Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 giugno 2011 - Ricorso n. 65278/01 - De Caterina ed altri c. ITALIA

Traduzione © a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita da Rita Carnevali

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA DE CATERINA E ALTRI c. ITALIA
Ricorso n. 65278/01
SENTENZA
STRASBURGO - 28 giugno 2011

Questa sentenza diventerà definitiva alle condizioni definite dall’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa De Caterina e altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da :
Danutė Jočienė, presidente,
Dragoljub Popović,
Giorgio Malinverni,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
David Thór Björgvinsson giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo averne deliberato in camera di consiglio il 7 giugno 2011,
Rende la seguente sentenza, adotta in tale data:

PROCEDURA

1. All’origine della causa vi è un ricorso (no 65278/01) proposto contro la Repubblica italiana con il quale tre cittadini di questo Stato, i signori Pierdomenico De Caterina, Raffaele De Caterina e Lia Ciccone (“i ricorrenti”), hanno adito la Corte il 25 settembre 2000 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).

2. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dai suoi agenti, sigg. U. Leanza e I.M. Braguglia, sig.ra E. Spatafora, e dai suoi coagenti sigg. F. Crisafulli e N. Lettieri.

3. I ricorrenti allegano una lesione ingiustificata del loro diritto al rispetto dei loro beni.

4. Il 19 febbraio 2004, il presidente della ex prima sezione ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Come consentito dall’articolo 29 § 1 della Convenzione, ha inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente su ricevibilità e merito della causa.

5. In seguito alla ricomposizione delle sezioni, la causa è stata assegnata alla seconda sezione della Corte.

 

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

6. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1956, 1954 e 1963 e risiedono a Ceppaloni.

7. I ricorrenti erano proprietari di un terreno situato a Ceppaloni e iscritto in catasto al foglio 22, particella 23.

8. Con decreto del 7 maggio 1986, il comune di Ceppaloni ordinò l’occupazione d’urgenza di 200 metri quadrati del terreno per costruirvi una strada.

9. Con il secondo decreto del 16 settembre 1986, il comune di Ceppaloni ordinò l’occupazione di urgenza di 7.040 metri quadrati del terreno di proprietà dei ricorrente per costruirvi un centro sportivo.

10. Il 3 novembre 1986, il comune di Ceppaloni procedette all’occupazione materiale del terreno dei ricorrenti.

11. Con atto notificato il 6 febbraio 1992, i ricorrenti citarono il comune di Ceppaloni innanzi al tribunale civile di Benevento. Essi sostenevano che l’occupazione del terreno era illegale dal momento che si era protratta oltre il periodo autorizzato e senza che si fosse proceduto all’espropriazione formale e al pagamento di una indennità. Essi domandavano il risarcimento dei danni derivanti dall’occupazione del terreno a concorrenza del valore venale di quest’ultimo.

12. Secondo la relazione del perito nominato dal tribunale, il valore di mercato del terreno dei ricorrenti era di 38.500 lire italiane al metro quadrato.

13. Con sentenza del 20 aprile 1999, facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di occupazione acquisitiva, il tribunale di Benevento dichiarò che a seguito del completamento dell'opera pubblica – nel settembre 1988 -, la proprietà del terreno era passata all'amministrazione. Dal momento che il trasferimento della proprietà aveva avuto luogo nell'ambito di una occupazione di terreno illecita, i ricorrenti avevano diritto al risarcimento dei danni, da calcolare sulla base del valore venale del terreno ossia 166.812.030 lire italiane (38.500 lire al metro quadrato), da indicizzare al giorno della pronuncia, più gli interessi.

14. Dal fascicolo risulta che la sentenza è divenuta definitiva il 5 giugno 2000 e che il comune di Ceppaloni ha pagato ai ricorrenti la somma stabilita dal tribunale.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

15. Il diritto interno pertinente si trova descritto nella sentenza Guiso Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], nº 58858/00, 22 dicembre 2009.

 

IN DIRITTO

I. SULLA ALLEGATA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1 DELLA CONVENZIONE

16. I ricorrenti sostengono di essere stati privati del loro terreno in maniera incompatibile con l'articolo 1 del Protocollo n° 1, così formulato:
« Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.»

17. Il Governo si oppone a questa tesi.

A. Sulla ricevibilità

18. Il Governo solleva un'eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne in quanto i ricorrenti non hanno proposto appello avverso la sentenza del tribunale

19. Il Governo eccepisce anche il superamento del termine dei sei mesi a partire dal momento in cui l'occupazione del terreno è diventata priva di titolo.

20. I ricorrenti si oppongono alle eccezioni del Governo.

21. Per quanto riguarda l'eccezione di mancato esaurimento, la Corte ricorda di aver già rigettato eccezioni simili nelle cause Giacobbe e altri c. Italia (no 16041/02, 15 dicembre 2005), e Chirò c. Italia (no 5), n 67197/01, 11 ottobre 2005). Non scorge alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e dunque respinge l’eccezione del Governo.

22. Per quanto riguarda l'eccezione basata sul mancato rispetto del termine dei sei mesi, la Corte ricorda di aver già rigettato eccezioni simili nelle cause La Rosa e altri c. Italia (no 3) ((dec.), no 58386/00, del 1° aprile 2004), Donati c. Italia ((dec.), nº 63242/00, 13 maggio 2004) ; Maselli c. Italia ((dec.), no 63866/00, del 1° aprile 2004) e Chirò c. Italia (no 2) ((dec.), no 65137/01, del 27 maggio 2004). Essa non scorge alcun motivo per derogare alle sue precedenti conclusioni e dunque respinge l'eccezione del Governo.

23. La Corte constata che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell'articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non contrasta con nessun altro motivo di irricevibilità. È quindi opportuno dichiararlo ricevibile

B. Sul merito

24. I ricorrenti ricordano di essere stati privati del loro bene in base al principio dell’espropriazione indiretta e domandano alla Corte di dichiarare l'espropriazione del terreno non conforme ai principi di legalità. Facendo riferimento alle sentenze Belvedere Alberghiera c. Italia (nº 31524/96, CEDH 2000-VI) e Carbonara e Ventura c. Italia (nº 24638/94, 30 maggio 2000, CEDH 2000-VI), osservano che l'espropriazione indiretta è un meccanismo che permette all'autorità pubblica di acquisire un bene in maniera del tutto illegittima, fatto che non è ammissibile in uno Stato di diritto

25. Il Governo fa osservare che nel caso specifico si tratta di una occupazione di terreno nell’ambito di un procedimento amministrativo fondato su una dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, ammette che la procedura espropriativa non è stata compiuta entro i termini previsti dalla legge dal momento che non è stato emanato alcun decreto di espropriazione. In primo luogo, vi sarebbe utilità pubblica, e ciò non è stato messo in discussione dai giudici nazionali. In secondo luogo, la privazione del bene così come risulta dall’espropriazione indiretta sarebbe “prevista dalla legge”.

26. Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato far parte del diritto positivo a partire, al più tardi, dalla sentenza della Corte di cassazione n° 1464 del 1983. La successiva giurisprudenza avrebbe confermato questo principio e precisato alcuni aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge n° 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge finanziaria n° 662 del 1996. Il Governo ne conclude che a partire dal 1983, le norme dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, precise e accessibili a tutti i proprietari. Tuttavia, tenuto conto del fatto che il terreno è stato trasformato irreversibilmente dalla costruzione di un’opera di pubblica utilità, la sua restituzione non è più possibile.

27. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di una interpretazione sistematica da parte dei giudici di principi esistenti, volti a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse dei singoli quando l’opera pubblica è stata realizzata (trasformazione del terreno) e che risponda all’utilità pubblica. Per quanto riguarda l’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il sacrificio imposto ai singoli e la compensazione concessa a questi ultimi, il Governo riconosce che l’amministrazione è tenuta ad indennizzare gli interessati.

28. Il Governo conclude che il giusto equilibrio è stato rispettato e che la situazione denunciata è compatibile sotto tutti i punti di vista con l’articolo n° 1 del Protocollo n° 1

29. La Corte nota innanzi tutto che le parti sono concordi nell’affermare che vi è stata “privazione della proprietà”.

30. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI ; Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI ; fra le sentenze più recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005; Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005; Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005 ; Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005; La Rosa e Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005 ; Chirò c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005; Velocci c. Italia, no 1717/03, 18 marzo 2008; Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], no 58858/00, 22 dicembre 2009) per il riepilogo dei principi pertinenti e per una sintesi della sua giurisprudenza in materia.

31. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, i giudici interni hanno considerato i ricorrenti privati del loro bene a partire dalla data della realizzazione dell’opera pubblica. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte ritiene che questa situazione non possa essere considerata “prevedibile”, in quanto soltanto con la decisione giudiziaria definitiva si può ritenere applicato il principio dell’espropriazione indiretta e realizzata l’acquisizione del terreno al patrimonio pubblico. Di conseguenza i ricorrenti hanno avuto la “certezza giuridica” sulla privazione del terreno soltanto il 5 maggio 2000, data in cui la sentenza del tribunale di Benevento è diventata definitiva.

32. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di trarre vantaggio da una occupazione illegale del terreno. In altre parole, l’amministrazione ha potuto appropriarsi del terreno a dispetto delle norme che disciplinano l’espropriazione nella dovuta forma.

33. Alla luce di queste considerazioni, la Corte ritiene che l’ingerenza controversa non sia compatibile con il principio di legalità e che dunque abbia infranto il diritto al rispetto dei beni dei ricorrenti.

34. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1. 

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

35. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di riparare solo in parte alle conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno materiale

36. I ricorrenti sollecitano il versamento della somma di 300.000 euro per la perdita del terreno.

37. Il Governo vi si oppone e nota che i ricorrenti hanno ricevuto a livello nazionale una somma corrispondente al valore venale del loro terreno.

38. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione comporta a carico dello Stato convenuto l’obbligo di porre fine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo tale da ripristinare per quanto possibile la situazione precedente alla violazione (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], nº 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).

39. Essa ricorda che nella causa Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], nº 58858/00, 22 dicembre 2009), la Grande Camera ha modificato la giurisprudenza della Corte riguardante i criteri di indennizzo nelle cause di espropriazione indiretta. In particolare, la Grande Camera ha deciso di rigettare le pretese dei ricorrenti nella misura in cui queste siano basate sul valore dei terreni alla data della sentenza della Corte e di non tener conto, nella valutazione del danno materiale, del costo di edificazione delle opere realizzate dallo Stato sui terreni.

40. Secondo i nuovi criteri stabiliti dalla Grande Camera, l’indennizzo deve corrispondere al valore pieno del terreno al momento della perdita della proprietà, così come stabilito dalla perizia disposta dal giudice competente nel corso della procedura interna. Successivamente, una volta dedotta l’eventuale somma concessa a livello nazionale, questo ammontare deve essere attualizzato per compensare gli effetti dell’inflazione. E’ anche opportuno associare gli interessi che almeno in parte possono compensare il lungo lasso di tempo trascorso dallo spossessamento del terreno. Questi interessi devono corrispondere all’interesse legale semplice applicato al capitale progressivamente rivalutato.

41. La Corte osserva che i ricorrenti hanno ricevuto a livello nazionale una somma corrispondente al valore venale del loro terreno, rivalutata e comprensiva di interessi a decorrere dalla data della perdita della proprietà, ossia nel settembre 1988. A suo parere, gli interessati hanno già ottenuto una somma sufficiente per soddisfare i criteri di indennizzo succitati.

42. Rimane da valutare la perdita di chances subita a seguito dell’espropriazione controversa (Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC] succitata, § 107). La Corte ritiene sia il caso di prendere in considerazione il pregiudizio derivante dalla indisponibilità del terreno durante il periodo che va dall’inizio dell’occupazione legittima fino al momento della perdita di proprietà. Statuendo secondo equità, la Corte concede congiuntamente ai ricorrenti 13.000 euro.

B. Danno morale

43. I ricorrenti domandano 150.000 euro per il danno morale.

44. Il Governo vi si oppone e ritiene che per il danno morale nulla sia dovuto in quanto questo tipo di pregiudizio non può derivare dalla violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1, ma unicamente dalla violazione del “termine ragionevole”.

45. La Corte ritiene che il sentimento di impotenza e di frustrazione di fronte allo spossessamento illegittimo del loro bene abbia causato ai ricorrenti un pregiudizio morale importante che è opportuno riparare adeguatamente.

46. Statuendo secondo equità, la Corte concede congiuntamente ai ricorrenti 10.000 euro a questo titolo.

C. Spese

47. I ricorrenti domandano 13.985 euro per le spese affrontate innanzi alla Corte senza tuttavia fornire giustificativi a sostegno della loro domanda.

48. Il Governo vi si oppone e fa valere che i ricorrenti non hanno quantificato le loro pretese.

49. La Corte ricorda che l’assegnazione delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che siano provate la loro realtà, la loro necessità e, inoltre, la ragionevolezza del loro ammontare (Iatridis c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 2000-XI).

50. Nella fattispecie, la Corte rileva che i ricorrenti non hanno fornito giustificativi a sostegno della loro domanda e la rigetta.

D. Interessi moratori

51. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità del prestito marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

 

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 1 del protocollo n° 1 della Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare congiuntamente ai ricorrenti, entro tre mesi a decorrere dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
      1. 13.000 euro (tredicimila euro), più qualsiasi somma che può essere dovuta a titolo di imposta, per danno materiale;
      2. 10.000 euro (diecimila euro), più qualsiasi somma che può essere dovuta a titolo di imposta, per danno morale;
    2. che a decorrere dalla scadenza del suddetto termine e fino al versamento, queste somme dovranno essere maggiorate di un interesse semplice al tasso pari a quello della facilità del prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumento di tre punti percentuali;
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 28 giugno 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Elens-Passos
Cancelliere aggiunto

Danute Jočienė
Presidente