Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 22 giugno 2017 - Ricorsi nn. 12131/13 e 43390/13 - Causa Bartesaghi Gallo e altri c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista da Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA BARTESAGHI GALLO E ALTRI c. ITALIA

(Ricorsi nn. 12131/13 e 43390/13)

SENTENZA

STRASBURGO
22 giugno 2017


Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.
 
Nella causa Bartesaghi Gallo e altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da:

  • Linos-Alexandre Sicilianos, presidente,
  • Kristina Pardalos,
  • Guido Raimondi,
  • Ledi Bianku,
  • Aleš Pejchal,
  • Armen Harutyunyan,
  • Pauliine Koskelo, giudici,
  • e da Abel Campos, cancelliere di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 25 aprile e il 30 maggio 2017,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale ultima data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi sono due ricorsi (n. 12131/13 e n. 43390/13) presentati contro la Repubblica italiana con cui quarantadue cittadini di diversa nazionalità («i ricorrenti»), i cui nomi sono riportati nell’allegato I, hanno adito la Corte rispettivamente il 3 gennaio 2013 e il 30 marzo 2013 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  I ricorrenti sono stati rappresentati, nel ricorso n. 12131/13, dall’avvocato N. Paoletti, del foro di Roma, e, nel ricorso n. 43390/13, dagli avvocati V. Onida e B. Randazzo, del foro di Milano. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora. I governi tedesco, britannico, spagnolo, polacco, svedese, svizzero e turco, seppure informati, non hanno esercitato il loro diritto di intervenire nella procedura (articolo 36 § 1 della Convenzione).
3.  Il 10 novembre 2015, i motivi di ricorso relativi agli articoli 3 e 13 della Convenzione sono stati comunicati al Governo e il ricorso n. 43390/13 è stato dichiarato irricevibile per il resto conformemente all’articolo 54 § 3 del Regolamento della Corte.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.  I fatti di causa, così come sono stati esposti dai ricorrenti e come risultano dai documenti pertinenti delle diverse cause riguardanti i fatti all’origine della presente controversia , possono riassumersi come segue.

A.  Il contesto generale

5.  Il 19, 20 e 21 luglio 2001, la città di Genova accolse il ventisettesimo vertice degli otto paesi più industrializzati (G8), sotto la presidenza del governo italiano. Numerose organizzazioni non governative, riunite sotto l’egida del gruppo di coordinamento «Genoa Social Forum – GSF («il GSF»), organizzarono un vertice «altermondialista» che si svolse nello stesso periodo. È stato stimato che all’evento parteciparono da 200.000 persone (secondo il Ministero dell’Interno) a 300.000 persone (secondo il GSF).
6.  Le autorità italiane misero in atto un vasto dispositivo di sicurezza (sentenze Giuliani e Gaggio c. Italia [GC], n. 23458/02, § 12, CEDU 2011, e Cestaro c. Italia, n. 6884/11, §§ 11-12, 23-24, 7 aprile 2015) dividendo la città in tre zone concentriche: la «zona rossa», di massima sorveglianza, dove si sarebbe svolto il vertice e dove avrebbero alloggiato le delegazioni; la «zona gialla», una zona cuscinetto in cui le manifestazioni erano in linea di principio vietate, salvo autorizzazione del questore; e la «zona bianca», in cui erano programmate le principali manifestazioni.
7.  Le autorità attribuirono un colore a ogni gruppo organizzato, associazione, sindacato e ONG, in funzione della loro potenziale pericolosità: il «blocco rosa», non pericoloso; il «blocco giallo» e il «blocco blu» che comprendevano alcuni potenziali autori di atti di vandalismo, di blocco delle strade e dei binari, e anche di scontri con la polizia; e, infine, il «black block», di cui facevano parte più gruppi, anarchici o in generale più violenti, che avevano lo scopo di commettere dei saccheggi sistematici.
8.  La giornata del 19 luglio si svolse in un’atmosfera relativamente tranquilla, senza episodi particolarmente significativi. Per contro, i giorni 20 e 21 luglio furono caratterizzati da scontri sempre più violenti tra le forze di polizia e alcuni manifestanti appartenenti essenzialmente ai «black block». Nel corso di questi incidenti, diverse centinaia di manifestanti e di membri delle forze dell’ordine furono feriti o intossicati dai gas lacrimogeni. Interi quartieri della città di Genova furono devastati (per un’analisi più dettagliata, si vedano Giuliani e Gaggio, sopra citata, §§ 12-30, e Cestaro, sopra citata, §§ 9-17).

B.  I fatti che hanno preceduto l’irruzione nella scuola Diaz-Pertini

9.  Il 21 luglio 2001, il capo della polizia ordinò al prefetto A., vice capo vicario della polizia e responsabile dell’ordine pubblico durante il vertice, di affidare la direzione della perquisizione della scuola Paul Klee a F.G., capo del servizio centrale operativo della polizia criminale («lo SCO»), si veda la sentenza n. 4252/08 del tribunale di Genova, emessa il 13 novembre 2008 e depositata l’11 febbraio 2009, pag. 190). All'esito di questa operazione la polizia arrestò una ventina di persone che vennero immediatamente rimesse in libertà su ordine del procuratore o del giudice per le indagini preliminari.
10.  Lo stesso giorno, il prefetto L.B. giunse a Genova, su ordine del capo della polizia, al fine di seguire le operazioni di polizia. Secondo le dichiarazioni del prefetto A., confermate dal direttore centrale della polizia criminale A.M., gli ordini del capo della polizia si spiegavano con la volontà di cambiare strategia e passare a un’impostazione più «incisiva», al fine di cancellare l’immagine di una polizia inerte di fronte agli episodi di saccheggio e di devastazione. In questo senso, il capo della polizia diede l’istruzione di formare dei pattuglioni – sotto la direzione dello SCO e di funzionari delle unità mobili –, incaricati di arrestare i «black block».
11.  Sempre nello stesso giorno, verso sera, una di queste unità transitò per via Cesare Battisti, davanti alle scuole Diaz-Pertini e Pascoli. Queste due scuole erano state messe a disposizione del GSF dal Comune di Genova: La prima era utilizzata come dormitorio e internet point, la seconda ospitava la sala stampa e l’ufficio del servizio legale del GSF. Il passaggio della pattuglia, composta da quattro veicoli, provocò una forte reazione verbale da parte delle persone che si trovavano davanti alle due scuole. Inoltre, una bottiglia vuota fu lanciata in direzione dei veicoli della polizia (si vedano la sentenza del tribunale di Genova, pagg. 244-249, e la sentenza della Corte di cassazione, pag. 122).
12.  A seguito di questo episodio, si tenne una riunione in prefettura alla presenza dei più alti funzionari di polizia presenti a Genova. Dopo aver preso contatto con il responsabile del GSF per la sicurezza della scuola Diaz-Pertini, essi decisero che sarebbe stata effettuata una perquisizione ad iniziativa autonoma per raccogliere elementi di prova e, se del caso, arrestare i black block responsabili di devastazioni e saccheggi. Si decise di procedere a una prima fase di «messa in sicurezza» dei luoghi da parte di un’unità composta prevalentemente da agenti appartenenti a una divisione specializzata nelle operazioni antisommossa e con una formazione ad hoc (il VII Nucleo antisommossa, istituito in seno all’unità mobile di Roma). La seconda fase, corrispondente alla perquisizione propriamente detta, fu assegnata a un’altra unità della polizia. Infine, un’unità di Carabinieri fu incaricata di accerchiare l’edificio per impedire l’eventuale fuga dei sospetti. Il capo della polizia fu informato dell’operazione (sentenza del tribunale di Genova, pagg. 226 e 249-252, e «Relazione conclusiva dell’indagine parlamentare conoscitiva sui fatti del G8 di Genova», pagg. 29-31). Secondo la sentenza della Corte di cassazione, circa 500 agenti furono mobilitati per questa operazione (sentenza della Corte di cassazione, pag. 204).

C.  L’irruzione della polizia nella scuola Diaz-Pertini

13.  Verso mezzanotte, una volta arrivati in prossimità delle due scuole, gli agenti del VII Nucleo antisommossa, dotati di scudi, elmetti e manganelli di tipo tonfa, seguiti da altri agenti equipaggiati allo stesso modo, cominciarono ad avanzare a passo di corsa. Un giornalista britannico e un consigliere comunale, che si trovavano all’esterno delle due scuole, furono colpiti da alcuni agenti di polizia (sentenza del tribunale di Genova, pagg. 253-261).
14.  Nello stesso momento, alcuni degli occupanti della scuola Diaz-Pertini che si trovavano all’esterno rientrarono quindi nell’edificio e chiusero il cancello e le porte di ingresso, tentando di bloccarle con dei banchi di scuola e delle tavole di legno. Il cancello fu rapidamente forzato con un mezzo blindato, poi gli agenti di polizia sfondarono le porte di ingresso (ibidem).
15.  Gli agenti si divisero nei piani dell'edificio, parzialmente immersi nel buio. La maggior parte di loro aveva il viso coperto da un foulard. Essi cominciarono a colpire gli occupanti con pugni, calci e manganellate, gridando e minacciando le vittime. Alcuni gruppi di agenti si accanirono anche su alcune persone che erano sedute o allungate per terra. Alcuni degli occupanti, svegliati dal rumore dell'assalto, furono colpiti mentre si trovavano ancora nei loro sacchi a pelo; altri lo furono mentre tenevano le braccia in alto in segno di resa o mostravano le loro carte d'identità. Altri occupanti tentarono di scappare e si nascosero nei bagni o nei ripostigli dell'edificio, ma furono riacciuffati, picchiati, talvolta tirati fuori dai loro nascondigli per i capelli (sentenza di primo grado, pagg. 263-280, e sentenza d'appello, pagg. 205-212).
16.  I tribunali nazionali hanno stabilito con esattezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, i maltrattamenti di cui sono stati oggetto le persone presenti all’interno della scuola Diaz-Pertini. Le testimonianze delle vittime sono state confermate dalle dichiarazioni dei membri delle forze dell’ordine e della pubblica amministrazione, dalle ammissioni parziali dei fatti da parte degli imputati, dalle registrazioni audiovisive nonché dai documenti a disposizione dei magistrati, in particolare dai referti medici e dalle perizie giudiziarie. A partire da queste numerose informazioni è possibile descrivere gli episodi di violenza di cui i ricorrenti furono oggetto:

1.  Ricorso n. 12131/13

17.  La sig.ra S. Bartesaghi Gallo fu picchiata con un manganello, alla testa, alle gambe, alla spalla sinistra e al braccio sinistro. La relazione medica indicava che la stessa presentava un trauma cranico con ferita lacero contusa e una contusione alla gamba destra.
18.  La sig.ra N.A. Doherty fu percossa con manganello. La relazione medica parlava di un trauma cranico, una frattura distale del radio destro, un ematoma nella regione dei glutei, nonché contusioni al viso e al braccio destro e certificava una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni.
19.  Il sig. J.F. Galloway fu picchiato ripetutamente con un manganello. La relazione medica indicava la presenza di un trauma cranico, delle contusioni multiple, in particolare sull’emitorace sinistro, ma anche nella regione retro auricolare sinistra, sul dorso e nella regione lombare, e delle escoriazioni al ginocchio sinistro.
20.  Il sig. R. R. Moth ricevette manganellate e calci da parte degli agenti delle forze dell’ordine che gli provocarono delle ferite al cuoio capelluto e alla gamba destra e un trauma cranico.
21.  Il sig. A. Nathrath subì delle contusioni al braccio destro e all’anca destra.
22.  La sig.ra A.K. Zeuner fu picchiata con un manganello, e ciò le provocò delle escoriazioni alle labbra e delle contusioni al braccio destro.
23.  La sig.ra T. Treiber tentò inutilmente, durante l’irruzione della polizia, di fuggire da una finestra del piano superiore salendo su un ponteggio. Quando rientrò nella scuola, gli agenti di polizia la obbligarono a sedersi e la percossero. La condussero poi nella palestra della scuola in cui vide un gran numero di feriti. Un agente di polizia le ordinò di mettersi in ginocchio, di abbassare il capo e di tacere. Essa afferma di avere problemi psicologici a seguito del trauma subìto per questo episodio e di essersi dovuta sottoporre a terapia.

2.  Ricorso n. 43390/13

24.  Il sig. D.T. Albrecht si trovava al primo piano della scuola quando la polizia vi fece irruzione. Fu picchiato con un manganello di tipo tonfa e ricevette anche pugni e calci. La relazione medica attestava un trauma cranico con formazione di un ematoma epidurale, e molte ferite, in particolare nella zona parietale e occipitale sinistra, nella regione coronarica destra e al torace. Condotto presso l’ospedale San Martino di Genova, fu sottoposto con urgenza a intervento chirurgico per l’aspirazione dell’ematoma intracranico. Posto in rianimazione domenica 22 luglio, fu sorvegliato dagli agenti di polizia. Lasciò l’ospedale il 1º agosto.
25.  La sig.ra R. Allueva Fortea fu picchiata con un manganello, e le fu gettato addosso del mobilio. Queste violenze le provocarono un ematoma alla coscia sinistra, una contusione all’osso piramidale, nonché delle ferite alla spalla sinistra, al ginocchio destro e al gomito destro.
26.  Il sig. A.R. Balbas fu colpito con manganellate, calci e pugni. Gli fu gettata addosso anche una sedia. La relazione medica menzionava parecchie contusioni, soprattutto al braccio, alla spalla, alla coscia sinistra e alla caviglia sinistra, nonché nella regione dorsale.
27.  Il sig. M. Bertola fu percosso con manganellate che gli provocarono un trauma cranico, delle ferite al cuoio capelluto e sulla fronte. La relazione medica faceva anche menzione di una dorsalgia.
28.  La sig.ra V. Bruschi fu picchiata con un manganello nella palestra della scuola, ciò le provocò delle contusioni su tutto il corpo.
29.  Il sig. M. Chmielewski fu picchiato con un manganello di tipo tonfa e ricevette calci e pugni. Secondo la relazione medica, presentava un trauma cranico, una ferita al padiglione auricolare sinistro e delle contusioni su tutto il corpo.
30.  Il sig. B. Coelle ricevette manganellate su tutto il corpo che gli provocarono una doppia frattura della mandibola e del condilo sinistri, nonché una frattura dello zigomo destro. Fu ricoverato in ospedale dal 22 al 30 luglio. La relazione medica constatava una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni e un indebolimento permanente dell’organo della masticazione.
31.  La sig.ra S. Digenti ricevette delle manganellate sulla testa e sulla schiena. La relazione medica attestava ematomi al collo, alle spalle, nella regione dorsale, alla mano destra, nonché delle escoriazioni all’arcata sopraccigliare sinistra.
32.  Il sig. M. Gieser fu colpito con calci e manganellate che gli provocarono un trauma cranico e parecchie contusioni su tutto il corpo, in particolare nella regione occipitale.
33.  La sig.ra Y.S. Gol fu percossa con calci e manganellate alla testa, alla schiena e alle gambe. Secondo la relazione medica, presentava un trauma cranico e delle contusioni sul lato destro del corpo.
34.  Il sig. L. Guadagnucci Pancioli fu picchiato con manganellate. La relazione medica indicava che aveva riportato una frattura dello scafoide e aveva numerose contusioni e ferite.
35.  Il sig. J. Hermann fu picchiato con manganellate e calci, e ciò gli procurò un trauma cranico, ferite e ematomi, in particolare nella regione frontale, alle spalle e al torace. Subì una diminuzione temporanea dell’udito.
36.  La sig.ra L. Jaeger fu picchiata con un manganello. Un agente della polizia la obbligò ad accovacciarci in terra poi le camminò sulle mani. La relazione medica indicava la presenza di contusioni al braccio destro e alla spalla destra.
37.  Il sig. H. Kress fu picchiato con manganellate e calci. La relazione medica indicava la presenza di un trauma cranico, una ferita al naso e una al labbro superiore, un trauma facciale e delle contusioni su tutto il corpo.
38.  La sig.ra A.J. Kutschkau fu picchiata violentemente con manganellate e calci. La relazione medica attestava un trauma cranico, una frattura dell’osso mascellare, la perdita di due denti, la sublussazione di altri due denti e l’indebolimento permanente dell’organo della masticazione.
39.  Il sig. F.J. Madrazo Sanz fu percosso con manganellate che gli provocarono contusioni e ferite alle gambe.
40.  Il sig. F.P. Marquello fu picchiato violentemente con un manganello, fatto che gli provocò una ferita al vertice, un trauma con commozione cerebrale e la frattura di due costole e di un dito.
41.  Il sig. N. Martensen fu picchiato con manganellate. Un agente di polizia gli sversò il contenuto di un estintore sul corpo. Il rapporto medico menzionava la presenza di contusioni al viso, al mento, alla spalla e alla gamba destra, nonché l’esistenza di un trauma cranico. Attestava una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni
42.  La sig.ra A.F. Martinez fu percossa con manganellate e un agente di polizia gettò volontariamente una sedia su di lei. Secondo la relazione medica, presentava una frattura della mano sinistra, numerose contusioni e lesioni serie, che comportarono una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni.
43.  Il sig. G.P. Massó fu picchiato con un manganello, fatto che gli provocò un trauma cranico con stato di choc e una ferita al vertice.
44.  Il sig. C. Mirra fu picchiato con un manganello, fatto che gli provocò un trauma cranico, delle contusioni e delle ferite, in particolare al cuoio capelluto e all’arcata sopraccigliare destra.
45.  Il sig. D. Moret Fernandez subì la frattura di un dito della mano sinistra e del condilo del gomito destro, nonché un trauma cranico e alcuni ematomi. La relazione medica attestava una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni.
46.  Il sig. F.C. Nogueras Corral fu picchiato e gli furono gettati addosso una sedia e un banco di legno. Subì un trauma cranico, numerose contusioni ed ematomi e una frattura del perone della gamba destra. La relazione medica attestava una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni.
47.  La sig.ra K. Ottovay fu picchiata con un manganello, ciò le provocò delle contusioni, una mialgia e una frattura del cubito.
48.  Il sig. V. Perrone subì un trauma cranico e delle contusioni alla spalla sinistra, al torace e alla mano destra.
49.  Il sig. R. Pollok fu picchiato su tutto il corpo con manganellate, pugni e calci. La relazione medica indicava la presenza di un trauma cranico, una frattura del cubito destro, una contusione al torace, una ferita al cuoio capelluto e una ferita alla gamba destra.
50. Il sig. F. Primosig ricevette varie manganellate alle gambe e alla testa. Secondo la relazione medica, presentava un trauma cranico, una frattura al dito e delle ferite al cuoio capelluto. Fu ricoverato in ospedale dal 22 luglio al 1° agosto 2001.
51.  Il sig. B.F.J. Samperiz ricevette dei colpi di manganello che gli provocarono delle contusioni e una ferita al ginocchio sinistro.
52.  Il sig. S. Sibler fu picchiato con un manganello. Subì un trauma cranico e delle ferite alla testa e alla tibia destra.
53. Il sig. J.L. Sicilia fu colpito con manganellate e calci, ciò gli provocò un trauma cranico, un ematoma sottocutaneo, varie contusioni e la frattura di due costole. La relazione medica menzionava una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni.
54. Il sig. J. Szabo scappò dal perimetro della scuola all’arrivo della polizia per nascondersi in un terreno vicino. Scoperto da alcuni agenti che rastrellavano i dintorni, ricevette delle manganellate. La relazione medica attestava la presenza di contusioni alla spalla sinistra e al fianco destro e delle escoriazioni nella regione frontale.
55.  La sig.ra D. Herrero Villamor ricevette due manganellate che le provocarono la frattura del cubito destro. La relazione medica attestava anche un trauma cranico.
56.  La sig.ra G.G. Zapatero fu pestata con un manganello, fatto che le provocò una contusione alla spalla destra.
57.  Il sig. S. Zehatschek fu percosso con manganellate. La relazione medica indicava che egli aveva riportato un trauma cranico e contusioni multiple, in particolare al torace.
58.  La sig.ra L. Zuhlke ricevette vari colpi di manganello alla testa e alle spalle. Caduta per terra, fu picchiata sulla schiena e sul petto. Tirata per i capelli e sollevata, ricevette anche dei colpi all’inguine. Spinta contro un muro, fu colpita al petto e al ventre, poi trascinata per le scale dove fu nuovamente colpita. Fu ricoverata in ospedale dal 22 al 31 luglio 2001. Secondo la relazione medica, presentava una trauma al torace e all’addome, delle fratture dell’arco costale con pneumotorace e contusione polmonare, un trauma cranico e contusioni multiple. Questa relazione attestava inoltre un indebolimento permanente del movimento del braccio e del collo e un indebolimento permanente della funzione respiratoria di circa il 30%, nonché una incapacità totale di attendere alle normali occupazioni per quaranta giorni

D. L’irruzione della polizia nella scuola Pascoli

59.  Poco dopo l'irruzione nella scuola Diaz-Pertini, una unità di agenti fece irruzione nella scuola Pascoli, che ospitava la sala stampa e l’ufficio degli avvocati. Dalle finestre dei piani superiori, alcuni giornalisti filmavano gli eventi che si stavano svolgendo nella scuola Diaz-Pertini e, simultaneamente, una stazione radio raccontava tutti questi eventi in diretta.
60.  All'arrivo degli agenti di polizia, i giornalisti furono obbligati a terminare le loro riprese e la trasmissione radio. I tribunali interni hanno stabilito che alcune cassette video, che contenevano le riprese filmate raccolte durante i tre giorni del summit, erano state sequestrate durante l’operazione. È stato anche provato che gli hard disk dei computer degli avvocati del GSF sono stati gravemente danneggiati (si veda, in particolare, la sentenza del tribunale di Genova, pagg. 300-310).

E. Gli eventi che seguirono l'irruzione nelle scuole Diaz-Pertini e Pascoli

61.  Una volta terminata la fase di perquisizione della scuola Diaz-Pertini, le forze dell’ordine riunirono gli oggetti trovati in palestra, senza cercare di identificarne i proprietari né di informare le persone presenti della natura dell’operazione in corso (sentenza del tribunale di Genova, pagg. 285-300). La polizia procedette all’arresto delle 93 persone che occupavano la scuola, per associazione per delinquere finalizzata al saccheggio e alla devastazione, resistenza aggravata alle forze dell’ordine e porto abusivo di armi. Tra queste persone, 78 furono soccorse dal personale sanitario arrivato in loco e ricoverate in ospedale, mentre le altre furono trasferite nella caserma di Bolzaneto.
62.  Nella notte tra il 21 e il 22 luglio, il capo del servizio di comunicazione della polizia italiana, intervistato in prossimità delle scuole, dichiarò che la polizia aveva appena trovato dei vestiti e dei passamontagna neri simili a quelli utilizzati dai «black block». Aggiunse che le numerose macchie di sangue nell’edificio erano dovute alle lesioni subite dalla maggior parte degli occupanti della scuola Diaz-Pertini nel corso della giornata (sentenza di primo grado, pagg.170-172).
63.  Il 22 luglio, nella questura di Genova, la polizia mostrò alla stampa gli oggetti sequestrati durante la perquisizione, in particolare due bottiglie molotov e una divisa di un agente di polizia che presentava una lacerazione netta che poteva essere stata provocata da una coltellata (ibidem).
64.  I procedimenti penali avviati a carico degli occupanti per i capi di accusa di associazione per delinquere volta al saccheggio e alla devastazione, resistenza aggravata alle forze dell'ordine e porto abusivo di armi si sono conclusi con l’assoluzione degli interessati.

F.  Il procedimento penale avviato contro i rappresentanti delle forze dell’ordine per l’irruzione nelle scuole Diaz-Pertini e Pascoli

65.  La procura della Repubblica di Genova aprì un'indagine per stabilire gli elementi sui quali si era fondata la decisione di fare irruzione nella scuola Diaz-Pertini, e per chiarire le modalità di esecuzione dell'operazione, l'aggressione con il coltello che sarebbe stata commessa nei confronti di un agente e la scoperta delle due bottiglie molotov, nonché gli eventi che avevano avuto luogo nella scuola Pascoli.
66.  Nel dicembre 2004, dopo circa tre anni di indagini, furono rinviate a giudizio ventotto persone fra funzionari, dirigenti e agenti delle forze dell'ordine. In seguito, due procedimenti riguardanti altri tre agenti furono uniti al primo.
67.  I ricorrenti si costituirono parte civile (in totale, le parti civili furono 119). Il procedimento penale relativo agli eventi verificatisi nelle scuole Diaz-Pertini e Pascoli richiese l’esame di un abbondante materiale audiovisivo, due perizie e l’audizione di più di 300 persone tra imputati e testimoni (molti dei quali cittadini stranieri).

1. Eventi della scuola Diaz-Pertini

68.  I capi di accusa presi in esame relativamente agli eventi della scuola Diaz-Pertini furono i seguenti: falso ideologico, calunnia semplice e aggravata, abuso di ufficio (soprattutto per l'arresto illegale degli occupanti), lesioni personali semplici e aggravate nonché porto abusivo di armi da guerra.

a) La sentenza di primo grado

69.  L’11 febbraio 2009, con la sentenza n. 4252/08, il tribunale di Genova condannò dodici degli imputati a pene comprese tra due e quattro anni di reclusione e, in solido con il Ministero dell’Interno, al pagamento delle spese e al versamento del risarcimento danni alle parti civili, alle quali il tribunale accordò delle provvisionali comprese tra i 2.500 e i 50.000 EUR. Un condannato beneficiò della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario giudiziale. Peraltro, in applicazione della legge n. 241 del 29 luglio 2006 che stabiliva le condizioni da soddisfare per ottenere l'indulto, dieci dei condannati beneficiarono di un indulto totale della pena principale e uno di loro, condannato a quattro anni di reclusione, beneficiò di un indulto di tre anni (per un’analisi più dettagliata, si veda Cestaro c. Italia, sopra citata, §§ 49 58).
70.  Nella motivazione della sentenza, il tribunale considerò che le forze dell’ordine potevano pensare, alla luce degli eventi che avevano preceduto l'irruzione (paragrafo 11 supra), che la scuola Diaz-Pertini ospitasse anche dei «black block». Tuttavia il tribunale ritenne che gli eventi controversi costituissero una violazione chiara della legge e, al tempo stesso, di ogni principio di umanità e di rispetto delle persone. Inoltre, a suo parere, gli autori materiali avevano agito con la convinzione che i loro superiori tollerassero gli atti da loro commessi perché alcuni funzionari e dirigenti della polizia, presenti sui luoghi sin dall'inizio delle operazioni, non avevano immediatamente impedito la prosecuzione delle violenze.

b) La sentenza d’appello

71.  Il 31 luglio 2010, la corte d’appello di Genova, con la sentenza n. 1530/10, riformò parzialmente la sentenza impugnata (si veda Cestaro, sopra citata, §§ 59-74).
72.  In particolare, poiché era scaduto il termine di prescrizione, la corte d’appello dichiarò non doversi procedere per i delitti di calunnia aggravata (quattordici imputati), di abuso di ufficio per l'arresto illegale degli occupanti della scuola Diaz-Pertini (dodici imputati) e di lesioni semplici (nove imputati).
73.  Secondo la corte d’appello, molti elementi dimostravano che lo scopo principale di tutta l’operazione era quello di eseguire numerosi arresti, anche in assenza di finalità di ordine giudiziario, in quanto era essenziale porre rimedio all’immagine mediatica di una polizia percepita come impotente. I più alti funzionari delle forze dell’ordine avrebbero dunque radunato attorno al VII Nucleo antisommossa una unità armata pesantemente, dotata di manganelli di tipo tonfa i cui colpi potevano essere mortali, e avrebbero dato come unica istruzione quella di neutralizzare gli occupanti della scuola Diaz-Pertini, stigmatizzando questi ultimi come pericolosi teppisti, autori dei saccheggi dei giorni precedenti. Così, secondo la corte d’appello, almeno tutti i funzionari a capo e i dirigenti del VII Nucleo antisommossa erano colpevoli delle lesioni inflitte agli occupanti. Per quanto riguarda i responsabili della polizia di rango più elevato, la corte d’appello precisò che la decisione di non chiedere il loro rinvio a giudizio impediva di valutare la loro responsabilità in ambito penale.
74.  Nella determinazione delle pene da infliggere, la corte d’appello, basandosi soprattutto sulle dichiarazioni raccolte, sottolineò che gli agenti delle forze dell’ordine si erano trasformati in «picchiatori violenti», indifferenti a qualsiasi vulnerabilità fisica legata al sesso e all’età come pure a qualsiasi segno di capitolazione, anche da parte di persone che erano state svegliate bruscamente dal rumore dell’attacco. La corte d’appello indicò che a tutto ciò gli agenti avevano aggiunto ingiurie e minacce. Così facendo, essi avrebbero gettato sull’Italia il discredito dell’opinione pubblica internazionale. Per di più, dopo aver commesso le violenze, le forze dell’ordine avrebbero riportato tutta una serie di circostanze a carico degli occupanti, inventate di sana pianta.

c) La sentenza della Corte di cassazione

75.  Con la sentenza n. 38085/12 del 5 luglio 2012, depositata il 2 ottobre 2012, la Corte di cassazione confermò essenzialmente la sentenza impugnata, dichiarando tuttavia prescritto il delitto di lesioni aggravate (per un’analisi più dettagliata, si veda Cestaro, sopra citata, §§ 75-80).
76.   Essa osservò che – come constatato dalle decisioni di primo e secondo grado e come, peraltro, non sarebbe mai stato contestato – «le violenze perpetrate dalla polizia nel corso dell'intervento presso la scuola Diaz-Pertini [erano] state di una gravità inusitata» e «assoluta». Tale gravità risiederebbe nel fatto che queste violenze generalizzate, commesse in tutti i locali della scuola, si erano scatenate contro persone palesemente disarmate, dormienti o sedute con le mani alzate.
77.  Per la Corte di cassazione queste violenze potevano definirsi «tortura» secondo la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, oppure «trattamenti inumani o degradanti» secondo l’articolo 3 della Convenzione. Tuttavia, mancando un reato ad hoc nell’ordinamento giuridico italiano, le violenze in causa erano state perseguite come delitti di lesioni personali semplici o aggravate in relazione alle quali, in applicazione dell’articolo 157 del codice penale, era intervenuta la prescrizione nel corso del procedimento.

2. Gli eventi della scuola Pascoli

78.  I capi di accusa presi in esame per gli eventi della scuola Pascoli furono, in particolare, i delitti di perquisizione arbitraria e danneggiamento.
79.  Con la sentenza n. 4252/08, il tribunale di Genova ritenne che l’irruzione delle forze dell’ordine nella scuola Pascoli fosse la conseguenza di un errore nell’individuare l’edificio da perquisire. Inoltre stabilì che non vi erano prove certe per poter concludere che gli imputati avessero effettivamente commesso i danni denunciati nella scuola Pascoli.
80.  Nella sentenza n. 1530/10, la corte d’appello di Genova considerò, al contrario, che l’irruzione delle forze dell’ordine era stata volontaria e che mirava a eliminare ogni prova filmata dell’irruzione che si stava svolgendo nella scuola Diaz-Pertini. Secondo la corte d’appello, anche la distruzione dei computer degli avvocati era stata volontaria. La corte d’appello dichiarò tuttavia non doversi procedere nei confronti del funzionario di polizia accusato di tale distruzione essendo intervenuta la prescrizione dei delitti contestati.
81.  Con la sentenza n. 38085/12, la Corte di cassazione confermò questa decisione e osservò che la corte d’appello aveva pienamente motivato le sue conclusioni rilevando che, nella scuola Pascoli, la polizia aveva eseguito una perquisizione arbitraria, allo scopo di cercare e distruggere qualsiasi documentazione riguardante gli eventi della scuola Diaz-Pertini.

G. L’indagine conoscitiva parlamentare

82.  Il 2 agosto 2001 i presidenti della Camera dei Deputati e del Senato decisero che le Commissioni Affari costituzionali delle due camere del Parlamento avrebbero avviato una indagine conoscitiva sui fatti accaduti in occasione dello svolgimento del G8 di Genova. A tale scopo fu creata una commissione composta da diciotto deputati e diciotto senatori. Il 20 settembre 2001 la commissione depositò la relazione contenente le conclusioni della maggioranza, intitolata «Relazione conclusiva dell’indagine parlamentare conoscitiva sui fatti del G8 di Genova». Secondo questa relazione, la perquisizione nella scuola Diaz-Pertini «sembrava forse l’esempio più significativo di carenze organizzative e di disfunzioni operative».

II.  IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

83.  Per quanto riguarda il diritto e la prassi interni pertinenti nelle presenti cause, nonché il diritto internazionale, la Corte rinvia alla sentenza Cestaro (sopra citata, §§ 87-121).
84.  Una proposta di legge volta a sanzionare la tortura e i maltrattamenti è stata votata dal Senato della Repubblica italiana il 5 marzo 2014 e poi presentata alla Camera dei deputati il 6 marzo 2014. Quest’ultima ha modificato il testo il 9 aprile 2015 e inviato la nuova proposta di legge al Senato il 13 aprile 2015. L’esame di tale proposta è ancora in corso.

IN DIRITTO

I.  SULLA RIUNIONE DEI RICORSI

85.  Tenuto conto della similitudine dei presenti ricorsi per quanto riguarda i fatti e le questioni di merito che questi sollevano, la corte ritiene appropriato riunirli, in applicazione dell’articolo 42 del suo regolamento.

II.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE

86.  Tutti i ricorrenti lamentano di essere stati sottoposti ad atti di violenza che definiscono tortura e trattamenti inumani e degradanti, e invocano l’articolo 3 della Convenzione, che recita:
«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a (…) trattamenti inumani o degradanti.»
87.  I ricorrenti lamentano inoltre, dal punto di vista degli articoli 3 e 13 della Convenzione, che non sia stata condotta una indagine effettiva, e denunciano in particolare la mancata identificazione della maggior parte degli agenti autori di violenze e l’assenza, nel sistema penale italiano, di un reato che punisca la tortura e i trattamenti inumani e degradanti.
88.  Il Governo si oppone a questa tesi.
89.  Considerata la formulazione dei motivi di ricorso dei ricorrenti, la Corte ritiene opportuno esaminare la questione dell’assenza di un’inchiesta effettiva sui maltrattamenti dedotti unicamente sotto il profilo procedurale dell’articolo 3 della Convenzione (Dembele c. Svizzera, n. 74010/11, § 33, 24 settembre 2013, e Cestaro, sopra citata, § 129).
90.  Infine, i ricorrenti del ricorso n. 43390/13 lamentano anche: di non aver ricevuto informazioni circa i motivi del loro arresto, se del caso in presenza di un interprete (articolo 5 § 2 della Convenzione); di avere subito umiliazioni contrarie alla libertà di coscienza, di espressione e di riunione (articoli 9, 10 e 11 della Convenzione); di essere stati vittime di discriminazione, in quanto a loro parere l’irruzione della polizia era soltanto una reazione contro i manifestanti e le loro opinioni politiche (articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con gli articoli 3, 9, 10 e 11).
91.  Considerata la formulazione di tali motivi, la Corte ritiene che essi rientrassero in un quadro più generale di perpetrazione di atti potenzialmente contrari all’articolo 3 della Convenzione e decide di esaminarli unicamente dal punto di vista di questa disposizione.

A. Sulla domanda di cancellazione dal ruolo del ricorso n. 43390/13 per quanto riguarda i ricorrenti di cui ai numeri 8-9, 13, 16, 20, 28-29, 32 e 33 nella lista dell’allegato I

92.  La Corte ha ricevuto delle dichiarazioni di composizione amichevole, firmate dalle parti ricorrenti il 27 luglio 2016 e dal Governo il 9 settembre 2016. Quest’ultimo si impegna a versare a ciascun ricorrente la somma di 45.000 EUR (quarantacinquemila euro) per danno materiale e morale e per le spese sostenute sia dinanzi alla Corte che dinanzi ai giudici nazionali, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dagli interessati, i quali hanno rinunciato a ogni altra pretesa nei confronti dell’Italia per quanto riguarda i fatti all’origine dei loro ricorsi.
Tale somma sarà versata entro i tre mesi successivi alla data della notifica della decisione della Corte. In assenza di versamento entro detto termine, il Governo si impegna a corrispondere, a decorrere dalla scadenza di quest’ultimo e fino al versamento effettivo della somma in questione, un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali. Tale versamento equivarrà alla conclusione definitiva della causa.
93.  La Corte prende atto della composizione amichevole alla quale sono giunte le parti, e ritiene che essa sia ispirata al rispetto dei diritti dell’uomo come riconosciuti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli, e non ravvisa peraltro alcun motivo che giustifichi la prosecuzione dell’esame del ricorso nei confronti dei ricorrenti interessati.
94.  Pertanto, è opportuno cancellare il ricorso dal ruolo per quanto riguarda i ricorrenti sopra menzionati. La Corte continua l’esame del ricorso n. 43390/13 nei confronti degli altri ricorrenti.

B. Sulla domanda di cancellazione dal ruolo del ricorso n. 43390/13 per quanto riguarda i ricorrenti di cui ai numeri 1, 6, 19 e 21 nella lista dell’allegato I

95.  I quattro ricorrenti informano la Corte che desiderano rinunciare al ricorso n. 43390/13 in ragione della riparazione ricevuta da parte del Ministero dell’Interno per i danni di cui sono stati vittime.
96.  La Corte ritiene che sia opportuno cancellare il ricorso dal ruolo per quanto riguarda i ricorrenti sopra menzionati, in applicazione dell’articolo 37 § 1 a) della Convenzione.

C. Sui ricorsi nn. 12131/13 e n. 43390/13 per quanto riguarda i ricorrenti di cui ai numeri 2-5, 7, 10-12, 14-15, 17-18, 22 27, 30-31, 34 e 35 nella lista dell’allegato I

1.  Sulla ricevibilità

97.  Il Governo eccepisce il carattere abusivo del ricorso n. 12131/13, in quanto i ricorrenti interessati hanno già presentato altri due ricorsi, attualmente pendenti dinanzi alla Corte (ricorsi nn. 28923/09 e 67599/10). A questo riguardo cita l’articolo 35 §§ 2 b) e 3 a) della Convenzione.
98.  La Corte osserva anzitutto che i due ricorsi indicati dal Governo riguardano fatti diversi da quelli qui evocati dai ricorrenti. In particolare, essi hanno ad oggetto dei presunti maltrattamenti inflitti all’interno della caserma di Bolzaneto, a Genova. Per di più, i fatti su cui vertono tali ricorsi sono cronologicamente posteriori ai fatti oggetto delle presenti cause.
Pertanto, la Corte constata che il ricorso n. 12131/13 non è sostanzialmente lo stesso rispetto ai ricorsi nn. 28923/09 e 67599/10 e non può essere respinto, in applicazione dell’articolo 35 § 2 b) della Convenzione. Queste stesse constatazioni permettono di concludere per il rigetto dell’eccezione preliminare relativa al carattere abusivo del ricorso sopra citato.
99.  Constatando che questi ricorsi non sono manifestamente infondati nel senso dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e non incorrono in altri motivi di irricevibilità, la Corte li dichiara ricevibili.

2.  Sul merito

a)  Tesi delle parti

i.  I ricorrenti

100.  I ricorrenti lamentano di avere subito dei maltrattamenti in occasione dell’irruzione degli agenti all’interno della scuola Diaz-Pertini, e di essere stati oggetto di una violenza sproporzionata e ingiustificata che definiscono tortura o trattamenti inumani e degradanti.
101.  I ricorrenti lamentano anche l’esito del procedimento penale per vari motivi. In particolare, contestano la mancata identificazione della maggior parte degli autori materiali dei fatti di violenza e criticano le conseguenze dell’assenza del reato di tortura nell’ordinamento penale nazionale e soprattutto quelle dell’applicazione della prescrizione ai reati ascritti agli imputati, che avrebbero impedito alle autorità giudiziarie di giungere al riconoscimento espresso e sostanziale della violazione dell’articolo 3 della Convenzione.
102.  Essi sostengono inoltre che, malgrado la sentenza Cestaro (sopra citata), il legislatore italiano non ha ancora adottato il disegno di legge volto a introdurre nell’ordinamento giuridico nazionale le disposizioni che puniscono questo tipo di reati.

ii.  Il Governo

103.  Il Governo assicura che non sottovaluta l’importanza dei fatti che si sono svolti nella scuola Diaz-Pertini, e ammette che degli atti molto gravi e deplorevoli sono stati commessi dagli agenti di polizia nel corso dell’operazione controversa.
104.  Il Governo dichiara che lo Stato italiano ammette pienamente la commissione delle violazioni e dichiara di condividere il giudizio delle autorità giudiziarie interne che, a suo parere, hanno stigmatizzato molto duramente il comportamento degli agenti di polizia.
105.  Per quanto riguarda l’elemento procedurale dell’articolo 3 della Convenzione, il Governo sostiene di avere soddisfatto pienamente il proprio obbligo positivo, e considera che l’inchiesta ufficiale condotta dalle autorità giudiziarie è stata approfondita, indipendente e imparziale.
106.  Esso ritiene che l’inchiesta suddetta abbia permesso di individuare e condannare i responsabili degli atti denunciati, e argomenta che l’assenza, in quanto tale, di un reato di tortura, non ha impedito ai giudici di perseguire e punire efficacemente i responsabili applicando le disposizioni legislative vigenti.
107.  Il Governo afferma anche che non è possibile dare una definizione univoca del termine «tortura» e che, in ogni caso, il codice penale italiano contiene varie norme che puniscono i reati contro la persona, compresi gli atti più gravi.
108.  Inoltre, dichiara che un disegno di legge volto a introdurre il reato di tortura nell’ordinamento giuridico interno è attualmente in fase di discussione dinanzi al Senato della Repubblica, dopo essere stato modificato dalla Camera dei Deputati.
109.  Quanto alle misure adottate nei confronti dei funzionari, il Governo informa la Corte, senza ulteriori precisazioni, che tutto il personale coinvolto è stato sottoposto a procedimenti disciplinari che hanno portato a una sospensione dal servizio per determinati periodi, nonché a sanzioni pecuniarie proporzionate al salario individuale. Esso aggiunge che, in alcuni casi, gli agenti di polizia interessati sono stati sanzionati mediante la cessazione delle loro funzioni o il blocco della loro progressione di carriera per anzianità.
110.  Infine il Governo, senza fornire ulteriori dettagli, richiama l’attenzione della Corte sulle provvisionali ricevute dai ricorrenti, il cui importo sarebbe compreso tra 10.000 e 30.000 EUR, e aggiunge che, in alcuni casi, i tribunali nazionali avrebbero riconosciuto alle vittime delle provvisionali dell’importo di 210.000 EUR, senza tuttavia indicare se i ricorrenti siano stati interessati.

b)  Valutazione della Corte

i.  Sull’elemento sostanziale dell’articolo 3 della Convenzione

α)  Principi generali

111.  L’articolo 3 della Convenzione sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche (si vedano, in particolare, Selmouni c. Francia [GC], n. 25803/94, § 95, CEDU 1999 V, Labita c. Italia [GC], n. 26772/95, § 119, CEDU 2000 IV, Gäfgen c. Germania [GC], n. 22978/05, § 87, CEDU 2010, El-Masri c. l’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia [GC], n. 39630/09, § 195, CEDU 2012, e Mocanu e altri c. Romania [GC], n. 10865/09, 45886/07 e 32431/08, § 315, CEDU (estratti)) e un diritto assoluto e inalienabile strettamente legato al rispetto della dignità umana (Aleksandr Novoselov c. Russia, n. 33954/05, § 54, 28 novembre 2013, Bouyid c. Belgio [GC], n. 23380/09, § 81, CEDU 2015), che non prevede restrizioni e, ai sensi dell’articolo 15 § 2, non è soggetto ad alcuna deroga (Gäfgen, sopra citata, § 87).
112.  La Corte rinvia ai principi generali relativi alla qualificazione giuridica di maltrattamenti (Irlanda c. Regno Unito, 18 gennaio 1978, § 162, serie A n. 25 e Jalloh c. Germania [GC], n. 54810/00, § 67, CEDU 2006 IX; per i fattori da considerare si vedano, tra molte, Aksoy c. Turchia, 18 dicembre 1996, § 64, Recueil 1996 VI, Egmez c. Cipro, n. 30873/96, § 78, CEDU 2000 XII, Krastanov c. Bulgaria, n. 50222/99, § 53, 30 settembre 2004, El Masri, sopra citata, § 196, e Al Nashiri c. Polonia, n. 28761/11, § 508, 24 luglio 2014; per il contesto, come un’atmosfera di viva tensione e a forte carica emotiva, si vedano, tra altre, Selmouni, sopra citata, § 104, e Egmez, sopra citata, § 78; per l’uso della forza fisica da parte delle forze dell’ordine, si vedano, tra molte altre, Ribitsch c. Austria, 4 dicembre 1995, § 38, serie A n. 336, Mete e altri c. Turchia, n. 294/08, § 106, 4 ottobre 2011, El-Masri, sopra citata, § 207, e Bouyid, § 101, sopra citata). Più precisamente, per quanto riguarda la qualificazione giuridica di tortura, la Corte rinvia ai principi derivanti dalla sua sentenza Cestaro (sopra citata, §§ 171-176).
113.  Quanto alla valutazione delle prove, se la Corte ha sempre sottolineato il suo dovere di procedere a un esame particolarmente approfondito in caso di doglianze presentate dal punto di vista degli articoli 2 e 3 della Convenzione (Matko c. Slovenia, n. 43393/98, § 100, 2 novembre 2006, e Vladimir Romanov c. Russia, n. 41461/02, § 59, 24 luglio 2008), essa ha anche affermato che, desiderosa di rispettare la natura sussidiaria del suo ruolo, non ha il compito di sostituire la propria visione delle cose a quella delle corti e dei tribunali nazionali, ai quali spetta in linea di principio il compito di valutare i dati da loro raccolti (Klaas c. Germania, 22 settembre 1993, § 29, serie A n. 269, Jasar c. l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, n. 69908/01, § 49, 15 febbraio 2007, e Eski c. Turchia, n. 8354/04, § 28, 5 giugno 2012). Sebbene le constatazioni dei tribunali interni non vincolino la Corte, essa necessita nondimeno di elementi convincenti per potersi discostare dalle constatazioni alle quali essi sono giunti (Gäfgen, sopra citata, § 93).

β)  Applicazione di questi principi alle circostanze della presente causa

114.  La Corte osserva anzitutto che i tribunali interni hanno accertato i fatti in maniera dettagliata e approfondita (paragrafi 69-77 supra), cosa che, del resto, non viene contestata dal Governo. In particolare, i giudici nazionali hanno constatato quanto segue:

  • la decisione di procedere all’irruzione all’interno delle scuole Diaz-Pertini e Pascoli è stata presa dagli alti funzionari di polizia presenti a Genova (paragrafo 12 supra). Questa operazione (perquisizione ad iniziativa autonoma) volta alla ricerca di armi, sebbene pienamente legittima (paragrafo 70 supra), doveva nel contempo permettere degli arresti «mediatizzati» allo scopo di cancellare l’immagine di una polizia inerte di fronte ai gravissimi episodi di devastazioni e saccheggi verificatisi il 20 e il 21 luglio (paragrafo 73 supra);
  • durante l’irruzione nella scuola Diaz-Pertini, gli agenti hanno colpito quasi tutti gli occupanti con pugni, calci e manganellate, profferendo insulti e minacce;
  • all’esito dell’operazione i 93 occupanti sono stati arrestati, 78 di loro sono stati ricoverati in seguito alle ferite subite (paragrafo 61 supra);
  • le violenze commesse, multiple e reiterate, hanno raggiunto un livello di gravità assoluta in quanto commesse in tutti i locali della scuola e nei confronti di persone evidentemente disarmate, addormentate o sedute con le mani in alto (paragrafo 76 supra);
  • le violenze suddette erano ingiustificate e sono state esercitate a scopo punitivo e di ritorsione, al fine di provocare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime. Secondo la Corte di cassazione, tali atti potevano essere considerati «tortura» ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite e ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione (paragrafo 77 supra).

115.  Tenendo conto di questi elementi come sfondo, la Corte osserva che la pianificazione dell’operazione di polizia si è limitata a prevedere in maniera generale la sequenza delle fasi operative («messa in sicurezza» e perquisizione propriamente detta) senza tuttavia precisare in dettaglio le modalità dell’eventuale uso della forza (paragrafo 12 supra). Essa rammenta anche che il compito di intervenire per primo, allo scopo di contrastare qualsiasi ipotetica forma di resistenza e di violenza da parte degli occupanti della scuola, è stato attribuito al VII Nucleo antisommossa. In particolare, essa osserva che gli agenti di questa unità sono arrivati sui luoghi di corsa e in tenuta antisommossa, muniti di caschi, scudi e manganelli tipo tonfa. La polizia ha fatto irruzione nel recinto della scuola sfondando il cancello di ingresso con un mezzo blindato. Le porte di ingresso sono state rapidamente forzate e, una volta all’interno, gli agenti hanno fatto un uso indiscriminato, sistematico e sproporzionato della forza (paragrafo 15 supra).
116.  La Corte ritiene che questi elementi evidenzino le lacune della pianificazione dell’operazione di polizia. Le forze dell’ordine non si trovavano di fronte a una situazione di urgenza, a una minaccia immediata che impedisse di prevedere un intervento adeguato, adatto al contesto e proporzionato alle potenziali minacce. La Corte considera che gli alti responsabili avevano la possibilità di pianificare l’intervento della polizia, di analizzare tutte le informazioni disponibili e di tenere conto della situazione di tensione e di stress alla quale gli agenti di polizia erano sottoposti da quarantotto ore (si veda, mutatis mutandis, Egmez, § 78, sopra citata). La Corte sottolinea in particolare il fatto che, nonostante la presenza, a Genova, di funzionari esperti che facevano parte dell’alta gerarchia della polizia, non è stata data alcuna direttiva specifica sull’uso della forza e non è stata impartita alcuna istruzione agli agenti su questo aspetto decisivo (si veda, per la stessa constatazione, Cestaro, § 182, sopra citata).
117.  Per quanto riguarda gli atti di violenza subiti dai ricorrenti, la Corte tiene a sottolineare che le aggressioni inflitte a ciascun individuo lo sono state in un contesto generale di uso eccessivo, indiscriminato e manifestamente sproporzionato della forza. Infatti, i ricorrenti sono stati vittime e nello stesso tempo testimoni di un uso incontrollato della violenza da parte della polizia, dato che gli agenti hanno riempito di botte in maniera sistematica ciascuno degli occupanti, compresi quelli distesi a terra o seduti con le mani alzate (paragrafo 15 supra). La Corte rammenta a questo proposito che gli occupanti della scuola non hanno commesso alcun atto di violenza né di resistenza nei confronti delle forze dell’ordine.
118.  Per quanto riguarda i racconti individuali, la Corte non può che constatare la gravità dei fatti descritti dai ricorrenti e confermati dai tribunali nazionali. Ciascuno dei ricorrenti è stato colpito in maniera violenta, la maggior parte ha ricevuto manganellate, calci e pugni e, in alcuni casi, sono stati gettati mobili contro di loro. I colpi ricevuti hanno provocato ematomi, ferite e, in alcuni casi, gravi fratture che hanno lasciato conseguenze fisiche permanenti (paragrafi 17 - 58 supra).
119.  Considerati tutti gli elementi sopra esposti, la Corte è convinta che gli atti di violenza commessi nei confronti dei ricorrenti abbiano provocato sofferenze fisiche e psicologiche «acute», e che gli stessi siano di natura particolarmente grave e crudele (Cestaro, sopra citata, §§ 177 190).
120.  Pertanto, la Corte conclude che i trattamenti subiti dai ricorrenti all’interno della scuola Diaz-Pertini debbano essere considerati atti di tortura. Vi è stata dunque violazione dell’elemento materiale dell’articolo 3 della Convenzione.

ii.  Sull’elemento procedurale dell’articolo 3 della Convenzione

121.  La Corte osserva che lo stesso procedimento interno è all’origine della constatazione di violazione dell’elemento procedurale dell’articolo 3 della Convenzione nella causa Cestaro (sopra citata §§ 204-236). Pertanto, non vede alcun motivo per discostarsi dalle conclusioni alle quali è giunta in tale causa, compreso per quanto riguarda la carenza dell’ordinamento giuridico italiano in materia di repressione della tortura, e conclude che vi è stata violazione dell’elemento procedurale dell’articolo 3 della Convenzione.

III.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

122.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno

123.  I ricorrenti del ricorso n. 12131/13 chiedono ciascuno la somma di 150.000 EUR per il danno morale mentre i ricorrenti del ricorso n. 43390/13 (in particolare i ricorrenti indicati ai nn. 2-5, 7, 10-12, 14-15, 17-18, 22-27, 30-31, 34-35 nella lista dell’allegato I) si rimettono al giudizio della Corte.
124.  Il Governo contesta tali richieste e invita la Corte a tenere conto delle somme provvisionali già versate ai ricorrenti in quanto parti civili nel procedimento penale.
125.  La Corte rileva che, a livello nazionale, ciascun ricorrente ha ottenuto il versamento di una somma provvisionale che ha in parte risarcito il danno morale. Pertanto, essa terrà conto di tali somme nel calcolo dell’importo da accordare ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione (Cestaro, sopra citata, § 251).
126.  Considerata la gravità delle circostanze delle presenti cause e vista la conclusione alla quale è giunta di violazione sia dell’elemento materiale che dell’elemento procedurale dell’articolo 3 della Convenzione, la Corte ritiene doversi accordare in via equitativa a ciascun ricorrente la somma di 45.000 EUR (quarantacinquemila euro) per il danno morale, ad eccezione di due ricorrenti, le signore A.J. Kutschkau e L. Zuhlke. alle quali, a causa della gravità delle lesioni fisiche dalle stesse riportate, la Corte decide doversi accordare in via equitativa la somma di 55.000 EUR (cinquantacinquemila euro) ciascuna per il danno morale (Batı e atri c. Turchia, nn. 33097/96 e 57834/00, § 168, CEDU 2004 IV (estratti).

B. Spese

127.  I ricorrenti del ricorso n. 12131/13 non hanno formulato alcuna richiesta di rimborso delle spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte. La Corte ritiene pertanto non doversi accordare alcuna somma a questo titolo.
128.  Per quanto riguarda il ricorso n. 43930/13, i ricorrenti chiedono la somma di 95.808,69 EUR a rimborso delle spese sostenute dinanzi alla Corte. Producono delle parcelle dei vari avvocati che li hanno assistiti. In particolare, distinguono le spese degli avv. V. Onida e B. Randazzo, che si riferiscono al lavoro di redazione del ricorso presentato per tutti i ricorrenti, da quelli relativi al lavoro di raccolta di informazioni effettuato dagli altri avvocati che hanno assistito uno o più ricorrenti.
129.  Il Governo non contesta queste richieste.
130.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità e il loro importo sia ragionevole (Nikolova c. Bulgaria [GC], n. 31195/96, § 79, CEDU 1999 II).
131.  Nelle presenti cause, tenuto conto dei documenti a sua disposizione e della sua giurisprudenza, la Corte considera in linea di principio ragionevole la somma richiesta per il procedimento dinanzi ad essa, constatando tuttavia che alcuni dei ricorrenti hanno accettato la proposta di composizione amichevole presentata dal Governo convenuto (paragrafo 94 supra). Il testo della dichiarazione, formulata in maniera identica per ciascuno dei ricorrenti interessati, è così formulato nella sua parte pertinente per la presente causa:
«Il Governo ha proposto al ricorrente la somma di 45.000 EUR (quarantacinquemila euro) per il danno materiale e morale e per le spese, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta dall’interessato, che ha rinunciato ad ogni altra pretesa nei confronti dell’Italia a proposito dei fatti all’origine del suo ricorso.»
132.  Pertanto, accettando la proposta di composizione amichevole, questi ricorrenti hanno rinunciato a ogni pretesa relativa alle spese. Di conseguenza, la Corte decide doversi dedurre dall’importo totale richiesto la somma corrispondente ai ricorrenti che hanno accettato la suddetta proposta di composizione amichevole. Tale somma si ottiene moltiplicando la quota dovuta a ciascun ricorrente per il numero di ricorrenti interessati.
133.  La stessa soluzione si impone per quanto riguarda i quattro ricorrenti che hanno informato la Corte della loro volontà di rinunciare al ricorso n. 43390/13 (paragrafo 96 supra).
134.  In conclusione, la Corte accorda ai ricorrenti indicati ai nn. 2-5, 7, 10-12, 14-15, 17-18, 22-27, 30-31, 34 e 35 nella lista dell’allegato I, la somma complessiva di 59.750 EUR (cinquantanovemilasettecentocinquanta euro) a rimborso delle spese sostenute per il procedimento dinanzi ad essa (si veda l’allegato II per le somme accordate in dettaglio ai ricorrenti).

C. Interessi moratori

135.  La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Decide di riunire i ricorsi;
  2. Decide di cancellare il ricorso dal ruolo per quanto riguarda i ricorrenti del ricorso n. 43390/13 indicati nell’allegato I ai nn. 1, 6, 8, 9, 13, 16, 19-21, 28-29, 32 e 33;
  3. Dichiara i ricorsi ricevibili nei confronti degli altri ricorrenti;
  4. Dichiara che vi è stata violazione dell’elemento materiale dell’articolo 3 della Convenzione;
  5. Dichiara che vi è stata violazione dell’elemento procedurale dell’articolo 3 della Convenzione;
  6. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti, al tasso applicabile alla data del versamento:
      1. 55.000 EUR (cinquantacinquemila euro) alle sigg.re A.J. Kutschkau e L. Zuhlke, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale,
      2. 45.000 EUR (quarantacinquemila euro) ai ricorrenti del ricorso n. 12131/13 e ai ricorrenti del ricorso n. 43390/13 indicati ai nn. 2-5, 7, 10-12, 14, 17-18, 22-27, 30-31 e 34 nella lista dell’allegato I, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno morale,
      3. 59.750 EUR (cinquantanovemilasettecentocinquanta euro), più l’importo eventualmente dovuto dai ricorrenti del ricorso n. 43390/13, indicati ai nn. 2-5, 7, 10-12, 14-15, 17-18, 22 27, 30-31, 34 e 35 nella lista dell’allegato I, a titolo di imposta, per le spese;
    2. che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  7. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 22 giugno 2017, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte.

Abel Campos
Cancelliere

Linos-Alexandre Sicilianos
Presidente


ALLEGATO I

N1.
Numero di ricorso: 12131/13
Presentato il 03/01/2013
Doglianze sollevate:

  • Art. 3: tortura e trattamenti inumani e degradanti;
  • Artt. 3 e 13: assenza di inchiesta effettiva.

Nomi dei ricorrenti con data di nascita – cittadinanza - luogo di residenza:

  1. Sara BARTESAGHI GALLO
    07/05/1980 – Italiana -Parigi (Francia)
     
  2. Nicola Anne DOHERTY
    24/07/1974 – Britannica - Londra (Regno Unito)
     
  3. Jan Farrel GALLOWAY
    21/03/1975 – Americana - Philadelphia (Stati Uniti)
     
  4. Richard Robert MOTH
    09/11/1968 – Britannica - Londra (Regno Unito)
     
  5. Achim NATHRATH
    31/12/1969 – Tedesca - Monaco (Germania)
     
  6. Theresa TREIBER
    09/08/1967 – Tedesca - Monaco (Germania)
     
  7. Anna Katharina ZEUNER
    04/09/1978 – Tedesca - Berlino (Germania)


N2.
Numero di ricorso: 43390/13
Presentato il 30/03/2013
Doglianze sollevate:

  • Art. 3: tortura e trattamenti inumani e degradanti;
  • Art. 3: mancata identificazione degli autori delle vessazioni;
  • Artt. 3 e 13: assenza di inchiesta effettiva;
  • Art. 5 § 2: assenza di informazioni sui motivi dell’arresto;
  • Artt. 9, 10 e 11: violazione della libertà di avere convinzioni, della libertà di espressione e della libertà di riunione;
  • Articolo 14 in combinato disposto con gli articoli 3, 9, 10, 11: vittime di violenze in ragione delle loro opinioni politiche.    

Nome dei ricorrenti con data di nascita – cittadinanza - luogo di residenza:

  1. Daniel Thomas ALBRECHT
    09/11/1979 – Tedesca - Berlino (Germania)
     
  2. Aitor Ruiz BALBAS
    09/10/1970 – Spagnola - Pamplona (Spagna)
     
  3. Matteo BERTOLA
    04/07/1977 – Italiana - Lecco (Italia)
     
  4. Valeria BRUSCHI
    26/02/1975 – Italiana - Berlino (Germania)
     
  5. Michal CHMIELEWSKI
    25/10/1975 – Polacca - Dublino (Irlanda)
     
  6. Benjamin COELLE
    03/02/1980 – Tedesca - Stoccarda (Germania)
     
  7. Simona DIGENTI
    09/03/1980 – Svizzera - Rumlang (Svizzera)
     
  8. Rosana ALLUEVA FORTEA
    16/09/1980 – Spagna - Monreal Del Campo (Spagna)
     
  9. Michael GIESER
    12/11/1965 – Svedese - Mondorf-Les-Bains (Lussemburgo)
     
  10. Yasar Suna GOL
    16/05/1965 – Turca - Hoelstein (Svizzera)
     
  11. Lorenzo GUADAGNUCCI PANCIOLI
    03/12/1963 – Italiana - Firenze (Italia)
     
  12. Jens HERMANN
    13/10/1972 – Tedesca - Berlino (Germania)
     
  13. Laura JAEGER
    15/02/1981 – Tedesca - Barcellona (Spagna)
     
  14. Holger KRESS
    25/07/1979 – Venezuelana - Teubingen (Germania)
     
  15. Anna Julia KUTSCHKAU
    23/06/1980 – Tedesca - Berlino (Germania)
     
  16. 16. Francisco Javier MADRAZO SANZ
    03/12/1973 – Spagnola - Saragozza (Spagna)
     
  17. Felix Pablo MARQUELLO
    05/11/1965 – Spagnola - Saragozza (Spagna)
     
  18. Niels MARTENSEN
    08/01/1977 – Tedesca - Amburgo (Germania)
     
  19. Ana MARTINEZ FERRER
    20/10/1975 – Spagnola - Tarazona (Spagna)
     
  20. Guillermo Paz MASSÓ
    28/09/1976 – Spagnola - Saragozza (Spagna)
     
  21. Christian MIRRA
    14/06/1977 – Italiana - Santander (Spagna)
     
  22. David MORET FERNANDEZ
    07/11/1971 – Spagnola - Lleida (Spagna)
     
  23. Francho Chavier NOGUERAS CORRAL
    14/02/1965 – Spagnola - Saragozza (Spagna)
     
  24. Kathrin OTTOVAY
    09/11/1978 – Tedesca - Berlino (Germania)
     
  25. Vito PERRONE
    20/12/1977 – Italiana - Foggia (Italia)
     
  26. Rafael POLLOK
    03/01/1976 – Polacca - Brema (Germania)
     
  27. Federico PRIMOSIG
    28/12/1978 – Italiana - Roma (Italia)
     
  28. Benito Francisco Javier SAMPERIZ
    14/05/1976 Spagnola - Saragozza (Spagna)
     
  29. Steffen SIBLER
    31/01/1978 – Tedesca - Berlino (Germania)
     
  30. Jose Luis SICILIA
    17/11/1959 – Argentina - Saragozza (Spagna)
     
  31. Jonas SZABO
    24/09/1980 – Tedesca - Berlino (Germania)
     
  32. Dolores HERRERO VILLAMOR
    31/01/1937 – Spagnola - Brema (Germania)
     
  33. Guillermina GARCIA ZAPATERO
    09/03/1974 – Spagnola - Madrid (Spagna)
     
  34. Sebastian ZEHATSCHEK
    23/01/1981 – Tedesca - Neu-Ulm (Germania)
     
  35. Lena ZUHLKE
    14/02/1977 – Tedesca - Amburgo (Germania)

 

ALLEGATO II
Avvocati rappresentanti Ricorrenti rappresentati Importo totale da pagare[1]
Avv. V. ONIDA
Avv. B. RANDAZZO
Tutti i ricorrenti del ricorso n. 43390/13 12.100 EUR
Avv. A. GALASSO
Avv. P. PALMIERI
Avv. L. D?AMICO
Lorenzo GUADAGNUCCI PANCIOLI
Vito PERRONE
5.830 EUR
Avv. F. TADDEI Michal CHMIELEWSKI
Benjamin COELLE
Christian MIRRA
Rafael POLLOK
Steffen SIBLER
5.500 EUR
Avv. C. NOVARO Laura JAEGER 0 EUR
Avv. L. TARTARINI Daniel Thomas ALBRECHT
Jens HERMANN
Niels MARTENSEN
Katrin OTTOVAY
Jonas SZABO
Guillermina GARCIA ZAPATERO
10.150 EUR
Avv. E. TAMBUSCIO Rosana ALLUEVA FORTEA
Aitor Ruiz BALBAS
Valeria BRUSCHI
Simona DIGENTI
Francho Chavier NOGUERAS CORRAL
Francisco Javier MADRAZO SANZ
Felix Pablo MARQUELLO
Guillermo PAZ MASSÓ
David MORET FERNANDEZ
Federico PRIMOSIG
Benito Francisco Javier SAMPERIZ
José Luis SICILIA
12.000 EUR
Avv. M. PASTORE Michael GIESER
Yasar Suna GOL
2.530 EUR
Avv. F. GUIGLIA Holger KRESS
Dolores HERRERO VILLAMOR
Sebastian ZEHATSCHEK
Lena ZUHLKE
7.610 EUR
Avv. R. PASSEGGI Anna Julia KUTSCHKAU 1.500 EUR
Avv. P. ANTIMIANI
Avv. A. MARINI
Avv. M. MAZZALI
Matteo BERTOLA 2.530 EUR

[1] Alcuni ricorrenti hanno accettato la proposta di composizione amichevole o hanno abbandonato il ricorso rinunciando a qualsiasi pretesa relativa alle spese sostenute (paragrafo 131 supra).