ha sostenuto che la sua custodia cautelare e la successiva estradizione hanno violato i suoi diritti di cui all’articolo 5 § 1.

4. Il 14 marzo 2011 il ricorso è stato comunicato al Governo di San Marino. Si è anche stabilito di  giudicare contestualmente la ricevibilità e il merito del ricorso (articolo 29 § 1).

5. Il Governo italiano, al quale il Cancelliere aveva notificato il suo diritto a intervenire nel procedimento (articolo 36 § 1 della Convenzione e articolo 44 del Regolamento), ha dichiarato di non avere l’intenzione di farlo.

 

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

6. Il ricorrente, cittadino italiano, è nato nel 1949 e vive a San Marino.

A. La richiesta di estradizione

7. Il 10 agosto 2009, il Procuratore del Tribunale di Roma ha comunicato al Ministero della Giustizia italiano e al Tribunale di San Marino, che era stato iscritto un procedimento penale nei confronti del ricorrente (cittadino italiano residente in San Marino) per, inter alia, riciclaggio di denaro. Egli ha inoltre comunicato loro che con ordinanza del 3 luglio 2009 il Tribunale di Roma aveva disposto la sua custodia cautelare. Il Procuratore ha pertanto richiesto alle autorità giudiziarie di San Marino di estradare il ricorrente e collocarlo in custodia cautelare a norma della Convenzione bilaterale di amicizia e buon vicinato tra l’Italia e San Marino del 1939 (la Convenzione del 1939). Egli ha chiesto contemporaneamente al Ministero italiano di autorizzare la richiesta di estradizione.

8. Con provvedimento del 12 agosto 2009 il Commissario della Legge (CL) ha accolto la richiesta e ha disposto l’arresto del ricorrente e la sua custodia cautelare nelle more dell’estradizione, a norma della Convenzione del 1939, osservando, inoltre, che San Marino aveva ratificato anche la Convenzione europea di estradizione del 1957 (la Convenzione del 1957).

9. Lo stesso giorno il decreto è stato notificato al ricorrente ed egli è stato arrestato.

10. Il 14 agosto 2009, in attesa della richiesta ufficiale da parte del Ministero della Giustizia italiano a norma dell’articolo 22 della Convenzione del 1939, il CL ha chiesto ai Capitani Reggenti (CR) di autorizzare l’estradizione, osservando che i pertinenti requisiti erano soddisfatti. Non è pervenuta risposta.

11. Il 20 agosto 2009 il ricorrente e il suo avvocato sono stati uditi in relazione all’estradizione. Lo stesso giorno, il CL ha rigettato la richiesta del ricorrente di arresto domiciliare a norma della Convenzione del 1939.

12. Il 26 agosto 2009 il Segretario di Stato ha comunicato al CL una nota verbale dell’ambasciata italiana del 20 agosto 2009 che osservava che il 16 giugno 2009 San Marino era diventato parte della Convenzione del 1957 e che pertanto la richiesta italiana sarebbe stata presentata entro i 40 giorni stabiliti dalla Convenzione del 1957. Inoltre, la nota verbale chiedeva la proroga disponibile in base alla suddetta Convenzione, nel caso in cui essa fosse divenuta necessaria.

B. Il successivo procedimento

13. Il 24 agosto 2009 il ricorrente ha lamentato il provvedimento del 12 agosto 2009 (paragrafo 8 supra) nella misura in cui non sussisteva alcun motivo urgente di cui alla Convenzione del 1939, che era applicabile secondo lui alla presente estradizione, che giustificasse la custodia cautelare.

14. Il 7 settembre 2009 il giudice dell’appello ha rigettato questa doglianza. Il Tribunale ha ritenuto che la misura cautelare fosse intesa a facilitare l’estradizione. Esso ha considerato l’elemento di urgenza da collegare al rischio di latitanza e che si dovesse tenere conto della situazione geografica di San Marino. Il Tribunale ha ritenuto che la base della custodia fosse il mandato di arresto del 12 agosto 2009 che esso in tal modo confermava, modificando tuttavia le disposizioni applicabili in quanto tali disposizioni dovevano essere disciplinate dalla Convenzione del 1957 che doveva essere applicata alla presente estradizione. Se era vero che i primi passi del procedimento di estradizione erano stati conformi alla Convenzione del 1939 e quelli successivi alla Convenzione del 1957, era anche vero che San Marino aveva fatto una riserva, al momento di ratificare la Convenzione del 1957, che prevedeva che il suo accordo bilaterale avrebbe prevalso. Tuttavia l’Italia non aveva fatto tale riserva né aveva riconosciuto quella fatta da San Marino.

15. Lo stesso giorno, il 7 settembre 2009, il ricorrente ha chiesto, a norma della Convenzione del 1939, di essere rilasciato allo spirare di 30 giorni dal suo arresto, se la richiesta di estradizione e i pertinenti documenti non fossero stati presentati.

16. L’11 settembre 2009 questa richiesta è stata rigettata dal CL, che ha ritenuto che la Convenzione del 1957, che prevaleva sulla Convenzione del 1939, prevedesse un massimo di 40 giorni.

C. L’estradizione

17. Il 18 settembre 2009 il CL ha informato il CR della richiesta di estradizione e dei pertinenti documenti presentati dal Ministero della Giustizia italiano lo stesso giorno. Egli ha confermato che le condizioni della Convenzione del 1957 erano soddisfatte e ha pertanto richiesto l’autorizzazione all’estradizione. Lo stesso giorno il CR ha fornito l’autorizzazione in base alla Convenzione del 1957 e il CL ha disposto l’estradizione del ricorrente, che ha avuto luogo il giorno successivo.

18. Il 19 settembre 2009 alle ore 12.50 il ricorrente è stato prelevato e dieci minuti dopo gli è stato notificato il decreto di estradizione che egli ha rifiutato di firmare affermando che esso avrebbe dovuto essere presentato al suo avvocato. Egli è stato trasferito alla custodia della Polizia italiana alle ore 14.45 e alle ore 16.15 il decreto di estradizione è stato notificato a uno dei suoi avvocati.

D. I conseguenti procedimenti paralleli

1. La prima serie di procedimenti

19. Il 5 ottobre 2009 il ricorrente ha proposto ricorso (ex art. 56 del c.p.p.) alla Terza Istanza Penale avverso il decreto del giudice dell’appello del 7 settembre 2009 (che confermava l’ordinanza di custodia cautelare del 12 agosto 2009 – paragrafo 14 supra) e il decreto di estradizione del 18 settembre 2009. In relazione al primo egli ha sostenuto di non essere un soggetto pericoloso, che non vi era rischio di fuga o di inquinamento delle prove, non vi era nessuna necessità di proteggere la comunità, che le accuse mosse dal Governo italiano erano infondate e che la richiesta di estradizione non era stata presentata in modo corretto. Quanto all’estradizione, egli ha affermato, inter alia, che essa era viziata dato che era stata chiesta in base alla Convenzione del 1939 e non alla Convenzione del 1957, che non poteva essere applicata data la riserva di San Marino in base alla quale avrebbe prevalso l’accordo bilaterale. Inoltre, l’intera procedura è stata tacciata di illegalità, i diritti della difesa erano stati violati in quanto il ricorrente non era stato udito, i suoi avvocati non avevano ricevuto la notifica né avevano avuto accesso al ricorrente al momento dell’estradizione. Egli ha anche rinviato alle deduzioni presentate il 24 agosto 2009.

20. Con sentenza del 20 novembre 2009 (notificata il 1° dicembre 2009) la Terza Istanza Penale ha ritenuto di non poter prendere atto della doglianza avverso il decreto di estradizione dato che lo stesso era ancora pendente davanti al giudice dell’appello in secondo grado (vedi infra). Quanto al resto, essa ha ribadito che se era vero che i primi passi del procedimento di estradizione erano stati conformi alla Convenzione del 1939 e i successivi alla Convenzione del 1957, era anche vero che San Marino aveva fatto una riserva, al momento in cui aveva ratificato la Convenzione del 1957, che prevedeva che avrebbe prevalso l’accordo bilaterale. L’Italia comunque non aveva fatto tale riserva, né aveva riconosciuto quella di San Marino. Ciò ha pertanto condotto a una situazione in cui per San Marino si applicava la Convenzione del 1939 e per l’Italia si applicava la Convenzione del 1957. Questo chiaramente non poteva andare. Pertanto, era ovvio che la riserva poteva essere applicata solo se entrambi gli Stati avevano dichiarazioni coincidenti. Quanto alla decisione di tenere il ricorrente in custodia cautelare il Tribunale ha ritenuto che la decisione del CL fosse stato un esercizio legittimo della discrezionalità in cui il CL aveva esaminato la gravità dei reati, le prove presentate e ogni altra condizione pertinente al fine di estradare con successo il ricorrente. Pertanto, le condizioni per l’applicazione di tale misura erano soddisfatte in base a entrambe le Convenzioni. Inoltre, non si poteva dire che il procedimento di estradizione aveva mai causato un danno al ricorrente. Il procedimento era stato conforme alla richiesta italiana e alle pertinenti Convenzioni in diverse fasi. Ciò costituiva una base legittima per l’intero procedimento di estradizione compresa la durata della custodia. Pertanto, esso ha ulteriormente confermato il decreto di arresto del 12 agosto 2009 e il decreto del giudice dell’appello del 7 settembre 2009, che erano così definitivi.

2. La seconda serie di procedimenti

21. Il 29 settembre 2009 (alcuni giorni prima dell’inizio della prima serie di procedimenti succitata), il ricorrente aveva presentato un ricorso (ex art. 56 c.p.p. e art. 30 della Legge n. 104 del 30/07/2009) davanti al giudice dell’appello avverso il decreto di estradizione del 18 settembre 2009. Il ricorso iniziava ribadendo le argomentazioni espresse nelle sue deduzioni del 24 agosto 2009 (relative alla custodia cautelare). Egli ha inoltre eccepito, inter alia, di essere stato estradato senza essere stato udito e senza che gli fosse stata notificata l’autorizzazione relativa a tale procedura a eccezione del decreto del 18 settembre 2009, e ha sottolineato altre irregolarità che viziavano la richiesta quali l’applicazione di due Convenzioni che avevano requisiti formali diversi. Egli ha anche ribadito altre questioni sollevate nelle sue deduzioni del 24 agosto 2009.

22. Il ricorso è stato rigettato il 23 novembre 2009 (pochi giorni dopo la succitata sentenza definitiva del 20 novembre 2009). Il Tribunale ha osservato che l’oggetto del ricorso era lo stesso di quello presentato in un altro ricorso. L’obiezione all’esecuzione del decreto di estradizione del ricorrente del 18 settembre 2009 era identica in entrambi i procedimenti. L’obiezione avverso l’ordinanza del 12 agosto 2009 era irricevibile non in base al fatto che essa era contestata in un altro foro, ma in particolare perché le argomentazioni addotte erano le stesse in entrambi i fori.

23. Il 17 dicembre 2009 il ricorrente ha proposto appello alla Terza Istanza Penale avverso questa decisione. Il ricorrente ha dichiarato di appellare la decisione del 23 novembre 2009 che aveva rigettato il suo appello del “5 ottobre 2009”. Egli ha dedotto, inter alia, di essere stato estradato senza essere udito e senza aver ricevuto notifica delle autorizzazioni relative a tale procedura a eccezione del decreto del 18 settembre 2009, e ha sottolineato altre irregolarità che viziavano la richiesta quali l’applicazione di due Convenzioni che avevano requisiti formali diversi, e le questioni sollevate nelle sue deduzioni del 24 agosto 2009. Conseguentemente egli ha ritenuto che l’estradizione dovesse essere considerata non valida.

24. Con sentenza dell’8 febbraio 2010 la Terza Istanza Penale ha ritenuto che questo ricorso si riferisse a tutti i passi del procedimento di estradizione, dato che esso ribadiva gli stessi motivi resi noti precedentemente in diverse fasi del procedimento, compresi quelli davanti allo stesso giudice della Terza Istanza Penale. Il Tribunale ha ritenuto che, quanto alla notifica, sia il ricorrente sia i suoi avvocati fossero stati informati del decreto di arresto del 12 agosto 2009 lo stesso giorno, e che l’ordinanza italiana su cui si basava il decreto di arresto era stata notificata il giorno successivo. Pertanto, gli avvocati del ricorrente avevano avuto pieno accesso allo stesso mentre si trovava in custodia e a tutti i documenti pertinenti al procedimento. Il ricorrente era stato udito in udienza e aveva utilizzato molteplici mezzi di ricorso per ogni fase del procedimento. Il Tribunale ha ribadito che tutti questi procedimenti erano stati disciplinati dalla Convenzione del 1957, quale strumento prevalente e che qualsiasi decreto basato sulla Convenzione del 1939 non aveva danneggiato il ricorrente nel suo diritto alla libertà. In sostanza esso ha ritenuto che vi era stata una sufficiente giustificazione logica e giuridica per accogliere la richiesta di estradizione italiana che era stata presentata, compresi tutti gli elementi pertinenti e necessari in base ai pertinenti testi giuridici internazionali. Infine, la Terza Istanza Penale ha osservato che il giudice dell’appello aveva confermato le obiezioni del procuratore secondo cui non vi era niente di nuovo in questo ricorso, che era pertanto irricevibile. Tenendo presente tutto quanto sopra, essa ha ritenuto l’appello manifestamente infondato e ha confermato il decreto del 18 settembre 2009 di estradizione del ricorrente.

E. La posizione del ricorrente successiva all’estradizione

25. Il 12 febbraio 2010 i Tribunali italiani hanno rilasciato il ricorrente a causa dello spirare dei termini di custodia previsti dalla legge.


II. IL DIRITTO NAZIONALE E INTERNAZIONALE PERTINENTE

A. I pertinenti testi nazionali

26. L’articolo 8 del Codice penale di San Marino, nella misura in cui è pertinente, recita come segue:
“L’estradizione è disciplinata per mezzo di convenzioni internazionali, e nel caso in cui esse non la prevedano, dalla legislazione di San Marino. L’estradizione di persone localizzate nel territorio di San Marino è consentita se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. che il fatto costituisce reato sia per la legislazione di San Marino sia per quella dello Stato richiedente;
  2. che il reato, la pena o le relative misure non sono estinte nella legislazione di uno dei due Stati;
  3. che il procedimento penale possa essere eseguito nei tribunali di entrambi gli Stati.
  4. che la richiesta non riguardi un cittadino di San Marino, a meno che ciò non sia espressamente consentito da convenzioni  internazionali.
  5. che essa non riguarda reati politici o reati relativi a questi ultimi, o esclusivamente reati militari, o che sembra che l’estradizione sia voluta unicamente per motivi politici (…).”

B. I pertinenti testi internazionali

1. La Convenzione Bilaterale di amicizia e buon vicinato tra l’Italia e San Marino del 1939

27. L’articolo 22 della Convenzione del 1939, nella misura in cui è pertinente, recita come segue:
“La domanda di estradizione sarà presentata direttamente dall’autorità giudiziaria competente dello Stato richiedente a quella dello Stato richiesto. (…) La richiesta di estradizione e la concessione dell’estradizione dovranno essere autorizzate, in Italia dal Ministro di grazia e giustizia, e nella Repubblica di San Marino dalla Reggenza (RC). (Traduzione sommaria non ufficiale)

28. L’articolo 23 della Convenzione, nella misura in cui è pertinente, recita come segue:
“Non appena sia presentata la domanda di estradizione, saranno prese le misure necessarie per assicurarne l’esecuzione. La persona arrestata sarà detenuta fino a che sia stato deciso sulla domanda di estradizione, e se questa viene concessa, fino alla sua esecuzione. In caso di urgenza si potrà concedere l’arresto provvisorio in base a una dichiarazione (relativa a certe condizioni, quali l’esistenza dei un mandato di arresto) o in base a una segnalazione fatta nel bollettino delle ricerche dei criminali. L’individuo arrestato provvisoriamente sarà rimesso in libertà se nel termine di un mese a decorrere dal suo arresto, non siano pervenuti alla Parte richiesta la domanda di estradizione e i documenti relativi. Questo termine potrà essere prorogato a due mesi se l’individuo da estradare è segnalato come criminale pericoloso o se l’arresto è avvenuto esclusivamente in base a una segnalazione pubblica nel bollettino delle ricerche dei criminali. Il rilascio dell’individuo arrestato provvisoriamente non pregiudica la sua estradizione dopo che siano pervenuti la domanda e i documenti relativi.” (Traduzione sommaria non ufficiale)

2. La Convenzione europea di estradizione del 1957

29. I pertinenti articoli recitano come segue:

Articolo 12 – Domanda e atti a sostegno

  1. La domanda sarà espressa per iscritto e presentata attraverso i canali diplomatici. Un’altra via potrà essere convenuta mediante accordo diretto fra due o più Parti.
  2. A sostegno della domanda sarà prodotto:
    1. l’originale o la copia autentica di una decisione esecutiva di condanna o di un mandato di arresto o di qualsiasi altro atto avente la stessa forza, rilasciato nelle forme prescritte nella legge della Parte richiedente;
    2. un esposto dei fatti, per i quali l’estradizione è domandata. Il tempo e il luogo del loro compimento, la loro qualificazione legale e il riferimento alle disposizioni legali loro applicabili saranno indicate il più esattamente possibile;
    3. una copia delle disposizioni legali applicabili o, se ciò fosse impossibile, una dichiarazione sul diritto, come anche il segnalamento il più preciso possibile dell’individuo reclamato e qualsiasi altra informazione atta a determinare la sua identità e la sua cittadinanza.

Articolo 16 – Arresto provvisorio
“In caso d’urgenza, le autorità competenti della Parte richiedente potranno domandare l’arresto provvisorio dell’individuo ricercato; le autorità competenti della Parte richiesta statuiranno sulla domanda conformemente alla loro legge.
La domanda d’arresto provvisorio indicherà l’esistenza di uno degli atti previsti nel paragrafo 2, lettera a dell’articolo 12 e manifesterà l’intenzione di inviare una domanda d’estradizione; essa menzionerà il reato per il quale l’estradizione sarà domandata, il tempo e il luogo ove è stato commesso e, nella misura possibile, il segnalamento dell’individuo ricercato.
La domanda di arresto provvisorio sarà trasmessa alle autorità competenti dalla Parte richiesta sia per via diplomatica, sia direttamente per posta o telegrafo, sia attraverso l’organizzazione internazionale di Polizia Criminale (Interpol), sia per qualsiasi altro mezzo lasciante una traccia scritta o ammessa dalla Parte richiesta. L’autorità richiedente sarà informata senza indugio del seguito dato alla domanda.
L’arresto provvisorio potrà cessare, se, entro 18 giorni dall’arresto, la Parte richiesta non dispone della domanda di estradizione e degli atti menzionati nell’articolo 12; esso non potrà, in alcun caso, superare 40 giorni dal momento dell’arresto. Tuttavia, la liberazione provvisoria è sempre possibile, in quanto la Parte richiesta prenda tutte le misure da essa ritenute necessarie per evitare la fuga dell’individuo richiesto.
La liberazione provvisoria non impedisce un nuovo arresto né l’estradizione, se la domanda di estradizione perviene ulteriormente.”

Articolo 18 – Consegna dell’estradato
“La Parte richiesta comunicherà alla Parte richiedente, per la via prevista nel paragrafo 1 dell’articolo 12, la sua decisione sull’estradizione.
Qualsiasi rifiuto completo o parziale sarà motivato.
Nel caso di consenso, la Parte richiedente sarà informata del luogo e della data di consegna e della durata della detenzione subita in vista della estradizione dell’individuo richiesto.
Salve le disposizioni del paragrafo 5 del presente articolo, l’individuo richiesto, se non è stato ricevuto alla data stabilita, potrà essere liberato alla scadenza di un termine di 15 giorni da tale data e sarà, in ogni caso, liberato alla scadenza di un termine di 30 giorni; la Parte richiesta potrà rifiutare di estradarlo per lo stesso fatto.
In caso di forza maggiore che impedisce la consegna o il ricevimento dell’individuo da estradare, la Parte interessata ne informerà l’altra; ambedue si intenderanno su una nuova data di consegna e le disposizioni del paragrafo 4 del presente articolo saranno applicabili.”

Articolo 22 –Procedura
“Salvo disposizione contraria della presente Convenzione, la legge della Parte richiesta è la sola applicabile alla procedura dell’estradizione e a quella dell’arresto provvisorio.”

Articolo 26 – Riserve
“Qualsiasi Parte contraente potrà, al momento della firma della presente Convenzione o del deposito del suo strumento di ratificazione o di adesione, esprimere una riserva su una o più determinate disposizioni della Convenzione.
Qualsiasi Parte contraente che avesse espresso una riserva la ritirerà non appena le circostanze lo permetteranno. Il ritiro avverrà mediante notificazione al Segretario Generale del Consiglio d’Europa.
Una parte contraente che avesse espresso una riserva su una disposizione della Convenzione potrà pretendere l’applicazione della stessa disposizione da un’altra Parte soltanto nella misura in cui essa l’ha accettata.”

Articolo 28 – Relazioni tra la presente Convenzione e gli accordi bilaterali
“La presente Convenzione abroga, per quanto concerne i territori cui è applicabile, quelle disposizioni dei trattati, convenzioni o accordi bilaterali, che, fra due parti contraenti, reggono la materia dell’estradizione.
Le parti contraenti potranno concludere fra esse accordi bilaterali o multilaterali soltanto per completare le disposizioni della presente convenzione o per agevolare l’applicazione dei principi contenuti in essa.
Se, fra due o più parti contraenti l’estradizione è praticata sulla base di una legislazione uniforme, le Parti avranno la facoltà di disciplinare i loro rapporti reciproci in materia d’estradizione fondandosi esclusivamente su questo sistema, nonostante le disposizioni della presente Convenzione. Lo stesso principio sarà applicabile fra due o più parti contraenti di cui ciascuna ha in vigore una legge che prevede l’esecuzione sul suo territorio dei mandati di arresto emessi sul territorio dell’altra o delle altre parti. Le parti contraenti che escludono o escluderanno dai loro rapporti reciproci l’applicazione della presente Convenzione conformemente alle disposizioni di questo paragrafo, dovranno, a questo scopo, fare una notificazione al Segretario Generale del Consiglio d’Europa. Questi comunicherà alle altre Parti Contraenti qualsiasi ratificazione ricevuta in virtù del presente paragrafo.”


IN DIRITTO

I. L’ASSERITA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 5 § 1 DELLA CONVENZIONE

30. Il ricorrente ha lamentato l’illegittimità della sua custodia cautelare dato che essa ha ecceduto i termini previsti dalla legge, vale a dire la Convenzione del 1939 e/o la Convenzione del 1957 dato che le autorità italiane avevano presentato una richiesta di estrazione tardiva senza chiedere la proroga del termine. Il ricorrente ha lamentato che la richiesta di estradizione non era stata presentata all’autorità competente, in quanto il Ministero italiano l’aveva presentata al CL e non al CR tramite i canali diplomatici. Egli ha invocato l’articolo 5 § 1 della Convenzione che, nella misura in cui è pertinente, recita come segue:
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della sua libertà, eccetto che nei casi seguenti e per via legale:
c) se è stato arrestato o detenuto per essere condotto avanti l’autorità giudiziaria competente, quando si ha fondato motivo di supporre che abbia commesso un reato o si ha motivo di credere che è necessario impedire che commetta un reato o che fugga dopo il compimento di questo;
f) se si tratta dell’arresto o della detenzione legittima di una persona per impedirle di entrare nel territorio clandestinamente o contro la quale è in corso un procedimento di espulsione o di estradizione.

A. Doglianze nei confronti di San Marino

1. Ricevibilità

a. Eccezione del Governo sull’inosservanza del termine semestrale

31. Il Governo di San Marino ha ritenuto che le doglianze del ricorrente fossero irricevibili dato che essere erano state presentate dopo lo spirare del termine semestrale dalla data in cui era stata emessa la decisione interna definitiva.

32. Esso ha osservato che le doglianze del ricorrente avverso l’estradizione e l’arresto provvisorio erano state ribadite una seconda volta davanti alle stesse autorità giudiziarie e con le stesse identiche ragioni. Ciò era stato sottolineato nel procedimento nazionale sia dal magistrato dell’accusa, sia dal giudice dell’appello penale, sia dal giudice d’appello più elevato che aveva rigettato le richieste del ricorrente nella seconda serie di procedimenti in quanto l’appello riguardava lo stesso oggetto ed era basato sulle stesse ragioni presentate in un precedente appello, sul quale era già stata adottata una decisione. Conseguentemente, l’ultima decisione nazionale era quella del 20 novembre 2009, notificata il 1° dicembre 2009, e non quella dell’8 febbraio 2010, notificata il 22 febbraio 2010.

33. Secondo il ricorrente i procedimenti paralleli intrapresi costituivano due diversi procedimenti giudiziari. Egli ha sostenuto che le argomentazioni dei due appelli sono state parzialmente ripetute nei due procedimenti a causa della strumentalità del primo all’altro. Tuttavia, secondo lui la differenza formale e sostanziale del loro oggetto li rendeva pienamente autonomi e ha dato origine a due sentenze distinte.

34. La Corte ribadisce che l’articolo 35 § 1 della Convenzione prevede che gli unici mezzi di ricorso che devono essere esauriti sono quelli disponibili e sufficienti a riparare alle asserite violazioni. Il fine dell’articolo 35 § 1 è di concedere agli Stati contraenti l’opportunità di prevenire o riparare le asserite violazioni da parte degli stessi prima che tali accuse siano presentate alla Corte (vedi, inter alia, Selmouni c. Francia [GC], n. 25803/94, § 74, CEDU 1999-V). Comunque il ricorrente non è obbligato a ricorrere a mezzi di ricorso inadeguati o ineffettivi (vedi, Raninen c. Finlandia, 16 dicembre 1997, § 41, Reports of Judgments and Decisions 1997-VIII). Segue che il fine di tali mezzi di ricorso avrà conseguenze sull’individuazione della “decisione definitiva” e, conseguentemente, sul calcolo del punto di partenza dal quale decorreil termine semestrale (vedi, per esempio, Kucherenko c. Ucraina, (dec.) n. 41974/98, 4 maggio 1999, e Prystavska c. Ucraina (dec.), n. 21287/02, 17 dicembre 2002).

35. La Corte osserva che, nel presente caso, il ricorrente ha iniziato due serie di procedimenti quasi contemporaneamente.
Il primo è iniziato con ricorso depositato il 24 agosto 2009 avverso la decisione del 12 agosto 2009 relativa alla sua custodia cautelare. Il ricorso è stato rigettato dal giudice dell’appello il 7 settembre 2009. Il 5 ottobre 2009 il ricorrente ha appellato tale decisione davanti alla Terza Istanza Penale, il suo appello conteneva però anche una doglianza avverso il sopravvenuto decreto di estradizione del 18 settembre 2009. La Terza Istanza Penale ha rigettato le sue doglianze il 20 novembre 2009. Essa ha ritenuto che la doglianza relativa all’estradizione fosse prematura, e che la doglianza relativa alla custodia cautelare fosse infondata nel merito. Perciò, la decisione sulla custodia cautelare è diventata definitiva.
La seconda serie di procedimenti è iniziata con ricorso presentato il 29 settembre 2009 avverso il decreto di estradizione del 18 settembre 2009, per mezzo del quale il ricorrente ha ribadito le argomentazioni presentate nel precedente ricorso, vale dire quello del 24 agosto 2009 sulla custodia cautelare. Questo ricorso è stato rigettato dal giudice dell’appello il 23 novembre 2009 in quanto era sostanzialmente identico a quello deciso il 20 novembre 2009 dallo stesso giudice. Il 17 dicembre 2009 il ricorrente ha proposto appello davanti alla Terza Istanza Penale che lo ha rigettato in data 8 febbraio 2010 in quanto manifestamente infondato.

36. La Corte osserva un notevole elemento di confusione nell’ambito dei procedimenti  nazionali, sia nei ricorsi presentati dal ricorrente sia nelle decisioni dei tribunali. A parte il fatto che il ricorrente aveva presentato ripetutamente le stesse argomentazioni nell’ambito di procedimenti distinti, la Corte osserva in particolare, che il ricorso in appello del ricorrente del 17 dicembre 2009 dichiarava che esso era un appello avverso la decisione del 23 novembre che rigettava il suo ricorso del 5 ottobre 2009. Il tribunale nazionale ha ribadito tale dichiarazione. La Corte osserva tuttavia che la decisione del 23 novembre 2009 aveva rigettato il ricorso del 29 settembre 2009 e non quello del 5 ottobre 2009. Invero il ricorso del 5 ottobre 2009 era già stato deciso con sentenza definitiva della Terza Istanza Penale del 20 novembre 2009. Preoccupa anche il fatto che il tribunale nazionale, nella seconda serie di procedimenti, abbia omesso di prendere nota del fatto che nella prima serie di procedimenti una parte del ricorso era stata rigettata in quanto prematura.

37. Ciononostante, la Corte esaminerà la sostanza delle due serie di procedimenti. La Corte non accetta la deduzione del ricorrente sulla natura distinta dell’oggetto di tali procedimenti. Invero in entrambi i procedimenti egli ha ribadito gli stessi punti in relazione alle sue due doglianze, vale a dire la custodia cautelare e il decreto di estradizione. Segue che l’oggetto è stato portato due volte davanti alle stesse giurisdizioni, ribadendo, in sostanza, le stesse argomentazioni. La Corte osserva tuttavia che la sentenza del 20 novembre 2009 aveva rigettato la doglianza del ricorrente avverso il decreto di estradizione in quanto prematura, dato che la doglianza era ancora pendente davanti al giudice nella seconda serie di procedimenti. Pertanto, in relazione a tale doglianza, la Corte è dell’opinione che il ricorrente avesse motivi legittimi per attendere la fine della seconda serie di procedimenti. La Corte ritiene pertanto che la seconda serie di procedimenti fosse ripetitiva e priva di prospettive di successo (vedi Barc Company Ltd c. Malta, (dec.) n. 38478/06, 21 settembre 2010) solo nella misura in cui essa riguardava la doglianza relativa alla custodia cautelare prima del decreto di estradizione che era stato deciso definitivamente nella prima serie di procedimenti.

38. Segue che, la sentenza dell’8 febbraio 2010 non può portare la doglianza relativa alla custodia cautelare del ricorrente precedente al decreto di estradizione entro il termine semestrale di cui all’articolo 35 § 1 della Convenzione. La decisione “definitiva” a livello nazionale a tale riguardo deve essere considerata la decisione della Terza Istanza Penale del 20 novembre 2009 notificata il 1° dicembre 2009, pertanto più di sei mesi prima della data di introduzione del ricorso (2 agosto 2010).

39. Segue che la doglianza di cui all’articolo 5 § 1 sulla custodia cautelare del ricorrente prima dell’estradizione è fuori termine e deve essere rigettata a norma dell’articolo 35 § § 1 e 4 della Convenzione.

40. Quanto alla doglianza relativa alla custodia collegata al decreto di estradizione, la Corte ritiene la decisione dell’8 febbraio 2010 l’ultima decisione nazionale. L’obiezione del Governo è pertanto rigettata.

41. Segue che questa doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 (a) della Convenzione. Essa non è irricevibile per nessun altro motivo. Essa deve pertanto essere dichiarata ricevibile.

2. Merito

a) Deduzioni delle parti

42. Il ricorrente ha lamentato nei confronti di San Marino l’illegittimità del decreto di estradizione in conseguenza di irregolarità procedurali relative all’estradizione. Egli ha dedotto che alla sua estradizione era applicabile la Convenzione del 1939 e non la Convenzione del 1957 cui San Marino ha acceduto dopo che il suo procedimento di estradizione era iniziato. Egli ha lamentato che la richiesta di estradizione non era stata presentata all’autorità competente, in quanto il Ministero italiano l’aveva presentata al CL e non al CR attraverso i canali diplomatici. Seguiva che la sua estradizione e il suo trasferimento alle autorità italiane erano stati illegittimi.

43. Per i motivi sostenuti dai tribunali nazionali, il Governo di San Marino ha ritenuto che la Convenzione del 1957 fosse applicabile al presente caso, e che il ricorrente fosse stato detenuto a norma dell’articolo 5 § 1 (f). La legge era stata accessibile e prevedibile. Inoltre, il procedimento era tutelato da garanzie procedurali, in quanto, secondo la giurisprudenza di San Marino, le garanzie che si applicavano ai procedimenti penali interni (quali il diritto all’assistenza legale, a essere udito e all’appello) si applicavano anche alle richieste internazionali relative a misure cautelari e coercitive.

b) Valutazione della Corte

i. Principi generali

44. La Corte ribadisce che quanto alla domanda se la custodia sia “legittima”, compreso se essa osservi una “procedura prevista dalla legge” a norma dell’articolo 5 § 1, la Convenzione rinvia essenzialmente alla legislazione nazionale, comprese le norme di diritto internazionale pubblico applicabili nello Stato interessato (vedi, mutatis mutandis, Groppera Radio AG e Altri c. Svizzera, 28 marzo 1990, Serie A n. 173, § 68; Öcalan c. Turchia [GC], n. 46221/99, §§ 83, 90, CEDU 2005-IV; e Weber e Saravia c. Germania (dec.), n. 54934/00, § 87, 29 giugno 2006). La Convenzione stabilisce l’obbligo di conformare le norme sostanziali e procedurali del diritto nazionale. Tuttavia, essa prevede inoltre che qualsiasi privazione della libertà debba essere compatibile con il fine dell’articolo 5, vale a dire la protezione degli individui dall’arbitrarietà (vedi Chahal c. Regno Unito, 15 novembre 1996, Reports of Judgments and Decisions 1996-V, § 118; Čonka c. Belgio, n. 51564/99, § 39, CEDU 2002-I; e Öcalan, succitata, § 83).

45. Spetta in primo luogo alle autorità nazionali, segnatamente ai tribunali, interpretare e applicare la legislazione nazionale. Tuttavia, dato che a norma dell’articolo 5 § 1 il mancato rispetto della legislazione nazionale comporta una violazione della Convenzione, segue che la Corte può e deve esercitare un certo potere di controllare se questa legislazione sia rispettata (vedi Bozano c. Francia, 18 dicembre 1986, Serie A n. 111, § 58; e Öcalan, succitata, § 84).

46. La Corte ha precedentemente accettato che un trattato bilaterale o internazionale, in quanto parte dell’ordinamento giuridico nazionale può costituire la base giuridica di un procedimento di estradizione e della custodia ai fini dell’estradizione (vedi Soldatenko c. Ucraina, n. 2440/07, § 112, 23 ottobre 2008). L’articolo 5 § 1 (f) della Convenzione, tuttavia, stabilisce anche che la custodia ai fini dell’estradizione debba essere effettuata “in conformità con una procedura prevista dalla  legge”.  Nello stabilire che qualsiasi privazione della libertà debba essere effettuata “in conformità con una procedura prevista dalla legge”, l’articolo 5 § 1 fa riferimento anche alla “qualità della legge”, imponendo che essa sia compatibile con lo stato di diritto, concetto insito in tutti gli articoli della Convenzione. In questo senso la “qualità della legge” implica che se una  legislazione nazionale autorizza la privazione della libertà essa deve essere sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile nella sua applicazione, per evitare qualsiasi rischio di arbitrarietà (vedi Khudoyorov c. Russia, n. 6847/02, § 125, CEDU 2005-X (estratti); Ječius c. Lituania, n. 34578/97, § 56, CEDU 2000-IX; Baranowski c. Polonia, n. 28358/95, §§ 50-52, CEDU 2000-III; e Amuur, succitata). La Corte valuterà se questo requisito è stato soddisfatto, con particolare riferimento alle garanzie previste dal sistema nazionale (vedi Dougoz c. Grecia, n. 40907/98, § 54, CEDU 2001-II).

ii. Applicazione al presente caso

47. La Corte ritiene che la custodia del ricorrente sia equivalsa a una custodia ai fini dell’estradizione e pertanto ricadesse nell’articolo 5 § 1 (f) della Convenzione. La Corte deve pertanto determinare se la custodia fosse “legittima”, compreso se essa rispettasse “una procedura prevista dalla legge” che riguarda principalmente la qualità del requisito giuridico.

48. La Corte osserva che la Convenzione del 1939 e la Convenzione del 1957 sono state applicate in fasi diverse del procedimento di estradizione del ricorrente. Non sembrava che vi fosse alcuna indicazione chiara su quale delle pertinenti Convenzioni si applicasse al caso di specie, che era stato lasciato alla discrezione delle autorità e all’interpretazione successiva, per la prima volta, dei tribunali nazionali. Tenendo presente l’incertezza relativa a quale dei due testi pertinenti fosse applicabile, la Corte ritiene difficile accettare che il sistema giuridico fornisse una precisa e prevedibile applicazione della legge.

49. Inoltre, anche nel caso in cui la Corte dovesse accettare la deduzione del Governo che la Convenzione del 1957, facendo parte dell’ordinamento giuridico nazionale, poteva costituire la base giuridica di un procedimento di estradizione e della custodia al fine dell’estradizione (vedi, mutatis mutandis, Soldatenko c. Ucraina, n. 2440/07, § 112, 23 ottobre 2008) a partire da una certa data, la Corte osserva che oltre a disciplinare i requisiti sostanziali e procedurali della richiesta di estradizione e i termini della custodia, la Convenzione del 1957, in particolare il suo articolo 22 (vedi paragrafo 29 supra), rinviava alla legislazione nazionale in relazione alle norme che disciplinavano il procedimento di estradizione. Perciò, la Convenzione del 1957 non prevedeva una procedura esaustiva da seguire nello Stato richiesto che potesse offrire garanzie dall’arbitrarietà.

50. La Corte deve pertanto esaminare se altre disposizioni della legislazione di San Marino offrissero tale procedura. La Corte osserva che per quanto riguarda l’estradizione la legislazione di San Marino si limita a una sola disposizione sostanziale, vale a dire l’articolo 8 del Codice penale di San Marino (vedi paragrafo 26 supra). Segue che il diritto di San Marino non conteneva alcuna disposizione relativa alla procedura da intraprendere nel contesto delle estradizioni ed esso non forniva una procedura che potesse offrire garanzie dall’arbitrarietà. Anche accettando che certe garanzie procedurali erano state trasposte dalla materia penale ai procedimenti di estradizione, come sostenuto dal Governo e riconosciuto dai tribunali nazionali, ciò non è sufficiente a concludere che esisteva una legislazione nazionale, che soddisfaceva la qualità dei requisiti di legge, che disciplinava tale procedura.

51. Le considerazioni che precedono sono sufficienti alla Corte a concludere che, all’epoca del presente caso, la legislazione di San Marino non prevedeva una procedura che fosse sufficientemente accessibile, precisa e prevedibile nella sua applicazione, tale da evitare il rischio di custodia arbitraria in attesa dell’estradizione. Segue che la custodia del ricorrente in conseguenza del decreto di estradizione del 18 settembre 2009 a San Marino non ha rispettato una procedura stabilita dalla legge.

52. Vi è stata conseguentemente violazione dell’articolo 5 § 1 (f) della Convenzione.

B. Doglianze nei confronti dell’Italia

53. Il ricorrente ha lamentato che la richiesta di estradizione non era stata presentata all’autorità competente. Inoltre, la sua estradizione aveva avuto luogo mentre egli era tenuto in custodia illegittimamente. Seguiva che la sua estradizione e il suo trasferimento alle autorità italiane e la successiva custodia erano state illegittime.

54. La Corte osserva che la custodia del ricorrente in Italia aveva la sua base nel decreto del Tribunale di Roma del 3 luglio 2009 e aveva il fine di portare il ricorrente davanti alla competente autorità giudiziaria per il ragionevole sospetto che avesse commesso un reato (articolo 5 § 1 (c)). La legittimità di tale decreto non è stata messa in questione dal ricorrente (vedi, a contrario, Stephens c. Malta, (n. 1), n. 11956/07, § 79, 21 aprile 2009).

55. Segue che, anche assumendo che questa doglianza nei confronti dell’Italia non sia irricevibile per mancato esaurimento, la doglianza è manifestamente infondata e deve essere rigettata in conformità all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

56. Nella misura in cui la doglianza nei confronti dell’Italia può riferirsi al periodo di custodia a San Marino, la Corte ribadisce che, un atto che è stato stimolato da un paese richiedente in base al proprio diritto nazionale ed è stato eseguito dallo stato richiesto in adempimento dei suoi obblighi relativi a un trattato, può essere attribuito al paese richiedente (nel presente caso l’Italia) nonostante il fatto che l’atto sia stato eseguito dal paese richiesto (nel presente caso San Marino) (vedi Stephens c. Malta, (n. 1), succitata, § 52). Tuttavia la Corte osserva che, se è vero che la doglianza può comportare la responsabilità dell’Italia in base alla Convenzione, e che spetta all’Italia la responsabilità di garantire che il mandato di arresto e la richiesta di estradizione fossero validi in base alla legislazione italiana, sia sostanziale sia procedurale, l’illegittimità nel presente caso, a differenza del caso di Stephens, non è sorta dall’inosservanza dei requisiti giuridici nazionali italiani. L’illegittimità è sorta in conseguenza della qualità della legislazione di San Marino in materia. Conseguentemente, la Corte ritiene che date le circostanze del presente caso, la responsabilità dell’Italia non possa essere coinvolta.

57. Segue che, anche assumendo che questa doglianza nei confronti dell’Italia non sia irricevibile per mancato esaurimento dei mezzi di ricorso nazionali, o alternativamente per inosservanza della norma del termine semestrale, dato che la custodia a San Marino è terminata il 19 settembre 2009, la doglianza è incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione di cui all’articolo 35 § 3 e deve essere rigettata a norma dell’articolo 35 § 4.

II. ALTRE ASSERITE VIOLAZIONI DELLA CONVENZIONE

58. Il ricorrente ha lamentato a norma degli articoli 6 e 17 della Convenzione, la sua estradizione, ritenendo che entrambi gli Stati fossero responsabili di irregolarità procedurali (quali i ritardi nel richiedere il decreto e l’assenza di notifica del decreto di estradizione) avvenute nel suo procedimento di estradizione.

59. La Corte ribadisce che il procedimento di estradizione non riguarda una controversia (“contestazione”) sui diritti e sugli obblighi civili di un ricorrente (vedi, inter alia, RAF c. Spagna, (dec. parziale), n. 53652/00, CEDU 2000-XI; e A.B. c. Polonia, (dec.), n. 33878/96, 18 ottobre 2001). Essa ricorda inoltre che le parole “determinazione … di ogni accusa in materia penale” di cui all’articolo 6 § 1 della Convenzione si riferisce alla procedura globale di esame della colpevolezza o dell’innocenza di un individuo e non meramente, come è nel caso di un procedimento di estradizione, alla procedura di determinazione dell’estradabilità o meno di una persona verso un paese straniero (vedi, tra l’altro, Mamatkulov e Askarov c. Turchia, [GC], nn. 46827/99 e 46951/99, § 82, CEDU 2005-I).

60. Pertanto, l’articolo 6 non è applicabile al presente caso nella misura in cui il ricorrente ha lamentato l’equità del procedimento di estradizione (vedi, mutatis mutandis, Al-Moayad c. Germania, (dec.), 20 febbraio 2007).

61. Segue che questa parte del ricorso è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione a norma dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e deve essere rigettata a norma del suo articolo 35 § 4.

62. Quanto alla doglianza di cui all’articolo 17 della Convenzione, la Corte ritiene che questa doglianza non vada oltre le succitate affermazioni di violazioni di altre disposizioni della Convenzione e pertanto non sorga proprio alcuna questione a norma dell’articolo 17.

63. In conclusione, la Corte ritiene che questa doglianza sia manifestamente infondata e debba essere rigettata a norma dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

III. APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

L’articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte Contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte offesa.”

65. Il ricorrente non ha presentato una richiesta di equa soddisfazione.


PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE ALL’UNANIMITÀ

  1. Dichiara ricevibile la doglianza di cui all’articolo 5 § 1 relativa alla custodia del ricorrente, a San Marino, collegata al decreto di estradizione, e irricevibile il resto del ricorso nei confronti di San Marino e dell’Italia;
  2. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 5 § 1 della Convenzione;
    Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 26 giugno 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

 

Santiago QUESADA
Cancelliere

Josep CASADEVALL
Presidente

A norma dell’articolo 45 § 2 della Convenzione e dell’articolo 74 § 2 del Regolamento della Corte, è allegato alla presente sentenza il parere distinto del Giudice ZIEMELE
J.C.M.
S.Q.

 

 

PARERE CONCORDE DEL GIUDICE ZIEMELE

  1. Concordo con la conclusione della Camera che vi è stata violazione dell’articolo 5 § 1 (f) in relazione alle circostanze della custodia del ricorrente successiva al decreto di estradizione del 18 settembre 2009. Non condivido pienamente, tuttavia, il ragionamento della Camera, in particolare quello di cui ai paragrafi 48-50 della sentenza.
  2. In primo luogo, il nocciolo del caso può essere ridotto a una semplice questione disciplinata dalle norme del diritto internazionale dei trattati. Nel 1939 San Marino e l’Italia hanno concluso una Convenzione bilaterale di amicizia e buon vicinato, i cui articoli 22 e 23 espongono la procedura da seguire per le richieste di estradizione. Nel 2009 San Marino ha ratificato la Convenzione europea di estradizione del 1957. Al momento dell’accessione, San Marino ha presentato una riserva, qualcosa che la Convenzione di estradizione permette, in relazione all’articolo 28 di tale Convenzione. L’articolo 28 espone il principio generale che: “La presente Convenzione abroga, per quanto concerne i territori cui è applicabile, quelle disposizioni dei trattati, convenzioni o accordi bilaterali, che, fra due Parti Contraenti, reggono la materia dell’estradizione”. La Convenzione non proibisce di concludere altre convenzioni se esse facilitano l’applicazione dei principi della Convenzione del 1957.
  3. Nella sua riserva San Marino ha dichiarato che la Convenzione bilaterale tra San Marino e l’Italia avrebbe continuato a essere applicata. Per ammissione generale essa forniva disposizioni più vantaggiose alle persone oggetto di richieste di estradizione. In ogni caso, e a prescindere dall’analisi della sostanza della Convenzione bilaterale e della compatibilità della riserva di San Marino con l’oggetto e il fine della Convenzione del 1957, la domanda preliminare cui devono rispondere le autorità nazionali di San Marino in questo caso era se la Convenzione del 1939 si applicava nei confronti del ricorrente a seguito della riserva di San Marino alla Convenzione del 1957. La Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati contiene le norme principali relative alle riserve ai trattati e alle obiezioni a esse. La norma principale è esposta all’articolo 21, che prevede: “Quando uno Stato che ha formulato un’obiezione a una riserva non si è opposto all’entrata in vigore del trattato fra sé stesso e lo Stato autore della riserva, le disposizioni alle quali la riserva si riferisce non si applicano fra i due Stati nella misura prevista dalla riserva.” Recentemente la International Law Commission ha adottato una Guida alla prassi sulle riserve ai trattati, in cui è fornita la seguente definizione:
    “Obiezione” indica una dichiarazione unilaterale, comunque formulata o denominata, fatta da uno Stato o da un’organizzazione internazionale in reazione a una riserva formulata da un altro Stato o da un’organizzazione internazionale, con cui il primo Stato o la prima organizzazione dichiara di precludere che la riserva abbia gli effetti che si prefiggeva o si oppone in altro modo alla riserva (vedi Annuario della International Law Commission, 2011, vol. II, parte 2).
    È importante sapere se l’Italia ha obiettato formalmente alla riserva di San Marino. Dalle informazioni disponibili sul sito web dell’Ufficio Trattati del Consiglio d’Europa sembra che l’Italia non abbia obiettato alla riserva. Ciò significa che l’articolo 28 si applica nei rapporti tra San Marino e l’Italia come modificato dalla riserva di San Marino. In altre parole, ai rapporti tra questi due paesi si applica la Convenzione del 1939, oltre alla Convenzione del 1957.
  4. Ritengo, pertanto, che sarebbe stato più appropriato nella sentenza attirare l’attenzione sull’obbligo di San Marino di determinare chiaramente l’ambito dei suoi obblighi internazionali in materia di  estradizione. Certamente, le autorità competenti dovrebbero essere consapevoli della prassi dello Stato nei rapporti internazionali e in una materia dell’importanza delle riserve ai trattati. È anche difficile capire perché, nelle sue deduzioni alla Corte, il Governo non ha chiarito la sua posizione sulla sua riserva alla Convenzione del 1957. Ciò è di per sé sufficiente a trovare problemi nell’applicazione dell’articolo 5.
  5. Non ritengo, comunque, che l’insieme delle disposizioni internazionali e nazionali disponibili che disciplinano l’estradizione a San Marino sia problematico. Ciononostante, è vero che se c’è un problema a livello nazionale nell’applicazione diretta del diritto internazionale, gli Stati tendono piuttosto ad adottare una legge nazionale esauriente. Comunque, San Marino deve decidere se desidera continuare a mantenere la sua riserva all’articolo 28 della Convenzione del 1957, dato che questo resta un motivo importante di incertezza giuridica.