Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 maggio 2017 - Ricorso n. 66396/14 - Causa Improta c. Italia

© Ministero della Giustizia, Direzione generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita da Rita Carnevali, assistente linguistico, e rivista con la dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.
 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

Causa Improta contro l’Italia
(Ricorso n. 66396/14)

SENTENZA

STRASBURGO
4 maggio 2017
 

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite nell'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Improta c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una camera composta da:

  • Linos-Alexandre Sicilianos, presidente,
  • Kristina Pardalos,
  • Guido Raimondi,
  • Ledi Bianku,
  • Robert Spano,
  • Armen Harutyunyan,
  • Pauliine Koskelo, giudici,
  • e da Abel Campos, cancelliere di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 4 aprile 2017,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

PROCEDURA

1.  All’origine della causa vi è un ricorso (n. 66396/14) presentato contro la Repubblica italiana con cui un cittadino di tale Stato, il sig. Giammarco Improta («il ricorrente»), ha adito la Corte il 6 ottobre 2014 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).
2.  Dinanzi alla Corte, il ricorrente è stato rappresentato dall’avv. A. Mascia, del foro di Verona. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo agente, E. Spatafora.
3.  Il 19 maggio 2016 il ricorso è stato comunicato al Governo.

IN FATTO

I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

4.  Il ricorrente è nato nel 1969 e risiede a Pozzuoli.
5.  Il 25 marzo 2010 nacque la figlia del ricorrente e di C. Poco tempo dopo la coppia si separò. Il 30 aprile 2010 C. cambiò la serratura della porta di ingresso dell’abitazione familiare alla quale il ricorrente non ebbe più accesso.
6.  C. decise unilateralmente che il ricorrente poteva vedere sua figlia soltanto due volte a settimana, per una mezz’ora e in sua presenza.
7.  Il 16 novembre 2010, a seguito delle difficoltà incontrate nell’esercizio del suo diritto di visita, il ricorrente si rivolse al tribunale per i minorenni di Napoli («il tribunale») al fine di ottenere l’affido condiviso della figlia e un diritto di visita più ampio.
8.  In una data non precisata, il tribunale fissò l’udienza di comparizione delle parti al 3 maggio 2011. Il 14 febbraio 2011 il ricorso presentato dal ricorrente fu notificato a C.
9.  Il 13 aprile 2011 C. si costituì nel procedimento.
10.  All’udienza del 3 maggio 2011 il tribunale sentì il ricorrente e C. e li invitò a trovare un accordo prima di rinviare l’udienza al 12 luglio 2011. In questa data, sentì nuovamente il ricorrente e C. e si riservò di decidere in ordine alle istanze formulate dagli interessati.
11.  Il 25 luglio 2011 il ricorrente presentò al tribunale una richiesta urgente volta ad ottenere un diritto di visita più ampio. Sosteneva di essere costretto a vedere sua figlia secondo le modalità decise unilateralmente da C., aggiungendo che quest’ultima a breve sarebbe partita per le vacanze e quindi gli avrebbe impedito di vedere sua figlia per tutto il periodo estivo.
12.  Il 3 ottobre 2011 il pubblico ministero chiese al tribunale di voler disporre l’affido condiviso della minore, ritenendo che la residenza principale della minore dovesse essere fissata presso la madre e che il ricorrente dovesse poter incontrare sua figlia due volte a settimana. Precisava che, dopo il compimento del terzo anno di età di quest’ultima, il ricorrente avrebbe dovuto poter fruire di un diritto di visita e di alloggio per un fine settimana su due, e che le feste di Natale, di Pasqua e i compleanni avrebbero dovuto essere condivisi tra i genitori. Infine, aggiungeva che il ricorrente avrebbe dovuto versare, a titolo di assegno alimentare, la somma di 500 euro (EUR) al mese.
13.  Con decreto del 4 ottobre 2011, il tribunale diede incarico al nucleo di polizia tributaria di svolgere indagini sul tenore di vita del ricorrente e di C. e di depositare in cancelleria a questo proposito una relazione prima del 31 marzo 2012.
Il tribunale ordinò inoltre di eseguire una perizia sugli scambi interpersonali e le capacità genitoriali del ricorrente e di C., sullo stato psicologico della minore, sulle relazioni del ricorrente e di C. con le rispettive famiglie e sulla possibilità di trovare un mediatore nell’ambiente familiare degli interessati. Indicò che questa relazione peritale doveva anche esporre quali fossero le migliori modalità di affido della figlia – senza escludere la possibilità che quest’ultima potesse essere affidata a terzi. Nominò due consulenti e aggiunse che la perizia doveva essere depositata in cancelleria entro un termine di centoventi giorni. Dispose anche che il ricorrente doveva versare la somma mensile di 500 EUR a titolo di assegno alimentare, ma non si pronunciò in merito alle modalità di esercizio del diritto di visita del ricorrente nei confronti della figlia.
14.  Il 17 novembre 2011 il ricorrente chiese nuovamente al tribunale di regolamentare il suo diritto di visita, lamentando di essere costretto a vedere sua figlia secondo le modalità decise unilateralmente da C.
15.  All’udienza del 22 novembre 2011, i consulenti nominati dal tribunale prestarono giuramento e l’esame della causa fu rinviato al 10 aprile 2012.
16.  Con decreto del 23 novembre 2011 il tribunale ordinò che il ricorrente potesse vedere sua figlia con incontri protetti, due volte alla settimana per un’ora e mezza, e che questi incontri fossero regolamentati dai sevizi sociali competenti.
17.  Tra dicembre 2011 e marzo 2012, il ricorrente e C. incontrarono più volte i consulenti nominati dal tribunale. In una di queste riunioni fu presente anche la loro figlia.
18.  Tra gennaio e marzo 2012, il ricorrente incontrò tre volte gli assistenti sociali. Questi ultimi permisero lo svolgimento delle visite tra l’interessato e sua figlia al di fuori dell’ambiente protetto.
19.  A seguito di queste riunioni, ebbero luogo delle visite, due volte a settimana per un’ora e mezzo, sempre in presenza di C.
20.  All’udienza del 10 aprile 2012 il tribunale rinviò l’esame della causa al 15 maggio 2012 perché la perizia non era ancora stata ancora depositata.
21.  L’8 maggio 2012 i consulenti richiesero un rinvio dell’udienza di sessanta giorni per poter depositare la loro relazione.
22.  All’udienza del 15 maggio 2012 il tribunale rinviò la causa al 25 settembre 2012 e indicò che i consulenti avrebbero dovuto depositare la relazione peritale almeno cinque giorni prima di questa data affinché le parti potessero presentare le loro osservazioni scritte.
23.  Nel settembre 2012 i consulenti trasmisero alle parti una perizia provvisoria. In questa relazione indicavano che il rapporto tra il ricorrente e C. era conflittuale; che né il ricorrente né C. presentavano psicopatologie; che sia il padre che la madre erano in grado di fornire il sostegno necessario alla loro figlia; che C. negava la figura del padre ed era estremamente preoccupata della capacità del ricorrente di svolgere la funzione genitoriale; che il ricorrente riconosceva la figura della madre; che la minore era serena e attaccata ad entrambi i genitori; che non vi era alcun potenziale mediatore nell’ambiente familiare del ricorrente e di C. e, infine, che il ricorrente non aveva dato prova di costanza nelle sue relazioni con la figlia.
24.  Nella sua memoria del 7 settembre 2012, il ricorrente contestava le conclusioni della perizia in merito a questo ultimo punto. A tale riguardo, dichiarava di non essere in grado di intrattenere una relazione più regolare con la figlia a seguito dell’unilaterale regime di frequentazione stabilito da C. e convalidato dal tribunale. Lamentava il fatto che tutti gli incontri con sua figlia, sin dalla sua nascita, si fossero svolti in presenza di C. Di conseguenza, riteneva di non poter essere accusato di scarsa volontà di mantenere un rapporto con sua figlia.
25.  Inoltre il ricorrente osservava che dalla perizia risultava che C. aveva un comportamento idoneo a ostacolare il rapporto tra lui e sua figlia e che aveva difficoltà a permettere alla minore di avere un rapporto con lui.
26.  All’udienza del 25 settembre 2012 il tribunale rinviò la causa al 12 febbraio 2013 perché i consulenti non avevano ancora provveduto al deposito della loro relazione definitiva.
27.  Il 27 settembre 2012 i consulenti risposero alle osservazioni delle parti. Rilevarono che il ricorrente non aveva esperienza nelle funzioni di genitore in ragione dell’assenza di un rapporto continuo con sua figlia e che questo rapporto doveva pertanto essere sviluppato e rafforzato.
28.  Nel gennaio 2013 fu depositata la consulenza tecnica d’ufficio definitiva; quest’ultima aveva lo stesso contenuto della perizia provvisoria. In particolare i consulenti indicavano che la minore doveva essere affidata congiuntamente ai due genitori e che occorreva garantire al ricorrente la possibilità di vedere sua figlia senza la presenza della madre.
29.  Nelle sue osservazioni conclusive, il ricorrente rinnovava la richiesta di affidamento congiunto della minore e di ampliamento del suo diritto di visita.
30.  Con decreto del 2 luglio 2013, il tribunale dispose l’affido condiviso a entrambi i genitori e fissò la residenza principale della minore presso C.
31.  Quanto al diritto di visita del ricorrente, il tribunale dichiarò che, fino al terzo compleanno della figlia, il ricorrente avrebbe potuto vederla per tre ore due volte alla settimana e una domenica su due. Precisò che, dopo questa data, il ricorrente avrebbe potuto vedere sua figlia a casa sua un fine settimana su due, alternati con la madre, e che l’alternanza sarebbe stata valida anche per le feste di Natale, di Pasqua e i compleanni. Infine, dispose che il ricorrente avrebbe dovuto versare un assegno di mantenimento di 1.500 EUR al mese.
32.  Il ricorrente impugnò dinanzi alla corte d’appello di Napoli («la corte d’appello») il decreto del tribunale del 2 luglio 2013 chiedendo, in particolare, un diritto di visita più ampio.
33.  Con decreto del 19 marzo 2014, depositato in cancelleria il 7 aprile 2014, la corte d’appello, senza disporre nuove perizie, respinse il ricorso del ricorrente per quanto riguardava il diritto di visita e ridusse l’importo dell’assegno di mantenimento a 1.000 euro mensili.
34.  La corte d’appello ritenne che il decreto del tribunale dovesse essere confermato in quanto, secondo la relazione peritale depositata nel corso del procedimento che si è svolto dinanzi a lui (datata gennaio 2013), il ricorrente non offriva le condizioni affettive, psicologiche e relazionali necessarie per ottenere una modifica delle modalità di esercizio del suo diritto di visita.
35.  Nell’ottobre 2014, il ricorrente propose ricorso per cassazione sostenendo, in particolare, che il suo diritto all’affido condiviso non era garantito concretamente.
36.  Ad oggi, il procedimento è pendente dinanzi alla Corte di cassazione.

II.  IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE

37.  Il diritto interno pertinente è descritto nella sentenza Strumia c. Italia (n. 53377/13, §§ 73-78, 23 giugno 2016).

IN DIRITTO

I.  SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 § 1 DELLA CONVENZIONE

38.  Il ricorrente afferma di avere subìto una violazione del diritto al rispetto della vita familiare. Ritiene che i giudici nazionali non abbiano rispettato né garantito concretamente il suo diritto di visita. Infatti, lamenta che il suo rapporto con la figlia è stato irrimediabilmente compromesso a causa di difficoltà incontrate nell’esercizio del suo diritto di visita nelle prime fasi della vita di sua figlia. Sostiene anche che la mancanza di celerità della procedura controversa ha costituito una ingerenza eccessiva e arbitraria nei rapporti con sua figlia.
Invoca l’articolo 8 della Convenzione, così formulato nelle sue parti pertinenti:

«1.  Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (…).
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»
39.  Il Governo contesta la tesi del ricorrente.

A. Sulla ricevibilità

40. Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 a) della Convenzione e non incorre in altri motivi di irricevibilità, la Corte lo dichiara ricevibile.

B. Sul merito

1. Tesi delle parti

41.  Invocando la giurisprudenza della Corte, il ricorrente ritiene che, nel caso di specie, la risposta delle autorità italiane non sia stata conforme ai loro obblighi positivi derivanti dall’articolo 8 della Convenzione.
42.  Il Governo sostiene che i giudici nazionali hanno riversato tutta la loro attenzione sulla causa e hanno preso tutte le misure utili per preservare il rapporto del ricorrente con sua figlia. Ritiene che la durata dei procedimenti dinanzi alle giurisdizioni nazionali fosse necessaria alle autorità italiane per esaudire la richiesta del ricorrente, che poteva ormai esercitare il proprio diritto di visita due volte a settimana. Infine, secondo il Governo, i giudici nazionali, che si sarebbero pronunciati sulla base delle perizie eseguite nel caso di specie, hanno reso decisioni verificate più volte, motivate e adottate secondo le disposizioni legislative applicabili alla presente causa (McMichael c. Regno Unito, 24 febbraio 1995, § 87, serie A n. 307 B).

2.  Valutazione della Corte

43.  La Corte rammenta che, per un genitore e suo figlio, stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita famigliare (Kutzner c. Germania, n. 46544/99, § 58, CEDU 2002) e che delle misure interne che lo impediscano costituiscono una ingerenza nel diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione (K. e T. c. Finlandia [GC], n. 25702/94, § 151, CEDU 2001 VII).
44.  La Corte rammenta inoltre che l’articolo 8 della Convenzione mira essenzialmente a proteggere l’individuo da ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri e che può inoltre generare obblighi positivi inerenti ad un «rispetto» effettivo della vita familiare. La linea di demarcazione tra gli obblighi positivi e gli obblighi negativi dello Stato in forza di tale disposizione non si presta ad una definizione precisa; i principi applicabili sono tuttavia comparabili. In entrambi i casi, occorre tener conto del giusto equilibrio da garantire tra gli interessi coesistenti dell’individuo e della società nel suo insieme, pur attribuendo un’importanza decisiva all’interesse del minore (Gnahoré c. Francia, n. 40031/98, § 59, CEDU 2000 IX), il quale può, a seconda della sua natura e gravità, prevalere su quello dei genitori (Sahin c. Germania [GC], n. 30943/96, § 66, CEDU 2003 VIII).
45.  La Corte rammenta inoltre che l’obbligo delle autorità nazionali di adottare misure per facilitare degli incontri tra genitore e figlio non è assoluto. Il punto decisivo è se le autorità nazionali hanno adottato, per facilitare le visite, tutte le misure necessarie che si potevano ragionevolmente esigere da loro in questo caso (idem, § 58). In questo tipo di causa, l’adeguatezza di una misura si giudica in base alla rapidità della sua attuazione, in quanto il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili per le relazioni tra il figlio e il genitore che non vive con lui (Maumousseau e Washington c. Francia, n. 39388/05 § 83, 6 dicembre 2007, Zhou c. Italia, n. 33773/11, § 48, 21 gennaio 2014, e Kuppinger c. Germania, n. 62198/11, § 102, 15 gennaio 2015). Il fattore tempo è pertanto particolarmente importante, perché ogni ritardo procedurale rischia di risolvere di fatto il problema in causa (H. c. Regno Unito, 8 luglio 1987, §§ 89-90, serie A n. 120, e P.F. c. Polonia, n. 2210/12, § 56, 16 settembre 2014).
46.  Inoltre, poiché le autorità nazionali beneficiano di rapporti diretti con tutti gli interessati, la Corte ribadisce di non avere affatto il compito di disciplinare le questioni di affidamento e di visita. Tuttavia, compete a lei valutare dal punto di vista della Convenzione, le decisioni che queste autorità hanno reso nell’esercizio del loro potere di apprezzamento. Il margine di apprezzamento lasciato alle autorità nazionali competenti varia a seconda della natura delle questioni in causa e dell’importanza degli interessi in gioco.
47.  Per quanto concerne i fatti della presente causa, la Corte rileva anzitutto che non viene contestato che il rapporto tra il ricorrente e sua figlia rientri nella vita familiare ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione.
48.  La Corte rileva innanzitutto che, nel momento in cui la coppia si è separata, C. ha cambiato la serratura della porta d’ingresso dell’abitazione familiare, di modo che il ricorrente non vi ha più avuto accesso. Osserva anche che C. ha deciso che il ricorrente poteva vedere sua figlia solo due volte a settimana per mezz’ora e che gli incontri tra padre e figlia dovevano svolgersi in sua presenza. Essa osserva che C. si è tempestivamente opposta al diritto di visita del ricorrente e a qualsiasi rapporto tra quest’ultimo e la minore.
49.  La Corte nota inoltre che, il 16 novembre 2010, in seguito a difficoltà incontrate nell’esercizio del suo diritto di visita, il ricorrente ha adito il tribunale di Napoli al fine di ottenere l’affido condiviso della minore e un ampliamento del suo diritto di visita. Rileva che il tribunale, nonostante il ricorrente avesse presentato una richiesta urgente il 23 luglio 2011, si è pronunciato sul diritto di visita di quest’ultimo soltanto nel novembre 2011.
50.  La Corte rammenta che, se sorgono difficoltà dovute principalmente al rifiuto, da parte del genitore con il quale il figlio vive, di consentire contatti regolari tra quest’ultimo e l’altro genitore, spetta alle autorità competenti adottare le misure adeguate per sanzionare tale mancanza di collaborazione (si vedano, mutatis mutandis, Tocarenco c. Repubblica di Moldavia, n. 769/13, § 60, 4 novembre 2014; Strumia, sopra citata §§ 121 122).
51.  La Corte osserva che il tribunale ha autorizzato il ricorrente a vedere sua figlia in ambiente protetto solo un anno dopo essere stato adito, lasciando così alla madre della bambina, durante tale periodo, la libertà di scegliere unilateralmente le modalità dei contatti tra la figlia e il ricorrente. Rileva inoltre che il tribunale ha deciso di autorizzare unicamente degli incontri in ambiente protetto tra il ricorrente e sua figlia nonostante quest’ultima non corresse alcun rischio e che, soltanto quattro mesi più tardi, questi incontri sono stati sostituiti dai servizi sociali con incontri liberi. La Corte rileva altresì che i consulenti hanno impiegato quindici mesi per depositare la loro relazione peritale definitiva sulla situazione della minore.
52.  La Corte rammenta di poter prendere in considerazione, con riferimento all’articolo 8 della Convenzione, la durata del processo decisionale delle autorità nazionali come pure quella di qualsiasi altro procedimento giudiziario connesso. Infatti, un ritardo nel procedimento rischia sempre, in questo caso, che la controversia sia risolta con un fatto compiuto. Ora, un rispetto effettivo della vita familiare impone che le relazioni future tra genitore e figlio si regolino unicamente sulla base di tutti gli elementi pertinenti, e non semplicemente con il passare del tempo (W. c. Regno Unito, 8 luglio 1987, §§ 64 65, serie A n. 121, e Covezzi e Morselli c. Italia, n. 52763/99, § 136, 9 maggio 2003; Solarino c. Italia, n. 76171/13, § 39, 9 febbraio 2017; D’Alconzo c. Italia, n. 64297/12, § 64, 23 febbraio 2017).
53.  La Corte osserva che, nel caso di specie, dal 30 aprile 2010 il ricorrente non può vedere sua figlia liberamente e che, durante i primi dodici mesi del procedimento, i giudici interni hanno tollerato che la madre decidesse unilateralmente le modalità del diritto di visita del ricorrente, che era stato allontanato dall’abitazione familiare. La Corte ritiene che i giudici interni abbiano pertanto permesso che, con il suo comportamento, C. impedisse l’instaurarsi di un vero rapporto tra il ricorrente e sua figlia.
54.  Secondo la Corte era necessaria una maggiore diligenza e rapidità nell’adottare una decisione che riguardava i diritti garantiti dall’articolo 8 della Convenzione. Considerata la posta in gioco per il ricorrente, il procedimento richiedeva di essere trattato con urgenza in quanto il trascorrere del tempo poteva avere conseguenze irrimediabili per le relazioni tra la figlia e suo padre, che non conviveva con lei. La Corte rammenta infatti che la rottura dei contatti con un figlio molto giovane può condurre ad una crescente alterazione della sua relazione con il genitore.
55.  La Corte non è convinta del fatto che al tribunale fosse necessario un periodo di un anno per pronunciarsi sulla domanda del ricorrente relativa al suo diritto di visita, visto che l’indagine patrimoniale richiesta non gli era utile per decidere sulla questione delle visite. Di conseguenza essa conclude che vi è stato un ritardo ingiustificato da parte delle autorità nazionali.
56.  Peraltro, la Corte osserva che la corte d’appello adita dal ricorrente a seguito della decisione del tribunale ha respinto la domanda dell’interessato sulla base dei risultati della vecchia perizia, senza tener conto che la minore aveva iniziato a incontrare il padre regolarmente e senza richiedere l’aggiornamento di questa perizia al fine di verificare quali fossero in quel momento la situazione della minore e i suoi rapporti con il ricorrente
57.  A causa delle carenze constatate nel corso di tale procedimento, la Corte non può pertanto ritenere che le autorità italiane abbiano adottato tutte le misure necessarie che ragionevolmente si potevano esigere da loro per garantire al ricorrente il mantenimento di un legame familiare con sua figlia, nell’interesse di entrambi.
58.  Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte conclude che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione

II.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

59.  Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A.  Danno

60.  Il ricorrente chiede la somma di 15.000 EUR per danno morale.
61.  Il Governo contesta queste richieste.
62.  La Corte ritiene opportuno accordare al ricorrente la somma di 3.000 EUR per danno morale.

B.  Spese

63.  Producendo la documentazione giustificativa, il ricorrente chiede anche le somme di 9.783 EUR per le spese affrontate dinanzi ai giudici interni e di 11.520 EUR per quelle affrontate dinanzi alla Corte.
64.  Il Governo contesta queste richieste.
65.  Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti di cui dispone e della sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole la somma di 12.000 EUR e la accorda al ricorrente.

C.  Interessi moratori

66.  La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
  3. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva ai sensi dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
      1. 3.000 EUR (tremila euro), più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta per il danno morale;
      2. 12.000 EUR (dodicimila euro), più l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;


4.  Rigetta la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, poi comunicata per iscritto il 4 maggio 2017, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento della Corte

Abel Campos
Cancelliere

Linos-Alexandre Sicilianos
Presidente