Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 2 marzo 2023 - Ricorso n. 50338/10 - Causa Leoni c. Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA LEONI c. ITALIA

(Ricorso n. 50338/10)

SENTENZA

STRASBURGO

2 marzo 2023

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Leoni c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in un Comitato composto da:

Péter Paczolay, Presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di Sezione,

visto il ricorso (n. 50338/10) presentato contro la Repubblica italiana con il quale in data 27 agosto 2010 un cittadino italiano, il Sig. Emanuele Leoni, nato nel 1937 e residente a Verceia (“il ricorrente”) rappresentato dall’avvocatessa R. Palotti, del Foro di Milano, ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare al Governo italiano (“il Governo”) rappresentato dal suo agente, la Sig.ra M.G. Civinini, le doglianze ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione relative all’ingerenza legislativa in procedimenti in corso, e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto;

viste le osservazioni formulate dalle parti;

dopo avere deliberato in camera di consiglio in data 7 febbraio 2023,

pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

L’OGGETTO DELLA CAUSA

  1. La causa concerne l’intervento legislativo nel corso di procedimenti civili pendenti.
  2. Il ricorrente era un pensionato il quale, in conformità alla Convenzione italo-svizzera in materia di sicurezza sociale del 1962, trasferì in Italia i contributi che aveva versato in Svizzera per il lavoro ivi svolto per diversi anni. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (“l’INPS”) calcolò la sua pensione utilizzando un livello di retribuzione teorica invece della sua retribuzione effettiva. Ciò comportò una riparametrazione sulla base dell’esistente aliquota contributiva applicata in Svizzera (8%) e di quella applicata in Italia (32%). Il calcolo fu pertanto basato su uno pseudo-salario che, secondo il ricorrente, comportò che egli percepisse una pensione molto inferiore a quella che avrebbe dovuto percepire.
  3. Il ricorrente adì i tribunali nazionali, sostenendo che i metodi di calcolo dell’INPS fossero contrari allo spirito della Convenzione italo-svizzera.
  4. Nelle more del relativo procedimento, in data 1° gennaio 2007 entrò in vigore la Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (“la Legge n. 296/2006”). L’articolo 1, comma 777, di tale Legge fornì un’interpretazione autentica del pertinente quadro giuridico, che confermò i metodi di calcolo utilizzati dall’INPS.
  5. In considerazione dell’entrata in vigore della Legge n. 296/2006, i giudici nazionali rigettarono le domande formulate dal ricorrente.
  6. Il ricorrente ha lamentato dinanzi alla Corte che la promulgazione della Legge n. 296/2006 aveva violato il suo diritto a un equo processo di cui all’articolo 6 § 1 della Convenzione e aveva costituito un’ingerenza ingiustificata nei suoi beni, in violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.

LA VALUTAZIONE DELLA CORTE

  1. SUL LOCUS STANDI
    1. La Corte prende atto delle informazioni relative al decesso del ricorrente in data 14 dicembre 2018 e dell’intenzione dei suoi eredi, la Sig.ra Enrica Copes, il Sig. Prassede Leoni, il Sig. Ivan Leoni e la Sig.ra Lara Leoni, di proseguire il procedimento in vece sua, nonché dell’assenza di un’eccezione da parte del Governo.
    2. La Corte ritiene pertanto che gli eredi siano legittimati a proseguire il procedimento nell’interesse del defunto.
    3. Tuttavia, per motivi pratici, nella presente sentenza il Sig. Emanuele Leoni continuerà a essere denominato “il ricorrente”.
       
  2. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
    1. Il ricorrente ha lamentato ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione che la promulgazione dell’articolo 1, comma 777, della Legge n. 296/2006 aveva violato il suo diritto a un equo processo.
    2. La Corte rileva che la doglianza non è manifestamente infondata e che non incorre in alcun altro motivo di irricevibilità elencato nell’articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarata ricevibile.
    3. La Corte osserva che circostanze praticamente identiche hanno dato luogo alla violazione dell’articolo 6 nelle cause Maggio e altri c. Italia (nn. 46286/09 e altri 4, 31 maggio 2011), e Stefanetti e altri c. Italia ((merito) nn. 21838/10 e altri 7, 15 aprile 2014) ed è convinta che nel caso di specie non sussista alcun motivo per ritenere diversamente.
    4. Vi è conseguentemente stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione.
       
  3. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 ALLA CONVENZIONE
    1. Il ricorrente ha inoltre lamentato ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione che la promulgazione della Legge n. 296/2006 e la sua applicazione alla sua causa aveva comportato che egli avesse percepito una pensione molto inferiore a quella che avrebbe dovuto percepire.
    2. Il Governo ha sostenuto che il ricorrente non poteva affermare di essere vittima dell’asserita violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione poiché aveva subito una riduzione della sua pensione pari al 17.6%. La Corte ritiene di non dovere decidere l’eccezione preliminare sollevata dal Governo relativa al difetto della qualità di vittima, in quanto la doglianza è in ogni caso irricevibile per i motivi che seguono.
    3. Nella causa Maggio e altri (sopra citata, § 62) la Corte ha ritenuto che una riduzione inferiore alla metà delle pensioni dei ricorrenti non fosse irragionevole. Conseguentemente, anche assumendo che nelle presenti cause il ricorrente abbia subito la riduzione della pensione che ha lamentato, tale perdita avrebbe ammontato a molto meno di metà della sua pensione.
    4. La presente doglianza è pertanto manifestamente infondata e deve essere rigettata in applicazione dell’articolo 35 §§ 3, lettera a) e 4 della Convenzione.

L’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

  1. Il ricorrente ha chiesto EUR 29.409,52 per il danno patrimoniale, EUR 40.000 per il danno non patrimoniale ed EUR 24.711,46 per le spese sostenute dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo ha contestato la domanda in quanto eccessiva.
  3. La Corte rileva che nel caso di specie la concessione di un’equa soddisfazione può essere basata soltanto sul fatto che il ricorrente non ha beneficiato delle garanzie di cui all’articolo 6 riguardo all’equità del procedimento. Mentre la Corte non può formulare ipotesi sull’esito del procedimento se la situazione fosse stata diversa, essa non ritiene irragionevole considerare che il ricorrente abbia subito una perdita di opportunità concrete (si veda Maggio e altri, sopra citata, § 80). Data la differenza tra la pensione che sarebbe stata corrisposta al ricorrente se la Legge n. 296/2006 non fosse entrata in vigore e l’importo che egli percepiva effettivamente, la Corte accorda la somma totale di EUR 760 per il danno patrimoniale.
  4. Inoltre, deliberando in via equitativa, la Corte accorda EUR 5.000 per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta.
  5. La Corte ritiene infine ragionevole accordare la somma di EUR 500 per le spese sostenute dinanzi alla Corte.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara che la Sig.ra Enrica Copes, il Sig. Prassede Leoni, il Sig. Ivan Leoni e la Sig.ra Lara Leoni sono legittimati a proseguire il presente procedimento in vece del Sig. Emanuele Leoni;
  2. Dichiara ricevibile la doglianza relativa all’articolo 6 § 1 della Convenzione e il ricorso irricevibile per il resto;
  3. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  4. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare agli eredi del ricorrente congiuntamente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. EUR 760 (euro settecentosessanta) per il danno patrimoniale;
      2. EUR 5.000 (euro cinquemila), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      3. EUR 500 (euro cinquecento), oltre l’importo eventualmente dovuto dagli eredi del ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza dei summenzionati tre mesi e fino al versamento, tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  5. Respinge la domanda di equa soddisfazione formulata dal ricorrente per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto in data 2 marzo 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Péter Paczolay
Presidente

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto