Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 ottobre 2011 - Ricorsi nn. 20198/03 e 40103/04 - Violando Truocchio c. Italia

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita dall’assistente linguistico Rita Carnevali

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA VIOLANDO TRUOCCHIO c. ITALIA
(Ricorsi nn. 20198/03 e 40103/04)
SENTENZA
STRASBURGO - 4 ottobre 2011

Questa sentenza è definitiva. Potrà subire modifiche di forma.

Nella causa Truocchio c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione) riunita in un Comitato composto da:
David Thór Björgvinsson, presidente,
Giorgio Malinverni,
Guido Raimondi, giudici,3
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 13 settembre 2011
Rende la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi sono due ricorsi (nn. 20198/03 e 40403/04) proposti contro la Repubblica italiana con i quali una cittadina di tale Stato, la signora Violanda Truocchio (“la ricorrente”), ha adito la Corte rispettivamente il 9 giugno 2003 ed il 7 luglio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).

2.  La ricorrente è rappresentata dagli avvocati G. di Gioia e M.M. de Nicola, di Telese Terme. Il governo italiano (“il Governo) è rappresentato dal suo ex agente, I.M. Braguglia, e dal suo co-agente, N. Lettieri.

3.  Il 29 agosto 2006 il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare i ricorsi al Governo. Come consentito dal paragrafo 3 dell’articolo 29 della Convenzione, in vigore all’epoca, è stato inoltre deciso di esaminare contestualmente la ricevibilità e il merito dei ricorsi. In applicazione del Protocollo n. 14, i ricorsi sono stati attribuiti ad un Comitato.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.  Il 29 giugno 1994 ed il 21 ottobre 1994, la ricorrente, lavoratrice agricola, depositò due ricorsi innanzi al giudice di Benevento (RG no 3266/94 e 5048/94), in funzione di giudice del lavoro, al fine di ottenere il riconoscimento del suo diritto all’indennità giornaliera di maternità, ossia il ventiquattro per cento della retribuzione giornaliera media, per un periodo di circa cinque mesi.

1.  Il primo ricorso (no 20198/03)

a.  Il procedimento principale

5.  Il 20 luglio 1994, il giudice fissò la prima udienza al 14 ottobre 1997. Questa udienza fu rinviata due volte d'ufficio e poi fissata al 16 luglio 1999.

6.  Con sentenza emessa in pari data, il cui testo fu depositato in cancelleria il 2 agosto 1999, il giudice respinse la domanda della ricorrente in quanto la sua qualità di lavoratore agricolo non era stata provata.

b.  La procedura  « Pinto »

7.  Il 21 settembre 2001, la ricorrente adì la corte d’appello di Roma ai sensi della legge no 89 del 24 marzo 2001, detta ”legge Pinto”, per lamentare la eccessiva durata del procedimento. Chiese alla corte di dichiarare che vi era stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo Stato italiano al risarcimento dei danni subiti.

8.  Con decisione del 14 gennaio 2002, il cui testo fu depositato in cancelleria il 6 febbraio 2002, la corte d’appello accolse la domanda e concesse alla ricorrente secondo equità 546,16 euro in riparazione del danno morale e 400 euro per le spese legali. Questa decisione non fu notificata e divenne definitiva il 21 marzo 2003.

9.  Con lettera del 16 luglio 2003, la ricorrente informò la Corte del risultato della procedura nazionale e le domandò di riprendere l’esame del suo ricorso. Informò altresì la Corte di non aver proposto ricorso per cassazione in quanto questo rimedio poteva essere introdotto soltanto per questioni di diritto.

10.  Le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto furono pagate l’11 marzo 2004.

2.  Il secondo ricorso (no 40403/04)

a.  Il procedimento principale

11.  Il 31 ottobre 1994 il giudice fissò la prima udienza al 19 febbraio 1997. Questa udienza fu rinviata d’ufficio al 16 aprile 1998 e poi ancora al 26 ottobre 1998. Questa ultima udienza fu rinviata per uno sciopero degli avvocati.

12.  Con sentenza dell’8 febbraio 1999, il cui testo fu depositato in cancelleria il 28 maggio 1999, il giudice rigettò la domanda della ricorrente in quanto manifestamente infondata.

b.  La procedura « Pinto »

13.  Il 19 settembre 2001 la ricorrente adì la corte d’appello di Roma.

14.  Con decisione del 21 gennaio 2002, il cui testo fu depositato in cancelleria il 12 febbraio 2002, la corte d’appello constatò che il procedimento aveva oltrepassato di qualche mese la durata ragionevole. Rigettò la domanda di riparazione del danno morale in quanto, avendo il giudice respinto la domanda della ricorrente, quest’ultima non aveva subito alcun danno morale.

15.  Il 23 luglio 2002 la ricorrente propose ricorso per cassazione. Con sentenza del 21 marzo 2003, il cui testo fu depositato in cancelleria l’8 marzo 2003, la Corte di cassazione confermò la decisione della corte d’appello.

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

16.  Il diritto e la prassi interni pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDU 2006 V).

IN DIRITTO

I.  RIUNIONE DEI RICORSI

17.  Tenuto conto della similitudine dei ricorsi per quanto riguarda i fatti ed il problema di merito che pongono, la Corte ritiene necessario riunirli e decide di esaminarli congiuntamente in un’unica sentenza.

II.  SULLA ALLEGATA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

18.  La ricorrente lamenta la durata dei procedimenti e, per quanto riguarda il primo ricorso, dell’insufficiente riparazione ottenuta nell’ambito del rimedio “Pinto”.

19.  Il Governo si oppone a questa tesi.

20.  L’articolo 6 § 1 della Convenzione è così formulato:
« Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…)».

A.  Sulla ricevibilità

1.  Tardività dei ricorsi

21.  Il Governo sostiene, in primo luogo, che il termine di sei mesi previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione dovrebbe essere calcolato a decorrere dalla data della decisione interna definitiva resa in ciascun procedimento principale. In secondo luogo, sottolinea che anche i ricorsi innanzi alla corte d’appello di Roma sarebbero stati introdotti tardivamente, fatto che impedirebbe comunque di prendere in considerazione la procedura “Pinto” ai fini del calcolo di detto termine.

22. La Corte rileva che le decisioni interne definitive, ai sensi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, sono le decisioni “Pinto” divenute definitive nelle date indicate nei fatti. Di conseguenza i ricorsi sono stati introdotti entro i sei mesi successivi. La Corte ritiene pertanto opportuno respingere l’eccezione.

2.  Qualità di «vittima»

23.  Il Governo sostiene che la ricorrente non può più ritenersi “vittima” della violazione dell’articolo 6 § 1 in quanto ha ottenuto dai giudici “Pinto” una constatazione di violazione ed un risarcimento adeguato e sufficiente.
24.  La Corte, dopo aver esaminato tutti i fatti delle cause e gli argomenti delle parti, considera che, rispetto alla prima procedura, la riparazione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007, CEDU 2007 VI ; Cocchiarella sopra citata, §§ 69-98) e l’indennizzo “Pinto” non è stato versato nei sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte d’appello è divenuta esecutiva (Cocchiarella sopra citata, § 89) e che, rispetto alla seconda procedura, non è stata accordata alcuna somma a titolo di danno morale. Pertanto, la ricorrente può ancora ritenersi “vittima”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.

B.  Sul merito

25.  La Corte constata che la durata dei procedimenti in causa è stata rispettivamente di cinque anni e un mese e di quatto anni e sette mesi per un grado di giudizio.

26.  La Corte ha trattato più volte ricorsi che sollevavano questioni simili a quelle dei casi di specie ed ha constatato che viene ignorata l'esigenza del "termine ragionevole", tenuto conto dei criteri sviluppati dalla sua consolidata giurisprudenza in materia (si veda, in primo luogo, Cocchiarella sopra citata). Non scorgendo nulla che possa indurla a concludere diversamente nella presente causa, la Corte ritiene che sia anche opportuno constatare, in ciascun ricorso, una violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione, per gli stessi motivi.

III.  SULL’APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

27.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
« Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un'equa soddisfazione alla parte lesa. »

A.  Danno

28.  La ricorrente reclama, senza quantificarla, una riparazione per il danno morale che avrebbe subito.

29.  Il Governo contesta questa pretesa.

30.   La Corte rileva che in cause italiane simili, nelle quali i ricorrenti si lamentavano della durata di più procedimenti connessi tra loro e che si erano svolti parallelamente, l’importo concesso ai ricorrenti non equivaleva alla somma degli importi che i ricorrenti avrebbero potuto pretendere per le diverse procedure, ma corrisponde all’importo più elevato leggermente maggiorato che i ricorrenti potevano pretendere (si vedano, fra altre, Garino c. Italia (dec.), nn. 16605/03, 16641/03 e 16644/03, 18 maggio 2006, Quattrone c. Italia, no44412/98, 25 ottobre 2001, e Ferrari c. Italia, no 44525/98, 25 ottobre 2001).

31.  La Corte nota che i procedimenti che si sono essenzialmente svolti in parallelo sono durati rispettivamente cinque anni e un mese e quatto anni e sette mesi per un grado di giudizio

32.  La Corte ritiene che avrebbe potuto accordare complessivamente alla ricorrente, in mancanza di vie di ricorso interne, 6.000 EURO. Il fatto che i giudici “Pinto” non le abbiano accordato nulla rispetto alla seconda procedura e 546.16 EURO per la prima porta ad un risultato manifestamente irragionevole, tanto più che il pagamento di questa somma è avvento più di sei mesi dopo il deposito in cancelleria della decisione Pinto. Di conseguenza, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (sopra citata, §§ 139-142 e 146) e Belperio e Ciarmoli c. Italia (no 7932/04, §§ 61-64, 21 dicembre 2010) e decidendo secondo equità, assegna alla ricorrente 1.350 EURO più 200 EURO per la ulteriore frustrazione derivante dal ritardo nel versamento dell’indennizzo “Pinto”.

B.  Spese

33.  I ricorrenti non hanno richiesto entro il termine impartito il rimborso delle spese sostenute innanzi alla Corte e/o innanzi ai giudici interni, e tale questione non richiede un esame d'ufficio (Colacioppo c. Italia, 19 febbraio 1991, § 16, serie A no 197 D).

C.  Interessi moratori

34.  La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento del prestito marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI,  LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ

  1. Decide di riunire i ricorsi e di esaminarli congiuntamente in un’unica sentenza ;
  2. Dichiara i ricorsi ricevibili;
  3. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  4. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi, 1.550 EURO (millecinquecentocinquanta euro) per danno morale, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice ad un tasso pari a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 4 ottobre 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Elens-Passos
Cancelliere aggiunto

David Thor Bjorgvinsson
Presidente

PTC
Il traduttore
Rita Carnevali