Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 30 maggio 2023 - Ricorsi nn. 47998/2020 - 23142/2021 - Ettore Nuti c. Italia e Sara Dallabora e altri contro l’Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorsi nn. 47998/20 e 23142/21
Ettore NUTI contro l’Italia
e Sara DALLABORA e altri contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita il 30 maggio 2023 in un comitato composto da:

Péter Paczolay, presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,

Visti:

i ricorsi proposti contro la Repubblica italiana dai ricorrenti i cui nomi e informazioni sono riportati nella tabella allegata alla presente decisione («i ricorrenti»), che hanno adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»), nelle date ivi indicate,

la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo»), rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, avvocato dello Stato, le doglianze relative agli articoli 8 e 14 della Convenzione, e di dichiarare irricevibile per il resto il ricorso n. 47998/20,

le osservazioni comunicate dal governo convenuto e quelle comunicate in risposta dai ricorrenti,

le osservazioni comunicate dalle organizzazioni Ordo Iuris e Unione forense per la tutela dei diritti umani, che il presidente della sezione aveva autorizzato a partecipare in qualità di terzi intervenienti (articolo 36 § 2 della Convenzione);

Dopo aver deliberato, emette la seguente decisione:

OGGETTO DELLA CAUSA

  1. I ricorsi riguardano il rifiuto di trascrivere nei registri dello stato civile italiano l’atto di nascita di bambini nati in Italia da coppie omosessuali mediante procreazione medicalmente assistita (PMA) praticata all’estero, poiché tali atti di nascita indicano la madre intenzionale come madre dei bambini. I ricorrenti (si tratta, nel ricorso n. 47998/20 del minore, e nel ricorso n. 23142/21 della madre biologica, della madre intenzionale e di due minori) denunciano una violazione dell’articolo 8, da solo e in combinato disposto con l’articolo 14 della Convenzione.
  2. L’elenco dei ricorrenti e le precisazioni pertinenti sui ricorsi sono riportati nella tabella allegata alla presente decisione.

VALUTAZIONE DELLA CORTE

  1. Tenuto conto della similitudine dei ricorsi per quanto riguarda il loro oggetto, la Corte ritiene opportuno esaminarli congiuntamente in una sola decisione.
  2. I ricorrenti lamentano che il rifiuto di riconoscere il rapporto di filiazione tra le madri intenzionali e i bambini costituisce una violazione del loro diritto al rispetto della loro vita privata e familiare. Inoltre, ritengono che la possibilità di avviare una procedura di adozione anziché far riconoscere l’atto di nascita dei bambini interessati non possa essere considerata un rimedio a tale violazione.
  3. La Corte osserva che il Governo non contesta che la doglianza dei ricorrenti rientra nel campo di applicazione dell’articolo 8 della Convenzione.
  4. La Corte rammenta innanzitutto che il rispetto della vita privata esige che ogni bambino possa stabilire i dettagli della propria identità di essere umano, il che comprende la sua filiazione (Mennesson c. Francia, n. 65192/11, §§ 46 e 96, CEDU 2014).
  5. Inoltre, la Corte rammenta che, ai fini dell’applicazione del profilo relativo alla vita familiare dell’articolo 8, è sufficiente che i genitori intenzionali si occupino fin dalla nascita di un bambino nato da una PMA come lo farebbero dei genitori biologici, e che figli e genitori conducano insieme una vita che non si distingue dalla «vita familiare» comunemente intesa (mutatis mutandis Mennesson, sopra citata, § 44).
  6. Da quanto sopra esposto, la Corte conclude che l'articolo 8 della Convenzione è applicabile alla doglianza dei ricorrenti sia per quanto riguarda il profilo relativo alla «vita privata» che per quanto riguarda il profilo relativo alla «vita familiare»
  7. Inoltre, la Corte ritiene che non vi sia alcun dubbio che vi è stata ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare di tutti i ricorrenti. L’ingerenza in questione perseguiva due degli scopi legittimi elencati nell'articolo 8 § 2 della Convenzione: la protezione della salute e la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
  8. Rimane da stabilire se tale ingerenza fosse necessaria in una società democratica per raggiungere questi scopi, poiché la nozione di «necessità» implica un'ingerenza fondata su un bisogno sociale imperioso e, soprattutto, proporzionato allo scopo legittimo perseguito.
  9. La Corte ritiene che le circostanze delle cause esaminate congiuntamente in questo caso siano simili a quelle della causa B. e altri c. Svizzera (nn. 58817/15 e 58252/15, 22 novembre 2022), e constata che i principi elaborati, da un lato, nelle cause Mennesson (sopra citata) e Labassee c. Francia (n. 65941/11, 26 giugno 2014), e, dall’altro, nel parere consultivo relativo al riconoscimento nel diritto interno di un rapporto di filiazione tra un bambino nato da una gestazione per altri praticata all'estero e la madre intenzionale [GC] (domanda n. P16-2018-001, Corte di cassazione francese, 10 aprile 2019), e infine nella causa D c. Francia (n. 11288/18, 16 luglio 2020), possono applicarsi al caso di specie, e più precisamente alla questione del rapporto di filiazione tra le madri intenzionali e i bambini nati a seguito di una PMA.
  10. Innanzitutto, la Corte rammenta che l'interesse superiore del minore comprende inter alia l'individuazione, in diritto, delle persone che hanno la responsabilità di crescerlo, di soddisfare i suoi bisogni e di assicurare il suo benessere, nonché la possibilità di vivere e di svilupparsi in un ambiente stabile (parere consultivo P16-2018-001, sopra citato, § 42). Per questo motivo, il rispetto della vita privata del minore richiede che il diritto interno offra la possibilità di riconoscere un rapporto di filiazione tra il minore e il genitore intenzionale (ibidem, dispositivo, § 1). Di conseguenza, il margine di apprezzamento degli Stati è limitato per quanto riguarda il principio stesso dell’accertamento o del riconoscimento della filiazione (ibidem, §§ 44-46). Inoltre, la Corte ritiene che trattandosi di questioni che mettono in gioco l’interesse del minore, l’orientamento sessuale dei genitori non possa essere tenuto in considerazione. Per contro, la Corte rammenta che, sebbene il principio stesso dell’accertamento o del riconoscimento della filiazione lasci agli Stati solo un margine di apprezzamento limitato, questo margine è più ampio per quanto riguarda i mezzi da utilizzare a tale scopo (ibidem, § 51).
  11. La Corte osserva che in Italia, come ribadito anche dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 8029 del 2020, la PMA tra persone dello stesso sesso senza legame biologico è espressamente esclusa dalla legge.
  12. Secondo la Corte di cassazione, che si è pronunciata nell’ambito del ricorso n. 47998 del 2020, «l’interesse del minore non è in gioco, dal momento che il rifiuto opposto dall'ufficiale di stato civile non è idoneo a pregiudicare la stabilità del contesto familiare in cui si svolge la vita di relazione dell’interessato» e «il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l’articolo 4, comma 3, della legge n. 40 del 2004 e con l’esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto».
  13. A tale riguardo, la Corte di cassazione nella sentenza n. 32 del 2021 ha affermato che un intervento del legislatore risulta necessario. «Da quanto detto risulta evidente che i nati a seguito di PMA eterologa praticata da due donne versano in una condizione deteriore rispetto a quella di tutti gli altri nati, solo in ragione dell’orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il progetto procreativo. Essi, destinati a restare incardinati nel rapporto con un solo genitore, proprio perché non riconoscibili dall’altra persona che ha costruito il progetto procreativo, vedono gravemente compromessa la tutela dei loro preminenti interessi.»
  14. La Corte constata che il 24 febbraio 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionali le disposizioni relative all’adozione «in casi particolari» nella parte in cui prevedono che l’adozione non induce tra l’adottato e i parenti dell’adottante lo stesso rapporto di parentela che creano gli altri tipi di adozione.
  15. La Corte osserva altresì che, nel caso del ricorrente del ricorso n. 47998/20, la Corte di cassazione ha rammentato che il riconoscimento ormai generalizzato della capacità delle coppie omosessuali di accogliere, crescere ed educare i figli, che ha condotto a ritenere ammissibile l’adozione del minore da parte del partner dello stesso sesso del genitore biologico, ai sensi articolo 44, comma 1, lettera d) della legge n. 184 del 1983, nonché la trascrizione dell’atto di nascita validamente formato all’estero dal quale risulti che il nato è figlio di due donne, non giustificava la prospettazione di un meccanismo d’instaurazione del relativo rapporto alternativo a quello fondato su tale dato, non dovendo la predetta genitorialità esprimersi necessariamente nelle medesime forme giuridiche previste per il figlio nato dal matrimonio o riconosciuto successivamente.
  16. Basandosi sui principi sopra esposti e osservando che, a partire dal 2014, vari tribunali hanno iniziato ad ammettere il ricorso da parte del genitore intenzionale all’adozione in casi particolari, la Corte constata che l’evoluzione giurisprudenziale che ha permesso il riconoscimento dell’adozione da parte del genitore intenzionale è anteriore alla nascita del ricorrente del ricorso n. 47998/20 e del terzo e quarto ricorrente del ricorso n. 23142/21, e che non sembra essere stata presentata alcuna domanda di adozione.
  17. Di conseguenza, la Corte constata che il desiderio di ottenere il riconoscimento di un rapporto tra i minori e i genitori intenzionali non si scontrava con una impossibilità generale e assoluta, in quanto i ricorrenti avevano a loro disposizione la via dell’adozione e non se ne sono avvalsi.
  18. La Corte, inoltre, è chiamata a verificare se il divieto della trascrizione del rapporto di filiazione tra i minori interessati e i loro genitori intenzionali abbia dunque violato il diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita familiare ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione.
  19. La Corte rammenta che la PMA praticata dai genitori del ricorrente nel ricorso n. 47998/20 e dalle prime due ricorrenti nel ricorso n. 23142/21 per creare una famiglia era contraria alla legislazione italiana e che, del resto, gli interessati non hanno affermato di non sapere che il diritto italiano la vietava.
  20. Peraltro, la Corte ritiene che il mancato riconoscimento da parte delle autorità italiane del rapporto tra le madri intenzionali e i minori, in pratica, non ha pregiudicato in maniera significativa il godimento da parte degli interessati del loro diritto alla vita familiare. Essa conclude dunque che le difficoltà pratiche che i ricorrenti potrebbero incontrare nella loro vita familiare a causa del mancato riconoscimento nel diritto italiano di un legame tra la madre intenzionale e i minori interessati non oltrepassano i limiti che impone il rispetto dell’articolo 8 della Convenzione (si veda, mutatis mutandis, Mennesson, sopra citata, § 93).
  21. Per quanto riguarda la doglianza presentata dai ricorrenti ai sensi dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 8, relativa all’impossibilità concreta per le coppie dello stesso sesso di far riconoscere un rapporto di filiazione tra un minore e un genitore intenzionale, la Corte ritiene, alla luce delle conclusioni alle quali è giunta nel paragrafo 19 supra, che essa non sollevi alcuna questione fondamentale distinta, e conclude dunque non doversi deliberare separatamente su questo punto (si veda, in tal senso, Centro di risorse giuridiche in nome di Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], n. 47848/08, § 156, CEDU 2014).
  22. Alla luce di quanto sopra esposto, dopo avere proceduto a un esame approfondito delle osservazioni delle parti e dei terzi intervenienti, e dopo avere analizzato la giurisprudenza pertinente, la Corte considera che, nel caso di specie, lo Stato convenuto non abbia oltrepassato il margine di apprezzamento di cui disponeva in materia di attuazione dei mezzi che permettono di stabilire o di riconoscere la filiazione.

Di conseguenza, i ricorsi devo essere respinti in applicazione dell’articolo 35 § 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all’unanimità,

Decide di riunire i ricorsi;

Dichiara i ricorsi irricevibili.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 22 giugno 2023.

Péter Paczolay
Presidente

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto
 

ALLEGATO
 

N.

Ricorso n.

Presentato il

Nome della causa

Ricorrente
Anno di nascita
Luogo di residenza
Cittadinanza

Rappresentato da

Informazioni sui fatti

1.

47998/20

22/10/2020

Nuti c. Italia

E. NUTI
2017
Montale

italiana

Vincenzo MIRI

B.N. e G.D.L., madre biologica e madre intenzionale del ricorrente, nell’ambito di un progetto genitoriale che concepirono insieme, decisero di fare ricorso alla PMA in vista dell’inseminazione di B.N. in una clinica spagnola.

E. nacque in Italia il 18 novembre 2017.

Il 27 novembre 2017 B.N. e G.D.L. dichiararono all’ufficiale dello stato civile di essere i genitori del ricorrente.

Lo stesso giorno, il sindaco del comune di Montale rifiutò la trascrizione della madre intenzionale, non essendo quest’ultima prevista dalla disposizione di legge, e invitò N.B. a provvedere alla dichiarazione di nascita del bambino.

N.B. e G.D.L. si rivolsero al tribunale di Pistoia presentando opposizione avverso il provvedimento di rifiuto del sindaco.

Il tribunale ordinò al sindaco di trascrivere l’atto di nascita del bambino come figlio di N.B. e di G.D.L. L’appello della procura fu respinto dalla corte d’appello di Firenze il 19 aprile 2019.

Il procuratore propose ricorso per cassazione. Con sentenza del 22 aprile 2020, la Corte di cassazione accolse il ricorso e respinse la domanda di rettifica dell’atto di nascita del ricorrente come figlio di N.B. e di G.D.L. Tuttavia, la cassazione rammentò che il riconoscimento ormai generalizzato della capacità delle coppie omosessuali di accogliere, crescere ed educare i figli, che ha condotto a ritenere ammissibile l’adozione del minore da parte del partner dello stesso sesso del genitore biologico, ai sensi della legge n. 184, articolo 44, comma 1, del 4 maggio 1983, nonché la trascrizione dell’atto di nascita validamente formato all’estero dal quale risulti che il nato è figlio di due donne, non giustificava la prospettazione di un meccanismo d’instaurazione del relativo rapporto alternativo a quello fondato sul legame biologico, non dovendo la predetta genitorialità esprimersi necessariamente nelle medesime forme giuridiche previste per il figlio nato dal matrimonio o riconosciuto successivamente.

2.

23142/21

29/04/2021

Dallabora e altri c. Italia

Sara DALLABORA
1983
Piacenza
italiana

Irene FERRAMONDO
1983
Piacenza
italiana

A
2015
Piacenza
italiana

I
2018
Piacenza
italiana

Alexander SCHUSTER

Le prime due ricorrenti, nell’ambito di un progetto genitoriale che hanno concepito insieme, decisero di fare ricorso alla PMA in vista dell’inseminazione della prima ricorrente in una clinica spagnola.

A. nacque in Italia nel dicembre 2015. E al termine di un secondo percorso di FIV, I nacque nel giugno 2018. All’epoca delle due nascite, la prima ricorrente dichiarò che i bambini erano nati nell’ambito di una relazione eterosessuale.

Il 1° agosto 2018 le prime due ricorrenti decisero di procedere alla denuncia congiunta di nascita dinanzi all’ufficiale dello stato civile di Piacenza. La prima ricorrente dichiarò di aver reso delle false dichiarazioni al momento della nascita dei bambini.

Avverso il rifiuto del sindaco, i ricorrenti di rivolsero al tribunale di Piacenza che respinse il ricorso. Tale decisione fu impugnata in corte d’appello. Con sentenza del 6 marzo 2020 la corte d’appello di Piacenza respinse il ricorso e rammentò che l’interesse del minore era preservato dalla possibilità del genitore intenzionale di richiedere l’adozione.