Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 14 ottobre 2021 - Ricorso n. 21844/10 - Rossi e altri contro Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Silvia Canullo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

PRIMA SEZIONE
CAUSA ROSSI c. ITALIA

(Ricorso n.21844/10)

SENTENZA

STRASBURGO

14 ottobre 2021

 

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Rossi c. Italia,

la Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in un Comitato composto da:

  • Péter Paczolay,  Presidente,
  • Gilberto Felici,
  • Raffaele Sabato,  giudici,
  • e da Liv Tigerstedt,  cancelliere aggiunto di sezione,

Visto il ricorso (n. 21844/10) proposto contro la Repubblica italiana con il quale, in data 14 aprile 2010, una cittadina italiana, la sig.ra Albertina Rossi (“la ricorrente”), ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);

vista la decisione di comunicare al Governo italiano (“il Governo”) la doglianza concernente l’ingerenza legislativa in un procedimento in corso e di dichiarare irricevibile il ricorso per il resto;

viste le osservazioni formulate dalle parti;

dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 21 settembre 2021,

pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

  1. La causa concerne l’intervento legislativo durante un procedimento in corso. In particolare, la ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che la promulgazione della legge n. 296/2006 le aveva negato il diritto a un equo processo.

IN FATTO

  1. La ricorrente è nata nel 1949 e vive a Mazzo Valtellina. È stata rappresentata dall’avvocato E. Fatuzzo, del foro di Bergamo.
  2. Il Governo è stato rappresentato dal suo ex agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo ex coagente, la Sig.ra M. L. Aversano.
  3. Le circostanze della causa sono analoghe a quelle descritte nelle cause Maggio e altri c. Italia (nn. 46286/09 e altri 4, 31 maggio 2011) e Stefanetti e altri c. Italia (merito) (nn. 21838/10 e altri 7, 15 aprile 2014).
  4. In data imprecisata il defunto marito della ricorrente, E.G.R., che aveva trasferito in Italia i contributi pensionistici che aveva versato in Svizzera, presentò una domanda all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (“INPS”) affinché riliquidasse la sua pensione, in conformità alla Convenzione italo-svizzera in materia di sicurezza sociale del 1962 (si veda “Il quadro giuridico e la prassi pertinenti” infra e i precedenti ivi citati), sulla base dei contributi che aveva versato in Svizzera per il lavoro ivi svolto per diversi anni. Come base per la liquidazione della sua pensione (in relazione alla sua retribuzione media negli ultimi cinque anni della sua vita lavorativa), l’INPS utilizzò una retribuzione teorica invece della retribuzione effettiva. Tale criterio comportò una riparametrazione fondata sul rapporto esistente tra l’aliquota contributiva applicata in Svizzera (8%) e quella applicata in Italia (32,7%), vale a dire che il calcolo fu basato su uno pseudo-salario, il che ha comportato, secondo E.G.R., che egli percepisse una pensione pari a un quarto di quanto avrebbe dovuto ricevere.
  5. L’INPS rigettò la domanda presentata da E.G.R. Conseguentemente, a giugno 2006, E.G.R. presentò ricorso al Tribunale circondariale di Sondrio (l’organo competente per le controversie di lavoro e previdenziali), sostenendo che il calcolo violava lo spirito della Convenzione italo-svizzera.
  6. Mentre era in corso il pertinente procedimento dinnanzi al Tribunale circondariale di Sondrio, il 1° gennaio 2007 entrò in vigore la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (“legge n. 296/2006”).
  7. E.G.R. decedette a novembre 2008. Il suo difensore non dichiarò il decesso al processo e il procedimento continuò come se egli fosse ancora in vita.
  8. In data 30 novembre 2009 il Tribunale circondariale di Sondrio rigettò il ricorso di E.G.R. sulla base della legge n. 296/2006.

IL QUADRO GIURIDICO PERTINENTE

  1. Il diritto e la prassi interni pertinenti relativi alla causa figurano nelle sentenze Maggio e altri (sopra citata, §§ 27-35) e Stefanetti e altri (merito) (sopra citata, §§ 13-27).
  2. Le parti pertinenti degli articoli del Codice di procedura civile (CPC) recitano:

Articolo 110 – Successione nel processo

Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale (...).

Articolo 299 – Morte o perdita della capacità prima della costituzione

Se prima della costituzione in cancelleria o all’udienza davanti al giudice istruttore, sopravviene la morte (...) di una delle parti o del suo rappresentante legale (…) il processo è interrotto (...)

Articolo 300 – Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace

Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera nei riguardi della parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo notifica alle altri parti. Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto (...) Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell’evento. (....)

  1. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 15295 del 4 luglio 2014 (si vedano altresì, inter alia, le sentenze n. 710 del 18 gennaio 2016 e n. 24845 del 9 ottobre 2018) hanno affermato che in caso di decesso di una parte che si è costituita a mezzo di un procuratore, il fatto che quest’ultimo non dichiari al processo il decesso della parte non conduce all’interruzione del procedimento, che è proseguito tra le parti originarie, come se l’evento interruttivo non avesse avuto luogo. Di conseguenza tutti gli effetti giuridici del processo, come pure tutti gli altri rapporti giuridici del defunto, si trasmettono agli eredi, anche nel caso in cui costoro non siano a conoscenza del processo in corso.

IN DIRITTO

  1. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE

 

  1. La ricorrente ha lamentato che l’intervento legislativo – vale a dire la promulgazione della legge n. 296/2006, che ha modificato la pertinente giurisprudenza consolidata nelle more del procedimento – le aveva negato il diritto, quale erede di E.G.R., a un equo processo ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che recita:

“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente da un tribunale (…) chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...)”

  1. Sulla ricevibilità
  1. l Governo ha contestato la legittimazione ad agire della ricorrente, sostenendo che ella non era stata parte dei procedimenti nazionali.
  2. La ricorrente ha contestato tale rilievo.
  3. La Corte ha precedentemente accettato che i prossimi congiunti di ricorrenti deceduti possano proseguire ricorsi concernenti doglianze relative a vari aspetti dell’articolo 6 della Convenzione, purché abbiano un sufficiente interesse a farlo (si vedano Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, serie A n. 281‑A; Andreyeva c. Russia (dec.), n. 76737/01, 16 ottobre 2003; Mihailov c. Bulgaria (dec.), n. 52367/99, 9 settembre 2004; Stojkovic c. “Ex Repubblica jugoslava di Macedonia”, n. 14818/02, § 26, 8 novembre 2007; e Grosz c. Francia (dec.), n. 14717/06, 16 giugno 2009). In altre cause relative a doglianze ai sensi degli articoli 5, 6 o 8 la Corte è stata disposta a riconoscere la qualità di vittima e la legittimazione dei prossimi congiunti a presentare ricorso se avevano dimostrato un interesse rilevante sulla base del diretto effetto sui loro diritti patrimoniali (si vedano Marie-Louise Loyen e Bruneel c. Francia, n. 55929/00, §§ 29-30, 5 luglio 2005; Ressegatti c. Svizzera, n. 17671/02, § 25, 13 luglio 2006; Milionis e altri c. Grecia, n. 41898/04, §§ 23-25, 24 aprile 2008; e Ljajic c. Serbia, n. 58385/13, §§ 17-18, 21 luglio 2015).
  4. Nel caso di specie la Corte rileva che la ricorrente ha dichiarato di essere l’erede di E.G.R. e che il Governo non ha contestato tale fatto. Infatti esso ha individuato la ricorrente quale erede di E.G.R. La Corte rileva inoltre che la ricorrente ha un “sicuro interesse economico” nel procedimento in questione, dato il fatto che la dedotta violazione dell’articolo 6 § 1 aveva un diretto effetto sui suoi diritti patrimoniali, in quanto una sentenza favorevole al suo defunto marito avrebbe avuto conseguenze per lei, essendo ella sua erede (si veda il paragrafo 12 supra).
  5. In ordine alla possibilità della partecipazione della ricorrente ai procedimenti, la Corte rileva di aver ripetutamente dichiarato che la partecipazione di un ricorrente ai pertinenti procedimenti interni è stata considerata soltanto uno dei diversi criteri pertinenti (si veda Centro per le risorse giuridiche a nome di Valentin Câmpeanu c. Romania [GC], n. 47848/08, § 100, CEDU 2014, e la giurisprudenza ivi citata). Riguardo al caso di specie la Corte osserva che E.G.R. è deceduto nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale circondariale di Sondrio nel novembre 2008, quando la legge 296/2006 era già entrata in vigore. I tribunali interni, pertanto, erano tenuti ad applicare tale legge nei procedimenti di cui erano aditi (si veda Maggio e altri, sopra citata, 44).
  6. La Corte osserva inoltre che, non essendo stato dichiarato il decesso di E.G.R. al processo, il procedimento è stato proseguito tra le parti originarie e le conseguenze giuridiche del processo sono state trasmesse alla ricorrente (si veda il paragrafo 12 supra).
  7. Per quanto sopra esposto, la Corte ritiene che la ricorrente sia legittimata a proseguire il ricorso. Conseguentemente, l’eccezione del Governo deve essere respinta.
  8. La Corte rileva inoltre che il ricorso non è manifestamente infondato e non incorre in alcun altro motivo di irricevibilità elencato nell’articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
  1. Sul merito
  1. La ricorrente ha sostenuto che mediante la promulgazione della legge n. 296/2006 il Governo aveva compiuto un’ingerenza a favore di una delle parti di un procedimento pendente. La legge n. 296/2006 aveva introdotto un’interpretazione delle pertinenti disposizioni giuridiche che era diametralmente opposta al significato attribuito a esse dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione (in particolare successivamente alla sua sentenza del 2004 – si veda Stefanetti e altri (merito), sopra citata, § 17).
  2. Il Governo non ha formulato osservazioni sul merito di questa doglianza.
  3. La Corte osserva che circostanze praticamente identiche avevano dato luogo a violazione dell’articolo 6 nelle cause Maggio e altri (sopra citata) e Stefanetti e altri (merito) (sopra citata) ed è convinta che nel presente ricorso non vi sia motivo per concludere diversamente.
  4. Vi è conseguentemente stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione.
  1. L’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
  1. L'articolo 41 della Convenzione prevede:

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.”

  1. Il danno
  1. La ricorrente ha chiesto euro (EUR) 285.118 per il danno patrimoniale ed EUR 25.000 per il danno non patrimoniale.
  2. Il Governo ha contestato le richieste della ricorrente e i criteri di calcolo utilizzati riguardo al danno patrimoniale. Ha sostenuto che la differenza tra l’importo della pensione che sarebbe stato pagato a E.G.R. in assenza della legge n. 296/2006 e l’importo effettivamente ricevuto ammontava a EUR 194.411. In ordine al danno non patrimoniale, il Governo ha contestato le richieste della ricorrente in quanto eccessive.
  3. La Corte osserva che nel caso di specie la concessione di un’equa soddisfazione può basarsi unicamente sul fatto che la ricorrente non ha beneficiato delle garanzie di cui all’articolo 6 relativamente all’equità dei procedimenti. Mentre la Corte non può formulare ipotesi circa l’esito del processo se la situazione fosse stata diversa, essa non reputa irragionevole ritenere che la ricorrente abbia subito una perdita di concrete opportunità (si veda Maggio e altri, sopra citata, § 80). Visto il calcolo effettuato dall’INPS (si veda Stefanetti e altri c. Italia (equa soddisfazione), nn. 21838/10 e altri 7, § 22, 1° giugno 2017), che ha tenuto conto della differenza tra l’importo della pensione che avrebbe dovuto essere pagata a E.G.R. se non fosse entrata in vigore la legge n. 296/2006, e l’importo effettivamente ricevuto, la Corte accorda alla ricorrente, EUR 9.721.
  4. Riguardo al danno non patrimoniale, deliberando in via equitativa, come richiesto dall’articolo 41, la Corte accorda alla ricorrente EUR 5.000 a tale titolo.
  1. Le spese
  1. La ricorrente ha chiesto anche una somma forfettaria pari a EUR 10.000 per le spese sostenute dinanzi ai tribunali interni e dinanzi alla Corte.
  2. Il Governo ha contestato la richiesta in quanto eccessiva.
  3. Visti i documenti di cui è in possesso e la sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole accordare la somma di EUR 500, che copre tutte le voci delle spese.
  1. Gli interessi moratori
  1. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione;
  3. Ritiene
    1. che lo Stato convenuto debba versare alla ricorrente, entro tre mesi, le seguenti somme:
      1. EUR 9.721 (euro novemilasettecentoventuno) per il danno patrimoniale;
      2. EUR 5.000 (euro cinquemila) oltre l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta, per il danno non patrimoniale;
      3. EUR 500 (euro cinquecento), oltre l’importo eventualmente dovuto dalla ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, maggiorato di tre punti percentuali;
  4. Rigetta  la richiesta di equa soddisfazione della ricorrente per il resto.

Fatta in inglese e notificata per iscritto in data 14 ottobre 2021, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento della Corte.

Liv Tigerstedt Péter Paczolay
Cancelliere aggiunto Presidente