Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 14 settembre 2023 - Ricorso n. 44646/17 - Causa Diakitè c. Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista  dalla dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

QUINTA SEZIONE

CAUSA DIAKITÈ c. ITALIA

(Ricorso n. 44646/17)

SENTENZA

STRASBURGO

14 settembre 2023

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Diakitè c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (Quinta Sezione), riunita in un Comitato composto da:

Stéphanie Mourou-Vikström, Presidente,
Lado Chanturia,
Mattias Guyomar, giudici,
e Sophie Piquet, Cancellliere aggiunto di Sezione facente funzioni,

visto il ricorso (n. 44646/17) contro la Repubblica italiana con il quale in data 23 giugno 2017 un cittadino ivoriano, il Sig. Salimou Diakitè, nato nel 1999 e residente a Roma (“il ricorrente”), rappresentato dall’avvocato Salvatore Fachile, del Foro di Roma, ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare il ricorso al Governo italiano (“il Governo”), rappresentato dal suo agente, Sig. Lorenzo D’Ascia;

viste le osservazioni formulate dalle parti;

dopo avere deliberato in camera di consiglio in data 12 luglio 2023,

pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

L’OGGETTO DEL CASO DI SPECIE

  1. La causa concerne le condizioni materiali del soggiorno del ricorrente, un minore migrante, presso il Centro di accoglienza per adulti della Croce Rossa di Roma, sito in Via Ramazzini, nonché la mancata applicazione nel suo caso delle garanzie procedurali previste per i minori migranti.
  1. L’ARRIVO DEL RICORRENTE IN ITALIA E LA VALUTAZIONE DELLA SUA ETÀ
  1. In data 29 gennaio 2017 il ricorrente giunse in Italia a bordo di un’imbarcazione di fortuna. Fu successivamente trasferito nel punto di crisi di Trapani. Appena arrivato, dichiarò alle autorità di essere un minore e presentò un certificato di nascita che dimostrava che la sua data di nascita era il 19 dicembre 1999. Gli fu attribuita una tessera sanitaria, che dichiarava la sua minore età.
  2. In data 2 febbraio 2017 il ricorrente fu sottoposto a una visita medica al fine di determinare la sua età. Il corrispondente referto medico dichiarò che la sua età ossea, valutata mediante esami radiografici del polso e della mano sinistri, era compatibile con quella di una persona che aveva almeno diciotto anni. Pertanto, in data 7 febbraio 2017 il ricorrente fu trasferito nel centro di accoglienza per adulti della Croce Rossa di Roma, sito in Via Ramazzini.
  3. Dal fascicolo risulta che, durante il soggiorno nel suddetto centro, il ricorrente aveva stretto forti legami con gli educatori dell’associazione Laboratorio 53 nonché con i suoi insegnanti nell’ambito delle lezioni di lingua italiana che aveva frequentato.
  4. Gli insegnanti del ricorrente, avendo realizzato che era un minore dopo che egli aveva mostrato loro il suo certificato di nascita, lo incoraggiarono a parlare del suo status di minore e lo misero in contatto con l’avvocato, che depositò successivamente il presente ricorso alla Corte.
  5. In data 19 giugno 2017 il rappresentante del ricorrente inviò una domanda a diverse istituzioni, tra cui il Pubblico ministero del Tribunale per i minorenni, la Direzione generale dell’Immigrazione e il Direttore del Centro della Croce Rossa che ospitava il ricorrente, chiedendo il trasferimento del ricorrente in un centro di accoglienza riservato ai minori.
  6. Il giorno successivo il ricorrente fu trasferito nel centro di accoglienza per minori “Villa Spada”, sito in Roma. In data 30 giugno 2017 fu sottoposto a una visita medica che dimostrò che la sua età era compresa tra i diciassette e i diciotto anni. Considerando il margine di errore, fu ritenuto che il ricorrente fosse un minore.
  7. In data 1° luglio 2017 il ricorrente fu traferito nel centro di prima accoglienza per minori di Pomezia e in data 13 agosto 2017 in un altro centro per minori di Roma.
  8. In data 17 luglio 2017 fu nominato un minore. Nel frattempo, fu avviata la procedura di domanda di asilo del ricorrente e al ricorrente fu infine concesso l’asilo.
  1. LE CONDIZIONI MATERIALI DEL SOGGIORNO PRESSO IL CENTRO DI ACCOGLIENZA PER ADULTI DELLA CROCE ROSSA DI ROMA, SITO IN Via Ramazzini
  1. Il centro di accoglienza per adulti della Croce Rossa di Roma, sito in Via Ramazzini, fu aperto nel giugno del 2016 quale centro di accoglienza provvisorio di emergenza, destinato a fare fronte al massiccio arrivo di migranti in Italia in tale periodo. Il centro era finalizzato a ospitare i migranti per un breve periodo di tempo, in attesa che fossero inviati in altre strutture. Il centro consisteva in due blocchi di tende che ospitavano gli uomini e in una struttura fissa riservata alle donne e ai loro figli. Il centro aveva una capienza di 400 persone; fu infine chiuso nel settembre del 2017.
  2. Un rapporto dell’associazione “Osservatorio Accoglienza Casa dei Venti” del 9 febbraio 2017, fornito dal ricorrente, riferiva che i richiedenti asilo intervistati al fine del rapporto avevano dichiarato che d’inverno nelle tende faceva freddo. I servizi igienici consistevano all’epoca in 13 gabinetti e 15 docce per 380 persone. Gli ospiti avevano dichiarato che i servizi erano spesso rotti, o che erano talmente sporchi che non era possibile utilizzarli. La quantità di acqua calda disponibile non era sufficiente a soddisfare le esigenze di tutti.
  3. Benché il “centro” non fosse destinato ai minori non accompagnati, le persone intervistate riferirono che numerosi minori di tale tipo erano stati ospitati nel centro, alcuni di essi per un mese e, in alcuni casi, per tre o quattro mesi. Il direttore della struttura dichiarò che la prefettura inviava talvolta erroneamente dei minori non accompagnati in tale struttura e che essi erano rapidamente trasferiti in appositi centri nel giro di alcuni giorni. I migranti dichiararono anche che il vitto era di qualità scadente e spesso freddo. Il rapporto indicava che nel centro l’accesso alle informazioni legali, in particolare a quelle riguardanti le domande di asilo, era insufficiente.
  4. Oltre a tale rapporto, un articolo della stampa del 10 febbraio 2017 fornito dal ricorrente citava il direttore della Croce Rossa che aveva espresso la speranza che il Centro di Via Ramazzini fosse presto chiuso, in quanto non forniva ai migranti condizioni di accoglienza decenti. Si riteneva che il centro sarebbe stato chiuso nel dicembre del 2016 e il direttore espresse il timore che il centro sarebbe rimasto malgrado tutto aperto.
  5. Un secondo articolo fornito dal ricorrente, datato 14 febbraio 2017, dichiarava che nel centro aveva avuto luogo una violenta rissa tra i migranti per imprecisati motivi legati alla convivenza ed essa aveva richiesto l’intervento di diverse pattuglie della polizia. L’articolo dichiarava anche che si era trattato di una delle numerose risse che avevano avuto luogo nel centro in quel periodo.
  6. Inoltre, nel corso di un colloquio con gli educatori in data 21 giugno 2017, vale a dire il giorno successivo al trasferimento del ricorrente da Via Ramazzini, il ricorrente dichiarò che le condizioni di soggiorno nel centro della Croce Rossa erano particolarmente dure, a causa della scadente qualità del vitto, dell’assenza di spazio personale e della convivenza con numerosi ospiti. Dichiarò che, al fine di evitare conflitti con gli operatori del centro, aveva rifiutato diverse volte di partecipare alle proteste relative alle condizioni del centro, organizzate da gruppi di migranti adulti.

LA VALUTAZIONE DELLA CORTE

  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
  1. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, il ricorrente ha lamentato la violazione del suo diritto al rispetto della sua vita privata a causa del mancato riconoscimento da parte delle autorità competenti del suo status di minore non accompagnato e della loro mancata sollecita nomina di un tutore legale.
  2. Il Governo ha replicato che, al suo arrivo nel Centro di Via Ramazzini, la presenza del ricorrente era stata segnalata alla Questura.
  3. Ha riconosciuto che, in quanto minore non accompagnato, il ricorrente avrebbe dovuto essere trasferito immediatamente in un centro ad hoc. Tuttavia, a causa della situazione di emergenza dell’epoca, la Croce Rossa aveva la prassi di ricevere qualsiasi migrante che giungeva nel centro dalle regioni portuali.
  4. La Corte osserva che la presente doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 , lettera a, della Convenzione e che non incorre in alcun altro motivo di irricevibilità. Deve pertanto essere dichiarata ricevibile.
  5. I principi generali relativi alle garanzie procedurali applicabili ai minori migranti sono stati sintetizzati nella causa Darboe e Camara c. Italia (n. 5797/17, §§ 128 e 151-157).
  6. La Corte ritiene che, all’epoca dei fatti oggetto della causa, tali garanzie comprendevano chiaramente, sia ai sensi del diritto interno che del diritto dell’Unione europea, la nomina di un rappresentante legale o di un tutore, l’accesso a un avvocato, e la partecipazione informata alla procedura di valutazione dell’età della persona della quale era in dubbio l’età.
  7. Nel caso di specie, la Corte riconosce che il ricorrente sia stato collocato dapprima in un centro per adulti, sulla base di una valutazione radiografica che dimostrava che egli aveva almeno diciotto anni, e che sia stato trasferito in un centro riservato ai minori immediatamente dopo la pertinente richiesta del suo rappresentante (si vedano paragrafi 3 e 7 supra). Ciononostante, la Corte non può fare a meno di osservare che, al momento del suo arrivo, il ricorrente aveva presentato alle autorità un certificato di nascita che dimostrava la sua minore età ed egli non aveva beneficiato delle minime garanzie procedurali. In tale contesto, la Corte sottolinea anche che il principio di presunzione della minore età è un elemento inerente della protezione del diritto al rispetto della vita privata di un individuo straniero non accompagnato che dichiari di essere un minore.
  8. Date le circostanze, la Corte conclude che le autorità non abbiano agito con ragionevole diligenza e non abbiano pertanto soddisfatto il loro obbligo positivo di assicurare, nel caso di specie, il diritto del ricorrente al rispetto della sua vita privata. Vi è conseguentemente stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 5 § 1 DELLA CONVENZIONE
  1. Invocando l’articolo 5 § 1 della Convenzione, il ricorrente ha lamentato di essere stato trattenuto in assenza di una base giuridica durante il suo soggiorno nel centro “Villa Spada”, in attesa dello svolgimento della valutazione della sua età.
  2. Il Governo ha replicato che il fine del trattenimento del ricorrente nel centro “Villa Spada” durante tale periodo era di garantire la sua sicurezza quale minore. Ha inoltre sottolineato che il trattenimento era durato per un breve periodo, al fine di determinare l’età del ricorrente e trasferirlo in una struttura per minori.
  3. La Corte ritiene che l’essenza della doglianza del ricorrente riguardi il fatto che durante il suo soggiorno a Villa Spada non fosse stato ancora nominato un tutore e la procedura di valutazione della sua età. Essendo libera di qualificare giuridicamente i fatti oggetto della causa (si veda Radomilja e altri c. Croazia [GC], nn. 37685/10 e 22768/12, § 114, 20 marzo 2018), la Corte esaminerà quindi la doglianza soltanto sotto il profilo dell’articolo 8. Tenendo conto della sua conclusione ai sensi della suddetta disposizione, la Corte conclude che non vi sia la necessità di esaminare separatamente questa parte del ricorso.
  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE IN COMBINATO DISPOSTO CON L’ARTICOLO 3
  1. Ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione, il ricorrente ha lamentato anche le condizioni della sua accoglienza nel Centro della Croce rossa. Ha affermato che la struttura, destinata soltanto agli adulti, era sovraffollata e che le condizioni erano insalubri.
  2. Il ricorrente ha spiegato che i migranti erano ospitati in tende, in cui i minori e gli adulti condividevano il medesimo spazio. Ha lamentato l’assenza di servizi essenziali come un adeguato riscaldamento, un sufficiente numero di gabinetti e di docce, nonché un posto adeguato in cui mangiare. Inoltre, mancava l’assistenza psicologica e legale, e il numero dei mediatori e degli interpreti era insufficiente.
  3. Il ricorrente ha inoltre sostenuto di non avere ricevuto informazioni legali in materia di protezione internazionale e ha lamentato l’assenza di personale che garantisse la sua sicurezza personale e impedisse eventuali abusi sessuali o altri rischi per i minori.
  4. Ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione, ha inoltre lamentato l’assenza di ricorsi interni effettivi per sollevare le sue accuse al riguardo.
  5. Il Governo ha sottolineato che le condizioni di soggiorno del ricorrente erano accettabili. Il personale consisteva in due operatori per cinquanta migranti durante il giorno e un operatore per trenta migranti durante la notte. Agli ospiti era fornita una scheda telefonica e prodotti per l’igiene personale. Il Governo ha contestato anche il contenuto del rapporto dell’associazione “Casa dei Venti” ritenendo che fosse di natura generica e che le persone intervistate fossero rimaste anonime.
  6. In relazione alla doglianza del ricorrente ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione, il Governo ha replicato che il ricorrente aveva avuto la possibilità di sollevare le sue doglianze mediante il suo tutore, ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 142 del 2015.
  7. La Corte desidera ribadire che il maltrattamento deve raggiungere un livello minimo di gravità per essere compreso nel campo di applicazione dell’articolo 3. La valutazione di tale livello è relativa e dipende da tutte le circostanze della causa, principalmente dalla durata del trattamento, dai suoi effetti fisici o mentali e, in alcuni casi, dal sesso, dall’età e dallo stato di salute della vittima (si veda Khlaifia e altri c. Italia [GC], n. 16483/12, § 159, 15 dicembre 2016).
  8. Date le circostanze del caso di specie, la Corte è sensibile ai rilievi formulati dal ricorrente, corroborati da prove, secondo i quali le condizioni del suo soggiorno nel Centro della Croce Rossa erano lungi dall’essere ideali. Ciononostante, la Corte ritiene che le condizioni descritte dal ricorrente, il quale non ha affermato di non essere stato in grado di soddisfare le sue esigenze più basilari, quali il vitto, l’igiene e un rifugio (si vedano S.S. c. Belgio e Grecia [GC], n. 30696/09, § 253, CEDU 2011 e Sufi ed Elmi c. Regno Unito, nn. 8319/07 e 11449/07, § 283, 28 giugno 2011) non fossero di natura tale da raggiungere il livello di gravità necessario per essere comprese nel campo di applicazione dell’articolo 3 della Convenzione.
  9. In aggiunta, quanto all’affermazione del ricorrente secondo la quale egli non aveva beneficiato di assistenza psicologica, dovrebbe essere sottolineato il fatto che, durante il suo soggiorno presso il Centro della Croce Rossa, il ricorrente aveva stretto un forte legame con i suoi educatori e i suoi insegnanti. Inoltre, la domanda del ricorrente di essere trasferito in un centro di accoglienza riservato ai minori è stata trattata e accolta senza indugio.
  10. Segue che questa parte del ricorso deve essere rigettata in quanto manifestamente infondata in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  11. Quanto all’affermazione del ricorrente secondo la quale vi era stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione, la Corte si limiterà a osservare che, secondo la sua giurisprudenza consolidata, l’articolo 13 esige che sia disponibile un ricorso nel diritto interno soltanto in relazione a reclami “sostenibili” ai sensi della Convenzione (si veda, tra numerosi altri precedenti, Boyle e Rice c. Regno Unito, 27 aprile 1988, § 52, Serie A n. 131). In considerazione delle sue conclusioni di cui sopra, la Corte non ritiene che sia stata accertata una pretesa sostenibile ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione.
  12. Conseguentemente, anche questa doglianza è manifestamente infondata e deve essere rigettata, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 della Convenzione.
  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 2 DEL PROTOCOLLO 1 ALLA CONVENZIONE
  1. Il ricorrente ha lamentato di non avere ricevuto un’istruzione durante il soggiorno e di avere partecipato soltanto a lezioni di italiano e ad attività extrascolastiche organizzate da un’associazione privata.
  2. Il Governo ha replicato che il ricorrente aveva potuto beneficiare di un programma di istruzione, frequentare un corso di lingua italiana e attività extrascolastiche. Nel luglio del 2017 era stato iscritto alla scuola media per l’anno scolastico 2017/18.
  3. La Corte ha esaminato tale parte del ricorso e ritiene che, alla luce di tutto il materiale di cui è in possesso e nella misura in cui le questioni lamentate sono di sua competenza, questa doglianza è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
  4. Segue che questa doglianza deve essere rigettata in applicazione dell’articolo 35 § 4 della Convenzione.

SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

  1. Il ricorrente ha chiesto 30.000 euro (EUR) per il danno non patrimoniale ed EUR 10.584,85 per le spese sostenute dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo si è opposto a tali richieste.
  3. La Corte accorda al ricorrente EUR 5.000 per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta.
  4. Vista la documentazione di cui è in possesso, la Corte ritiene ragionevole accordare EUR 4.000 per le spese per il procedimento dinanzi alla Corte, oltre l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara ricevibili le doglianze relative all’articolo 8 della Convenzione e il ricorso irricevibile per il resto;
  2. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Ritiene che non vi sia la necessità di esaminare la ricevibilità e il merito della doglianza ai sensi dell’articolo 5 § 1 della Convenzione;
  4. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare al ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. EUR 5.000 (euro cinquemila), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      2. EUR 4.000 (euro quattromila), oltre l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza dei summenzionati tre mesi e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile in tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  5. Respinge la domanda di equa soddisfazione formulata dal ricorrente per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto in data 14 settembre 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Sophie Piquet Stéphanie Mourou-Vikström
Cancelliere aggiunto facente funzioni Presidente