Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 26 settembre 2017 - Ricorso n. 24059/13 - Causa Roberto Mazzarella c.Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita da Rita Carnevali, assistente linguistico e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 24059/13

Roberto Mazzarella
contro l’Italia


La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita il 26 settembre 2017 in un comitato composto da:

  • Krzysztof Wojtyczek, presidente,
  • Armen Harutyunyan,
  • Jovan Ilievski, giudici,
  • e da Renata Degener, cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 27 marzo 2013,
Viste le osservazioni presentate dal governo convenuto e quelle presentate in risposta dal ricorrente,
Dopo avere deliberato, emette la seguente decisione:

IN FATTO

1.  Il ricorrente, il sig. Roberto Mazzarella, è un cittadino italiano nato nel 1978 e detenuto a Viterbo. È stato rappresentato dinanzi alla Corte dall’avvocato M. Gentiloni Silveri, del foro di Roma
2.  Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora.

A.  Le circostanze del caso di specie

3.  I fatti di causa, così come sono stati esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.
4.  In una data che nel fascicolo non è precisata, nei confronti del ricorrente – peraltro già condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa –, fu avviato un procedimento penale perché era sospettato di essere il capo di un’associazione per delinquere di tipo mafioso e di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. L’accusa si basava principalmente su alcune intercettazioni telefoniche e sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
5.  Il ricorrente è stato citato a comparire il 10 marzo 2008 dinanzi al giudice dell’udienza preliminare («il GUP») del tribunale di Napoli («il tribunale») con alcuni coimputati.
6.  Il 17 marzo 2008 il GUP fissò l’udienza preliminare al 30 maggio 2008.
7.  Il ricorrente sostiene di aver depositato, il 19 marzo 2008, una memoria e una perizia volte a dimostrare l’esistenza di errori commessi nella trascrizione delle intercettazioni telefoniche dall’esperto nominato dal tribunale. Il Governo sostiene che il ricorrente non ha dimostrato di avere depositato la memoria in quella data. Dal fascicolo della Corte risulta che, il 29 maggio 2008, il ricorrente ha depositato una relazione peritale volta a contestare alcune trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e, in particolare, tre delle tredici effettuate. Secondo il perito che ha redatto questa relazione:

  • nella prima conversazione, due coimputati, parlando in dialetto napoletano, avevano detto «vata vennut 6 pacc e cocaine», frase che sarebbe stata erroneamente tradotta in italiano con «abbiamo venduto 6 pacchi di cocaina» anziché «vi siete venduti 6 pacchi di cocaina»;
  • nella seconda conversazione intercorsa tra il ricorrente e due coimputati, l’uso del termine «conti» era contestabile perché non sarebbe stato udibile;
  • nell’ultima conversazione intercorsa tra il ricorrente e un altro coimputato, l’unica frase che era stata pronunciata era «chi si è messo nella macchina»?», mentre nella trascrizione figurerebbe anche la frase «chi ci sta vicino a?».

Dal fascicolo della Corte risulta anche che il ricorrente ha allegato a questa perizia un documento riguardante l’interrogatorio di uno dei suoi coimputati.
8.  All’udienza del 30 maggio 2008, alcuni dei coimputati del ricorrente chiesero l’applicazione del rito abbreviato e l’udienza preliminare nei confronti degli altri coimputati e dell’interessato fu rinviata al 13 giugno 2008.
9.  All’udienza del 13 giugno 2008 anche il ricorrente e gli altri coimputati chiesero l’applicazione del rito abbreviato.
10.  Questa richiesta fu accettata dal GUP il 15 luglio 2008.
11.  Il dibattimento si svolse lo stesso giorno e le parti depositarono le loro conclusioni.
12.  Il 3 dicembre 2008 il ricorrente depositò dinanzi al GUP una memoria in cui esponeva la sua tesi difensiva e che conteneva una relazione peritale. Questa memoria aveva lo stesso contenuto di quella che l’interessato sostiene di aver presentato nel marzo 2008 e figurava già nel fascicolo della procura. Il Governo indica che il ricorrente non ha inserito questa memoria nel fascicolo della Corte.
13.  Con sentenza del 5 gennaio 2009, il tribunale condannò il ricorrente a dodici anni di reclusione per l’accusa di associazione mafiosa e lo assolse per l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Indicò che il deposito della memoria il 3 dicembre 2008 era tardivo, essendo avvenuto dopo l’ammissione del ricorrente al rito abbreviato e che, pertanto, la suddetta memoria non poteva essere presa in considerazione.
14.  Il ricorrente interpose appello avverso questa sentenza sostenendo, tra l’altro, di aver depositato la memoria controversa il 19 marzo 2008, ossia alcuni mesi prima della richiesta di applicazione del rito abbreviato – presentata il 13 giugno 2008 – e, di conseguenza, il tribunale aveva erroneamente ritenuto che la domanda fosse tardiva.
15.  Con sentenza del 7 febbraio 2011 la corte d’appello di Napoli («la corte d’appello») prosciolse il ricorrente dall’accusa di associazione mafiosa, in quanto l’interessato era già stato condannato in via definitiva per gli stessi fatti da un’altra corte d’appello. Lo condannò, invece, a diciotto anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Considerò che, poiché il ricorrente era stato ammesso al rito abbreviato il 15 luglio 2008, la presentazione della memoria il 3 dicembre 2008 era tardiva. Di conseguenza, la corte d’appello ritenne che questa memoria non dovesse essere presa in considerazione, fatta eccezione per alcuni documenti già presenti nel fascicolo della procura. Infine, ricordò che, secondo una consolidata giurisprudenza, gli argomenti contenuti in una memoria potevano essere rigettati implicitamente dal giudice.
16.  Il ricorrente propose ricorso per cassazione.
17.  Con sentenza depositata in cancelleria il 28 settembre 2012, la Corte di cassazione indicò che i giudici avevano erroneamente considerato che la richiesta di ammissione della memoria era tardiva, ma che ciò non pregiudicava l’equità del procedimento. Spiegò che la mancata ammissione della memoria non poteva essere considerata una causa di nullità della sentenza, ma avrebbe potuto influire sulla pertinenza della motivazione delle decisioni. Espose che, nel caso di specie, il ricorrente non aveva indicato quali circostanze non sarebbero state prese in considerazione dai giudici interni e che il suo ricorso era piuttosto una critica delle decisioni adottate da questi ultimi
18.  La Corte di cassazione aggiunse che le intercettazioni telefoniche non erano l’unica prova della colpevolezza del ricorrente, che quest’ultima si fondava anche su varie dichiarazioni di collaboratori di giustizia e che l’interessato non aveva spiegato in che misura la perizia in questione avrebbe potuto consentire di dimostrare la commissione di errori nella trascrizione delle intercettazioni. Infine, ritenne che le decisioni che dichiaravano la colpevolezza del ricorrente fossero motivate in modo logico e adeguato, e respinse il ricorso dell’interessato.

B.  Il diritto interno pertinente

19.  Il rito abbreviato è disciplinato dagli articoli 438 e da 441 a 443 del codice di procedura penale (CPP) e si basa sull’ipotesi che la causa può essere decisa allo stato degli atti nel corso dell’udienza preliminare. La domanda di adozione del rito abbreviato può essere presentata, oralmente o per iscritto, fino a che non siano state presentate le conclusioni all’udienza preliminare. In caso di adozione del rito abbreviato, l’udienza si svolge in camera di consiglio e riguarda le difese orali delle parti. In linea di principio, le parti devono basarsi sui documenti contenuti nel fascicolo della procura, anche se, in via eccezionale, possono essere ammesse delle prove orali. Se il giudice decide di condannare l’imputato, la pena è ridotta di un terzo (articolo 442, comma  2, del CPP).
20.  Le disposizioni interne relative al rito abbreviato sono descritte nella sentenza Hermi c. Italia ([GC], n. 18114/02, §§ 27 28, CEDU 2006 XII; si vedano anche Fera c. Italia, n. 45057/98, §§ 30-34, 21 aprile 2005, e Scoppola c. Italia (n. 2) [GC], n. 10249/03, §§ 27-28, 17 settembre 2009).

MOTIVI DI RICORSO

21.  Ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione, il ricorrente lamenta una violazione del principio della parità delle armi consistente nel rifiuto dei giudici nazionali di prendere in considerazione la memoria depositata da lui nel dicembre 2008.

IN DIRITTO

22.  Il ricorrente denuncia il mancato rispetto del principio della parità delle armi garantito dall’articolo 6 della Convenzione, così formulato nelle sue parti pertinenti:
«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (...) da un tribunale (...) il quale sia chiamato a pronunciarsi (...) sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti.»

A.  Tesi delle parti

23.  Il Governo indica, innanzitutto, che il ricorrente ha optato volontariamente per il rito abbreviato e aggiunge che il GUP ha esaminato tutte le memorie depositate dalle parti prima della domanda di adozione del giudizio abbreviato. Secondo il Governo, non era necessario depositare la memoria il 3 dicembre 2008, in quanto la stessa memoria era già stata presenta nel marzo 2008 e faceva già parte del fascicolo della procura.
24.   Il Governo afferma poi che tale memoria non conteneva niente altro che una diversa interpretazione di tre delle intercettazioni telefoniche e sostiene che il ricorrente non ha prodotto dinanzi alla Corte la memoria che aveva presentato nel dicembre 2008 e che l’unico documento versato al fascicolo della Corte è la relazione peritale sulla trascrizione di tre intercettazioni telefoniche (paragrafo 7 supra). Esso aggiunge che l’interessato non ha eccepito l’illegittimità delle intercettazioni telefoniche e che, non avendo chiesto che il rito abbreviato fosse subordinato alla produzione di nuove prove, è evidente che non ha voluto fruire di una procedura pienamente in contraddittorio.
25.  Il Governo fa infine riferimento alla motivazione della sentenza della Corte di cassazione che, a suo avviso, è esauriente e motivata.
26.  Il ricorrente contesta le osservazioni del Governo e indica che la memoria che ha depositato il 3 dicembre 2008 avrebbe certamente dovuto far parte del materiale probatorio già raccolto dalla procura e a disposizione del GUP ai fini della sua decisione. Ora, il ricorrente sostiene che il documento in questione non è mai stato valutato dal GUP e che ciò risulta dalle decisioni interne, in quanto, a suo avviso, queste non fanno menzione degli argomenti presentati nella sua memoria difensiva.
27.  Il ricorrente afferma che la Corte di cassazione gli ha contestato di non aver chiarito in quale misura la perizia in questione avrebbe potuto consentire di dimostrare la commissione di errori nella trascrizione delle intercettazioni.
28.  Esso aggiunge che le intercettazioni telefoniche sono state l’unica prova utilizzata dai giudici interni a sostegno della sua condanna. Afferma che, in ogni caso, la questione dell’onere della prova non ha nulla a che fare con la violazione dei suoi diritti della difesa.
29.  Infine, il ricorrente sostiene che il rifiuto dei giudici nazionali di prendere in considerazione la memoria controversa lo ha posto in una posizione di netto svantaggio che lo avrebbe privato dei suoi diritti alla parità delle armi e a un processo equo.

B.  Valutazione della Corte

30.  La Corte rammenta che il suo unico compito, conformemente all’articolo 19 della Convenzione, è quello di assicurare il rispetto degli impegni derivanti da quest’ultima per le parti contraenti. In particolare, non è tenuta a conoscere degli errori di fatto e di diritto asseritamente commessi da un tribunale interno o a sostituire la sua valutazione a quella dei giudici nazionali, salvo se e nella misura in cui questi errori possano avere leso i diritti e le libertà salvaguardati dalla Convenzione. Se l’articolo 6 della Convenzione garantisce il diritto a un processo equo, esso non disciplina l’ammissibilità delle prove in quanto tali, materia che rientra in primo luogo nel diritto interno (Teixeira de Castro c. Portogallo, 9 giugno 1998, § 34, Recueil des arrêts et décisions 1998-IV, e Jalloh c. Germania [GC], n. 54810/00, § 94, CEDU 2006 IX).
31.  Inoltre, sebbene l’articolo 6 § 1 della Convenzione non disciplini l’ammissibilità e la forza probatoria dei mezzi, argomenti e offerte di prova delle parti, esso pone comunque a carico dei tribunali un obbligo di eseguire un esame effettivo, ad eccezione della valutazione della pertinenza (Van de Hurk c. Paesi Bassi, 19 aprile 1994, § 59, serie A n. 288). Se l’articolo 6 § 1 stabilisce l’obbligo per i giudici di motivare le loro decisioni, questo obbligo non può essere inteso nel senso di richiedere una risposta dettagliata per ogni argomento (García Ruiz c Spagna [GC], n. 30544/96, § 26, CEDU 1999-I). Analogamente, spetta ai giudici nazionali rispondere ai mezzi di difesa essenziali, sapendo che la portata di questo dovere può variare a seconda della natura della decisione e che deve quindi essere analizzato alla luce delle circostanze del caso di specie (Hiro Balani c. Spagna, 9 dicembre 1994, serie A n. 303-B, § 27, e Menet c. Francia, n. 39553/02, § 35, 14 giugno 2005).
32.  In definitiva, la Corte deve assicurarsi che il procedimento nel suo complesso, compreso il modo in cui sono state trattate le prove, sia stato equo ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
33.  Nel caso di specie, la Corte rileva che il ricorrente ha optato per il rito abbreviato e che le decisioni del tribunale e della corte d’appello si sono basate sui documenti che figuravano nel fascicolo della procura. Essa osserva che la memoria controversa era stata depositata prima della domanda di adozione del rito abbreviato, e che faceva parte del materiale probatorio a disposizione del GUP. A questo proposito, risulta dal fascicolo che questa memoria era stata depositata il 29 maggio 2008, e non nel mese di marzo 2008.
34.   La Corte rileva inoltre che il ricorrente, che era assistito da un avvocato di fiducia, era certamente in grado di conoscere le conseguenze derivanti dalla sua domanda di adozione del rito abbreviato (Hermi, sopra citata, § 79).
35.   La Corte rammenta che, nell’ambito del giudizio abbreviato, voluto nel caso di specie dal ricorrente, la produzione di nuove prove è esclusa per principio, in quanto la decisione deve essere presa sulla base dei documenti contenuti nel fascicolo della procura. Certamente, l’imputato può subordinare la sua domanda di adozione del rito abbreviato alla produzione di nuove prove che gli sembrano necessarie alla decisione. Tuttavia, ciò non si è verificato nel caso di specie, dal momento che il ricorrente ha accettato di essere giudicato esclusivamente sulla base degli elementi raccolti dalle autorità durante le indagini preliminari.
36.  La Corte indica che la memoria depositata nel dicembre 2008 contenente la stessa perizia di quella di maggio 2008, è stata esclusa per tardività dal tribunale e dalla corte d’appello. È vero che la Corte di cassazione, adita dal ricorrente, ha dichiarato che i giudici avevano erroneamente considerato che la domanda di ammissione della memoria di dicembre 2008 era tardiva. Tuttavia, la Corte nota che la suprema Corte ha ritenuto che non vi fosse stata violazione dell’equità del procedimento per il motivo che le intercettazioni telefoniche, contestate dal ricorrente nelle citate memorie, non costituivano l’unica prova della sua colpevolezza e che quest’ultima si fondava anche sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia. Essa rileva, inoltre, che la Corte di cassazione ha considerato che il ricorrente non aveva spiegato in che misura la perizia avrebbe potuto consentire di dimostrare la commissione di errori nella trascrizione di alcune intercettazioni telefoniche e non aveva fornito i motivi per i quali i suoi diritti della difesa sarebbero stati violati nel caso di specie.
37.  La motivazione della sentenza della Corte di cassazione non sembra né irragionevole né arbitraria. Inoltre, la Corte ribadisce che i giudici nazionali disponevano già della memoria controversa dal mese di maggio 2008.
38.  Quanto al tribunale e alla corte di appello, essi hanno ampiamente indicato, nella motivazione delle loro decisioni, quali erano gli elementi a carico del ricorrente, i motivi per i quali questi elementi erano sufficienti per dimostrare la colpevolezza dell’interessato al di là di ogni ragionevole dubbio e i motivi che avevano indotto i giudici interni a respingere gli argomenti della difesa.
39.  La Corte conclude che il ricorrente ha beneficiato di un procedimento in contraddittorio e ha potuto, nelle varie fasi di quest’ultimo, presentare gli argomenti che riteneva pertinenti ai fini della difesa della sua causa. Essa rileva che l’interessato contesta essenzialmente la valutazione degli elementi del fascicolo da parte dei giudici interni nonché l’esito del procedimento.
40.  Tenuto conto di tutte queste circostanze, la Corte ritiene che il ricorso sia manifestamente infondato e debba essere rigettato, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 a) e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,
Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese poi comunicata per iscritto il 19 ottobre 2017.

Renata Degener
Cancelliere aggiunto

Presidente
Krzysztof Wojtyczek