Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 7 ottobre 2021 - Ricorso n. 29786/19 - Causa T.M. contro Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

PRIMA SEZIONE

 

CAUSA T.M. c. ITALIA

(Ricorso n. 29786/19)

SENTENZA

STRASBURGO

7 ottobre 2021

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa T.M. c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un comitato composto da:

  • Péter Paczolay, presidente,
  • Gilberto Felici,
  • Raffaele Sabato, giudici,

e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,

Visti:

Il ricorso (n. 29786/19) proposto contro la Repubblica italiana da un cittadino di questo Stato, il sig. T.M. («il ricorrente»), che il 28 maggio 2019 ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

la decisione di portare il ricorso a conoscenza del governo italiano («il Governo»),

le osservazioni delle parti,

la decisione di non divulgare l’identità del ricorrente,

Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 14 settembre 2021,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

  1. Il ricorso riguarda la dedotta impossibilità per il ricorrente di esercitare il suo diritto di visita nelle condizioni stabilite dai tribunali. Il ricorrente ritiene che ciò costituisca una violazione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare.

IN FATTO

  1. Il ricorrente è nato nel 1951 e risiede a Monforte San Giorgio. È stato rappresentato dall'avvocato Padalino.
  2. Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, dell'Avvocatura dello Stato.
  3. Il 21 agosto 2003, dall'unione tra il ricorrente e A.L.R. nacque una figlia, M. Nel gennaio 2007 il ricorrente e A.L.R. si separarono. Durante il primo periodo di separazione, il ricorrente fu in grado di esercitare il suo diritto di visita e di vedere la bambina.
  4. Il 4 maggio 2007, A.L.R. sporse denuncia contro il ricorrente per lesioni personali e minacce. Il 1º giugno 2007, pochi giorni prima del previsto confronto con il ricorrente, A.L.R. ritirò la sua denuncia.
  5. A partire dall'8 settembre 2008, A.L.R. si oppose agli incontri tra il ricorrente e la figlia.
  6. Il 15 ottobre 2008 A.L.R. adì il tribunale per i minorenni di Messina («il tribunale») chiedendo l'affidamento esclusivo della minore e la regolamentazione del diritto di visita del ricorrente. Nel corso del procedimento, chiese inoltre al tribunale di dichiarare la decadenza del ricorrente dalla sua responsabilità genitoriale.
  7. Il ricorrente si costituì nel procedimento lamentando di non avere più potuto esercitare il suo diritto di visita dall'8 settembre 2008. In particolare, chiese l’affidamento condiviso di sua figlia, la regolamentazione del suo diritto di visita e la collocazione di sua figlia presso il genitore più idoneo in considerazione dell'interesse superiore della minore.
  8. Il 28 novembre 2008 A.L.R. sporse denuncia contro il ricorrente per violazione degli obblighi di assistenza familiare.
  9. Con decreto del 10 marzo 2009, il tribunale per i minorenni, avendo riscontrato che alla minore non sarebbe derivato alcun pregiudizio dai suoi rapporti con il ricorrente, ordinò l’affidamento condiviso della figlia, fissò la residenza principale di quest'ultima presso A.L.R. e accordò al ricorrente un diritto di visita in ragione di due pomeriggi alla settimana e di un fine settimana su due, e di venti giorni durante le vacanze estive.
  10. L’8 maggio 2009 il ricorrente, lamentando che A.L.R. ostacolava l’esercizio del suo diritto di visita, chiese al tribunale di pronunciarsi con urgenza per permettergli di tenere con sé sua figlia secondo le modalità stabilite dal tribunale nel suo precedente decreto.
  11. Il 24 luglio 2009 il ricorrente, tenuto conto che gli era impossibile vedere sua figlia, presentò un ricorso dinanzi al giudice tutelare di Messina, chiedendo a quest’ultimo di intervenire per consentirgli di esercitare il suo diritto di visita e di incontrare sua figlia.
  12. Il 27 luglio 2009 il ricorrente chiese al tribunale di sanzionare A.L.R. affinché quest’ultima cessasse di ostacolare l’esercizio del suo diritto di visita.
  13. Il 27 agosto 2009 il giudice tutelare prese atto della disponibilità delle parti ad avviare una mediazione familiare.
  14. Nel mese di settembre 2009, senza aver preventivamente ottenuto alcuna autorizzazione né da parte del ricorrente, né dal tribunale, A.L.R. si trasferì a Milano, a più di mille chilometri dal domicilio del ricorrente.
  15. Il 2 ottobre 2009 il ricorrente si rivolse nuovamente al tribunale in quanto A.L.R. si era trasferita senza il suo consenso, e gli era quindi impossibile vedere sua figlia. Chiese al tribunale di pronunciarsi con urgenza, di affidargli la custodia della figlia e di sanzionare A.L.R. in base all’articolo 709 ter del codice di procedura civile.
  16. Il 19 novembre 2009 il tribunale di Messina confermò il suo precedente decreto di marzo 2009 e ordinò ai servizi sociali di Messina e di Milano di monitorare la situazione della famiglia. Il tribunale accertò che A.L.R., essendosi opposta al mantenimento della relazione tra il ricorrente e sua figlia, aveva un comportamento pregiudizievole per quest’ultima. Di conseguenza, prescrisse a A.L.R. di conformarsi alle decisioni del tribunale a pena della sospensione e/o della decadenza dalla responsabilità genitoriale.
  17. Nel 2009, durante le vacanze di Natale, il ricorrente chiese alla polizia di intervenire per permettergli di incontrare sua figlia.
  18. Il 17 febbraio 2010 i servizi sociali di Messina informarono il tribunale che si erano svolti due incontri: uno il 31 dicembre 2009 e l'altro il 1º gennaio 2010. Durante l'ultimo incontro, la bambina si sarebbe rifiutata di uscire con il ricorrente.
  19. I servizi sociali di Milano iniziarono il monitoraggio della famiglia nel luglio 2010 e, il 3 dicembre 2010, dopo aver incontrato la minore cinque volte, informarono il tribunale che non sussistevano le condizioni richieste per poter organizzare gli incontri tra padre e figlia stante il rifiuto manifestato da quest’ultima.
  20. Il 9 dicembre 2010 i servizi sociali presentarono un'altra relazione che metteva in evidenza «la compromissione delle relazioni tra madre, padre e bambina, ormai stratificata nel tempo senza l’intervento di alcun servizio specialistico volto ad individuare con chiarezza i nodi problematici, affrontarli ed attivare risorse utili al loro superamento». La relazione rilevava che il tribunale di Messina, nel suo decreto del 19 novembre 2009, non aveva incaricato i servizi sociali di effettuare una perizia che consentisse loro di valutare l'idoneità psicologica dei membri della famiglia.
  21. Il 9 giugno 2011 il ricorrente chiese al tribunale per i minorenni di Milano la ripresa immediata dei contatti tra lui e sua figlia e un sostegno psicologico specialistico per i genitori e la minore.
  22. Il 17 novembre 2011 il giudice per le indagini preliminari archiviò la denuncia presentata da A.L.R. Il GIP rilevò che il ricorrente non aveva posto in essere condotte violente o pregiudizievoli per l'integrità fisica o morale della minore e che non si era sottratto ai suoi obblighi. Aggiunse che le indagini svolte non avevano consentito di appurare che il ricorrente avesse commesso episodi di violenza in danno di A.L.R.
  23. L'8 novembre 2011 il tribunale di Milano incaricò i servizi sociali di procedere al monitoraggio della famiglia.
  24. Il 15 febbraio 2012 il ricorrente invitò il tribunale per i minorenni a ordinare un'indagine psicosociale per verificare la situazione della minore, e un controllo psicologico delle relazioni tra quest'ultima e i suoi genitori.
  25. Il 10 luglio 2012 i servizi sociali presentarono una relazione che attestava la capacità del ricorrente di svolgere le sue funzioni genitoriali, dichiarandosi favorevoli a un ripristino del rapporto con sua figlia.
  26. All'udienza del 4 dicembre 2012, il ricorrente dichiarò che da quattro anni non incontrava più sua figlia e chiese la ripresa dei contatti con quest’ultima. Il tribunale rinviò l'udienza al 14 maggio 2013.
  27. Il 21 marzo 2013 il ricorrente informò il tribunale che i servizi sociali, in mancanza di un decreto del tribunale, non avrebbero disposto alcun incontro.
  28. All'udienza del 14 maggio 2013, il ricorrente chiese nuovamente al tribunale di pronunciarsi a favore del ripristino dei contatti tra lui e sua figlia.
  29. Il 31 ottobre 2013 il ricorrente depositò una terza istanza urgente presso il tribunale di Milano.
  30. Il 4 novembre 2013 il tribunale incaricò i servizi sociali di Milano di avviare un percorso di accompagnamento dei due genitori e della minore volto alla ripresa dei contatti tra il ricorrente e sua figlia.
  31. Il 7 aprile 2014, dopo aver incontrato la bambina tre volte (l'8 e il 18 febbraio 2014 e il 21 marzo 2014), i servizi sociali di Milano informarono il tribunale che la minore si rifiutava di vedere il ricorrente.
  32. Il 23 maggio 2014 quest'ultima fu sentita dal tribunale per i minorenni e confermò di non voler incontrare suo padre.
  33. Il 4 maggio 2015 il tribunale dispose l’affidamento esclusivo della minore a A.L.R., sospese i contatti con il ricorrente e incaricò i servizi sociali di avviare un intervento di supporto psicologico a favore della minore.
  34. Il 13 maggio 2015 il ricorrente impugnò tale decreto, chiedendo l'adozione di misure urgenti per evitare che fosse escluso dalla vita di sua figlia. Chiese anche che la minore, lui stesso e A.L.R. fossero sottoposti a perizia.
  35. La corte d'appello fissò la prima udienza sei mesi dopo, il 14 gennaio 2016. In quest'ultima data, l'udienza fu di nuovo rinviata a maggio 2016 in quanto i servizi sociali non avevano ancora presentato la loro relazione.
  36. Il 22 gennaio 2016 i servizi sociali presero atto del rifiuto della minore di incontrare il ricorrente.
  37. All'udienza del 20 maggio 2016, tenuto conto della volontà manifestata dalle parti all'udienza del 12 maggio 2016, la corte d'appello invitò i genitori a intraprendere un percorso di mediazione familiare.
  38. Il 17 novembre 2016 il ricorrente chiese alla corte d'appello di adottare misure urgenti per far eseguire le prescrizioni contenute nell’ordinanza del 20 maggio 2016.
  39. Il 9 dicembre 2016 i servizi sociali di Milano, senza aver mai incontrato il ricorrente, espressero un parere negativo sulla organizzazione di un percorso di mediazione familiare.
  40. Il 19 gennaio 2017 la corte d'appello respinse il reclamo del ricorrente e confermò la decisione del tribunale rilevando che il ricorrente e A.L.R. non erano stati in grado di rivedere le loro condotte e di beneficiare dell'aiuto che era stato loro offerto dai servizi sociali, che non erano in grado di capire i loro bisogni reciproci e decidere quale futuro avrebbero voluto per la loro figlia. Notò che quest'ultima aveva bisogno di lavorare sul rifiuto della figura paterna. Ritenne che il ricorrente e A.L.R. non si fossero assunti la loro responsabilità educativa. Respinse la richiesta di adozione di misure coercitive contro A.L.R. e invitò le parti ad avviare un percorso di riflessione sul loro comportamento.
  41. Il 22 giugno 2017 il ricorrente propose ricorso per cassazione lamentando la violazione del diritto della minore alla bigenitorialità e la mancata adozione di provvedimenti di coercizione indiretta nei confronti di A.L.R. per porre fine al comportamento ostativo di quest’ultima.
  42. Il 28 novembre 2018 la Corte di cassazione respinse il ricorso del ricorrente. Essa tenne conto del rifiuto della minore di incontrare suo padre, della distanza tra i due luoghi di residenza e dell'incapacità delle parti di trovare una soluzione alla loro situazione conflittuale. In particolare, fece riferimento al fatto che il tribunale e la corte d'appello avevano a giusto titolo sospeso il diritto di visita del ricorrente in attesa dei risultati del percorso di supporto psicologico seguìto dalle parti.


IL QUADRO GIURIDICO INTERNO PERTINENTE

  1. Il diritto interno pertinente è descritto nella sentenza Strumia c. Italia (n. 53377/13, §§ 73-78, 23 giugno 2016).
  2. Ai sensi del primo comma dell’articolo 337 ter del codice civile, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337 bis del codice civile, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

IN DIRITTO

  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

 

  1. Il ricorrente lamenta una violazione del suo diritto al rispetto della vita familiare, affermando che non ha potuto esercitare pienamente il suo diritto di visita per dodici anni, sebbene varie decisioni del tribunale e della corte d’appello avessero fissato le condizioni per l’esercizio di tale diritto. Egli contesta alle autorità nazionali di non avere messo in atto delle misure che gli avrebbero permesso di mantenere un legame con la figlia e, di conseguenza, di avere lasciato alla madre della minore il tempo mettere sua figlia contro di lui. Egli denuncia un’inerzia delle autorità di fronte al comportamento di A.L.R., affermando che queste ultime non si sono adoperate per permettergli di esercitare il suo diritto di visita, né hanno adottato misure a tale scopo, e non hanno reagito di fronte al mancato rispetto, da parte della madre, delle decisioni che gli accordavano tale diritto di visita. Il ricorrente lamenta inoltre la durata, a suo parere eccessiva, dei procedimenti. L’articolo 8 della Convenzione è così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

  1. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
  1. Sulla ricevibilità
  1. Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all'articolo 35 della Convenzione, la Corte lo dichiara ricevibile.
  1. Sul merito
  1. Tesi delle parti
     
    1. Il ricorrente
  1. Il ricorrente afferma che aveva buoni rapporti con sua figlia prima che A.L.R. adottasse un comportamento ostruzionistico e si opponesse a qualsiasi relazione, in particolare trasferendosi a più di mille chilometri senza il suo consenso e ostacolando gli incontri.
  2. Egli sostiene che i servizi sociali di Milano, che avrebbero dovuto collaborare con i servizi sociali di Messina, hanno incontrato la bambina solo tre volte, e si sono pronunciati contro la ripresa dei contatti in considerazione dell'opposizione di quest'ultima.
  3. Il ricorrente indica che in nessuna fase del procedimento le autorità hanno ritenuto necessario nominare un perito al fine di valutare lo stato psicologico della minore, mentre invece avrebbero riconosciuto le difficoltà che quest'ultima aveva nella relazione con suo padre. Egli aggiunge che, tra il 2009 e il 2018 (ossia per un periodo di nove anni), i servizi sociali di Milano hanno incontrato la bambina solo otto volte (cinque volte tra settembre e novembre 2010, e tre volte tra febbraio e marzo 2014).
  4. Il ricorrente ritiene che i servizi sociali di Milano non abbiano eseguito correttamente le decisioni giudiziarie. Infatti, a suo parere, gli incontri si sono svolti in ritardo rispetto alle date della pronuncia delle decisioni giudiziarie (decreto del tribunale di Messina del 19 novembre 2009 e decreto del Tribunale di Milano del 4 novembre 2013); il numero degli incontri è stato estremamente limitato; i servizi sociali non hanno messo in atto concretamente le misure raccomandate dalle autorità giudiziarie interessate per permettergli di riallacciare il rapporto con sua figlia; i servizi sociali si sono limitati a riconoscere il rifiuto della minore di incontrare suo padre e hanno tollerato per molti anni il rifiuto di A.L.R. di rispettare le due decisioni giudiziarie.
  5. Il ricorrente afferma, inoltre, che le giurisdizioni hanno adottato le decisioni con un ritardo a suo parere ingiustificato. Egli indica, in particolare, che, nonostante le domande urgenti che egli aveva depositato, vi è stato un ritardo di due anni dinanzi al tribunale per i minorenni di Milano e di un anno e mezzo dinanzi alla corte d'appello. Egli ritiene che fossero necessarie una maggiore diligenza e rapidità nell'adozione di una decisione relativa ai diritti sanciti dall'articolo 8 della Convenzione.
  6. Infine, il ricorrente rammenta che non ha più visto sua figlia dal 2009.
     
    1. Il Governo
  1. 54. Il Governo considera che non si possa contestare alle autorità italiane di non avere adottato le misure necessarie, e afferma che, di fatto, i servizi sociali sono intervenuti varie volte per agevolare i contatti tra il ricorrente e sua figlia, e hanno tenuto conto del rifiuto di quest'ultima di vedere il ricorrente.
  2. 55. Il Governo argomenta inoltre che le decisioni interne sono state adottate nell'interesse della minore, e ritiene che la cessazione improvvisa del rapporto tra la minore e la madre con la quale vive costituisce per una bambina di meno di cinque anni un trauma che non può essere inflitto al solo scopo di garantire l'efficacia degli incontri con suo padre.
  3. 56. Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, non era possibile, secondo il Governo, esigere un atteggiamento diverso da parte delle autorità interne, tenuto conto soprattutto dell’interesse superiore della minore e del fatto che tutte le misure adottate possono essere modificate.
  4. 57. Il Governo indica che, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2011, i servizi sociali hanno rispettato le decisioni del tribunale di Messina, e afferma che A.L.R. ha informato il ricorrente della sua intenzione di trasferirsi a Milano con due lettere raccomandate. Aggiunge che il ricorrente non si è recato a Milano per incontrare la bambina.
  5. 58. Per quanto riguarda i servizi sociali di Milano, il Governo sostiene che sono intervenuti allo scopo di esaminare se sussistessero le condizioni necessarie per organizzare degli incontri, e hanno esaminato l'opposizione della bambina ad avere dei contatti con suo padre.
  6. 59. Infine, il Governo riferisce che, per proteggere l'interesse superiore della minore, il 4 maggio 2015 il tribunale di Milano ha disposto l'affidamento esclusivo di quest'ultima ad A.L.R., incaricando tuttavia i servizi sociali di avviare un intervento di supporto psicologico a favore della minore, allo scopo di analizzare il suo rapporto con la figura paterna. Tale decreto sarebbe stato adottato nell'interesse della minore.
  1. Valutazione della Corte
     
    1. Principi generali
  1. Come la Corte ha rammentato più volte, anche se l’articolo 8 della Convenzione ha essenzialmente per oggetto la tutela dell’individuo dalle ingerenze arbitrarie dei poteri pubblici, tale articolo non si limita a imporre allo Stato di astenersi da ingerenze di questo tipo: a tale obbligo negativo possono aggiungersi degli obblighi positivi inerenti a un effettivo rispetto della vita privata o familiare. Questi obblighi possono implicare l’adozione di misure che mirano al rispetto della vita familiare finanche nelle relazioni tra gli individui, tra cui la predisposizione di strumenti giuridici adeguati e sufficienti ad assicurare i legittimi diritti degli interessati, nonché il rispetto delle decisioni giudiziarie, ovvero di misure specifiche appropriate (si veda, mutatis mutandis, Zawadka c. Polonia, n. 48542/99, § 53, 23 giugno 2005). Tali strumenti giuridici devono permettere allo Stato di adottare misure idonee a riunire genitore e figlio, anche in presenza di conflitti fra i genitori (si vedano, mutatis mutandis, Ignaccolo-Zenide c. Romania, n. 31679/96, § 108, CEDU 2000‑I, Sylvester c. Austria, 36812/97 e 40104/98, § 68, 24 aprile 2003, Zavřel c. Repubblica ceca, n. 14044/05, § 47, 18 gennaio 2007, e Mihailova c. Bulgaria, n. 35978/02, § 80, 12 gennaio 2006). La Corte rammenta altresì che gli obblighi positivi non implicano solo che si vigili affinché il minore possa ricongiungersi al genitore o avere un contatto con lui, ma comprendono anche tutte le misure propedeutiche che consentono di giungere a tale risultato (si vedano, mutatis mutandis, Kosmopoulou c. Grecia, n. 60457/00, § 45, 5 febbraio 2004, Amanalachioai c. Romania, n. 4023/04, § 95, 26 maggio 2009, Ignaccolo‑Zenide, sopra citata, §§ 105 e 112, e Sylvester, sopra citata, § 70).
  2. La Corte rammenta anche che il fatto che gli sforzi delle autorità siano stati vani non porta automaticamente a concludere che lo Stato si è sottratto agli obblighi positivi ad esso imposti dall’articolo 8 della Convenzione (Nicolò Santilli, 51930/10, § 67, 17 dicembre 2013). In effetti, l’obbligo per le autorità nazionali di adottare delle misure per riunire il figlio e il genitore con cui non convive non è assoluto, e la comprensione e la cooperazione di tutte le persone interessate costituiscono sempre un fattore importante. Anche se le autorità nazionali devono sforzarsi di agevolare una simile collaborazione, un obbligo per le stesse di ricorrere alla coercizione in materia non può che essere limitato: esse devono tenere conto degli interessi e dei diritti e delle libertà di queste stesse persone, in particolare degli interessi superiori del minore e dei diritti conferiti a quest’ultimo dall’articolo 8 della Convenzione (Voleský c. Repubblica ceca, n. 63267/00, § 118, 29 giugno 2004).
  3. Per quanto riguarda la vita familiare di un minore, la Corte rammenta che esiste attualmente un ampio consenso – anche nel diritto internazionale – intorno all’idea che in tutte le decisioni che riguardano dei minori il loro interesse superiore debba prevalere (si veda, tra altre, Neulinger e Shuruk c. Svizzera [GC], n. 41615/07, § 135, CEDU 2010). Essa sottolinea del resto che, nelle cause in cui sono in gioco questioni di affidamento di minori e di restrizioni del diritto di visita, l’interesse del minore deve prevalere su qualsiasi altra considerazione (Strand Lobben e altri c. Norvegia [GC], n. 37283/13, § 204, 10 settembre 2019). È necessaria la massima prudenza prima di ricorrere alla coercizione in una materia così delicata (Mitrova e Savik l’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia, n. 42534/09, § 77, 11 febbraio 2016, e Reigado Ramos c. Portogallo, n. 73229/01, § 53, 22 novembre 2005). Il punto decisivo consiste dunque nell’appurare se, nel caso in esame, le autorità nazionali abbiano adottato, allo scopo di agevolare le visite tra genitore e figlio, tutte le misura necessarie che si potevano ragionevolmente esigere da esse (Nuutinen c. Finlandia, n. 32842/96, § 128, CEDU 2000‑VIII).
     
    1. Applicazione di questi principi nella presente causa
       
  4. Passando a esaminare i fatti della presente causa, la Corte ritiene che, di fronte alle circostanze che le vengono sottoposte, il suo compito consista nell’esaminare se le autorità nazionali abbiano adottato tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere dalle stesse per mantenere i legami tra il ricorrente e sua figlia (Bondavalli c. Italia, n. 35532/12, § 75, 17 novembre 2015), e nell’esaminare il modo in cui esse sono intervenute per agevolare l’esercizio del diritto di visita del ricorrente definito nei provvedimenti giudiziari (Hokkanen c. Finlandia, 23 settembre 1994, § 58, serie A n. 299‑A, e Kuppinger c. Germania, n. 62198/11, § 105, 15 gennaio 2015). Essa rammenta altresì che, in una causa di questo tipo, l’adeguatezza di una misura si valuta in base alla rapidità con cui la stessa viene attuata (Piazzi c. Italia, n. 36168/09, § 58, 2 novembre 2010), in quanto il decorso del tempo può avere, di per sé, delle conseguenze sulla relazione tra un genitore e suo figlio.
  5. La Corte osserva che, a partire dal 2008, quando la minore aveva solo cinque anni, il ricorrente ha chiesto incessantemente al tribunale che fossero organizzati degli incontri, ma ha potuto esercitare il suo diritto di visita solo in maniera molto limitata a causa dell'opposizione della madre.
  6. Tra marzo 2009 e agosto 2009 il tribunale di Messina e il giudice tutelare avevano osservato che il ricorrente non poteva avere accesso a sua figlia, e che A.L.R. continuava a opporsi agli incontri tra il ricorrente e la minore.
  7. A partire da ottobre 2009, dopo il trasferimento della madre della minore in un'altra città, a circa mille chilometri di distanza, senza il consenso del ricorrente e dei tribunali, quest'ultimo non ha più potuto incontrare sua figlia, in particolare a causa del rifiuto della madre di organizzare degli incontri, e dell'opposizione della bambina. Non è stata ordinata alcuna perizia sulle capacità genitoriali di A.L.R. e del ricorrente, e non è stata effettuata alcuna perizia psicologica sulla minore.
  8. La Corte osserva che, il 19 novembre 2009, il tribunale di Messina avevo ordinato ai servizi sociali di Messina e di Milano di seguire la situazione della famiglia, e aveva constatato che A.L.R. aveva avuto un comportamento pregiudizievole per la minore, in quanto si era opposta al mantenimento della relazione tra il ricorrente e sua figlia. Il tribunale aveva ordinato a A.L.R. di conformarsi alle decisioni del tribunale a pena di sospensione e/o di decadenza dalla responsabilità genitoriale.
  9. Tuttavia, i servizi sociali di Milano, che erano stati incaricati dal tribunale di Messina nel 2009 di seguire la situazione della famiglia, avevano iniziato tale controllo solo nel luglio 2010, e avevano incontrato la minore solo cinque volte tra luglio 2010 e novembre 2010.
  10. Tra il 2011 e il 2014, nonostante le domande che il ricorrente aveva presentato al tribunale per ottenere il diritto di visita e l'esecuzione delle precedenti decisioni del tribunale di Messina, l'interessato non ha mai potuto incontrare sua figlia. Pur riconoscendo l'importanza del mantenimento dei rapporti tra il ricorrente e sua figlia, i servizi sociali hanno incontrato la minore soltanto tre volte nel 2014, e hanno informato il tribunale che quest'ultima rifiutava gli incontri.
  11. Nel 2014, tenuto conto del rifiuto della minore, il tribunale di Milano aveva deciso, senza aver valutato la necessità di disporre una perizia psicologica sulla minore, di disporre l'affidamento esclusivo di quest’ultima ad A.L.R.
  12. La Corte osserva che il ricorrente aveva interposto appello il 13 maggio 2015, ma che la prima udienza dinanzi alla corte d'appello era stata fissata sei mesi dopo, nel gennaio 2016, e rinviata successivamente al mese di maggio 2016. I servizi sociali di Milano avevano dato un parere negativo sulla necessità di un percorso di mediazione familiare e, nel dicembre 2016, dopo aver invitato le parti a effettuare un percorso di riflessione sul loro comportamento, la corte d'appello aveva respinto sia il ricorso del ricorrente, ritenendo che le responsabilità fossero condivise tra quest'ultimo e A.L.R., che la domanda di applicazione di misure coercitive contro A.L.R. (paragrafo 41 supra).
  13. La Corte rammenta che non ha il compito di sostituire la sua valutazione a quella delle autorità nazionali competenti in merito alle misure che avrebbero dovuto essere adottate, in quanto tali autorità si trovano in linea di principio in una posizione migliore per procedere ad una valutazione di questo tipo, in particolare perché sono in contatto diretto con il contesto della causa e con le parti coinvolte (Reigado Ramos, sopra citata, § 53). Tuttavia, nel caso di specie essa non può ignorare i fatti precedentemente esposti (paragrafi 64-71 supra). In particolare, essa osserva che il ricorrente ha incessantemente cercato di stabilire dei contatti con sua figlia dal 2008 e, nonostante i vari provvedimenti del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare, le autorità non hanno trovato soluzione per permettergli di esercitare regolarmente il suo diritto di visita. Il ricorrente ha potuto esercitare tale diritto solo in maniera molto limitata fino al 2008. Il richiamo del tribunale di Messina non ha avuto alcun effetto su A.L.R., che ha continuato a impedire al ricorrente di esercitare il suo diritto di visita, e si è persino trasferita a mille chilometri di distanza senza il consenso di quest'ultimo e dei tribunali.
  14. Certamente, la Corte ammette che le autorità, nel caso di specie, si trovavano di fronte a una situazione molto difficile, dovuta soprattutto alle tensioni esistenti tra i genitori della minore, e riconosce che l’impossibilità per il ricorrente di esercitare il suo diritto di visita era imputabile, all’inizio, soprattutto all’evidente rifiuto della madre e, in seguito, a quello della minore e alla distanza tra il luogo di residenza di quest’ultima e quello del ricorrente. La Corte rammenta, tuttavia, che una mancanza di collaborazione fra i genitori separati non può dispensare le autorità competenti dal mettere in atto qualsiasi mezzo idoneo a permettere di mantenere il legame familiare (Nicolò Santilli, sopra citata, § 74, Lombardo, sopra citata, § 91, e Zavřel, sopra citata, § 52).
  15. La Corte considera che le autorità non abbiano mostrato la diligenza necessaria nel caso di specie e siano rimaste al di sotto di quanto ci si poteva ragionevolmente attendere da loro. Essa ritiene, in particolare, che i giudici nazionali non abbiano adottato le misure idonee a creare le condizioni necessarie per la piena realizzazione del diritto di visita del padre della minore (Bondavalli, sopra citata § 81, Macready c. Repubblica ceca, nn. 4824/06 e 15512/08, § 66, 22 aprile 2010, Piazzi, sopra citata, § 61, e Strumia, sopra citata, § 122). Essa constata, in particolare, che, dopo la trasmissione del fascicolo da Messina a Milano, i servizi sociali di Milano sono intervenuti con molto ritardo e che, tra il 2010 e il 2016, hanno incontrato la minore solo otto volte.
  16. La Corte considera che, fin dall'inizio della separazione dei genitori, quando la minore aveva soltanto cinque anni, i giudici interni non hanno adottato delle misure concrete e utili volte all'instaurazione di contatti effettivi, e hanno poi tollerato per circa undici anni che la madre, con il suo comportamento, impedisse l'instaurazione di una vera relazione tra il ricorrente e sua figlia. Essa osserva che lo svolgimento del procedimento dinanzi al tribunale evidenzia piuttosto una serie di misure automatiche e stereotipate, tra cui delle ripetute richieste di informazioni e una delega della funzione di controllo della famiglia ai servizi sociali, con l’obbligo per questi ultimi di far rispettare il diritto di visita del ricorrente (Lombardo, sopra citata § 92, e Piazzi, sopra citata, § 61). I servizi sociali, da parte loro, hanno agito con ritardo e non hanno eseguito correttamente i provvedimenti giudiziari. Ora, sebbene gli strumenti giuridici previsti dal diritto italiano sembrino sufficienti, secondo la Corte, per permettere allo Stato convenuto di assicurare il rispetto degli obblighi positivi ad esso imposti dall'articolo 8 della Convenzione, si deve constatare che, nel caso di specie, le autorità non hanno intrapreso alcuna azione nei confronti di L.R., lasciandole per giunta la possibilità di trasferirsi a più di mille chilometri dal domicilio del ricorrente senza il consenso di quest’ultimo e dei tribunali, in particolare, senza avere prima convenuto con il ricorrente un progetto di bigenitorialità e senza avere sottoposto un tale progetto al tribunale per approvazione. In seguito, le autorità non hanno adottato alcun provvedimento volto a impedire il trasferimento e non hanno nemmeno eseguito i precedenti provvedimenti del tribunale di Messina che riconoscevano un diritto di visita al ricorrente. Inoltre, essa osserva che A.L.R. ha presentato varie denunce penali, che sono state in parte ritirate e in parte respinte (paragrafi 5, 9 e 23 supra). Pertanto, la Corte ritiene che le autorità abbiano lasciato che si consolidasse una situazione di fatto generata dall’inosservanza delle decisioni giudiziarie. In seguito, quando le autorità hanno constatato che la minore si rifiutava di incontrare il ricorrente, invece di incoraggiarla hanno sospeso il diritto di visita, lasciando l’organizzazione degli incontri all’iniziativa delle parti.
  17. La Corte osserva che, nel caso di specie, di fronte all’opposizione della madre della minore, che perdurava dal 2008, e alla difficoltà del ricorrente a esercitare il suo diritto di visita, le autorità nazionali non hanno adottato rapidamente tutte le misure necessarie che si potevano ragionevolmente esigere per far rispettare il diritto dell’interessato di avere dei contatti con sua figlia e stabilire una relazione (Strumia, sopra citata, § 123).
  18. Nella fattispecie, la Corte osserva che, nelle loro ultime decisioni relative all'esercizio dei diritti genitoriali, i giudici interni si sono basati esclusivamente sul parere dei servizi sociali e sul rifiuto della minore di incontrare il ricorrente, che non vedeva più da dieci anni. La Corte osserva che le suddette giurisdizioni non si sono basate sulle relazioni peritali, richieste varie volte dal ricorrente, e non hanno ordinato alcun sostegno psicoterapeutico per la minore e per i suoi genitori.
  19. La Corte rileva, inoltre, il ritardo con cui il tribunale per i minorenni di Milano e la corte d’appello hanno adottato le loro decisioni, e rammenta a tale proposito, che può tenere conto, dal punto di vista dell’articolo 8 della Convenzione, della durata del processo decisionale delle autorità nazionali e di qualsiasi altro procedimento giudiziario connesso. In effetti, un ritardo nel procedimento rischia sempre, in tal caso, di risolvere la controversia con un fatto compiuto. Ora, un rispetto effettivo della vita famigliare impone che le relazioni future tra genitore e figlio si regolino unicamente sulla base di tutti gli elementi pertinenti, e non semplicemente con il passare del tempo ( c. Regno Unito, 8 luglio 1987, §§ 64‑65, serie A n. 121, Covezzi e Morselli c. Italia, n. 52763/99, § 136, 9 maggio 2003, Solarino c. Italia, n. 76171/13, § 39, 9 febbraio 2017, e D’Alconzo c. Italia, n. 64297/12, § 64, 23 febbraio 2017).
  20. Secondo la Corte, erano necessarie una diligenza e una rapidità supplementari nell’adozione di una decisione riguardante i diritti sanciti dall’articolo 8 della Convenzione. La posta in gioco della procedura per il ricorrente esigeva che la causa fosse trattata con urgenza, in quanto il passare del tempo poteva avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra la bambina e suo padre, che non viveva con lei. La Corte rammenta, infatti, che l’interruzione del contatto con un figlio molto giovane può comportare un peggioramento della sua relazione con il genitore. A tale riguardo, essa osserva che la Corte di cassazione si è limitata a confermare le decisioni volte a sospendere il diritto di visita del ricorrente senza considerare che il percorso di supporto psicologico al quale essa faceva riferimento non era stato ordinato dalle autorità giudiziarie (paragrafo 43 supra).
  21. Considerato quanto sopra esposto, e nonostante il margine di apprezzamento dello Stato convenuto in materia, la Corte ritiene che le autorità nazionali non abbiano fatto sforzi adeguati e sufficienti per far rispettare il diritto di visita del ricorrente, e che abbiano violato il diritto dell'interessato al rispetto della sua vita familiare.
  22. Pertanto, vi è stata violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
  1. SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
  1. Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione:

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

  1. Danno morale
  1. Il ricorrente chiede la somma di 35.000 euro (EUR) per il danno morale che afferma di avere subìto a causa della impossibilità, nella quale si sarebbe trovato, di mantenere una relazione con sua figlia dal 2008.
  2. Il Governo contesta le richieste del ricorrente, e afferma che il danno morale non è stato dimostrato.
  3. La Corte considera che l'interessato abbia subìto un danno morale che non può essere riparato con la semplice constatazione di violazione dell'articolo 8 della Convenzione. Essa ritiene, tuttavia, che la somma richiesta a questo titolo sia eccessiva. Considerati tutti gli elementi di cui dispone e deliberando in via equitativa, ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione, essa accorda all'interessato la somma di 15.000 EUR a questo titolo.
  1. Spese
  1. Il ricorrente chiede la somma di 5.000 EUR per le spese che avrebbe sostenuto per il procedimento dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo contesta la richiesta del ricorrente.
  3. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute soltanto nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, la Corte respinge la domanda relativa alle spese, in quanto il ricorrente non ha presentato documenti giustificativi a tale riguardo.
  1. Interessi moratori
  1. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi, la somma di 15.000 EUR (quindicimila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  4. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 7 ottobre 2021, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto

Péter Paczolay
Presidente