Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 7 ottobre 2021 - Ricorso n. 42488/12 - Causa A.C. contro Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico, e rivista con la sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA A.C. c. ITALIA

(Ricorso n. 42488/12)

SENTENZA

STRASBURGO

7 ottobre 2021

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa A.C. c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un comitato composto da:

Péter Paczolay, presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,

Visti:

il ricorso (n. 42488/12) presentato contro la Repubblica italiana da un cittadino di questo Stato, il sig. A.C. («il ricorrente») che, il 2 luglio 2012, ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo») la doglianza relativa alla durata eccessiva del procedimento di risarcimento intentato dal ricorrente a seguito del suo contagio post-trasfusionale,

la decisione di non rivelare l’identità del ricorrente,

la decisione con la quale la Corte ha respinto l’opposizione del Governo all’esame del ricorso da parte di un comitato,

le osservazioni delle parti,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 14 settembre 2021,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

  1. Il presente ricorso riguarda la durata di un procedimento civile intentato dal ricorrente per ottenere un risarcimento a seguito del suo contagio post-trasfusionale.

IN FATTO

  1. Il ricorrente è nato nel 1962 e risiede a Gabicce Mare. È stato rappresentato dall’avv. G. Lana.
  2. Il Governo è stato rappresentato dal suo ex co-agente, P. Accardo.
  3. Il ricorrente fu contagiato dal virus dell’epatite C a seguito di emotrasfusioni effettuate in un ospedale pubblico.
  4. A partire dal 3 luglio 1996, ricevette un’indennità annuale di carattere amministrativo ai sensi della legge n. 210/92 (si veda N. e altri c. Italia, n. 43134/05, § 36, 1° dicembre 2009).
  5. Il 3 agosto 1999, il ricorrente citò il Ministero della Salute dinanzi al tribunale di Roma per ottenere la riparazione del danno che riteneva di avere subìto a seguito del suo contagio.
  6. Il 6 aprile 2000 l’udienza fu rinviata al 3 maggio 2000 per permettere una composizione amichevole della causa, e poi fu rinviata al 12 luglio 2000. In tale data, l’udienza fu rinviata al 22 novembre 2000.
  7. Quel giorno fu nominato un perito e l’udienza fu rinviata al 17 maggio 2001 per permettere il deposito della relazione peritale; successivamente, l’udienza fu ulteriormente rinviata al 17 luglio 2001.
  8. Con una sentenza depositata il 7 gennaio 2003, il tribunale respinse la domanda del ricorrente, ritenendo che l’indennità che quest’ultimo aveva ottenuto ai sensi della legge n. 210/92 comprendesse anche il pregiudizio subìto. Il danno morale subìto dal ricorrente, infatti, era stato quantificato in 78.133 euro (EUR). Ora, il totale delle indennità già percepite in applicazione della legge n. 210/92 ammontava a 56.913,10 EUR, e la capitalizzazione anticipata dell’importo futuro era stimata in 108.618,74 EUR sulla base di un’aspettativa di vita media. Perciò, il tribunale ritenne che il danno subìto fosse ampiamente compreso nell’importo percepito a titolo di indennità amministrativa.
  9. Il ricorrente interpose appello e fu fissata un’udienza per il 5 maggio 2004. Quel giorno, il giudice rinviò la causa al 12 luglio 2006.
  10. Con una sentenza depositata il 7 maggio 2007, la corte d’appello di Roma respinse la domanda del ricorrente.
  11. Quest’ultimo presentò ricorso per cassazione. Il 5 settembre 2007 il Ministero della Salute presentò un ricorso incidentale dinanzi alla Corte di cassazione e, il 19 ottobre 2007, il ricorrente presentò a sua volta un ricorso incidentale affinché la domanda del ministero fosse dichiarata inammissibile.
  12. Con una sentenza depositata il 20 gennaio 2014, la Corte di cassazione respinse il ricorso del ricorrente.

IN DIRITTO

  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 2 DELLA CONVENZIONE
  1. Facendo riferimento alla causa N. e altri c. Italia (sopra citata), il ricorrente denuncia la violazione del profilo procedurale dell’articolo 2 della Convenzione, a causa dell’eccessiva durata del procedimento civile da lui intentato per ottenere riparazione del danno subìto a seguito del suo contagio. L’articolo 2 della Convenzione è così formulato:

«Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge (...)»

  1. Sulla ricevibilità
  1. Il Governo ritiene che il ricorrente abbia già ottenuto la somma alla quale aveva diritto avvalendosi di un ricorso interno, ossia la domanda di indennità amministrativa presentata ai sensi della legge n. 210/92, e afferma che il ricorrente, a livello nazionale, disponeva di due ricorsi, uno previsto dalla legge n. 210/92 e l’altro costituito dall’azione di risarcimento prevista dall’articolo 2043 del codice civile, e che l’interessato ha vinto la causa avvalendosi del primo di questi due ricorsi. In questo contesto, poiché il ricorrente aveva ottenuto una protezione adeguata nell’ambito del primo ricorso, il Governo considera che la doglianza relativa alla durata eccessiva del procedimento dovrebbe essere analizzata dal punto di vista dell’articolo 6 § 1 della Convenzione secondo i criteri generali di equa soddisfazione, alla luce dei quali il sistema italiano ha istituito il ricorso previsto dalla legge n. 89 del 24 marzo 2001 («legge Pinto»).
  2. Secondo il Governo, il ricorrente non può dunque sostenere di essere vittima della violazione dedotta e avrebbe dovuto in ogni caso esperire il ricorso previsto dalla «legge Pinto». Inoltre, secondo il Governo, nel caso di specie le giurisdizioni interne hanno giustamente applicato il principio compensatio lucri cum damno.
  3. Il ricorrente sostiene che l’indennità percepita ai sensi della legge n. 210/92 ha la natura di un aiuto economico, e non corrisponde alla riparazione di un danno. Inoltre, egli sostiene che l’obbligo procedurale derivante dall’articolo 2 della Convenzione si distingue dalla violazione materiale dello stesso articolo.
  4. La Corte osserva che ha già esaminato la questione del mantenimento della qualità di vittima di ricorrenti che avevano vinto la causa nell’ambito del procedimento di risarcimento previsto dalla legge n. 210/92 (N. e altri c. Italia, sopra citata, §§ 53-59). In tale occasione essa ha concluso, in particolare, che «tenuto conto delle caratteristiche del procedimento di indennizzo di cui alla legge n. 210/92, delle circostanze del caso di specie e della necessità che, di fronte a doglianze difendibili relative agli articoli 2 e 3 della Convenzione, gli Stati contraenti mettano in atto un sistema giudiziario efficace volto a individuare le cause delle violazioni dedotte e, se del caso, a obbligare i responsabili a rispondere delle loro azioni (si veda, mutatis mutandis, Calvelli e Ciglio c. Italia [GC], n. 32967/96, § 49, CEDU 2002‑I (...)), i ricorrenti possono essere considerati «vittime» delle violazioni da loro stessi dedotte.»
  5. Per quanto riguarda l’argomentazione del Governo secondo la quale il ricorrente avrebbe dovuto esperire il ricorso previsto dalla «legge Pinto», che permette di lamentare l’eccessiva durata di un procedimento, la Corte ribadisce che tale ricorso sarebbe stato insufficiente nel caso di specie, in quanto non era semplicemente la durata del procedimento a essere in causa, ma anche la questione se, nelle circostanze del caso considerato complessivamente, si potesse ritenere che lo Stato avesse soddisfatto i propri obblighi procedurali previsti dall’articolo 2 della Convenzione (N. e altri c. Italia, sopra citata, § 101).
  6. Pertanto, le eccezioni del Governo relative alla mancanza di qualità di vittima del ricorrente e al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne devono essere respinte. Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per uno degli altri motivi di cui all’articolo 35 della Convenzione, la Corte lo dichiara ricevibile.
  1. Sul merito
  1. Il ricorrente ribadisce la sua doglianza.
  2. Il Governo ritiene che il ricorso sia infondato.
  3. La Corte rammenta anzitutto che il presente ricorso riguarda la durata del procedimento civile che il ricorrente aveva intentato per ottenere un risarcimento per il suo contagio dal virus dell’epatite C a seguito di trasfusioni sanguigne. Sul merito, il ricorrente non contesta dunque, di per sé, il calcolo dell’indennità che gli è stata riconosciuta.
  4. La Corte osserva che il procedimento avviato dal ricorrente è durato circa quattordici anni per tre gradi di giudizio.
  5. Inoltre, essa osserva che, nelle sentenze di principio N. e altri c. Italia  (sopra citata) e D.A. e altri c. Italia  (nn. 68060/12 e altri 18, 14 gennaio 2016), ha concluso che vi è stata violazione in merito a questioni simili a quelle che sono oggetto della presente causa.
  6. Dopo aver esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte non rileva alcun fatto o argomento idoneo a convincerla a giungere a una conclusione diversa per quanto riguarda la ricevibilità e la fondatezza della doglianza in questione. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, essa ritiene che la durata del procedimento in questione sia stata eccessiva e che le autorità italiane, di fronte a una doglianza difendibile presentata sotto il profilo dell’articolo 2 della Convenzione, abbiano omesso di offrire una risposta adeguata e rapida conforme agli obblighi procedurali derivanti da tale disposizione.
  7. Di conseguenza, la doglianza rivela una violazione del profilo procedurale dell’articolo 2 della Convenzione.
  1. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
  1. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

  1. Il ricorrente chiede la somma di 50.000 EUR per il danno morale che ritiene di aver subìto, e chiede inoltre la somma di 5.000 EUR per le spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte, senza tuttavia produrre alcun documento giustificativo a sostegno.
  2. Il Governo contesta tali richieste.
  3. La Corte considera che debba essere accordata al ricorrente la somma di 25.000 EUR per danno morale, più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.
  4. Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute soltanto nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte respinge la domanda relativa alle spese sostenute per il procedimento dinanzi alla Corte.
  5. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara  il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 2 della Convenzione;
  3. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi, la somma di 25.000 EUR (venticinquemila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tale importo dovrà essere maggiorato di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali.
  4. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 7 ottobre 2021, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto

Péter Paczolay
Presidente