Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 12 luglio 2023 - Ricorsi nn. 1828/06, 34163/07 e 19029/11 - G.I.E.M. Srl e altri contro l’Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista  dalla dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC.
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

GRANDE CAMERA

CAUSA G.I.E.M. S.R.L. E ALTRI c. ITALIA

(Ricorsi nn. 1828/06, 34163/07 e 19029/11)

SENTENZA
(Equa soddisfazione)

Articolo 41 • Equa soddisfazione • Calcolo del risarcimento concesso per il danno patrimoniale causato da una automatica e completa confisca di terreni lottizzati abusivamente, a prescindere dalla responsabilità penale, in violazione dell’articolo 1 § 1 • Elementi utilizzati per stabilire l’entità del danno patrimoniale • Natura delle violazioni notevolmente differente da quella di cui alla sentenza Sud Fondi S.r.l. e altri c. Italia • Risarcimento per l’impossibilità di utilizzare i terreni nel frattempo restituiti ai ricorrenti • Nessun risarcimento dovuto per il deterioramento di fabbricati eretti in violazione delle autorizzazioni amministrative • Assenza di risarcimento per la perdita di valore dei beni priva di nesso di causalità con la misura di confisca • Risarcimenti accordati per il danno non patrimoniale

STRASBURGO

12 luglio 2023

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Indice

PROCEDURA

GLI SVILUPPI SUCCESSIVI ALLA SENTENZA DI MERITO 5

IN DIRITTO

  1. QUESTIONE PRELIMINARE
  2. IL DANNO PATRIMONIALE
    1. Le domande dei ricorrenti e le osservazioni del Governo.
      1. I ricorrenti
        1. la G.I.E.M. S.r.l.
        2. la Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda.
        3. la R.I.T.A. Sarda S.r.l.
      2. Il Governo.
    2. La valutazione della Corte.
      1. L’approccio seguito dalla Corte.
      2. Le voci del danno patrimoniale che devono essere risarcite.
        1. Il risarcimento per l’impossibilità di utilizzare i terreni succesivamente alla loro confisca
          1. la G.I.E.M. S.r.l.
          2. la Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda.
          3. la R.I.T.A. Sarda S.r.l.
        2. Il risarcimento per il deterioramento dei fabbricati (la Falgest S.r.l. e il Sig.Gironda)
        3. Il risarcimento per la perdita di valore derivante dalla modifica del piano regolatore precedentemente alla restituzione e dalle decisioni dei giudici che hanno ritenuto illegittimi gli atti amministrativi (la G.I.E.M. S.r.l.)
  3. IL DANNO NON PATRIMONIALE
  4. LE SPESE.
  5. GLI INTERESSI MORATORI

DISPOSITIVO

OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE SABATO.

APPENDICE

Nella causa G.I.E.M. S.r.l. e altri c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo, riunita in una Grande Camera composta da:

Síofra O’Leary,
Georges Ravarani,
Marko Bošnjak,
Gabriele Kucsko-Stadlmayer,
Faris Vehabović,
Egidijus Kūris,
Branko Lubarda,
Yonko Grozev,
Georgios A. Serghides,
Jolien Schukking,
Lado Chanturia,
María Elósegui,
Ivana Jelić,
Raffaele Sabato,
Lorraine Schembri Orland,
Anja Seibert-Fohr,
Diana Sârcu, giudici,
e Johan Callewaert, cancelliere aggiunto della Grande Camera,

dopo avere deliberato in camera di consiglio in data 8 giugno 2022 e 21 giugno 2023,

pronuncia la seguente sentenza, adottata nell’ultima data menzionata:

PROCEDURA

  1. All’origine della causa vi sono tre ricorsi (nn. 1828/06, 34163/07 e 19029/11) proposti contro la Repubblica italiana con i quali quattro società italiane e un cittadino italiano, la I.E.M. S.r.l., la Hotel Promotion Bureau S.r.l. (società in liquidazione), la R.I.T.A. Sarda S.r.l. (società in liquidazione), la Falgest S.r.l. e il Sig. Filippo Gironda (“i ricorrenti”), hanno adito la Corte rispettivamente in data 21 dicembre 2005, 2 agosto 2007 e 23 dicembre 2011, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
  2. I ricorrenti sono stati rappresentati come segue: la G.I.E.M. S.r.l. dagli avvocati G. Mariani e F. Rotunno, del Foro di Bari; la Hotel Promotion Bureau S.r.l. (società in liquidazione) e la R.I.T.A. Sarda S.r.l. (società in liquidazione) dall’avvocato Lavitola, del Foro di Roma e dall’avvocato V. Manes, del Foro di Bologna; la Falgest S.r.l. e il Sig. Filippo Gironda dagli avvocati A. G. Lana e A. Saccucci, del Foro di Roma.
  3. Il Governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo ex agente, Sig.ra E. Spatafora, e dal suo ex co-agente, Sig.ra P. Accardo, nonché dal suo agente, Sig. L. D’Ascia, Avvocato dello Stato.
  4. Nella sua sentenza sul merito della presente causa (I.E.M. S.r.l. e altri c. Italia [GC], nn. 1828/06 e altri 2, 28 giugno 2018) la Grande Camera ha concluso in particolare come segue: violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione nei confronti di ciascun ricorrente; nei confronti del Sig. Gironda, non violazione dell’articolo 7 della Convenzione e violazione dell’articolo 6 § 2 della Convenzione; e infine, nei confronti delle società ricorrenti, violazione dell’articolo 7.
  5. Quanto all'articolo 1 del Protocollo n. 1, la Grande Camera ha ritenuto che l'automatica applicazione ai sensi del diritto italiano di misure di confisca nei casi di lottizzazione abusiva – eccetto che nei confronti di terzi in buona fede – fosse stata sproporzionata.Tale applicazione automatica non consentiva ai giudici di accertare quali strumenti fossero più appropriati nelle specifiche circostanze del caso o, più in generale, di ponderare la finalità legittima perseguita rispetto ai diritti delle persone interessate da tali misure di confisca.
  6. Quanto alla violazione dell'articolo 7, la Corte ha stabilito che, in considerazione della distinta natura della personalità giuridica delle società ricorrenti in relazione a quella dei loro amministratori e dei loro azionisti, il principio di legalità comportava che tali persone (le società ricorrenti) non potessero essere punite per avere commesso atti che concernevano la responsabilità penale di altri (i loro rappresentanti legali). Conseguentemente, in considerazione di tale principio, una misura di confisca applicata, come nel caso di specie, a persone fisiche o giuridiche che non erano parti del procedimento, era incompatibile con l'articolo 7 della Convenzione (ibid., § 274). La Grande Camera ha inoltre rilevato che non vi era stata violazione dell'articolo 7 della Convenzione nei confronti del Sig. Gironda (ibid., §§ 261-262).
  7. Quanto alla violazione dell'articolo 6 § 2 della Convenzione, la Corte ha ritenuto che il fatto che il Sig. Gironda fosse stato dichiarato sostanzialmente colpevole dalla Corte di cassazione, nonostante il fatto che l’azione penale per il reato in questione fosse prescritta, violasse di per sé il diritto di essere presunto innocente (ibid., §§ 317-18), a prescindere dalla questione del rispetto dei diritti di difesa.
  8. La Grande Camera ha inoltre ritenuto che non fosse necessario che essa esaminasse se vi fosse stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione nei confronti della società G.I.E.M. S.r.l. o violazione dell’articolo 13 nei confronti delle società G.I.E.M. r.l. e Falgest S.r.l.
  9. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione, i ricorrenti hanno chiesto un’equa soddisfazione per il danno patrimoniale e non patrimoniale che hanno affermato di avere subito in conseguenza delle violazioni riscontrate nel caso di specie, unitamente al rimborso delle spese sostenute dinanzi alla Corte.
  10. Poiché la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non era matura per la decisione, la Corte l’ha riservata e ha invitato il Governo e i ricorrenti a presentare, entro dodici mesi, le loro osservazioni scritte riguardo a tale questione e, in particolare, a comunicare alla Corte gli eventuali accordi cui erano pervenuti (, § 166 e il punto 4 del dispositivo).
  11. Non essendo pervenuti a un accordo, i ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni nel settembre del 2018 e nell’aprile del 2019, successivamente nel maggio e nel luglio del 2019, e il Governo ha presentato le proprie in data 15 aprile 2019.
  12. La composizione della Grande Camera è stata determinata in conformità alle disposizioni dell’articolo 26 §§ 4 e 5 della Convenzione e dell’articolo 24 del Regolamento della Corte. Al termine dei loro rispettivi mandati Robert Spano e Jon Fridrik Kjølbro sono stati sostituiti nella composizione della Grande Camera da Lorraine Schembri-Orland e Ivana Jelić, giudici supplenti, in conformità all’articolo 24 § 3 del Regolamento della Corte. Al medesimo tempo Síofra O’Leary ha assunto da Jon Fridrik Kjølbro la presidenza della Grande Camera nella presente causa (articolo 9 § 2 del Regolamento).

GLI SVILUPPI SUCCESSIVI ALLA SENTENZA DI MERITO

  1. La Corte osserva che i beni in questione sono stati restituiti, in date differenti, a tutti i ricorrenti.
  2. Quanto alla società G.I.E.M. S.r.l., la Corte rileva che essa era già rientrata in possesso dei suoi beni in data 2 dicembre 2013 (si veda I.E.M. S.r.l. e altri, sopra citata, § 42).   
  3.  I terreni confiscati alle società Hotel Promotion Bureau S.r.l. e RITA Sarda S.r.l. sono stati restituiti alle stesse in data 29 aprile 2019. Secondo il certificato di destinazione del terreno rilasciato in data 7 agosto 2018 dal comune del Golfo Aranci, il terreno non è edificabile. 
  4. Quanto ai beni confiscati alla società Falgest S.r.l. e al Sig. Gironda, la Corte rileva che, dopo essere stati sequestrati in data ​​21 luglio 2000 e restituiti in data ​​23 maggio 2009, essi sono stati confiscati a seguito della sentenza della Corte di cassazione del 22 aprile 2010, depositata nella cancelleria di tale Corte in data 27 settembre 2010. La custodia e l'amministrazione dei beni sono state affidate a un terzo.     
  5. Secondo informazioni fornite dalle parti, in data 25 novembre 2019 il Tribunale di Reggio Calabria ha stabilito, in conformità a una richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che i due ricorrenti avessero diritto alla revoca della confisca e alla restituzione dei loro terreni.  Tuttavia, ritenendo che la revoca dovesse essere considerata temporanea poiché la misura più idonea ai fini dell'esecuzione della sentenza della Grande Camera era la revisione del procedimento penale, il giudice ha trasmesso a tal fine il fascicolo alla Procura della Repubblica. Nel dicembre del 2019 la Procura della Repubblica ha chiesto alla Corte di appello di rivedere il procedimento penale nei confronti del Sig. Gironda e di un amministratore della società Falgest S.r.l., ai sensi dell'articolo 630 del c.p.p. come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2011 (nella sua sentenza tale Corte aveva riconosciuto il diritto alla “ revisione europea ”, vale a dire il diritto per le persone che hanno ottenuto la constatazione di violazione dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di chiedere la revisione del procedimento penale). In tale caso le autorità nazionali hanno chiesto la revisione del procedimento penale al fine di ottenere una nuova applicazione del provvedimento di confisca. Con decisione del 23 marzo 2021 la Corte di appello ha dichiarato la domanda inammissibile. 

IN DIRITTO

  1. L’articolo 41 della Convenzione prevede:

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.”

I. QUESTIONE PRELIMINARE

  1. In data 9 dicembre 2019 il Governo ha informato la Corte che, in data 12 gennaio 2016, la Hotel Promotion Bureau S.r.l. era stata cancellata dal registro delle imprese. Spiegò che tale informazione era stata “fornita alla Corte ai fini di una valutazione.”.
  2. Essendo stata dichiarata insolvente in data 29 aprile 1998 e in liquidazione a decorrere dal 31 ottobre 2002, la Hotel Promotion Bureau S.r.l. era ancora esistente quando fu depositato il ricorso, in data 2 agosto 2007, ma ha cessato di esistere a decorrere dal 12 gennaio 2016.
  3. Uno dei difensori della società ricorrente, l’avvocato Lavitola, ha chiesto alla Corte di proseguire l’esame del ricorso in quanto il diritto interno prevedeva l’archiviazione del procedimento soltanto se una persona era stata dichiarata deceduta o se una persona giuridica era stata liquidata dal suo rappresentante legale, circostanze che non si erano verificate nel caso di specie.
  4. La Corte ribadisce che, secondo la sua costante giurisprudenza, nei casi che riguardano principalmente crediti pecuniari e, per questo motivo, trasferibili, l'esistenza di altre persone a cui tale credito è trasferito è un criterio importante, ma non può essere l'unico. Le cause dinanzi alla Corte in materia di diritti umani hanno generalmente anche una dimensione morale, di cui essa deve tenere conto quando valuta se continuare l'esame di un ricorso successivamente alla morte di un ricorrente o, nel caso di una persona giuridica, se essa ha cessato di esistere. Ciò avverrà in particolare se le questioni sollevate vanno oltre la persona e gli interessi del ricorrente (si vedano Capital Bank AD c. Bulgaria, n. 49429/99, § 78, CEDU 2005 XII (estratti); Uniya OOO e Belcourt Trading Company Russia, n. 4437/03 e 13290/03, 19 giugno 2014; Aviakompaniya A.T.I., ZAT c. Ucraina, n. 1006/07, 5 ottobre 2017; Euromak Metal Doo c. ex Repubblica jugoslava di Macedonia, n. 68039/14, 14 giugno 2018; e Timakov e OOO ID Rubezh c. Russia, nn. 46232/10 e 74770 /10, 8 settembre 2020).
  5. La Corte rileva di avere deciso, nella maggior parte dei casi in cui una società ricorrente è scomparsa, di non cancellare il ricorso dal ruolo (si vedano Capital Bank AD, sopra citata, e Schweizerische Radio-und Fernsehgesellschaft and publisuisse SA c. Svizzera, n. 41723/14, § 43, 22 dicembre 2020; si raffronti RF SPOL. S R.O. c. Slovacchia (dec.), n. 9926/03, 20 ottobre 2010) in particolare se una persona fisica o giuridica subentrata alla società in questione ha espresso l’intenzione di mantenere il ricorso (si vedano Aviakompaniya A.T.I., ZAT, § 22; Euromak Metal Doo, 33; e Timakov e OOO ID Rubezh, § 17, tutte sopra citate).
  6. La Corte osserva che l'avvocato della società ricorrente non ha fornito gli estremi di qualsiasi altra persona (persone fisiche o giuridiche) alla quale avrebbero potuto essere trasferiti i crediti in questione. Benché la “storia” della società legata alle osservazioni di tale avvocato menzionava il nome del suo unico azionista, essa non forniva alla Corte informazioni adeguate e utili riguardo alla situazione o all'esistenza di tale azionista o al suo diritto di essere considerato l'erede della società ai sensi del diritto italiano. Tale azionista non ha neanche conferito al difensore il mandato di proseguire il procedimento dinanzi alla Corte. La Corte conclude che la persona fisica o giuridica che è presumibilmente succeduta alla società ricorrente Hotel Promotion Bureau S.r.l. non l'ha informata della sua volontà di mantenere il ricorso, non essendo determinante la domanda presentata dal rappresentante legale Sig. Lavitola.
  7. Quanto all’eventuale sussistenza di circostanze particolari riguardanti il rispetto dei diritti umani, come definiti nella Convenzione e nei suoi Protocolli, che esigerebbero la prosecuzione dell'esame della causa (articolo 37 § 1 in fine della Convenzione), la Corte osserva che nel caso di specie essa è chiamata soltanto a dirimere la questione dell'equa soddisfazione. Essa esaminerà la medesima questione e qualsiasi altra connessa questione di principio in relazione alle domande formulate dalla società RITA Sarda S.r.l. Conseguentemente, la Corte non riscontra alcuna circostanza particolare concernente il rispetto dei diritti umani, come definiti nella Convenzione e nei suoi Protocolli, che esiga che essa prosegua l'esame di tale parte del ricorso.
  8. In conclusione, il ricorso n. 34163/07 deve essere cancellato dal ruolo della Corte nella misura in cui concerne la società ricorrente Hotel Promotion Bureau S.r.l.

II. IL DANNO PATRIMONIALE

A. Le domande dei ricorrenti e le osservazioni del Governo

  1. A titolo di commento preliminare, la Corte desidera sottolineare che i ricorrenti hanno formulato le loro domande di risarcimento del danno patrimoniale in modo globale, senza effettuare distinzioni tra le disposizioni della Convenzione cui esse dovrebbero essere connesse.

1. I ricorrenti

  1. la G.I.E.M. S.r.l.
  1. Nelle sue osservazioni la società ricorrente ha chiesto l’intero risarcimento del danno cbe sostiene di avere subito. Sulla base di una perizia elaborata dalla ditta Real Estate Advisory Group (REAG) e successivamente aggiornata dalla ditta Tammaccaro e soci, ha chiesto le seguenti somme:
    • in via principale, euro (EUR) 54.100.000 per i mancati utili;
    • in subordine,
    1. EUR 13.180.000 (oltre la rivalutazione dal 2009) per la perdita di valore dei terreni a causa della modifica della destinazione dei terreni registrata e dell’impossibilità di edificarvi, vale a dire EUR 13.200.000 (valore all’epoca della confisca) meno EUR 20.000 (valore dei terreni nel 2014) successivamente alla loro restituzione;
    2. EUR 8.760.338,38 per l’impossibilità di utilizzare i terreni dalla data della loro confisca alla data della loro restituzione avvenuta nel dicembre del 2013.
  1. la Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda
  1. Nelle loro osservazioni i ricorrenti hanno chiesto congiuntamente le seguenti somme, sulla base di una perizia elaborata dalla ditta Lionte:
    • in via principale,
    1. (i) EUR 12.920.355,83, importo equivalente al valore di mercato dei beni confiscati (mancata restituzione dei beni);
    2. (ii) EUR 12.502.155 per i mancati utili;
    3. (iii) EUR 900.000 per la perdita della clientela;
    4. (iv) EUR 624.178,06 importo equivalente all’accensione di un mutuo per finanziare l’operazione immobiliare;
    • in subordine,
    1. (i) la restituzione dei terreni e l’eliminazione di qualsiasi limitazione alla possibilità di edificarvi;
    2. (ii) EUR 7.360.896,71 per gli investimenti necessari alla ristrutturazione dei beni che le autorità avevano lasciato in stato di abbandono;
    3. (iii) EUR 12.502.155 per i mancati utili;
    4. (iv) EUR 900.000 per la perdita della clientela;
    5. (v) EUR 624.178,06 importo equivalente all’accensione di un mutuo per finanziare l’intera operazione immobiliare;
    • in ulteriore subordine,
    1. la restituzione dei terreni e l’eliminazione di qualsiasi limitazione alla possibilità di edificarvi;
    2. EUR 7.360.896,71 per le spese di restauro dei fabbricati;
    3. EUR 4.739.929,90 per l’impossibilità di utilizzare i terreni;
    4. EUR 624.178,06 importo equivalente all’accensione di un mutuo per finanziare l’intera operazione immobiliare.
    1. I ricorrenti hanno inoltre dichiarato che, secondo il “Patto per lo sviluppo della città di Reggio Calabria” del 2016, le spese di restauro del bene erano state stimate in EUR 2.900.000.
       
  1. la R.I.T.A. Sarda S.r.l.
  1. La società ricorrente ha chiesto, sulla base di una perizia elaborata dalla ditta Masini:
  • EUR 2.548.424,72 per i mancati utili;
  • EUR 3.568.742 (mancata restituzione dei beni) corrispondenti al valore di mercato dei terreni senza la possibilità di edificarvi;
  • EUR 1.612.694,08 (mancata restituzione dei beni) corrispondenti al valore di mercato dei fabbricati;
  • EUR 3.462.648,04 per l’impossibilità di utilizzare i beni.

2. Il Governo

  1. Il Governo ha presentato delle osservazioni in data 15 aprile 2019 e non ha formulato osservazioni in risposta a quelle formulate dai ricorrenti.
  2. Il Governo non ha contestato il principio della “totale eliminazione delle conseguenze della misura contestata” o l'approccio adottato nella sentenza Sud Fondi S.r.l. e altri c. Italia (equa soddisfazione, n. 75909/01, 10 maggio 2012), secondo il quale dovrebbe essere accordato ai ricorrenti un risarcimento per l'impossibilità di utilizzare i terreni a decorrere dal momento della confisca, corrispondente agli interessi legali per l'intero periodo calcolati sul valore dei beni.
  3. Quanto alla G.I.E.M. S.r.l., il Governo ha sottolineato che la Corte di cassazione, pronunciandosi sulla responsabilità penale degli amministratori di varie società, tra cui la Sud Fondi S.r.l., aveva ritenuto illegittimi i piani regolatori e le concessioni edilizie rilasciate e aveva conseguentemente stabilito che il piano regolatore in questione fosse stato adottato dal Comune di Bari in violazione delle norme regionali e nazionali. Pertanto, basandosi su un accertamento dell'Agenzia delle entrate, il Governo ha sostenuto che il valore dei terreni nel 2001 era pari a EUR 55.800 e il risarcimento per l'impossibilità di utilizzarli ammontava a EUR 18.150, e che se la Corte avesse riconosciuto che i terreni erano edificabili avrebbe allora dovuto essere accordata la somma di EUR 314.000.
  4. Quanto alla RITA Sarda S.r.l., il Governo ha presentato una perizia che ha tenuto conto soltanto dell'indennizzo per l’impossibilità di utilizzare i terreni, perché erano occupati, e ha adottato come base per il calcolo il valore dei beni senza alcuna possibilità di edificarvi. Il risarcimento di tale danno ammonterebbe, a suo avviso, a EUR 1.636.
  5. Infine, quanto alla Falgest S.r.l. e al Sig. Gironda, il Governo ha presentato due perizie che tenevano conto soltanto del risarcimento per l’impossibilità di utilizzare i terreni, poiché essi erano occupati: la prima perizia ha adottato come base per il calcolo il valore dei beni senza alcuna possibilità di edificarvi, mentre la seconda stimava il valore dei terreni con la possibilità di edificarvi, ma escludendo il valore dei fabbricati esistenti, o il periodo intercorrente tra il sequestro e la confisca. Gli importi risultanti sarebbero rispettivamente pari a EUR 5.089,38 ed EUR 28.306,14.

B. La valutazione della Corte

1. L’approccio seguito dalla Corte

  1. La Corte ribadisce la sua giurisprudenza nel senso che una sentenza in cui constata una violazione impone allo Stato convenuto l'obbligo legale di porre fine alla violazione e di riparare le sue conseguenze in modo tale da ripristinare per quanto possibile la situazione esistente prima della violazione (si vedano Kurić e altri c. Slovenia (equa soddisfazione) [GC], n. 26828/06, § 79, CEDU 2014, e Molla Sali c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 20452/14, § 32, 18 giugno 2020). Gli Stati contraenti che sono parti di una causa sono in linea di principio liberi di scegliere i mezzi mediante i quali conformarsi a una sentenza con la quale la Corte ha constatato una violazione.Tale discrezionalità riguardo alle modalità di esecuzione di una sentenza rispecchia la libertà di scelta connessa all'obbligo primario degli Stati contraenti ai sensi della Convenzione di assicurare i diritti e le libertà garantiti (articolo 1 della Convenzione). Se la natura della violazione consente la restitutio in integrum, spetta allo Stato convenuto effettuarla, non avendo la Corte né il potere né la possibilità pratica di farlo essa stessa. Se, invece, la legislazione nazionale non consente – o consente solo in parte – di porre rimedio alle conseguenze della violazione, l'articolo 41 autorizza la Corte ad accordare alla parte lesa la soddisfazione che ritiene appropriata (si vedano Brumărescu c. Romania (equa soddisfazione) [GC], n. 28342/95, § 20, CEDU 2001-I; Guiso-Gallisay c. Italia (equa soddisfazione) [GC], n. 58858/00, § 90, 22 dicembre 2009; e Nagmetov c. Russia [GC], n. 35589/08, §§ 65-66, 30 marzo 2017).
  2. Una volta riscontrata la violazione di una disposizione della Convenzione, la Corte deve accertare se possa essere stabilito un diretto nesso di causalità tra tale violazione e il danno asserito dal ricorrente (si vedano Olewnik-Cieplińska e Olewnik c. Polonia, n. 20147/15, § 150, 5 settembre 2019; Kurić e altri, sopra citata, § 81; e Molla Sali, sopra citata, § 32).
  3. La prova del danno patrimoniale, l'importo richiesto al riguardo e il nesso di causalità tra il danno e le violazioni riscontrate, devono in linea di principio essere addotti dal ricorrente(si vedano Thaleia Karydi Axte c. Grecia (equa soddisfazione), n. 44769/07, § 18, 10 febbraio 2011; Dumitru c. Romania (equa soddisfazione), n. 4710/04, § 11, 3 giugno 2014; e Zhidov e altri c. Russia (equa soddisfazione), nn. 54490/10 e altri 3, § 19, 17 marzo 2020).
  4. Nei casi di asserito danno patrimoniale derivante, come nel caso di specie, dalla confisca di beni immobili in violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, i fattori rilevanti di cui tenere conto per stabilire l'entità del danno includono in particolare il valore del terreno e/o dei fabbricati precedentemente alla loro confisca, se il terreno fosse o meno edificabile in quel momento, la destinazione del terreno in questione ai sensi della legislazione pertinente e dei piani regolatori, la durata dell'impossibilità di utilizzare il terreno e la perdita di valore causata dalla confisca deducendo, se del caso, il costo della demolizione di eventuali fabbricati abusivi.
  5. Per valutare la durata dell'impossibilità di utilizzare il terreno in questione, la Corte prenderà come punto di partenza la confisca di tale terreno e non un precedente sequestro che può essere stato eseguito a tale riguardo. Ciò in quanto nella sentenza di merito soltanto le effettive confische hanno dato luogo alle violazioni riscontrate.
  6. Nell'applicare l'articolo 41 la Corte gode di una certa discrezionalità riguardo alla valutazione del danno che deve essere risarcito, come attestato dall'aggettivo “giusto” e dalla frase “se necessario” (si veda Comingersoll S.A. c. Portogallo [GC], n. 35382/97, § 29, CEDU 2000-IV). Come dimostra la giurisprudenza, tali considerazioni sorgono in particolare quando la Corte non ritiene possibile o conveniente calcolare l'esatto valore del danno che deve essere risarcito.
  7. Nel caso di specie la Corte ha riscontrato, nella sua sentenza di merito, la violazione dell'articolo 6 § 2 nei confronti del Sig. Gironda, dell'articolo 7 nei confronti delle società ricorrenti e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 nei confronti di tutti i ricorrenti. Tuttavia, non è necessario che essa si pronunci sulla questione di sapere se una violazione dell'articolo 6 § 2 della Convenzione possa dare luogo a un danno che deve essere risarcito, poiché in ogni caso non sussiste alcun nesso di causalità tra le domande del Sig. Gironda tese a ottenere il risarcimento del danno patrimoniale e la violazione del suo diritto alla presunzione di innocenza. Per quanto riguarda le violazioni dell'articolo 7, anche supponendo che possano dare luogo al risarcimento del danno patrimoniale, tale risarcimento non poteva aumentare l'importo da accordare in relazione alle accertate violazioni dell'articolo 1 del Protocollo n. 1. La Corte può quindi concentrarsi su quest'ultimo.
  8. La Corte rileva infine alcune analogie tra la presente causa e la causa Sud Fondi S.r.l. e altri c. Italia ((merito), n. 75909/01, 20 gennaio 2009), riguardanti entrambe confische di beni immobili che comportano violazioni dell'articolo 7 della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1. Detto ciò, la Corte osserva anche che la natura delle violazioni nelle rispettive cause è notevolmente differente: mentre nella sentenza Sud Fondi S.r.l. e altri (ibid.) le violazioni sono state riscontrate a causa dell’assenza di una base giuridica dei sequestri in questione, che li rendeva quindi arbitrari, nel caso di specie le violazioni sono principalmente di natura processuale, derivanti unicamente dal fatto che le società ricorrenti non erano parti dei relativi procedimenti. Pertanto, la presente causa dovrebbe essere distinta dalla causa Sud Fondi S.r.l. e altri per diversi aspetti.
  9. La violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 – riscontrata nel caso di specie nella sentenza di merito – ha innegabilmente comportato che i ricorrenti abbiano subito un danno patrimoniale. Alla luce delle loro rispettive osservazioni e delle prove addotte in esse, la Corte valuterà l'esistenza e l'entità di ciascuna voce del danno invocato dai ricorrenti, applicando la metodologia esposta nei paragrafi 37-42 supra.

2. Le voci del danno patrimoniale che devono essere risarcite

  1. In considerazione del fatto che i terreni e i fabbricati in questione sono già stati restituiti ai ricorrenti, la Corte terrà conto soltanto delle domande di risarcimento concernenti:
    1. l’impossibilità di utilizzare i terreni;
    2. il deterioramento dei fabbricati;
    3. la perdita di valore dei beni precedentemente alla restituzione.

a. Il risarcimento per l’impossibilità di utilizzare i terreni successivamente alla loro confisca

  1. La Corte sottolinea di avere stabilito nella causa Sud Fondi r.l. e altri ((equa soddisfazione), sopra citata, § 57) che il risarcimento dovuto per l’impossibilità di utilizzare un terreno era basato sul probabile valore del terreno all’inizio della situazione lamentata e che il danno derivante da tale impossibilità poteva essere risarcito mediante il pagamento di una somma corrispondente agli interessi legali maturati durante tale periodo, applicati al valore del terreno determinato in tal modo.
  2. Quanto al dies a quo del periodo in questione, la Corte rinvia al paragrafo 41 supra, nel quale ha ritenuto opportuno nel caso di specie calcolare il danno a decorrere dalla data della confisca del bene.
  3. È pertanto necessario esaminare, caso per caso, se i terreni in questione fossero edificabili o meno, qualità che ha un notevole impatto sul valore dei terreni. La Corte esaminerà ora tale questione in prosieguo.
     

i. la G.I.E.M. S.r.l.

  1. La società ricorrente ha chiesto alla Corte di dichiarare che i terreni erano edificabili, in particolare per i seguenti motivi: (a) tale qualità era dimostrata dal certificato di pianificazione all’epoca della confisca; (b) la sentenza della Sezione penale della Corte di cassazione non aveva effetto erga omnes e in ogni caso, come sottolineato dalla Corte nella sua sentenza di merito (sopra citata, 127), non comportava l’annullamento di atti amministrativi; e (c) nella sentenza Sud Fondi S.r.l. e altri (ibid.), la perizia presentata dal Governo non aveva messo in discussione la possibilità di edificare sul terreno all’epoca della confisca.
    Il Governo ha contestato tale rilievo. Ha argomentato che, al fine di determinare un risarcimento corrispondente agli interessi legali maturati in relazione al valore dei beni per tutto il periodo in questione, non si dovesse tenere conto della possibilità di edificare sul terreno in quanto la legislazione pertinente proibiva di edificare su di esso. Ciò era stato confermato dalla Corte di cassazione la quale, pronunciandosi sulla responsabilità penale degli amministratori di varie società, tra le quali vi era la Sud Fondi S.r.l., aveva ritenuto illegittimi i piani regolatori e le concessioni edilizie.
  2. Secondo la Corte la società ricorrente non aveva controbattuto a tale rilievo del Governo. Alla luce della sentenza della Corte di cassazione – in una causa concernente altre parti ma relativa al medesimo terreno – che aveva ritenuto illegittimi i piani regolatori e le concessioni edilizie, la Corte ritiene che la possibilità di edificare sul terreno in questione non sia stata provata.
  3. Conseguentemente, seguendo l’approccio descritto nei paragrafi 37-45 supra, la Corte accorda alla società ricorrente, sulla base della sua impossibilità di utilizzare i beni, un risarcimento pari a EUR 35.000.

ii. la Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda

  1. La Corte osserva che i ricorrenti e il Governo hanno accettato il principio secondo il quale il danno derivante dall'impossibilità di utilizzare un terreno può essere risarcito mediante il pagamento di una somma corrispondente agli interessi legali maturati durante tale periodo applicati al valore del terreno.
  2. Quanto al calcolo del valore dei beni in questione, il Governo li considerava terreni non edificabili e non ha tenuto conto del valore dei fabbricati siti su di essi, in quanto riteneva che fossero stati eretti illegalmente.I ricorrenti hanno contestato tale rilievo.
  3. Secondo la Corte è opportuno tenere conto dell'impossibilità per i ricorrenti di utilizzare il ,loro terreno nel periodo compreso tra la confisca e la restituzione dello stesso.
  4. Quanto all'edificabilità o meno dei terreni, la Corte osserva che, a differenza delle cause relative alle società G.I.E.M. S.r.l. e R.I.T.A. Sarda S.r.l., i terreni in questione erano edificabili in misura molto limitata sulla base delle disposizioni regolamentari vigenti all’epoca dell’edificazione. La Corte di cassazione ha ritenuto che le opere edilizie realizzate non avessero osservato tali disposizioni e che la conseguente lottizzazione fosse illegittima (si veda G.I.E.M. S.r.l. e altri, sopra citata, § 86). Conseguentemente, i ricorrenti non hanno dimostrato che sarebbero stati in grado di cedere i loro terreni nonostante l’erezione su di esso di fabbricati la cui natura non corrispondeva a quella precisata nelle relative concessioni edilizie. Si dovrebbe tenere conto di tale fatto nella valutazione del danno.
  5. Conseguentemente, alla luce di tali considerazioni e applicando l’approccio descritto sopra (si vedano i paragrafi 37-45 supra), la Corte accorda alla società Falgest S.r.l. e al Sig. Gironda, congiuntamente, per la loro impossibilità di utilizzare i loro beni, un risarcimento pari a EUR 700.000.

iii. la R.I.T.A. Sarda S.r.l.

  1. La Corte nota che la società ricorrente ha chiesto in particolare il risarcimento per la perdita causata dalla sua impossibilità di utilizzare i terreni non edificabili e i fabbricati. Il Governo ha tenuto conto soltanto della domanda di risarcimento relativa all'impossibilità di utilizzare i terreni perché erano occupati e ha adottato come base del suo calcolo il valore dei terreni privi della possibilità di edificare su di essi.
  2. La Corte sottolinea che i giudici nazionali hanno stabilito che i terreno della società ricorrente non erano edificabili a causa dei vincoli imposti dalla legge regionale sulla tutela del paesaggio e dell'ambiente (ibid., § 72), e che la società stessa, nelle sue osservazioni relative all'equa soddisfazione, ha calcolato il valore di mercato dei terreni sulla base del presupposto che essi non fossero edificabili. La Corte osserva, infine, che i fabbricati sono stati realizzati sulla base di autorizzazioni concesse dalle autorità comunali e regionali, le quali, come rilevato dai giudici penali, avevano agito in violazione dei divieti previsti dalla legge (ibid., §§ 72 e 73).
  3. Alla luce di quanto sopra e adottando l’approccio indicato sopra nei paragrafi 37-45, la Corte accorda alla società ricorrente EUR 35.000 per la sua impossibilità di utilizzare i beni.

b. Il risarcimento per il deterioramento dei fabbricati (la Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda)

  1. La società ricorrente Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda hanno chiesto un risarcimento del danno subito dai fabbricati lasciati abbandonati dalle autorità a decorrere dal momento del loro sequestro a quello della loro restituzione.
  2. La Corte rileva che i ricorrenti hanno eretto i fabbricati in questione in violazione delle autorizzazioni amministrative. Conseguentemente, ritiene che non sia dovuto alcun risarcimento a tale titolo.

c. Il risarcimento per la perdita di valore dei beni derivante dalla modifica del piano regolatore precedentemente alla restituzione e dalle decisioni dei giudici penali che hanno ritenuto illegittimi gli atti amministrativi (la G.I.E.M. S.r.l.)

  1. La società ricorrente ha chiesto, oltre al risarcimento per l’impossibilità di utilizzare i suoi beni, la concessione di un risarcimento per la perdita di valore a causa del fatto che essi non erano più edificabili. Il Governo ha contestato tale rilievo, sostenendo che si trattasse di terreni inedificabili ab initio.
  2. La Corte sottolinea che nella sua sentenza di merito ha ritenuto che l’automatica applicazione della confisca nei casi di lottizzazione abusiva non fosse conforme ai principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 1 del Protocollo n. 1. Tuttavia, la modifica della destinazione d’uso di un terreno e la perdita della qualità di terreno edificabile non sono state sollevate nel contesto della sentenza di merito. Si tratta pertanto di questioni che non hanno alcun rapporto con le violazioni riscontrate. Se i ricorrenti avessero voluto lamentare tali violazioni e chiedere un risarcimento a tale riguardo avrebbero dovuto investirne la Corte separatamente. In assenza di un nesso di causalità con la misura di confisca, nel calcolo del risarcimento dovuto non si può tenere conto della perdita di valore del terreno derivante dalla modifica della sua destinazione e della perdita della sua qualità di terreno edificabile (si veda, mutatis mutandis, Sud Fondi r.l. e altri (equa soddisfazione), sopra citata, § 30).
  3. Lo stesso vale per la perdita di valore del bene causata dalle decisioni dei giudici penali che hanno ritenuto illegittimi gli atti amministrativi. In ogni caso, la domanda della società ricorrente contrasta con la sua affermazione secondo la quale la sentenza della Corte di cassazione non aveva alcun impatto sulla questione di sapere se i terreni fossero edificabili o meno. A tale riguardo, la Corte osserva che, secondo le informazioni di cui dispone, il procedimento è ancora in corso nei tribunali nazionali (si veda la sentenza di merito I.E.M. S.r.l. e altri, sopra citata, § 43; nonché §§ 173 e 176 di essa).

III. IL DANNO NON PATRIMONIALE

  1. A eccezione della società R.I.T.A. Sarda S.r.l., i ricorrenti hanno inoltre chiesto il risarcimento del danno non patrimoniale. Essi hanno chiesto le seguenti somme: la società G.I.E.M. S.r.l., il 5% del danno patrimoniale; la società Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda, EUR 150.000 ciascuno.
  2. Il Governo non si è opposto specificamente a tali richieste.
  3. La Corte ribadisce di non poter escludere la possibilità che possa essere accordato un risarcimento per il danno patrimoniale dedotto da una persona giuridica.Se debba essere accordato un risarcimento dipenderà dalle circostanze di ciascuna causa (si veda Comingersoll, sopra citata, §§ 32-35).Nel caso di specie, la situazione in questione deve aver causato, nei confronti delle due società ricorrenti, dei loro amministratori e dei loro azionisti, un notevole disagio, se non altro nello svolgimento degli affari quotidiani della società, che giustifica la concessione di un risarcimento a tale titolo.
  4. La Corte accorda alle società G.I.E.M. S.r.l. e Falgest S.r.l. e al Sig. Gironda la somma di EUR 10.000 ciascuno.

IV. LE SPESE

  1. I ricorrenti hanno chiesto rispettivamente le seguenti somme: (a) la G.I.E.M. S.r.l., EUR 116.364 per le spese sostenute nei procedimenti dinanzi ai tribunali nazionali ed EUR 209.200 per quelle sostenute dinanzi alla Corte; (b) la Falgest S.r.l. e il Sig. Gironda, EUR 5.000 per le spese sostenute nei procedimenti dinanzi ai tribunali nazionali ed EUR 360.501,44 per quelle sostenute dinanzi alla Corte, oltre EUR 34.160 per la perizia dinanzi alla Camera ed EUR 1.500.000, o una somma inferiore a seconda del risarcimento accordato dalla Corte, per le spese per una nuova perizia dinanzi alla Grande Camera; (c) la R.I.T.A. Sarda S.r.l., EUR 30.117,57 per il procedimento dinanzi alla Camera.
  2. Il Governo non ha formulato osservazioni specifiche in relazione a tali richieste.
  3. Secondo la giurisprudenza della Corte, il ricorrente ha diritto al rimborso delle spese soltanto nella misura in cui ne sia dimostrata la realtà e la necessità e il loro importo sia ragionevole. Nel caso di specie, tenendo conto della documentazione di cui è in possesso e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole, deliberando in via equitativa, accordare le seguenti somme per tutte le spese: EUR 70.000 alla società G.I.E.M. S.r.l., EUR 70.000 alla società Falgest S.r.l. e al Sig. Gironda congiuntamente, ed EUR 30.000 alla società R.I.T.A. Sarda S.r.l.

V. GLI INTERESSI MORATORI

  1. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Ritiene che il ricorso n. 34163/07 debba essere cancellato dal ruolo nella misura in cui concerne la società Hotel Promotion Bureau S.r.l.;
  2. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare ai ricorrenti, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. alla G.I.E.M. S.r.l.: EUR 35.000 (euro trentacinquemila) per il danno patrimoniale, EUR 000 (euro diecimila) per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta in relazione a tali somme, ed EUR 70.000 (euro settantamila) per le spese oltre l’importo eventualmente dovuto dalla società ricorrente a titolo di imposta in relazione a tale somma;
      2. alla R.I.T.A. Sarda S.r.l.: EUR 35.000 (euro trentacinquemila) per il danno patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta in relazione a tale somma, ed EUR 30.000 (euro trentamila) per le spese, oltre l’importo eventualmente dovuto dalla società ricorrente a titolo di imposta in relazione a tale somma;
      3. alla Falgest S.r.l. e al Sig. Gironda: EUR 700.000 (euro settecentomila) congiuntamente per il danno patrimoniale, ed EUR 10.000 (euro diecimila) ciascuno per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta in relazione a tali somme, ed EUR 70.000 (euro settantamila) congiuntamente per le spese, oltre l’importo eventualmente dovuto dai ricorrenti a titolo di imposta in relazione a tale somma;
    2. che, a decorrere dalla scadenza dei summenzionati tre mesi e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  3. Respinge la domanda di equa soddisfazione formulate dai ricorrenti per il resto.

Fatta in inglese e francese e notificata per iscritto in data 12 luglio 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Siofra O’Leary
Presidente

Johan Callewaert
Cancelliere aggiunto

In conformità all’articolo 45 § 2 della Convenzione e all’articolo 74 § 2 del Regolamento della Corte, è allegata alla presente sentenza l’opinione separata del Giudice R. Sabato.

S.O.L.
J.C.

OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE SABATO

  1. Ho trovato convincenti e concordato con le conclusioni della presente sentenza di equa soddisfazione secondo la quale:
    • non era necessario pronunciarsi sulla questione di sapere se la violazione dell'articolo 6 § 2 della Convenzione potesse dare luogo a un danno che doveva essere risarcito, non sussistendo in ogni caso alcun nesso di causalità tra le pretese del Sig. Gironda relative al danno patrimoniale e la violazione del suo diritto alla presunzione di innocenza (si veda il paragrafo 43 della presente sentenza);
    • quanto alle violazioni dell'articolo 7, anche supponendo che potessero dare luogo a un risarcimento del danno patrimoniale, tale risarcimento non poteva aumentare l'importo da accordare in relazione alle accertate violazioni dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 (); e
    • quanto a queste ultime violazioni, che la loro natura era significativamente diversa da quella delle violazioni rilevate nella sentenza Sud Fondi Srl e altri c. Italia (la sentenza principale e quella di equa soddisfazione sono state citate sopra nella presente sentenza), pertanto “la presente causa dovrebbe essere distinta dalla causa Sud Fondi S.r.l. e altri (…) per diversi aspetti”: in tal modo per esempio, “mentre nella sentenza Sud Fondi S.r.l. e altri (…) le violazioni sono state riscontrate a causa dell’assenza di una base giuridica dei sequestri in questione, che li rendeva quindi arbitrari, nel caso di specie le violazioni sono principalmente di natura processuale, derivanti unicamente dal fatto che le società ricorrenti non erano parti dei relativi procedimenti” (si veda il paragrafo 44 della presente sentenza).
  2. Devo, tuttavia, sottolineare che il motivo di distinzione individuato nella natura processuale delle violazioni attiene nel caso di specie essenzialmente alle violazioni riscontrate nella sentenza principale (si veda I.E.M. S.r.l. e altri c. Italia [GC], nn. 1828/06 e altri 2, 28 giugno 2018, in prosieguo la “sentenza principale”) in relazione all’articolo 7 (vale a dire le violazioni riguardo alle quali sussistevano legittimi dubbi in ordine alla possibilità che causassero un danno patrimoniale nel dato contesto, e in ordine alle quali in ogni caso la Grande Camera ha ritenuto che “non potevano aumentare l'importo da accordare in relazione alle accertate violazioni dell'articolo 1 del Protocollo n. 1” – si veda il paragrafo 43 della presente sentenza).
  3. Più opportunamente, ai sensi dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, a mio modesto avviso, il fondamentale elemento distintivo era che, mentre nella sentenza Sud Fondi la confisca dei beni non era stata basata su una legge di qualità sufficiente ed era quindi arbitraria, nel caso di specie la confisca è stata sproporzionata, in quanto l'automatica applicazione della confisca nei casi di lottizzazione abusiva, prevista – eccetto che nei confronti di terzi in buona fede – dalla legislazione italiana non ha consentito ai giudici di accertare quali fossero gli strumenti più idoneiin relazione alle specifiche circostanze del caso o, più in generale, di ponderare il fine legittimo con i diritti delle persone interessate dalla sanzione (si veda il paragrafo 5 della presente sentenza).
  4. Tuttavia, nella sentenza principale, il fatto che le società ricorrenti non fossero parti dei procedimenti contestati, e quindi non godessero di alcuna pertinente garanzia processuale, è stato menzionato anche quale parte della valutazione di non proporzionalità (si veda la sentenza principale, §§ 303-04).
  5. Passando ora alla concreta determinazione dell’equa soddisfazione da accordare, desidero precisare che ho trovato convincenti e condivisibili anche le conclusioni secondo le quali:
    • l'unica voce del danno patrimoniale avente un nesso di causalità con le violazioni era l'impossibilità di utilizzare i terreni, mentre non sussisteva alcun nesso riguardante il deterioramento e/o la perdita di valore dei beni precedentemente alla restituzione (si vedano i paragrafi 47, 62 e 64-65 della presente sentenza);
    • al fine di risarcire l'impossibilità di utilizzare il terreno, il criterio adottato deve in linea di principio – come ritenuto nella giurisprudenza della Corte – essere che il calcolo si basi esclusivamente sugli interessi legali applicati al “valore di mercato” del terreno (si veda il paragrafo 47 della presente sentenza) all’epoca delle confische (si vedano i paragrafi 41 e 48), nel periodo decorrente dalla confisca alla restituzione dei beni; e 
    • il “valore di mercato” del terreno doveva essere determinato in base ai seguenti criteri: se il terreno fosse o meno edificabile al momento della confisca in relazione alla destinazione d'uso del terreno in questione ai sensi della legislazione pertinente e dei piani regolatori, come accertato anche con riferimento a valutazioni giudiziarie nazionali; la durata dell'impossibilità di utilizzare il terreno; e la perdita di valore causata dalla confisca deducendo, se del caso, il costo della demolizione di eventuali fabbricati abusivi, costo il cui calcolo – osservo – è essenziale nella tutela dell'ambiente e che potrebbe in alcuni casi comportare anche valori negativi (si veda il paragrafo 40 della presente sentenza).
  6. Detto ciò, ritengo che le specificità della causa, rispetto a quelle di cui alla causa Sud Fondi S.r.l. e altri, avrebbe potuto giustificare l'inclusione di due ulteriori criteri di valutazione del valore di mercato dei terreni nel presente contesto. Il primo criterio, a mio modesto avviso, avrebbe dovuto essere la perdita di valore che i terreni avrebbero subito se le autorità – invece di disporre l'automatica, e quindi sproporzionata, confisca totale – avessero adottato un provvedimento più adeguato, limitato e proporzionato, adeguato alla situazione concreta, per esempio, la confisca della sola parte del terreno sulla quale erano stati eretti i fabbricati; o se fosse stato emesso un decreto di pignoramento dei terreni a titolo di garanzia per assicurare il pagamento di una sanzione pecuniaria inflitta contestualmente, ecc. Infatti, una sentenza della Corte che constata la violazione della Convenzione pone in capo allo Stato convenuto l’obbligo giuridico di fare cessare la violazione e riparare le sue conseguenze in modo da ripristinare per quanto possibile la situazione esistente precedentemente alla violazione (si veda il paragrafo 37 della presente sentenza), ma non di creare una situazione migliore di quella esistente precedentemente.
  7. 7. Lo stesso può dirsi per la restituzione dei beni, che sono stati restituiti nella loro interezza a tutti i ricorrenti (si veda il paragrafo 13 della presente sentenza): anche questo costituisce un miglioramento rispetto alla situazione esistente precedentemente alla violazione, mentre avrebbe potuto essere adottata una misura proporzionata in modo da privare i ricorrenti soltanto di parte del valore dei terreni. Suggerirei, pertanto, di aggiungere un secondo criterio: il valore della perdita evitata in tal modo avrebbe dovuto essere calcolata a favore dello Stato convenuto.
  8. L’assenza di considerazione dei criteri di cui sopra mi ha fatto esitare ad accettare la concessione delle somme indicate nei paragrafi 52, 57 e 60 della presente sentenza. Infatti, la constatazione che l'automatica applicazione della confisca fosse sproporzionata significava che la Corte avrebbe potuto ammettere che una minore ingerenza sarebbe stata conforme all'articolo 1 del Protocollo n. 1. Pertanto, dato che la misura non era “illicite en soi” (questione cui la sentenza principale non ha risposto), ma unicamente sproporzionata (si veda la sentenza principale, sopra citata, §§ 303-04), e quindi una violazione meno grave, tale constatazione avrebbe dovuto spianare la strada all'approccio utilizzato nei casi in cui la constatazione di violazione non è basata sull'illegittimità del provvedimento. Questo è stato il caso, per esempio, nella sentenza Terazzi S.r.l. c. Italia ((equa soddisfazione), n. 27265/95, § 34, 26 ottobre 2004), nella quale la Corte ha ritenuto (la sottolineatura è mia): “Quant à l’indemnisation à fixer en l’espèce, celle-ci n’aura pas, contrairement à celle octroyée dans les affaires concernant des dépossessions illicites en soi, à refléter l’idée d’un effacement total des conséquences de l’ingérence litigieuse (...)”[1].
  9. Tuttavia una questione più importante mi ha spinto a esprimere le mie opinioni separatamente nel presente parere. Osservo che nella sentenza principale la Grande Camera, trattando le eccezioni relative all'abuso del diritto di ricorso e al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne (si veda la sentenza principale, sopra citata, §§ 173-74), ha ritenuto che i procedimenti instaurati dalla G.I.E.M. S.r.l. dinanzi ai giudici nazionali e quelli instaurati dinanzi a questa Corte perseguissero obiettivi e finalità differenti.
  10. È, tuttavia, innegabile che la G.I.E.M. S.r.l. abbia chiesto dinanzi a entrambe le autorità giudiziarie le medesime voci di risarcimento (si veda la sentenza principale, § 43, e, per un elenco delle voci di risarcimento chieste dinanzi alla Corte, il paragrafo 28 della presente sentenza). La Grande Camera avrebbe dunque potuto scegliere di non pronunciarsi sulla domanda relativa al danno patrimoniale, avendo la G.I.E.M. S.r.l. scelto di adire la Corte prima della conclusione di tale procedimento nazionale (si veda, per considerazioni analoghe, sebbene in un contesto differente, Canè e altri c. Malta(dec.), n. 24788/17, § 75, 13 aprile 2021).
  11. 11. Ciò non è accaduto e la questione è menzionata frettolosamente nel paragrafo 65 della presente sentenza. Sta di fatto, pertanto, che, nella presente sentenza, la Corte ha statuito (concedendo o rigettando) tutti le voci relative al danno patrimoniale (e anche non patrimoniale) conseguenti ai fatti e alle omissioni lamentati nella sentenza principale, a prescindere dalle conclusioni raggiunte (ai fini della ricevibilità) nei paragrafi 173-74 e 176 della sentenza principale.
  12. In tale situazione, è necessario rinviare alla giurisprudenza della Corte, che risolve i problemi connessi al rischio che, una volta che la Corte ha accordato i risarcimenti, o ha respinto le richieste, il ricorrente possa essere risarcito due volte, oppure possa essere risarcito nonostante il rigetto da parte della Corte. Il principio applicabile è che le autorità nazionali debbano inevitabilmente prendere atto della concessione di risarcimenti (o dei rigetti) da parte della Corte (sia la concessione di risarcimenti che i rigetti sono decisioni definitive e complete delle doglianze di un ricorrente) in relazione alle pretese nazionali di un ricorrente (si vedano, mutatis mutandis, Serghides c. Cipro (equa soddisfazione), n. 44730/98, § 29, 10 giugno 2003; Serrilli c. Italia (equa soddisfazione), n. 77822/01, § 17, 17 luglio 2008; e Silva Barreira Júnior c. Portogallo, nn. 38317/06 e 38319/06, § 40, 11 gennaio 2011). Ciò è particolarmente importante nella situazione della G.I.E.M. S.r.l., in quanto sembra che le osservazioni e le perizie menzionate nel paragrafo 28 della presente sentenza contemplino ogni possibile elemento del danno.

Appendice

Elenco dei ricorsi:

N.

Numero del ricorso

Data di presentazione

Ricorrente

Luogo di residenza o sede sociale

1.

1828/06

21/12/2005

G.I.E.M. S.R.L.

Bari

2.

34163/07

02/08/2007

HOTEL PROMOTION BUREAU S.R.L.
Roma

R.I.T.A. SARDA S.R.L.

Roma

3.

19029/11

23/03/2011

FALGEST S.R.L.
Pellaro


Filippo GIRONDA

Pellaro

 

[1] “Quanto al risarcimento che deve essere accordato nel caso di specie, esso a differenza del risarcimento concesso nei casi di espropriazione di per sé illegittima non deve rispecchiare l’idea di una totale eliminazione delle conseguenze dell’ingerenza in questione ( ...)”