Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 13 marzo 2012 - Ricorso n. 11583/08 - Giacomo Francesco Saccomanno e altri c. Italia e altri 16 ricorsi

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita da Martina Scantamburlo, funzionario linguistico

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
DECISIONE
Ricorso n. 11583/08
Giacomo Francesco SACCOMANNO e altri contro Italia
e altri 16 ricorsi
(si veda lista allegata)

La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita il 13 marzo 2012 in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Visti i ricorsi sopra menzionati presentati nel 2008 e nel 2009,
Viste le osservazioni sottoposte dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dai ricorrenti,Tra
Dopo aver deliberato, pronuncia la seguente decisione:
 

IN FATTO

1. I ricorrenti sono novantuno cittadini italiani. Sono rappresentati dinanzi alla Corte dall’avv. M. Anetrini del foro di Torino (ricorsi nn. 11929/08 e 15726/08), dagli avv. G. Saccomanno e R. Mirigliani del foro di Reggio Calabria (ricorsi n. 11583/08), dall’avv. G. Saccomanno (ricorsi nn. 16155/08, 20223/08, 20225/08 e 29218/09), dall’avv. A. Bozzi del foro di Milano (ricorsi nn. 35953/08, 20598/08 e 20671/08), dall’avv. N. Raffaelli del foro di Catanzaro (ricorsi nn. 39854/08, 49434/08, 49512/08, 49538/08, 49545/08 e 49548/08). Gli altri ricorrenti (ricorso n. 49519/08) non sono rappresentati, in quanto non hanno nominato un avvocato entro il termine fissato a tale scopo. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, dal suo co-agente P. Accardo e dal suo ex co-agente N. Lettieri.

A. Le circostanze del caso di specie

2. I fatti della causa, così come esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

3. I ricorrenti sono degli elettori italiani.
Il 21 dicembre 2005 il Parlamento approvò la legge n. 270/2005, (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica), che fu pubblicata sulla gazzetta ufficiale il 30 dicembre 2005 ed entrò in vigore il giorno seguente.

4. Tale legge riformò profondamente il sistema elettorale italiano, modificando il Decreto del Presidente della Repubblica n. 361/1957 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei deputati «TU elezione Camera dei deputati») e il decreto legislativo n. 533/1993 (Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica «TU elezione Senato della Repubblica»).

5. La legge n. 270/2005 non permette l’elezione diretta dei rappresentanti da parte degli elettori. I partiti politici presentano delle liste di candidati «bloccate»; in altri termini, l’ordine dei candidati eletti in una lista viene fissato dal partito stesso e gli elettori non possono esprimere la loro preferenza per un candidato in particolare. Il partito o la coalizione che ha ottenuto per la Camera dei deputati il maggior numero di voti espressi a livello nazionale ma che non ha comunque conseguito almeno 340 seggi tra i 630 seggi totali, ha diritto a un premio che permette di ottenere il numero di seggi mancanti. In questo caso, l’ufficio elettorale gli attribuisce 340 seggi, corrispondenti al 54% dei seggi totali. Al Senato, il premio viene attribuito a livello regionale: la lista o la coalizione di liste che ottiene il maggior numero di voti in una regione consegue il 55% dei seggi della regione. Sono previste delle soglie dette di «sbarramento» per conseguire dei seggi, ossia tre soglie per la Camera dei Deputati (10%- 4%- 2%) e tre soglie per il Senato della Repubblica (20%-8%-3%), che si applicano rispettivamente alle coalizioni dei partiti, ai partiti che non fanno parte di una coalizione e ai partiti che fanno parte di una coalizione. Tuttavia, non è prevista alcuna soglia minima di suffragi né alla Camera né al Senato per il conseguimento dei premi di maggioranza.

6. Il 6 febbraio 2008, in seguito a una crisi di governo, il Presidente della Repubblica sciolse il Parlamento. Con un decreto del Consiglio dei Ministri dello stesso giorno furono fissate nuove elezioni per il 13 e il 14 aprile 2008.

7. Nel frattempo erano stati approvati dalla Corte Costituzionale e fissati al 18 maggio 2008 tre referendum ai fini dell’abrogazione parziale della legge n. 270/2005. In seguito allo scioglimento del Parlamento, i referendum furono rinviati a nuova data da stabilire successivamente.

8. Il 16 febbraio 2008 tre dei ricorrenti nella causa Bozzi e altri c. Italia (n. 35953/08) impugnarono il decreto di convocazione delle assemblee elettorali dinanzi al tribunale amministrativo (il «TAR») del Lazio. Chiesero di sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale la questione della compatibilità della legge elettorale vigente con vari articoli della Costituzione.

9. Con decisione resa il 27 febbraio 2008 il TAR del Lazio dichiarò il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione.

10. I tre ricorrenti interposero appello dinanzi al Consiglio di Stato.
Con ordinanza dell’11 marzo 2008 il Consiglio di Stato dichiarò il difetto assoluto di giurisdizione. Osservò, tra l’altro, che il decreto di convocazione delle assemblee elettorali costituiva un atto di natura politica e pertanto non censurabile dinanzi ai giudici.

11. Il 7 aprile 2008 uno dei ricorrenti nella stessa causa propose un ricorso dinanzi alla Corte Costituzionale al fine di sollevare un conflitto tra poteri dello Stato. Affermò che, in quanto membro del corpo elettorale, aveva il diritto a un giudice abilitato a sollevare dinanzi ad essa la questione della costituzionalità della legge elettorale vigente.

12. Altri ricorrenti nella causa Raffaelli c. Italia (n. 49538/08) intervennero nel procedimento dinanzi alla Corte Costituzionale.

13. Con ordinanza del 16 luglio 2008 la Corte Costituzionale dichiarò inammissibile il ricorso del 7 aprile 2008 in quanto non sussisteva alcun conflitto tra poteri dello Stato nel caso di specie.

14. Peraltro, in otto decisioni identiche dell’8 aprile 2008, le sezioni unite della Corte di Cassazione avevano giudicato che tutte le questioni relative alle operazioni elettorali, ivi comprese quelle relative alle operazioni pre-elettorali, sono di competenza esclusiva del Parlamento, in particolare della Giunta delle Elezioni, e non possono essere impugnate dinanzi ai giudici.

15. Il 13 e il 14 aprile si tennero le elezioni legislative conformemente alle nuove disposizioni della legge n. 270/2005.

16. I tre referendum sopra menzionati si tennero il 21 giugno 2009, ma furono invalidate dalla Corte di Cassazione in quanto non fu raggiunto il quorum elettorale.

17. Nel dicembre 2011 la Corte di Cassazione convalidò le firme raccolte volte a sottoporre la legge n. 270/2005 a due nuovi referendum. Il 12 gennaio 2012 la Corte Costituzionale dichiarò inammissibili i due referendum in questione, con motivazione che doveva essere depositata successivamente.

18. In date comprese tra il 3 marzo e il 15 aprile 2008 alcuni dei ricorrenti (ricorsi nn. 11583/08, 16155/08, 20223/08, 20225/08 e 29218/09) avevano chiesto alla Corte di indicare delle misure provvisorie al Governo ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte.

19. Tali domande sono state tutte rigettate dal presidente della sezione facente funzione.

B. Il diritto interno, comparato e internazionale pertinenti

1. Gli articoli pertinenti della Costituzione e della legge elettorale

20. I principi quadro e le disposizioni fondamentali che regolano la materia elettorale sono stabiliti nella Costituzione (per quanto riguarda il caso di specie, in particolare negli articoli 1 c. 2 e 55 e seguenti)

L’articolo 1 c. 2 della Costituzione recita:
«La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»
Nelle loro parti pertinenti, gli articoli 55, 56 e 57 della Costituzione recitano:

Articolo 55 c. 1
«Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.»

Articolo 56 c. 1
«La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.»

Articolo 57 c. 1
«Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.»

21. In seguito alla riforma legislativa sopra menzionata, lo svolgimento dello scrutinio è attualmente regolato dal D.P.R. n. 361/1957 (per l’elezione della Camera dei deputati) e dal Decreto legislativo n. 533/1993 (per l’elezione del Senato della Repubblica), come modificati dalla legge n. 270 del 2005.

22. Per quanto riguarda il nuovo sistema delle «liste bloccate», si tratta in particolare delle disposizioni degli articoli 18 bis c. 3, 58 c. 2, 84 c. 1 del D.P.R. n. 361/1957 (Camera dei Deputati) e 9 c. 4, 14 c. 1 e 17 c. 7 del Decreto legislativo n. 533/1993 (Senato della Repubblica), che, nella loro nuova formulazione e nelle loro parti pertinenti, recitano:

Articolo 18 bis c. 3
«Ogni lista, all’atto della presentazione, è composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine. La lista è formata complessivamente da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore ai seggi assegnati alla circoscrizione.»

Articolo 58 c. 2
«L’elettore (…) esprime il voto tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta.»

Articolo 84 c. 1
«Il presidente dell’Ufficio centrale circoscrizionale (…) proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l’ordine di presentazione.»

Articolo 9 c. 4
«Ogni lista, all'atto della presentazione, è composta da un elenco di candidati, presentati secondo un determinato ordine. La lista è formata complessivamente da un numero di candidati non inferiore a un terzo e non superiore ai seggi assegnati alla circoscrizione.»

Articolo 14 c. 1
«Il voto si esprime tracciando, con la matita, sulla scheda un solo segno, comunque apposto, nel rettangolo contenente il contrassegno della lista prescelta.»

Articolo 17 c. 7
«Il presidente dell'ufficio elettorale regionale proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l’ordine di presentazione.»

23. Per quanto riguarda il nuovo sistema dei «premi di maggioranza», le disposizioni pertinenti, gli articoli 83 c. 2 del D.P.R. n. 361/1957 (Camera dei Deputati) e 17 c. 2 e c. 4 del Decreto Legislativo n. 533/1993 (Senato della Repubblica), recitano:

Articolo 83 c. 2
«Qualora la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi (…) non abbia già conseguito almeno 340 seggi, ad essa viene ulteriormente attribuito il numero di seggi necessario per raggiungere tale consistenza. In tale caso l'Ufficio assegna 340 seggi alla suddetta coalizione.»

Articolo 17 c. 2
«L’ufficio elettorale regionale verifica quindi se la coalizione di liste o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi nell’ambito della circoscrizione abbia conseguito almeno il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all’unità superiore.»

Articolo 17 c. 4
«Nel caso in cui la verifica di cui al comma 2 abbia dato esito negativo, l’ufficio elettorale regionale assegna alla coalizione di liste o alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di voti un numero di seggi ulteriore necessario per raggiungere il 55 per cento dei seggi assegnati alla regione, con arrotondamento all’unità superiore.»

2. La sentenza n. 259/2009 della Corte Costituzionale

24. La Corte Costituzionale era stata adita dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia in un giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 23 e 87 del D.P.R. n. 361/1957 nella parte in cui tali disposizioni non prevedono l'impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, aventi per effetto la definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale. Il giudice di rinvio riteneva in particolare che ciò dovesse essere visto come un «vuoto di tutela giurisdizionale».

25. La Corte Costituzionale ha concluso per l’insussistenza di un vuoto di tutela nel caso di specie. Ha precisato che, come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza ben consolidata della Corte di Cassazione, tutte le contestazioni relative alle operazioni elettorali, ivi comprese quelle relative alla fase preparatoria del procedimento elettorale, sono di competenza esclusiva del Parlamento, in particolare della Giunta delle elezioni.

3. Cenni sul diritto elettorale degli Stati membri del Consiglio d’Europa in materia di «liste bloccate» e «premi di maggioranza»

a) Liste bloccate
26. Dei ventidue Stati aventi un sistema elettorale paragonabile a quello dell’Italia e che sono pertanto oggetto di uno studio di diritto comparato, tredici (Germania, Bulgaria, Croazia, Spagna, Federazione di Russia, Georgia, Ungheria, Paesi Bassi, Portogallo, Serbia, Svezia, Turchia e Ucraina) riconoscono esplicitamente le liste bloccate e/o chiuse, almeno in una delle camere del Parlamento, mentre cinque (Cipro, Estonia, Lituania, Polonia e San Marino) hanno optato per un sistema di «liste aperte» che permette agli elettori di esprimere la loro preferenza per uno o, in alcuni casi, vari candidati che compaiono sulla lista. Gli Stati rimanenti, ossia Austria, Belgio, Islanda e Norvegia, hanno adottato una soluzione intermedia. Di fatto, benché gli elettori possano esprimere la loro preferenza per un candidato in particolare, un certo numero di condizioni devono essere soddisfatte affinché tali preferenze siano prese in considerazione.

b) Premi di maggioranza
27. Sulla base delle informazioni a disposizione della Corte, alcuni Stati membri del Consiglio d’Europa (in particolare Malta, Grecia e San Marino) prevedono esplicitamente nei loro sistemi elettorali delle misure – variabili – di premi di maggioranza che consistono nell’accordare dei mandati supplementari, prima della ripartizione dei seggi propriamente detta, alla lista che ha ottenuto il maggior numero di voti. Altri Paesi (in particolare Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Spagna, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia, Svizzera e Turchia) ricorrono a meccanismi analoghi, come sistemi di ripartizioni dei seggi (in particolare il metodo Hondt) tali da agevolare, in maniera più o meno importante, la lista che ha beneficiato del maggior numero di voti allo stesso scopo di assicurare una maggioranza più stabile.

4. I lavori della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto («Commissione di Venezia»)

28. Il rapporto 018(2006) sul diritto elettorale e l’amministrazione delle elezioni in Europa è stato adottato dalla Commissione di Venezia durante la sua 67a sessione plenaria tenutasi il 9 e 10 giugno 2006, e sottoposto all’Assemblea parlamentare il 6 novembre 2006. Nelle sue parti pertinenti, esso recita:
«178.
Gli effetti di un sistema elettorale particolare possono differire da un Paese all’altro e si deve riconoscere che i vari sistemi possono perseguire obiettivi politici divergenti se non addirittura antagonisti. Un sistema può privilegiare l’equa rappresentanza dei partiti in Parlamento e un altro può mirare a evitare la frammentazione della rappresentanza in piccoli partiti allo scopo di conferire una maggioranza assoluta dei deputati alla formazione incaricata di formare il governo. Un sistema elettorale può favorire una stretta relazione tra gli elettori e i «loro» deputati di circoscrizione e un altro agevolare l’introduzione delle donne, delle minoranze o di specialisti nelle liste bloccate dei partiti. (...)»

MOTIVI DI RICORSO

Per i ricorsi nn. 11929/08 e 15726/08
29. Invocando l’articolo 3 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, nonché vari articoli della Costituzione italiana, i ricorrenti ritengono che la nuova disciplina elettorale «delle liste bloccate», introdotta dalla legge n. 270/2005, pregiudichi la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo e si traduca in una violazione della «sovranità del popolo» prevista dalla Costituzione. Invocano anche una violazione del principio della rappresentanza effettiva degli elettori.

30. Senza invocare alcuna disposizione della Convenzione, i ricorrenti affermano di non disporre, nel diritto italiano, di alcun ricorso effettivo per rimediare alle doglianze sopra esposte. In particolare, lamentano il fatto che l’unico organo competente per decidere sulla regolarità della consultazione elettorale sia il Parlamento stesso. Inoltre, lamentano di non poter far valere le loro ragioni dinanzi alla Corte Costituzionale, atteso che in Italia il controllo della legittimità costituzionale non può essere avviato direttamente da un ricorrente ma può avvenire solo attraverso un rinvio effettuato dal giudice dinanzi al quale viene sollevata la presunta incostituzionalità, il che non è possibile nel caso di specie.

Per i ricorsi nn. 11583/08, 16155/08, 20223/08, 20225/08 e 29218/09
31. I ricorrenti ritengono che la nuova disciplina elettorale «delle liste bloccate», introdotta dalla legge n. 270/2005, si traduca in una violazione della «sovranità del popolo» e pregiudichi la loro libertà, nonché la loro libertà di pensiero, di coscienza, di espressione e di associazione. A tale proposito invocano gli articoli 1, 5, 9, 10, 11, 14, 16 della Convenzione e 3 del Protocollo n. 1. Invocano anche l’articolo 21 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e numerose disposizioni della Costituzione italiana.

32. Invocando gli articoli 6 e 13 della Convenzione, nonché alcune disposizioni della Costituzione italiana e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, i ricorrenti sostengono di non disporre, nel diritto italiano, di alcun ricorso effettivo per riparare le violazioni dedotte.

Per i ricorsi nn. 20598/08 e 20671/08 
33. Invocando gli articoli 1 della Convenzione e 3 del Protocollo n. 1, i ricorrenti ritengono che la nuova disciplina elettorale «delle liste bloccate» e «dei premi di maggioranza», introdotta dalla legge n. 270/2005, pregiudichi la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. Invocano anche una violazione del principio della rappresentanza effettiva degli elettori.

34. Invocando gli articoli 6 e 13 della Convenzione i ricorrenti sostengono di non disporre, nel diritto italiano, di un ricorso effettivo per riparare le violazioni dedotte.

Per il ricorso n. 35953/08 
35. Invocando gli articoli 1 della Convenzione e 3 del Protocollo n. 1, i ricorrenti ritengono che la nuova disciplina elettorale «delle liste bloccate» e «dei premi di maggioranza», introdotta dalla legge n. 270/2005, pregiudichi la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. Deducono anche una violazione del principio di proporzionalità.

36. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i ricorrenti affermano che l’esito del procedimento dinanzi ai giudici amministrativi si traduce in una violazione del loro diritto a un tribunale. Sostengono in particolare che sarebbe stato loro impedito di far valere dinanzi a un tribunale indipendente il loro «diritto costituzionale di esercitare il proprio diritto di voto conformemente alla Costituzione italiana».

37. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i ricorrenti affermano di non disporre, nel diritto italiano, di alcun ricorso effettivo per riparare a quanto sopra denunciato. In particolare, lamentano che l’unico organo competente per decidere sulla regolarità della consultazione elettorale è il Parlamento stesso. Lamentano, inoltre, di non poter far valere le loro ragioni dinanzi alla Corte costituzionale, atteso che in Italia il controllo di legittimità costituzionale non può essere avviato direttamente da un ricorrente, ma solo per mezzo di un rinvio da parte del giudice dinanzi al quale viene sollevata la dedotta illegittimità costituzionale, il che non è possibile nel caso di specie.

Per i ricorsi nn. 39854/08, 49434/08, 49512/08, 49519/08, 49538/08, 49545/08 e 49548/08 
38. Invocando gli articoli 1 della Convenzione e 3 del Protocollo n. 1, i ricorrenti sostengono che la nuova disciplina elettorale «delle liste bloccate» e «dei premi di maggioranza», introdotta dalla legge n. 270/2005, pregiudica la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. Invocano anche una violazione del principio della rappresentanza effettiva degli elettori.

39. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i ricorrenti sostengono che è stato loro impedito di far valere dinanzi a un tribunale indipendente il loro «diritto costituzionale di esercitare il proprio diritto di voto conformemente alla Costituzione».

40. Invocando l’articolo 13, i ricorrenti sostengono di non disporre, nel diritto italiano, di un ricorso effettivo per riparare le violazioni dedotte. In particolare, lamentano che l’unico organo competente per decidere sulla regolarità della consultazione elettorale è il Parlamento stesso. Lamentano, inoltre, di non poter far valere le loro ragioni dinanzi alla Corte costituzionale, atteso che in Italia il controllo di legittimità costituzionale non può essere avviato direttamente da un ricorrente, ma solo per mezzo di un rinvio da parte del giudice dinanzi al quale viene sollevata la dedotta illegittimità costituzionale, il che non è possibile nel caso di specie.

IN DIRITTO

I. SULLA RIUNIONE DEI RICORSI

41. Tenuto conto della similitudine dei ricorsi per quanto riguarda i fatti e il problema di fondo che essi pongono, la Corte ritiene necessario riunirli e decide di esaminarli congiuntamente in un’unica decisione.

II. OSSERVAZIONE PRELIMINARE

42. Il Governo ritiene che i ricorsi nn. 11928/08 e 15726/08 debbano essere respinti per abuso del diritto di ricorso nella misura in cui le parti ricorrenti in questione avrebbero divulgato a terzi delle informazioni riservate, ossia delle comunicazioni della cancelleria nell’ambito delle negoziazioni volte a giungere ad una definizione amichevole, in violazione dell’articolo 62 § 2 del Regolamento della Corte.

43. La parte ricorrente interessata smentisce qualsiasi tentativo di negoziazione in quanto i diritti oggetto della controversia sono dei diritti politici e, in quanto tali, sottratti alla disponibilità delle parti.

44. La Corte osserva di primo acchito che il Governo non ha fornito elementi sufficienti né prodotto alcun documento a sostegno del suo argomento. In queste circostanze, la Corte ritiene che non sia opportuno accogliere la domanda del Governo.

A. Motivi di ricorso relativi all’articolo 3 del Protocollo n. 1 (diritto di partecipare a elezioni che garantiscono la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo) 

45. I ricorrenti sostengono che la disciplina elettorale delle liste bloccate (tutti i ricorsi), oppure anche quella dei premi di maggioranza (ricorsi nn. 20598/08, 20671/08, 35953/08, 39854/08, 49434/08, 49512/08, 49519/08, 49538/08, 49545/08 e 49548/08) si traduce in una violazione, tra l’altro, dell’articolo 3 del Protocollo n. 1, che recita:
«Le Alte Parti contraenti si impegnano a organizzare, a intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo.»

1. Principi generali derivanti dalla giurisprudenza della Corte

46. La Corte sottolinea anzitutto che l’articolo 3 del Protocollo n. 1 sancisce un principio fondamentale in un regime politico veramente democratico e riveste dunque nel sistema della Convenzione una importanza fondamentale (si vedano Yumak e Sadak c. Turchia ([GC], n. 10226/03, 8 luglio 2008, § 105; Mathieu-Mohin e Clerfayt c. Belgio,sentenza del 2 marzo 1987, § 47, serie A n. 113). In effetti, la democrazia rappresenta un elemento fondamentale dell’«ordine pubblico europeo», e i diritti sanciti dall’articolo 3 del Protocollo n. 1 sono cruciali per la costituzione e il mantenimento delle basi di una vera e propria democrazia regolata dalla preminenza del diritto (si veda, da ultima e tra molte altre, Ždanoka c. Lettonia [GC], n. 58278/00, §§ 98 e 103, CEDU 2006‑IV).

47. Come ha affermato più volte la Corte, l’articolo 3 implica dei diritti soggettivi. Si tratta in primo luogo del diritto di voto e di quello di candidarsi a delle elezioni (si vedano, ad esempio, le sentenze sopra citate Mathieu-Mohin e Clerfayt,§§ 46-51, e Ždanoka, § 102). Tuttavia, poiché tale articolo espone, in termini generali, l’obbligo per le Alte Parti contraenti di organizzare, «a intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo», e considerata la logica che soggiace a tutte le disposizioni materiali della Convenzione, è opportuno concludere che esso sancisce anche un diritto soggettivo più generale, quello di beneficiare di elezioni legislative conformi alla formula sopra citata.

48. Per quanto importanti essi siano, i diritti di cui all’articolo 3 del Protocollo n. 1 non sono assoluti. Poiché tale articolo li riconosce senza elencarli espressamente né tantomeno definirli, vi è spazio per alcune «limitazioni implicite» (sentenza Mathieu-Mohin sopra citata, § 52).

49. La nozione di «limitazione implicita» che deriva dall’articolo 3 del Protocollo n. 1 significa anche che la Corte non applica i criteri tradizionali della «necessità» o del «bisogno sociale improrogabile» utilizzati nell’ambito degli articoli da 8 a 11 della Convenzione. Quando deve esaminare questioni di conformità di una restrizione all’articolo 3 del Protocollo n. 1, la Corte si rifà essenzialmente a due criteri: cerca, da una parte, di stabilire se vi sia stato un abuso o una mancanza di proporzionalità e, dall’altra, se la restrizione abbia pregiudicato la libera espressione dell’opinione del popolo (Ždanoka sopra citata, § 115). Inoltre, la Corte sottolinea la necessità di valutare qualsiasi legge elettorale alla luce dell’evoluzione politica del Paese interessato, il che implica che alcune caratteristiche inaccettabili all’interno di un sistema possano essere giustificate nel contesto di un altro (si vedano, in particolare, le cause Mathieu-Mohin e Clerfayt, e Podkolzina sopra citate).

50. Così, nei loro rispettivi ordinamenti giuridici, gli Stati contraenti sottopongono l’elettorato attivo e passivo a condizioni alle quali l’articolo 3, in linea di principio, non pone ostacoli (Karabanis c. Grecia (dec.), n. 42165/98). Essi godono, in materia, di un ampio margine di discrezionalità (si vedano, tra le altre, Matthews c. Regno Unito [GC], n. 24833/94, § 63, CEDU 1999‑I, e Labita c. Italia [GC], n. 26772/95, § 201, CEDU 2000‑IV).

51. La Corte ricorda che gli Stati contraenti godono anche di un ampio margine di discrezionalità quando si tratta di determinare il modo di scrutinio attraverso il quale viene garantita la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. Al riguardo, l’articolo 3 del Protocollo n. 1 si limita a prevedere delle elezioni «libere» che si svolgano «a intervalli ragionevoli», «a scrutinio segreto» e «in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo». Con questa riserva, non dà luogo ad alcun «obbligo di introdurre un determinato sistema» come la proporzionale o il voto maggioritario a uno o due turni (Mathieu-Mohin e Clerfayt, sopra citata, § 54).

52. In effetti, le regole in questo ambito variano in funzione dei fattori storici e politici propri a ciascuno Stato; le molteplici situazioni previste nelle leggi elettorali di numerosi Stati membri del Consiglio d’Europa dimostrano la varietà delle possibili scelte in materia. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 3, qualsiasi legge elettorale deve sempre essere valutata alla luce dell’evoluzione politica del Paese, in modo tale che dei dettagli inaccettabili nell’ambito di un determinato sistema sono giustificabili nell’ambito di un altro sistema (Py c. Francia, n. 66289/01, § 46, CEDU 2005‑I), purché, in ogni caso, il sistema adottato risponda a condizioni che assicurino la «libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo».

53. Peraltro, non bisogna perdere di vista che i sistemi elettorali cercano di rispondere a obiettivi a volte poco compatibili tra loro: da una parte riflettere in maniera approssimativamente fedele le opinioni del popolo, dall’altra canalizzare le correnti di pensiero per favorire la formazione di una volontà politica, di una coerenza e di una chiarezza sufficienti. L’articolo 3 non implica che tutte le schede devono avere un peso uguale per quanto riguarda il risultato, né che tutti i candidati debbano avere uguali possibilità di vincere; è quindi evidente che nessun sistema può evitare il fenomeno dei «voti perduti» (Mathieu-Mohin e Clerfayt, sopra citata, § 54, e Bompard c. Francia (dec.), n. 44081/02, 4 aprile 2006).

2. Applicazione di questi principi nella presente causa

a) Sul sistema delle «liste bloccate» 

54. Nella presente causa, la Corte osserva che tutti i ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 in quanto, durante lo scrutinio legislativo del 13 e 14 aprile 2008, non hanno potuto esprimere la loro preferenza per un candidato in particolare, poiché l’ordine dei candidati su una lista è fissato dal partito stesso. Lamentano anche il fatto che tali liste possono contenere un numero di candidati equivalente al numero totale dei seggi da assegnare nella circoscrizione.

55. Il Governo sostiene che, nel caso di specie, l’ingerenza nel diritto dei ricorrenti derivante dalle previsioni della legge elettorale in questione rispondeva a scopi legittimi, che sono in particolare quelli di: impedire le manovre e le intimidazioni delle organizzazioni criminali volte a infiltrarsi nei centri del potere politico; prevenire il commercio dei voti e l’indebitamento dei candidati per finanziare la loro campagna elettorale; favorire, infine, la presenza di candidati aventi una competenza specifica. Il Governo ricorda anche che esiste in Italia una lunga serie di norme penali ben più importante che nella maggior parte degli altri Paesi membri, volte giustamente a evitare il rischio di falsificare il risultato elettorale.

56. Peraltro, un numero significativo di Stati membri del Consiglio d’Europa ha optato, sull’esempio dell’Italia, per un sistema di «liste bloccate». Secondo il Governo, la grande varietà delle soluzioni nazionali in materia elettorale dimostra l’assenza di un consenso europeo in questo ambito, il che riduce il potere di controllo della Corte pur lasciando proporzionalmente intatto il margine di discrezionalità dello Stato.

57. I ricorrenti contestano gli argomenti del Governo. Sostengono che le disposizioni in contestazione mirano a sottrarre agli elettori la possibilità di scegliere i loro rappresentanti. Secondo i ricorrenti, solo il voto di preferenza effettivo e concreto permetterebbe di arginare il fenomeno delle candidature al fine di garantire l’impunità per mezzo dell’elezione al Parlamento di persone contro le quali sono stati avviati procedimenti, o addirittura già condannate, per reati gravi.

58. Lungi dal favorire candidati aventi una competenza specifica, la legge in questione perseguirebbe lo scopo opposto in quanto gli organi dirigenti dei partiti avrebbero interesse a scegliere delle personalità che possono essere controllate più facilmente rispetto a candidati che possiedono una vera e propria competenza.

59. Infine, i ricorrenti definiscono ingannevole il confronto con i sistemi elettorali di altri Paesi, atteso che il Governo avrebbe omesso di tenere conto delle specificità di ciascuna situazione e dei rimedi che esisterebbero nei sistemi stranieri citati.

60. La Corte ricorda che, alla luce della nozione di «limitazione implicita» derivante dall’articolo 3 del Protocollo n. 1 gli Stati contraenti possono liberamente basarsi su uno scopo che non rientra in una lista precisa di «scopi legittimi» per giustificare una restrizione, purché la compatibilità di tale scopo con il principio della preminenza del diritto e gli obiettivi generali della Convenzione sia dimostrata nelle circostanze particolari di una determinata causa (Yumak e Sadak c. Turchia [GC], n. 10226/03, § 109, CEDU 2008). La Corte considera inoltre che, poiché i vari sistemi elettorali possono perseguire scopi politici divergenti se non addirittura antagonisti, per quanto riguarda specificamente l’organizzazione delle liste un sistema può favorire una relazione stretta tra gli elettori e i deputati e un altro può adottare liste bloccate di partiti allo scopo, tra l’altro, di agevolare le candidature delle donne, di minoranze o di specialisti (si veda § 28 supra) in quanto lo scopo da considerare legittimo può variare in funzione dei fattori storici e politici propri del Paese interessato.

61. Come sottolinea il Governo (si veda § 55 supra), il legislatore ha istituito dei meccanismi di questo tipo allo scopo, in particolare, di contrastare l’influenza della criminalità organizzata sul risultato elettorale tenuto conto del contesto specifico italiano, prevenire il commercio dei voti e favorire l’emergenza di candidati che possiedono competenze specifiche.

62. La Corte osserva poi che i sistemi elettorali europei non ignorano la disciplina delle liste bloccate e/o chiuse. A questo riguardo, dall’analisi degli Stati membri aventi un sistema elettorale assimilabile a quello dell’Italia emerge che la maggior parte di questi ultimi ha adottato un sistema che prevede liste di candidati bloccate, almeno in una delle camere legislative, ossia 13 Stati membri su 22 (si veda § 26 supra).

63. Benché la disciplina in questione comporti una costrizione sugli elettori per quanto riguarda la scelta dei candidati, questa può essere giustificata in un sistema elettorale in considerazione del ruolo costitutivo dei partiti politici nella vita dei Paesi democratici. Del resto, la Corte constata che i ricorrenti non hanno in alcun modo dimostrato che essa ostacoli o impedisca ad alcune persone o gruppi di prendere parte alla vita politica del Paese o tenda a favorire un partito politico o un candidato offrendo loro un vantaggio elettorale a scapito di altri. A questo riguardo, la Corte ci tiene anche ad aggiungere che i partiti politici costituiscono una forma di associazione fondamentale per il buon funzionamento della democrazia (Refah Partisi (Partito della prosperità) e altri c. Turchia [GC], nn. 41340/98, 41342/98, 41343/98 e 41344/98, § 87, CEDU 2003‑II) e svolgono un ruolo essenziale nell’informazione di un elettorato coinvolto.

64. In queste circostanze, e tenuto conto dell’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono gli stati in materia, nonché della necessità di valutare tutta la legislazione elettorale alla luce dell’evoluzione politica e in funzione dei fattori storici e politici propri al Paese interessato, la Corte non può concludere che l’istituzione del sistema delle liste bloccate sia stato arbitrario o in altro modo contrario alle esigenze dell’articolo 3 del Protocollo n. 1, tenuto conto dello scopo perseguito nel caso di specie.

65. Di conseguenza questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

b) Sul sistema dei «premi di maggioranza» 

66. La Corte osserva poi che alcuni dei ricorrenti (ricorsi nn. 20598/08, 20671/08, 35953/08, 39854/08, 49434/08, 49512/08, 49519/08, 49538/08, 49545/08 e 49548/08) lamentano il fatto che, stabilendo dei premi di maggioranza nelle due assemblee del Parlamento, la legge sulle elezioni legislative viola l’articolo 3 del Protocollo n. 1, tenuto conto anche del fatto non è prevista alcuna soglia minima di consenso per il conseguimento di detti premi.

67. Il Governo ribadisce la maggior parte delle osservazioni formulate per quanto riguarda la disciplina delle «liste bloccate», in particolare per quanto riguarda la mancanza di consenso tra gli Stati membri e la portata del margine di discrezionalità di cui godono questi ultimi in materia.

68. Inoltre, il Governo sostiene che il sistema in contestazione persegue uno scopo legittimo, ossia quello di evitare una frammentazione parlamentare eccessiva assicurando una maggiore stabilità all’interno del Parlamento e rafforzando così la stabilità governativa, tanto più che l’Italia è caratterizzata da uno scenario di partiti politici estremamente frazionato.

69. A sostegno della sua tesi, il Governo cita la giurisprudenza della Corte nella causa Yumak e Sadak c. Turchia (sopra citata). Ritiene che il sistema elettorale italiano, a differenza di quello della Turchia, favorisca le correnti di pensiero sufficientemente rappresentative e permetta di evitare una frammentazione eccessiva dell’offerta elettorale.

70. Le parti ricorrenti ribadiscono alcuni degli argomenti utilizzati con riferimento alla disciplina delle «liste bloccate», in particolare per quanto riguarda il confronto con sistemi elettorali diversi da quello dell’Italia. Inoltre, sostengono che il meccanismo dei premi di maggioranza non favorisce minimamente la coesione delle forze politiche, ma le unioni al solo scopo di vincere la competizione elettorale, il che esacerberebbe le tensioni all’interno della maggioranza. I ricorrenti aggiungono infine che detti premi sono sproporzionati e non sono previsti nella Carta costituzionale.

71. La Corte ricorda anzitutto che in alcuni sistemi proporzionali il legislatore fissa delle soglie per correggere gli effetti negativi di questo tipo di scrutinio e assicurare una maggiore stabilità all’interno del Parlamento (Yumak e Sadak già cit.,§§ 61 e 63).

72. Nel caso di specie ci si trova di fronte a meccanismi simili, ossia i premi di maggioranza, ai quali il legislatore ha fatto ricorso allo stesso scopo di correggere gli effetti negativi del sistema elettorale vigente in Italia, e in particolare garantire una maggiore stabilità di governo.

73. La Corte osserva anche che, così come i sistemi delle liste bloccate, le misure dei premi di maggioranza o dei meccanismi analoghi a questi ultimi sono applicate tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa (si veda § 27 supra).

74. Peraltro, considerata la portata dei premi adottati nel sistema italiano e alla luce dei criteri derivanti dalla giurisprudenza della Corte (si veda, in particolare, Yumak e Sadak già citata,§§ 61 e 63, per quanto riguarda la compatibilità con la Convenzione della soglia elettorale del 10% imposta a livello nazionale e integrata da alcune modifiche) tali premi non sembrerebbero di natura tale da pregiudicare l’equilibrio tra i principi della giusta rappresentanza e della stabilità di governo.

75. Sicuramente il legislatore italiano non ha previsto alcuna soglia di consenso minima per l’attribuzione dei premi in questione. Tuttavia, i sistemi dei premi di maggioranza come quello del caso di specie devono essere considerati nell’ambito del margine di discrezionalità particolarmente ampio accordato agli Stati contraenti nell’ambito in questione (si veda Federación nacionalista Canaria c. Spagna (dec.), n. 56618/00, CEDU 2001‑VI, nonché Tête c. Francia, n. 11123/84, decisione della Commissione del 9 dicembre 1987, Décisions et rapports (DR) 54, p. 52, Fournier c. Francia, n. 11406/85, decisione della Commissione del 10 marzo 1988, DR 55, p. 130, e Magnago e Südtiroler Volkspartei c. Italia, n. 25035/94, decisione della Commissione del 15 aprile 1996, DR 85, p. 112). In questo caso, quando viene portata a pronunciarsi su questioni di conformità all’articolo 3 del Protocollo n. 1, la Corte si rifà sostanzialmente a due criteri: ricerca, da una parte, se vi sia stato arbitrio o mancanza di proporzionalità e, dall’altra, se la restrizione abbia pregiudicato la libera espressione dell’opinione del popolo (Yumak e Sadak c. Turchia [GC], n. 10226/03, § 109, CEDU 2008). Nella fattispecie, la Corte ritiene che la disciplina dei premi di maggioranza fissata dalla legge italiana non possa essere riconosciuta contraria alle esigenze dell’articolo 3 del Protocollo n. 1, in quanto tale disposizione opera al fine di favorire le correnti di pensiero sufficientemente rappresentative e la costituzione di maggioranze sufficientemente stabili nelle assemblee. Di conseguenza, così come per il motivo precedente, la Corte non rileva alcuna violazione della «libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo».

76. Pertanto, anche questo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

B. Motivo di ricorso relativo all’articolo 6 della Convenzione (diritto a un tribunale)

77. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, alcuni dei ricorrenti (ricorsi nn. 35953/08, 39854/08, 49434/08, 49512/08, 49519/08, 49538/08, 49545/08 e 49548/08) lamentano una violazione del loro diritto a un tribunale.
Nelle sue parti pertinenti, tale disposizione recita:
«1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. (...)»

78. La Corte ricorda che, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, i procedimenti riguardanti il contenzioso elettorale esulano dal campo di applicazione dell’articolo 6, in quanto riguardano l’esercizio di diritti a carattere politico e che non sono dunque relativi a «diritti e doveri di carattere civile» o la «fondatezza di un’accusa penale» (Pierre-Bloch c. Francia, sentenza del 21 ottobre 1997, Recueil des arrêts et décisions 1997-VI, p. 2223, § 50; Cheminade c. Francia (dec.), n. 31599/96, CEDU 1999-II).

79. Nel caso di specie, la Corte osserva che il procedimento in questione era volto a contestare alcune disposizioni della legge elettorale vigente con riguardo alle modalità dell’esercizio del diritto di voto e dell’attribuzione dei seggi. Osserva che all’origine di tale procedimento vi sono i diritti dei ricorrenti in quanto elettori italiani. Il diritto di votare ad una elezione è un diritto di natura politica e non civile o penale ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione, pertanto le controversie relative al suo esercizio esulano dal campo di applicazione di tale disposizione.

80. Di conseguenza, questo motivo di ricorso è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 § 4.

C. Motivo di ricorso relativo all’articolo 13 della Convenzione (diritto a un ricorso effettivo)

81. Tutti i ricorrenti sostengono infine di non disporre, nel diritto italiano, di alcun ricorso interno effettivo attraverso il quale avrebbero potuto far valere i loro motivi di ricorso relativi alla violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1.
Secondo l’articolo 13 della Convenzione:
«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (…) Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

82. La Corte ricorda che l’articolo 13 non può essere interpretato nel senso di esigere un ricorso interno per ogni doglianza, per quanto giustificata essa sia, che un individuo può presentare sul campo della Convenzione: si deve trattare di un motivo difendibile rispetto a quest’ultima (Boyle e Rice c. Regno Unito, serie A n. 131, § 52, 24 aprile 1988). Nella presente causa, la Corte ha appena concluso che il motivo di ricorso dei ricorrenti relativo alla clausola «normativa» dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 alla Convenzione è manifestamente infondato. Queste stesse considerazioni la portano a concludere, sotto il profilo dell’articolo 13, che non si era in presenza di motivi di ricorso difendibili (si vedano, tra molte altre, Al‑Shari e altri c. Italia (dec.), n. 57/03, 5 luglio 2005, Walter c. Italia (dec.), n. 18059/06, 11 luglio 2006, e Schiavone c. Italia (dec.), n. 65039/01, 13 novembre 2007).

83. Di conseguenza anche questo motivo di ricorso è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere rigettato in applicazione dell’articolo 35 § 4.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Decide di riunire i ricorsi;
Dichiara i ricorsi irricevibili.

Stanley Naismith
Cancelliere

Françoise Tulkens
Presidente

 

DECISIONE SACCOMANNO
E ALTRI c. ITALIA
E ALTRI RICORSI
N. cause N. ricorso Nome
1 11583/08 SACCOMANNO E ALTRI
2 11929/08 ANETRINI E ALESSIO
3 15726/08 ARATO E ALTRI
4 16155/08 MALENA
5 20223/08 ZURZOLO
6 20225/08 DELEO
7 20598/08 DOVA
8 20671/08 VERSOLATO
9 35953/08 BOZZI E ALTRI
10 39854/08 ZAMPA
11 49434/08 DELL’ACQUA E ALTRI
12 49512/08 CRITELLI E ALTRI
13 49519/08 PULLANO E ALTRI
14 49538/08 RAFFAELLI E ALTRI
15 49545/08 ARCURI E ALTRI
16 49548/08 COSCO E ALTRI
17 29218/09 MARRARI