Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 28 marzo 2023 - Ricorso n. 444/18 - Causa Giampaolo Gentili e Elisabetta Gentili c.Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con la sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n. 444/18

Giampaolo GENTILI e Elisabetta GENTILI

contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita il 28 marzo 2023 in un comitato composto da:
Péter Paczolay, presidente,
Alena Poláčková,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,
Visti:
il ricorso n. 444/18 presentato contro la Repubblica italiana da due cittadini di questo Stato, il sig. Giampaolo Gentili e la sig.ra Elisabetta Gentili («i ricorrenti») nati nel 1965 e nel 1963 e residenti a Prato, rappresentati dall’avv. F.B. Campagni, del foro di Prato, che il 15 dicembre 2017 hanno adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),
la decisione di portare il ricorso a conoscenza del governo italiano («il Governo»), rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, avvocato dello Stato,
le osservazioni delle parti,
Dopo avere deliberato, emette la seguente decisione:

OGGETTO DELLA CAUSA

  1. La causa riguarda l’espropriazione del terreno dei ricorrenti ai fini della realizzazione di impianti sportivi, e il riconoscimento di un’indennità fondata su una valutazione del terreno come non edificabile.
  2. I ricorrenti erano comproprietari di un terreno di una superficie pari a circa 14.000 m² situato a Sesto Fiorentino. Le autorità nazionali approvarono una modifica del piano regolatore nel 1996, nella quale la zona era principalmente destinata alla creazione di un verde attrezzato, con una superficie di soli 350 m² destinata a un parcheggio pubblico. Nel 2003, il nuovo piano destinò il terreno allo stesso uso, il che fu confermato nel piano urbanistico del 2006, che destinò una parte del terreno alla creazione di un verde attrezzato e un’altra parte a spazi aperti attorno agli impianti sportivi. Sulla base del piano urbanistico del 2006, fu adottato un decreto di espropriazione nel 2007.
  3. Nel maggio 2007 il comune di Sesto Fiorentino, che doveva versare l’indennità valutata dalla Commissione Espropri, presentò un ricorso dinanzi alla corte d’appello affermando che l’importo dell’espropriazione era stato calcolato tenendo conto della natura edificabile del terreno, mentre invece si trattava di un terreno non edificabile.
  4. I giudici interni e, in particolare, la Corte di cassazione nella sua sentenza n. 1489 del 2017, hanno dichiarato che – sebbene una perizia disposta dal tribunale avesse classificato il terreno come edificabile dato che lo stesso, ai sensi dell’articolo 3 del decreto governativo n. 1444 del 1968, era destinato ad accogliere dei servizi di interesse pubblico a beneficio della zona residenziale edificabile adiacente (standard edilizio), l’indennità di espropriazione doveva essere calcolata rispetto al valore del terreno come non edificabile al momento dell’ordinanza di espropriazione. Nel piano regolatore generale, poiché il bene espropriato era destinato a servizi, non era appropriato ritenere che fosse possibile realizzare un numero limitato di costruzioni, in quanto queste ultime erano condizionate dal vincolo imposto sul terreno (impianti sportivi e verde pubblico circostante e vie di accesso), e non riguardavano il potenziale edificatorio di cui gode normalmente un proprietario privato.
  5. La Corte di cassazione rammentò che si doveva tenere conto del tipo di vincolo edificatorio che era stato apposto sul terreno: se riguarda tutto il territorio o una parte di quest’ultimo, e dunque incide su una totalità di beni, rispetto a una pluralità indifferenziata di soggetti, nella quale i beni rientrano a causa delle loro caratteristiche intrinseche, il vincolo è «conformativo», mentre se viene imposto su beni specifici in funzione della localizzazione di un'opera pubblica, il vincolo deve essere qualificato come «espropriativo», e non deve dunque essere preso in considerazione nella qualificazione del terreno. Inoltre, tutte le restrizioni che non comportano una privazione del terreno, e che permettono invece la realizzazione dei lavori previsti anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, e dunque senza necessità di previa espropriazione della proprietà, appartengono alla categoria dei vincoli conformativi.
  6. La Corte di cassazione dichiarò che le «restrizioni edificatorie generali» non comportavano in genere la successiva espropriazione, dato che il limitato potenziale edificatorio spingeva i proprietari privati ad assicurarsi essi stessi l’utilizzo del terreno, giuridicamente non edificabile. Essa conclude che i criteri seguiti per determinare l’indennità erano dunque correttamente fondati sul valore venale di zone non edificabili, sebbene le stesse abbiano un limitato potenziale edificatorio.
  7. Invocando l'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, i ricorrenti lamentano un'ingerenza sproporzionata nel loro diritto di proprietà a causa dell'importo asseritamente insufficiente dell'indennità di espropriazione che hanno ricevuto, fondata su criteri che non corrispondono alle caratteristiche specifiche del terreno. Essi lamentano altresì che l’indennità non è stata aumentata in funzione dell’inflazione.

VALUTAZIONE DELLA CORTE

  1. I principi generali applicabili sono chiaramente stabiliti nella giurisprudenza della Corte e sono stati ampiamente esposti nella causa Scordino c. Italia (n. 2) (n. 36815/97, §§ 25-45, 15 luglio 2004) per quanto riguarda i vincoli espropriativi, che implicano dei divieti di costruire specifici di una determinata area e per i quali, in linea di principio, deve essere previsto un indennizzo, e nelle cause Verga e Cannarella c. Italia ((dec.), n. 20984/08, §§ 34-36, 15 novembre 2016) e Campanile e altri c. Italia ((dec.), n. 32635/05, §§ 24-36, 15 gennaio 2013) per quanto riguarda i vincoli conformativi per i quali, in linea di principio, non è previsto un indennizzo.
  2. La Corte rammenta che, ai sensi dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, il semplice fatto che una persona sia proprietaria di un terreno non basta a conferirle il diritto di costruire su quest’ultimo, in quanto tale disposizione permette di imporre e di mantenere delle restrizioni al diritto di costruire. I diritti dei proprietari sono pertanto essenzialmente evolutivi, e le politiche in materia urbanistica e di pianificazione del territorio rientrano per eccellenza tra i settori di intervento dello Stato, soprattutto per mezzo della regolamentazione dei beni a uno scopo di interesse generale o di utilità pubblica.
  3. Poiché le limitazioni urbanistiche costituiscono un'ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto dei loro beni, che rientra nella nozione di regolamentazione dell'uso dei beni, ai sensi del secondo paragrafo dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, spetta alla Corte valutarne la legalità e verificare se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse generale e gli imperativi di salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo. Per determinare se questo giusto equilibrio sia stato rispettato quando è in causa una misura che regolamenta l’uso dei beni, l’assenza di indennizzo è uno degli elementi da prendere in considerazione, ma non può, da sola, essere costitutiva di una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (si veda Campanile, sopra citata, § 32, che rinvia anche a Galtieri c. Italia (dec.), n. 72864/01, 24 gennaio 2006).
  4. Per quanto riguarda la legalità dell'ingerenza e la sua prevedibilità, la Corte constata che la destinazione del terreno dei ricorrenti a un uso pubblico aveva una base legale nel piano regolatore. Lo scopo delle restrizioni imposte ai ricorrenti, ossia la pianificazione del territorio comunale, risponde a un imperativo delle comunità locali e rientra nell'interesse generale, ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 (si veda Campanile, sopra citata, § 26). Inoltre, nella misura in cui la proporzionalità di un'ingerenza nel diritto al rispetto dei beni può dipendere anche dall'esistenza di garanzie procedurali per vigilare a che l’attuazione del sistema e il suo impatto per il proprietario non siano né arbitrari né imprevedibili, la Corte osserva che i ricorrenti hanno avuto la possibilità di adire i giudici interni per contestare il processo amministrativo e la valutazione proposta del loro terreno. Nulla dimostra che i giudici interni abbiano valutato i fatti e il diritto interno in modo arbitrario (Campanile, sopra citata, § 34).
  5. Nella misura in cui i ricorrenti lamentano il fatto che il vincolo che è stato imposto sul loro terreno è stato qualificato come vincolo «conformativo», e non come vincolo «espropriativo», la Corte ritiene che spetti ai giudici nazionali interpretare il diritto interno e applicarlo caso per caso, e dunque essa non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici interni.
  6. In particolare, la Corte osserva che, nella sua recente sentenza n. 33229 del 2019, la Corte di cassazione ha dichiarato che la distinzione tra i vincoli espropriativi e i vincoli conformativi, che la giurisprudenza riconosce da molto tempo, è compatibile con la Convenzione.
  7. La Corte constata dunque che il diritto interno relativo alle restrizioni in materia urbanistica – come ha indicato il Governo nelle sue osservazioni – sembra soddisfare pienamente l’esigenza di legalità tenuto conto della sua accessibilità, della sua prevedibilità e della sua finalità volta a disincentivare gli abusi da parte delle autorità, e dunque a proteggere il diritto di proprietà dei privati.
  8. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte non vede alcun motivo per discostarsi dalla propria giurisprudenza (Ex-re di Grecia e altri c. Grecia (equa soddisfazione) [GC], n. 25701/94, § 89, 28 novembre 2002) secondo la quale senza il versamento di una somma ragionevolmente proporzionata al valore del bene, una privazione della proprietà ai sensi del secondo capoverso del primo comma dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 costituisce normalmente un’ingerenza eccessiva, e una totale assenza di indennizzo può essere giustificata solo in circostanze eccezionali. Ciò che è ragionevole dipende dalle circostanze di ogni singolo caso, ma alla determinazione dell'importo dell'indennità è applicabile un ampio margine di apprezzamento. Il controllo che deve operare la Corte consiste soltanto nel verificare se le modalità scelte vadano oltre l'ampio margine di apprezzamento di cui lo Stato gode in materia (James e altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 54 serie A n. 98).
  9. Pur rispettando il giudizio del legislatore per quanto riguarda l’indennizzo di un'espropriazione, salvo che quest’ultimo non si riveli manifestamente privo di base ragionevole (Lithgow e altri c. Regno Unito, 8 luglio 1986, § 122, serie A n. 102), la Corte osserva che i ricorrenti – sebbene ritengano che il terreno abbia un valore più alto – non contestano che l'indennità corrispondesse al valore venale del terreno non edificabile, a seguito dell'imposizione del vincolo conformativo.
  10. La Corte osserva che il terreno dei ricorrenti era destinato a costituire uno standard edilizio per una zona edificabile adiacente, e che la determinazione delle giurisdizioni interne, che hanno tenuto conto delle possibilità legali di costruire sulle particelle dei ricorrenti, non è arbitraria, in quanto il valore di ogni terreno è definito in particolare dalle norme e dai vincoli stabiliti dagli strumenti di pianificazione del territorio e dal quadro normativo applicabile (si veda il paragrafo 5 supra).
  11. I ricorrenti hanno sollevato anche altre doglianze, sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, secondo le quali i criteri di valutazione non tenevano conto degli effetti dell’inflazione. A tale riguardo la Corte osserva che, nel periodo compreso tra l’espropriazione e la sentenza della corte d’appello, confermata dalla Corte di cassazione (2007-2011), l’inflazione è stata moderata e coperta dall’importo degli interessi legali accordati ai ricorrenti. Alla luce di questa argomentazione, e considerato che non sembra che gli effetti dell’inflazione, in questo periodo di tempo limitato, possano aver influenzato in altro modo l’adeguatezza dell’indennizzo (Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, § 258, CEDU 2006 V), le somme accordate dalle autorità interne, sebbene non specificamente adeguate all’inflazione, devono essere considerate conformi alle esigenze dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
  12. Alla luce di quanto sopra esposto, dopo un’analisi approfondita delle osservazioni delle parti, delle decisioni dei giudici interni e della giurisprudenza pertinente, la Corte non può concludere che l’ingerenza in contestazione abbia violato il giusto equilibrio che deve esserci, in materia di regolamentazione dell'uso dei beni, tra l'interesse pubblico e l'interesse privato.
  13. Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto in applicazione dell'articolo 35 § 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 20 aprile 2023.

Péter Paczolay
Presidente

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto