Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 2 febbraio 2023 - Ricorso n. 50326/10 - Causa Poletti c. Italia

 

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Silvia Canullo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA POLETTI c. ITALIA

(Ricorso n. 50326/10)

SENTENZA

STRASBURGO

2 febbraio 2023

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Poletti c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in un Comitato composto da:

Péter Paczolay, Presidente,
Alena Poláčková,
Raffaele Sabato, giudici,
e Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di Sezione,

visto il ricorso (n. 50326/10) proposto contro la Repubblica italiana con il quale, in data 27 agosto 2010, una cittadina italiana, la sig.ra Irma Virginia Poletti, nata nel 1943 e residente a Sondrio (“la ricorrente”), che è stata rappresentata dall’avvocato R. Palotti del foro di Milano, ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare le doglianze ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione concernenti l’ingerenza legislativa in un procedimento pendente al Governo italiano (“il Governo”), rappresentato dal suo agente, la sig.ra M.G. Civinini, e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto;

viste le osservazioni delle parti;

dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 10 gennaio 2023,

pronuncia la seguente sentenza adottata in tale data:

OGGETTO DELLA CAUSA

  1. La causa concerne un intervento legislativo durante un procedimento civile in corso.
  2. La ricorrente era una pensionata che, in conformità alla Convenzione italo-svizzera in materia di sicurezza sociale del 1962, aveva trasferito in Italia i contributi pensionistici che aveva versato in Svizzera per il lavoro ivi svolto per diversi anni. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (“l’INPS”) aveva calcolato la sua pensione utilizzando una retribuzione teorica invece della sua retribuzione effettiva e ciò aveva comportato una riparametrazione sulla base del rapporto esistente tra l’aliquota contributiva applicata in Svizzera (8%) e quella applicata in Italia (32,7%). Il calcolo era basato così su uno pseudo-salario, il che aveva comportato, secondo la ricorrente, che ella percepisse una pensione molto inferiore a quella che avrebbe dovuto percepire.
  3. La ricorrente propose ricorso dinanzi ai tribunali nazionali, sostenendo che i metodi di calcolo utilizzati dall’INPS violavano lo spirito della Convenzione italo-svizzera.
  4. Nelle more del pertinente procedimento, il 1° gennaio 2007 entrò in vigore la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (“legge 296/2006”). L’articolo 1, comma 777, di tale legge forniva l’interpretazione autentica del quadro normativo pertinente e confermava i metodi di calcolo utilizzati dall’INPS.
  5. In considerazione dell’entrata in vigore della legge n. 296/2006 i tribunali nazionali respinsero i ricorsi della ricorrente.
  6. La ricorrente ha lamentato dinanzi alla Corte che la promulgazione della legge n. 296/2006 aveva violato il suo diritto a un equo processo ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, e costituiva un’ingerenza ingiustificata nei suoi beni, contraria all’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
  7. In data 1° febbraio 2018 il ricorso è stato comunicato al Governo.
  8. In data 8 febbraio 2019 la ricorrente è deceduta e, con una nota del 3 aprile 2019, la sua rappresentante ha comunicato alla Corte che gli eredi della ricorrente intendevano proseguire il procedimento in sua vece.

LA VALUTAZIONE DELLA CORTE

I. LEGITTIMAZIONE AD AGIRE
 

  1. La Corte prende atto delle informazioni relative al decesso della ricorrente sig.ra Irma Virginia Poletti, avvenuto in data 8 febbraio 2019, e alle intenzioni dei suoi eredi, la sig.ra Brunella Poletti e il sig. Marco Poletti, di proseguire il procedimento in sua vece.
  2. Il Governo ha sottolineato che il ritardo con il quale gli eredi della ricorrente avevano manifestato il loro interesse alla prosecuzione del ricorso indicava che la rappresentante aveva perso i contatti con la ricorrente.
  3. La Corte osserva, però, che gli eredi hanno espresso spontaneamente l’intenzione di continuare il procedimento il 3 aprile 2019, meno di due mesi dopo la scomparsa della ricorrente. La Corte osserva inoltre che, diversamente che in ricorsi analoghi (si veda Bolognese e altri c. Italia (dec.) [Comitato], n. 7312/10, §§ 22-23, 5 luglio 2022), lo scambio delle osservazioni era già stato ultimato a ottobre 2018, quando la ricorrente era ancora viva.
  4. Alla luce di tali circostanze la Corte ritiene che gli eredi siano legittimati a continuare il procedimento a nome della defunta e conseguentemente rigetta l’eccezione del Governo.
  5. Tuttavia per motivi pratici nella presente sentenza la sig,ra Irma Virginia Poletti continuerà a essere denominata “la ricorrente”.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 DELLA CONVENZIONE

  1. La ricorrente ha lamentato che la promulgazione dell’articolo 1, comma 777, della legge n. 296/2006 aveva violato il suo diritto a un equo processo e che la sua applicazione alla sua causa aveva comportato che ella percepisse una pensione molto inferiore a quella che avrebbe dovuto percepire. Ha invocato l’articolo 6 § 1 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
  2. La Corte osserva che le doglianze non sono manifestamente infondate né incorrono negli altri motivi di irricevibilità elencati nell’articolo 35 della Convenzione. Devono pertanto essere dichiarate ricevibili.
  3. Il Governo non ha contestato le osservazioni della ricorrente.
  4. La Corte osserva che circostanze praticamente identiche hanno dato luogo alla constatazione di violazione dell’articolo 6 nelle cause Maggio e altri c. Italia (nn. 46286/09 e altri 4, 31 maggio 2011) e Stefanetti e altri c. Italia (merito) (21838/10 e altri 7, 15 aprile 2014) e di violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione nella causa Stefanetti e altri (merito) (sopra citata) ed è persuasa che non sussistano motivi di concludere diversamente nel presente ricorso.
  5. Vi è stata conseguentemente violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.

SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

  1. In ordine al danno patrimoniale la ricorrente ha osservato che la promulgazione della legge contestata aveva comportato una riduzione della pensione che ella avrebbe dovuto percepire pari a 1.054,85 euro (EUR) mensili. In ordine al danno non patrimoniale, la ricorrente ha chiesto EUR 40.000, ha chiesto inoltre EUR 24.711,46 per le spese sostenute dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo ha contestato la richiesta giudicandola eccessiva.
  3. La Corte ritiene ragionevole accordare alla ricorrente la differenza tra il 55% delle somme che ella avrebbe ottenuto qualora non fosse intervenuta la legge contestata e le somme che ella ha effettivamente percepito (si veda Stefanetti e altri c. Italia (equa soddisfazione), nn. 21838/10 e altri 7, § 29, 1° giugno 2017).
  4. Al fine di determinare tali somme la Corte utilizzerà quale base il calcolo effettuato dall’INPS, che ha tenuto conto della differenza tra la pensione che avrebbe dovuto essere versata alla ricorrente se non fosse intervenuta la legge n. 296/2006 e l’importo da ella effettivamente percepito sino al 31 gennaio 2018. Quanto al periodo compreso tra il 1° febbraio 2018 e il decesso della ricorrente, di cui l’INPS non ha tenuto conto nei suoi calcoli, la Corte ritiene opportuno fare riferimento alle somme invocate dalla ricorrente come base per i suoi calcoli (si veda Stefanetti e altri (equa soddisfazione), sopra citata, §§ 22-23). Per quanto sopra esposto, la Corte accorda EUR 113.569 per il danno patrimoniale.
  5. Inoltre, deliberando in via equitativa, la Corte accorda EUR 5.000 per il danno non patrimoniale, oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta.
  6. Infine la Corte ritiene ragionevole accordare la somma di EUR 500 per le spese sostenute dinanzi alla Corte.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÁ,

  1. Dichiara che la sig.ra Brunella Poletti e il sig. Marco Poletti sono legittimati a proseguire il presente procedimento in vece della sig.ra Irma Virginia Poletti;
  2. Dichiara il ricorso ricevibile;
  3. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 6 1 della Convenzione;
  4. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione;
  5. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare agli eredi della ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. EUR 113.569 (euro centotredicimilacinquecentosessantanove) per il danno patrimoniale;
      2. EUR 5.000 (euro cinquemila), oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      3. EUR 500 (euro cinquecento), oltre l’importo eventualmente dovuto dagli eredi della ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  6. Rigetta la domanda di equa soddisfazione della ricorrente per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto in data 2 febbraio 2023, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Péter Paczolay
Presidente

Cancelliere aggiunto
Liv Tigerstedt