Decisione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 3 aprile 2012 - Ricorso n. 37937/07 - Lechouritou c/ Germania e altri 26 Paesi europei

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita da Rita Carnevali, assistente linguistico 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
QUINTA SEZIONE
DECISIONE
Ricorso no 37937/07
Irini LECHOURITOU e altri
contro la Germania e altri 26 Stati membri dell'Unione europea


La Corte europea dei diritti dell'uomo (quinta sezione), riunita il 3 aprile 2012 in un Comitato composto da:
Boštjan M. Zupančič, presidente,
Ann Power-Forde,
Angelika Nußberger, giudici,
e Stephen Phillips, cancelliere aggiunto di sezione.
Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 13 agosto 2007,
Dopo aver deliberato, rende la seguente decisione:

IN FATTO

I ricorrenti, la sig.ra Irini Lechouritou e i sigg.ri Vaseleios Karkoulias, Georgios Pavlopoulos, Panagiotis Brátsikas, Dimitrios Sotiropoulos et Georgios Dimopoulos, sono cittadini greci residenti in Grecia. Innanzi alla Corte sono rappresentati dell'avvocato J. LAU del foro di Firenze (Italia).

  1. Le circostanze del caso di specie
    I fatti della causa, così come sono stati esposti dai ricorrenti, possono essere riassunti come segue.

    I ricorrenti sono gli aventi diritto delle vittime di un massacro perpetrato da alcuni soldati delle forze armate tedesche a Kalavryta in Grecia il 13 dicembre 1943 durante la Seconda Guerra mondiale. Il 12 settembre 1995 essi citarono lo Stato tedesco innanzi ai giudici civili greci al fine di ottenere un risarcimento per i danni materiali e morali subiti. Nel 1998, il tribunale di Kalavryta (Polymeles protodikeio Kalavriton) respinse la loro domanda in quanto la Germania beneficiava del privilegio dell'immunità di giurisdizione (sentenza n. 70/1998). Nel 2001 la corte d'appello di Patras (Efeteio Patron) sospese il procedimento per attendere l'esito di un procedimento parallelo pendente dinanzi alla Corte suprema speciale di Grecia (Anotato Eidiko Dikastirio). Nella sentenza n. 6/2002 del 17 settembre 2002, quest'ultima ritenne che, allo stato dell'evoluzione del diritto internazionale, esisteva la norma generalmente riconosciuta per la quale uno Stato non poteva essere citato dinanzi ad un organo giudiziario di un altro Stato per atti nei quali erano state coinvolte le forze armate del primo Stato (vedere anche, per il contesto greco, Kalogeropoulou c. Grecia e Germania (dec.), n. 59021/00, CEDU 2002-X). Questa sentenza non era suscettibile di ricorso nel diritto greco, a tale riguardo aveva efficacia erga omnes e vincolava ogni giudice od organo della Repubblica ellenica.

    L'8 giugno 2005, dopo aver ripreso la causa, la corte d'appello adì a titolo pregiudiziale la Corte di Giustizia delle comunità europee (ora "Corte di Giustizia dell'Unione europea" – di seguito "Corte di Giustizia") per sapere se poteva esaminare la domanda dei ricorrenti ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 relativa alla competenza giudiziaria dell'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (di seguito "Convenzione di Bruxelles").

    Il 15 febbraio 2007, la Corte di Giustizia rese la sua sentenza (causa C-292/05). In riferimento alla sua giurisprudenza, essa rilevò che la nozione di "materia civile e commerciale", ai sensi dell'articolo 1 § 1 della Convenzione di Bruxelles (vedere "Il Diritto e la prassi interni pertinenti") doveva essere considerata come una nozione autonoma da interpretare facendo riferimento agli obiettivi e al sistema di questa convenzione e ai principi generali desumibili dagli ordinamenti giuridici nazionali. Questa interpretazione portava ad escludere talune azioni o decisioni giurisdizionali dall'ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles soprattutto quando la lite opponeva un soggetto di diritto privato a una autorità pubblica che agiva nell'esercizio della sua potestà di imperio. La Corte di Giustizia rilevò che l'azione per il risarcimento del danno promossa dai ricorrenti traeva origine dalle operazioni condotte dalle forze armate durante la Seconda Guerra mondiale che costituivano una delle manifestazioni caratteristiche della sovranità dello Stato, decise in modo unilaterale e vincolante dalle autorità pubbliche competenti e si presentavano inscindibilmente legate alla politica estera e di difesa degli Stati. Considerò che atti come quelli che si trovavano all'origine delle azioni promosse dai ricorrenti davanti alle autorità giudiziarie greche discendevano da una manifestazione di potestà di imperio da parte dello Stato interessato all'epoca in cui tali atti erano stati perpetrati.

    Dal momento che i ricorrenti sostenevano che la loro azione costituiva un ricorso in materia di responsabilità civile, contemplato dall'articolo 5, punti 3 e 4, della Convenzione di Bruxelles (vedere "Il Diritto e la prassi interni pertinenti"), e che gli atti compiuti jure imperii non includevano le azioni illegali o illecite, la Corte di Giustizia ricordò che il fatto che la pretesa dei ricorrenti traesse origine da un atto di potestà di imperio, era sufficiente per considerarla esclusa dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles, indipendentemente dalla sua natura civile nel diritto greco. Il riferimento dei ricorrenti all'articolo 5, punti 3 e 4, della Convenzione di Bruxelles era, secondo la Corte di Giustizia, inoperante in quanto la questione dell'applicabilità di questa convenzione alla controversia costituiva logicamente una questione preliminare che, in caso di risposta negativa come nella causa innanzi ad essa, dispensava il giudice adito da qualsiasi analisi delle regole di fondo previste da questa convenzione. La Corte di Giustizia concluse nei seguenti termini:

    «Alla luce delle considerazioni che precedono, la prima questione deve essere risolta dichiarando che l'articolo 1, primo comma, prima frase, della Convenzione di Bruxelles deve essere interpretato nel senso che non rientra nella "materia civile", ai termini di tale disposizione, una azione giudiziale promossa da persone fisiche in uno Stato contraente nei confronti di un altro Stato contraente e volta a ottenere il risarcimento del danno subito dagli aventi diritto delle vittime di azioni delle forze armate nell'ambito di operazioni di guerra sul territorio del primo Stato.»

    I ricorrenti non domandarono di riprendere il procedimento avviato innanzi alla corte d'appello in quanto la loro azione non aveva alcuna possibilità di successo in ragione dell'efficacia erga omnes della sentenza della Corte suprema speciale.

  2. Il diritto comunitario pertinente
    L’articolo primo della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale è così formulato:

    «La presente convenzione si applica in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale. Essa non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale e amministrativa.

    Sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione:

    1. lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni;
    2. i fallimenti, concordati ed altre procedure affini;
    3. la sicurezza sociale;
    4. l’arbitrato.»

    L’articolo 5 di questa Convenzione, nella parte pertinente alla fattispecie, recita:

    Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente:

    «(...)

    3) in materia di delitti o quasi-delitti, davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto;

    4) qualora si tratti di un'azione di risarcimento danni o di restituzione nascente da reato, davanti al giudice innanzi al quale l'azione penale è esercitata, sempreché secondo la propria legge questo giudice possa conoscere dell'azione civile (…)»

    L’articolo 1 del Protocollo del 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione di Bruxelles prevede in particolare:

    «La Corte di giustizia delle Comunità europee è competente a pronunciarsi sull'interpretazione della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e del protocollo allegato a detta convenzione, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968, nonché sull'interpretazione del presente protocollo (...)

    La Corte di giustizia delle Comunità europee è ugualmente competente a pronunciarsi sull'interpretazione della convenzione relativa all'adesione della Repubblica ellenica alla convenzione del 27 settembre 1968, nonché al presente protocollo, adattati dalla convenzione del 1978 (...)»


MOTIVI DI RICORSO

I ricorrenti contestano il rifiuto della Corte di Giustizia di dichiarare applicabile la Convenzione di Bruxelles alla controversia pendente innanzi ai giudici greci e di confermare quindi la competenza di questi ultimi a decidere sulle domande di risarcimento presentate contro la Germania. Invocano gli articoli 6 e 13 della Convenzione e l'articolo 1 del Protocollo n. 1.
I ricorrenti sembrano anche denunciare l'inerzia dello Stato tedesco nel regolare definitivamente la questione dei risarcimenti dei danni subiti da alcuni cittadini greci durante la Seconda Guerra mondiale.
 

IN DIRITTO

I ricorrenti contestano il rifiuto della Corte di Giustizia di dichiarare applicabile la Convenzione di Bruxelles alla loro controversia pendente innanzi ai giudici ellenici. Invocano in particolare l'articolo 6 della Convenzione la cui parte pertinente alla fattispecie è così formulata:

«Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi (...) sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti.»

Essi sostengono in particolare che la loro domanda era di natura patrimoniale e quindi faceva parte del diritto civile. Secondo loro, lo scopo della distinzione operata tra cause civili e commerciali e cause di diritto pubblico consisterebbe nel privilegiare gli atti adottati in virtù della potestà di imperio. Ora, se uno Stato agisce in modo criminale, non può avvalersi di questo privilegio, e in particolare dell'immunità di giurisdizione. I ricorrenti aggiungono che, tenuto conto del rifiuto delle autorità giudiziarie tedesche di accordare dei risarcimenti in virtù del diritto tedesco (vedere Sfountouris e altri c. Germania (dec.), n. 24120/06, 31 maggio 2011) e della sentenza della Corte suprema speciale di Grecia di accordare l'immunità di giurisdizione alla Germania, l'unica via per i ricorrenti per ottenere soddisfazione sarebbe stata la decisione della Corte di Giustizia di dichiarare applicabile la Convenzione di Bruxelles alla causa in questione.

La Corte nota innanzitutto che i ricorrenti non soltanto hanno diretto il presente ricorso contro i 27 Stati membri dell'Unione europea, ma anche contro "la Comunità europea" stessa. Tuttavia la Corte nota che ad oggi l'Unione europea non ha aderito alla Convenzione. Pertanto questa parte del ricorso è incompatibile ratione personae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell'articolo 35 §3 (a) (vedere Cooperatieve Producentenorganisatie van de Nederlandse Kokkelvisserij U.A. c. Paesi Bassi (dec.), no 13645/05, CEDU 2009) e deve essere rigettata in applicazione dell'articolo 35 § 4.

Dal momento che il ricorso è diretto contro i 27 Stati membri dell'Unione europea, la Corte nota che si pone la questione di stabilire se e in quale misura questi Stati possano essere ritenuti responsabili della sentenza della Corte di Giustizia. Tuttavia non ritiene necessario pronunciarsi su tale questione in quanto questa parte del ricorso deve essere comunque respinta per altri motivi.

In effetti la Corte rileva che i ricorrenti contestano essenzialmente il modo con cui la Corte di Giustizia ha interpretato la Convenzione di Bruxelles e in particolare gli articoli 1 e 5, punti 3 e 4, di quest'ultima. Ora, secondo una giurisprudenza ben consolidata della Corte, spetta in primo luogo alle autorità nazionali, e più in particolare alle corti e ai tribunali, interpretare e applicare il diritto interno (vedere, mutatis mutandis, Brualla Gómez de la Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 31, Recueil des arrêts et décisions 1997‑VIII, e Waite et Kennedy c.Germania [GC], n. 26083/94, § 54, CEDU 1999-I). Pertanto, poiché gli organi giudiziari dell'Unione europea sono specializzati per interpretare e applicare il diritto comunitario, il ruolo della Corte si limita a verificare la compatibilità degli effetti di tali decisioni con la Convenzione (cf. Bosphorus Hava Yolları Turizm ve Ticaret Anonim Şirketi c. Irlanda [GC], n.  45036/98, § 143, CEDU 2005‑VI).

La Corte osserva che la Corte di Giustizia, competente a interpretare la Convenzione di Bruxelles in virtù del Protocollo del 3 giugno 1971 (vedere "Il Diritto comunitario pertinente"), ha ampiamente motivato la sua sentenza e ha esposto in maniera circostanziata perché l'azione dei ricorrenti innanzi ai giudici greci non rientrava nel campo di questa convenzione. Nulla consente di dire che l'interpretazione delle disposizioni della Convenzione di Bruxelles operata dalla Corte di Giustizia fosse viziata da considerazioni arbitrarie o manifestamente irragionevoli, fatto che potrebbe indurre la Corte a constatare una violazione della Convenzione.

Ne consegue che questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione.

2. Per quanto riguarda il motivo di ricorso basato sull'articolo 1 del Protocollo n. 1 e dal momento che i ricorrenti sembrano anche lamentare l'impossibilità di ottenere i risarcimenti della Repubblica federale tedesca e il riconoscimento dell'immunità di giurisdizione allo Stato tedesco da parte della Corte suprema speciale di Grecia, la Corte, tenuto conto di tutti gli elementi in suo possesso e data la sua competenza a esaminare le allegazioni formulate, non riscontra alcuna parvenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli (vedere, in particolare, Sfountouris e altri, decisione prima citata).

Ne consegue che questi motivi di ricorso sono manifestamente infondati e devono essere rigettati in applicazione dell'articolo 35 §§ 3(a) e 4 della Convenzione.

 

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.

Stephen Phillips
Cancelliere aggiunto

Boštjan M. Zupančič
President