Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 19 giugno 2012 - Ricorso n.9512/04 Messeni Nemagna ed altri c.Italia

Traduzione© a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata dal Rita Pucci, funzionario linguistico

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA MESSENI NEMAGNA ED ALTRI c. ITALIA
(Ricorso n. 9512/04)
SENTENZA
(Equa soddisfazione)
STRASBURGO
19 giugno 2012

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire variazioni di forma.

Nella causa Messeni Nemagna ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), costituita in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, giudici,e da Stanley Naimith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 29 maggio 2012,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 9512/04) presentato contro la Repubblica italiana con il quale sei cittadine di quello Stato, le sig.re Maria Messeni Nemagna («prima ricorrente»), Teresa Messeni Nemagna («seconda ricorrente»), Chiara Messeni Nemagna («terza ricorrente»), Mariarosalba Messeni Nemagna («quarta ricorrente»), Stefania Messeni Nemagna («quinta ricorrente») e Nunziata Metteo («sesta ricorrente»), hanno adito la Corte il 3 marzo 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2.Con sentenza del 5 ottobre 2006 («la sentenza in via principale»), la Corte ha giudicato che l’ingerenza controversa non era compatibile con il principio di legalità ed aveva quindi violato il diritto al rispetto dei beni delle ricorrenti (CEDU Messeni Nemagna ed altri c. Italia, n. 9512/04, § 40, 5 ottobre 2006).

3. In virtù dell’articolo 41 della Convenzione, le ricorrenti chiedevano un’equa soddisfazione corrispondente al valore commerciale del terreno di cui erano state private, rivalutato e accompagnato da interessi. Chiedevano inoltre il risarcimento dei danni morali, nonché una somma a titolo di rimborso delle spese sostenute dinanzi ai giudici interni e alla Corte.

4. La Corte si è riservata di decidere sulla questione, non ancora istruita, dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione ed ha invitato il Governo e le ricorrenti a trasmetterle osservazioni scritte sulla questione e, in particolare, a metterla al corrente di accordi eventualmente raggiunti (ibidem, punto 3 del dispositivo).

5. Il termine fissato per consentire alle parti di giungere ad un accordo amichevole è scaduto inutilmente.

6. Sia le ricorrenti sia il Governo hanno depositato osservazioni.

7. In seguito alla modifica della composizione delle sezioni della Corte, il presente ricorso è stato assegnato alla seconda sezione composta come in epigrafe.

IN DIRITTO

8. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno materiale

9. Nelle osservazioni depositate nel 2007, le ricorrenti chiedevano il versamento di 404.595 EUR, somma corrispondente al valore del terreno di cui sono state private, rivalutato e accompagnato da interessi. Nelle ultime osservazioni trasmesse dalle ricorrenti, queste chiedono la somma di 1.111.150,92 EUR.

10. Il Governo contesta le richieste delle ricorrenti.

11. La Corte rammenta che una sentenza di constatazione di una violazione comporta per lo Stato convenuto l’obbligo di porre fine alla violazione e di cancellarne le conseguenze così da ripristinare nei limiti del possibile la situazione ad essa precedente (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 32, CEDU 2000-XI).

12. Essa rammenta che nella causa Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, 22 dicembre 2009), la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte riguardante i criteri di indennizzo nelle cause di espropriazione indiretta. In particolare, la Grande Camera ha deciso di respingere le richieste dei ricorrenti perché fondate sul valore dei terreni alla data della sentenza della Corte e di non tenere più conto, ai fini della stima del danno materiale, del costo di costruzione degli edifici costruiti dallo Stato sui terreni.

13. Stando ai nuovi criteri fissati dalla Grande Camera, l’indennizzo deve corrispondere al valore pieno ed intero del terreno al momento della perdita della proprietà, quale stabilito dalla perizia disposta dal giudice competente nel corso del procedimento interno. Poi, una volta detratta la somma eventualmente concessa dal giudice nazionale, l’importo deve essere aggiornato per compensare gli effetti dell’inflazione. Esso va inoltre maggiorato di interessi tali da compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dallo spossessamento dei terreni. Tali interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato al capitale progressivamente rivalutato.

14. Nel caso di specie, le ricorrenti hanno perso la proprietà del loro terreno nel 1993. Stando alla perizia allegata alla delibera del comune di Bari n. 1623 del 13 dicembre 2000, il valore del bene in quella data era di 185.836 EUR. D’altra parte, la Corte deve tenere conto del fatto che, oltre alle cinque ricorrenti, anche una terza persona può rivendicare diritti sul secondo terreno oggetto della causa (§ 6 della sentenza in via principale). In assenza di indicazioni contrarie, la Corte ritiene che le cinque ricorrenti abbiano diritto a ricevere un’equa soddisfazione solo al 75% rispetto al valore del terreno.

15. Tenuto conto di questi elementi e deliberando secondo equità, la Corte ritiene ragionevole concedere congiuntamente alle ricorrenti 313.000 EUR per il danno materiale, oltre ad ogni importo eventualmente dovuto a titolo di imposta su tale somma.

16. Rimane da valutare la perdita di opportunità subita in conseguenza dell’espropriazione controversa (Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC] succitata, § 107). A giudizio della Corte, è opportuno prendere in considerazione il danno derivante dall’indisponibilità del terreno nel periodo compreso tra l’inizio dell’occupazione legittima (21 giugno 1990) e il momento della perdita di proprietà (1° luglio 1993). Dall’importo così calcolato sarà detratta la somma già ottenuta dalle ricorrenti a livello interno a titolo di indennità di occupazione. Deliberando secondo equità, la Corte assegna congiuntamente alle ricorrenti 30.000 EUR. 

B. Danno morale

17. Le ricorrenti chiedono il risarcimento del danno morale e lasciano alla Corte la cura di fissarne l’importo.

18. Il Governo vi si oppone. A suo avviso, nessuna somma è dovuta a titolo di danno morale, dal momento che questo tipo di danno non può derivare dalla violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, ma unicamente dalla violazione del «termine ragionevole».

19. Secondo la Corte, il senso di impotenza e frustrazione delle ricorrenti di fronte allo spossessamento illegale dei loro beni ha causato loro un danno morale notevole, che merita una riparazione adeguata.
20.  Deliberando secondo equità, la Corte concede congiuntamente alle ricorrenti 10.000 EUR a titolo di danno morale.

C. Spese

21. Giustificativi alla mano, le ricorrenti chiedono 111.767 EUR per le spese dei procedimenti dinanzi ai giudici interni, poi alla Corte.

22. Il Governo vi si oppone ed osserva che le richieste delle ricorrenti sono esorbitanti.

23. La Corte rammenta che la concessione delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone l’accertamento della loro realtà, necessità e, inoltre, ragionevolezza del loro tasso (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 54, CEDU 2000-XI). Inoltre, le spese di giustizia sono recuperabili solo se si riferiscono alla violazione constatata (si vedano, ad esempio, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 105, CEDU 2003-VIII).

24. La Corte non dubita della necessità di sostenere delle spese, ma trova eccessivi gli onorari complessivi rivendicati a tale titolo. A suo avviso, essi devono quindi essere rimborsati solo in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte giudica ragionevole concedere la somma di 15.000 EUR per l’insieme delle spese sostenute.

D. Interessi moratori

25.  La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

  1. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare alle ricorrenti congiuntamente, entro tre mesi a partire dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
      1. 343.000 EUR (trecentoquarantatremila euro), oltre ad ogni importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta, per il danno materiale;
      2. 10.000 EUR (diecimila euro), oltre ad ogni importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta, per il danno morale;
      3. 15.000 EUR (quindicimila euro), oltre ad ogni importo eventualmente dovuto dalle ricorrenti a titolo d’imposta, per spese;
    2. che, a partire dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  2. Rigetta la domanda di equa soddisfazione nel resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 19 giugno 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Tulkens
Presidente

Stanley Naismith
Cancelliere