Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 19 ottobre 2023 - Ricorso n. 13110/18 - Causa M.A. c. Italia

 

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Silvia Canullo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUINTA SEZIONE

CAUSA M.A. c. ITALIA

(Ricorso n. 13110/18)

SENTENZA

STRASBURGO

19 ottobre 2023

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa M.A. c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (Quinta Sezione), riunita in un Comitato composto da:

Stéphanie Mourou-Vikström, Presidente,
Lado Chanturia,
Mattias Guyomar, giudici,
e Sophie Piquet, cancelliere aggiunto di Sezione facente funzioni,

visto il ricorso (n.13110/18) proposto contro la Repubblica italiana con il quale, in data 16 marzo 2018, un cittadino tunisino, M.A. (“il ricorrente”), nato nel 1992 e residente a Charleroi (Belgio), rappresentato dall’avvocato L. Leo del foro di Roma, ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare le doglianze concernenti le condizioni di soggiorno del ricorrente nell’hotspot di Lampedusa (articolo 3 della Convenzione), la privazione della libertà da lui subita e la restrizione del suo diritto di circolazione (articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione, articolo 2 § 1 del Protocollo n. 4 e articolo 13 della Convenzione) al Governo italiano (“il Governo”), rappresentato dal suo agente, il sig. L. D’Ascia, e di dichiarare irricevibile il ricorso per il resto;

vista la decisione di concedere l’anonimato al ricorrente;

viste le osservazioni presentate dal Governo e le osservazioni presentate in risposta dal ricorrente;

visti i commenti presentati da L’altro diritto, che è stato autorizzato a intervenire dal Presidente della Sezione;

dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 28 settembre 2023,

pronuncia la seguente sentenza adottata in tale data:

OGGETTO DELLA CAUSA

  1. La causa concerne il trattenimento del ricorrente nell’hotspot di Contrada Imbriacola sull’isola di Lampedusa e le cattive condizioni del suo soggiorno in tale luogo. Il Centro di Soccorso e Prima Accoglienza (CSPA) di Lampedusa era stato designato quale hotspot italiano ai sensi dell’articolo 17 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13.
  2. Il ricorrente raggiunse la costa italiana il 15 gennaio 2018 a bordo di un’imbarcazione di fortuna e quel giorno stesso fu trasferito all’hotspot di Lampedusa dove, il 30 gennaio 2018, presentò domanda di asilo.
  3. In data 1° febbraio 2018 il ricorrente fu sentito dalla Commissione richiedenti asilo di Trapani e la sua domanda fu rigettata in quanto manifestamente infondata. Il ricorrente successivamente impugnò la decisione dinanzi al Tribunale distrettuale di Palermo, l’esito dell’impugnazione è ignoto. La domanda di asilo del ricorrente fu in seguito rigettata dalla Commissione territoriale di Trapani in quanto manifestamente infondata.
  4. Nel frattempo, in data 27 febbraio e 1 marzo 2018, il ricorrente presentò domanda alla Prefettura di Agrigento per essere trasferito in un’altra struttura a causa delle carenti condizioni di alloggio nell’hotspot di Lampedusa.
  5. In data 8 marzo 2018 nell’hotspot scoppiò un incendio e la struttura successivamente, il 13 marzo 2018, venne chiusa. Il ricorrente ha dichiarato di non aver potuto lasciare il centro durante la sua permanenza e ha descritto le condizioni della struttura come inumane e degradanti.
  6. In data 20 marzo 2018 il ricorrente fu trasferito in un centro di accoglienza a Torino, ma successivamente fu ritrasferito nell’hotspot di Lampedusa, ove rimase per oltre due mesi.
  7. Nel frattempo, il 24 febbraio 2018, la Prefettura di Agrigento emanò una circolare indirizzata al direttore dell’hotspot di Lampedusa in cui si indicava che era stata inviata all’ordine degli avvocati di Agrigento la richiesta di redigere un elenco degli avvocati che potevano accedere al centro. La Prefettura comunicò inoltre al direttore che il suddetto elenco sarebbe stato inviato a lui e ai migranti interessati non appena possibile.
  8. Il ricorrente ha lamentato le carenti condizioni di alloggio e la privazione della libertà subita durante la sua permanenza nell’hotspot di Lampedusa. Ha invocato gli articoli 3 e 5 §§ 1, 2 e 4 e l’articolo 13 della Convenzione, nonché l’articolo 2 del Protocollo n. 4 della Convenzione.

LA VALUTAZIONE DELLA CORTE

  1. ECCEZIONI PRELIMINARI
  1. Il Governo ha sostenuto che il ricorrente non poteva vantare la qualità di vittima, in quanto nel caso di specie non si era verificata alcuna violazione delle disposizioni della Convenzione. In particolare ha osservato che il ricorrente non era stato trattenuto in violazione all’articolo 5 della Convenzione, poiché le misure di accoglienza applicategli nell’hotspot di Lampedusa erano disciplinate dalla legge, precisamente dagli articoli 8, 9, 10 e 12 del decreto legislativo n. 142 del 2015. Secondo il Governo, inoltre, il ricorrente non era stato sottoposto ad alcun trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione.
  2. Il Governo ha sostenuto inoltre che il ricorrente non aveva esaurito le vie di ricorso interne disponibili: a suo parere egli avrebbe potuto, ai sensi dell’articolo 10 comma 2 del decreto legislativo n. 142 del 2015, presentare una richiesta al Prefetto per ottenere un permesso temporaneo di allontanarsi dal centro. In caso di rigetto, avrebbe potuto impugnare la decisione dinanzi al giudice civile. Aveva anche la possibilità di chiedere un provvedimento d’urgenza ai sensi dell’articolo 700 del codice civile. Inoltre, nel caso di mancata risposta alla sua richiesta al prefetto, avrebbe potuto presentare ricorso dinanzi ai tribunali amministrativi.
  3. Il ricorrente ha contestato le eccezioni sollevate dal Governo. In ordine al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, ha sottolineato che egli non aveva avuto accesso all’assistenza legale. Citando la circolare della Prefettura di Agrigento del 24 febbraio 2018, allegata alle osservazioni del Governo, ha osservato che in realtà la lista degli avvocati dell’ordine di Agrigento non era mai stata trasmessa ai migranti. Ha aggiunto che l’unico contatto con legali che era riuscito ad avere era avvenuto in modo non autorizzato dopo che era riuscito ad attraversare un varco nella recinzione della struttura. Il Governo, dal canto suo, non ha fornito informazioni su questo punto.
  4. La Corte ritiene che l’eccezione del Governo relativa all’assenza della qualità di vittima riguardi la sostanza delle doglianze del ricorrente e decide pertanto di unirla al merito della causa.
  5. In ordine all’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, la Corte riconosce che, sebbene ai sensi dell’articolo 10 comma 2 del decreto legislativo n. 142 del 2015, i richiedenti asilo possano richiedere al prefetto il permesso temporaneo di allontanarsi dal centro, il Governo non ha fornito informazioni sulle possibilità pratiche che aveva il ricorrente all’epoca dei fatti di accedere a un’assistenza legale finalizzata a presentare una richiesta di quel tipo, né ha contestato l’affermazione del ricorrente secondo la quale i migranti presenti nel centro non avevano mai ricevuto l’elenco di avvocati che potevano accedere alla struttura all’epoca del suo soggiorno nell’hotspot di Lampedusa. Alla luce di tali circostanze l’eccezione del Governo deve essere rigettata.
  6. La Corte osserva che il presente ricorso non è manifestamente infondato, né incorre negli altri motivi di irricevibilità elencati dall’articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile senza pregiudizio alle conclusioni della Corte relative alla qualità di vittima del ricorrente (si vedano i paragrafi 19 e 25 infra).
  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
  1. Il ricorrente ha lamentato le condizioni materiali del suo soggiorno nell’hotspot di Lampedusa. Ha invocato l’articolo 3 della Convenzione.
  2. Le osservazioni delle parti in ordine a tale doglianza sono analoghe a quelle presentate nella causa A. e altri c. Italia (n. 21329/18, 30 giugno 2023).
  3. La Corte osserva che nel caso di specie il ricorrente era rimasto nell’hotspot di Lampedusa dal 30 gennaio al 20 marzo 2018. Inoltre, il 13 marzo 2018 il centro era stato ufficialmente chiuso a causa di un incendio scoppiato nella struttura. L’incidente lo aveva reso inabitabile, ciononostante il ricorrente vi era rimasto per il periodo indicato. Il Governo non ha contestato le osservazioni del ricorrente su tale punto.
  4. A tale proposito la Corte fa riferimento al rapporto del 2020 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale che attesta che nel 2019 nell’hotspot di Lampedusa esistevano soltanto due servizi igienici che dovevano essere utilizzati da quaranta persone, che alcuni migranti avevano dovuto dormire su materassi collocati fuori del centro e che le stanze erano o troppo fredde o troppo calde. Il Garante aveva espresso il suo rammarico per il fatto che, sebbene in teoria le persone alloggiate nell’hotspot di Lampedusa dovessero restarvi soltanto per il tempo necessario all’identificazione, in realtà generalmente vi trascorrevano diversi giorni o settimane (si veda A. e altri (ibid.) § 53).
  5. Alla luce delle suesposte considerazioni e delle conclusioni formulate nella causa A. e altri (ibid.), la Corte rigetta l’eccezione del Governo in ordine alla qualità di vittima del ricorrente e conclude che egli è stato sottoposto a un trattamento inumano e degradante durante la sua permanenza nell’hotspot di Lampedusa, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 5 §§ 1, 2 E 4 DELLA CONVENZIONE
  1. Il ricorrente ha lamentato di essere stato privato della sua libertà durante la sua permanenza nell’hotspot di Lampedusa, in assenza di qualsiasi base giuridica chiara e accessibile, così che era stato impossibile contestare la legittimità della privazione della libertà da lui subita. Ha invocato l’articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione.
  2. Le osservazioni delle parti in ordine a tale doglianza sono analoghe a quelle presentate nella causa A. e altri c. Italia (sopra citata, §§ 73-76).
  3. L’altro diritto, terzo interveniente, ha osservato che i centri italiani di accoglienza dei migranti in particolare gli hotspot erano in realtà dei centri di detenzione privi di qualsiasi base giuridica.
  4. Tenendo presente che il ricorrente era stato collocato nell’hotspot di Lampedusa dalle autorità italiane e vi era rimasto per oltre due mesi senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di provvedimento di trattenimento motivato, la Corte conclude che il ricorrente era stato arbitrariamente privato della libertà, in violazione dell’articolo 5 § 1 lettera f), prima parte, della Convenzione.
  5. Alla luce della suesposta conclusione sulla mancanza di una base giuridica chiara e accessibile per il trattenimento, la Corte non comprende come le autorità avrebbero potuto informare il ricorrente dei motivi giuridici della sua privazione della libertà o fornirgli informazioni sufficienti a consentirgli di contestare i motivi della sua detenzione de facto dinanzi a un tribunale (si vedaKhlaifia e altri c. Italia [GC], n. 16483/12, §§ 117 e 132 et seq., 15 dicembre 2016)
  6. La Corte rigetta pertanto l’eccezione del Governo in ordine al difetto della qualità di vittima del ricorrente e conclude che l’articolo 5 della Convenzione è applicabile e che vi è stata violazione dell’articolo 5 §§ 1, 2 e 4.
  1. LE ALTRE DOGLIANZE
  1. Il ricorrente ha anche affermato di aver subito una restrizione della sua libertà di circolazione in violazione dell’articolo 2 del Protocollo n. 4 della Convenzione, e ha dedotto la violazione dell’articolo 13 della Convenzione letto in combinato disposto con l’articolo 3.
  2. Tenuto conto dei fatti della causa, delle osservazioni delle parti e delle proprie suesposte conclusioni, la Corte ritiene di aver esaminato le principali questioni giuridiche sollevate dal presente ricorso. Ritiene perciò che, pur essendo le restanti doglianze del ricorrente ricevibili, non occorra rendere una pronuncia distinta in merito (si veda Centro per le risorse giuridiche a nome di Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], n. 47848/08, § 156, CEDU 2014; si veda altresì Khlaifia e altri, sopra citata, §§ 248-54).

SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

  1. Il ricorrente ha chiesto 20.000 euro (EUR) per il danno non patrimoniale e EUR 6.432 per le spese sostenute dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo ha sostenuto che la richiesta del ricorrente doveva essere rigettata e che, nel caso in cui la Corte ritenesse di accordare una somma per il danno non patrimoniale, tale somma dovesse corrispondere a quella accordata a ciascun migrante nella causa Khlaifia e altri (sopra citata, circa EUR 2.500 per ciascun ricorrente).
  3. La Corte accorda al ricorrente la somma di EUR 5.000 per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta.
  4. Tenuto conto della documentazione in suo possesso, la Corte ritiene appropriato accordare la somma di EUR 4.000 per le spese del procedimento dinanzi ad essa, oltre l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Unisce al merito le eccezioni preliminari del Governo in ordine al difetto della qualità di vittima del ricorrente in relazione alle sue doglianze ai sensi degli articoli 3 e 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione e all’applicabilità dell’articolo 5, e le rigetta;
  2. Dichiara ricevibili le doglianze relative agli articoli 3 e 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione;
  3. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
  4. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione;
  5. Ritiene che non occorra esaminare le doglianze ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione e dell’articolo 2 del Protocollo n. 4 della Convenzione;
  6. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare al ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. EUR 5.000 (euro cinquemila), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      2. EUR 4.000 (euro quattromila), oltre l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere da detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  7. Rigetta la domanda di equa soddisfazione del ricorrente per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto il 19 ottobre 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Stéphanie Mourou-Vikström
Presidente

Cancelliere aggiunto facente funzioni
Sophie Piquet