Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 31 agosto 2021 - Ricorso n. 66984/14 - Causa Associazione Politica Nazionale Lista Marco Pannella contro l'Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista da Rita Carnevali, assistente linguistico e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA ASSOCIAZIONE POLITICA NAZIONALE LISTA MARCO PANNELLA c. ITALIA

(Ricorso n. 66984/14)

SENTENZA

Art 10 - Libertà di espressione - Presenza squilibrata a sfavore di un'associazione soggetto politico in alcune trasmissioni di informazione popolari della televisione pubblica -Obbligo legale di una rappresentazione equilibrata delle diverse opinioni politiche - Rappresentazione paritaria, nelle trasmissioni in questione, non più garantita dall'autorità di controllo senza alcuna motivazione - Esclusione dell'associazione dal dibattito politico - Misure insufficienti da parte delle autorità interne per riequilibrare la situazione

STRASBURGO

31 agosto 2021

DEFINITIVA
30/11/2021

 

Questa sentenza è divenuta definitiva alle condizioni definite dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Associazione Politica Nazionale Lista Marco Pannella c. Italia,

La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:

  • Ksenija Turković, presidente
  • Péter Paczolay
  • Alena Poláčková,
  • Erik Wennerström,
  • Raffaele Sabato,
  • Lorraine Schembri Orland,
  • Ioannis Ktistakis, giudici,
  • e da Renata Degener, cancelliere di sezione,

Visto il ricorso (n. 66984/14) proposto contro la Repubblica italiana dall’Associazione Politica Nazionale Lista Marco Pannella («l’associazione ricorrente»), che il 2 ottobre 2014 ha adito la Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),

Vista la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo») le doglianze relative agli articoli 6 § 1 e 10 della Convenzione,

Viste le osservazioni delle parti,

Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 29 giugno 2021,

Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

  1. L’associazione ricorrente si ritiene vittima di una violazione del suo diritto alla libertà di comunicare le sue opinioni e le sue idee politiche nei media.

IN FATTO

  1. L’associazione ricorrente è un’associazione politica che ha sede a Roma. È stata rappresentata dall’avvocato A. Saccucci.
  2. Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora, e dal suo co-agente, M.G. Civinini, della rappresentanza permanente dell’Italia presso il Consiglio d’Europa.
  1. IL CONTESTO GENERALE
  1. Nel sistema radiotelevisivo italiano, le disposizioni legislative relative alla diffusione delle opinioni e dei messaggi di natura politica prevedono una distinzione tra due categorie di trasmissioni.
  2. Le trasmissioni di «comunicazione politica», da una parte, hanno come scopo principale la diffusione delle opinioni e delle proposte delle forze politiche che partecipano alla vita parlamentare del paese. Per queste trasmissioni, il diritto interno prevede regole precise di ripartizione del tempo di antenna al fine di garantire una rigorosa equità di accesso alle forze politiche (paragrafo 27 infra).
  3. Le trasmissioni «d'informazione», dall’altra parte, hanno lo scopo di trattare temi di attualità, di società e di politica (paragrafo 30 infra). Per queste trasmissioni, la direzione del canale, la redazione e il conduttore godono di una certa autonomia nella scelta delle tematiche, degli ospiti e del loro tempo di parola. Questo secondo tipo di trasmissione ha conosciuto negli ultimi anni un notevole sviluppo, in particolare sotto forma di «programmi di approfondimento».
  4. Il legislatore ha affidato a due soggetti pubblici il compito di controllare, nell'ambito delle rispettive competenze, la programmazione e l'attività dei canali televisivi, al fine di garantire il rispetto dei principi costituzionali e delle disposizioni che disciplinano la diffusione del discorso politico nei media.
  5. Questi due organi sono la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi – «la commissione di vigilanza») e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (l’«AGCOM»).
  6. La commissione di vigilanza, istituita nel 1975, è composta da quaranta membri nominati tra gli eletti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Essa esprime la volontà del Parlamento in materia di servizio pubblico radiotelevisivo. In particolare, è incaricata, in virtù della legge n. 103 del 1975, della direzione generale e della vigilanza sull’attività dell'azienda pubblica concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, la Radio Televisione Italiana («la RAI»). La commissione di vigilanza indica gli indirizzi generali e fissa i criteri generali che presiedono all'elaborazione dei piani di investimento e di spesa delle reti radiotelevisive pubbliche. La legge n. 28 del 2000 (paragrafo 27 infra) ha ampliato le sue competenze in materia di «comunicazione politica» e di parità di accesso ai media, incaricandola di vigilare, sia in periodo di elezioni o di referendum («periodo elettorale») che in tempo ordinario, sul rispetto dei principi di imparzialità e di pluralismo dell'informazione.
  7. Al di fuori del periodo elettorale, la commissione di vigilanza indica alla RAI i criteri da applicare per l'organizzazione di «tribune politiche». La RAI deve quindi preparare, per ogni ciclo di tre settimane, trentasei trasmissioni (conferenze stampa, dibattiti a due, tavole rotonde). La commissione di vigilanza designa le forze politiche che potranno partecipare a ciascuna di esse. Quindici giorni prima dell'inizio di ciascun ciclo di programmazione, la presidenza della commissione di vigilanza approva e trasmette alla RAI un piano generale che precisa gli attori politici da invitare. Una settimana prima dell'inizio del ciclo, la RAI le comunica il calendario delle trasmissioni previste sulle reti radiotelevisive pubbliche.
  8. L'AGCOM, dal canto suo, è un'autorità amministrativa indipendente creata nel 1997, che esercita funzioni di regolamentazione e di vigilanza, in particolare nei settori delle telecomunicazioni e dell'audiovisivo. Essa deve assicurare il rispetto del pluralismo e garantire la parità di accesso di tutti i «soggetti politici» (paragrafo 17 infra) alle trasmissioni di informazione, di comunicazione elettorale e di comunicazione politica, nonché l'imparzialità di queste trasmissioni. Inoltre, l’AGCOM vigila sul rispetto degli indirizzi indicati dalla commissione di vigilanza e può essa stessa fissare delle regole complementari per garantire il rispetto della normativa interna (paragrafo 25 infra).
  9. All'epoca dei fatti, la legge n. 112/2004 disponeva, nell'articolo 20, comma 9 (successivamente abrogato dalla legge n. 220 del 28 dicembre 2015), che sette dei membri del consiglio di amministrazione della RAI fossero nominati dalla commissione di vigilanza e due, tra cui il presidente, dall'esecutivo.
  1. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE
  1. Il 4 giugno 2010 l'associazione ricorrente presentò all'AGCOM una denuncia contro i tre canali generalisti della RAI per mancato rispetto, tra il 1° aprile e il 3 giugno 2010, degli obblighi derivanti dai principi di imparzialità e di pluralismo dell'informazione.
  2. In particolare, essa riteneva che i telegiornali di questi tre canali (il TG1, il TG2 e il TG3) non avessero sufficientemente presentato le iniziative e le campagne di sensibilizzazione da essa lanciate, e lamentava anche il fatto che i suoi rappresentanti non erano stati invitati ai più importanti talk show trasmessi sui tre canali pubblici – Porta a porta, Annozero e Ballarò – mentre i rappresentanti delle altre tendenze politiche vi avevano partecipato.
    Invocando la prassi consolidata dell'AGCOM nei casi di questo tipo, l'associazione ricorrente invitava l'autorità a non considerare i telegiornali e le trasmissioni in questione nel loro insieme, ma a valutare il pregiudizio da essa subìto in relazione a ogni telegiornale e a ogni trasmissione presi singolarmente. Chiedeva di riequilibrare la situazione assegnando specificamente un tempo di trasmissione ai suoi rappresentanti, sia nei telegiornali che nei tre talk show.
  3. Con delibera dell'8 luglio 2010 (n. 137/10/CSP), l'AGCOM decise di archiviare la denuncia. Essa valutò il tempo di trasmissione dell'associazione ricorrente rispetto alla sua presenza complessiva in tutti i telegiornali e nelle trasmissioni di informazione proposte da ogni canale pubblico (RaiUno, RaiDue e RaiTre) durante il periodo considerato, e concluse che l'associazione aveva beneficiato di un'esposizione sufficiente, simile a quella delle altre forze politiche che, come lei, non avevano eletti in Parlamento. L’AGCOM sottolineò che, a differenza delle trasmissioni di «comunicazione politica», le trasmissioni di informazione non erano soggette ad una regola di rigida ripartizione matematica del tempo di antenna attribuito a ciascuna forza politica, e spiegò che in tali trasmissioni l'espressione di opinioni politiche era inquadrata dalla regola della parità di trattamento (vale a dire che le situazioni analoghe dovevano essere trattate in maniera analoga), in quanto lo scopo era quello di assicurare un'equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche. L’AGCOM concluse che non era possibile affermare che l'associazione ricorrente fosse stata sottorappresentata nel corso delle trasmissioni durante il periodo considerato.
  4. Il 9 novembre 2010 l'associazione ricorrente impugnò la decisione dell'AGCOM dinanzi al tribunale amministrativo regionale («il TAR») del Lazio. Essa sosteneva che, non esaminando il suo tempo di presenza in ogni telegiornale e in ogni trasmissione presi separatamente, l'AGCOM si era indebitamente discostata dalla sua prassi consolidata. Aggiungeva che la sua situazione non era la stessa di quella delle forze politiche non rappresentate in Parlamento, alle quali l'AGCOM l'aveva paragonata, poiché poteva contare su sei deputati e tre senatori che, in virtù di un accordo specifico, avevano costituito all'interno del gruppo parlamentare del Partito democratico una delegazione autonoma che difendeva le sue idee.
  5. Con sentenza del 9 giugno 2011 (n. 8064), il TAR del Lazio accolse la domanda dell'associazione ricorrente e annullò la delibera dell'AGCOM.
    A titolo preliminare precisò che, a differenza delle altre associazioni del «movimento radicale», fra cui Radicali Italiani, solo l'associazione ricorrente era legittimata ad agire, in quanto era l'unica ad avere dei rappresentanti eletti in Parlamento e, pertanto, a poter essere considerata come un «soggetto politico» ai sensi del diritto interno (paragrafo 32 infra).
    Sul merito, il TAR rammentò, in primo luogo, che l'AGCOM, in quanto autorità amministrativa indipendente, non era solo un'autorità di vigilanza, ma anche un'autorità di regolamentazione del settore. Il TAR spiegò che ciò implicava che l’AGCOM, quando era chiamata a valutare la conformità di una decisione con le disposizioni applicabili, doveva tener conto delle decisioni che aveva pronunciato in precedenza in casi simili. Di conseguenza, il TAR ritenne che l’AGCOM avrebbe dovuto motivare l'inversione di tendenza che aveva operato nella sua decisione in cui, invece di procedere, come aveva fatto in precedenza, ad una autonoma considerazione di ciascuna delle tre trasmissioni, aveva considerato nel complesso il tempo di trasmissione di cui aveva beneficiato l'associazione ricorrente, senza tener conto della popolarità né delle ore di diffusione delle diverse trasmissioni alle quali quest'ultima aveva potuto partecipare.
    In secondo luogo, il TAR considerò che l'AGCOM non aveva debitamente motivato la parte della sua decisione in cui aveva paragonato l'associazione ricorrente a delle forze politiche prive di rappresentanti eletti, senza tener conto del fatto che, in virtù di un accordo politico pubblico concluso tra l'associazione e un partito politico, l'interessata aveva nove rappresentanti in Parlamento.
    Il TAR ritenne peraltro contraddittorio il fatto che l'AGCOM abbia considerato che l'associazione ricorrente non era rappresentata in Parlamento, ma non abbia tenuto conto del fatto che, invece, delle forze politiche «non rappresentate» erano state invitate a partecipare alle trasmissioni in questione.
    In conclusione, il TAR ordinò all'AGCOM di riesaminare la denuncia dell'associazione ricorrente alla luce di questi elementi, provvedendo a porre rimedio alle carenze di motivazione che aveva constatato.
  6. L’AGCOM non impugnò dinanzi al Consiglio di Stato questa sentenza, che divenne definitiva il 19 aprile 2012.
  7. Dopo aver riesaminato la sua decisione in applicazione della suddetta sentenza, l'AGCOM confermò, con una delibera del 18 dicembre 2012 (n. 472/12/CONS), l'archiviazione della denuncia dell'associazione ricorrente. L’AGCOM ritenne che quest'ultima non potesse essere considerata un «soggetto politico» a cui applicare le norme applicabili alle forze politiche rappresentate in Parlamento, ma che la sua situazione fosse effettivamente paragonabile a quella delle altre forze politiche non rappresentate in Parlamento. Peraltro, l’AGCOM considerò pienamente legittima la sua scelta di verificare «il rispetto dei principi del pluralismo, dell'imparzialità, dell'obiettività e della parità di trattamento tra le varie forze politiche al di fuori del periodo elettorale» sulla base di «tutte le trasmissioni di informazione diffuse» su ciascun canale.
  8. Il 27 dicembre 2012 l'associazione ricorrente presentò un nuovo ricorso dinanzi al TAR del Lazio per violazione del giudicato (la sentenza n. 8064 del 2001), chiedendo l'annullamento della decisione dell'AGCOM e l'esecuzione (giudizio di ottemperanza) della sentenza del TAR del 2011.
  9. Il 14 marzo 2013 il TAR accolse questo ricorso. Innanzitutto, constatò che la ricorrente era rappresentata in Parlamento, e considerò che essa era quindi un «soggetto politico». Poi rilevò di nuovo che l'AGCOM non aveva indicato le ragioni che avevano motivato la sua inversione di tendenza per quanto riguarda la valutazione del tempo di antenna, e la sua scelta di assimilare trasmissioni che presentavano forti differenze in termini di popolarità e di fasce orarie. Infine, ordinò all'AGCOM di eseguire la sentenza del 9 giugno 2011 entro un termine di trenta giorni, e precisò che in caso di mancata esecuzione entro tale termine, avrebbe nominato un commissario ad acta incaricato di vigilare sull'esecuzione della sentenza.
  10. Il 25 maggio 2013 l'AGCOM ordinò alla RAI di programmare la partecipazione dell'associazione ricorrente, prima della fine del ciclo di programmazione del 2013, alle trasmissioni Porta a porta e Ballarò. Constatò che il programma Annozero non era più trasmesso e che, di conseguenza, non poteva ordinare né la partecipazione dell'associazione ricorrente a tale programma, né, a titolo compensativo, a un'altra trasmissione. Inoltre, l’AGCOM rammentò che la supervisione dell'esecuzione della decisione era realizzata attraverso il monitoraggio della programmazione delle suddette trasmissioni, a pena di sanzioni pecuniarie in caso di mancata esecuzione.
  11. L'associazione ricorrente fu invitata a partecipare ad una registrazione della trasmissione Porta a porta. Quanto alla trasmissione Ballarò, in assenza di rappresentanti dell'associazione ricorrente, vi partecipò la nuova segretaria dell'associazione Radicali Italiani con un messaggio registrato e mandato in onda all'inizio della trasmissione.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

  1. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
  1. La legislazione applicabile
     
    1. Il quadro giuridico della Commissione di vigilanza e dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni: la legge n. 249 del 1997
  1. La legge n. 103 del 14 aprile 1975 (modificata dalla legge n. 112/2004), intitolata «Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva», ha trasferito dall’esecutivo al legislativo il controllo del servizio pubblico radiotelevisivo, istituendo una commissione parlamentare bicamerale per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (la commissione di vigilanza). Da allora, il consiglio di amministrazione della RAI è nominato dal Parlamento.
  2. L’AGCOM è stata istituita con la legge n. 249 del 31 luglio 1997. La sua funzione è quella di garantire che i servizi e i prodotti forniti dal concessionario del servizio pubblico siano conformi alle disposizioni vigenti, in particolare alle disposizioni applicabili in materia di comunicazione e di informazione politiche e alle norme relative all'equità del trattamento, alla parità di accesso alle pubblicazioni e alla diffusione di informazioni e messaggi elettorali. Può anche emettere disposizioni regolamentari.
  3. L'AGCOM ha il potere di sanzionare i soggetti che non ottemperano ai suoi ordini e alle diffide comminando sanzioni pecuniarie da venti milioni a cinquecento milioni di lire (ITL). In caso di violazioni particolarmente gravi, l'AGCOM può ordinare la sospensione dell'attività o anche la revoca della licenza o della concessione.
  1. La legge n. 28 del 2000
  1. La legge n. 28 del 22 febbraio 2000 recante disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica, detta «legge sulla par condicio», disciplina le trasmissioni di «comunicazione politica» e prevede due regimi distinti, uno per il periodo non elettorale e l'altro per il periodo elettorale.
  2. In particolare, l'articolo 2, comma 1, stabilisce che l'accesso alle trasmissioni di informazione e alle trasmissioni di comunicazione politica, vale a dire alle tribune politiche, ai dibattiti, alle tavole rotonde, alle interviste e a qualsiasi altra trasmissione che contenga un messaggio politico, deve essere garantito a tutti i soggetti politici in condizioni di parità. La RAI ha l'obbligo di programmare l'offerta di trasmissioni di comunicazione politica alla radio e alla televisione (articolo 2, comma 4). La commissione di vigilanza e l'AGCOM si consultano per stabilire, ciascuna nell'ambito della propria competenza, le norme di attuazione delle disposizioni della legge. In particolare, la commissione di vigilanza elabora la legislazione primaria per il servizio pubblico – la RAI (articolo 2, comma 5).
  3. L'articolo 10, comma 3, prevede che, in caso di violazione del principio della parità di accesso alle trasmissioni, l'AGCOM ordina alle emittenti radiotelevisive di organizzare trasmissioni di comunicazione politica alle quali parteciperanno prevalentemente i «soggetti politici» che siano stati danneggiati dalla violazione constatata.
  4. L’articolo 11 ter definisce le trasmissioni di informazione e le trasmissioni di comunicazione politica come segue:

«(...)

  1. «per «programma di informazione», il telegiornale, il giornale radio e comunque il notiziario o altro programma di contenuto informativo, a rilevante presentazione giornalistica, caratterizzato dalla correlazione ai temi dell'attualità e della cronaca;
  2. «per «programma di comunicazione politica», ogni programma in cui assuma carattere rilevante l'esposizione di opinioni e valutazioni politiche manifestate attraverso tipologie di programmazione che comunque consentano un confronto dialettico tra più opinioni, anche se conseguito nel corso di più trasmissioni.»
  1. Il decreto legislativo n. 117 del 2005 (Testo unico della radiotelevisione)
  1. L'articolo 3 del decreto legislativo n. 117 del 31 luglio 2005 stabilisce i principi fondamentali applicabili al sistema radiotelevisivo, in particolare «la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee (...), l'obiettività, la completezza, la lealtà e l'imparzialità dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche e sociali, (...) il rispetto delle libertà e dei diritti [della persona], in particolare della dignità della persona (...), garantiti dalla Costituzione, dal diritto comunitario, dalle norme internazionali vigenti (...)».
  2. L'articolo 7 enuncia i principi generali applicabili in materia di informazione, tra cui l'obbligo di assicurare «l'accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissioni di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità e di imparzialità, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legge» (articolo 7, comma 2, lettera c)).
  3. L’articolo 45, comma 2, lettera d) prevede che la società concessionaria del servizio radiotelevisivo garantisca l'accesso dei partiti politici, dei gruppi rappresentati in Parlamento e, più in generale, dei movimenti, degli enti e dei gruppi politici alle trasmissioni televisive.
  4. L'AGCOM verifica che la società concessionaria svolga correttamente i compiti che le sono affidati e, in caso di infrazione, applica delle sanzioni conformemente alle disposizioni dell'articolo 48. In particolare, se ravvisa infrazioni da parte della società concessionaria, l’AGCOM fissa a quest'ultima un termine massimo di trenta giorni per porvi rimedio. In caso di infrazione grave, può infliggere una sanzione amministrativa il cui importo può arrivare fino al 3 % del fatturato realizzato nel corso dell'ultimo esercizio chiuso (articolo 48, comma 7). Nei casi di reiterata inottemperanza, l'AGCOM può disporre la sospensione dell'attività commerciale della società concessionaria per un periodo massimo di novanta giorni (articolo 48, comma 8).
  1. Le decisioni della commissione di vigilanza e dell'AGCOM
  1. Il provvedimento sull'organizzazione delle tribune politiche adottato dalla commissione di vigilanza il 18 dicembre 2002 (e modificato il 29 ottobre 2003)
  1. La commissione di vigilanza ha adottato il 18 dicembre 2002 un provvedimento che inquadra le trasmissioni di comunicazione politica della RAI in periodo non elettorale. L'articolo 2 di questo provvedimento precisa le forze politiche alle quali è assicurato l'accesso alle trasmissioni di comunicazione politica. L'articolo 3 definisce le tipologie delle «tribune politiche» (conferenze stampa, dibattiti a due, tavole rotonde).
  2. L’articolo 11 indica che i programmi di contenuto informativo sono caratterizzati dalla correlazione ai temi dell'attualità e prevede che ogni direttore, nel rispetto della libertà di informazione, sia tenuto ad assicurare che la programmazione di queste trasmissioni attui un'equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche presenti nel Parlamento nazionale e nel Parlamento europeo.
  1. L’atto di indirizzo sul pluralismo
  1. L'atto di indirizzo sulle garanzie volte ad assicurare il pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo, adottato dalla commissione di vigilanza l'11 marzo 2003, prevede che il concessionario del servizio pubblico debba, in ogni suo atto e nel suo insieme, rispettare il pluralismo nella sua accezione più ampia. In particolare, questo principio deve essere rispettato da tutte le articolazioni interne dell'impresa radiotelevisiva pubblica (divisioni, reti e testate giornalistiche) e avere evidente riscontro nei singoli programmi.
    Inoltre, l'atto di indirizzo prevede, per quanto riguarda più in particolare le trasmissioni di informazione politica, che queste ultime debbano rispettare rigorosamente la completezza dell'informazione, la pluralità dei punti di vista e la necessità del contraddittorio. Ai direttori di rete, ai conduttori e a tutti i giornalisti che operano nell'azienda concessionaria del servizio pubblico, si chiede di orientare la loro attività al rispetto dell'imparzialità, avendo come unico criterio quello di fornire ai cittadini utenti il massimo di informazioni, verificate e fondate.
  1. La prassi dell’AGCOM in materia di trasmissioni di informazione politica
  1. In una delibera del 12 aprile 2001 (n. 303/01/CSP), l'AGCOM ha considerato che la trasmissione di informazione contestata dall'autore della denuncia che le è stata presentata non poteva essere qualificata come una trasmissione di «comunicazione politica», tenuto conto della sua struttura e della sua articolazione. Tuttavia, l’AGCOM ha accertato la violazione della disciplina in tema di informazione quanto a parità di trattamento, obiettività, completezza e imparzialità delle informazioni presentate, e ha ordinato, al fine di ripristinare la completezza e l'imparzialità, la partecipazione di rappresentanti del «soggetto politico» interessato alla prima puntata utile del programma.
  2. In una delibera del 1º febbraio 2006 (n. 22/06/CSP), l'AGCOM ha illustrato un orientamento interpretativo in materia di controllo delle trasmissioni di informazione nei periodi non elettorali. In particolare, ha sottolineato che le trasmissioni di informazione e i programmi di approfondimento politico dovevano rispettare i principi di imparzialità, equità, completezza e pluralità dei punti di vista. Essa ha precisato che in queste trasmissioni il tempo assegnato alle diverse tendenze politiche doveva essere equilibrato durante il ciclo di programmazione della trasmissione.
  3. In una delibera del 25 luglio 2013 (n. 477/13/CONS), l'AGCOM ha spiegato che, tra le trasmissioni di informazione politica, quelle di natura seriale, ciclica e chiaramente riconoscibili per le loro caratteristiche strutturali e la loro articolazione erano considerate separatamente (principio di autonoma considerazione) quando si trattava di verificare il rispetto del principio del pluralismo. Essa ha precisato che, a differenza delle trasmissioni di comunicazione politica, le trasmissioni di informazione politica non erano tenute a ripartire il tempo di parola tra le diverse tendenze politiche secondo un criterio rigido di ripartizione matematica, ma dovevano soltanto rispettare il principio della parità di trattamento. L’AGCOM ha rammentato che, secondo la sua posizione consolidata, tale principio deve essere inteso nel senso che impone di trattare allo stesso modo le situazioni analoghe, al fine di garantire un'equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche nei programmi di approfondimento politico, nonché il corretto svolgimento del dibattito politico, sempre nel rispetto dell'autonomia editoriale e giornalistica della trasmissione e della correlazione dell'informazione con l'attualità e i fatti di natura politica (si veda anche delibera n. 243/10/CSP del 15 novembre 2010).
  1. La GIURISPRUDENZA NAZIONALE
  1. Nella sua sentenza n. 155 del 2002 (24 aprile/7 maggio 2002), la Corte costituzionale ha sottolineato che «il diritto all'informazione, garantito dall'art. 21 della Costituzione, viene qualificato e caratterizzato, tra l'altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie – così da porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti – sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell'attività di informazione erogata».
    Essa ha aggiunto che il diritto alla completa ed obiettiva informazione del cittadino appare dunque tutelato in via prioritaria soprattutto in riferimento a valori costituzionali primari, che non sono tanto quelli alla pari visibilità dei partiti, quanto piuttosto quelli connessi al corretto svolgimento del confronto politico su cui in permanenza si fonda il sistema democratico.
  2. In una sentenza emessa il 18 febbraio 2003 (n. 3950), il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla natura dell’articolo 2 della legge n. 28 del 2000, e in particolare sull’obbligo per la RAI di assicurare l’offerta di programmi di «comunicazione politica» (articolo 2, comma 4). Constatando che tale obbligo era subordinato all’adozione di disposizioni da parte della commissione di vigilanza e dell’AGCOM (articolo 2, comma 5), il Consiglio di Stato ha concluso che l’articolo 2 non era di per sé vincolante, in quanto la sua applicazione dipendeva dall’adozione di una regolamentazione secondaria.

I DOCUMENTI DEL CONSIGLIO D’EUROPA

  1. La Corte rinvia ai numerosi testi adottati dal Comitato dei Ministri in materia di libertà di espressione e di pluralismo, in particolare la Dichiarazione sulla libertà di espressione e di informazione del 29 aprile 1982, la Raccomandazione Rec (2007)2 sul pluralismo dei media e la diversità dei contenuti mediatici, e la Raccomandazione Rec (2007)3 sulla missione dei media di servizio pubblico nella società dell'informazione. Nelle sue parti pertinenti nel caso di specie, quest'ultima raccomandazione è così formulata:

«14. I media di servizio pubblico dovrebbero svolgere un ruolo importante nella promozione di un dibattito e di una partecipazione democratici più ampi, con l'aiuto, tra l'altro, di nuove tecnologie interattive, il che permetterebbe alla popolazione di essere maggiormente coinvolta nel processo democratico. I media di servizio pubblico dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale nell'educazione di cittadini attivi e responsabili, proponendo non soltanto un contenuto di qualità, ma anche un forum al dibattito pubblico, aperto alla diversità delle idee e delle convinzioni nella società, e una piattaforma per diffondere i valori democratici.

  1. I media di servizio pubblico dovrebbero fornire informazioni appropriate sul regime e le procedure democratiche, e promuovere la partecipazione non soltanto alle elezioni, ma anche ai processi decisionali e alla vita pubblica in generale. Pertanto, uno dei ruoli dei media di servizio pubblico sarebbe incitare i cittadini a interessarsi maggiormente alle questioni pubbliche e incoraggiarli a prendervi parte più attivamente.

(...)

  1. I media di servizio pubblico dovrebbero svolgere un ruolo trainante nella promozione della vigilanza del pubblico nei confronti dei governi nazionali e delle organizzazioni intergovernative, contribuendo a rafforzare la trasparenza di questi ultimi, il loro obbligo di rendere conto ai cittadini e la loro legittimità, partecipando in questo modo alla lotta contro qualsiasi deficit democratico, e allo sviluppo di uno spazio pubblico europeo.»
  1. Infine, la raccomandazione Rec (2012)1 sulla governance dei media di servizio pubblico rammenta che «i media sono lo strumento più importante per la libertà di espressione nella sfera pubblica, in quanto danno la possibilità alle persone di esercitare il diritto di cercare e ricevere informazione». Con tale Raccomandazione, il Comitato dei Ministri invita gli Stati membri a ripensare e a ricostruire il sistema di governance dei media allo scopo di completare la transizione da servizio dello Stato a servizio pubblico e da emittenza radiotelevisiva a media di servizio pubblico.

IN DIRITTO

  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 10 DELLA CONVENZIONE
  1. L'associazione ricorrente lamenta la violazione del diritto alla libertà di comunicare idee e opinioni di natura politica attraverso le reti televisive del servizio pubblico. A suo parere, ciò sarebbe derivato dalla parziale esecuzione della sentenza del TAR. Essa invoca l'articolo 10 della Convenzione, così formulato:

«1. Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.

  1. L’esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.»
  1. Sulla ricevibilità
  1. Constatando che questa doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell'articolo 35 della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte la dichiara ricevibile.
  1. Sul merito
  1. La Corte osserva che le parti concordano che l'assenza di rappresentanti dell'associazione ricorrente nelle trasmissioni di informazione controverse si traduce in un'ingerenza nell'esercizio, da parte dell'interessata, del diritto sancito dall'articolo 10 della Convenzione. I punti sui quali le parti non concordano riguardano la questione se tale ingerenza fosse «prevista dalla legge», se perseguisse uno «scopo legittimo» e se fosse «necessaria in una società democratica».
  2. Sulla questione se l'ingerenza fosse «prevista dalla legge», l'associazione ricorrente afferma che il procedimento interno è stato caratterizzato da una serie di decisioni e di omissioni che, a suo parere, hanno manifestamente violato la legislazione interna in materia di pluralismo dell'informazione.
  3. Il Governo non si è espresso su questo punto.
  4. La Corte ritiene che l'ingerenza fosse «prevista dalla legge», in quanto l'accesso alle trasmissioni di informazione politica è regolato dalle disposizioni sopra citate (paragrafi 30 e 38 supra) che mirano, in particolare, a garantire alle reti televisive un'autonomia editoriale per quanto riguarda la scelta degli ospiti e il tempo di trasmissione assegnato a questi ultimi.
  5. Sulla questione dello scopo legittimo, l'associazione ricorrente sostiene che, nella presente causa, si può facilmente vedere che le azioni e le omissioni della RAI e dell'AGCOM non perseguivano alcuno dei motivi di limitazione legittima previsti nell'articolo 10 § 2 della Convenzione.
  6. Il Governo non si è espresso su questo punto.
  7. La Corte osserva che le disposizioni interne mirano a garantire l'imparzialità e il pluralismo dell'informazione e, più specificamente, la libertà del dibattito politico, a beneficio dei cittadini e della democrazia. Pertanto, essa è convinta che l’ingerenza controversa mirasse alla «protezione (…) dei diritti altrui» ai sensi dell'articolo 10 § 2 della Convenzione.
  8. Resta dunque da valutare la necessità di tale ingerenza in una società democratica.

Sulla necessità dell’ingerenza in una società democratica

  1. Tesi delle parti
  1. L'associazione ricorrente ritiene che l'ingerenza in questione non fosse necessaria in una società democratica né, pertanto, conforme all'articolo 10. Essa considera, infatti, che, anche a voler supporre che perseguisse uno scopo legittimo, l’ingerenza sarebbe stata manifestamente sproporzionata a tale scopo, e non risponderebbe ad alcun bisogno sociale imperioso.
  2. Essa afferma che ha subìto un pregiudizio estremamente grave: indicando che le trasmissioni in merito alle quali si è rivolta all'AGCOM costituivano, all'epoca dei fatti, le principali trasmissioni di informazione politica della RAI, l'associazione ricorrente sostiene che l'esclusione anche da uno solo di tali programmi ha avuto come conseguenza diretta l'impossibilità di comunicare il suo punto di vista a un numero incalcolabile di cittadini.
  3. Essa argomenta che, già nella sua sentenza del 2011 (n. 8064), il TAR aveva chiaramente indicato che essa era un «soggetto politico» ai sensi delle disposizioni interne, e afferma pertanto che, contrariamente a quanto sostiene il governo convenuto, nessuna nuova interpretazione più obiettiva è intervenuta nel 2013 (paragrafo 21 supra).
  4. L'associazione ricorrente lamenta anche che l'AGCOM ha archiviato la sua denuncia sulla base di una valutazione globale delle trasmissioni di informazione di ciascuna rete televisiva. Essa ritiene che, procedendo in questo modo, l'AGCOM si sia chiaramente discostata dalla sua prassi in materia (delibere nn. 22/06/CONS, 22/08/CSP, 24/08/CSP, 43/08/CSP e 160/06/CSP), che sarebbe consistita nel verificare il rispetto del pluralismo per ciascuna trasmissione considerata separatamente.
  5. Inoltre, essa lamenta che le sue rivendicazioni hanno trovato soddisfazione solo tre anni dopo la sua prima denuncia all'AGCOM, all’esito di ciò che essa definisce come un «lungo calvario giudiziario, e che, nel frattempo, la trasmissione Annozero era stata soppressa dalla griglia di programmazione, il che ha comportato l'impossibilità di ottenere una partecipazione compensativa in questa trasmissione. Per quanto riguarda l'esecuzione della decisione del TAR, essa ha partecipato soltanto a una trasmissione di Porta a Porta, il 5 novembre 2013, e nessuno dei suoi rappresentanti ha partecipato alla trasmissione Ballarò. Essa ritiene, pertanto, che la decisione dell’AGCOM non sia stata rispettata. A tale proposito, l'associazione ricorrente sottolinea che la Sig.ra R.B. è stata invitata a partecipare a Ballarò in qualità di nuovo segretario dell'associazione Radicali Italiani e che, in ogni caso, tale partecipazione ha assunto la forma di una registrazione di due minuti, trasmessa all'inizio della trasmissione, e dunque al di fuori del dibattito in diretta che ha avuto luogo nelle due ore di durata del programma.
  6. L'associazione ricorrente risponde all'argomentazione relativa all'esistenza dell’emittente radiofonica Radio Radicale che la quasi totalità della programmazione radiofonica di tale stazione consiste nel trasmettere i lavori delle due camere del Parlamento e che, più in generale, Radio Radicale costituisce uno strumento e un canale di informazione per tutto il mondo politico e istituzionale italiano. Essa aggiunge che, in ogni caso, il governo convenuto non può comparare l’onnipresenza, la copertura territoriale e il volume di audience della televisione con l'audience potenziale di Radio radicale, e fa osservare, peraltro, che l'AGCOM non ha mai considerato tale radio come un elemento che possa esonerare la RAI dal proprio obbligo di rispettare le norme in materia di pluralismo televisivo.
  7. L'associazione ricorrente sostiene che la presente causa fa seguito a una serie di atti di censura commessi dalla RAI che, a suo parere, hanno recato pregiudizio al movimento radicale. A sostegno di questa tesi, essa cita delle precedenti delibere dell'AGCOM (nn. 245/99, 382/09, 221/11 e 354/12) che dimostrano, a suo avviso, che la violazione della normativa che regola il settore audiovisivo ha provocato l'emarginazione del movimento radicale.
  8. Infine, essa contesta all'AGCOM di non avere esercitato il suo potere sanzionatorio quando la RAI ha omesso di eseguire la sua decisione, e considera che, in tal modo, l'AGCOM non ha svolto il proprio ruolo di garante del pluralismo dell'informazione.
  9. Il Governo, da parte sua, sostiene che, nella sua decisione del 2013, il TAR del Lazio ha tenuto conto, sulla base di un’interpretazione nuova e più fattuale della nozione di «soggetto politico», di un certo numero di fatti (l'accordo pubblico concluso tra l'associazione ricorrente e un partito politico e il fatto che, dopo le elezioni, gli eletti dell'interessata avevano formato una delegazione autonoma) per dedurne che l'associazione ricorrente costituiva un gruppo politico rappresentato in Parlamento e che, in queste circostanze, essa costituiva un «soggetto politico».
  10. Il Governo sottolinea che entro venti giorni, il che, a suo parere, costituisce un termine breve, l'AGCOM ha ordinato alla RAI di prevedere la partecipazione di rappresentanti dell'associazione ricorrente alle trasmissioni Porta a Porta e Ballarò, in quanto Annozero, nel frattempo, era stata soppressa dalla RAI.
  11. Il Governo afferma che il modo in cui la decisione dell’AGCOM è stata eseguita non è dovuto a una prassi amministrativa scorretta o a una mancanza di collaborazione, ma è il risultato di una serie di difficoltà concrete, legate soprattutto alle circostanze specifiche dell'evoluzione dell'associazione ricorrente da quando è stata creata, nel 1992, in particolare ai suoi continui cambi di denominazione. Il Governo sostiene che, nata dalla trasformazione dell'ex partito radicale su iniziativa del leader radicale oggi deceduto M.P., l'associazione ricorrente ha partecipato alle elezioni sotto varie sigle e, a volte, presentando i propri candidati sulle liste elettorali di altre formazioni politiche.
  12. Il Governo afferma che la redazione della trasmissione Ballarò ha proposto varie volte a un membro dell'associazione ricorrente, la Sig.ra E.B., di partecipare alla trasmissione, ma che tali inviti sono stati sempre declinati. La redazione della trasmissione avrebbe allora contattato l'ex segretario dell'associazione Radicali Italiani, e poi il suo nuovo segretario, che avrebbe alla fine partecipato alla trasmissione con un intervento registrato.
  13. In conclusione, il Governo afferma che non vi è stata violazione della libertà di espressione dell'associazione ricorrente.
  1. Valutazione della Corte
  1. I principi generali
  1. La Corte rammenta anzitutto i principi generali derivanti dalla sua giurisprudenza in materia di necessità di un’ingerenza nell’esercizio della libertà di espressione e del pluralismo nei media audiovisivi (Animal Defenders International c. Regno Unito [GC], n. 48876/08, §§ 100 e 101, CEDU 2013 (estratti)) e, in particolare, il principio secondo il quale non vi è democrazia senza pluralismo (Centro Europa 7 S.r.l. e Di Stefano c. Italia [GC], n. 38433/09, § 129, CEDU 2012, e Manole e altri c. Moldavia, n. 13936/02, § 95, CEDU 2009 (estratti)).
  2. La libertà della stampa fornisce all’opinione pubblica uno dei mezzi migliori per conoscere e giudicare le idee e i comportamenti dei dirigenti. Più in generale, il libero gioco del dibattito politico è al centro della nozione di società democratica sulla quale è interamente basata la Convenzione (Lingens c. Austria, 8 luglio 1986, § 42, serie A n. 103).
  3. I media audiovisivi hanno un ruolo particolarmente importante da svolgere a tale riguardo. Poiché hanno il potere di far passare dei messaggi attraverso il suono e l’immagine, essi hanno effetti più immediati e più potenti della stampa scritta (Jersild c. Danimarca, 23 settembre 1994, § 31, serie A 298, Pedersen e Baadsgaard c. Danimarca [GC], n. 49017/99, § 79, CEDU 2004-XI, e Murphy c. Irlanda, n. 44179/98, § 74, CEDU 2003-IX).
  4. Una situazione nella quale una frazione economica o politica della società può ottenere una posizione di dominio sui media audiovisivi ed esercitare in tal modo una pressione sulle emittenti per limitare, in definitiva, la loro libertà editoriale, pregiudica il ruolo fondamentale che svolge in una società democratica la libertà di espressione sancita dall’articolo 10 della Convenzione, in particolare quando si tratta di comunicare informazioni e idee di interesse generale, che il pubblico, per di più, ha il diritto di ricevere (VgT Verein gegen Tierfabriken c. Svizzera, n. 24699/94, §§ 73 e 75, CEDU 2001-VI, si veda De Geillustreerde Pers N.V. c. Paesi Bassi, n. 5178/71, rapporto della Commissione del 6 luglio 1976, Décisions et rapports (DR) 8, p. 25, § 86).
  5. La Corte considera che, nell’ambito della diffusione audiovisiva, questi principi impongono allo Stato, ultimo garante del pluralismo (Manole, sopra citata, 99, Informationsverein Lentia e altri c. Austria, 24 novembre 1993, § 38, serie A n. 276, VgT Verein gegen Tierfabriken, sopra citata, §§ 44-47), l’obbligo di garantire, da una parte, l’accesso del pubblico, per il tramite della televisione e della radio, a informazioni imparziali ed esatte, nonché a una pluralità di opinioni e di commenti che rispecchiano, in particolare, la diversità delle opinioni politiche nel paese, e, dall’altra, la protezione dei giornalisti e degli altri professionisti dei media audiovisivi dagli ostacoli alla comunicazione di tali informazioni e commenti. La scelta dei mezzi attraverso i quali questi scopi devono essere raggiunti deve variare in funzione delle condizioni locali e rientra dunque nel margine di apprezzamento dello Stato. Così, ad esempio, se la Corte e, prima di essa, la Commissione hanno riconosciuto che un servizio pubblico di radiodiffusione può contribuire alla qualità e all’equilibrio dei programmi (Informationsverein Lentia e altri, sopra citata, § 33, Tele 1 Privatfernsehgesellschaft mbH c. Austria, n. 32240/96, 21 settembre 2000, e X. SA c. Paesi Bassi, n. 21472/93, decisione della Commissione dell’11 gennaio 1994, DR 76-B, p. 129), l’articolo 10 non obbliga in alcun modo gli Stati a creare un servizio di questo tipo quando esistono altri mezzi che permettono di raggiungere lo stesso scopo.
  6. Tuttavia, quando lo Stato decide di istituire un sistema radiotelevisivo pubblico, dai principi sopra esposti deriva che il diritto e la prassi interni devono garantire che tale sistema assicuri un servizio pluralistico. In particolare, quando le stazioni private sono ancora troppo deboli per proporre una vera alternativa, e l'ente pubblico o statale è quindi l'unica emittente o l'emittente dominante in un paese o in una regione, è indispensabile per il buon funzionamento della democrazia che esso diffonda informazioni e commenti imparziali, indipendenti e neutrali, e che fornisca, inoltre, un forum di discussione pubblica all’interno del quale possa esprimersi una gamma quanto più ampia possibile di opinioni e punti di vista (Manole, sopra citata, § 101).
  7. Per quanto riguarda il dibattito politico, la Corte ha affermato che la libertà di espressione è una delle condizioni che assicurano la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo, e ha rammentato che, in periodo preelettorale, è particolarmente importante permettere alle opinioni e alle informazioni di tutti i tipi di circolare liberamente (Bowman c. Regno Unito, 19 febbraio 1998, § 42, Recueil des arrêts et décisions 1998‑I).
  1. Applicazione di questi principi nel caso di specie
  1. Al di fuori del periodo elettorale, la diffusione delle idee e delle opinioni politiche avviene attraverso le trasmissioni di «comunicazione politica» e le trasmissioni di informazione (paragrafo 30 supra): sia le prime che le seconde hanno lo scopo di contribuire al dibattito politico nazionale, permettendo il pluralismo dell’informazione di cui il pubblico è destinatario e beneficiario.
  2. La concezione e le scelte tematiche delle trasmissioni di informazione rientrano nell’autonomia editoriale di ciascuna rete e di ciascuna redazione. Le disposizioni di legge fissano soltanto i principi generali applicabili all’accesso dei «soggetti politici» alla radio e alla televisione, lasciando che siano la commissione di vigilanza e l’AGCOM, ciascuna nella propria sfera di competenza, ad occuparsi di adottare la normativa secondaria che attui tali principi. Il controllo del rispetto di tali norme spetta all’AGCOM (paragrafo 25 supra).
  3. La Corte osserva che, nel caso di specie, l’associazione ricorrente ha adito l’AGCOM per lamentare uno squilibrio di presenza, in suo sfavore, in alcune trasmissioni televisive (paragrafo 14 supra), sostenendo, in particolare, che non era stata rappresentata in tre trasmissioni di informazione politica particolarmente popolari trasmesse dalla RAI.
  4. Essa osserva anzitutto che la posta in gioco della denuncia presentata dall’associazione ricorrente riguardava la partecipazione dell’interessata a dei dibattiti di interesse generale, e che, di conseguenza, l’ampiezza del margine di apprezzamento accordato allo Stato italiano deve essere relativamente ridotta (VgT Verein gegen Tierfabriken, sopra citata, § 71).
  5. Si deve osservare che la denuncia dell’associazione ricorrente è stata archiviata due volte, anche se, invalidando la prima decisione dell’AGCOM, il TAR del Lazio aveva invitato quest’ultima a tenere presente che: in primo luogo, l’associazione ricorrente era un «soggetto politico» e, pertanto, non poteva essere equiparata a delle forze politiche non rappresentate in Parlamento; in secondo luogo, anche delle forze politiche non rappresentate in Parlamento avevano partecipato a queste tre trasmissioni; e, in terzo luogo, l’AGCOM doveva motivare la sua scelta di discostarsi dalla sua prassi precedente che consisteva nel considerare ciascuna trasmissione separatamente quando era chiamata a verificare se fosse stato rispettato il principio di pluralismo (paragrafo 17 supra).
  6. La Corte osserva che soltanto dopo che l’associazione ricorrente ha presentato un secondo ricorso, questa volta per violazione del giudicato (paragrafo 20 supra), e che il TAR del Lazio, di conseguenza, ha ordinato all’AGCOM di eseguire la sentenza che aveva emesso in precedenza, l’AGCOM ha infine ordinato alla RAI di correggere la situazione di squilibrio che aveva recato pregiudizio all’associazione ricorrente (paragrafo 22 supra).
  7. Come è stato già ricordato, nella sua prima sentenza il TAR aveva concluso che l’associazione ricorrente era un «soggetto politico» ai sensi della normativa interna (paragrafo 17 supra). Pertanto, il rifiuto dell’AGCOM di tenere conto di tale conclusione non può essere giustificato dallo status alquanto particolare dell’interessata (paragrafo 65 supra), in quanto tale status era già stato chiarito dal giudice amministrativo. La Corte considera che l’AGCOM si è mostrata eccessivamente formalista, tanto più che il TAR, da parte sua, aveva basato la sua valutazione sulla realtà della situazione dell’associazione ricorrente: aveva tenuto conto del fatto che quest’ultima aveva sottoscritto, con un partito politico, un accordo che le aveva permesso di presentare i suoi candidati alle elezioni e di creare, successivamente, una delegazione autonoma all’interno del gruppo parlamentare di questo stesso partito (paragrafo 17 supra).
  8. La Corte osserva inoltre che, rispetto al regime applicabile alle trasmissioni di comunicazione politica, la legislazione interna riconosce una maggiore autonomia editoriale alle reti televisive per i programmi di approfondimento politico per quanto riguarda la scelta dei temi trattati, degli invitati e del tempo di parola accordato a ciascuno (paragrafo 30 supra). Essa rileva, inoltre, che dalle osservazioni delle parti (paragrafo 56 supra) risulta che tali trasmissioni sono divenute la forma privilegiata di presentazione del dibattito politico e di diffusione delle idee e delle opinioni politiche sui media.
  9. Inoltre, se è vero che, contrariamente alle trasmissioni di comunicazione politica, le trasmissioni di informazione politica non sono tenute a rispettare rigorosamente una rappresentazione proporzionale delle opinioni di ciascuna forza politica, ma hanno semplicemente l’obbligo di rappresentare in maniera equilibrata le diverse opinioni politiche (paragrafo 41 supra), la prassi dell’AGCOM (paragrafi 38-40 supra) e del TAR del Lazio sopra citata (paragrafi 17 e 21 supra) per quanto riguarda l’applicazione dei principi generali in materia di pluralismo (paragrafi 30 e 32 supra) evidenzia una maggiore protezione dell’accesso dei «soggetti politici» a una categoria specifica di trasmissioni di informazione politica, ossia quelle che sono caratterizzate da una programmazione seriale e da una struttura e da un’articolazione riconoscibili dal pubblico. Queste trasmissioni, tra le quali l’AGCOM include Porta a porta, Annozero e Ballarò, sono pertanto oggetto di una «valutazione autonoma» quando si tratta di valutare il rispetto del principio del pluralismo nei confronti di un «soggetto politico». Questo significa che delle situazioni simili devono essere trattate in maniera simile, nel rispetto del principio di parità e allo scopo di garantire il corretto svolgimento del dibattito politico e, dunque, il pluralismo dell’informazione (paragrafo 40 supra).
  10. Ora, la Corte osserva che, senza presentare al riguardo la minima motivazione, l’AGCOM si è discostata da tale prassi e ha proceduto a una valutazione complessiva del tempo di presenza dell’associazione ricorrente in tutte le trasmissioni di informazione della rete, senza tenere conto dell’orario di diffusione delle trasmissioni, né della loro popolarità.
  11. La Corte riconosce che un sistema radiotelevisivo come quello italiano, pur essendo lungi dall’aver realizzato la transizione da emittenza radiotelevisiva a media di servizio pubblico (paragrafo 44 supra), ha progressivamente ridotto, nel contesto del dibattito politico, il ruolo diretto dello Stato nel controllo del servizio radiotelevisivo pubblico, in favore di un’autorità amministrativa indipendente, e che ha riconosciuto, rispetto al passato, una maggiore autonomia editoriale a tutte le reti, nonché alle redazioni responsabili delle trasmissioni di informazione, assicura di norma una migliore protezione dei principi di imparzialità e di pluralismo dell’informazione.
  12. Tuttavia, nella presente causa, sembra che l’associazione ricorrente sia stata assente da tre trasmissioni di grande popolarità e si sia trovata, se non esclusa, almeno fortemente emarginata dal dibattito politico mediatico (paragrafo 14 supra).
  13. La Corte constata inoltre che, quando l’associazione ricorrente ha infine potuto ottenere una decisione dell’AGCOM che ordinava alla RAI di prevedere dei tempi di parola in suo favore, la trasmissione Annozero era stata soppressa dai programmi della RAI. La Corte osserva che, sebbene la soppressione delle trasmissioni sia frequente, l’obbligo di esecuzione avrebbe dovuto imporre una presenza compensativa in favore dell’associazione ricorrente (paragrafo 22 supra).
  14. A ciò si aggiunge la mancata esecuzione parziale della decisione dell’AGCOM da parte della RAI, che quest’ultima era tenuta a osservare allo scopo di assicurare il rispetto del principio del pluralismo dell’informazione. In effetti, sembra che l’associazione ricorrente abbia effettivamente partecipato alla trasmissione Porta a porta, ma che nessuno dei suoi rappresentanti abbia partecipato alla trasmissione Ballarò. A tale riguardo, la Corte osserva che il Governo non ha fornito la prova degli inviti inviati ai membri dell’associazione ricorrente, ad eccezione di uno scambio con E.B. (paragrafo 66 supra). È vero che R.B., ex eletta sulla lista radicale, vi ha partecipato in qualità di nuovo segretario dell’associazione Radicali Italiani, ma tale associazione era distinta dall’associazione ricorrente (paragrafo 17 supra). Inoltre, l’intervento si è limitato a un breve passaggio registrato e mandato in onda in apertura di trasmissione, senza possibilità di dialogo né di partecipazione al dibattito con gli altri rappresentanti politici.
  15. Infine, la Corte nota che il governo convenuto argomenta che la RAI ha incontrato «una certa difficoltà» nell’esecuzione della decisione dell’AGCOM, legata, a suo parere, alle circostanze specifiche dell’evoluzione dell’associazione ricorrente dalla sua creazione nel 1992 (paragrafo 65 supra). Essa ritiene che questa argomentazione sia priva di pertinenza. Infatti, l’associazione ricorrente aveva già presentato dei candidati a delle competizioni elettorali presentandosi sulle liste elettorali di altri movimenti politici: la sua situazione era dunque sufficientemente nota alle autorità competenti (paragrafo 65 supra). Anche se è probabile che l’accordo politico-elettorale che ha permesso l’elezione di nove rappresentanti dell’associazione ricorrente presentasse degli aspetti di novità, si deve osservare che il TAR, già nella sua sentenza del 2011, aveva indicato che l’interessata doveva essere considerata come un «soggetto politico» ai sensi delle disposizioni interne. Questo avrebbe dovuto permettere all’AGCOM di valutare la situazione dell’associazione ricorrente a partire da questa constatazione e, di conseguenza, alla RAI di risolvere le difficoltà invocate dal governo convenuto.
  16. Le considerazioni sopra esposte bastano alla Corte per concludere che, nel caso di specie, le misure adottate dalle autorità interne per riequilibrare la situazione che aveva avuto l’effetto di escludere l’associazione ricorrente dal dibattito politico sono state insufficienti.
  17. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 10 della Convenzione.
  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
  1. L’associazione ricorrente sostiene che la mancata esecuzione della decisione dell’AGCOM ha comportato, nei suoi confronti, una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
  2. Il Governo contesta questa tesi.
  3. La Corte constata che questa doglianza non è manifestamente infondata ai sensi dell’articolo 35 della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità. Pertanto, essa la dichiara ricevibile. Tuttavia, tenuto conto delle considerazioni sopra esposte (paragrafi 86-88) e della constatazione di violazione dell’articolo 10 della Convenzione alla quale è giunta (paragrafo 89), essa non ritiene necessario esaminarla separatamente.
  1. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
  1. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione:

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

  1. Danno
  1. L’associazione ricorrente chiede un indennizzo per danno morale e si affida al giudizio della Corte per determinarne l’importo secondo i suoi criteri equi.
  2. Il Governo sottolinea che l’associazione ricorrente è l’azionista maggioritario di Radio Radicale, una radio privata che offre un servizio di interesse generale e che trasmette le sedute del Parlamento, le sedute di altri organi costituzionali e altre manifestazioni di interesse generale, e che riceve per questo motivo dei finanziamenti pubblici. Il Governo invita dunque la Corte a tenere debitamente conto di questo elemento ai fini della determinazione del danno morale che l’interessato ha potuto subire.
  3. La Corte, tenuto conto della constatazione di violazione alla quale è giunta, ritiene ragionevole accordare all’associazione ricorrente la somma di 12.000 euro (EUR), per danno morale, più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.
  1. Spese
  1. L’associazione ricorrente chiede la somma di 15.000 EUR per le spese che afferma di avere sostenuto per il procedimento dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo non si è espresso su questo punto.
  3. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute soltanto nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri sopra menzionati, la Corte ritiene ragionevole accordare all’associazione ricorrente la somma di000 EUR per il procedimento condotto dinanzi ad essa, più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta.
  1. Interessi moratori
  1. La Corte ritiene appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 10 della Convenzione;
  3. Dichiara non doversi esaminare la doglianza formulata sotto il profilo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  4. Dichiara,
    1. che lo Stato convenuto deve versare all’associazione ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti:
      1. 000 EUR (dodicimila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale;
      2. 000 EUR (cinquemila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma dall’associazione ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  5. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 31 agosto 2021, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Renata Degener
Cancelliere

Ksenija Turković
Presidente