Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 19 ottobre 2023 - Ricorso n. 48618/22 - Causa A.S. e M.S. c. Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA A.S. E M.S. c. ITALIA

(Ricorso n. 48618/22)

SENTENZA

Art 8 • Vita familiare • Giurisdizioni interne che non hanno adottato, rapidamente, le misure idonee a mantenere un legame tra padre e figlio per circa sei anni

Art 8 • Vita privata • Giurisdizioni interne che non hanno adottato, rapidamente, le misure idonee affinché il minore fosse allontanato da un ambiente che gli provocava una grave sofferenza psicologica

STRASBURGO

19 ottobre 2023

Questa sentenza diverrà definitiva nelle condizioni di cui all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa A.S. e M.S. c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da:

Marko Bošnjak, presidente,
Alena Poláčková,
Krzysztof Wojtyczek,
Lətif Hüseynov,
Ivana Jelić,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Renata Degener, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso (n. 48618/22) proposto contro la Repubblica italiana da due cittadini di questo Stato («i ricorrenti»), che il 6 ottobre 2022 hanno adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

Vista la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo»), le doglianze fondate sugli articoli 6 e 8 della Convenzione, e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto,

Vista la decisione di non rivelare l’identità dei ricorrenti,

Viste le osservazioni delle parti,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 26 settembre 2023,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

  1. Il ricorso riguarda la dedotta violazione del diritto al rispetto della vita familiare di A.S. («il primo ricorrente»), il quale agisce anche per conto di M.S., suo figlio di quindici anni («il secondo ricorrente» o «il minore»). I ricorrenti contestano alle autorità nazionali di non aver adottato con la dovuta diligenza tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere da esse per permettere di mantenere il legame che univa gli interessati e facilitare l'esercizio, da parte del primo ricorrente, del diritto di visita che gli era stato riconosciuto dai provvedimenti degli organi giudiziari interni. Per quanto riguarda il secondo ricorrente, il ricorso solleva anche la questione se le autorità nazionali abbiano adempiuto ai loro obblighi positivi di proteggere la sua integrità psicologica, che sarebbe stata minacciata dalla relazione estremamente conflittuale tra i suoi genitori, dal fatto che il rapporto tra il bambino e sua madre sarebbe stato soffocante, e dalla manipolazione psichica che quest'ultima avrebbe esercitato su di lui. È in gioco l'articolo 8 della Convenzione.

IN FATTO

  1. I ricorrenti sono nati rispettivamente nel 1975 e nel 2008 e risiedono a Roma. Sono stati rappresentati dagli avv.ti S. Menichetti e G. Suparaku, del foro di Roma.
  2. Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, avvocato dello Stato.
  3. M.S., il secondo ricorrente, è nato il 19 febbraio 2008 dall’unione tra il primo ricorrente e C.C. («la madre»).
  4. Nel 2012, C.C. lasciò la casa coniugale con il minore.
  1. LA PROCEDURA DI SEPARAZIONE
  1. Il giudizio di separazione dinanzi al tribunale di Roma
  1. Il 6 marzo 2013 C.C. depositò dinanzi al tribunale di Roma («il tribunale») una richiesta di separazione giudiziale.
  2. Il 4 dicembre 2014 il tribunale ordinò una perizia psicologica per valutare le capacità genitoriali del primo ricorrente e di C.C.
  3. All’esito della relazione consegnata nel 2015, l’esperto incaricato attestò la natura estremamente conflittuale della relazione tra i genitori e suggerì che M.S. permanesse presso l’abitazione materna, che fosse concesso un diritto di visita al primo ricorrente e che fossero messi in atto un percorso di terapia psicologica per i genitori e degli interventi di sostegno alla genitorialità.
  4. Con sentenza del 23 settembre 2016, il tribunale dispose l’affidamento condiviso di M.S. ad entrambi i genitori, confermò il collocamento del minore presso sua madre, concesse un ampio diritto di visita al primo ricorrente e chiese ai servizi sociali di predisporre un programma di sostegno alla genitorialità e una serie di interventi domiciliari.
  1. Il procedimento dinanzi alla corte d’appello di Roma
  1. Il 31 gennaio 2017 C.C. impugnò la sentenza del tribunale dinanzi alla corte d’appello di Roma («la corte d’appello»).
  2. In una relazione del 4 aprile 2018 i servizi sociali indicarono che C.C. si opponeva alla messa in atto delle misure che erano state adottate, e che il minore era seriamente in difficoltà per il rapporto altamente conflittuale dei suoi genitori. Suggerivano che il bambino fosse seguito in un percorso psicologico.
  3. Il 20 agosto 2018 la corte d’appello respinse l’appello interposto da C.C.
  1. LA DENUNCIA PER SOTTRAZIONE DI MINORE
  1. Il 16 luglio 2018, poiché C.C. aveva condotto M.S. a Valtopina presso i nonni materni senza il consenso del primo ricorrente, quest’ultimo sporse denuncia penale contro C.C. per sottrazione di minore e mancata esecuzione della sentenza giudiziaria con la quale gli era stato riconosciuto un diritto di visita (paragrafo 9 supra).
  2. Il 19 luglio 2018 il minore fu sentito dai carabinieri. Riferì che il rapporto tra i suoi genitori era estremamente conflittuale, e spiegò che suo padre lo aveva trattenuto presso di lui contro la sua volontà, gli incuteva timore e gli provocava un sentimento di disagio.
  1. LA PROCEDURA DI CONTROLLO DELLA RESPONSABILITA' GENITORIALE
  1. La procedura dinanzi al tribunale per i minorenni di Roma
  1. Il 23 luglio 2018 la procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Roma («il tribunale per i minorenni»), chiese la sospensione della responsabilità genitoriale del primo ricorrente disponendo il collocamento del minore presso la madre.
  2. Il 27 luglio 2018 il tribunale per i minorenni respinse la richiesta e ordinò ai servizi sociali di effettuare un’indagine socio-ambientale.
  3. Il 29 agosto 2018 i servizi sociali indicarono che C.C. non partecipava più al programma di sostegno alla genitorialità e aveva rifiutato l'assistenza domiciliare. Aggiunsero che la partecipazione del primo ricorrente alle misure che erano state messe in atto era sporadica. Gli autori della relazione espressero la loro preoccupazione circa l'integrità psicologica del minore, che ritenevano minacciata dal rapporto altamente conflittuale dei suoi genitori.
  4. Con decreto emesso in via provvisoria il 23 ottobre 2018, il tribunale per i minorenni, pur rilevando che il primo ricorrente era più collaborativo di C.C. rispetto alle misure che erano state messe in atto, osservò che il minore si trovava in uno stato di estremo disagio a causa della natura conflittuale della relazione tra i genitori, e che tale relazione era disfunzionale al suo sviluppo e contraria alle sue esigenze. Il tribunale per i minorenni ordinò la limitazione della responsabilità genitoriale del primo ricorrente e di C.C., affidò la custodia del minore ai servizi sociali e nominò una curatrice speciale ad litem («la curatrice»). Osservando che C.C. aveva condotto illegalmente M.S. a Valtopina (paragrafo 13 supra), il tribunale per i minorenni ingiunse all'interessata di attenersi alle disposizioni dei servizi sociali e chiese a questi ultimi di organizzare la frequentazione tra i ricorrenti.
  5. In una relazione del 21 novembre 2018, la curatrice e i servizi sociali chiesero che il minore fosse inserito in una struttura idonea a preservarlo dalla relazione conflittuale tra i genitori. Chiesero anche che fossero organizzati degli incontri in ambiente protetto tra il minore e i suoi genitori. Il passaggio pertinente della relazione dei servizi sociali è il seguente:

«In relazione a tutto ciò che è stato riferito, si ritiene che il minore debba essere protetto da due genitori che appaiono in questo momento non adeguati, mediante l'inserimento presso una struttura idonea, (...) così che il ripristino di una relazione genitori/figlio sia attuata nel benessere del minore. Ciò comporta, a parere del curatore e di questo servizio sociale, che i due genitori aderiscano in modo pieno, responsabile e consapevole ai percorsi personali e genitoriali loro prescritti da codesto tribunale [per i minorenni], per far acquisire loro sia la consapevolezza del disagio, dei bisogni, delle attese di [M.S.], sia la consapevolezza dell'essere, ciascuno di loro, in modo diverso, la causa prima di tale malessere, ma di poter e dover essere anche loro, come genitori consapevoli, attenti ed amorosi, la soluzione di tale disagio, ove lo vogliano e si impegnino a tal fine.»

  1. Il 23 novembre 2018 la curatrice, che aveva incontrato il minore il 5 dello stesso mese, chiese che l'interessato fosse inserito in una struttura. Durante l'incontro, il minore aveva manifestato la sua opposizione al mantenimento di un rapporto con suo padre, ma la curatrice ritenne possibile che fosse stato condizionato in tal senso da sua madre. La curatrice espresse anche la sua preoccupazione per lo stato di malessere di M.S. e l'incapacità dei suoi genitori di comprendere che loro stessi ne erano la causa.
  2. In una relazione del 5 dicembre 2018, l'assistente sociale incaricata di seguire l'assistenza domiciliare indicò che M.S. si opponeva alle visite e alle chiamate telefoniche del primo ricorrente.
  3. Il primo incontro in ambiente protetto tra i ricorrenti ebbe luogo il 13 dicembre 2018. Terminò dopo dieci minuti; M.S. uscì in lacrime e profondamente scosso.
  4. Il 18 dicembre 2018, lo psicologo incaricato di seguire il minore stabilì che quest'ultimo manifestava una forma di coartazione della personalità, con ipervigilanza, forte autocontrollo e tendenza a un atteggiamento pseudo-adulto che esacerbava il suo senso della responsabilità e contribuiva a sviluppare in lui la sensazione di essere perseguitato. Per quanto riguarda il rapporto del bambino con i suoi genitori, lo psicologo osservò che tale rapporto era caratterizzato da una forte polarizzazione tra, da un lato, un'esasperazione e una preoccupazione incentrate sul rifiuto di incontrare il padre, e all'opposto una sua idealizzazione priva di sfumature dei rapporti simbiotici che lo univano a sua madre.
  5. In una relazione del 7 gennaio 2019 i servizi sociali attestarono la natura conflittuale del rapporto tra i genitori e l'incapacità di questi ultimi di concentrarsi sull'interesse del minore. Inoltre, spiegarono che durante gli incontri in ambiente protetto tra i ricorrenti, M.S. era nervoso e recalcitrante. Le conclusioni di questo rapporto sono formulate come segue:

«Si segnala la condizione di profondo disagio alla quale è sottoposto il minore Μ.S., che è soggetto al conflitto in atto e sempre attivo tra i genitori. Tale scontro viene agito da entrambi sul bambino, attraverso l'apprensione e la paura da parte materna e la critica ed il mancato ascolto da parte paterna. I genitori non appaiono focalizzati sui bisogni del bambino, ma sembrano anteporre le proprie convinzioni, tempi ed esigenze, creando una situazione di confusione per il figlio, che viene costantemente messo nella condizione di dover scegliere tra le due figure genitoriali. Lo stress al quale il minore è sottoposto risulta elevato, pertanto, si segnala la necessità di provvedimenti che tutelino il suo benessere psico-fisico, che attualmente risulta compromesso.»

  1. Il 10 gennaio 2019 il primo ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di ordinare che il minore fosse allontanato da sua madre.
  2. L'11 gennaio 2019 il tribunale per i minorenni sentì C.C. e il minore, il quale dichiarò che non voleva incontrare suo padre.
  3. Il 28 gennaio 2019 il primo ricorrente chiese il collocamento del minore in una struttura con il duplice scopo di consentire l'organizzazione di visite tra i ricorrenti nonostante l'opposizione della madre, e di proteggere la salute mentale di M.S. Chiese anche una perizia psicologica sullo stato del minore e sulle capacità genitoriali dei genitori.
  4. Il 31 gennaio 2019 la curatrice chiese nuovamente al tribunale per i minorenni di ordinare il collocamento dell'interessato in istituto. A tal fine si espresse come segue:

«Nessuno dei due genitori appare in grado di porsi come risorsa per il figlio, ed è sempre più impellente la necessità che il bambino sia posto in una situazione di protezione che lo sollevi dal peso addossatogli dalla madre e dal padre i quali potranno incontrare il figlio in modalità protetta e assistita e che ai due genitori siamo prescritti percorsi psicoterapeutici individuali e insieme di sostegno alla genitorialità per aiutarli a divenire valide risorse per il benessere proprio e per quello psicofisico [di M.S.], che oggi appare gravemente compromesso.»

  1. Il 1º febbraio 2019 i servizi sociali espressero la loro preoccupazione per la salute mentale del minore, spiegando che sarebbe stata compromessa se fosse rimasto con sua madre.
  2. Il 4 marzo 2019 il primo ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di pronunciarsi sulla richiesta di collocamento che aveva formulato.
  3. Lo stesso giorno, il tribunale per i minorenni, statuendo in via provvisoria, depositò in cancelleria un decreto adottato il 22 febbraio 2019. Ritenendo che un allontanamento totale dalla madre sarebbe stato pregiudizievole per il minore, ordinò che quest'ultimo fosse collocato in una struttura semiresidenziale nella misura di tre mezze giornate a settimana, di modo che l'interessato potesse ritrovare uno spazio personale e beneficiare di un luogo adatto al mantenimento di un rapporto equilibrato con i suoi genitori. Il tribunale per i minorenni chiese ai servizi sociali di stabilire le modalità secondo le quali potesse essere ristabilito un rapporto tra i ricorrenti che non fosse compromesso dal condizionamento operato dalla madre.
  4. C.C. impugnò questo decreto (paragrafo 92 infra).
  5. Il 18 aprile 2019 i servizi sociali fecero sapere che il collocamento aveva avuto luogo il 2 aprile 2019, ma precisarono che C.C. si opponeva alla piena esecuzione della misura.
  6. In una relazione del 6 giugno 2019, i servizi sociali indicarono che era estremamente difficile convincere i genitori a partecipare a un programma di sostegno alla genitorialità e che il secondo ricorrente si opponeva all'organizzazione di incontri con suo padre.
  7. In una relazione del 7 giugno 2019, i servizi sociali chiesero che il minore fosse collocato in una struttura. Spiegarono che C.C. non era consapevole del pregiudizio che causava al minore, che era opprimente e intrusiva e non si conformava alle indicazioni delle autorità. Le conclusioni del rapporto sono le seguenti:

«Da tutto ciò che è stato descritto si evince come il comportamento di M.S. ed i suoi atteggiamenti siano completamente fuorviati. M.S. è un bambino che non può vivere liberamente, sottoposto alle continue angosce da parte della madre ed al continuo controllo rispetto a tutte le sue azioni e alla sua vita. M.S., nella situazione in cui si trova a vivere quotidianamente, non ha spazio per sé, non può permettersi di essere solo un bambino, stare con gli altri coetanei, avere una vita normale per la sua età. Nessuno deve avvicinarsi a lui, nessuno lo deve toccare, nessuno è degno di lui. [È] tenuto [da sua madre] sotto una campana di vetro che non tiene minimamente conto dei bisogni di autonomia, libertà, di confronto con la vita reale.

(...)

Questo Servizio, come già fatto presente precedentemente, pensa che il bambino debba vivere un periodo in un luogo altro (Casa Famiglia), e con persone che siano in grado di accogliere i suoi bisogni educativi, affettivi e di contenimento. Soprattutto M.S. deve essere liberato dai condizionamenti, dalle suggestioni e dagli ostacoli al suo aprirsi al mondo che la signora C.C. ed i nonni materni gli impongono.

Nel contempo, si richiede la possibilità di avere una valutazione della personalità di entrambi i genitori.»

  1. L'11 giugno 2019 i servizi sociali riferirono che C.C. si opponeva all'organizzazione di incontri tra i ricorrenti, e che il minore era fortemente manipolato da sua madre. Chiesero un intervento urgente da parte del tribunale per i minorenni.
  2. Il 3 luglio 2019 il primo ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di pronunciarsi con urgenza.
  3. Il 31 luglio 2019 il primo ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di adottare con urgenza delle misure che consentissero l'esecuzione del provvedimento di collocamento in una struttura disposto, nel frattempo, dalla corte d'appello (paragrafo 95 infra).
  4. Il 6 agosto 2019 il tribunale per i minorenni dispose il collocamento di M.S. e indicò che, se necessario, la misura doveva essere eseguita con l'ausilio della forza pubblica.
  5. Il 7 agosto 2019 i servizi sociali riferirono che C.C. non aveva condotto M.S. all'appuntamento che era stato organizzato ai fini dell'esecuzione del decreto di collocamento.
  6. L'8 agosto 2019 il tribunale per i minorenni ordinò a C.C. di collaborare, facendole presente che la mancata esecuzione avrebbe integrato gli estremi del reato di mancata esecuzione di un provvedimento del giudice.
  7. Il 12 agosto 2019 il primo ricorrente chiese l'esecuzione del provvedimento di collocamento e l'avvio di un'azione giudiziaria nei confronti di C.C. per mancato rispetto di un provvedimento del giudice.
  8. Lo stesso giorno, i servizi sociali indicarono che avevano convocato C.C. per il 9 agosto 2019, e che la stessa aveva chiesto di rinviare questo incontro, che fu quindi fissato per il 19 agosto 2019, ma che C.C. non si presentò.
  9. Il 27 agosto 2019 il tribunale per i minorenni confermò la misura del collocamento e dispose l’immediata efficacia del decreto.
  10. Il 28 agosto 2019 i servizi sociali fecero sapere che era momentaneamente impossibile eseguire il decreto a causa dell’assenza di tutti gli assistenti sociali dal 30 agosto all’8 settembre, periodo corrispondente alle ferie estive.
  11. Il 9 settembre 2019 la polizia indicò al tribunale per i minorenni che il secondo ricorrente e C.C. non erano in casa al momento della visita degli agenti presso la loro abitazione, e che, di conseguenza, era stato impossibile eseguire il decreto.
  12. Il 10 settembre 2019 i servizi sociali riferirono che C.C. non si era presentata all’incontro organizzato il 30 agosto ai fini dell’esecuzione della misura, e che, il 4 settembre, la stessa non aveva condotto il minore con sé. Un altro appuntamento fu fissato per l’11 settembre, ma C.C. non si presentò.
  13. Il 12 settembre 2019 la polizia tentò nuovamente di eseguire il decreto che disponeva il collocamento, ma C.C. e il minore si rifiutarono di ottemperarvi.
  14. Il 13 settembre 2019 la curatrice chiese al tribunale per i minorenni di adottare delle misure nei confronti di C.C.
  15. Il 19 settembre 2019 i servizi sociali tentarono di eseguire il provvedimento, ma si trovarono di fronte all’opposizione di C.C. e del secondo ricorrente.
  16. Il 3 ottobre 2019 i servizi sociali e la polizia tentarono di eseguire il provvedimento di collocamento in un momento in cui M.S. era a scuola, ma furono costretti a rinunciarvi vista la resistenza loro opposta dall’interessato. I servizi sociali segnalarono lo stato di malessere del minore.
  17. Il 4 ottobre 2019 il primo ricorrente chiese una perizia psicologica, l’audizione del minore da parte del tribunale per i minorenni, nonché la decadenza dalla responsabilità genitoriale di C.C.
  18. Il 9 ottobre 2019 la curatrice chiese al tribunale per i minorenni di sentire i genitori e M.S. in udienza, e di adottare con urgenza dei provvedimenti.
  19. Il 22 ottobre 2019 il primo ricorrente informò il tribunale per i minorenni che aveva sporto una denuncia-querela contro C.C.
  20. Il 23 ottobre 2019 i servizi sociali chiesero al tribunale per i minorenni di pronunciarsi con urgenza, facendo osservare che il minore continuava a vivere in una condizione di disagio e di forte stress a causa della convivenza con sua madre e con i suoi nonni materni.
  21. Il 7 novembre 2019 il primo ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di pronunciarsi con urgenza.
  22. Il 14 novembre 2019 la curatrice reiterò la sua propria richiesta in tal senso.
  23. Con decreto emesso il 2 dicembre 2019, il tribunale per i minorenni ordinò la sospensione dalla responsabilità genitoriale di C.C., confermò il decreto che disponeva il collocamento in una casa-famiglia, e convocò il minore per ascoltarlo.
  24. Il 4 dicembre 2019 la polizia si recò a casa di C.C. ai fini dell’esecuzione del provvedimento di collocamento. Secondo il rapporto redatto in tale circostanza, C.C. non aprì la porta agli agenti.
  25. Il collocamento ebbe luogo il 6 dicembre 2019.
  26. In una relazione del 14 gennaio 2020, l’educatrice della struttura in cui era stato collocato M.S. indicò che gli incontri tra i ricorrenti erano fonte di tensione e di evidente disagio per il minore. Aggiunse che, a suo parere, la resistenza che M.S. manifestava nei confronti di questi incontri era motivata dal desiderio di soddisfare sua madre.
  27. Lo stesso giorno, il tribunale per i minorenni sentì M.S. Quest’ultimo dichiarò che temeva suo padre, non si trovava bene nella struttura in cui era stato collocato e desiderava tornare da sua madre.
  28. In una relazione del 23 gennaio 2020, l’educatrice della struttura in cui M.S. era stato collocato indicò che C.C. si opponeva alle visite tra i ricorrenti.
  29. In due relazioni del 26 e 29 gennaio 2020, l’educatrice della struttura riferì alcuni comportamenti gravemente inappropriati da parte di C.C.
  30. Nelle relazioni del 15, 24 e 28 febbraio e del 2 marzo 2020 l’educatrice della struttura indicò che il minore mostrava ostilità durante gli incontri con suo padre, e che era seguito regolarmente da uno psicologo. L’educatrice fece anche sapere che C.C. si opponeva a tutte le prescrizioni delle autorità. Nell’ultima di queste relazioni, l’educatrice e lo psicologo spiegarono che, a loro parere, era necessaria una perizia psichiatrica.
  31. Il 3 marzo 2020 il tribunale per i minorenni sentì nuovamente M.S. Quest’ultimo dichiarò che non voleva incontrare suo padre.
  32. Il 20 marzo 2020 l’educatrice della struttura indicò che il comportamento intrusivo da parte di C.C. e dei nonni materni nuoceva allo sviluppo del minore e comprometteva il ripristino di una relazione tra i ricorrenti. Raccomandò il trasferimento di M.S. verso una struttura più lontana dall’abitazione di C.C.
  33. In una relazione del 29 marzo 2020, l’educatrice spiegò che C.C. impediva qualsiasi tentativo di ripristinare un rapporto tra i ricorrenti e chiese nuovamente il trasferimento del minore.
  34. Il 30 aprile 2020 l’educatrice fece sapere che il minore, a seguito della sospensione delle visite dei suoi genitori a causa dell’epidemia di Covid-19, sembrava ritrovare una certa serenità. Nelle sue relazioni del 1°, 4, 6, 28 e 30 maggio 2020, indicò, tuttavia, che C.C. contattava il minore al di fuori degli orari stabiliti dalla struttura.
  35. Il 15 maggio 2020 il primo ricorrente chiese che fossero limitati i contatti tra madre e figlio, e, da parte sua, chiese di avere più contatti con suo figlio.
  36. Con decreto del 9 giugno 2020, il tribunale per i minorenni prese atto del comportamento della madre e ordinò la sospensione della responsabilità genitoriale di quest’ultima e il trasferimento del minore in una struttura situata a Roma. Ritenne opportuno sospendere anche la responsabilità genitoriale del padre e nominare un tutore che potesse prendere, nell’interesse del minore, tutte le decisioni che riguardavano M.S.
  37. Il primo ricorrente e la curatrice impugnarono questo decreto (paragrafo 96 infra).
  38. Il 14 luglio 2020, considerate le relazioni del 3, 6 e 12 luglio 2020 redatte dalla struttura in cui era collocato M.S., la curatrice chiese la sospensione degli incontri e delle telefonate tra quest’ultimo, da una parte, e la madre e i nonni materni, dall’altra.
  39. Il 20 luglio 2020 l’educatrice della struttura in cui era collocato M.S. chiese al tribunale per i minorenni che fosse effettuata una perizia psicologica.
  40. Il 23 luglio 2020 la curatrice indicò al tribunale che, mentre i rapporti tra i ricorrenti stavano evolvendo positivamente, la relazione tra M.S. e sua madre sembrava essere pregiudizievole per il minore.
  41. Il 2 settembre 2020 M.S. fu trasferito in una struttura situata a Roma.
  42. Il 12 ottobre 2020, la nuova struttura indicò che il collocamento di M.S. aveva degli effetti positivi, e che le visite dei genitori erano serene, anche se il bambino manifestava angoscia e disagio prima degli incontri con il padre.
  43. Il 10 novembre 2020, in occasione di un’udienza, la curatrice chiese che fosse effettuata una perizia psicologica.
  44. Il 18 novembre 2020 il primo ricorrente reiterò la domanda che aveva anch’egli presentato in tal senso.
  45. In una relazione del 15 febbraio 2021, i servizi sociali, visti i risultati positivi degli incontri tra i ricorrenti, chiesero l’autorizzazione ad organizzare delle visite all’esterno della struttura.
  46. Il 24 marzo 2021 il tribunale per i minorenni, accogliendo una nuova domanda in tal senso presentata lo stesso giorno dal primo ricorrente, ordinò una perizia psicologica per valutare le capacità genitoriali e la personalità dei genitori, i rapporti tra il bambino e i suoi nonni, lo stato di salute mentale del bambino e i rapporti tra quest’ultimo e i suoi genitori.
  47. Con provvedimento del 7 luglio 2021, il tribunale per i minorenni respinse la richiesta di ampliamento del diritto di visita presentata dai servizi sociali (paragrafo 80 supra).
  48. In una relazione del 29 luglio 2021, i servizi sociali indicarono che i rapporti tra i ricorrenti miglioravano.
  49. Il 30 settembre 2021 l’esperto depositò il suo rapporto, in cui concludeva che C.C. soffriva di un disturbo della personalità che creava problemi alle sue capacità genitoriali, e che il primo ricorrente, senza presentare disturbi psicopatologici, manifestava un deficit di empatia. L’esperto suggeriva che M.S. fosse mantenuto nella struttura e che fossero organizzate delle visite in ambiente protetto di due ore al mese per quanto riguarda la madre, e di otto ore al mese per quanto riguarda il padre. Propose anche un rientro progressivo del minore presso suo padre che, secondo l’esperto, era il genitore più indicato.
  50. In una relazione del 25 ottobre 2021, la coordinatrice della struttura fece nuovamente sapere che i rapporti tra i ricorrenti miglioravano.
  51. Il 2 novembre 2021 il primo ricorrente chiese di revocare la sospensione della sua responsabilità genitoriale, di dichiarare la decadenza dalla responsabilità genitoriale di C.C. e di disporre il rientro di M.S. presso di lui.
  52. Il 5 novembre 2021 la curatrice chiese la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre, la revoca della sospensione della responsabilità genitoriale del primo ricorrente e la conferma dell’attribuzione ai servizi sociali della custodia del minore. Secondo la curatrice, il bambino doveva rimanere nella struttura pur beneficiando di misure volte a organizzare il suo rientro progressivo nella casa del primo ricorrente.
  53. Il 27 gennaio 2022 il primo ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di decidere su queste richieste.
  54. Il 21 marzo 2022 il primo ricorrente chiese al presidente del tribunale per i minorenni di adottare una decisione.
  55. Il 29 aprile 2022 il tribunale per i minorenni ordinò di revocare la sospensione della responsabilità genitoriale, di mantenere il collocamento del minore nella struttura e di organizzare un rientro progressivo di quest’ultimo presso l’abitazione materna. Giustificò la sua decisione spiegando che il minore non avrebbe sopportato un’interruzione totale dei suoi rapporti con sua madre.
  56. Il 6 maggio 2022 il primo ricorrente impugnò questo decreto chiedendo la sospensione della sua esecuzione (paragrafo 97 infra).
  1. I procedimenti dinanzi alla corte d’appello di Roma
  1. L’appello avverso il decreto provvisorio del 4 marzo 2019
  1. Il 28 dicembre 2019 il primo ricorrente contestò l’appello interposto da C.C. avverso il decreto provvisorio del tribunale per i minorenni del 4 marzo 2019 (paragrafo 32 supra), e chiese che M.S. fosse collocato in una struttura.
  2. L’udienza dinanzi alla corte d’appello si tenne il 18 giugno 2019.
  3. Il 10 luglio 2019 il primo ricorrente chiese alla corte d’appello di pronunciarsi con urgenza.
  4. Con decreto depositato in cancelleria il 29 luglio 2019, la corte d’appello respinse l’appello di C.C. e, accogliendo la domanda del primo ricorrente, ordinò che il minore fosse collocato in una struttura e incaricò i servizi sociali di stabilire le modalità secondo le quali potevano aver luogo gli incontri tra i ricorrenti.
  1. L’appello avverso il decreto provvisorio del 9 giugno 2020
  1. Il 18 novembre 2020, la corte d’appello di Roma respinse l’appello interposto dal primo ricorrente avverso il decreto provvisorio del tribunale per i minorenni del 9 giugno 2020 (paragrafo 71 supra) e, accogliendo l’appello della curatrice, ordinò una limitazione degli incontri tra M.S e sua madre.
  1. L’appello avverso il decreto del 29 aprile 2022
  1. Ai fini dell’esame dell’appello interposto dal primo ricorrente avverso il decreto adottato dal tribunale per i minorenni il 29 aprile 2022 (paragrafo 91 supra), fu fissata un’udienza per il 15 novembre 2022.
  2. Il 27 maggio 2022 il primo ricorrente reiterò la sua richiesta di sospensione urgente dell’esecuzione del decreto (paragrafo 91 supra).
  3. Il 7 luglio 2022 la corte d’appello decise che non poteva trattare inaudita altera parte la richiesta di sospensione, e non poteva anticipare l’udienza considerati «anche l’organizzazione del ruolo del relatore e l’ingente numero di cause di estrema delicatezza già fissate per le prossime udienze minorili civili». La corte d’appello rinviò la sua decisione all’udienza prevista per il 15 novembre 2022.
  4. In una relazione del 4 ottobre 2022, i servizi sociali indicarono che i genitori avevano sospeso la loro partecipazione al programma di sostegno alla genitorialità ordinato dal tribunale per i minorenni.
  5. Il 12 ottobre 2022 i servizi sociali fecero sapere che gli incontri di M.S. con i genitori erano progressivamente divenuti più frequenti e che, in esecuzione della decisione del tribunale per i minorenni, il minore era ritornato a casa di sua madre il 25 luglio 2022 e soggiornava regolarmente a casa di suo padre (il mercoledì e il giovedì ogni due settimane, e dal venerdì pomeriggio alla domenica nell’altra settimana).
  6. All’udienza del 15 novembre 2022, la procura chiese il collocamento del minore per periodi equivalenti presso entrambi i genitori.
  7. Lo stesso giorno, la corte d’appello, osservando che la decisione era stata eseguita e che il minore era stato collocato presso sua madre e soggiornava regolarmente presso suo padre, pronunciò un non luogo a procedere per quanto riguarda la domanda di sospensione presentata da quest’ultimo.
  8. La corte d’appello respinse anche gli appelli dei genitori, osservando che questi ultimi continuavano ad adottare un comportamento reprensibile (paragrafo 100 supra), che il loro figlio viveva regolarmente presso di loro, e che una organizzazione di questo tipo era conforme all’interesse superiore del minore.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI PERTINENTI

  1. IL REGIME GIURIDICO INTERNO
  1. Le disposizioni in materia di esercizio della responsabilità genitoriale sono descritte nella sentenza Strumia c. Italia (n. 53377/13, §§ 73-78, 23 giugno 2016).
  2. Il diritto interno in materia di procedure di controllo della responsabilità genitoriale è esposto nella sentenza V. e altri c. Italia (n. 37748/13, §§ 65‑69, 18 luglio 2019).
  1. IL DIRITTO E GLI STRUMENTI INTERNAZIONALI PERTINENTI
  1. La Corte ha riassunto le disposizioni di un certo numero di strumenti adottati dal Consiglio d’Europa e dalle Nazioni Unite in materia di protezione dei minori dai maltrattamenti fisici e psicologici nella causa O’Keeffe c. Irlanda ([GC], n. 35810/09, §§ 91‑96, CEDU 2014 (estratti)).
  2. La Raccomandazione Rec(2005)5 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri relativa ai diritti dei minori che vivono in istituti di custodia, adottata il 16 marzo 2005, prevede che l’affidamento di un minore debba restare un’eccezione e debba avere come obiettivo primario l’interesse superiore del minore e il successo del suo inserimento o del suo reinserimento sociale nel più breve tempo possibile.
  3. La Raccomandazione CM/Rec(2009)10 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri sulle strategie nazionali integrate per la protezione dei bambini contro la violenza, adottata il 18 novembre 2009, include, nell’Allegato 1, le «Linee guida del Consiglio d’Europa sulle strategie nazionali integrate per la protezione dei minori contro la violenza». Le disposizioni pertinenti sono così formulate:

2.3. Principi

«Ogni bambino ha diritto a una protezione contro qualsiasi forma di violenza, di lesione o brutalità fisica o psicologica, di abbandono o di negligenza (...) mentre è sotto la custodia dei suoi genitori o di uno di loro, del suo o dei suoi rappresentanti legali o di qualsiasi altra persona a cui è affidato.

(...)

Lo Stato ha la responsabilità primaria di far rispettare i diritti del bambino e di proteggere tutti i bambini che rientrano nella sua competenza da ogni forma di violenza, anche se lieve, in ogni momento e in ogni luogo. Per affrontare i fattori che provocano la violenza e per reagire efficacemente quando si verificano le violenze, gli Stati dovrebbero dotarsi di misure e programmi fondati su dati probanti e motivati dall'interesse superiore dei bambini.»

  1. L’Allegato 2 definisce la violenza psicologica nei confronti dei minori come segue:

«Violenza psicologica – Gli insulti, le ingiurie, il fatto di ignorare, l’isolamento, il rifiuto, le minacce, la manipolazione, l’indifferenza affettiva, la denigrazione, il fatto di assistere a violenza domestica e gli altri comportamenti che possono nuocere allo sviluppo e al benessere psicologici di un bambino (Rapporto mondiale sulla violenza contro i bambini del Segretario Generale delle Nazioni Unite).»

IN DIRITTO

  1. SUL LOCUS STANDI DEL PRIMO RICORRENTE PER PRESENTARE IL RICORSO IN NOME DI SUO FIGLIO
  1. Il presente ricorso è stato presentato dal primo ricorrente, padre del secondo ricorrente, sia in nome proprio che in nome del minore. Anche se il Governo non ha contestato il locus standi del primo ricorrente per lamentare in nome del minore una violazione dell'articolo 8, la questione, che riguarda la competenza della Corte, richiede un esame d'ufficio da parte di quest'ultima (Satakunnan Markkinapörssi Oy e Satamedia Oy c. Finlandia [GC], n. 931/13, § 93, 27 giugno 2017, e N. e M.B.N. c. Svizzera, n. 12937/20, § 63, 23 novembre 2021).
  2. La Corte rammenta in via preliminare che è opportuno evitare un approccio restrittivo o tecnico in materia di rappresentanza dei minori dinanzi ad essa (Lambert e altri c. Francia [GC], n. 46043/14, § 94, CEDU 2015 (estratti), Strand Lobben e altri c. Norvegia [GC], n. 37283/13, § 157, 10 settembre 2019, N. c. Lussemburgo, n. 59649/18, §§ 29-30, 12 ottobre 2021, e T.A. e altri c. Repubblica di Moldavia, n. 25450/20, § 31, 30 novembre 2021).
  3. In caso di controversia tra genitori, è il genitore che ha la custodia a dover salvaguardare gli interessi del minore. In una situazione di questo tipo, la qualità di genitore naturale non può essere considerata una base sufficiente per presentare una domanda in nome di un minore (Eberhard e M. c. Slovenia, nn. 8673/05 e 9733/05, § 88, 1° dicembre 2009, B. e altri c. Croazia, n. 36216/13, §§ 110-111, 14 marzo 2017, Moog c. Germania, nn. 23280/08 e 2334/10, § 41, 6 ottobre 2016, e A.M. e altri c. Russia, n. 47220/19, § 43, 6 luglio 2021). Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, dei minori possono adirla anche – e a maggior ragione – se sono rappresentati da un genitore che si trova in conflitto con le autorità di cui egli ritenga che le decisioni e la condotta siano contrarie ai diritti sanciti dalla Convenzione. In questi casi, la qualità di genitore naturale è sufficiente per conferire alla persona in questione il potere di agire dinanzi alla Corte anche in nome di suo figlio quando si tratta di far proteggere gli interessi di quest'ultimo (E.M. e altri c. Norvegia, n. 53471/17, § 64, 20 gennaio 2022, e Iosub Caras c. Romania, n. 7198/04, § 21, 27 luglio 2006).
  4. Nella fattispecie, la Corte osserva che, anche se il procedimento interno è stato avviato a causa della relazione estremamente conflittuale tra il ricorrente e C.C., non si trattava tuttavia di una controversia tra genitori. Infatti, la procura presso il tribunale per i minorenni ha presentato la domanda di controllo della responsabilità genitoriale nell'interesse del minore (paragrafo 15 supra). Nel corso di questa procedura, il tribunale per i minorenni ha adottato delle misure nei confronti di entrambi i genitori (si vedano, per esempio, i paragrafi 18, 31 e 58 supra), sospendendo alla fine la responsabilità genitoriale degli stessi, e ha affidato il minore ai servizi sociali (paragrafi 90 e 104 supra). Si tratta dunque di una controversia che oppone i genitori alle autorità nazionali. Alla luce della sua giurisprudenza (paragrafo 113 supra), la Corte considera che il primo ricorrente, in quanto padre del secondo ricorrente, ha la capacità per presentare il ricorso in nome del minore.
  5. Inoltre, quando viene adita da un genitore biologico in nome del figlio, a volte succede che la Corte rilevi degli interessi conflittuali tra il genitore e il figlio. Si deve tenere conto dell’esistenza di un conflitto di interessi quando si tratta di decidere sulla ricevibilità di un ricorso presentato da una persona in nome di un’altra persona (Strand Lobben e altri, sopra citata, § 158, M. e altri, sopra citata, § 64, e Roengkasettakorn Eriksson c. Svezia, n. 21574/16, § 61, 19 maggio 2022).
  6. Nella fattispecie, la Corte non rileva interessi conflittuali di questo tipo tra i ricorrenti. Gli interessati lamentano dei ritardi e delle omissioni da parte delle giurisdizioni interne nell'adozione e nell'esecuzione di varie misure che miravano, secondo le stesse autorità, sia a proteggere l'integrità psicologica del secondo ricorrente, che era minacciata dalla relazione estremamente conflittuale tra i genitori, sia ad allontanare temporaneamente il minore da sua madre per permettere il ripristino di una relazione familiare tra gli interessati (paragrafi 125 e 143 infra). Inoltre, a partire da un certo momento della procedura, il collocamento del minore in una struttura e le altre misure adottate non erano più motivate dall'esistenza di un conflitto fra i genitori, ma dalla necessità di allontanare M.S. da sua madre e ristabilire una relazione tra i ricorrenti (paragrafi 55, 67-68, 75 e 84 supra).
  7. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte conclude che il primo ricorrente ha la qualità per agire in nome del secondo ricorrente.
  1. SULLE DEDOTTE VIOLAZIONI DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
  1. I ricorrenti contestano alle autorità nazionali di non aver adottato, mentre erano in corso le procedure di controllo della responsabilità genitoriale le misure necessarie per permettere il mantenimento dei legami che li univano e la protezione dell’integrità psicologica del secondo ricorrente, che sarebbe stata minacciata da un conflitto tra i suoi genitori, dalla relazione soffocante che sua madre avrebbe avuto con lui e dalla manipolazione psichica che quest’ultima avrebbe esercitato su di lui. Inoltre, essi lamentano varie carenze procedurali del tribunale per i minorenni e della corte d’appello. I ricorrenti invocano gli articoli 6 e 8 della Convenzione.
  2. La Corte rammenta che può decidere la qualificazione giuridica da attribuire ai fatti di una doglianza esaminandola sotto il profilo di articoli o di disposizioni della Convenzione diversi da quelli invocati dai ricorrenti (Radomilja e altri c. Croazia [GC], nn. 37685/10 e 22768/12, § 126, 20 marzo 2018). Tenuto conto della sua giurisprudenza, la Corte ritiene opportuno esaminare le doglianze sollevate dai ricorrenti unicamente sotto il profilo dell’articolo 8, che esige che il processo decisionale che si conclude con l’adozione di misure relative alla vita privata o familiare sia equo e rispetti debitamente gli interessi protetti da tale disposizione (Boştină c. Romania, n. 612/13, § 45, 22 marzo 2016, e Jessica Marchi c. Italia, n. 54978/17, § 41, 27 maggio 2021). Nelle sue parti pertinenti, l’articolo 8 della Convenzione è così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (...).

  1. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria (...) alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
  1. Sulla ricevibilità
  1. Sull’applicabilità dell’articolo 8
  1. I ricorrenti hanno sollevato le loro doglianze sotto il profilo «vita familiare» dell’articolo 8. Tuttavia, tenuto conto di tali doglianze e dei fatti esposti dalle parti, la Corte ritiene necessario esaminare se, per quanto riguarda il secondo ricorrente, la presente causa sollevi anche delle questioni inerenti al profilo «vita privata» di tale disposizione.
  1. Sulla vita familiare dei ricorrenti
  1. La Corte osserva che non si può dubitare dell’esistenza di una vita familiare tra i ricorrenti, ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione.
  1. Sulla vita privata del secondo ricorrente
  1. La Corte rammenta che la nozione di «vita privata» è una nozione ampia, che non si presta a una definizione esaustiva, e che comprende alcuni elementi che si riferiscono all’identità di una persona, come il suo nome, la sua immagine e la sua integrità fisica e morale (si vedano Denisov c. Ucraina [GC], n. 76639/11, § 95, 25 settembre 2018, e Eremia c. Repubblica di Moldavia, n. 3564/11, § 73, 28 maggio 2013, e X e Y c. Paesi Bassi, 26 marzo 1985, § 22, serie A n. 91).
  2. Per quanto riguarda l’integrità morale dei minori, essa osserva che, tra gli atti costitutivi di «violenza psicologica» di cui all’Allegato 2 della Raccomandazione (2009)10 del Comitato dei Ministri sulle strategie nazionali integrate di protezione dei minori contro la violenza sono menzionati i «comportamenti che possono nuocere allo sviluppo e al benessere psicologici di un minore» (paragrafo 109 supra). Ora, la Corte considera che l’esercizio abusivo della responsabilità genitoriale, che consiste nel fatto che una persona che sottopone suo figlio a una manipolazione mentale lo allontana dall’altro genitore con il quale ha una relazione estremamente conflittuale, costituisce una violenza psicologica nei confronti del minore in questione e, pertanto, rientra nel profilo «vita privata» dell’articolo 8.
  3. Tuttavia, la Corte sottolinea che gli atti o le decisioni di un soggetto che sono dannosi per l’integrità fisica o morale di una persona non ledono necessariamente il diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 8. Essa rammenta che, in casi di questo tipo, è necessario che sia oltrepassata una certa soglia di gravità ai fini dell’applicabilità dell’articolo 8 (si veda Nicolae Virgiliu Tănase c. Romania [GC], n. 41720/13, § 128, 25 giugno 2019, c. Romania, n. 47358/20, § 52, 30 agosto 2022).
  4. Nella fattispecie, il fatto che la relazione estremamente conflittuale tra i genitori – dovuta a comportamenti abusivi di uno di essi – avesse importanti ripercussioni sulla percezione da parte del secondo ricorrente dei suoi rapporti con essi, nonché sulla sua salute mentale, sul suo benessere e sul suo sviluppo (si veda, mutatis mutandis, e M. c. Croazia, n. 10161/13, § 168, CEDU 2015 (estratti)), è stato sottolineato varie volte dalle autorità interessate, in particolare dai servizi sociali (paragrafi 11, 17, 19, 21, 24, 29, 35, 51 e 55 supra), dalla curatrice (paragrafi 19, 20 e 28 supra), e dallo psicologo (paragrafo 23 supra). Queste osservazioni sono state condivise dal tribunale per i minorenni (paragrafo 18 supra). Inoltre, dopo che fu presa la decisione di collocarlo in un istituto, i servizi sociali hanno anche affermato che la convivenza con sua madre era, per M.S., una fonte di malessere (paragrafi 51-55 supra).
  5. In questo contesto, la Corte considera che il pregiudizio per il benessere e la salute mentale del secondo ricorrente era sufficientemente serio per comportare l’applicabilità del profilo «vita privata» dell’articolo 8.
  1. Conclusioni sulla ricevibilità
  1. Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all’articolo 35 della Convenzione, la Corte lo dichiara ricevibile.
  1. Sul merito
  1. Le argomentazioni delle parti
  1. I ricorrenti
  1. I ricorrenti ritengono che le autorità nazionali non abbiano adottato le misure necessarie al duplice scopo, da un lato, di permettere loro di mantenere una relazione familiare che C.C., a loro parere, cercava di ostacolare e, dall’altro, di proteggere il secondo ricorrente dalla relazione soffocante che sua madre avrebbe avuto con lui, e dalla manipolazione psichica alla quale la stessa l’avrebbe sottoposto. Essi sottolineano che le autorità hanno tollerato per vari anni questi comportamenti da parte di C.C. senza adottare sanzioni a tale riguardo. Tra le altre doglianze, essi contestano alle giurisdizioni interne di non aver tenuto conto dei rapporti che indicavano che il minore era condizionato da sua madre, e lamentano dei ritardi nell’adozione e nell’esecuzione della decisione di collocare M.S. in una struttura. Il primo ricorrente afferma di essersi, da parte sua, conformato alle misure disposte dalle giurisdizioni interne e alle indicazioni delle altre autorità interessate.
  2. I ricorrenti ritengono che la decisione del tribunale per i minorenni del 29 aprile 2022, confermata dalla corte d’appello, non abbia tenuto conto né delle conclusioni della perizia né di vari rapporti che indicavano che i comportamenti di C.C. erano pregiudizievoli per il minore, e suggerivano che quest’ultimo fosse affidato al primo ricorrente.
  3. I ricorrenti lamentano anche l’eccessiva durata dei procedimenti condotti dinanzi alle giurisdizioni interne che, secondo loro, ha avuto serie ripercussioni sulla loro relazione familiare. In particolare, lamentano vari ritardi da parte delle giurisdizioni interessate nell’adozione e nell’attuazione delle misure necessarie.
  4. Infine, i ricorrenti lamentano che la corte d’appello ha omesso di deliberare sulla domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione del tribunale per i minorenni presentata dal primo ricorrente. Essi spiegano che la corte d’appello ha così privato l’interessato del suo diritto di ricorso previsto dal diritto interno. A loro parere, i sei mesi trascorsi prima che fosse adottata una decisione al riguardo costituiscono, trattandosi di un caso urgente, una durata incompatibile con la diligenza che si imponeva nel caso di specie.
  1. Il Governo
  1. Il Governo considera che non si possa contestare alle autorità di non aver adottato le misure necessarie, e afferma che l’intervento delle giurisdizioni e dei servizi sociali allo scopo di agevolare i contatti tra i ricorrenti e di proteggere l’integrità psicologica di M.S. è stato rapido.
  2. Il Governo spiega, inoltre, che anche il primo ricorrente ha adottato dei comportamenti deplorevoli, che M.S. si opponeva agli incontri con suo padre, che considerava indifferente e violento, e che l'esecuzione del diritto di visita contrastava dunque con la natura simbiotica della relazione che univa il minore a sua madre. Il Governo argomenta che, nonostante queste resistenze, le misure messe in atto – ossia, in particolare, il sostegno alla genitorialità e l'assistenza domiciliare per i genitori, e la terapia psicologica per il minore – hanno permesso di migliorare la relazione tra i ricorrenti.
  3. Il Governo afferma che la decisione iniziale di collocare il secondo ricorrente in una struttura «semiresidenziale» è stata adottata nell'interesse del minore, e considera, inoltre, che il successivo provvedimento di collocamento è stato adottato entro un termine ragionevole, e che il ritardo nella sua esecuzione era dovuto all'opposizione del minore e all'impossibilità in cui si trovavano le autorità di ricorrere alla coartazione.
  4. Il Governo sottolinea, inoltre, che le giurisdizioni interne si sono basate, per prendere le loro decisioni, su elementi pertinenti e sufficienti, e che è stata disposta una perizia psicologica. Il Governo sostiene che l'intervallo di vari mesi tra la consegna della relazione peritale e la decisione del tribunale per i minorenni era dovuto all'esigenza di rispettare i diritti della difesa delle parti e alla necessità di un'analisi approfondita del caso, e che il tribunale per i minorenni ha deliberato conformemente alle conclusioni del perito.
  5. Inoltre, il Governo considera che il fatto che la corte d'appello abbia rinviato la sua decisione sulla domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento del tribunale per i minorenni era motivato dall'interesse del minore e, in particolare, dalla necessità per le autorità di ottenere informazioni da parte dei servizi sociali.
  1. Valutazione della Corte
  1. 137. La Corte ritiene che, nelle circostanze della presente causa, il suo compito consista nell'esaminare se, di fronte alla necessità di adottare misure idonee a mantenere i legami tra i ricorrenti e a proteggere l'integrità psicologica del minore dalle minacce costituite dai rapporti estremamente conflittuali tra i suoi genitori, dalla relazione soffocante che univa l'interessato a sua madre, e dalla manipolazione psichica esercitata sullo stesso da quest'ultima, la reazione delle autorità nazionali sia stata o meno conforme ai loro obblighi positivi previsti dall'articolo 8.
  1. Principi generali
  1. Vita familiare
  1. 138. I principi generali relativi agli obblighi positivi delle autorità nazionali di adottare misure idonee a mantenere i legami che uniscono un minore al suo genitore in caso di opposizione da parte del genitore che vive con il minore sono sintetizzati nelle sentenze Ribić c. Croazia (n. 27148/12, §§ 92-96, 2 aprile 2015), B. e altri, sopra citata, §§ 142-144, Malec c. Polonia (n. 28623/12, §§ 66-67, 28 giugno 2016), e A.T. c. Italia (n. 40910/19, §§ 66-68, 24 giugno 2021).
  1. Vita privata
  1. Per quanto riguarda la protezione dell’integrità fisica e morale di una persona rispetto ad altri, la Corte ha già affermato che gli obblighi positivi che gravano sulle autorità – in alcuni casi ai sensi dell’articolo 2 o dell’articolo 3 della Convenzione, e in altri casi ai sensi dell’articolo 8 considerato separatamente o in combinato disposto con l’articolo 3 – possono comportare un dovere di istituire e applicare nella pratica un quadro normativo adeguato, che offra una protezione contro gli atti di violenza che possono essere commessi da privati (Söderman c. Svezia [GC], n. 5786/08, 80, CEDU 2013, Association Innocence en Danger e Association Enfance et Partage c. Francia, nn. 15343/15 e 16806/15, § 158, 4 giugno 2020, e M. e altri c. Italia, n. 25426/20, § 110, 10 novembre 2022). Quando il benessere fisico o morale di un minore è minacciato, questo obbligo assume un'importanza ancora maggiore (K.U. c. Finlandia, n. 2872/02, § 46, CEDU 2008). Per quanto riguarda i minori, che sono particolarmente vulnerabili, i dispositivi creati dallo Stato per proteggerli da atti di violenza devono essere efficaci e includere misure ragionevoli volte a impedire i maltrattamenti di cui le autorità erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza, nonché una prevenzione efficace che metta i minori stessi al riparo da forme così gravi di violazione dell'integrità della persona. Tali misure devono essere volte a garantire il rispetto della dignità umana e la protezione dell'interesse superiore del minore (Söderman, sopra citata, § 81, e I.M. e altri, sopra citata, § 111).
  2. La Corte considera che questi principi debbano essere interpretati alla luce degli strumenti internazionali in materia di protezione dei minori dai maltrattamenti fisici e psicologici (paragrafo 107 supra) e, in particolare, della Raccomandazione (2009)10 del Comitato dei Ministri, ai sensi della quale i minori hanno diritto a una protezione contro ogni forma di violenza fisica e psicologica, e lo Stato ha la responsabilità primaria di proteggere tutti i minori da ogni forma di violenza, per quanto lieve, in qualsiasi momento e ovunque (paragrafo 109 supra).
  1. Applicazione dei principi sopra menzionati nel caso di specie
  1. La questione che si pone nel caso di specie è se, tenuto conto dell’ampio margine di apprezzamento di cui disponeva, lo Stato convenuto abbia garantito un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco, fermo restando che l’interesse superiore del minore deve prevalere. In particolare, la Corte rammenta che il margine di apprezzamento varia a seconda della natura delle questioni dibattute e della gravità degli interessi in gioco come, da una parte, l’importanza di proteggere un minore in una situazione ritenuta molto pericolosa per la sua salute o il suo sviluppo e, dall’altra, l’obiettivo di riunire la famiglia non appena le circostanze lo permetteranno ( e T. c. Finlandia [GC], n. 25702/94, § 155, CEDU 2001-VII, e Mohamed Hasan c. Norvegia, n. 27496/15, § 145, 26 aprile 2018).
  2. Passando ora a considerare i fatti della presente causa, la Corte ritiene che il suo esame della questione se le autorità nazionali abbiano agito con la diligenza richiesta debba riguardare le seguenti fasi dei procedimenti in questione: (i) l'adozione del provvedimento di collocamento in struttura semiresidenziale; (ii) l’esecuzione del suddetto provvedimento; (iii) l’adozione della decisione che dispone una perizia psicologica e la pronuncia dei provvedimenti necessari nel caso di specie alla luce di una tale perizia, e infine (iv) l’adozione della decisione sulla domanda di sospensione presentata dal primo ricorrente.
  1. L’adozione del provvedimento di collocamento in una struttura
  1. La Corte osserva che, secondo le autorità nazionali, la relazione tra i ricorrenti era compromessa dalla madre (paragrafi 19-20 e 35-36 supra) e che per questo motivo, a partire dal 21 novembre 2018, la curatrice (paragrafi 19 e 28 supra), i servizi sociali (paragrafi 19 e 29 supra), lo psicologo incaricato di monitorare il minore (paragrafo 23 supra) e il primo ricorrente (paragrafi 25, 27 e 30 supra) hanno chiesto al tribunale per i minorenni di disporre l'inserimento di M.S. in una struttura, misura secondo loro idonea a permettere al minore di ricostruire il rapporto con suo padre e a proteggerlo dalla relazione conflittuale tra i suoi genitori (paragrafo 125 supra).
  2. La Corte rammenta che non ha il compito di sostituire la propria valutazione a quella delle autorità nazionali competenti per quanto riguarda le misure che avrebbero dovuto essere adottate, in quanto tali autorità, in linea di principio, si trovano in una posizione migliore per procedere a questa valutazione (Giorgioni c. Italia, n. 43299/12, § 73, 15 settembre 2016, e Piazzi c. Italia, n. 36168/09, § 59, 2 novembre 2010). In queste condizioni, e tenuto conto del fatto che l'interesse del minore esige che le autorità nazionali prevedano l'adozione delle misure meno vincolanti possibile (G.D. c. Bulgaria, n. 70139/14, § 89, 7 giugno 2022), la Corte ammette, come il Governo, che decidendo di inserire M.S. in una struttura «semiresidenziale» (paragrafo 31 supra), il tribunale per i minorenni intendeva provare la misura meno destabilizzante possibile (Strand Lobben e altri, sopra citata, § 207, I.G.D. c. Bulgaria, sopra citata, § 80, e A.I. c. Italia, n. 70896/17, § 98, 1° aprile 2021; si veda anche il paragrafo 108 supra).
  3. Tuttavia, la Corte osserva che, sebbene il tribunale per i minorenni disponesse di informazioni secondo le quali il minore si trovava in uno stato di malessere profondo che richiedeva un intervento d'urgenza (paragrafi 20-30 supra), il provvedimento in questione – per la cui esecuzione è stato necessario attendere ancora un mese – è stato adottato solo il 4 marzo 2019 (paragrafo 31 supra), ossia tre mesi dopo che era stata presentata la prima domanda in tal senso.
  4. Inoltre, la Corte osserva che, poco dopo l'esecuzione del provvedimento, la domanda urgente di collocamento in una struttura è stata ripresentata, da un lato, dai servizi sociali il 29 maggio 2019 (paragrafi 35-36 supra) e, dall'altro, dal primo ricorrente il 9 maggio e il 10 luglio 2019, nell'ambito del procedimento dinanzi alla corte d'appello (paragrafi 92 e 94 supra) e il 3 e il 31 luglio 2019 nell'ambito del procedimento dinanzi al tribunale per i minorenni (paragrafi 37-38 supra). Ora, la Corte rileva che il collocamento non è stato comunque disposto «d'urgenza». Infatti, soltanto il 18 giugno 2019 si è tenuta un'udienza dinanzi alla corte d'appello (paragrafo 93 supra), e il provvedimento al quale ha portato tale udienza è stato depositato in cancelleria soltanto il 29 luglio 2019 (paragrafo 95 supra); per quanto riguarda il tribunale per i minorenni, esso si è pronunciato soltanto il 6 agosto 2019 (paragrafo 39 supra).
  5. La Corte non è convinta dalle giustificazioni del Governo che tendono a spiegare i ritardi nell'esecuzione della misura con la natura simbiotica della relazione tra la madre e il minore e con l'opposizione di quest'ultimo, tenuto conto del fatto che la misura era stata adottata nell'interesse del minore. In ogni caso, vari rapporti indicavano che, nel caso di specie, il minore era influenzato da sua madre (paragrafi 20, 23 e 35-36 supra). A questo proposito, la Corte rammenta che il parere di un minore non è necessariamente immutabile, e che le obiezioni che quest’ultimo formula, anche se devono essere debitamente prese in considerazione, non sono necessariamente sufficienti per prevalere sull'interesse dei genitori, in particolare sul loro interesse ad avere dei contatti regolari con il loro figlio. Il diritto di un minore di esprimere la propria opinione non deve essere interpretato nel senso che conferisce effettivamente un diritto di veto incondizionato ai minori senza che siano presi in considerazione altri fattori e senza che sia condotto un esame per determinare il loro interesse superiore. Inoltre, se un tribunale basasse una decisione sull'opinione di minori che sono evidentemente incapaci di formarsi ed esprimere un'opinione sui loro desideri – ad esempio a causa di un conflitto di lealtà – una tale decisione potrebbe essere contraria all'articolo 8 della Convenzione (B. e altri, sopra citata, § 143, e I.S. c. Grecia, n. 19165/20, § 94, 23 maggio 2023).
  1. L’esecuzione del provvedimento di collocamento in una struttura
  1. Per quanto riguarda l'esecuzione del provvedimento di collocamento, la Corte osserva che sono passati più di quattro mesi prima che lo stesso fosse effettivo (si veda, mutatis mutandis, B. e M. c. Italia, sopra citata, § 79). In effetti, la misura, ordinata il 29 luglio (paragrafo 95 supra), è stata eseguita solo il 6 dicembre 2019 (paragrafo 60 supra). In tale periodo, il primo ricorrente non ha potuto esercitare il suo diritto di visita, e M.S. si trovava, secondo vari rapporti, in uno stato di profondo malessere dovuto al fatto che viveva con la madre, e a causa dell'influenza negativa che esercitavano su di lui i suoi nonni materni (paragrafi 51 e 55 supra).
  2. La Corte sottolinea che il fatto che i servizi sociali e la polizia si siano astenuti in varie occasioni dall'eseguire il provvedimento a causa della resistenza del secondo ricorrente (paragrafi 48 e 50-51 supra) è legittimo in riferimento alla Convenzione, secondo la quale l'obbligo di ricorrere alla coercizione in questa materia è necessariamente limitato dalla preoccupazione dell'interesse superiore del minore ( e T. c. Finlandia [GC], n. 25702/94, § 194, CEDU 2001-VII, Makhmudova c. Russia, n. 61984/17, §§ 64-65, 1° dicembre 2020, e Suur c. Estonia, n. 41736/18, § 76, 20 ottobre 2020). Come riconosce costantemente la giurisprudenza della Corte, quando si tratta di ricorrere alla coercizione in questo ambito delicato è necessaria la massima prudenza (Endrizzi c. Italia, n. 71660/14, § 51, 23 marzo 2017, con i riferimenti ivi citati).
  3. Tuttavia, dato che il motivo principale dell'impossibilità di eseguire il provvedimento di collocamento era l'opposizione di C.C. (paragrafi 40, 43, 46-48, 50 e 59 supra), la Corte rammenta che una mancanza di cooperazione tra i genitori separati non può dispensare le autorità competenti dai loro obblighi positivi in riferimento all'articolo 8 della Convenzione. Questa situazione esige piuttosto che le autorità adottino delle misure per conciliare gli interessi confliggenti, tenuto conto del fatto che l'interesse del minore deve prevalere rispetto a qualsiasi altra considerazione (Ribić, 94, K.B. e altri, § 144, e Suur, § 76, tutte sopra citate).
  4. Ora, alla luce di questi principi, la Corte osserva varie carenze da parte delle giurisdizioni nazionali.
  5. In primo luogo, sebbene la curatrice avesse chiesto che fosse organizzata un'udienza (paragrafo 53 supra) e i servizi sociali (paragrafo 55 supra), il primo ricorrente (paragrafo 56 supra) e la curatrice (paragrafi 49, 53 e 57 supra) avessero chiesto una decisione urgente, il tribunale per i minorenni ha ordinato la convocazione del minore ai fini dell'audizione soltanto il 2 dicembre 2019, ossia quattro mesi dopo il primo rifiuto opposto da parte di C.C. all'esecuzione del collocamento (paragrafo 58 supra).
  6. In secondo luogo, la Corte osserva che la curatrice e il primo ricorrente hanno chiesto al tribunale per i minorenni, rispettivamente il 13 settembre e il 4 ottobre 2019 (paragrafi 49 e 53 supra), di adottare delle misure contro C.C. A tale riguardo, la Corte rammenta che il ricorso a sanzioni non deve essere escluso in caso di comportamento manifestamente illegale da parte della persona con la quale vive il bambino (Fiala c. Repubblica ceca, n. 26141/03, § 97, 18 luglio 2006, Mincheva c. Bulgaria, n. 21558/03, § 86, 2 settembre 2010, e Saleck Bardi c. Spagna, n. 66167/09, § 59, 24 maggio 2011). Ora, anche se il tribunale per i minorenni, nel suo provvedimento dell’8 agosto 2019, aveva rammentato a C.C. che un'opposizione al collocamento costituiva un reato di mancata esecuzione di un provvedimento del giudice (paragrafo 41 supra), e sebbene il primo ricorrente avesse chiesto che fosse avviata un'azione giudiziaria (paragrafo 42 supra), non è stato dato seguito a questi avvertimenti. La Corte osserva, inoltre, che soltanto il 2 dicembre 2019, dopo varie domande da parte dei servizi sociali, del primo ricorrente e della curatrice (paragrafi 42-57 supra), il tribunale per i minorenni ha sospeso la responsabilità genitoriale di C.C. (paragrafo 58 supra). Tuttavia, dato che una limitazione della sua responsabilità genitoriale era già in vigore (paragrafo 18 supra), si deve necessariamente osservare che non è stata tratta alcuna conseguenza dalla constatazione dell'atteggiamento di C.C. (Fiala, sopra citata, 97, e Kříž c. Repubblica ceca, n. 26634/03, § 89, 9 gennaio 2007).
  7. In ultimo luogo, e sebbene non si tratti del motivo principale del ritardo con il quale il provvedimento è stato eseguito, la Corte osserva anche che l'amministrazione dei servizi sociali, di fronte alla situazione in esame, non è stata in grado di assicurare la continuità dell'attività nel periodo compreso tra il 30 agosto e l'8 settembre 2019 (paragrafo 45 supra).
  1. L’ordinanza che dispone la perizia psicologica e l’adozione delle misure necessarie nel caso di specie alla luce di tale perizia
  1. La Corte rammenta che, in procedimenti nei quali l'interesse superiore del minore è in gioco, essa deve essere convinta dell'adeguatezza degli elementi sui quali si sono basate le autorità per prendere le loro decisioni (si vedano, tra altre, B. e M. c. Italia, sopra citata, § 82, e Zhou c. Italia, n. 33773/11, § 58, 21 gennaio 2014).
  2. Nella fattispecie, la Corte osserva che, sebbene il primo ricorrente avesse chiesto una perizia psicologica il 28 gennaio 2019, il 4 ottobre 2019, il 18 novembre 2020 e il 24 marzo 2021 (paragrafi 27, 52, 79 e 81 supra) e la necessità di una tale perizia fosse stata evidenziata dai servizi sociali il 7 giugno 2019 (paragrafo 35 supra), dallo psicologo e dall'educatrice del minore il 2 marzo (paragrafo 65 supra) e il 20 luglio 2020 (paragrafo 74 supra), e dalla curatrice all'udienza del 10 novembre 2020 (paragrafo 78 supra), soltanto il 24 marzo 2021 il tribunale per i minorenni ha disposto la perizia (paragrafo 81 supra).
  3. Anche se spetta in linea di principio alle autorità interne pronunciarsi sulla necessità delle relazioni peritali (M. e N. c. Italia, n. 60083/19, § 84, 20 gennaio 2022), la Corte rammenta che ha già concluso varie volte, in cause nelle quali è in gioco, come nel caso in esame, l’importante questione della relazione tra genitori e figli, per l'iniquità, a causa dell'assenza di una perizia psicologica, del processo decisionale che ha condotto ai provvedimenti adottati dalle giurisdizioni interne. In particolare, la Corte è giunta a tale conclusione in cause nelle quali la perizia era necessaria per valutare i rapporti tra un minore e i suoi genitori e la questione se il parere espresso da un minore corrispondesse veramente alla sua volontà (Byćenko c. Lituania, n. 10477/21, § 116, 14 febbraio 2023, con i riferimenti ivi citati, e D.M. e N. c. Italia, sopra citata, § 83). Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte, che ha già osservato che, nel caso di specie, vari rapporti indicavano che il minore subiva l'influenza di C.C. (paragrafi 61 e 147 supra), considera problematico il fatto che il tribunale per i minorenni abbia atteso due anni per ordinare che fosse effettuata una tale perizia (si veda, mutatis mutandis, Havelka e altri c. Repubblica ceca, n. 23499/06, § 62, 21 giugno 2007).
  4. La Corte osserva anche che tra la consegna, il 30 settembre 2021, della relazione sulla perizia psicologica (paragrafo 84 supra), e l'adozione, il 29 aprile 2022, di una decisione del tribunale per i minorenni (paragrafo 90 supra), sono passati più di sei mesi. Essa osserva che il governo convenuto spiega questo ritardo sostenendo che il tribunale per i minorenni era preoccupato di rispettare i diritti della difesa delle parti e di procedere a un'analisi approfondita del caso. Ora, secondo la Corte, questa spiegazione non può giustificare l'inazione di una giurisdizione nazionale. Spetta infatti a ciascuno Stato contraente organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da garantire il rispetto degli obblighi positivi che ad esso incombono ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione (Fiala, sopra citata, 98) e, in particolare, dotarsi di mezzi idonei a garantire un trattamento rapido delle cause riguardanti dei minori (si veda, mutatis mutandis, Mezl c. Repubblica ceca, n. 27726/03, § 94, 9 gennaio 2007).
  5. Inoltre, la Corte osserva che, anche se la relazione peritale suggeriva la continuazione del collocamento di M.S. in una struttura e la preparazione del suo ritorno progressivo al domicilio del primo ricorrente (paragrafo 84 supra), conclusioni che la curatrice aveva fatto proprie (paragrafo 87 supra), il tribunale per i minorenni ha ordinato, invece, il ritorno progressivo del minore al domicilio della madre (paragrafo 90 supra), senza indicare i motivi che lo hanno portato a non tenere conto delle conclusioni del perito (si veda, mutatis mutandis, I. c. Italia, sopra citata, § 99). Infatti, anche se ha spiegato che M.S. non avrebbe sopportato un'interruzione totale dei suoi rapporti con C.C., il tribunale per i minorenni non ha esposto i motivi che lo portavano a disporre il collocamento del minore presso la madre piuttosto che presso il padre. La Corte osserva, inoltre, che il Governo non ha fornito alcuna spiegazione idonea a giustificare questa decisione. Essa ammette, tuttavia, che un chiarimento è stato fornito a tale riguardo dalla corte d'appello quando quest'ultima ha osservato che la normativa in vigore, che portava a disporre il collocamento di M.S. presso la madre e la permanenza alternata del minore presso entrambi i genitori per periodi di tempo equiparabili, era conforme all'interesse superiore di quest’ultimo. Alla luce delle circostanze di cui è a conoscenza, e sebbene consideri che il tribunale per i minorenni non ha sufficientemente motivato la propria decisione, la Corte non vede motivi per mettere in dubbio questa conclusione.
  1. L’adozione della decisione sulla domanda di sospensione provvisoria dell’esecuzione
  1. La Corte osserva che il primo ricorrente ha interposto appello, il 6 maggio 2022, avverso il decreto del tribunale per i minorenni del 29 aprile 2022, e ha chiesto la sospensione della sua esecuzione (paragrafo 91 supra). Essa osserva che la corte d'appello ha deciso il 7 luglio 2022 che non poteva deliberare inaudita altera parte sulla domanda di sospensione, né anticipare l'udienza già prevista per il 15 novembre 2022, considerati «anche l’organizzazione del ruolo del relatore e l’ingente numero di cause di estrema delicatezza già fissate per le prossime udienze minorili civili» e, di conseguenza, ha rinviato la sua decisione (paragrafo 99 supra). Ora, il 15 novembre, la corte d'appello ha osservato che la decisione di cui il primo ricorrente aveva chiesto la sospensione era già stata eseguita, e, di conseguenza, ha pronunciato un non luogo a procedere a tale riguardo.
  2. La Corte rammenta ancora una volta che le lacune di uno Stato nell’organizzazione del proprio sistema giudiziario non possono giustificare l'omessa adozione di misure idonee a rispettare i loro obblighi positivi (paragrafo 158 supra), e che, in situazioni nelle quali la condotta o l’inattività delle autorità in un procedimento ha ripercussioni sulla vita privata o familiare dei ricorrenti, gli Stati hanno l'obbligo derivante dall'articolo 8 di prevedere delle vie di ricorso per prevenire possibili violazioni di tale disposizione (Bergmann c. Repubblica ceca, n. 8857/08, § 46, 27 ottobre 2011). Ora, la Corte constata che, nella presente causa, il primo ricorrente è stato de facto privato di una tale via di ricorso. Inoltre, essa non è convinta dall'argomentazione del Governo che giustifica il rinvio della decisione con la preoccupazione per l'interesse del minore. In effetti, la Corte costata che non è stata prevista nessun'altra soluzione dalla corte d'appello.
  1. Conclusioni
  1. La Corte condivide, almeno in parte, l'osservazione del Governo secondo la quale gli sforzi delle autorità interne hanno permesso, nel caso di specie, di ricostruire progressivamente una relazione tra i ricorrenti. In particolare, essa considera che gli sforzi dei servizi sociali, delle strutture affidatarie e degli psicologi sono stati adeguati. Anche se, all'inizio del procedimento, il minore si opponeva all'organizzazione di incontri con il primo ricorrente (paragrafi 21-22, 24, 26, 34, 36, 61-62 e 65-66), in vari rapporti è stata indicata un'evoluzione positiva di questa relazione (paragrafi 75, 80 e 85 supra), e oggi il secondo ricorrente soggiorna regolarmente presso suo padre (paragrafo 104 supra).
  2. Tuttavia, la Corte ritiene che sia la quantità che la qualità delle modalità di contatto siano molto importanti nel contesto di una relazione positiva tra un genitore e il figlio con lui non convivente. Di conseguenza, la limitazione dei contatti tra il primo ricorrente e suo figlio per quasi sei anni ha avuto delle ripercussioni sulla vita familiare dei ricorrenti (Popadić, sopra citata, § 95). La Corte rammenta anche che, nella presente causa, che necessitava di essere trattata con urgenza, sarebbero state necessarie una maggiore diligenza e rapidità (B. e M. c. Italia, §§ 81-82, e A.T. c. Italia, § 86, entrambe sopra citate), e osserva che l’eccessiva durata del procedimento è ampiamente imputabile alle giurisdizioni interne. Tenuto conto dei diversi ritardi e lacune, considerati complessivamente, del tribunale per i minorenni (paragrafi 145-148 e 150-159 supra) e della corte d'appello (paragrafi 160-161 supra), la Corte considera che le giurisdizioni interne, invece di adottare misure idonee a creare le condizioni necessarie affinché il padre potesse esercitare pienamente il suo diritto di visita, hanno tollerato che la madre, con il suo comportamento, impedisse il consolidarsi di una vera e propria relazione tra i ricorrenti (Strumia c. Italia, n. 53377/13, §§ 121-122, 23 giugno 2016), e hanno dunque violato il diritto degli interessati a mantenere un legame familiare tra loro (Improta c. Italia, n. 66396/14, § 57, 4 maggio 2017).
  3. Inoltre, dato che i provvedimenti in questione erano necessari per la protezione dell'integrità psicologica del secondo ricorrente, la Corte considera che i ritardi e le lacune delle giurisdizioni interne hanno avuto – come hanno riconosciuto varie autorità interne (paragrafo 125 supra) – delle ripercussioni negative sul diritto alla vita privata dell'interessato.
  4. Alla luce di quanto sopra esposto, e dopo un'analisi approfondita delle osservazioni delle parti e della giurisprudenza pertinente, la Corte conclude che le giurisdizioni interne hanno omesso per vari anni di adottare, rapidamente, le misure adeguate che ci si poteva ragionevolmente attendere dalle stesse ai fini della protezione dell’interesse legittimo che vi era, per entrambi i ricorrenti, a mantenere un legame tra loro, e, per il secondo ricorrente, a essere allontanato da un ambiente che gli causava una grave sofferenza psicologica. In particolare, la Corte constata che dette autorità si sono sottratte al loro obbligo di procedere entro un termine ragionevole a una valutazione dettagliata e accuratamente equilibrata della situazione nel suo complesso, e dell'interesse superiore del minore, e hanno tollerato l'opposizione della madre all'esecuzione delle misure richieste dall’obbligo di protezione degli interessi dei ricorrenti.
  5. Pertanto, vi è stata violazione, nei confronti del primo e del secondo ricorrente, del profilo «vita familiare» dell'articolo 8 della Convenzione.
  6. Nei confronti del secondo ricorrente, vi è stata anche violazione del profilo «vita privata» dell'articolo 8 della Convenzione.
  1. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
  1. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione:

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

  1. Danno
  1. I ricorrenti chiedono rispettivamente la somma di 20.000 e di 40.000 euro (EUR) per il danno morale che ritengono di avere subìto.
  2. Il Governo contesta queste richieste.
  3. Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, la Corte ritiene che gli interessati abbiano subìto un danno morale che non può essere riparato con la semplice constatazione di violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
  4. Essa ritiene che l'impossibilità per il primo ricorrente di mantenere dei contatti costanti e significativi con suo figlio gli abbia causato frustrazione e sofferenza, e gli abbia impedito di sviluppare dei rapporti con suo figlio per vari anni. Di conseguenza, la Corte accorda la somma di 5.000 EUR al primo ricorrente.
  5. Per quanto riguarda il secondo ricorrente, la Corte ritiene che i ritardi e le lacune delle autorità lo abbiano esposto a una seria sofferenza risultante dal conflitto che esisteva tra i suoi genitori, dalla relazione soffocante che sua madre aveva con lui, e dalla manipolazione psichica alla quale quest'ultima lo sottoponeva. Di conseguenza, la Corte accorda la somma di 12.000 EUR al secondo ricorrente. La somma sarà custodita in via fiduciaria dal primo ricorrente (B. e M. c. Italia, sopra citata, § 88).
  1. Spese
  1. Producendo i relativi documenti giustificativi, il primo ricorrente chiede la somma di 28.810,27 EUR per le spese sostenute nell'ambito del procedimento condotto dinanzi alle giurisdizioni interne, e la somma di 18.168,84 EUR per le spese che afferma di avere sostenuto per il procedimento condotto dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo contesta queste richieste.
  3. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Inoltre, le spese giudiziarie sono rimborsabili soltanto nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (Denisov, sopra citata, § 146).
  4. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte ritiene che non vi sia un nesso di causalità tra le spese sostenute nell'ambito del procedimento interno, che è stato intentato a causa della conflittualità tra il primo ricorrente e la madre del secondo ricorrente, e i ritardi e le lacune di tale procedimento, che hanno portato alla constatazione della violazione dell'articolo 8 (paragrafi 163-67 supra). Di conseguenza, la Corte ritiene non doversi accordare al primo ricorrente alcuna somma per le spese sostenute per il procedimento interno.
  5. Tuttavia, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri sopra menzionati, la Corte ritiene ragionevole accordargli la somma di 9.000 EUR per le spese sostenute per il procedimento condotto dinanzi alla Corte, più l'importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione del profilo «vita familiare» dell’articolo 8 della Convenzione nei confronti di entrambi i ricorrenti;
  3. Dichiara che vi è stata violazione del profilo «vita privata» dell’articolo 8 della Convenzione nei confronti del secondo ricorrente;
  4. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza diverrà definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti:
      1. 000 EUR (cinquemila euro) al primo ricorrente, più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
      2. 000 EUR (dodicimila euro) al secondo ricorrente, più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale, somma che sarà custodita in via fiduciaria dal primo ricorrente;
      3. 000 EUR (novemila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma dal primo ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Respinge, la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 19 ottobre 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Marko Bošnjak
Presidente

Renata Degener
Cancelliere

Alla presente sentenza è allegata, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 del regolamento, l’esposizione dell’opinione separata dei giudici Wojtyczek e Hüseynov.

M.B.
R.D.

OPINIONE CONCORDANTE COMUNE AI GIUDICI WOJTYCZEK E HÜSEYNOV

  1. La presente causa solleva questioni fondamentali di giustizia procedurale. Anche se la soluzione adottata nel dispositivo della sentenza ci sembra, alla luce dell'esame di tutti i documenti del fascicolo a disposizione della Corte, la più conforme alla giustizia sostanziale, abbiamo forti obiezioni per quanto riguarda la procedura seguita dalla Corte.
  2. La presente causa è caratterizzata da un acceso conflitto tra due genitori. Notiamo che, secondo le informazioni più recenti comunicate alla Corte, la madre e il padre hanno la responsabilità genitoriale, ma il figlio vive con sua madre.
    Il padre del minore ha presentato il ricorso in nome proprio e in nome di suo figlio. La Corte non solo ha constatato delle violazioni della Convenzione a causa di un certo numero di azioni e di omissioni delle autorità nazionali, che erano a favore degli interessi dell'altro genitore (in questo caso C.C.), ma ha anche formulato delle constatazioni fattuali ed ha espresso delle opinioni che potrebbero recare pregiudizio a questo altro genitore nei procedimenti che in futuro potrebbero essere avviati dinanzi alle autorità nazionali, e quindi rafforzare notevolmente la posizione del genitore ricorrente.
  3. In queste circostanze, gli imperativi di giustizia procedurale esigono innanzitutto che sia data al genitore chiamato in causa dal ricorso proposto la possibilità di difendere i suoi interessi nel procedimento dinanzi alla Corte. Audiatur et altera pars. Sarebbe stato necessario portare il ricorso di A.S. e M.S. a conoscenza della madre (C.C.), e invitare quest'ultima a presentare le sue osservazioni come terzo interveniente, non solo per difendere i propri diritti e interessi, ma anche, cosa ancora più importante, per permetterle di esprimere il suo punto di vista sull'interesse superiore di suo figlio. Tuttavia, la Corte si è pronunciata inaudita altera parte, senza invitare C.C. a esprimersi su tali questioni.
    Anche se la Corte si basa, in linea di principio, su alcune circostanze fattuali stabilite dalle autorità nazionali, le osservazioni dell'altra parte della controversia possono richiamare l'attenzione su alcuni elementi fattuali importanti che non appaiono negli atti del fascicolo, e, soprattutto, fornire una luce più completa sul caso, presentando i diritti e gli interessi legittimi in gioco.
    Vorremmo osservare qui che tali questioni sono state affrontate, tra l'altro, nelle seguenti opinioni separate: l'opinione concordante del giudice Wojtyczek allegata alla sentenza Bochan c. Ucraina (n. 2) [GC], n. 22251/08, CEDU 2015; l'opinione dissenziente del giudice Wojtyczek allegata alla sentenza Kosmas e altri c. Grecia, n. 20086/13, 29 giugno 2017; l'opinione concordante comune ai giudici Ravarani ed Elósegui allegata alla sentenza A.M. e altri c. Russia, n. 47220/19, 6 luglio 2021.
  4. La procedura seguita nella presente causa si fonda sul seguente presupposto (paragrafo 116): «Nel caso di specie, la Corte non rileva interessi conflittuali di questo tipo tra i ricorrenti.» Poiché esiste un forte conflitto tra i genitori, non siamo convinti da questa valutazione e dall'approccio seguìto. Inoltre, la valutazione iniziale riguardante la possibilità per il padre di rappresentare suo figlio per tutta la durata del procedimento sembra pregiudicare l'esito del procedimento dinanzi alla Corte.
    Siamo invece d'accordo con la seguente affermazione (paragrafo 114): «Alla luce della sua giurisprudenza (paragrafo 113 supra), la Corte considera che il primo ricorrente, in quanto padre del secondo ricorrente, ha la capacità per presentare il ricorso in nome del minore.» Tuttavia, occorre distinguere attentamente la capacità di presentare un ricorso in nome di un minore e la capacità di rappresentare il minore, una volta che il ricorso è stato presentato, durante il procedimento. A nostro avviso, una volta che il ricorso è stato presentato dinanzi alla Corte ed è stato dichiarato ricevibile, si sarebbe dovuto nominare un curatore ad litem, indipendente dal padre ricorrente, per patrocinare dinanzi alla Corte in nome del minore, al fine di presentare e difendere l’interesse superiore di quest’ultimo, come nella causa A e B c. Croazia, n. 7144/15, § 3, 20 giugno 2019.
    Per quanto riguarda tali questioni, facciamo riferimento, in particolare, alle seguenti opinioni separate: l'opinione concordante del giudice Wojtyczek e l'opinione concordante comune ai giudici Koskelo, Eicke e Ilievski, allegate alla sentenza A e B c. Croazia, sopra citata; l'opinione concordante comune ai giudici Ravarani ed Elósegui allegata alla sentenza A.M. e altri c. Russia, sopra citata.
  5. Nelle circostanze sopra presentate, l’approccio adottato non è conforme alle esigenze della giustizia procedurale.