Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 10 gennaio 2012 - Ricorso n.32521/05 - Di Marco c. Italia

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata da Rita Pucci, funzionario linguistico

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA DI MARCO c. ITALIA
(Ricorso n. 32521/05)
SENTENZA
(Equa soddisfazione)
STRASBURGO
10 gennaio 2012

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa di Marco c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), costituita in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 6 dicembre 2011,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 32521/05) presentato contro la Repubblica italiana con il quale un cittadino di quello Stato, il sig. Raffaele di Marco («il ricorrente»), ha adito la Corte il 29 agosto 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. Con sentenza del 26 aprile 2011 («la sentenza in via principale»), la Corte ha ritenuto sussistente la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 per avere le autorità statali omesso di tenere conto, nel calcolo dell’indennizzo versato al ricorrente per l’espropriazione del terreno di cui era locatario e sul quale esercitava la sua attività commerciale, del fatto che l’espropriazione controversa aveva comportato la perdita dello «strumento di lavoro» del ricorrente, dal quale questi traeva i mezzi di sostentamento. Inoltre, l’indennizzo in questione non era ragionevolmente proporzionato al valore del «bene» (Di Marco c. Italia (nel merito), n. 32521/05, §§ 54-67 e punto 2 del dispositivo, 26 aprile 2011).

3. Basandosi sull’articolo 41 della Convenzione, il ricorrente reclamava un’equa soddisfazione di 571.265 euro (EUR) per danni materiali, somma da aggiornare per compensare gli effetti dell’inflazione e da maggiorare degli interessi legali. Egli chiedeva inoltre 100.000 EUR a titolo di danni morali, 50.000 EUR per le spese del procedimento dinanzi alla Corte e 28.205 EUR per le spese sostenute a livello interno.

4. La Corte si è riservata in toto di decidere in merito all’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, non essendo istruita la questione, ed ha invitato il Governo e il ricorrente a presentarle per iscritto, entro tre mesi, le loro osservazioni su detta questione e, in particolare, ad informarla di ogni eventuale accordo da essi raggiunto (ibidem, § 73 e punto 3 del dispositivo).

5. Il ricorrente e il Governo hanno entrambi depositato osservazioni.

IN DIRITTO

6. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno materiale e morale

1.Argomentazioni delle parti

a) il ricorrente

7. A titolo di risarcimento del danno materiale, il ricorrente chiede il versamento di una somma corrispondente all’indennità di espropriazione alla quale riteneva di avere diritto (571.265 EUR – si veda il paragrafo 42 della sentenza in via principale). Tale importo dovrebbe poi essere aggiornato per compensare gli effetti dell’inflazione e maggiorato degli interessi legali per il periodo compreso tra il 1990 e la data della pronunzia della sentenza della Corte, il che porterebbe ad un totale di 1.608.181,60 EUR. Il ricorrente chiede inoltre 200.000 EUR a titolo di risarcimento del danno morale. Egli pone l’accento sul fatto che le sue vicissitudini durano da venti anni e che, in seguito all’espropriazione del terreno che aveva in affitto (di seguito, il «terreno X»), egli ha dovuto smettere l’attività di imprenditore e lavorare come dipendente per aziende di proprietà altrui. Inoltre, non ha potuto versare alla previdenza sociale i contributi necessari ad ottenere una pensione e attualmente vive a carico del coniuge.

8. Nella sua memoria del 24 ottobre 2011, il ricorrente ha precisato gli elementi da lui utilizzati per calcolare il danno materiale. Egli fa notare che l’espropriazione del terreno lo ha costretto a smettere l’attività di imprenditore per l’impossibilità di trovare un altro sito adatto allo scopo e gli ha causato la perdita dei beni che costituivano l’impresa (e il cui valore ammontava, nel 1990, a circa 145.419 EUR) e del valore dell’avviamento commerciale indotto dalla sua attività, del valore di 36.577 EUR. Sostiene altresì che i benefici di sfruttamento ammontavano a 50.248.677 ITL (circa 25.951 EUR) all’anno, somma che, moltiplicata per quindici, dà 389.269 EUR. Il calcolo presuppone che dopo la scadenza del 1996, il contratto di locazione sarebbe stato rinnovato per un ulteriore periodo di nove anni. Al riguardo, il ricorrente nota, da un lato, che, secondo l’articolo 29 della legge n. 392 del 1978, il proprietario del terreno avrebbe potuto rifiutare di rinnovare il contratto alla prima scadenza solo in circostanze particolarissime e, dall’altro, che il comune di Acquavella ha ripreso possesso del terreno solo nel febbraio 2007.

b) Il Governo

9.Ad avviso del Governo, il ricorrente chiede un risarcimento «esorbitante» senza appoggiarsi su nessun nuovo elemento. La circostanza secondo la quale, dopo avere perduto l’azienda (di seguito, «l’azienda Eden Park»), il ricorrente è divenuto un dipendente non costituirebbe, di per sé, un pregiudizio.

10.Nella sua memoria del 26 ottobre 2011, il Governo ricorda che, nella sentenza in via principale, la Corte non ha dichiarato che l’occupazione d’urgenza del terreno X era illegittima (la valutazione della questione spettava ai giudici interni, che hanno respinto le accuse del ricorrente). Essa ha invece rilevato l’esistenza di una violazione nell’avvenuta rottura del giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali del ricorrente. Al riguardo, essa ha ritenuto la somma ricevuta dall’interessato (28.885 EUR) insufficiente a compensare il danno subito.
11.D’altra parte, il ricorrente non era il proprietario, bensì il locatario del terreno. Gli elementi da prendere in considerazione per valutare il danno materiale da lui subito sono quindi il valore dell’avviamento commerciale dell’azienda (stimato dal perito nominato dal tribunale di Vallo della Lucania in 36.577 EUR) e il periodo in cui, stando al contratto di locazione, il ricorrente avrebbe potuto continuare a sfruttare il terreno X. La Corte non dovrebbe invece tenere conto del valore del terreno e del plusvalore derivante dal fatto che la destinazione dello stesso era passata da «zona agricola» a «zona verde privata».

2.Valutazione della Corte

12.La Corte rammenta di avere ritenuto, nella sentenza in via principale, che il ricorrente, titolare dell’azienda Eden Park, la cui attività consisteva nella gestione di un parco giochi sito sul terreno X e costituito da un complesso di beni (materiali e fabbricati), avesse la speranza legittima di potere continuare ad esercitare la sua attività commerciale su detto terreno fino al 9 marzo 1996, e che tale speranza costituisse un «bene» ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (paragrafi 48-53 della sentenza in via principale). Questa speranza è stata frustrata dall’occupazione d’urgenza (intervenuta il 27 agosto 1990) e dall’espropriazione del terreno X, che hanno comportato la distruzione dei beni costitutivi dell’azienda e la cessazione del contratto di locazione (paragrafo 54 della sentenza in via principale).

13. Sebbene conforme al requisito di legittimità e finalizzata all’utilità pubblica (paragrafi 55-57 della sentenza in via principale), l’ingerenza nel diritto del ricorrente al rispetto dei suoi beni non era proporzionata; l’indennità percepita dall’interessato (28.885 EUR), inferiore di oltre 6,5 volte alla somma che secondo i periti nominati d’ufficio avrebbe potuto coprire il danno subito dal sig. Di Marco (193.400 EUR), non era infatti ragionevolmente proporzionata al valore del bene. Inoltre, dal fascicolo non risultava che, nel calcolo di detta indennità, le autorità avessero tenuto conto del fatto che l’espropriazione aveva comportato la perdita dello «strumento di lavoro» del ricorrente, dal quale l’interessato traeva i suoi mezzi di sostentamento (paragrafi 58-65 della sentenza in via principale). Da ciò la Corte ha concluso che il ricorrente aveva subito un «onere speciale ed esorbitante» e che quindi vi era stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (paragrafi 66-67 della sentenza in via principale).

14.La Corte fa notare di avere ritenuto, nella sentenza in via principale, che nel caso di specie il ricorrente avesse subito un doppio danno: quello derivante dall’impossibilità di continuare ad affittare il terreno X – e quindi di esercitare la sua attività commerciale – fino alla scadenza del contratto di locazione (9 marzo 1996) e quello derivante dalla distruzione dei beni costitutivi dell’azienda Eden Park – comprendenti in particolare attrezzature quali altalene, toboga, tavoli da ping pong, un bar, trampolini, una pista di pattinaggio, un percorso di mini golf ed un campo da tennis (paragrafo 15 della sentenza in via principale). Sotto il profilo dell’articolo 41 della Convenzione, il danno subito dal ricorrente deve quindi essere calcolato unicamente in funzione di questi due elementi, evitando ogni speculazione quanto alle probabilità di rinnovo del contratto di locazione del terreno X (paragrafo 52 della sentenza in via principale).

15.E’ inoltre opportuno ricordare che, adito dal ricorrente, il tribunale di Vallo della Lucania aveva nominato due periti designati d’ufficio, i quali depositarono le loro relazioni di perizia i giorni 26 luglio e 13 novembre 1991 (paragrafo 13 della sentenza in via principale). I periti nominati d’ufficio erano ausiliari neutri ed imparziali del tribunale (paragrafo 64 della sentenza in via principale); le loro valutazioni possono pertanto ritenersi in linea di principio oggettive ed affidabili e costituire un punto di partenza per l’esame della Corte. Stando al sig. P., perito contabile, nel 1990 il valore commerciale dell’azienda Eden Park ammontava a circa 36.577 EUR; essa era capace di generare un profitto annuale di circa 3.992 EUR (paragrafo 14 della sentenza in via principale). Il sig. R., agronomo, aveva valutato in circa 94.851 EUR il valore aggiornato dei fabbricati e dei materiali presenti sul terreno X. Inoltre, a suo giudizio, il cambiamento di destinazione del terreno (da «zona agricola» a «zona verde privata») aveva generato un plusvalore di circa 61.974 EUR (paragrafo 15 della sentenza in via principale).

16.Agli occhi della Corte, l’espropriazione del terreno X e l’impossibilità, per il ricorrente, di continuare ad esercitarvi la sua attività commerciale almeno fino alla scadenza del contratto di locazione hanno provocato la perdita immediata dell’azienda Eden Park – e quindi del suo valore commerciale – nonché dei manufatti e dei materiali. In compenso, secondo la Corte, è stato il proprietario a trarre vantaggio dal cambiamento di destinazione del terreno e non il locatario. Il plusvalore dovuto al cambiamento di destinazione (quantificato dal perito agronomo in 61.974 EUR – si veda il precedente paragrafo 15) non può quindi essere preso in considerazione dalla Corte. Anche se la stima esatta del danno subito dal ricorrente dipende da numerosi fattori – quali, ad esempio, la reale capacità dell’azienda di generare profitti e l’eventuale evoluzione di questi – la Corte non ritiene necessario dedicarsi ad un esame dettagliato di ciascuno di essi. Essa ritiene ragionevole stimare il danno totale subito dal ricorrente nell’agosto 1990 (data dell’occupazione d’urgenza – paragrafo 10 della sentenza in via principale) in conseguenza dell’espropriazione del terreno X in una somma vicina a quella risultante dalla somma del valore commerciale dell’azienda e di quello dei manufatti e dei materiali, come stimati dai periti nominati d’ufficio, ossia in circa 131.400 EUR.

17.Come ripetutamente affermato dalla Corte, una sentenza di constatazione di una violazione comporta per lo Stato convenuto l’obbligo giuridico di porre fine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire, per quanto possibile, la situazione ad essa precedente (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 31107/96, § 32, CEDU 2000-XI). Se la natura della violazione consente una restitutio in integrum, spetta allo Stato convenuto realizzarla. La Corte non ha infatti né la competenza né la possibilità pratica di attuarla essa stessa (Guiso-Gallisay c. Italia [GC], n. 58858/00, § 90, 22 dicembre 2009, e Di Belmonte c. Italia (n. 1), n. 72638/01, § 54, 16 marzo 2010).

18.La concessione di una somma corrispondente ad un’indennità di espropriazione ragionevolmente proporzionata al valore dell’interesse sostanziale del ricorrente e che tenga conto del fatto che quest’ultimo aveva perduto il suo «strumento di lavoro» pare essere la modalità più rapida di ripristino della situazione in cui il ricorrente si sarebbe trovato se non vi fosse stata violazione. Ora, questo «equo indennizzo» è quello risultante dalla differenza tra il danno totale preso in considerazione dalla Corte (precedente paragrafo 16) e l’indennità effettivamente percepita dal ricorrente (circa 28.885 EUR – paragrafo 28 della sentenza in via principale), ossia circa 102.500 EUR.

19.L’adeguatezza di un risarcimento rischia di diminuire quando il pagamento dello stesso prescinde da elementi suscettibili di ridurne il valore, quali il trascorrere di un lasso di tempo considerevole (Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 82, serie A n. 301-B), pertanto tale importo dovrà essere aggiornato per compensare gli effetti dell’inflazione. Sarà necessario anche maggiorarlo di interessi suscettibili di compensare, almeno in parte, il lungo lasso di tempo trascorso dall’agosto 1990, data in cui il ricorrente ha perduto la disponibilità del terreno. Agli occhi della Corte, tali interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato al capitale progressivamente rivalutato (Guiso-Gallisay succitata, § 105).

20.Inoltre, nel caso di specie, la violazione dei diritti del ricorrente sanciti dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 ha dovuto suscitare nell’interessato sentimenti di impotenza e di frustrazione. A parere della Corte, a questo danno morale si deve riparare in modo adeguato (si veda, mutatis mutandis, Epiphaniou ed altri c. Turchia (equa soddisfazione), n. 19900/92, § 45, 26 ottobre 2010).

21.Tenuto conto di tutti questi elementi e deliberando secondo equità, la Corte ritiene ragionevole concedere al ricorrente una somma totale di 250.000 EUR, comprensiva di tutti i danni, oltre ad ogni importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta su tale somma.

B. Spese

22.Senza produrre alcuna nota di onorario dei suoi legali, il ricorrente chiede inoltre il rimborso delle spese del procedimento dinanzi alla Corte, che ammonterebbero a 7.336 EUR per l’avvocato De Marco e a 50.000 EUR per gli avvocati Baldassini e Forte, più IVA. Quanto ai procedimenti interni, egli fa presente che il tribunale di Vallo della Lucania e la corte d’appello di Salerno lo hanno condannato al pagamento delle spese di giustizia, ammontanti a 2.995,34 EUR per il primo grado e a 4.629,41 EUR per l’appello. Non avendo pagato queste somme, l’interessato si è visto notificare un atto di precetto per l’importo di 19.992.096 ITL (ossia circa 10.325 EUR). In seguito, la società creditrice ha ottenuto il pignoramento dell’abitazione del ricorrente; la somma totale dovuta dal ricorrente, tenuto conto di spese varie e degli interessi legali, ammontava a 28.205 EUR. L’interessato ne chiede il rimborso e fa sapere che il procedimento di esecuzione avviato nei suoi confronti è a tutt’oggi ancora pendente dinanzi al tribunale di Vallo della Lucania.

23.Il Governo osserva che il ricorrente è stato costretto a pagare le spese dei procedimenti interni per non avere avuto causa vinta.

24.Stando alla giurisprudenza costante della Corte, il rimborso delle spese sostenute da un ricorrente può essere concesso solo se sono accertate la loro realtà, la loro necessità e la ragionevolezza del loro tasso (Belziuk c. Polonia, 25 marzo 1998, § 49, Raccolta delle sentenze e delle decisioni 1998-II).

25.La Corte giudica eccessivo l’importo chiesto per le spese relative al procedimento nazionale e al procedimento dinanzi ad essa e decide di concedere per l’insieme la somma totale di 10.000 EUR (si veda, mutatis mutandis, Di Belmonte (n. 1) succitata, § 63, e Plalam S.p.a. c. Italia (equa soddisfazione), n. 16021/02, § 31, 8 febbraio 2011).

C. Interessi moratori

26.La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

1. Dichiara

  1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a partire dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
  2.      i. 250.000 EUR (duecentocinquantamila euro), oltre ad ogni importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta, per danno materiale e morale;
         ii.10.000 EUR (diecimila euro), oltre ad ogni importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo d’imposta, per spese;
  3. che, a partire dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;

2. Rigetta la domanda di equa soddisfazione nel resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 10 gennaio 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Tulkens
Presidente

Françoise Elens-Passos
Cancelliere aggiunto