Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 15 febbraio 2011 - Ricorso n.28169/06 - Di Cecco c. Italia

Traduzione a cura del Ministero della Giustizia Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata dall'esperto linguistico C1 Dott.ssa Rita Pucci

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA DI CECCO c. ITALIA
(Ricorso n. 28169/06)
SENTENZA
STRASBURGO - 15 febbraio 2011

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire variazioni di forma.

Nella causa di Cecco c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), costituita in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 25 gennaio 2011,
Pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDIMENTO


1. All’origine della causa vi è un ricorso (n. 28169/06) nei confronti della Repubblica italiana con cui un cittadino di quello Stato, il sig. Giuseppe di Cecco («il ricorrente»), ha adito la Corte il 7 luglio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali («la Convenzione»).
2. Il ricorrente è rappresentato dall’avv. G. Pelazza, del foro di Milano. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo Agente, E. Spatafora, e dal suo ex co-Agente, N. Lettieri.
3. Il 19 novembre 2009, la presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Come consentito dall’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata contestualmente sulla ricevibilità e sul merito.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4. Il ricorrente è nato nel 1955 e risiede a Sulmona.
5. I fatti della causa, come esposti dal ricorrente, possono riassumersi come segue.
6. In data imprecisata e al termine di un procedimento penale avviato nei suoi confronti, il ricorrente fu condannato a venticinque anni di reclusione per avere partecipato alle attività dell’organizzazione terroristica denominata «Brigate rosse».
7. A partire dal 1999 (provvedimenti del magistrato di sorveglianza adottati nelle seguenti date: 28 giugno 1999, 17 dicembre 2003, 23 giugno e 17 settembre 2004, 14 marzo, 14 giugno, 15 settembre e 16 dicembre 2005, 24 marzo e 24 giugno 2006), la sua corrispondenza fu sottoposta a controllo.
8. I provvedimenti erano motivati dalla natura dei reati commessi dal ricorrente, dalla sua appartenenza ad una particolare categoria di detenuti caratterizzata da un atteggiamento di totale opposizione agli organi dello Stato, dalla sua condotta nonché dal suo rifiuto dell’istituzione carceraria e di qualsiasi collaborazione con il personale penitenziario.
9. Il ricorrente presentò diversi reclami contro i provvedimenti di controllo della sua corrispondenza:
- reclamo al magistrato di sorveglianza contro il provvedimento del 17 settembre 2004, rigettato il 27 gennaio 2005.
- reclamo al magistrato di sorveglianza contro il provvedimento del 14 marzo 2005, rigettato il 28 giugno 2005. Il ricorrente propose ricorso per cassazione. Con sentenza del 25 gennaio 2006, la Corte di cassazione rigettò il ricorso proposto dal ricorrente.
- reclamo al magistrato di sorveglianza contro il provvedimento del 14 giugno 2005, rigettato il 19 agosto 2005.
- reclamo al magistrato di sorveglianza contro il provvedimento del 15 settembre 2005, rigettato il 13 dicembre 2005.
- reclamo al magistrato di sorveglianza contro il provvedimento del 16 dicembre 2005, rigettato il 14 marzo 2006.
10. Dal fascicolo risulta che il modulo di ricorso alla Corte nonché la procura allegata sono stati controllati due volte (all’arrivo e alla partenza dal carcere) nel giugno del 2006. Inoltre, due lettere del ricorrente indirizzate all’avvocato che lo rappresenta dinanzi alla Corte, datate 14 ottobre 2005 e 4 gennaio 2006, sono state controllate, la prima in data imprecisata e la seconda il 12 gennaio 2006.
11. Prima del 15 aprile 2004, il controllo della corrispondenza del ricorrente era effettuato conformemente all’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario (n. 354 del 26 luglio 1975). La legge n. 95 dell’8 aprile 2004 («la legge n. 95(2004)») ha introdotto nella legge sull’ordinamento penitenziario un nuovo articolo 18 ter relativo al controllo della corrispondenza. Il paragrafo 2 di tale articolo esclude dal controllo la corrispondenza del detenuto con, in particolare, il proprio avvocato e gli organi internazionali competenti in materia di diritti umani.
12. Nell’ottobre del 2008, il ricorrente terminò di scontare la pena.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

13. La Corte ha riassunto il diritto e la prassi interni pertinenti quanto al regime detentivo speciale applicato nella fattispecie e quanto al controllo della corrispondenza nella sentenza Enea c. Italia ([GC], n. 74912/01, §§ 30-42, 17 settembre 2009). Essa ha inoltre tenuto conto delle modifiche introdotte dalla legge n. 279 del 23 dicembre 2002 e dalla legge n. 95 dell’8 aprile 2004 (ibidem).

IN DIRITTO


I. SULL’ADDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

14. Il ricorrente lamenta la violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza. Invoca l’articolo 8 della Convenzione, così redatto nella parte pertinente:
«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, (…) e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria (…), alla pubblica sicurezza, (…), alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, (…).
»
 

A. Sulla ricevibilità
15. La Corte osserva innanzitutto che il controllo della corrispondenza del ricorrente effettuato prima del 7 gennaio 2006 esula dalla sua competenza in virtù della regola dei sei mesi. Ne consegue che questa parte del ricorso deve essere rigettata in quanto tardiva, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
16. Quanto al controllo della corrispondenza a partire dal 7 gennaio 2006, il Governo eccepisce il mancato esaurimento delle vie di ricorso interne non avendo il ricorrente presentato reclamo dinanzi al magistrato di sorveglianza, secondo la procedura prevista all’articolo 14 bis della legge sull’ordinamento penitenziario, contro il provvedimento che dispone il controllo della corrispondenza.
17. Il ricorrente si oppone alla tesi del Governo.
18. Alla luce del complesso delle argomentazioni delle parti, la Corte ritiene che l’eccezione del Governo sia strettamente connessa al merito del ricorso e decide di riunirla al merito.
19. Ad avviso della Corte, questa parte della doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione né è in contrasto con nessun altro motivo d’irricevibilità. E’ quindi opportuno dichiararla ricevibile.

B. Sul merito


20. Secondo il ricorrente, l’ingerenza nel suo diritto al rispetto della corrispondenza non era prevista dalla legge.
21. Egli sostiene inoltre che, trattandosi di una violazione continua, la Corte dovrebbe prendere in esame il controllo della corrispondenza effettuato dalle autorità penitenziarie dal 1992. Per giunta, a suo parere, la riforma introdotta nel 2004 non ha modificato la sua situazione: egli è stato sottoposto al controllo della corrispondenza per circa quindici anni.
22. Il Governo rammenta innanzitutto che, al 7 gennaio 2006, la disposizione di legge recante previsione del controllo e della possibilità di vietare la corrispondenza di un detenuto era l’articolo 18 ter della legge penitenziaria come modificato dalla legge n. 95(2004).
La norma prevede che un tale controllo possa essere effettuato, per un periodo massimo di sei mesi, al fine di evitare la perpetrazione di reati o di tutelare la sicurezza degli istituti penitenziari e la segretezza delle indagini. Il controllo è attuato in virtù di un decreto motivato dell’autorità giudiziaria, su richiesta del pubblico ministero o del direttore dell’istituto interessato. Il paragrafo 2 dell’articolo 18 ter esclude dal controllo la corrispondenza del detenuto con, in particolare, il proprio avvocato e gli organi internazionali competenti in materia di diritti umani. Spetta al detenuto che intenda scrivere al proprio avvocato o agli organi internazionali fornire le indicazioni necessarie ad evitare il controllo della corrispondenza, in particolare apponendo tali indicazioni sulla busta sigillata contenente la posta.
23. Quanto al controllo effettuato sulla corrispondenza con la Corte, il Governo, da un lato, ammette il mancato rispetto da parte delle autorità penitenziarie dei limiti imposti dal decreto del magistrato di sorveglianza, e, dall’altro, afferma che tale controllo è stato effettuato nel rispetto della legge per motivi di sicurezza al fine di impedire ai detenuti di utilizzare «quello strumento privilegiato di comunicazione per far passare messaggi vietati».
24. La Corte rammenta innanzitutto che l’articolo 18 ter della legge n. 95 (2004) esclude dal controllo la corrispondenza del detenuto con, in particolare, il proprio avvocato e gli organi internazionali competenti in materia di diritti umani (si vedano le sentenze Ospina Vargas c. Italia, n. 40750/98, § 32, 14 ottobre 2004, e Bastone c. Italia, n. 59638/00, § 18, 11 luglio 2006).
25. Nel caso di specie, la Corte osserva che il modulo di ricorso nonché la procura allegata sono stati controllati dalle autorità penitenziarie due volte (all’arrivo e alla partenza dal carcere) rispettivamente il 24 giugno 2006 e il 30 giugno 2006 (date del timbro di controllo). Tali documenti sono stati poi inviati dall’avvocato del ricorrente alla Corte il 7 luglio 2006. E’ giocoforza constatare che, nonostante l’entrata in vigore della legge n. 95/2004, la corrispondenza tra il ricorrente e la Corte è stata sottoposta a controllo.
26. Quanto all’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, a parere della Corte, il Governo non ha dimostrato l’efficacia a posteriori del reclamo dinanzi al magistrato di sorveglianza avverso il controllo della corrispondenza. Infatti, tale reclamo deve essere presentato contro il provvedimento con cui il magistrato di sorveglianza sottopone a controllo la corrispondenza del detenuto. Ora, la corrispondenza del detenuto con, in particolare, il proprio avvocato e gli organi internazionali competenti in materia di diritti umani è esclusa da detto controllo.
27. Nella fattispecie, la Corte osserva che il modulo di ricorso alla Corte nonché la procura allegata sono stati controllati e sigillati nel giugno del 2006. Secondo la Corte, tale controllo non è conforme al diritto nazionale, il quale vieta infatti di censurare questo tipo di corrispondenza.
28. Pertanto, la Corte rigetta l’eccezione preliminare del Governo e conclude per la violazione dell’articolo 8 della Convenzione.

II. SULL’ADDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE

29. Il ricorrente lamenta, da un lato, di non disporre di alcun ricorso effettivo per contestare il controllo effettuato sulla sua corrispondenza dal 1992 e, dall’altro, il ritardo della magistratura di sorveglianza e della Corte di cassazione nel deliberare sui ricorsi proposti per contestare tale controllo. Invoca la violazione dell’articolo 13 della Convenzione, così redatto:
 «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (…) Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»
30. La Corte rammenta che, quando si pone la questione dell’accesso alla giustizia, le garanzie dell’articolo 13 sono assorbite da quelle dell’articolo 6 della Convenzione (Brualla Gómez de la Torre c. Spagna, sentenza del 19 dicembre 1997, § 41, Raccolta 1997-VIII). La doglianza del ricorrente va quindi esaminata sotto il profilo di quest’ultima disposizione (si veda anche la sentenza Ganci c. Italia, n. 41576/98, §§ 19 e 33-34, CEDU 2003-XI).
31. Nella sentenza Ganci, succitata, la Corte si è pronunciata sulla questione del diritto di accesso alla giustizia e delle possibili ripercussioni dovute ai ritardi controversi. Essa ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. In precedenza, si era limitata ad esaminare la questione sotto il profilo dell’articolo 13 della Convenzione ed aveva concluso per la violazione di tale disposizione (Messina c. Italia (n. 2), n. 25498/94, CEDU 2000-X)
32. Il Governo eccepisce la tardività di questa parte del ricorso, relativa ai provvedimenti del magistrato di sorveglianza adottati prima del 7 gennaio 2006. Inoltre, il Governo afferma che il superamento del termine di dieci giorni previsto dalla legge sull’ordinamento penitenziario non può essere considerato un’omissione del dovere di controllo giurisdizionale. Il tribunale di sorveglianza avrebbe sempre deliberato entro termini ragionevoli tenuto conto del tempo necessario per l’istruzione delle cause. Nel caso di specie, il ritardo nella risposta non avrebbe causato un diniego di accesso alla giustizia.
33. Il ricorrente contesta l’eccezione sollevata dal Governo.
34. Quanto alle decisioni di rigetto dei ricorsi proposti contro i provvedimenti del 17 settembre 2004, del 14 giugno 2005, e del 15 settembre 2005, a giudizio della Corte, questa parte della doglianza è tardiva e deve essere dichiarata irricevibile in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione. Il ricorso dinanzi alla Corte è stato, infatti, presentato il 7 luglio 2006.
35. Per quanto riguarda i ricorsi proposti contro i provvedimenti del magistrato di sorveglianza del 14 marzo 2005 e del 16 dicembre 2005, la Corte osserva che, nella fattispecie, il giudice si è pronunciato sul merito dei ricorsi del ricorrente, entro il termine di tre mesi, prima della scadenza del periodo di validità dei provvedimenti controversi.
36. La Corte rammenta che, se il mero superamento di un termine legale non costituisce, in linea di principio, una violazione del diritto ad un ricorso effettivo (Messina c. Italia (n. 2), succitata, §§ 94-96), l’assenza di qualsiasi decisione sul merito dei ricorsi avverso i decreti del ministro della Giustizia costituisce una violazione del diritto ad un tribunale sancito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione (Ganci c. Italia, n. 41576/98, § 31, CEDU 2003-XI, Bifulco c. Italia, n. 60915/00, §§ 21-24, 8 febbraio 2005; Salvatore c. Italia, n. 42285/98, 6 dicembre 2005).
37. Quanto al ricorso per cassazione avverso il provvedimento del 14 marzo 2005, la Corte osserva che, pur pronunciandosi dopo la scadenza del termine di validità del provvedimento controverso, l’Alta corte ha comunque emesso una sentenza sul merito del ricorso del ricorrente. Nella presente causa, non vi sono stati quindi né assenza di decisione sul merito né sistematici ritardi del tribunale che abbiano comportato un susseguirsi di provvedimenti del magistrato di sorveglianza adottati senza tenere conto delle decisioni giudiziarie.
38. Tenuto conto di tutti gli elementi in suo possesso, la Corte non ha riscontrato la benché minima violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli (si veda Campisi c. Italia, n. 24358/02, §§ 71-79, 11 luglio 2006). Ne consegue che questa parte della doglianza è manifestamente infondata in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE

39. Il ricorrente lamenta la violazione del suo diritto di difendersi e di disporre delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa. Invoca l’articolo 6 § 3 b), così redatto:
3. In particolare, ogni accusato ha diritto di:
b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa; (...)
40. La Corte rammenta che i paragrafi 2 e 3 dell’articolo 6 si applicano unicamente nell’ambito di un’accusa penale. I provvedimenti controversi riguardano invece le condizioni detentive (Ospina Vargas c. Italia (dec.), n. 40750/98, § 2). Ne consegue che questa doglianza è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere rigettata in applicazione dell’articolo 35 § 4.
41. Il ricorrente denuncia una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione dovuta, a suo dire, alla mancanza d’imparzialità del magistrato di sorveglianza. Adduce, inoltre, una violazione dell’articolo 14 derivante, sempre a suo parere, dalle motivazioni politiche alla base del controllo della sua corrispondenza.
Detti articoli recitano:
Articolo 6 § 1:
«Ogni persona ha diritto che la propria causa sia esaminata equamente (...) da un tribunale indipendente ed imparziale, costituito per legge, il quale deciderà (...) sulle controversie sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (...)»
Articolo 14:
«Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella (…) Convenzione deve essere assicurato, senza alcuna distinzione, soprattutto fondata su sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, origine nazionale o sociale, appartenenza ad una minoranza nazionale, ricchezza, nascita od ogni altra condizione.»
42. Previo esame del fascicolo, in assenza di prove a sostegno delle accuse mosse, la Corte non ha riscontrato la benché minima violazione di dette disposizioni.
43. Ne consegue che queste doglianze sono manifestamente infondate e devono essere rigettate conformemente all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

44.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
« Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di riparare solo in parte alle conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. »

A. Danni e spese


45. Il ricorrente chiede 15.000 euro (EUR) a titolo di risarcimento del danno morale che avrebbe subito. Per quanto riguarda le spese sostenute dinanzi alla Corte, egli chiede 3.200,20 EUR.
46. Il Governo contesta queste richieste.
47. A giudizio della Corte, nelle circostanze del caso, il ricorrente ha subito un danno morale a causa della violazione constatata dell’articolo 8 e, deliberando secondo equità come vuole l’articolo 41, essa gli concede 1.000 EUR a tale titolo.
48. Quanto alle spese, essa ritiene ragionevole la somma di 1.000 EUR, per l’insieme delle spese sostenute, e la concede.

B. Interessi moratori

49. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

1.  Dichiara il ricorso ricevibile quanto alla doglianza relativa all’articolo 8 della Convenzione per quanto riguarda il controllo della corrispondenza del ricorrente a partire dal 7 gennaio 2006 ed irricevibile nel resto;

2. Afferma che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;

3. Afferma
a) che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi a partire dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 1.000 EUR (mille euro), oltre ad ogni importo che possa essere dovuto a titolo d’imposta, per il danno morale;
ii. 1.000 EUR (mille euro) per spese, oltre ad ogni importo che possa essere dovuto dal ricorrente a titolo d’imposta;
b) che, a partire dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;

4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione nel resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 15 febbraio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Elens-Passos;
Cancelliere aggiunto 

Françoise Tulkens  
Presidente