Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 31 agosto 2023 - Ricorso n. 70583/17 - Causa M.A. c. Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Silvia Canullo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA M.A. c. ITALIA

(Ricorso n. 70583/17)

SENTENZA

Art. 3 (sostanziale) • Trattamento inumano • Collocamento per quasi otto mesi di una minore non accompagnata richiedente asilo, asseritamente vittima di abusi sessuali, in un centro di accoglienza per adulti non attrezzato per fornirle adeguata assistenza psicologica • Prolungata inerzia delle autorità nazionali riguardo alla sua situazione e alle sue necessità di minore particolarmente vulnerabile

STRASBURGO

31 agosto 2023

La presente sentenza diverrà definitiva alle condizioni stabilite dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa M.A. c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:

Marko Bošnjak, Presidente,
Alena Poláčková,
Lətif Hüseynov,
Péter Paczolay,
Gilberto Felici,
Erik Wennerström,
Raffaele Sabato, giudici,
e Renata Degener, cancelliere di sezione,

visto il ricorso (n. 70583/17) proposto contro la Repubblica italiana con il quale, in data 28 settembre 2017, una cittadina ghanese, la sig.ra M.A. (la ricorrente), ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare al Governo italiano (“il Governo”) le doglianze relative agli articoli 3, 8 e 13 della Convenzione;

vista la decisione di concedere l’anonimato alla ricorrente;

viste le osservazioni presentate dal Governo e le osservazioni presentate in risposta dalla ricorrente;

visti i commenti presentati dall’organizzazione Defence for Children, che è stata autorizzata a intervenire dal Presidente della sezione;

dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 4 luglio 2023,

pronuncia la seguente sentenza adottata in tale data:

INTRODUZIONE

  1. La causa concerne il collocamento per quasi otto mesi della ricorrente, una migrante minore non accompagnata che affermava di essere stata vittima di abusi sessuali, nel centro di accoglienza per adulti Osvaldo Cappelletti di Como, e l’asserita inattuazione nel suo caso delle garanzie procedurali previste per i migranti minori. La ricorrente ha invocato gli articoli 3, 8 e 13 della Convenzione.

IN FATTO

  1. La ricorrente è nata il 16 novembre 1999 e risiede a Serramazzoni (Modena). È stata rappresentata dall’avvocato A. Brambilla, del foro di Milano. Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, il sig. Lorenzo D’Ascia.
  2. I fatti della causa si possono riassumere come segue.

I. L’ARRIVO DELLA RICORRENTE IN ITALIA E LA SUA PERMANENZA IN ALCUNI CENTRI DI ACCOGLIENZA

  1. La ricorrente, una cittadina ghanese, sbarcò a Reggio Calabria il 22 ottobre 2016.
  2. All’arrivo fu sottoposta a visita medica e poi trasferita nella sede dell’ex Capitaneria di porto di Reggio Calabria sotto la supervisione di un funzionario dei servizi sociali. La polizia comunicò l’arrivo della ricorrente al Tribunale per i minorenni e al giudice tutelare.
  3. Diversamente da quanto affermato dalla ricorrente nella sua iniziale versione dei fatti, ovvero che ella era rimasta nella sede dell’ex Capitaneria di porto per circa tre mesi, il Governo nelle sue osservazioni ha spiegato che in data 27 ottobre 2016 l’autorità locale di Reggio Calabria aveva deciso di trasferirla nell’istituto Cereso Santa Maria degli Angeli di Bagnara Calabra, una struttura per l’accoglienza dei minori. 
  4. Nelle sue osservazioni la rappresentante della ricorrente ha confermato la correttezza delle informazioni fornite dal Governo e ha spiegato che quanto indicato sul formulario di ricorso era il frutto di una difficoltà comunicativa tra lei e la sua assistita.
  5. All’epoca la ricorrente era seguita da un rappresentante di una delle associazioni che lavoravano su un progetto di accoglienza dei minori all’istituto Cereso. La decisione di trasferirla, però, non fu comunicata alla Procura della repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria.
  6. In data 31 gennaio 2017, il Tribunale per i minorenni avviò la procedura per valutare se vi fossero le condizioni per un’adozione e incaricò i servizi sociali di garantire l’assistenza e l’accompagnamento psicologico della ricorrente. Nominò anche un tutore temporaneo, un avvocato specializzato in materia di diritti dei minori.
  7. In data 6 febbraio 2017, la ricorrente fuggì dall’istituto Cereso e si recò nel nord Italia.
  8. In data 10 febbraio 2017, giunse a Como dove fu collocata nel centro di accoglienza per adulti Osvaldo Cappelletti (“il Centro”).
  9. La ricorrente espresse l’intenzione di presentare domanda di protezione internazionale. L’appuntamento fissato presso la questura al fine della presentazione della domanda fu tuttavia rimandato diverse volte perché il gestore del Centro, che nel frattempo era stato nominato tutore della ricorrente, non si era presentato alle udienze per prestare giuramento.
  10. In data 13 febbraio 2017, la ricorrente fu interrogata da un mediatore del Centro al fine di raccogliere informazioni per la sua domanda di asilo. Fu compilato un modulo fornito dalla questura. La ricorrente, a mano, scrisse la sua storia personale, e in alcuni passi spiegò che mentre era ancora nel Ghana, era stata costretta a vivere con un uomo che aveva abusato sessualmente di lei. Riferì che alla fine era riuscita a fuggire in Libia dove un uomo, che inizialmente le aveva offerto un lavoro, l’aveva poi anche egli costretta ad avere rapporti sessuali con lui. Alla fine la ricorrente decise di lasciare la Libia su un barcone, in quanto il rischio di morte che avrebbe corso durante il viaggio costituiva una prospettiva meno dolorosa del perpetuarsi degli abusi.
  11. In data 31 maggio 2017, uno psicologo di Médecins Sans Frontières sottopose la ricorrente a una valutazione psicologica e attestò che ella era stata esposta a molteplici esperienze traumatiche nel corso della sua vita, quali abusi, molestie e violenze sessuali, e che la permanenza nel centro, dove i minori non accompagnati erano ospitati assieme agli adulti, e dove non esistevano servizi adatti alle esigenze delle vittime di violenze sessuali, rischiava di esacerbare la sua fragile condizione psicologica. Furono predisposti controlli psicologici successivi e la ricorrente fu visitata il 27 luglio 2017 e il 6 e il 13 settembre 2017.
  12. In data 29 giugno 2017, la ricorrente depositò la sua domanda di asilo in questura e scrisse a mano una versione più breve della storia che aveva scritto il 13 febbraio 2017 (si veda il paragrafo 13 supra). Spiegò che aveva lasciato il suo paese a causa del matrimonio forzato cui era stata costretta e degli abusi sessuali che ne erano seguiti.
  13. Nel frattempo, nel periodo compreso tra il 28 giugno 2017 e il 3 agosto 2017, la rappresentante della ricorrente segnalò per quattro volte la situazione della sua assistita alla prefettura, alla questura, e alla croce rossa, inviando email e lettere e chiedendo che la ricorrente fosse trasferita in un centro per minori non accompagnati. Le autorità considerarono la possibilità di ulteriori valutazioni della situazione e la trasmissione di tali richieste al Tribunale per i minorenni. Ad ogni modo, le richieste non ricevettero risposta.
  14. In data 6 luglio 2017 il giudice tutelare nominò un altro tutore.
  15. In data 10 agosto 2017 la ricorrente fuggì dal Centro, ma vi fece ritorno il giorno seguente.
  16. Nel periodo compreso tra il 22 agosto 2017 e il 5 settembre 2017 la ricorrente seguì un corso di formazione professionale per addetti al bar e camerieri.
  17. In data 11 settembre 2017, vista la persistente inerzia del tutore della ricorrente, la rappresentante della ricorrente lo contattò per fargli presente il dovere di adottare tutte le misure necessarie alla tutela dei diritti fondamentali della sua assistita.
  18. In data 28 settembre 2017, la ricorrente presentò una domanda alla Corte ai sensi dell’articolo 39 del regolamento della Corte, chiedendo di essere trasferita in una struttura che potesse assicurarle condizioni di accoglienza adeguate per una minore non accompagnata.
  19. Il giorno seguente la Corte deliberò l’applicazione dell’articolo 39 e in data on 2 ottobre 2017 il Governo informò la Corte che era stata adottata la decisione di trasferire la ricorrente in una struttura adatta ai minori.
  20. Da una relazione del 4 ottobre 2017 di un’organizzazione per l’assistenza psicologica che operava nel Centro risultò che la ricorrente soffriva di depressione e sembrava impedita nel raccontare il suo percorso migratorio dai suoi aspetti emotivi. La relazione spiegava inoltre che ella correva un forte rischio di sviluppare un disturbo da stress post-traumatico.
  21. In data 22 dicembre 2017, il Ministero dell’interno concesse alla ricorrente la protezione internazionale. Il relativo decreto dichiarava, inter alia, che la ricorrente aveva affermato di aver subito in Ghana un matrimonio forzato e abusi, e che la pratica dei matrimoni forzati in quel paese era stata confermata da diverse fonti internazionali.

LE CONDIZIONI DI ALLOGGIO NEL CENTRO OSVALDO CAPPELLETTI DI COMO

  1. La versione dei fatti della ricorrente
  1. Secondo la ricorrente nel Centro, quando ella vi soggiornava, alloggiavano circa 180 persone, tra cui 45 minori, per la maggior parte non accompagnati. Le condizioni igieniche del Centro erano carenti, spesso i bagni non funzionavano. Era presente un solo medico dalle ore 9:00 alle ore 22:30.
  2. Si registravano quotidianamente episodi di microcriminalità e prostituzione; nel Centro circolavano alcolici e armi bianche.
  1. La versione dei fatti del Governo
  1. Il Governo ha presentato il rapporto della missione conoscitiva svolta in Italia dal Rappresentante speciale del Segretario generale del Consiglio d’Europa per le migrazioni e i rifugiati, che è stato pubblicato il 2 marzo 2017. Il rapporto concerneva la visita del Rappresentate speciale, svoltasi dal 16 al 21 ottobre 2016, a vari centri italiani di accoglienza per i migranti, compreso il Centro di Como. Nel rapporto si osservava che tale Centro poteva accogliere 300 persone e al momento della visita dava alloggio a 244 migranti, compresi 80 minori non accompagnati e 5 famiglie. Riferiva inoltre che la sistemazione dei migranti era dignitosa e che essi ricevevano assistenza nel corso della procedura per il trasferimento dal Centro, una struttura di emergenza, ai centri di accoglienza regolari.
  2. Il rapporto spiegava inoltre che nel Centro di Como alloggiava un numero proporzionalmente elevato di minori non accompagnati, che non rientravano nel sistema di asilo italiano e ai quali non si applicavano le norme europee sul ricongiungimento familiare e sul ricollocamento. Segnalava anche l’importanza di adottare misure per fornire vitto e alloggio a tali persone e la necessità di un impegno più sostenuto per fornire maggiori informazioni in merito alla domanda di asilo e alle possibilità di ricollocazione e di ricongiungimento familiare.

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE

  1. La ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione, le condizioni materiali del suo soggiorno nel Centro di Como. Ha lamentato, inoltre, che la mancanza di privacy e di separazione dagli adulti, con conseguenti problemi di sicurezza, non erano adeguate alla sua situazione di vulnerabilità derivante dalla sua condizione di minore non accompagnata che aveva subito violenza sessuale. L’articolo 3 della Convenzione recita:

 “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti.”

  1. Sulla ricevibilità
  1. La Corte osserva innanzitutto che, alla luce delle informazioni fornite dal Governo derivanti dal rapporto seguito alla missione conoscitiva in Italia del Rappresentante speciale del Segretario generale del Consiglio d’Europa per le migrazioni e i rifugiati, la doglianza relativa alle condizioni materiali di alloggio nel Centro Osvaldo Cappelletti (ovvero affollamento, igiene carente, e mancanza di servizi) risulta infondata. La Corte dichiara tale doglianza irricevibile per manifesta infondatezza ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  2. La Corte osserva altresì che la parte della doglianza della ricorrente relativa alla sua permanenza in un centro per migranti adulti, pur essendo ella in una situazione di vulnerabilità in quanto minore non accompagnata e asserita vittima di violenza sessuale, non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 lettera a) della Convenzione, né incorre in altri motivi di irricevibilità. Deve pertanto essere dichiarata ricevibile.
  1. Sul merito
  1. La ricorrente ha ribadito la sua doglianza.
  2. Il Governo ha sottolineato che la dichiarazione del 31 maggio 2017 in cui la ricorrente affermava di essere stata vittima di violenza sessuale era stata resa a uno psicologo che lavorava a un progetto gestito dall’organizzazione Médecins sans Frontières, che non faceva parte del programma di accoglienza delle autorità previsto per la ricorrente. Non era stata trasmessa copia autenticata di tale dichiarazione alle autorità nazionali (il Tribunale per i minorenni, il pubblico ministero, il tutore della ricorrente o il gestore del Centro). Il Governo ha pertanto sostenuto che non era a conoscenza di tale informazione.
  3. Il Governo ha asserito inoltre che il testo manoscritto della dichiarazione della ricorrente del 13 febbraio 2017 era stato presentato alle autorità in tale data.
  4. Il Governo ha osservato ancora che la prova principale del fatto che la ricorrente non aveva subito maltrattamenti consisteva nella circostanza che a ottobre 2017 ella aveva apparentemente detto al suo tutore che le sarebbe dispiaciuto lasciare il Centro Osvaldo Cappelletti perché aveva instaurato una relazione con un giovane uomo fuori del Centro.
  5. In ordine a tale ultimo punto la ricorrente ha sostenuto che le asserzioni del Governo costituivano da parte sua vittimizzazione secondaria.
  6. I principi applicabili ai migranti minori e alla loro condizione di particolare vulnerabilità sono ribaditi, tra gli altri precedenti, nelle cause Mubilanzila Mayeka e Kaniki Mitunga c. Belgio (n. 13178/03, § 55, CEDU 2006-XI), Tarakhel c. Svizzera ([GC], n. 29217/12, § 99, CEDU 2014 (estratti)) e Darboe e Camara (sopra citata, § 173). La Corte rinvia anche ai principi per stabilire la soglia minima di gravità necessaria affinché i maltrattamenti rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 3, che fanno riferimento, in particolare, a circostanze della causa quali la durata del trattamento, i suoi effetti fisici e mentali e, in alcuni casi, il sesso, l’età e le condizioni di salute della vittima (si vedano, mutatis mutandis, Bouyid c. Belgio [GC], n. 23380/09, § 86, CEDU 2015; Muršić c. Croazia [GC], n. 7334/13, § 97, 20 ottobre 2016; Tarakhel, sopra citata, § 119; e Khlaifia e altri c. Italia [GC], n. 16483/12, § 160, 15 dicembre 2016).
  7. Occorre inoltre rammentare che le autorità debbono dar prova di particolare vigilanza quando hanno a che fare con persone vulnerabili, alle quali debbono assicurare una protezione rafforzata in quanto la loro capacità o volontà di portare avanti una doglianza è spesso compromessa (si veda I. c. Italia, n. 70896/17, § 102, 1° aprile 2021 con ulteriori riferimenti).
  8. La Corte, in primo luogo, osserva che, benché sia vero che le autorità italiane avevano inizialmente collocato la ricorrente in un centro di accoglienza temporanea per minori che ella aveva lasciato volontariamente, l’oggetto della causa riguarda la sua permanenza nel Centro Osvaldo Cappelletti.
  9. Osserva inoltre che non è chiaro in che modo la circostanza che la ricorrente avesse instaurato una relazione durante la sua permanenza nel suddetto Centro dimostrerebbe, come affermato dal Governo, che ella non era vittima dell’asserita violazione dell’articolo 3.
  10. Comunque sia, la Corte osserva che, poco dopo il suo arrivo nel Centro Osvaldo Cappelletti, la ricorrente aveva rivelato di essere stata vittima di abusi sessuali in Ghana e in Libia (si veda il paragrafo 13 supra). Aveva poi ribadito le sue affermazioni nelle dichiarazioni del 31 maggio 2017 rese allo psicologo e al mediatore che la seguivano. Le autorità pertanto sapevano della sua particolare vulnerabilità. Inoltre, la questura, al più tardi il 29 giugno 2017, era venuta a conoscenza, nel quadro della domanda di asilo della ricorrente, delle sue dichiarazioni su questo punto.
  11. In tale contesto occorre osservare che nel periodo compreso tra il 28 giugno 2017 e il 3 agosto 2017 la rappresentante della ricorrente aveva indirizzato quattro richieste alla prefettura, alla questura e alla croce rossa, chiedendo che la ricorrente fosse trasferita in un centro adatto (si vedano i paragrafi 16 e 20 supra) dove la sua situazione di fragilità potesse essere alleviata.
  12. Non solo, in data 11 settembre 2017, la rappresentante della ricorrente aveva reiterato la sua richiesta al tutore della ricorrente sottolineando la necessità di tutelare i diritti fondamentali della sua assistita.
  13. Nonostante ciò, nessuna di tali richieste aveva ricevuto risposta e la situazione della ricorrente era rimasta immutata fino alla fine di settembre 2017, quando la Corte aveva deciso di applicare una misura provvisoria ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte, indicando al Governo la necessità di trasferire la ricorrente in una struttura che potesse assicurare una situazione adeguata alla sua condizione di minore non accompagnata.
  14. Di conseguenza la ricorrente era rimasta in un centro per adulti per un considerevole periodo di tempo, fino a ottobre 2017, rimanendo così priva del tipo di alloggio e assistenza che la sua situazione di vulnerabilità richiedeva.
  15. La Corte sottolinea inoltre che, benché durante la permanenza nel centro Osvaldo Cappelletti fossero stati nominati due tutori per la ricorrente (il primo poco dopo il suo arrivo al Centro a febbraio 2017, e il secondo il 6 luglio 2017), entrambi si erano dimostrati insensibili alla situazione e alle necessità della minore.
  16. La Corte osserva che le implicazioni psicologiche delle traumatiche esperienze della ricorrente erano chiaramente indicate nella relazione del 4 ottobre 2017 redatta dall’organizzazione di assistenza psicologica che operava nel Centro dove la ricorrente era alloggiata (si veda il paragrafo 23 supra).
  17. Alla luce di quanto suesposto, la Corte ritiene che il trattamento applicato alla ricorrente abbia raggiunto la soglia minima di gravità necessaria per rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 3. Conclude quindi che la continuata permanenza della ricorrente nel Centro Osvaldo Cappelletti, che verosimilmente non era attrezzato per fornire alla ricorrente un’adeguata assistenza psicologica, unita alla prolungata inerzia delle autorità nazionali riguardo alla sua situazione e alle sue necessità di minore particolarmente vulnerabile costituiscono una violazione del suo diritto di non essere sottoposta a trattamenti inumani tutelato dall’articolo 3 della Convenzione.

II. SULLE ALTRE DEDOTTE VIOLAZIONI DELLA CONVENZIONE

  1. Infine, la ricorrente ha lamentato ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione che, poiché ella era una minore, la sua prolungata permanenza nel centro di accoglienza per adulti Osvaldo Cappelletti aveva violato il suo diritto al rispetto della vita privata. Ha dedotto anche la violazione dell’articolo 13 asserendo di non aver avuto accesso a un rimedio interno effettivo per le doglianze ai sensi degli articoli 3 e 8 della Convenzione.
  2. Tenuto conto dei fatti della causa, delle osservazioni delle parti e delle proprie summenzionate conclusioni, la Corte ritiene di aver trattato le principali questioni giuridiche sollevate dalla causa e che non vi sia necessità di esaminare le rimanenti doglianze (si veda Centro per le risorse giuridiche a nome di Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], n. 47848/08, § 156, CEDU 2014).

III. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

  1. L’articolo 41 della Convenzione recita:

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.”

  1. Danno
  1. La ricorrente ha chiesto 25.000 euro (EUR) per il danno non patrimoniale.
  2. Il Governo si è opposto a tale richiesta.
  3. La Corte accorda alla ricorrente EUR 6.000 per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta.
  1. Spese
  1. La ricorrente ha chiesto inoltre EUR 12.641,72 per le spese sostenute dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo si è opposto a tale richiesta.
  3. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente ha diritto al rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenuto conto della documentazione in suo possesso e dei criteri di cui sopra, la Corte ritiene appropriato accordare la somma di EUR 4.000 per il procedimento di cui è stata investita, oltre l’importo eventualmente dovuto dalla ricorrente a titolo di imposta.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara ricevibile la doglianza ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione concernente la permanenza della ricorrente nel Centro Osvaldo Cappelletti mentre era in una situazione di vulnerabilità e irricevibile per il resto la doglianza ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione;
  2. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
  3. Ritiene che non vi sia necessità di esaminare la ricevibilità e il merito delle doglianze ai sensi degli articoli 8 e 13 della Convenzione in combinato disposto con gli articoli 3 e 8 della Convenzione;
  4. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare alla ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
      1. EUR 6.000 (seimila euro), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      2. EUR 4.000 (quattromila euro), oltre l’importo eventualmente dovuto dalla ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere da detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione della ricorrente per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto il 31 agosto 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Marko Bošnjak
Presidente

Renata Degener
Cancelliere