Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 12 ottobre 2023 - Ricorso n. 48618/22 - Causa Autru e Ryolo c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Silvia Canullo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE
CAUSA AUTRU RYOLO c. ITALIA

(Ricorso n. 9112/10)

SENTENZA

STRASBURGO
12 ottobre 2023

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Autru Ryolo c. Italia,
la Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un Comitato composto da:
Péter Paczolay, Presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di Sezione,

visto il ricorso (n. 9112/10) proposto contro la Repubblica italiana con il quale, in data 14 gennaio 2010, quattro cittadini italiani, le cui pertinenti generalità sono riportate nella tabella allegata (“i ricorrenti”), rappresentati dall’avvocato M.S. Mori del foro di Milano, hanno adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare il ricorso al Governo italiano (“il Governo”) rappresentato dal suo agente, il Sig L. D’Ascia;

viste le osservazioni delle parti;

vista la decisione di rigettare l’eccezione sollevata dal Governo all’esame del ricorso da parte di un Comitato;

dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 19 settembre 2023,

pronuncia la seguente sentenza adottata in tale data:

OGGETTO DELLA CAUSA

  1. La causa concerne l’espropriazione di un terreno dei ricorrenti e la successiva attribuzione di un’indennità basata sul “valore agricolo medio” del suolo.
  2. I ricorrenti erano proprietari di un appezzamento di terreno situato in località Giardini Naxos, censito al catasto dei terreni al foglio n. 6, particelle nn. 57/b, 57/a, 58 e 855. Il terreno fa parte del parco archeologico di Naxos e il piano regolatore generale del 1985 indicava che esso presentava interesse archeologico ed era soggetto al vincolo archeologico previsto dall’articolo 11 della legge 1° giugno 1939 n. 1089. All’epoca i ricorrenti utilizzavano parte del terreno per la coltivazione di agrumi e permettevano lo svolgimento di scavi archeologici nella loro proprietà.
  3. In data 21 ottobre 1993, l’amministrazione diede avvio alla procedura di espropriazione per finalità archeologiche di una parte del terreno dei ricorrenti di superficie pari a 8.375 metri quadrati e corrispondente alle particelle nn. 57/a e 855. In data 7 aprile 1994, l’amministrazione autorizzò l’occupazione immediata del terreno in questione e il 21 dicembre 1996 emanò il decreto di espropriazione.
  4. L’indennità offerta ai ricorrenti fu calcolata in base alla valutazione effettuata dalla Commissione provinciale espropri di Messina che ritenne che il terreno avesse potenzialità edificatoria e determinò il suo valore in lire (ITL) 1.507.500.000, corrispondente a euro (EUR) 778.559. Ciononostante, in virtù dei criteri contenuti nell’articolo 5 bis della legge 359/1992 ai ricorrenti fu offerta un’indennità di importo inferiore, ovvero ITL 454.448.435 (EUR 234.703).
  5. I ricorrenti promossero un procedimento giudiziario sostenendo che tale indennità era inadeguata e la Corte di appello di Messina nominò un consulente tecnico affinché valutasse il terreno.
  6. Il consulente tecnico osservò che il vincolo archeologico non comportava l'inedificabilità assoluta, ma ammetteva invece la possibilità di altri utilizzi, purché essi fossero compatibili con l’interesse archeologico. Osservò inoltre che nel 1976 l’amministrazione aveva emesso una nota in cui si dichiarava che l’edificazione di una parte del terreno era compatibile con l’interesse archeologico, mentre la parte restante non era edificabile. Sulla base di tali premesse il consulente concluse che 1.955 metri quadrati del terreno dovevano essere valutati come edificabili e determinò il loro valore di mercato in ITL 508.300.000 (EUR 262.515).
  7. Quanto ai restanti 6.420 metri quadrati, essi potevano essere utilizzati a fini diversi dall’agricoltura, per esempio adibiti ad area di campeggio o ad altre strutture ricettive. Inoltre, i ricorrenti, in caso di nuovi ritrovamenti archeologici sul loro terreno, avrebbero potuto ricevere un’indennità. Pertanto, prendendo in considerazione il prezzo di terreni analoghi, il consulente tecnico stabilì che il valore di mercato di tale parte di terreno era pari a ITL 100.000 al metro quadrato ovvero, in tutto, a ITL 642.000.000 (EUR 331.565).
  8. In data 18 febbraio 1999, la Corte di appello incaricò il consulente tecnico di effettuare una nuova valutazione applicando il criterio del valore agricolo medio. Il consulente rilevò che il terreno era parzialmente utilizzato per la coltivazione di agrumi e indicò un valore di ITL 10.000 al metro quadrato.
  9. Con decisione del 4 novembre 2005, la Corte di appello di Messina ritenne inedificabile l’intero appezzamento di terreno, e applicando il valore agricolo medio, accordò un’indennità di espropriazione pari a ITL 83.750.000 (EUR 43.253) e un’indennità di occupazione pari a ITL 18.901.909 (EUR 9.762), calcolata a partire dal medesimo valore agricolo medio.
  10. I ricorrenti proposero ricorso dinanzi alla Corte di cassazione che, con sentenza del 14 luglio 2009, confermò il carattere non edificabile del terreno. In particolare essa osservò che l’appezzamento era soggetto al vincolo archeologico previsto dall’articolo 11 della legge 1° giugno 1939 n. 1089, che consentiva l’edificazione soltanto nella misura in cui essa era compatibile con l’interesse archeologico. Nel caso di specie, la corte ritenne che non potesse essere consentita alcuna edificazione, in quanto l’interesse archeologico in questione non era presente soltanto in ritrovamenti isolati bensì si estendeva a tutta un’ampia zona costellata dalle rovine dell’antica città di Naxos. Quanto alla nota emessa nel 1975 [sic], essa fu ritenuta irrilevante poiché si trattava di una semplice valutazione preliminare e, comunque, nei venti anni successivi erano stati condotti altri scavi. Per tali motivi la Corte di cassazione rigettò il ricorso dei ricorrenti.
  11. I ricorrenti hanno lamentato, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, un’ingerenza sproporzionata nei loro diritti di proprietà in ragione dell’asserita inadeguatezza dell’indennità ricevuta per l’espropriazione del loro terreno e per il periodo di occupazione legittima.

LA VALUTAZIONE DELLA CORTE

I. QUESTIONE PRELIMINARE

  1. La Corte, in primo luogo, prende atto della comunicazione del decesso del primo e della seconda ricorrente, il sig. Luigi Autru Ryolo e la sig.ra Laura Autru Ryolo, e dell’intenzione dei loro eredi, il terzo e il quarto ricorrente, il sig. Carlo Autru Ryolo e il sig. Tommaso Autru Ryolo, di proseguire il procedimento anche in loro vece, nonché dell’assenza di obiezioni a tale intenzione da parte del Governo. Pertanto, tenuto conto dell’oggetto delle doglianze, la Corte ritiene che gli eredi dei primi due ricorrenti siano legittimati a proseguire il procedimento in loro vece.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 DELLA CONVENZIONE

  1. Il Governo ha sostenuto che i ricorrenti non erano più vittime della violazione lamentata o che, in ogni caso, la doglianza era manifestamente infondata in quanto essi avevano ricevuto un’adeguata indennità di espropriazione. La Corte ritiene che tale questione sia strettamente legata a quella della proporzionalità dell’ingerenza e decide pertanto di unirla al merito della doglianza.
  2. Poiché la doglianza dei ricorrenti non incorre in nessun altro motivo di irricevibilità, deve essere dichiarata ricevibile.
  3. La Corte rinvia alla sua sentenza nella causa Preite c. Italia (n. 28976/05, §§ 18-29 e 42-53, 17 novembre 2015) per un riassunto del diritto e della prassi interni pertinenti nonché per i pertinenti principi generali applicabili al caso di specie.
  4. La Corte osserva che i ricorrenti sono stati privati della loro proprietà in conformità al diritto nazionale e che l’espropriazione perseguiva un fine legittimo di pubblica utilità. Tuttavia il ricorso concerne una particolare espropriazione che non è stata eseguita nell’ambito di un processo di riforma economica, sociale o politica, né era collegata a nessun’altra circostanza specifica. Di conseguenza la Corte non ravvisa alcun fine legittimo “di pubblica utilità” in grado di giustificare il versamento di un’indennità inferiore al valore di mercato.
  5. Nel caso di specie, l’indennità di espropriazione accordata ai ricorrenti è stata calcolata sulla base dei criteri indicati dall’articolo 5 bis della legge 359/1992 per i terreni non edificabili e di conseguenza a partire dal “valore medio agricolo” del terreno (si veda il paragrafo 9 supra).
  6. I ricorrenti hanno lamentato che il calcolo dell’indennità non teneva conto delle reali caratteristiche del terreno.
  7. La Corte ribadisce che non spetta a lei risolvere le controversie sulla qualificazione giuridica del suolo o stimare il suo valore, a meno che non si dimostri che l’indennità di espropriazione è priva di ogni ragionevole rapporto con il valore di mercato del terreno (si veda Preite, sopra citata, § 50).
  8. A tale proposito la Corte è pronta ad accettare che la stima del valore di mercato tenga conto della qualificazione giuridica del terreno precedente all’espropriazione. In effetti, in assenza di concrete prospettive di sviluppo edilizio, non è appropriato basarsi solo sull’opinione dei ricorrenti secondo la quale il terreno aveva potenzialità edificatoria (si veda Maria Azzopardi c. Malta, n. 22008/20, §§ 62-63, 9 giugno 2022).
  9. Il terreno dei ricorrenti presentava interesse archeologico ed era soggetto a vincolo archeologico. Con decisioni motivate che non appaiono arbitrarie, i tribunali interni hanno ritenuto che tali restrizioni comportassero il divieto di edificare sull’intero appezzamento di terreno (si vedano i paragrafi 9 e 10 supra).
  10. Inoltre, gli stessi ricorrenti avevano utilizzato il terreno per coltivare oppure ne avevano concesso l’utilizzo a fini archeologici, non si erano adoperati per ottenere una licenza edilizia e non nutrivano aspettative legittime di ottenerla. Pertanto, a giudizio della Corte, la valutazione che il terreno non fosse edificabile non era priva di ragionevole fondamento.
  11. La Corte osserva, però, che le autorità nazionali non avevano effettuato una stima del valore di mercato del terreno, tenendo conto delle specifiche caratteristiche del bene, bensì avevano accordato un’indennità fondata sul valore medio agricolo (si veda il paragrafo 9 supra).
  12. A tale proposito i ricorrenti hanno sostenuto che il valore di mercato del terreno era considerevolmente più elevato, come indicato dal consulente tecnico nominato dal tribunale nella sua prima perizia. Il Governo dal canto suo ha sostenuto che nel caso di specie l’applicazione del criterio del valore medio agricolo era fondata sulla valutazione concreta delle caratteristiche del terreno, effettuata dal consulente tecnico nominato dal tribunale, con particolare riferimento alla coltivazione di agrumi.
  13. La tesi del Governo non persuade la Corte. Essa osserva che il riferimento alla coltivazione degli agrumi nella seconda perizia redatta dal consulente (si veda il paragrafo 8 supra) era destinata soltanto a selezionare il valore medio agricolo corrispondente ai prodotti coltivati sul terreno, tuttavia non dava conto degli altri possibili utilizzi dell’appezzamento indicati da suddetto consulente nella sua prima perizia (si veda il paragrafo 7 supra).
  14. La Corte ha già in precedenza concluso che un’indennità basata sul valore medio agricolo è priva di ogni ragionevole rapporto con il valore di mercato del terreno, in quanto non tiene conto delle reali caratteristiche dello stesso (Preite, sopra citara, § 51). Ha inoltre ritenuto che l’indennità per il periodo di occupazione legittima debba essere calcolato sulla base del valore di mercato del terreno (si veda Luigi Serino c. Itaia (n. 3), n. 21978/02, §§ 37-39, 12 ottobre 2010). Alla luce delle suesposte considerazioni la Corte non vede motivo di discostarsi dalla sua precedente giurisprudenza.
  15. Conseguentemente vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.

SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

  1. I ricorrenti hanno chiesto congiuntamente 701.961,17 euro (EUR), oltre all’adeguamento all’inflazione e agli interessi legali (per un totale di circa EUR 1.640.000), per il danno patrimoniale, EUR 10.000 ciascuno per il danno non patrimoniale e EUR 11.222,22 per le spese sostenute dinanzi ai tribunali interni e alla Corte.
  2. Il Governo non ha presentato osservazioni in ordine alle domande di equa soddisfazione dei ricorrenti.
  3. La Corte ha riscontrato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 in ragione dell’inadeguatezza dell’indennità accordata per l’espropriazione del terreno dei ricorrenti e per il periodo di occupazione legittima calcolata sulla base di una stima fondata sul valore medio agricolo invece che sull’effettivo valore di mercato del terreno (si veda il paragrafo 26 supra).
  4. In ordine all’indennità di espropriazione, i criteri pertinenti per il calcolo del danno patrimoniale sono stati indicati nelle cause Scordino c. Italia (n. 1) ([GC], n. 36813/97, § 258, CEDU 2006-V) e Preite (sopra citata, §§ 68-72).
  5. La Corte, in particolare, si è basata sul valore di mercato del bene al momento dell’espropriazione dichiarato nelle perizie del consulente tecnico nominato dal tribunale redatte nel corso del procedimento interno. In ordine all’indennità per il periodo di occupazione legittima, i criteri pertinenti sono stati indicati nella causa Luigi Serino (n. 3) (sopra citata, § 47).
  6. Alla luce delle considerazioni sopra esposte (si vedano i paragrafi 20-22 supra), la Corte ritiene appropriato basarsi sul valore indicato dal consulente nominato dal Tribunale per i terreni non edificabili (si veda il paragrafo 7 supra). Pertanto, deliberando in via equitativa, essa quantifica il danno patrimoniale in un totale di EUR 1.002.200 a titolo di indennità di espropriazione e di indennità per il periodo di occupazione legittima.
  7. La Corte sottolinea che la presente sentenza non inficia la possibilità che il Governo ottenga la restituzione degli importi eventualmente versati ai ricorrenti sulla base della valutazione effettuata dalla Commissione provinciale espropri di Messina, qualora essi eccedano il risarcimento accordato dalla Corte.
  8. La Corte, inoltre, accorda congiuntamente ai ricorrenti la somma di EUR 5.000 per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, e la somma di EUR 7.000 che copre tutte le voci, di spesa oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dai ricorrenti.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Ritiene che il terzo e il quarto ricorrente siano legittimati a proseguire il procedimento nelle veci del primo e della seconda ricorrente;
  2. Dichiara ricevibile il ricorso;
  3. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione;
  4. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare ai ricorrenti congiuntamente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. EUR 1.002.200 (un milione e duemiladuecento euro), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno patrimoniale;
      2. EUR 5.000 (cinquemila euro), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      3. EUR 7.000 (settemila euro), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dai ricorrenti, per le spese;
    2. che a decorrere da detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione dei ricorrenti per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto il 12 ottobre 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto

Péter Paczolay
Presidente
 

APPENDICE

N.

Nominativo del ricorrente

Anno di nascita

Luogo di residenza

1.

Luigi AUTRU RYOLO

1931

Deceduto nel 2018

Messina

2.

Laura AUTRU RYOLO

1962

Deceduta nel 2016

Messina

3.

Carlo AUTRU RYOLO

1963

Messina

4.

Tommaso AUTRU RYOLO

1965

Messina