Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 7 settembre 2023 (definitiva 7 dicembre 2023) - Ricorso n. 17791/22 - Causa A e altri c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA A E ALTRI c. ITALIA

(Ricorso n. 17791/22)

SENTENZA

Art 8 • Vita familiare • Assenza di sforzi adeguati e sufficienti da parte delle autorità nazionali per far rispettare il diritto di visita di un padre la cui filiazione è stata riconosciuta con provvedimenti giudiziari, e per assicurare il suo diritto alla cogenitorialità • Art 8 applicabile: esistenza di una «relazione familiare potenziale» • Assenza di controllo, da parte delle giurisdizioni nazionali, dell’attività o dell’inazione delle autorità interessate • Carenze nel processo decisionale e tempo eccessivamente lungo impiegato per porvi rimedio • Margine di apprezzamento • Maggiore complessità della causa tenuto conto che i ricorrenti hanno beneficiato del programma di protezione dei testimoni

STRASBURGO

7 settembre 2023

DEFINITIVA

07/12/2023

Questa sentenza è divenuta definitiva ai sensi dell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa A e altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da:
Marko Bošnjak, presidente,
Alena Poláčková,
Krzysztof Wojtyczek,
Péter Paczolay,
Ivana Jelić,
Erik Wennerström,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,

Visti:

il ricorso (n. 17791/22) proposto contro la Repubblica italiana da due cittadini italiani e da un cittadino rumeno («i ricorrenti») – indicati, con le informazioni che li riguardano, nell’elenco allegato alla presente sentenza – che il 6 aprile 2022 hanno adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo») le doglianze relative all’articolo 8 della Convenzione, e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto,

la decisione di non rivelare l’identità dei ricorrenti,

le osservazioni delle parti,

la decisione del governo rumeno di non avvalersi del suo diritto di intervenire nel procedimento (articolo 36 § 1 della Convenzione),

Dopo aver deliberato in camera di consiglio l'11 luglio 2023,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data.

INTRODUZIONE

  1. Il ricorso riguarda una dedotta violazione del diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita familiare dovuta alla presunta impossibilità per A, il primo ricorrente, di esercitare nei confronti dei suoi figli (B e C, il secondo e il terzo ricorrente) il diritto di visita che gli è stato riconosciuto dalle giurisdizioni interne, e di instaurare così una relazione con loro. Tale situazione deriverebbe dall'opposizione della madre dei minori e da carenze delle autorità interne, che avrebbero omesso di adottare misure idonee ad assicurare le condizioni necessarie per l'instaurarsi di un rapporto tra gli interessati e per garantire così l'attuazione del diritto di visita del primo ricorrente. I ricorrenti invocano l'articolo 8 della Convenzione.

IN FATTO

  1. I ricorrenti sono A, nato nel 1990 («il primo ricorrente» o «il padre»), e i suoi due figli minorenni, B e C, nati rispettivamente nel 2009 e nel 2011 («il secondo e il terzo ricorrente» o «i minori»). Poiché gli interessati rientrano in un programma di protezione dei testimoni, il loro luogo di residenza non è comunicato.
  2. Il primo ricorrente è stato rappresentato dinanzi alla Corte dall’avv. V. di Meo, del foro di Roma. Il secondo e il terzo ricorrente sono stati rappresentati dinanzi alla Corte dall’avv. M.G. Ruo, del foro di Roma, curatrice speciale ad litem nominata dai giudici interni per rappresentare i minori dinanzi ad essi («la curatrice»).
  3. Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, avvocato dello Stato.
  4. Dall’unione tra il primo ricorrente e D («la madre») nacquero B, nell’agosto 2009, e C, nel maggio 2011.
  5. Il primo ricorrente non riconobbe i figli al momento della nascita. Poiché era detenuto, abitò con loro soltanto per periodi di tempo molto brevi.
  6. Nel 2016 il primo ricorrente fu ammesso al beneficio di un programma di protezione dei testimoni in quanto collaboratore di giustizia nell’ambito delle indagini su un'associazione per delinquere di tipo mafioso di cui aveva fatto parte.
  7. A seguito di tale decisione D smise di fare visita in carcere al primo ricorrente accompagnata dai loro figli.
  1. IL PROCEDIMENTO DI RICONOSCIMENTO DI FILIAZIONE
  1. Di fronte all'opposizione di D al mantenimento di una relazione significativa tra lui e i suoi figli, il 29 settembre 2016 il primo ricorrente presentò dinanzi al tribunale di Roma («il tribunale») una domanda ai fini del riconoscimento di filiazione. D spiegava che non aveva potuto riconoscere i figli perché non era regolarmente presente sul territorio italiano al momento della nascita di B, e perché era detenuto e veniva sentito dal tribunale di Roma nell’ambito di un procedimento penale al momento della nascita di C.
  2. Il 21 aprile 2017 il tribunale nominò la sig.ra M.G. Ruo curatrice speciale ad litem per rappresentare i minori.
  3. Il 4 ottobre 2017 la curatrice chiese che fossero organizzate immediatamente delle visite tra i ricorrenti.
  4. Con sentenza del 2 agosto 2018, il tribunale riconobbe l’esistenza di un rapporto di filiazione tra il primo ricorrente e il secondo e il terzo ricorrente, ordinando inoltre di trascrivere questa decisione nei registri dello stato civile e di proseguire il procedimento ai fini dell’adozione di decisioni sulla custodia dei figli e della modifica del loro cognome.
  5. Lo stesso giorno, il tribunale ordinò una perizia psicologica sullo stato dei minori e sui rapporti con i loro genitori.
  6. Il 24 maggio 2019 il perito nominato a tale scopo avvisò il tribunale che, vista la complessità della situazione in questione e, inoltre, l’eccessivo carico di lavoro che aveva, non poteva eseguire la perizia richiesta. Il tribunale prese atto di questa informazione.
  7. Il 19 settembre 2019 la curatrice chiese al tribunale di essere autorizzata a incontrare i minori per spiegare loro il procedimento che li riguardava, e per sentirli. Durante il colloquio che ne seguì, i bambini chiesero espressamente alla curatrice di informare il tribunale che volevano incontrare il primo ricorrente.
  8. Il 21 gennaio 2020 la curatrice informò il tribunale che i minori desideravano vedere il padre e instaurare una relazione con lui. Con una richiesta urgente, la curatrice chiese al tribunale di organizzare immediatamente delle visite, di stabilire dei contatti telefonici regolari, nonché di attuare, con i servizi sociali, un programma di preparazione delle visite.
  9. Il 17 agosto 2020 il tribunale decise di affidare la custodia esclusiva dei bambini alla madre e di concedere al primo ricorrente un diritto di visita. Le condizioni nelle quali tale diritto si sarebbe esercitato dovevano essere determinate dai servizi sociali d'intesa con gli altri organismi interessati, in particolare con il servizio di protezione dei testimoni (paragrafo 7 supra) e con la struttura in cui i bambini erano collocati con la madre (paragrafo 23 infra). Il tribunale ordinò inoltre a quest'ultima di collaborare con le autorità per consentire l'esecuzione del diritto di visita riconosciuto al primo ricorrente.
  10. D interpose appello avverso questa decisione. Il primo ricorrente e la curatrice contestarono l’appello.
  11. Il 28 ottobre 2021 la corte d'appello di Roma respinse l'appello e ordinò di organizzare le visite tra i ricorrenti e di fornire ai bambini, in vista di tali incontri, un'adeguata preparazione sotto forma di un programma di sostegno psicologico.
  1. IL PROCEDIMENTO RELATIVO ALLA RESPONSABILITÀ GENITORIALE
  1. Nel frattempo, a seguito dell'opposizione della madre dei bambini all'inserimento del secondo e del terzo ricorrente nel programma di protezione dei testimoni, il 22 febbraio 2017 il primo ricorrente chiese alle autorità di adottare misure di protezione immediate nei confronti dei minori. Temeva che i bambini fossero presi di mira dall'organizzazione criminale alla quale era stato affiliato, come ritorsione per la sua decisione di collaborare con le autorità (paragrafo 7 supra).
  2. Informata della situazione, il 14 marzo 2017 la procura presso il tribunale per i minorenni depositò dinanzi al tribunale per i minorenni di Roma («il tribunale per i minorenni»), ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, una richiesta urgente per ottenere la sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale da parte di D, e l'adozione immediata di misure di protezione nei confronti dei minori.
  3. Con provvedimento emesso in data 24 marzo 2017, depositato in cancelleria il 4 aprile 2017, il tribunale per i minorenni ordinò la sospensione dell'esercizio da parte di D della responsabilità genitoriale, e il collocamento dei minori in un istituto insieme alla madre, qualora quest’ultima lo desiderasse. Inoltre, chiese alle autorità coinvolte di esaminare la possibilità di stabilire un calendario di incontri tra i ricorrenti, se necessario in ambiente protetto.
  4. Il collocamento in istituto dei minori, insieme alla madre, ebbe luogo il 14 aprile 2017.
  5. All’epoca, non fu organizzato alcun incontro con il primo ricorrente, a causa del parere negativo degli operatori sociali e della psicologa incaricata all’interno dell'istituto di seguire i bambini (paragrafi 35-37 infra).
  6. Il 26 ottobre 2017 il primo ricorrente chiese di organizzare le visite in ambiente protetto.
  7. Il 9 febbraio 2021 il tribunale per i minorenni, basandosi sulla decisione del 17 agosto 2020 del tribunale di Roma che riconosceva al primo ricorrente un diritto di visita (paragrafo 17 supra), ritenne che fosse necessario prendere in considerazione la volontà dei bambini (paragrafi 15-16 supra), e che non vi fossero elementi tali da pensare che gli incontri con il padre potessero essere pregiudizievoli per loro. Pertanto, ordinò ai servizi sociali di predisporre immediatamente un calendario di visite, e di organizzare, al più presto, dei contatti telefonici regolari tra i ricorrenti, secondo modalità che sarebbero state stabilite dall'istituto in cui i bambini erano collocati e dalla psicologa di tale struttura. Inoltre, decise di affidare i minori ai servizi sociali in quanto D non collaborava con le autorità nei loro sforzi per permettere al primo ricorrente di esercitare il suo diritto di visita. Dichiarò anche che, in futuro, l'eventuale opposizione della madre all'organizzazione di incontri tra i minori e il loro padre non avrebbe più potuto impedire lo svolgimento di tali incontri.
  8. Il 24 febbraio 2021 il tribunale per i minorenni confermò la sig.ra Ruo in qualità di curatrice speciale ai fini del procedimento dinanzi ad esso (paragrafo 10 supra).
  9. Il 14 giugno 2021 la procura emise un parere negativo in merito alla prosecuzione dell’organizzazione di incontri tra i ricorrenti.
  10. Il 22 giugno 2021 sulla base del rapporto redatto in occasione del primo incontro tra i ricorrenti, che si era svolto il 24 maggio 2021 (paragrafo 49 infra), il tribunale per i minorenni ordinò la sospensione delle visite a causa dell'incapacità del primo ricorrente di instaurare con i figli una relazione compatibile con l'interesse superiore di questi ultimi.
  11. Il 24 giugno 2021 il tribunale per i minorenni inserì nelle motivazioni di tale decisione gli elementi tratti dalle relazioni presentate dai servizi sociali e dalla psicologa dell'istituto di collocamento (paragrafo 50 infra), nelle quali era indicato che lo svolgimento di altre visite avrebbe avuto effetti traumatici per i bambini.
  12. Il 7 luglio 2021 il primo ricorrente interpose appello avverso queste decisioni. Sosteneva che il tribunale non aveva sentito i bambini prima di sospendere il diritto di visita, e chiedeva una perizia psicologica sullo stato dei bambini e sulle sue capacità genitoriali, l'organizzazione di visite, nonché l'attuazione di un programma di sostegno psicologico per preparare tutti i ricorrenti agli incontri.
  13. Il 30 settembre 2021 la curatrice si costituì nel procedimento dinanzi alla corte d'appello, chiedendo con urgenza l'organizzazione di visite in ambiente protetto e lamentando la mancanza di un effettivo sostegno psicologico idoneo a preparare tutti i ricorrenti a tali incontri. La curatrice informò la corte d'appello che il giorno dell'incontro tra i ricorrenti aveva subìto, da parte dei servizi sociali e delle altre autorità coinvolte, delle pressioni affinché esprimesse un parere negativo sulla prosecuzione degli incontri. La curatrice chiese anche l’autorizzazione ad avere con i bambini un colloquio che le permettesse di stabilire se desiderassero o meno avere altri incontri.
  14. Dinanzi alla corte d'appello, il primo ricorrente e la curatrice sostennero che due procedimenti paralleli relativi alla stessa situazione erano pendenti dinanzi a giurisdizioni diverse, e che il tribunale per i minorenni aveva sospeso l'esercizio del diritto di visita senza trasmettere loro le relazioni redatte dai servizi sociali e dalla psicologa sulla riunione del 24 maggio 2021 e, pertanto, senza permettere loro di presentare le proprie osservazioni a tale riguardo, il che, a loro avviso, comportava una violazione dei loro diritti di difesa.
  15. Il 9 dicembre 2021 la corte d'appello di Roma riconobbe l'assenza di competenza funzionale del tribunale per i minorenni in ragione dell’anteriorità del procedimento di riconoscimento di filiazione dinanzi al tribunale di Roma (paragrafo 9 supra). Dichiarando la nullità del procedimento relativo alla responsabilità genitoriale, la corte d'appello rammentò alle parti che le decisioni adottate nel procedimento di riconoscimento di filiazione (paragrafo 19 supra) erano vincolanti. Di conseguenza, la corte d'appello non si pronunciò in merito alla richiesta della curatrice di essere autorizzata a incontrare i bambini.
  1. L’ESECUZIONE DEL DIRITTO DI VISITA
  1. Il 29 maggio e il 16 giugno 2017, a seguito della decisione del 24 marzo 2017 (paragrafo 22 supra), il servizio di protezione dei testimoni avvisò il tribunale per i minorenni che, secondo i servizi sociali, il secondo e il terzo ricorrente, a causa del trauma che avrebbero subìto a seguito del loro collocamento in istituto, non erano pronti a instaurare delle relazioni con il primo ricorrente.
  2. In una relazione datata 31 luglio 2017, gli operatori sociali dell'istituto, segnalando le difficoltà incontrate dai bambini a seguito del loro collocamento, espressero un parere negativo in merito alla possibile organizzazione di telefonate tra i ricorrenti. Secondo gli educatori, le difficoltà in questione erano causate dalle origini socioculturali dei bambini, ovvero dal contesto criminale mafioso nel quale erano cresciuti, e dalla circostanza che avevano assistito a scene di violenza durante le quali, secondo quanto raccontato dalla madre, il primo ricorrente l'aveva aggredita.
  3. Il 4 agosto 2017 il servizio di protezione dei testimoni confermò che gli operatori sociali avevano espresso un parere sfavorevole.
  4. Dal fascicolo risulta che non fu organizzata nessuna visita.
  5. A seguito della decisione del 17 agosto 2020 del tribunale di Roma che riconosceva un diritto di visita al primo ricorrente (paragrafo 17 supra), il servizio di protezione dei testimoni, in più occasioni, informò il tribunale (il 4 settembre, 14 ottobre, 27 ottobre, 16 novembre, 3 dicembre e 17 dicembre 2020) che il primo ricorrente voleva esercitare il suo diritto di visita e che l’opposizione della madre dei bambini impediva di organizzare gli incontri.
  6. In una relazione del 15 novembre 2020, gli educatori dell'istituto di collocamento informarono i giudici che i bambini avevano reagito male quando avevano saputo che il primo ricorrente era detenuto. Spiegarono che era necessario prevedere per i bambini un percorso di preparazione alla ripresa degli incontri con il padre.
  7. Il 16 novembre 2020 la psicologa dei bambini indicò che una ripresa degli incontri con il padre avrebbe turbato i minori.
  8. Inoltre, il primo ricorrente adì, in quanto detenuto, il magistrato di sorveglianza presentando una domanda volta ad ottenere l’attuazione del suo diritto di visita. Il 23 novembre 2020 il magistrato di sorveglianza ordinò l’esecuzione della decisione del tribunale di Roma che riconosceva un diritto di visita al primo ricorrente (paragrafo 17 supra).
  9. Il 15 dicembre 2020 i servizi sociali informarono i giudici che D e i bambini erano seguiti da psicologi, tra cui, in particolare, quelli dell'istituto di collocamento, e che era possibile prevedere degli incontri con il primo ricorrente per la fine del mese di gennaio 2021.
  10. Il 29 gennaio 2021 il servizio di protezione dei testimoni informò i tribunali che i servizi sociali non avevano organizzato l'incontro tra i ricorrenti che era previsto per la fine del mese, e avevano indicato che, a causa delle misure in vigore per contrastare la pandemia di COVID-19, i bambini avevano partecipato a una sola sessione di preparazione psicologica e, quindi, non erano pronti per incontrare il padre.
  11. Il 9 febbraio 2021 fu fissato un incontro per il 26 marzo 2021.
  12. Il 27 febbraio 2021 il ricorrente depositò una denuncia contro i servizi sociali per mancata esecuzione dei provvedimenti giudiziari relativi al suo diritto di visita.
  13. Il 17 marzo 2021 l'amministrazione del carcere in cui era detenuto il primo ricorrente informò il tribunale che, a causa delle misure in vigore per contrastare la pandemia di COVID-19, non era possibile organizzare un incontro fisico.
  14. Il 9 aprile 2021 i servizi sociali informarono il tribunale per i minorenni che il secondo e il terzo ricorrente erano divisi sull'idea di incontrare il padre, e che erano seguiti da una psicologa che avrebbe dovuto prepararli a tali visite.
  15. Il 24 maggio 2021 si svolse un incontro tra i ricorrenti. Secondo il rapporto redatto in seguito a questo incontro, il primo ricorrente, durante la visita, pose ai bambini delle domande non autorizzate sul loro collocamento, e reagì male ai rimproveri che i servizi sociali gli fecero a tale riguardo.
  16. Il 21 giugno 2021 il tribunale ricevette i resoconti dell'incontro redatti dai servizi sociali e dalla psicologa dei bambini. La psicologa dichiarava che l'evento era stato traumatico per i bambini, e si dichiarava sfavorevole all’organizzazione di altre visite; i servizi sociali, da parte loro, spiegavano che il comportamento del primo ricorrente durante la visita era stato inappropriato.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI PERTINENTI

I. IL REGIME GIURIDICO INTERNO

A. La responsabilità genitoriale, l’affidamento dei figli e il diritto di visita

  1. Il diritto interno pertinente in materia di procedimenti di controllo della responsabilità genitoriale è descritto nella sentenza V. e altri c. Italia (n. 37748/13, §§ 65-69, 18 luglio 2019).
  2. Ai sensi dell’articolo 337 ter, primo comma, del codice civile, il figlio minorenne ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337 bis del codice civile, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Il giudice valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Il giudice può modificare le modalità di affidamento e prende atto dei diversi accordi intervenuti tra le parti. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine, una copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

B. Nomina del curatore speciale ad litem per i minori

  1. L’articolo 78 del codice di procedura civile, nella versione in vigore all’epoca dei fatti, era formulato come segue:

«Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza, e vi sono ragioni d'urgenza, può essere nominato all'incapace, alla persona giuridica o all'associazione non riconosciuta un curatore speciale che li rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza.

Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante.»

  1. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione (si veda, ad esempio, la sentenza n. 27729 dell’11 dicembre 2013), il minore ha la qualità di parte nei procedimenti per il riconoscimento della filiazione ai sensi dell'articolo 250 del codice civile e, in tale procedimento, è rappresentato dal genitore che lo ha riconosciuto. Tuttavia, se il giudice ritiene che vi sia un conflitto di interessi, effettivo o potenziale, tra il minore e il genitore che lo rappresenta, può essere nominato un rappresentante indipendente (curatore ad litem).
  2. Al contrario, in alcuni procedimenti riguardanti la responsabilità genitoriale condotti ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, anche se diretti contro uno solo dei genitori, la giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene che vi sia per definizione un conflitto di interessi, almeno potenziale, tra il minore e i suoi genitori, cosicché il giudice deve, a pena di nullità del procedimento, nominare d'ufficio un curatore ad litem per rappresentare il minore (si vedano, tra altre, le sentenze della Corte di cassazione, n. 5256 del 6 marzo 2018, n. 29001 del 12 novembre 2018, n. 29723 del 16 novembre 2020, e n. 8627 del 26 marzo 2021).

C. Diritto del minore di essere sentito

  1. Le disposizioni pertinenti del codice civile in materia di diritto del minore di essere sentito, nella redazione in vigore all’epoca di fatti, erano così formulate:

Articolo 315 bis – Diritti e doveri del figlio

«(...) Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. (...)»

Articolo 336 bis – Ascolto del minore

«Il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Se l'ascolto è in contrasto con l'interesse del minore, o manifestamente superfluo, il giudice non procede all'adempimento dandone atto con provvedimento motivato.

L'ascolto è condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all'ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell'inizio dell'adempimento.

Prima di procedere all'ascolto il giudice informa il minore della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto. Dell'adempimento è redatto processo verbale nel quale è descritto il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio video.»

  1. La Corte di cassazione ha affermato, in diverse sentenze, che l'audizione da parte del giudice del figlio minorenne di età superiore ai dodici anni, o anche di età inferiore se capace di discernimento, è obbligatoria e non discrezionale (si vedano, ad esempio, le sentenze n. 18358 del 2 agosto 2013, n. 5097 del 5 marzo 2014, n. 19327 del 29 settembre 2015, n. 1474 del 25 gennaio 2021). Il giudice deve debitamente motivare le ragioni che lo inducono a ritenere che il minore di età inferiore a dodici anni non sia capace di discernimento o che l'audizione sia contraria all'interesse del minore (si vedano, tra altre, Corte di cassazione, sentenza n. 22238 del 21 ottobre 2009). Se non è debitamente giustificata, la mancata audizione del minore comporta la nullità del procedimento (Corte di cassazione, sentenza n. 18358 del 2 agosto 2013).
  1. II. Il DIRITTO E LA PRASSI INTERNAZIONALI
  1. Il diritto e la prassi internazionali pertinenti in materia di rappresentanza dei minori, di nomina di un rappresentante ad litem e del diritto del minore di essere sentito sono descritti nella sentenza e M. c. Croazia (n. 10161/13, §§ 94-98 e 102, CEDU 2015 (estratti).

IN DIRITTO

  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
  1. I ricorrenti lamentano una violazione del loro diritto al rispetto della vita familiare a causa di carenze delle autorità nell'attuazione delle misure idonee a consentire l'instaurarsi di una relazione tra loro, la mancata esecuzione dei provvedimenti interni relativi al diritto di visita del primo ricorrente, e varie inadempienze che, secondo loro, hanno viziato i procedimenti che si sono svolti dinanzi ai giudici nazionali. Invocano l'articolo 8 della Convenzione, così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
 

    A. Sulla ricevibilità

1. Sul locus standi del curatore ad litem

  1. La Corte osserva che lo Stato convenuto non ha sollevato obiezioni per quanto riguarda la questione della competenza ratione personae della Corte per esaminare il ricorso dal momento che quest'ultimo è stato presentato in nome e nell'interesse del secondo e del terzo ricorrente, che sono minorenni, dalla curatrice nominata dalle giurisdizioni interne. Tale questione richiede tuttavia un esame d'ufficio da parte della Corte (Buzadji c. Repubblica di Moldavia [GC], n. 23755/07, § 70, 5 luglio 2016, e Satakunnan Markkinapörssi Oy e Satamedia Oy c. Finlandia [GC], n. 931/13, § 93, 27 giugno 2017).
  2. La Corte rammenta la regola generale secondo la quale, se un ricorrente decide di farsi rappresentare in base all'articolo 36 § 1 del regolamento della Corte piuttosto che presentare il ricorso egli stesso, l'articolo 45 § 3 del regolamento gli impone di produrre una delega scritta debitamente firmata. È essenziale per il rappresentante dimostrare di aver ricevuto istruzioni precise ed esplicite dalla persona che si ritiene vittima, ai sensi dell'articolo 34, in nome della quale intende agire dinanzi alla Corte (Magomedov e altri c. Russia, 33636/09 e altri 9, § 60, 28 marzo 2017, e Kars e altri c Turchia, n. 66568/09, § 54, 22 marzo 2016).
  3. Tuttavia, sono stati dichiarati ricevibili dei ricorsi presentati da alcuni cittadini in nome della o delle vittime, anche se non era stato presentato alcun tipo di delega valida. È stata prestata una particolare attenzione a dei fattori di vulnerabilità, quali l'età, il sesso o la disabilità, che possono impedire a certe vittime di sottoporre il loro caso all’esame della Corte, tenuto conto, peraltro, dei legami tra la vittima e l’autore del ricorso (Lambert e altri c. Francia, n. 46043/14, §§ 91-92, 5 giugno 2015; si vedano anche, per quanto riguarda i ricorsi presentati da organizzazioni non governative, Centro di risorse giuridiche a nome di Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], n. 47848/08, §§ 104-111, CEDU 2014, R. c. Macedonia del Nord, n. 38067/15, § 46-53, 23 gennaio 2020, e Association Innocence en Danger et Association Enfance et Partage c. Francia, nn. 15343/15 e 16806/15, §§ 119-132, 4 giugno 2020).
  4. La Corte ha già avuto occasione di affermare che la situazione dei minori ai sensi dell'articolo 34 richiedeva un esame attento visto che i minori dipendono generalmente da altre persone per presentare le loro doglianze e rappresentare i loro interessi, e possono non avere l'età o la capacità richiesta per autorizzare che siano avviate concretamente delle azioni in loro nome (Ts. e altri c. Georgia, n. 71776/12, § 54, 2 febbraio 2016, e A.K. e L. c. Croazia, n. 37956/11, § 47, 8 gennaio 2013). È quindi opportuno, come la Corte ha già affermato, evitare un approccio restrittivo o puramente tecnico per quanto riguarda la rappresentanza dei minori dinanzi ad essa, poiché il criterio fondamentale in questo ambito è il rischio che alcuni interessi dei minori non siano portati alla sua attenzione e siano privati di una protezione effettiva dei diritti che derivano per loro dalla Convenzione (Lambert, sopra citata, § 94, Strand Lobben e altri c. Norvegia [GC], n. 37283/13, § 157, 10 settembre 2019, C.N. c. Lussemburgo, n. 59649/18, §§ 29-30, 12 ottobre 2021, e T.A. e altri c. Repubblica di Moldavia, n. 25450/20, §33, 30 novembre 2021.
  5. Nella presente causa, le giurisdizioni interne, ritenendo che vi fosse o potesse esserci un conflitto di interessi tra i minori e i loro genitori, hanno nominato la sig.ra Ruo curatrice speciale ad litem per rappresentare il secondo e il terzo ricorrente (paragrafi 10 e 27 supra).
  6. La Corte osserva che tale nomina, in caso di conflitto di interessi almeno potenziale, tra il minore e i suoi genitori, era prevista dal diritto interno pertinente (paragrafo 53 supra), come interpretato dalla Corte di cassazione (paragrafi 54-55 supra). Inoltre, rileva che la nomina di un curatore ad litem per rappresentare i minori in caso di conflitto di interessi tra questi e i loro genitori può essere richiesta dall’articolo 8 della Convenzione (C c. Croazia, n. 80117/17, § 74-82, 8 ottobre 2020), come interpretato alla luce delle pertinenti norme di diritto internazionale (paragrafo 58 supra).
  7. Peraltro, la Corte osserva che la legittimità della curatrice non è mai stata contestata dalle autorità interne (si vedano, mutatis mutandis, Centro di risorse giuridiche in nome di Valentin Câmpeanu, sopra citata, 110, Associazione per la difesa dei diritti dell’uomo in Romania – Comitato Helsinki in nome di Ionel Garcea c. Romania, n. 2959/11, § 44, 24 marzo 2015, e Comitato Helsinki bulgaro c. Bulgaria (dec.), nn. 35653/12 e 66172/12, § 56, 28 giugno 2016).
  8. Inoltre, la Corte osserva che la curatrice si è impegnata attivamente nella missione che le era stata affidata: l'interessata ha infatti incontrato i bambini, ha spiegato loro in cosa consisteva il suo ruolo e ha raccolto la loro volontà per quanto riguarda la questione in gioco nei procedimenti interni (paragrafi 15-16 supra). Ha anche partecipato attivamente, in qualità di rappresentante dei minori, a tutte le udienze dinanzi alle giurisdizioni interne, nonché all'incontro tra i ricorrenti del 24 maggio 2021 (paragrafo 49 supra). Ha quindi stabilito un legame sufficiente con i bambini (R. c. Macedonia del Nord, sopra citata, § 51).
  9. La Corte osserva anche che il ricorso che deve esaminare, presentato dalla curatrice speciale ad litem dei minori, è strettamente connesso ai procedimenti che si sono svolti dinanzi ai giudici interni per i quali la curatrice è stata nominata. In altre parole, i procedimenti dinanzi ai giudici interni avevano ad oggetto lo stesso diritto di cui la Corte verifica il rispetto conformemente al principio di sussidiarietà. Di conseguenza, la Corte ritiene che la nomina ad litem della curatrice non implichi l'impossibilità per l'interessata di rappresentare i minori anche nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte (P., D.P. e A.T. c. Regno Unito, n. 23715/94, decisione della Commissione del 20 maggio 1996).
  10. Per quanto sopra esposto, la Corte conclude che la curatrice speciale ad litem nominata nell’ambito dei procedimenti interni ha la qualità per agire in nome di B e C (D. e altri c. Russia, n. 72931/10, §§ 80-84, 9 aprile 2019, e Valdís Fjölnisdóttir e altri c. Islanda, n. 71552/17, § 2, 18 maggio 2021).

2. Sull’esistenza di una vita familiare

a. Argomentazioni delle parti

  1. Senza sollevare espressamente un’obiezione di inapplicabilità dell’articolo 8 della Convenzione, il Governo sostiene che il legame familiare tra i ricorrenti è stato riconosciuto con la sentenza del tribunale di Roma del 17 agosto 2020 e che, di conseguenza, i ricorrenti possono lamentare una violazione dell’articolo 8 soltanto per il periodo posteriore a questa data.
  2. I ricorrenti replicano che il legame familiare tra loro era già stato riconosciuto in precedenza, in particolare con la sentenza del tribunale di Roma del 2 agosto 2018, e sottolineano che le giurisdizioni interne avevano accordato un diritto di visita al primo ricorrente, e che B e C avevano manifestato la loro volontà di instaurare una relazione con il padre.

b. Valutazione della Corte

  1. La Corte rammenta che la nozione di «vita familiare» ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione riguarda le relazioni fondate sul matrimonio, e anche altri legami «familiari» de facto, quando le parti convivono al di fuori di qualsiasi legame coniugale o quando altri fattori dimostrano che una relazione è sufficientemente consolidata (Paradiso e Campanelli c. Italia [GC], n. 25358/12, § 140, 24 gennaio 2017). La questione dell’esistenza o dell’assenza di una vita familiare è anzitutto una questione di fatto, che dipende dall’esistenza di legami personali stretti (Marckx c. Belgio, 13 giugno 1979, § 31, serie A n. 31, e e T. c. Finlandia [GC], n. 25702/94, § 140, CEDU 2001‑VII).
  2. L’articolo 8 non può essere interpretato nel senso che protegge soltanto una vita familiare già consolidata: esso deve essere esteso, quando le circostanze lo impongono, alla relazione che potrebbe svilupparsi tra un bambino nato al di fuori del matrimonio e il suo padre naturale. Per determinare se esiste un legame che richiede la protezione dell’articolo 8 tra il padre biologico e il suo figlio naturale, la Corte tiene conto di fattori quali la natura della relazione tra i genitori naturali, nonché l’interesse e l’attaccamento manifestati dal padre naturale per il minore prima e dopo la nascita (Nylund c. Finlandia (dec.), n. 27110/95, CEDU 1999-VI, Chavdarov c. Bulgaria, n. 3465/03, § 40, 21 dicembre 2010, Marinis c. Grecia, n. 3004/10, § 56, 9 ottobre 2014, e D. e P.K. c. Bulgaria, nn. 7949/11 e 45522/13, § 54, 8 dicembre 2016).
  3. In cause simili alla presente fattispecie, la Corte ha considerato che l’articolo 8 potesse estendersi anche alla «relazione familiare potenziale» (Pini e altri c. Romania, nn. 78028/01 e 78030/01, § 143, CEDU 2004 V (estratti), e Schneider c. Germania, n. 17080/07, § 81, 15 settembre 2011), nei casi in cui il fatto che non sia stata riconosciuta una vita familiare non è imputabile al ricorrente (Anayo c. Germania, n. 20578/07, § 60, 21 dicembre 2010, Kautzor c. Germania, n. 23338/09, § 61, 22 marzo 2012, e Katsikeros c. Grecia, n. 2303/19, § 47, 21 luglio 2022).
  4. Nella presente causa, la Corte osserva che il primo ricorrente non ha riconosciuto i figli al momento della nascita e che, a causa della sua detenzione, la loro convivenza è stata molto limitata (paragrafo 6 supra). Essa osserva, tuttavia, che egli ha cercato di instaurare una relazione con loro (paragrafo 8 supra); che, di fronte all’opposizione della madre dei bambini, ha depositato una domanda di riconoscimento di paternità dinanzi all’autorità giudiziaria (paragrafo 9 supra), e che, quando gli è sembrato che i bambini fossero in pericolo perché D non voleva che fossero inseriti nel programma di protezione dei testimoni, ha chiesto alle autorità competenti di proteggerli (paragrafo 20 supra). Inoltre, la Corte osserva che, con un provvedimento emesso il 24 marzo 2017, il tribunale per i minorenni ha ordinato ai servizi sociali di valutare la possibilità di stabilire un calendario di incontri tra i ricorrenti (paragrafo 22 supra), che l’esistenza di un legame familiare tra i ricorrenti è stata riconosciuta da una sentenza emessa dal tribunale di Roma il 2 agosto 2018, che ha ordinato la trascrizione di tale decisione nei registri dello stato civile (paragrafo 12 supra), e infine che i minori hanno manifestato, almeno all’inizio del procedimento, la loro intenzione di stabilire dei contatti con il primo ricorrente (paragrafo 15 supra). Di conseguenza, la Corte considera che ai ricorrenti sia stato riconosciuto, ai sensi della legislazione nazionale e delle decisioni interne, il diritto di instaurare delle relazioni tra loro.
  5. La Corte osserva anche che la mancata attuazione del diritto di visita non è dovuta al primo ricorrente – che ha ininterrottamente adito tutte le giurisdizioni interessate (paragrafi 9, 18, 24, 30 e 41 supra) e depositato denunce penali a tale riguardo (paragrafo 47 supra) – ma è il risultato, soprattutto, dell’opposizione delle autorità nazionali e della madre dei bambini.
  6. In queste circostanze, la Corte conclude che tra i ricorrenti esiste, a partire da quando è stata depositata la domanda di riconoscimento di filiazione, una «relazione familiare potenziale», e considera che un tale legame sia sufficiente per comportare la protezione dell’articolo 8 della Convenzione, che è dunque applicabile ratione materiae ai fatti della presente causa.

3. Conclusioni sulla ricevibilità

  1. Constatando che questa doglianza non è manifestamente infondata né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all’articolo 35 della Convenzione, la Corte la dichiara ricevibile.

B. Sul merito

1. Argomentazioni delle parti

a) I ricorrenti

  1. I ricorrenti ritengono che le autorità nazionali non abbiano adottato tutte le misure utili e necessarie per permettere che si instaurasse e si mantenesse una relazione familiare tra loro. Essi sottolineano che, nonostante siano state emesse varie decisioni giudiziarie tra il 2017 e il 2021, essi si sono incontrati una sola volta, e ritengono che questa situazione sia dovuta all’opposizione della madre dei bambini e, soprattutto, dei servizi sociali. I ricorrenti spiegano che, nonostante tutte le decisioni giudiziarie che riconoscono un diritto di visita al primo ricorrente, a tutt’oggi essi non hanno alcuna possibilità di incontrarsi, e lamentano che le giurisdizioni interne tollerino questa situazione.
  2. I ricorrenti affermano che, anche se il secondo e il terzo ricorrente hanno espressamente comunicato alla curatrice che desideravano incontrare il primo ricorrente, la loro volontà non è stata presa in considerazione.
  3. Essi argomentano che non è stato previsto alcun percorso di sostegno alla genitorialità per il primo ricorrente, e lamentano il carattere inadeguato del percorso psicologico che è stato proposto ai minori di preparazione agli incontri con il loro padre.
  4. I ricorrenti affermano, inoltre, che le decisioni giudiziarie si sono basate quasi esclusivamente sui rapporti redatti dagli operatori sociali dell’istituto, i quali a loro avviso si sono sempre dimostrati sfavorevoli all’instaurarsi di rapporti tra il primo ricorrente e i suoi figli.
  5. Infine, essi sottolineano varie carenze procedurali nei procedimenti condotti dinanzi ai giudici nazionali.

b) Il Governo

  1. Il Governo ritiene che le autorità italiane abbiano adottato rapidamente tutte le misure che imponeva l’interesse dei minori.
  2. Il Governo spiega che non era possibile organizzare delle visite prima che fosse riconosciuto un rapporto di filiazione tra i ricorrenti.
  3. Peraltro, sottolinea, la circostanza che i ricorrenti rientrano in un programma di protezione dei testimoni impone che si tenga conto delle esigenze di protezione e di sicurezza degli interessati per ciascuna delle misure previste.
  4. Il Governo fa notare che le autorità hanno predisposto un percorso di sostegno psicologico per il secondo e il terzo ricorrente e per la loro madre. Inoltre, afferma che i minori avevano avuto delle esperienze traumatiche che, a suo parere, non permettevano di instaurare rapidamente una relazione con il loro padre. Secondo il Governo i ritardi non erano ascrivibili alle autorità, ma erano dovuti alle misure in vigore per contrastare la pandemia di COVID-19, al fatto che il primo ricorrente è detenuto, nonché alla circostanza che i ricorrenti rientrano in un programma di protezione dei testimoni.
  5. Per quanto riguarda gli elementi sui quali si sono fondate le giurisdizioni interne per emettere le loro decisioni, il Governo considera che le opinioni dei periti siano state debitamente prese in considerazione.

2. Valutazione della Corte

a) Oggetto della causa

  1. La Corte osserva anzitutto che, a partire dal 2016, il primo ricorrente non ha mai smesso di chiedere alle autorità nazionali che fossero organizzati degli incontri con il secondo e il terzo ricorrente, ma ha potuto esercitare il suo diritto di visita soltanto in maniera molto limitata, sotto forma di un solo incontro e di una sola videochiamata.
  2. La Corte osserva, inoltre, che la curatrice speciale ad litem di B e C, che li rappresenta dinanzi ad essa, ha costantemente chiesto alle giurisdizioni interne, in nome dell’interesse dei minori a instaurare dei rapporti significativi con il loro padre, di dare attuazione al diritto di visita riconosciuto al primo ricorrente.
  3. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte considera che, nella presente causa, gli interessi del primo ricorrente, da un lato, e quelli dei minori, dall’altro, sono ampiamente concordanti. Pertanto, non è necessario procedere a un’analisi distinta delle doglianze dei ricorrenti.

b) Principi generali

  1. I principi generali applicabili nel caso di specie sono ben consolidati nella giurisprudenza della Corte e sono stati ampiamente esposti nelle sentenze Terna c. Italia (n. 21052/18, 14 gennaio 2021), B. e M. c. Italia (n. 41382/19, 22 aprile 2021), A.T. c. Italia (n. 40910/19, 24 giugno 2021), e Pini e altri, sopra citata).

c) Applicazione nel caso di specie dei principi sopra menzionati

  1. Nella fattispecie, la Corte ritiene che, date le circostanze ad essa sottoposte e le doglianze sollevate dai ricorrenti, il suo compito consista nel verificare, in primo luogo, se le autorità nazionali abbiano adottato tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere da esse per far rispettare il diritto di visita riconosciuto dalle decisioni giudiziarie e permettere che si instaurasse una relazione tra i ricorrenti, e, in secondo luogo, se, nell’ambito dei procedimenti interni, il processo decisionale sia stato equo e abbia debitamente rispettato i diritti dei ricorrenti protetti dall’articolo 8.

i. Sulla non esecuzione del diritto di visita

  1. La Corte osserva che dopo la decisione del tribunale per i minorenni del 24 marzo 2017 che ordinava alle autorità interessate di esaminare se fosse possibile programmare degli incontri tra i ricorrenti (paragrafo 22 supra), non è stata organizzata alcuna visita (paragrafo 24 supra), e ciò è dovuto al fatto che il tribunale per i minorenni era stato informato del parere negativo dei servizi sociali, che consideravano che tali incontri fossero incompatibili con lo stato dei minori (paragrafi 35-37 supra). Essa osserva che, malgrado tale informazione e sebbene il ricorrente chiedesse che fossero organizzate delle visite (paragrafo 25 supra), il tribunale per i minorenni non ha ordinato alcuna indagine sociale, e soltanto nel febbraio 2021 si è tenuta una nuova udienza (paragrafo 26 supra).
  2. La Corte rammenta che non le spetta sostituire la sua valutazione a quella delle autorità nazionali competenti riguardo alle misure che avrebbero dovuto essere adottate alla luce dei pareri negativi dei servizi sociali, in quanto tali autorità sono in linea di principio più indicate per procedere a questa valutazione (si vedano Giorgioni c. Italia, n. 43299/12, § 73, 15 settembre 2016, e Piazzi c. Italia, n. 36168/09, § 59, 2 novembre 2010). Tuttavia, essa considera che non sia accettabile che ci siano voluti quasi quattro anni affinché il tribunale prendesse una decisione o chiedesse un aggiornamento della situazione, poiché un tale ritardo comportava il rischio che la controversia si risolvesse con un fatto compiuto (B. e M. c. Italia, sopra citata, § 81).
  3. Inoltre, la Corte constata che non è stata organizzata alcuna visita dopo la decisione del tribunale di Roma del 17 agosto 2020 che riconosceva un diritto di visita al primo ricorrente (paragrafo 17 supra). Essa osserva peraltro che il servizio di protezione dei testimoni ha affermato più volte che gli incontri non potevano essere organizzati a causa dell’opposizione della madre dei minori (paragrafo 39 supra).
  4. A questo proposito, la Corte ammette che, nel caso di specie, le autorità si trovavano di fronte a una situazione molto difficile, dovuta soprattutto alle tensioni esistenti tra i genitori dei minori. In particolare, la Corte osserva che la madre dei minori si opponeva fermamente alle visite tra i ricorrenti. Tuttavia, essa considera, come peraltro ha già affermato, che la mancanza di collaborazione fra i genitori separati non può dispensare le autorità competenti dal mettere in atto qualsiasi mezzo idoneo a permettere di mantenere il legame familiare (si veda T. c. Italia, sopra citata, § 79, e i riferimenti ivi citati).
  5. La Corte rammenta anche il principio ben consolidato secondo il quale gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa raggiungere il genitore o mantenere un contatto con lui, bensì comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di giungere a tale risultato (si vedano D’Alconzo c. Italia, n. 64297/12, § 56, 23 febbraio 2017, e i riferimenti ivi citati, Terna, § 60, B. e M. c. Italia, § 65, e A.T. c. Italia, § 66, tutte e tre sopra citate).
  6. Nella fattispecie, la Corte osserva che la curatrice ha chiesto che fosse predisposto un programma di preparazione agli incontri fin dal 21 gennaio 2020 (paragrafo 16 supra) e che, a seguito della decisione del 17 agosto 2020, i servizi sociali hanno comunicato, il 15 dicembre 2020, che i minori erano seguiti a tal fine da una psicologa (paragrafo 43 supra). Tuttavia, alla fine del mese di gennaio 2021, ossia nel periodo in cui doveva aver luogo il primo incontro, i servizi sociali hanno spiegato che con i bambini era stata effettuata una sola seduta di preparazione, e che non era dunque possibile organizzare rapidamente l’incontro in questione (paragrafo 44 supra). Inoltre, dai documenti prodotti dalle parti risulta che le autorità non hanno previsto alcun percorso psicologico di preparazione del primo ricorrente alle visite, in quanto tale misura era stata ordinata dalla corte d’appello di Roma soltanto nell’ottobre 2021 (paragrafo 19 supra).
  7. La Corte condivide dunque la conclusione della corte d’appello di Roma (paragrafo 32 supra) secondo la quale nel caso di specie non è stato fornito un adeguato sostegno psicologico al fine di agevolare un riavvicinamento tra i ricorrenti (si veda, mutatis mutandis, Nicolò Santilli c. Italia, n. 51930/10, § 74, 17 dicembre 2013).
  8. Essa osserva, inoltre, che la prima visita ha avuto luogo nove mesi dopo la decisione del tribunale di Roma del 17 agosto 2020 e tre mesi dopo la decisione del tribunale per i minorenni di Roma del 9 febbraio 2021, nonostante l’urgenza, segnalata da quest’ultima giurisdizione, di organizzare tale incontro. Essa prende atto del fatto che la visita prevista per la fine del mese di marzo è stata annullata a causa della pandemia di COVID-19 e delle misure allora in vigore nel carcere in cui era detenuto il primo ricorrente (paragrafo 47 supra). Tuttavia, dato che gli spostamenti motivati dall’esercizio di un diritto di visita e di alloggio erano autorizzati (T. c. Italia, sopra citata, § 82), essa ritiene che, tenuto conto che dall’inizio del procedimento era già trascorso molto tempo, un ulteriore ritardo di due mesi fosse incompatibile con la diligenza necessaria nel caso di specie.
  9. La Corte rammenta di avere già constatato varie volte (Terna, § 97, e T. c. Italia, § 84, entrambe sopra citate) l'esistenza di un problema sistemico in Italia relativo ai ritardi nell’attuazione del diritto di visita pronunciato per via giudiziaria.
  10. Nella presente causa, la Corte constata che i servizi sociali, sebbene vi fossero delle decisioni giudiziarie che ordinavano di organizzare degli incontri, sono intervenuti tardivamente (paragrafi 35-48 supra; si veda T. c. Italia, sopra citata, § 80, e i riferimenti ivi citati). Essa ritiene peraltro che le giurisdizioni nazionali, delegando quasi completamente il controllo della situazione ai servizi sociali e omettendo di controllare le attività di questi ultimi, abbiano lasciato che si consolidasse una situazione di fatto generata dall’inosservanza delle decisioni giudiziarie (Strumia c. Italia, n. 53377/13, § 122, 23 giugno 2016, e A.T. c. Italia, sopra citata, § 82).
  11. Pertanto, la Corte conclude che le autorità nazionali non hanno adottato rapidamente tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere per far rispettare il diritto di visita riconosciuto al primo ricorrente dalle decisioni giudiziarie, e per permettere l’instaurarsi di una relazione tra i ricorrenti (B. et M. c. Italia, sopra citata, § 80), e constata che le giurisdizioni nazionali non hanno effettuato alcun controllo sulle attività e sulle omissioni delle autorità interessate (A.T. c. Italia, sopra citata, § 82).

ii. Sul processo decisionale

α) L’assenza di perizia e la mancata audizione dei minori

  1. Per quanto riguarda la natura degli elementi sui quali si sono basate le autorità per giungere alle loro decisioni, e senza perdere di vista il fatto che spetta in linea di principio alle autorità interne pronunciarsi sulla necessità delle perizie (M. e N. c. Italia, n. 60083/19, § 84, 20 gennaio 2022), la Corte rammenta che ha già concluso varie volte, in cause che mettono in gioco, come nel caso di specie, l’importante questione della relazione tra genitori e figli, per l’iniquità, a causa dell’assenza di una perizia psicologica, del processo decisionale che ha condotto alle decisioni delle giurisdizioni interne. In particolare, la Corte è giunta a questa conclusione in cause nelle quali una perizia di questo tipo era necessaria per valutare i rapporti tra un minore e i suoi genitori, e per decidere se il parere espresso da un minore corrispondesse veramente alla sua volontà (Byćenko c. Lituania, n. 10477/21, § 116, 14 febbraio 2023, e i riferimenti ivi citati, e D.M. e N. c. Italia, sopra citata, § 83).
  2. Nella fattispecie, la Corte osserva che la necessità di una perizia psicologica sui rapporti tra i minori e i loro genitori, sulle capacità genitoriali di questi ultimi, e sullo stato psicologico dei minori è stata riconosciuta dal tribunale di Roma, che ha ordinato tale perizia il 2 agosto 2018 (paragrafo 13 supra). In ogni caso, quando, il 24 maggio 2019, ossia quasi un anno dopo tale decisione, l’esperta nominata a tal fine fece sapere che per lei era impossibile svolgere l’incarico affidatole (paragrafo 14 supra), il tribunale non ha adottato alcuna misura.
  3. La Corte osserva, inoltre, che nel corso del procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni gli operatori sociali dell’istituto nel quale erano stati collocati i minori si opponevano alle visite (paragrafi 35-41 supra) e affermavano che i minori erano divisi sulla prospettiva di un incontro con il primo ricorrente (paragrafo 48 supra), mentre la curatrice, da parte sua, comunicava la volontà dei bambini di vedere il loro padre, come questi ultimi le avevano detto quando li aveva incontrati (paragrafo 16 supra).
  4. In queste circostanze, la Corte ritiene che in assenza, da un lato, di una perizia sullo stato dei minori – valutazione indispensabile per permettere alle autorità di valutare il rapporto tra questi ultimi e il loro padre e di verificare se le dichiarazioni che essi avevano fatto alla curatrice corrispondessero ai loro veri desideri – e, dall’altro, di una perizia sulle capacità genitoriali del primo ricorrente, il processo decisionale, considerato nel suo complesso, sia stato iniquo.
  5. Essa considera, inoltre, che tali perizie erano tanto più necessarie in quanto, quando i bambini avevano chiesto, all’inizio del procedimento, di poter incontrare il primo ricorrente (paragrafo 15 supra), le giurisdizioni non hanno ritenuto utile sentirli, senza esaminare se sarebbe stato possibile farlo e, soprattutto, se fossero sufficientemente capaci di discernimento a tal fine (si veda Neves Caratão Pinto c. Portogallo, n. 28443/19, § 138, 13 luglio 2021).
  6. A questo proposito, la Corte, pur rammentando che la volontà espressa da un minore sufficientemente capace di discernimento è un elemento da prendere in considerazione in qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo che lo riguarda ( e M. c. Croazia, n. 10161/13, § 181, CEDU 2015 (estratti), E.C. c. Italia (dec.), n. 82314/17, § 58, 30 giugno 2020, S.N. e M.B.N. c. Svizzera, n. 12937/20, § 112, 23 novembre 2021, e Q e R c. Slovenia, n. 19938/20, § 97, 8 febbraio 2022; si veda anche il paragrafo 58 supra per gli strumenti internazionali pertinenti), ammette che, in linea di principio, spetta alle giurisdizioni nazionali valutare gli elementi da esse raccolti, compreso il modo in cui sono stati accertati i fatti pertinenti. La questione se i tribunali interni siano tenuti a sentire un minore in udienza, quando è in gioco il diritto di visita di un genitore che non ha l’affidamento, dipende infatti dalle circostanze particolari di ciascun caso, soprattutto dall’età e dalla maturità del minore interessato (Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 73, CEDU 2003 VIII, e Byćenko, sopra citata, § 106).
  7. Nella presente causa, la Corte osserva che, al momento della decisione del tribunale per i minorenni di sospendere il diritto di visita, B aveva quasi dodici anni e C quasi dieci anni. Pertanto, secondo il diritto interno (paragrafo 56 supra) e la giurisprudenza della Corte di cassazione (paragrafo 57 supra), il tribunale avrebbe dovuto, quantomeno, esporre i motivi che lo portavano a ritenere che i minori non fossero sufficientemente capaci di discernimento per essere sentiti (Iglesias Casarrubios e Cantalapiedra Iglesias c. Spagna, n. 23298/12, § 42, 11 ottobre 2016; si veda anche, a contrario, Neves Caratão Pinto, sopra citata, § 138, nella quale, in riferimento a dei bambini che avevano otto anni al momento della conclusione dei procedimenti interni, la Corte ha dichiarato che, tenuto conto della giovane età degli interessati, le autorità interne potevano ragionevolmente ritenere che questi ultimi non fossero sufficientemente capaci di discernimento per essere sentiti).
  8. In questo contesto, la Corte conclude che il primo ricorrente è stato indebitamente privato del suo diritto a che i suoi figli minorenni fossero sentiti personalmente dal giudice (Iglesias Casarrubios e Cantalapiedra Iglesias, sopra citata, § 42), e che il secondo e il terzo ricorrente sono stati indebitamente privati del loro diritto di essere sentiti personalmente, o del diritto a che la loro volontà, espressa dalla curatrice, forse debitamente presa in considerazione da parte delle giurisdizioni interne.
  9. Per quanto riguarda la decisione del tribunale per i minorenni di sospendere le visite, la Corte prende atto che tale decisione è stata presa nell'interesse dei minori (si vedano Piazzi, § 59, e Giorgioni, § 73, entrambe sopra citate), in quanto i rapporti indicavano che questi ultimi erano traumatizzati a seguito della visita del 24 maggio 2021 (paragrafi 49-50 supra).
  10. Tuttavia, riaffermando il principio secondo il quale un effettivo rispetto della vita familiare impone che le relazioni future tra genitore e figlio siano disciplinate unicamente sulla base di tutti gli elementi pertinenti, e non con il semplice passare del tempo (si veda Barnea e Caldararu c. Italia, n. 37931/15, § 86, 20 giugno 2017, e i riferimenti ivi citati), e rammentando che le giurisdizioni e le autorità interne devono adottare tutte le misure idonee a creare le condizioni necessarie per la piena realizzazione del diritto di visita (Endrizzi c. Italia, n. 71660/14, § 61, 23 marzo 2017), la Corte non può non tener conto del fatto che le difficoltà che i ricorrenti hanno avuto durante l'incontro in questione derivavano da una carenza da parte delle autorità nazionali, le quali non avevano organizzato alcuna visita in precedenza (paragrafi 94-97 supra) e non avevano messo in atto alcun sostegno psicologico idoneo a permettere un riavvicinamento tra i ricorrenti e a preparare il primo ricorrente a tali incontri (paragrafi 98-100 supra).
  11. Ora, la Corte rammenta a questo proposito che un ritardo nel procedimento rischia sempre, in tal caso, di risolvere la controversia con un fatto compiuto. Essa ritiene che siano necessarie una diligenza e una rapidità supplementari nell’adozione di una decisione riguardante i diritti sanciti dall’articolo 8 della Convenzione. Tenuto conto della posta in gioco per il ricorrente, era necessario che la causa fosse trattata con urgenza, in quanto il passare del tempo poteva avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il figlio e il genitore che non vive con lui. Infatti, la Corte rammenta che l’interruzione dei contatti con un figlio molto giovane può comportare un peggioramento della sua relazione con il genitore (B. e M. c. Italia, §§ 81-82, Strumia, §§ 122-123, e Nicolò Santilli, §§ 74-75, tutte e tre sopra citate).

β) Le altre carenze procedurali

  1. La Corte osserva anzitutto che l'esecuzione del diritto di visita è stata oggetto di due procedimenti paralleli, nei quali le giurisdizioni interne hanno adottato decisioni parzialmente discordanti (paragrafi 17, 19 e 29-30 supra).
  2. Inoltre, essa constata che, non tenendo conto della giurisprudenza della Corte di cassazione (paragrafo 55 supra), il tribunale per i minorenni ha nominato la curatrice dei minori soltanto il 24 febbraio 2021, ossia quasi quattro anni dopo l'avvio del procedimento (paragrafo 27 supra). La Corte considera che tale lacuna comprometta seriamente l'equità del processo decisionale ( c. Croazia, sopra citata, § 81; si veda anche, a contrario, R.B. e M. c. Italia, sopra citata, § 83, nella quale la decisione di non nominare un curatore era compatibile con le norme nazionali e non aveva impedito di tenere debitamente conto degli interessi del minore).
  3. Inoltre, la Corte osserva che la decisione del tribunale per i minorenni di sospendere il diritto di visita è stata adottata senza che il primo ricorrente né la curatrice avessero avuto accesso al rapporto dei servizi sociali relativo all'incontro del 24 maggio 2021 e, dunque, senza che gli interessati abbiano potuto sottoporre le loro osservazioni al tribunale (paragrafo 33 supra).
  4. Sebbene tali lacune siano state corrette dalla sentenza della corte d'appello di Roma del 9 dicembre 2021, che annullava il procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni (paragrafo 34 supra), la Corte ribadisce che, nelle cause inerenti alla vita familiare, il passare del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il minore e il genitore che non vive con lui. Di conseguenza, essa ritiene che l'inosservanza delle norme procedurali da parte del tribunale per i minorenni, a causa dei tempi molto lunghi che sono stati necessari per correggere le lacune procedurali, abbia avuto delle conseguenze dirette sull'esercizio da parte degli interessati del loro diritto alla vita familiare (Moretti e Benedetti, sopra citata, § 70).

d) Conclusioni

  1. Secondo la Corte, la mancata esecuzione del diritto di visita del ricorrente è imputabile soprattutto alla tolleranza de facto che hanno dimostrato i tribunali nei confronti dell'opposizione costante della madre e dei servizi sociali, all'assenza di misure idonee a permettere l'instaurarsi di contatti effettivi, nonché a varie lacune procedurali da essa rilevate (Zavřel c. Repubblica ceca, n. 14044/05, § 47, 18 gennaio 2007).
  2. La Corte prende atto dell'argomentazione del Governo secondo la quale i ritardi delle autorità interne coinvolte nella presente causa sarebbero dovute al fatto che i ricorrenti rientrano in un programma di protezione dei testimoni e, dunque, sarebbero giustificati dall'esigenza di protezione della vita e dell'integrità fisica dei minori. Anche se comprende che una situazione di questo tipo possa dare luogo a difficoltà nell'esecuzione del diritto di visita, la Corte ritiene che le lacune sopra rilevate (paragrafi 104, 108, 112, 114 e 116-119 supra) non siano manifestamente legate alla circostanza in questione.
  3. Alla luce di quanto sopra esposto, dopo un'analisi approfondita delle osservazioni delle parti e della giurisprudenza pertinente, e pur tenendo conto del margine di apprezzamento dello Stato convenuto in materia e, per di più, della complessità della presente causa dovuta al fatto che i ricorrenti beneficiano di un programma di protezione dei testimoni, la Corte considera che le autorità nazionali non abbiano fatto sforzi adeguati e sufficienti per far rispettare il diritto di visita e assicurare il suo diritto alla cogenitorialità, e che abbiano violato il diritto di tutti i ricorrenti al rispetto della loro vita familiare e, soprattutto, il loro diritto di stabilire tra loro una relazione familiare.
  4. Pertanto, vi è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.

II. SULL'APPLICAZIONE DELL'ART 41 DELLA CONVENZIONE

  1. Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione:

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

  1. Danno
  1. 125. Il primo ricorrente chiede la somma di 50.000 euro (EUR) per il danno morale che ritiene di avere subìto.
  2. 126. Il secondo e il terzo ricorrente chiedono la somma di 100.000 EUR ciascuno per il danno morale che ritengono di avere subìto.
  3. 127. Il Governo contesta tali richieste.
  4. 128. Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, la Corte considera che gli interessati abbiano subìto un danno morale che non può essere riparato con la semplice constatazione di violazione dell'articolo 8 della Convenzione. Essa ritiene che l'impossibilità per il primo ricorrente di mantenere dei contatti significativi con i suoi figli gli abbia causato frustrazione e sofferenza, e gli abbia impedito di sviluppare delle relazioni con loro per vari anni. Di conseguenza, la Corte accorda la somma di 8.000 EUR al primo ricorrente e la somma di 8.000 EUR ciascuno al secondo e al terzo ricorrente. Per quanto riguarda questi ultimi, la somma sarà custodita in via fiduciaria dalla curatrice (si veda, mutatis mutandis, B. e M. c. Italia, sopra citata, § 88).
  1. Spese
  1. Il primo ricorrente chiede la somma di 50 EUR per le spese sostenute per il procedimento condotto dinanzi alla Corte.
  2. La curatrice del secondo e del terzo ricorrente chiede la somma di 5.168 EUR per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte.
  3. Il Governo contesta tali richieste.
  4. Tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole accordare al primo ricorrente la somma di 50 EUR per il procedimento condotto dinanzi ad essa, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.
  5. Per quanto riguarda la curatrice, la Corte ritiene ragionevole accordarle la somma di 5.000 EUR per il procedimento condotto dinanzi ad essa, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti:
      1. 000 EUR (ottomila euro) al primo ricorrente, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
      2. 000 EUR (ottomila euro) ciascuno al secondo e al terzo ricorrente (somma destinata a essere custodita in via fiduciaria dalla loro curatrice), più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
      3. 50 EUR (cinquanta euro) al primo ricorrente, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per le spese;
      4. 000 EUR (cinquemila euro) alla curatrice, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 7 settembre 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto

Marko Bošnjak
Presidente


ALLEGATO

Elenco dei ricorrenti

N.

NOME

Anno di nascita

Cittadinanza

Rappresentato da

1.

A

1990

rumena

Virgilio DI MEO

2.

B

2009

italiana

Maria Giovanna RUO

3.

C

2011

italiana

Maria Giovanna RUO