Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 21 settembre 2010 - Ricorso n.3978/03 - Conceria Madera S.r.l. c. Italia(n.2);

Traduzione a cura del Ministero della Giustizia Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, effettuata dall'esperto linguistico Rita Pucci

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO
SECONDA SEZIONE
CAUSA CONCERIA MADERA S.R.L.C.ITALIA(n.2)
(Ricorso n. 3978/03)
SENTENZA
STRASBURGO - 21 SETTEMBRE 2010

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire variazioni di forma.

Nel caso Conceria Madera S.R.L. c. Italia (n. 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo (seconda sezione), riunita in una camera composta da:
Françoise Tulkens, presidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, giudici,
e da Françoise Elens-Passos, cancelliere aggiunto di sezione.

Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 31 agosto 2010,
Pronuncia la presente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDIMENTO

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 3978/03) nei confronti della Repubblica italiana con cui una società di quello Stato, Conceria Madera S.R.L. («la ricorrente»), ha adito la Corte il 26 aprile 1999 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  La ricorrente è rappresentata dall’avv. V. Valori, con studio a Santa Croce sull’Arno (Pisa).
3. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dagli ex agente e co-agente, sigg. I.M. Braguglia e F. Crisafulli, e dall’attuale co-agente, sig. N. Lettieri.
4.  Il 17 dicembre 2004, la Corte ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Come consentito dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, essa ha inoltre deciso per l’esame contestuale di ricevibilità e merito della causa.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO

5.  La ricorrente è una società italiana con sede sociale a Castelfranco di Sotto (Pisa).

A.  Il procedimento principale

6.  Il 6 giugno 1985, la società P. citò la ricorrente dinanzi al tribunale di Fermo chiedendo la verifica del contenuto di un contratto di fornitura di merci stipulato tra le parti (RG n. 680/85).
7.  Il 4 aprile 1986, in relazione allo stesso contratto, la ricorrente fece notificare alla società P. un’ingiunzione di pagamento di 8.396.417 lire italiane (ITL) [4.336  euro (EUR)]. Il 12 aprile 1986, la società P. fece opposizione dinanzi al tribunale di Fermo (RG n. 286/86). Dopo tre udienze, due delle quali rinviate su richiesta delle parti, il 22 ottobre 1987, il procedimento fu riunito al procedimento RG n. 680/85.
8.  Delle undici udienze fissate tra il 25 novembre 1985 e il 22 marzo 2000 nel procedimento RG n. 680/85, tre furono rinviate d’ufficio e quattro su richiesta delle parti.
9.  Con sentenza depositata il 24 giugno 2000, il tribunale dichiarò inammissibile la domanda della società P.
10.  Il 7 febbraio 2001, quest’ultima adì la corte d’appello di Ancona, la quale, con sentenza del 22 gennaio 2003, confermò la sentenza di primo grado.

B.  Il procedimento «Pinto»

11.  Nel frattempo, l’8 ottobre 2001, la ricorrente aveva adito la corte d’appello dell’Aquila ai sensi della legge «Pinto» chiedendo il risarcimento del danno materiale e morale subito a causa della durata del procedimento principale.
12.  Con sentenza depositata l’8 gennaio 2002, la corte d’appello considerò il procedimento fino alla data di presentazione del ricorso e constatò il superamento della durata ragionevole. Rigettò la domanda di indennizzo ritenendo che la ricorrente non avesse dimostrato di avere subito un danno materiale né sofferto un danno morale, considerata la posta in gioco del procedimento. La corte decise che le spese del procedimento sarebbero state a carico di entrambe le parti.
13.  In data imprecisata, la ricorrente adì la Corte di cassazione, la quale, con sentenza del 30 settembre 2002, depositata il 14 novembre 2002, rigettò il ricorso e decise che le spese del procedimento sarebbero state a carico di entrambe le parti.
14.  Il 15 gennaio 2003, il legale della ricorrente informò la Corte dell’esito del procedimento nazionale e la pregò di riprendere l’esame del ricorso.

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

15.  Il diritto e la prassi interni pertinenti relativi alla legge n. 89 del 24 marzo 2001, la cosiddetta «legge Pinto», sono descritti nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], n. 64886/01, §§ 23-31, CEDU 2006-V).

IN DIRITTO

I. SULL’ADDOTTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

16.  La ricorrente lamenta la durata del procedimento principale, invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così redatto:
«Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…), il quale si pronuncerà (…) sulle controversie sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile (…)»
17.  Il Governo si oppone a tale tesi, eccependo il difetto di qualità di «vittima» in capo alla ricorrente dopo l’esperimento del mezzo di impugnazione «Pinto».
18.  Dopo avere esaminato i fatti della causa e gli argomenti delle parti, la Corte ritiene, alla luce della sua giurisprudenza (si vedano Provide S.r.l. c. Italia, n. 62155/00, §§ 20-25, CEDU 2007, 5 luglio 2007; Conceria Madera S.r.l. c. Italia, n. 4012/03, §§ 12-13, 1 luglio 2008), che la riparazione nell’ambito del rimedio «Pinto» si sia rivelata insufficiente e che la ricorrente possa ancora sostenere di essere «vittima» ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
19.  A giudizio della Corte, la doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non è in contrasto con nessun altro motivo d’irricevibilità. Pertanto, la dichiara ricevibile.
20.  Quanto al merito, la Corte constata che, alla data del ricorso «Pinto», il procedimento principale era durato sedici anni e quattro mesi per due gradi di giudizio (dal 6 giugno 1985 all’8 ottobre 2001) e si è allungato di un anno e tre mesi in seguito alla proposizione del ricorso «Pinto».
21.  La Corte ha trattato più volte cause che sollevavano questioni simili a quelle del caso di specie constatando la violazione dell’esigenza del «termine ragionevole», tenuto conto dei criteri stabiliti dalla sua giurisprudenza ben consolidata in materia (si veda, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, succitata). In assenza di elementi suscettibili di condurre ad una conclusione diversa nella presente causa, la Corte ritiene di dovere anche constatare la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per lo stesso motivo.

II.  SULL'APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

22.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di rimuovere solo in parte le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danni

23.  La ricorrente chiede 2.500 EUR a titolo di risarcimento del danno materiale e 15.000.000 EUR a titolo di risarcimento del danno morale.
24. Il Governo non ha presentato osservazioni entro il termine impartito a tale fine.
25.  La Corte non vede alcun nesso di causalità tra la violazione constatata e il danno materiale addotto e rigetta la domanda. Per quanto riguarda il danno morale, la Corte ritiene che avrebbe potuto concedere alla ricorrente, in assenza di vie di ricorso interne e tenuto conto dei ritardi imputabili alla ricorrente e della posta in gioco della controversia, la somma di 16.800 EUR. Il fatto che il giudice del procedimento «Pinto» non abbia concesso alcuna somma alla ricorrente porta ad un risultato manifestamente irragionevole. Pertanto, in considerazione delle caratteristiche della via di ricorso «Pinto» e del fatto che, malgrado tale ricorso interno, essa sia comunque giunta ad una constatazione di violazione, in considerazione altresì dell’allungamento del procedimento principale in seguito alla proposizione del ricorso «Pinto», la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia, succitata (§§ 139-142 e 146) e, deliberando secondo equità, concede alla ricorrente 7.560 EUR.

B.  Spese

26.  Parcelle alla mano, la ricorrente chiede 8.214,67 EUR a titolo di rimborso delle spese sostenute dinanzi agli organi giudiziari interni e 6.963,71 EUR (somma alla quale vanno aggiunti il contributo alla cassa di previdenza avvocati e l’IVA) per quelle sostenute dinanzi alla Corte.
27.  Il Governo non ha presentato le sue osservazioni entro il termine impartito a tale scopo.
28.  Secondo la giurisprudenza della Corte, la concessione del rimborso delle spese ai sensi dell’articolo 41 presuppone l’accertamento della loro realtà, della loro necessità e della ragionevolezza del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, n. 29189/02, 24 gennaio 2008, § 22).
29.  Quanto alle spese sostenute dinanzi alla corte d’appello per il procedimento «Pinto» e dinanzi alla Corte di cassazione, tenuto conto della durata e della complessità del procedimento «Pinto», la Corte decide di concedere 1.000 EUR alla ricorrente a tale titolo.
30.  Quanto alle spese del presente ricorso, la Corte, deliberando secondo equità, ritiene ragionevole concedere 1.500 EUR a tale titolo.

C.  Interessi moratori

31.  La Corte ritiene appropriato applicare alle suddette somme interessi moratori ad un tasso uguale a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
     
  2. Afferma che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
     
  3. Afferma
    a)  che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi a partire dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 7.560 EUR (settemilacinquecentosessanta euro) per danni morali, oltre ogni importo eventualmente dovuto a titolo d’imposta, e 2.500 EUR (duemilacinquecento euro) per spese, oltre ogni importo eventualmente dovuto dalla ricorrente a titolo d’imposta;
    b)  che, a partire dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
     
  4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione nel resto.

Redatta in francese, poi comunicata per iscritto il 21 settembre 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Elens-Passos   
Cancelliere aggiunto

Françoise Tulkens
Presidente