Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 29 giugno 2023 - Ricorso n. 14696/10 - Causa Quaglia e altri c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista  dalla dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA QUAGLIA E ALTRI c. ITALIA

(Ricorso n. 14696/10)

SENTENZA

STRASBURGO

29 giugno 2023

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Quaglia e altri c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in un Comitato composto da:

Péter Paczolay, Presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e Attila Teplán, cancelliere aggiunto di Sezione facente funzioni,

visto il ricorso (n. 14696/10) contro la Repubblica italiana con il quale, in data 2 marzo 2010, cinque cittadini italiani, i cui estremi sono elencati nella tabella allegata (“i ricorrenti”), rappresentati dall’avvocato B. Forte, del Foro di Sora, hanno adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare il ricorso al Governo italiano (“il Governo”), rappresentato dal suo agente, Sig. L. D’Ascia;

viste le osservazioni formulate dalle parti;

vista la decisione di rigettare l’eccezione preliminare del Governo all’esame del ricorso da parte di un Comitato;

dopo avere deliberato in camera di consiglio in data 6 giugno 2023,

pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

L’OGGETTO DEL CASO DI SPECIE

  1. La causa riguarda la doglianza dei ricorrenti di essere stati privati ​​del loro terreno mediante l'applicazione da parte dei tribunali nazionali della norma relativa all'espropriazione indiretta (accessione invertita occupazione acquisitiva).
  2. I ricorrenti erano comproprietari di un lotto di terreno sito nel Comune di Fabriano e distinto nel catasto terreni al foglio n. 97, con particelle nn. 61, 176 e 54. Secondo il piano regolatore generale adottato in data 7 aprile 1975 e approvato dalla Regione Marche in data 20 luglio 1981, la maggior parte del terreno era destinata a uso agricolo e la rimanente parte a zona di verde pubblico e strada.
  3. In data 18 dicembre 1981 il Comune approvò un progetto per la realizzazione di un impianto sportivo. In data 22 maggio 1982 il Comune autorizzò l'occupazione immediata del terreno del ricorrente al fine del suo successivo esproprio e, in data 15 giugno 1982, esso prese materialmente possesso di 15.270 metri quadrati di terreno. Le opere pubbliche si conclusero nel marzo del 1983 e quando l'autorizzazione scadde (in data 15 giugno 1985) il terreno dei ricorrenti era stato irreversibilmente modificato da opere edili, ma le autorità non avevano emesso un formale decreto di esproprio.
  4. Nel frattempo, in data 24 febbraio 1984 il Comune adottò un nuovo piano regolatore generale, approvato definitivamente dalla Regione Marche in data 5 luglio 1990 e che modificava la destinazione del terreno consentendo la costruzione di impianti sportivi.
  5. Nel 1987 i ricorrenti instaurarono un'azione risarcitoria dinanzi al Tribunale di Ancona, sostenendo che l'occupazione del terreno era stata illegittima e chiedendo un risarcimento.
  6. Con sentenza del 5 aprile 1996, il Tribunale di Ancona accolse le doglianze dei ricorrenti e stabilì che l'occupazione del loro terreno fosse stata illegittima, ma che il terreno fosse stato modificato irreversibilmente in conseguenza del completamento delle opere pubbliche. Conseguentemente, ai sensi della norma relativa all'espropriazione indiretta, i ricorrenti non erano più proprietari di tale terreno. 
  7. Il Tribunale di Ancona riconobbe inoltre che i ricorrenti avessero diritto al risarcimento per la perdita del loro bene e dispose una perizia indipendente del terreno. Il perito dichiarò che, al momento della perizia, il terreno era classificato come parzialmente edificabile (soltanto per impianti sportivi) ed era comunque di fatto edificabilea causa delle sue caratteristiche e della sua ubicazione. Ne stabilì quindi il valore di mercato tenendo conto di una combinazione di fattori, tra i quali i costi di costruzione e il valore di mercato sia dei terreni edificabili che di quelli non edificabili della zona. In tale occasione il perito rilevò tra l'altro che il valore di mercato dei terreni non edificabili della zona ammontava, nel giugno del 1985, a 10.000 lire italiane (ITL), corrispondenti a 5,16 euro (EUR), al metro quadro.
  8. Sulla base delle considerazioni del perito, il Tribunale di Ancona accordò ai ricorrenti ITL 554.561.250 (euro 286.407) a titolo di risarcimento dell’esproprio e ITL 119.490.204 (euro 61.712) a titolo di risarcimento per l'indisponibilità del terreno durante il periodo di legittima occupazione (indennità di occupazione), oltre la rivalutazione per l'inflazione e gli interessi legali.
  9. Il Comune impugnò tale decisione e la Corte di appello di Ancona dispose una nuova perizia del terreno. Il perito rilevò che, sia al momento dell'occupazione che al momento dell'ultimazione delle opere pubbliche, il terreno aveva la destinazione di terreno agricolo e, conseguentemente, egli si basò sul valore agricolo medio, ai sensi dell'articolo 5 bis della legge n. 359/1992.
  10. Pertanto, con sentenza del 27 dicembre 2003, la Corte di appello di Ancona accordò un risarcimento per l'esproprio sulla base del valore agricolo medio del terreno, pari a ITL 11.202.072 (euro 5.785), oltre la rivalutazione per l’inflazione e gli interessi legali. Accordò inoltre ITL 2.799.398 (EUR 1.446) a titolo di indennizzo per l'indisponibilità del terreno durante il periodo di occupazione legittima.
  11. In data 4 settembre 2009 il ricorso dei ricorrenti alla Corte di cassazione fu respinto.
  12. I ricorrenti hanno lamentato di essere stati privati illegittimamente del loro terreno a causa dell’applicazione da parte dei giudici nazionali della norma relativa all’espropriazione indiretta, in violazione dei loro diritti di cui all’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
  13. Hanno inoltre lamentato ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la retroattiva applicazione dell’articolo 5 bis del decreto legislativo n. 333 del 1992, come modificato dalla legge n. 662 del 1996.

LA VALUTAZIONE DELLA CORTE

  1. Il diritto e la prassi interni pertinenti concernenti l’espropriazione indiretta sono reperibili nella sentenza relativa alla causa Guiso-Gallisay c. Italia ((equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, §§ 18-48, 22 dicembre 2009).

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DEll’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE

  1. Il Governo ha sostenuto che i ricorrenti non fossero più vittime dell’asserita violazione in quanto avevano ottenuto una riparazione a livello nazionale. La Corte osserva che la questione concernente la qualità di vittime dei ricorrenti è strettamente connessa al merito delle doglianze. Unisce pertanto la questione al merito.
  2. Poiché la doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 § 3, lettera a) della Convenzione e non incorre in alcun altro motivo di irricevibilità, essa deve essere dichiarata ricevibile.
  3. La Corte osserva che i ricorrenti erano stati privati del loro bene mediante l’accessione invertita o occupazione acquisitiva, ingerenza nel pacifico godimento dei beni che la Corte ha precedentemente ritenuto, in un elevato numero di cause, incompatibile con il principio di legalità, e che ha dato luogo a constatazioni di violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (si vedano, tra numerosi altri precedenti, Carbonara e Ventura c. Italia, n. 24638/94, §§ 63-73, CEDU 2000‑VI, e, quale precedente più recente, Messana c. Italia, n. 26128/04, §§ 38-43, 9 febbraio 2017).
  4. La Corte osserva che i giudici nazionali avevano riconosciuto che l’espropriazione fosse stata illegittima e avevano ritenuto che i ricorrenti avessero diritto a un risarcimento (si veda il paragrafo L'origine riferimento non è stata trovata. supra).
  5. A seguito di tale determinazione, i giudici nazionali avevano accordato una somma basata sul valore agricolo medio del terreno (si veda il paragrafo 10 supra). Quanto all’adeguatezza di tale risarcimento, i ricorrenti hanno sostenuto che l’importo ricevuto fosse stato insufficiente in quanto esso non aveva tenuto debitamente conto delle reali caratteristiche del terreno e, in particolare, del suo potenziale edificabile de facto.
  6. A tale riguardo, la Corte ammette che la stima del valore di mercato tiene conto della destinazione legale del terreno precedentemente all’esproprio. Essa ricorda difatti che il risarcimento deve essere calcolato sulla base del valore del bene alla data in cui se era persa la proprietà, che è intrinsecamente connesso alla destinazione del terreno all’epoca, e non sulla base della sua successiva destinazione. La Corte ha inoltre precedentemente ritenuto che, in assenza di una concreta aspettativa di sviluppo precedentemente all’espropriazione, non è appropriato basarsi unicamente sull’opinione del ricorrente secondo la quale il terreno aveva un potenziale di sviluppo (si veda Maria Azzopardi c. Malta, n. 22008/20, §§ 62-63, 9 giugno 2022).
  7. Nel caso di specie, prima dell’instaurazione di una procedura di esproprio, il terreno era destinato per la maggior parte a uso agricolo e, per la parte rimanente, a zona di verde pubblico e strada (si veda il paragrafo L'origine riferimento non è stata trovata. supra) e il ricorrente non poteva attendersi legittimamene che, in assenza di una procedura di esproprio, il terreno sarebbe diventato edificabile. Pertanto, secondo la Corte, la stima del terreno come non edificabile non era priva di ragionevole fondamento.
  8. La Corte osserva tuttavia che, nel caso di specie, la Corte di appello di Ancona non aveva effettuato una stima del valore di mercato del terreno tenendo conto delle sue specifiche caratteristiche, bensì aveva accordato un risarcimento basato sul valore agricolo medio (si veda il paragrafo L'origine riferimento non è stata trovata. supra). La Corte ha precedentemente ritenuto che la concessione di un risarcimento su tale base non abbia alcun ragionevole rapporto con il valore di mercato del terreno, in quanto non tiene conto delle sue reali caratteristiche (Preite, sopra citata, § 51).
  9. Il Governo ha inoltre sostenuto che i ricorrenti non fossero più vittime dell’asserita violazione in quanto nel 2016 essi avevano ottenuto un importo aggiuntivo, che essi avevano accettato. A tale riguardo, la Corte osserva che – come ha riconosciuto il Governo stesso – tale pagamento era stato effettuato in relazione a una differente procedura di esproprio e, conseguentemente, non si può tenere conto di esso quale risarcimento della violazione lamentata nel presente procedimento.
  10. La Corte osserva inoltre che i giudici nazionali non avevano accordato ai ricorrenti una somma corrispondente al pieno valore di mercato del terreno espropriato. Segue che i ricorrenti non hanno perso la qualità di vittime (si veda, a contrario, Armando Iannelli c. Italia24818/03, §§ 35-37, 12 febbraio 2013).
  11. Conseguentemente, la Corte rigetta l’eccezione preliminare sollevata dal Governo e, pronunciandosi sul merito, ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.

II. SULL’ALTRA DOGLIANZA

  1. I ricorrenti hanno inoltre lamentato, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, la retroattiva applicazione dell’articolo 5 bis del decreto legislativo n. 333 del 1992, come modificato dalla legge n. 662 del 1996. Visti i fatti oggetto della causa, le osservazioni formulate dalle parti, e le sue conclusioni di cui sopra, la Corte ritiene di avere trattato le principali questioni giuridiche sollevate dalla causa e che non sia necessario esaminare la rimanente doglianza (si veda Centro per le risorse giuridiche per Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], n. 47848/08, § 156, CEDU 2014).

SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

  1. I ricorrenti hanno chiesto, per il danno patrimoniale, EUR 1.402.511,56 per la perdita del bene ed EUR 302.196,37 per la perdita di opportunità. Non hanno chiesto alcuna somma per il danno non patrimoniale o per le spese.
  2. Il Governo ha contestato le pretese in quanto eccessive.
  3. La Corte ha riscontrato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 in ragione della violazione del principio di legalità (si veda il paragrafo 9 supra). I criteri pertinenti al fine del calcolo del danno patrimoniale nei casi di espropriazione indiretta sono stati esposri nella sentenza Guiso-Gallisay (sopra citata, §§ 105-06). In particolare, la Corte ha invocato il valore di mercato del bene all’epoca dell’espropriazione, come dichiarato nelle perizie disposte dal tribunale elaborate nel corso dei procedimenti nazionali.
  4. Nel caso di specie la Corte dispone di due perizie del terreno La prima, redatta nell’ambito del procedimento di primo grado, aveva determinato il valore del terreno sulla base del suo potenziale di sviluppo de facto. La perizia tuttavia aveva anche sottolineato che il valore del terreno urbano non edificabile della zona ammontava a circa ITL 10.000 (EUR 5,16) al metro quadro (si veda il paragrafo 2 supra). Quanto alla seconda perizia, elaborata nell’ambito del procedimento di appello, essa non conteneva una valutazione del valore di mercato del terreno sulla base delle sue reali caratteristiche bensì applicava il valore agricolo medio (si veda il paragrafo L'origine riferimento non è stata trovata. supra).
  5. Alla luce delle suesposte considerazioni (si vedano i paragrafi 13 e 14), la Corte ritiene opportuno fare affidamento sul valore indicato dalla prima perizia per il terreno urbano non edificabile. Pertanto, deliberando in via equitativa, essa accorda un risarcimento del danno patrimoniale pari a EUR 392.000 per la perdita del bene e a EUR 7.000 per la perdita di opportunità.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Decide di unire al merito l’eccezione del Governo concernente la qualità di vittime dei ricorrenti e la rigetta;
  2. Dichiara ricevibile la doglianza sollevata ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione;
  3. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione;
  4. Ritiene che non sia necessario esaminare la ricevibilità e il merito della rimanente doglianza;
  5. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare ai ricorrenti congiuntamente, entro tre mesi, EUR 399.000 (euro trecentonovantanovemila), oltre l’importo eventualnente dovuto a titolo di imposta, per il danno patrimoniale;
    2. che, a decorrere dalla scadenza dei summenzionati tre mesi e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  6. Rigetta la domanda di equa soddisfazione formulata dai ricorrenti per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto in data 29 giugno 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Péter Paczolay
Presidente

Attila Teplan
Cancelliere aggiunto facente funzioni


APPENDICE

N.

Nome del ricorrente

Anno di nascita

Cittadinanza

Luogo di residenza

1.

Pierina QUAGLIA

1928

Italiana

Fabriano

2.

Ersilio POSSANZA

1963

Italiana

Fabriano

3.

Franco POSSANZA

1956

Italiana

Fabriano

4.

Abdenago QUAGLIA

1950

Italiana

Fabriano

5.

Alessandro RIPANTI

1958

Italiana

Fabriano