Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 16 marzo 2021 - Ricorso n. 37197/18 - Causa Calisti Bruni e D'Angelantonio contro l'Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO

PRIMA SEZIONE

DECISIONE

Ricorso n 37197/18
Luigi CALISTI BRUNI e Santina D’ANGELANTONIO
contro l’Italia

La Corte europea dei diritti dell'uomo (prima sezione), riunita il 16 marzo 2021 in un comitato composto da:
Alena Poláčková, presidente,
Gilberto Felici,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Liv Tigerstedt, cancelliere aggiunto di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato presentato il 27 luglio 2018,
Vista la decisione di portare il ricorso a conoscenza del governo italiano («il Governo») il 19 dicembre 2018,
Viste le osservazioni delle parti,
Dopo avere deliberato, emette la seguente decisione:

IN FATTO
1. I ricorrenti, il sig. Luigi Calisti Bruni («il primo ricorrente») e la sig.ra Santina D’Angelantonio («la seconda ricorrente»), sono due cittadini italiani nati rispettivamente nel 1970 e nel 1931 e residenti a Teramo. Sono stati rappresentati dinanzi alla Corte dall’avvocato A. Galizia, del foro di Teramo.

2. Il Governo è stato rappresentato dal suo ex agente, E. Spatafora, e successivamente dal suo ex co-agente, M.G. Civinini.

A. Le circostanze del caso di specie

3. I fatti della causa, esposti dalle parti, si possono riassumere come segue.

4. I ricorrenti sono rispettivamente lo zio paterno e la nonna paterna della minore F., nata il 12 febbraio 2010.

5. Al momento della separazione dei genitori della minore, era stato concordato che quest’ultima potesse incontrare i nonni materni e paterni.

6. Il 22 settembre 2012 il padre di F. decedette in un incidente automobilistico.

7. Il 23 novembre 2012 i ricorrenti, in base agli articoli 333 e 336 del codice civile, presentarono un ricorso al tribunale per i minorenni de L’Aquila («il tribunale») per chiedere l’adozione di misure volte a tutelare il diritto della minore a conservare un rapporto affettivo con loro in seguito alla morte di suo padre. I ricorrenti lamentavano che la loro relazione con F. era ostacolata dalla madre di quest’ultima, F.C.

8. Il giudice chiese ai servizi sociali di eseguire un’indagine sulla famiglia della minore.

9. Il 22 gennaio 2013 i carabinieri di Tossicia comunicarono alla procura e al tribunale che F.C. aveva sporto una denuncia contro il primo ricorrente perché quest’ultimo l’avrebbe chiamata tutti i giorni accusandola di aver provocato la morte di suo fratello, di essere incapace di occuparsi di sua figlia e di aver perso la testa.

10. Il 19 febbraio 2013 F.C. dichiarò dinanzi al tribunale di non aver mai impedito ai ricorrenti di vedere la minore, ma di avere chiesto di essere presente e di poter concordare delle date per gli incontri, come in passato. Indicò anche al tribunale che il comportamento del primo ricorrente le aveva fatto temere per la sua sicurezza e per quella di sua figlia. Chiedeva quindi che il ricorso presentato dai ricorrenti fosse respinto e, in subordine, che gli incontri tra sua figlia e questi ultimi si svolgessero in sua presenza.

11. Il 26 febbraio 2013 i servizi sociali depositarono una relazione secondo la quale il primo ricorrente diceva di essere convinto che suo fratello fosse stato reso fragile, anche economicamente, dalla sua separazione da F.C., chiedeva che la bambina continuasse a frequentare la casa in cui lui e la seconda ricorrente vivevano, e che l’accordo che era stato firmato dai genitori della minore continuasse ad essere valido. Secondo i servizi sociali, F.C. non accettava che il primo ricorrente assumesse il «ruolo di padre» nei confronti della bambina, e chiedeva che le visite si svolgessero a casa sua. Secondo l’esperto, era impossibile organizzare gli incontri senza un quadro rigoroso imposto dal tribunale.

12. All'udienza del 27 febbraio 2013 il giudice prese atto delle posizioni inconciliabili delle parti e del fatto che F.C. si rifiutava di partecipare a una mediazione familiare.

13. Con decreto dell'11 marzo 2013, il tribunale, dopo aver considerato che il rapporto tra i ricorrenti e la minore era positivo per la crescita serena di quest'ultima, anche in ragione del fatto che questo rapporto preesisteva al decesso del padre, ritenne che il conflitto tra i ricorrenti e F.C. non fosse un motivo sufficiente per interrompere la relazione in questione. Incaricò i servizi sociali di Tossicia di stabilire un calendario di incontri per favorire la ripresa dei rapporti tra i ricorrenti e la bambina.

14. In una relazione del 9 luglio 2013, i servizi sociali constatavano una grande difficoltà nell'organizzare gli incontri a causa delle resistenze di due gruppi familiari. Secondo questa relazione, si erano svolti sette incontri, la comunicazione tra la nonna e la bambina era inesistente mentre lo zio comunicava facilmente con lei e, tenuto conto dei rapporti tesi esistenti tra le due famiglie, non era possibile prevedere quando gli interessati sarebbero stati in grado di gestire le loro relazioni in modo autonomo, senza la presenza dei servizi sociali.

15. Il 29 luglio 2013 il giudice sentì un operatore dei servizi sociali che riferì una mancanza di collaborazione da parte dei ricorrenti a causa del fatto che la mediazione tra questi ultimi e F.C. non aveva avuto successo.

16. Nel frattempo, il 22 luglio 2013, la denuncia che F.C. aveva presentato contro il primo ricorrente per il reato di minacce fu archiviata.

17. Il 22 ottobre 2013 il tribunale chiese una relazione di aggiornamento ai servizi sociali.

18. Nella loro relazione del 14 novembre 2013, i servizi sociali confermarono che, a partire dal 21 maggio 2013, gli incontri si erano svolti una volta a settimana con regolarità fino al mese di agosto, durante il quale si era tenuto un solo incontro a causa delle vacanze estive, e che in seguito, quando la bambina era stata ricoverata in ospedale, gli incontri avevano avuto luogo tutti i giorni. I servizi sociali indicavano che, nel corso degli incontri, la bambina giocava volentieri con il primo ricorrente, ma non si interessava alla seconda ricorrente, con la quale non riusciva a comunicare. Aggiungevano che le relazioni tra gli adulti erano formali, che tutti, e soprattutto la bambina, erano visibilmente stanchi di questi incontri protetti ma che, tenuto conto della conflittualità acuta tra le parti, non era ipotizzabile, a loro parere, modificare la modalità di detti incontri.

19. Il 18 novembre 2013 il giudice ordinò la prosecuzione degli incontri protetti per due mesi.

20. Il 26 marzo 2014 F.C. comunicò la sua intenzione di interrompere questi incontri.

21. Il 2 aprile 2014 il tribunale revocò il suo precedente decreto. Osservò che l'interazione tra la nonna e la nipote era molto difficile e che la conflittualità tra gli adulti persisteva nonostante i ripetuti interventi dei servizi sociali. Il tribunale ritenne che non fosse nell'interesse della minore proseguire gli incontri, vista la stanchezza della bambina per questa modalità di visita, alla luce della mancanza di volontà delle parti di costruire una relazione serena tra di loro.

22. Il 10 luglio 2014 i ricorrenti contestarono dinanzi al tribunale l'azione dei servizi sociali e sostennero che la responsabilità del conflitto era ascrivibile a F.C.

23. Il 25 agosto 2014 il primo ricorrente presentò una denuncia contro F.C. per calunnia e diffamazione.

24. I ricorrenti impugnarono il decreto. La procura chiese la conferma della decisione di primo grado.

25. Il 28 ottobre 2014, ritenendo che non fosse nell'interesse della minore proseguire gli incontri, la corte d'appello respinse il ricorso. Essa ritenne che la situazione di odio tra le parti, mai cambiata nel tempo, fosse pregiudizievole per la minore, come testimoniava il Dipartimento di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, il quale aveva notato che la bambina «presentava disturbi legati allo stress in cui viveva la famiglia».

26. Questo provvedimento non fu oggetto di ricorso per cassazione e divenne definitivo.

27. Il 29 dicembre 2015, i ricorrenti chiesero alla corte d'appello la revoca del provvedimento del 28 ottobre 2014 e il ripristino degli incontri con la minore; in subordine, chiesero che la minore fosse sottoposta ad un controllo psicologico e/o psichiatrico volto a valutare il suo benessere.

28. Con decreto del 1º marzo 2016, la corte d'appello ordinò, in via provvisoria e urgente, che i servizi sociali preparassero un «programma di mediazione familiare» e ristabilissero gli incontri protetti su base settimanale. Osservò che la minore aveva ormai sei anni e una maggiore capacità di giudizio e che, essendo trascorsi due anni dall'ultima relazione dei servizi sociali, era necessario verificare nuovamente se le due famiglie avessero la volontà di superare le ostilità che esistevano tra loro.

29. Il 7 luglio 2016 i servizi sociali inviarono alla corte d'appello la relazione dell'associazione «Le ali della vita» sul percorso di mediazione effettuato. La relazione riportava che era scoppiato un grande conflitto tra le parti, in particolare tra F.C. e il primo ricorrente.

30. Il 21 luglio 2016 fu inviata alla corte d'appello una nuova relazione. Secondo questa relazione, avevano avuto luogo due incontri tra la minore e la famiglia paterna, e il secondo si era svolto presso la seconda ricorrente; F.C. aveva proposto che gli incontri continuassero con la seconda ricorrente, dato che non vi era conflittualità tra loro, ma il primo ricorrente si era opposto; dopo diverse sedute di mediazione, tenuto conto della mancanza di cooperazione e della conflittualità tra le parti, queste ultime non avevano trovato motivi di accordo per organizzare i futuri incontri con la minore.

31. Il 13 settembre 2016 l'associazione «Le ali della vita» informò il tribunale che non era stato possibile continuare la mediazione e che erano stati fatti numerosi sforzi per organizzare un calendario di incontri: la psicologa aveva suggerito alle parti la condotta da tenere con la bambina, che aveva cominciato ad avere delle reazioni di tristezza e di rifiuto di fronte al conflitto tra gli adulti.

32. Il 30 settembre 2016 i servizi sociali presentarono la loro relazione alla corte d'appello. Essi avevano constatato l'impossibilità di procedere alla mediazione familiare e, nonostante fosse stato predisposto un calendario di incontri, F.C. non aveva dato garanzie di partecipazione e il primo ricorrente aveva insistito per ricevere la bambina a casa sua.

33. Con decreto del 4 ottobre 2016, la corte d'appello confermò il provvedimento del 28 ottobre 2014. La corte d’appello sottolineò la mancanza di sforzi da parte degli adulti per superare le ostilità, il che aveva portato al fallimento del tentativo di ripresa degli incontri. Da un lato, F.C. esigeva di essere sempre presente agli incontri, che dovevano tenersi in luoghi neutrali, e dall'altro, il primo ricorrente insisteva per portare la bambina a casa sua, facendo valere i problemi di salute di cui avrebbe sofferto la seconda ricorrente. Un solo incontro aveva avuto luogo presso i ricorrenti, e F.C. aveva ripetutamente rifiutato di lasciar uscire la bambina. Quest'ultima provava sentimenti di tristezza, di intolleranza e di disinteresse, sentendosi probabilmente responsabile del clima conflittuale che percepiva attorno a sé. La corte d'appello confermò il suo precedente provvedimento con il quale aveva ordinato la sospensione degli incontri in quanto questi ultimi non erano nell'interesse della minore.

34. Il decreto non fu oggetto di ricorso per cassazione e divenne definitivo.

35. Il 9 maggio 2017 i ricorrenti presentarono una denuncia penale contro F.C. per i reati di cui agli articoli 388 (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice), 570 (violazione degli obblighi di assistenza familiare) e 572 (maltrattamenti contro familiari o conviventi) del codice penale. Nella loro denuncia, accusavano F.C. di non utilizzare il seggiolino auto necessario per la sicurezza della bambina in auto, di portarla con sé nei bar di notte, di avere avuto incidenti stradali senza assicurazione e probabilmente in stato di alterazione psico-fisica, e di spingere la bambina a utilizzare un linguaggio volgare e non consono alla sua età e alla sua condizione sociale.

36. Il 23 agosto 2017 la procura, al termine dell'indagine, richiese l'archiviazione del caso.

37. Il 25 settembre 2017 i ricorrenti si opposero all'archiviazione.

38. Con ordinanza del 16 aprile 2018, il giudice respinse l'opposizione e ordinò l'archiviazione del caso.

39. Il 19 novembre 2018 i ricorrenti avviarono un nuovo procedimento dinanzi alla corte d'appello volto ad ottenere la revoca del decreto del 16 settembre 2015.

40. Con un provvedimento del 18 marzo 2019, la corte d'appello respinse il ricorso dei ricorrenti, sottolineando anzitutto che il ricorso volto ad ottenere la revoca della decisione precedente non era la via di ricorso da esperire, poiché occorreva rivolgersi al tribunale per i minorenni, e rilevando anche che la situazione familiare, nel frattempo, non era cambiata, e che quindi non vi erano motivi per modificare le sue decisioni precedenti.

B. Il diritto interno pertinente

41. L’articolo 333 del codice civile, modificato dall’articolo 37, comma 2, della legge n. 149/2001, dispone che:

«Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.»

42. L’articolo 336 del codice civile, modificato dall’articolo 37, comma 3, della stessa legge, dispone che:

«I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato. Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d'ufficio, provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio.»

43. All’epoca dei fatti, nel quadro della regolamentazione delle controversie familiari, l'articolo 155 del codice civile prevedeva che:

«Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quali di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

  1. le attuali esigenze del figlio;
  2. il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
  3. i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
  4. le risorse economiche di entrambi i genitori;
  5. la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

(...).»

44. L’articolo 315 bis prevede che:

«Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.»

45. Il 7 febbraio 2014, in virtù del decreto legislativo n. 154 del 18 dicembre 2013, l'articolo 155 fu abrogato ed entrarono in vigore altre disposizioni.

46. L'articolo 317bis del codice civile prevede che gli ascendenti hanno il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.
L'ascendente al quale è impedito l'esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si applica l'articolo 336, secondo comma.

47. Ai sensi dell'articolo 337ter, primo comma, del codice civile, il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuo con ciascuno dei suoi genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da parte di entrambi i genitori e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.
All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

MOTIVO DI RICORSO

48. I ricorrenti lamentano una violazione del loro diritto al rispetto della vita familiare, e invocano l’articolo 8 della Convenzione, che recita:
«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare (...)
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.»

IN DIRITTO

A. Tesi delle parti

1. Il Governo

49. Il Governo solleva diverse eccezioni preliminari. Afferma che il ricorso è irricevibile per i seguenti motivi: abuso del diritto di ricorso individuale, in quanto i ricorrenti avrebbero inviato alla Corte un ricorso che non sarebbe stato depositato dinanzi alla corte d'appello; incompatibilità ratione personae, in quanto non vi sarebbe vita familiare tra il primo ricorrente e la minore; inosservanza del termine di sei mesi, in quanto la decisione interna definitiva sarebbe quella della corte d'appello del 4 ottobre 2016; e mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, in quanto i ricorrenti avrebbero omesso di presentare ricorso per cassazione contro la decisione della corte d'appello del 4 ottobre 2016.

50. Sul merito, il Governo sostiene che le autorità interne, sia giudiziarie che amministrative, sono intervenute con misure positive per agevolare i rapporti tra la minore e i ricorrenti, e indica che, nel caso di specie, non è stata adottata alcuna azione, limitazione o restrizione del diritto al mantenimento di una relazione significativa con la nonna e lo zio della minore. Il Governo aggiunge che l'autorità giudiziaria ha adottato delle misure affinché la relazione tra la minore e i ricorrenti potesse essere mantenuta.

51. Il Governo afferma, a questo riguardo, che il diritto italiano prevede il diritto del minore ad avere delle relazioni con i nonni e con parenti lontani se questo è nel suo interesse. Il Governo indica, inoltre, che le relazioni tra i minori e i parenti si concretizzano con l'aiuto dei genitori.

52. Il Governo argomenta che i rapporti tra la minore e i suoi parenti si erano interrotti dopo la morte del padre, a causa della conflittualità tra i due gruppi familiari, e dichiara che, dopo il primo ricorso dinanzi al tribunale per i minorenni nel 2013, sono state adottate varie misure in maniera rapida: è stata fornita un'assistenza dai servizi sociali e sono stati organizzati degli incontri settimanali per parecchi mesi con l'aiuto dell'assistente sociale e della psicologa. Il Governo afferma, tuttavia, che la conflittualità acuta tra i ricorrenti e F.C. ha fatto fallire il progetto, e che il tribunale ha sottolineato che gli incontri non erano più nell'interesse della minore.

53. Il Governo afferma che, nel 2015, a seguito del ricorso presentato dai ricorrenti, è stata messa in atto una seconda procedura di mediazione: i servizi sociali hanno proceduto a colloqui individuali e collettivi con le parti, e sono stati organizzati degli incontri protetti. Il Governo afferma anche che il progetto è fallito a causa del conflitto tra F.C. e il primo ricorrente (che non avrebbe accettato di lasciare che la seconda ricorrente incontrasse da sola la minore, come raccomandavano i servizi sociali) e a causa del fatto che i ricorrenti non si sono presentati agli ultimi due incontri organizzati nel settembre 2016.

54. Il Governo aggiunge che, secondo le autorità, l'interesse superiore del minore imponeva un'interruzione degli incontri protetti. In effetti, il Governo considera che il fatto che il primo ricorrente abbia presentato varie denunce, nel 2015 e nel 2017, contro i servizi sociali e contro F.C., non ha sicuramente aiutato a porre rimedio a un clima che definisce astioso.

2. I ricorrenti

55. I ricorrenti contestano le eccezioni sollevate dal Governo, e sostengono che esisteva una vita familiare tra la seconda ricorrente e la minore, e che hanno rispettato il termine di sei mesi e la regola dell'esaurimento delle vie di ricorso interne.

56. Facendo riferimento alla causa Manuello e Nevi c. Italia, (n. 107/10, 20 gennaio 2015), i ricorrenti ritengono che il diritto al rispetto della vita privata e familiare includa anche la necessità di garantire ai nonni e ai parenti prossimi la possibilità di avere una relazione stabile con i loro nipoti. Essi considerano che, nel caso di specie, tutte le azioni messe in atto dalle autorità hanno sortito l'effetto di limitare il loro diritto, e che queste ultime hanno omesso di adottare misure positive per salvaguardare la relazione tra loro e la minore.

57. In tal modo, secondo i ricorrenti, le autorità non hanno messo in atto azioni né interventi volti a garantire la relazione tra loro e la minore, permettendo a F.C. di allontanare sua figlia. F.C. non avrebbe rispettato l'accordo concluso con il suo ex marito prima del suo decesso e avrebbe, con il suo comportamento, impedito ai ricorrenti di mantenere una relazione con la minore.

58. I ricorrenti affermano che, già nel 2013, è stato per colpa di F.C. che gli incontri erano stati sospesi. Le giurisdizioni avrebbero successivamente preso atto della situazione senza adottare misure volte a salvaguardare il legame tra loro e la minore, limitandosi a constatare le tensioni esistenti nelle relazioni tra le parti.

B. Valutazione della Corte

59. La Corte ritiene di non doversi pronunciare sulle eccezioni preliminari sollevate dal Governo, in quanto il ricorso è in ogni caso irricevibile per i motivi di seguito esposti.

60. Essa rammenta di avere già dichiarato che i legami tra nonni e nipoti rientrano nei legami famigliari ai sensi dell’articolo 8 della Convenzione (Manuello e Nevi, sopra citata, § 53; Kruškić c. Croazia (dec.), n. 10140/13, 25 novembre 2014; Nistor c. Romania, n. 14565/05, § 71, 2 novembre 2010; e Bronda c. Italia, 9 giugno 1998, Recueil des arrêts et décisions 1998 IV). Perciò, il diritto al rispetto della vita familiare dei nonni con riguardo ai loro nipoti implica principalmente il diritto di mantenere una relazione normale tra nonni e nipoti per mezzo di contatti tra gli stessi (Kruškić, decisione sopra citata, § 111, e Mitovi c. l’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia, n. 53565/13, § 58, 16 aprile 2015). Inoltre, la Corte ha dichiarato che il legame esistente tra zii e zie, da una parte, e nipoti, dall'altra, rientra nell’ambito di applicazione della nozione di «vita familiare» (Boyle c. Regno Unito, n. 16580/90, rapporto della Commissione del 9 febbraio 1993, Zampieri c. Italia (dec.), n. 58194/00, 3 giugno 2004 anche quando i genitori naturali sono assenti, Butt c. Norvegia, n. 47017/09, §§ 4 e 76, 4 dicembre 2012, e Jucius e Juciuvienė c. Lituania, n. 14414/03, § 27, 25 novembre 2008, si veda a contrario Lazoriva c. Ucraina, n. 6878/14, § 65, 17 aprile 2018, in cui la Corte ha considerato che il progetto della ricorrente di creare una «vita familiare», prima inesistente, con suo nipote, divenendo la sua tutrice, non rientrava nella «vita familiare» protetta dall'articolo 8, ma nella vita privata).

61. Per quanto riguarda le circostanze della presente causa, la Corte osserva anzitutto che i tribunali interni hanno riconosciuto due volte il diritto di visita dei ricorrenti nei confronti della minore. Per quanto riguarda, in particolare, lo zio della minore, le giurisdizioni interne hanno sottolineato che la loro relazione preesisteva al decesso del padre e aveva un ruolo importante nella vita della minore. Di conseguenza, ai ricorrenti è stato riconosciuto, ai sensi della legislazione interna, il diritto di stabilire, con contatti frequenti, delle relazioni strette con la minore. La Corte è dunque convinta che questo diritto, il cui scopo era creare un legame tra i ricorrenti e la minore, possa rientrare nella «vita familiare» (Manuello e Nevi, sopra citata, § 53, Zampieri, sopra citata, Butt, sopra citata, §§ 4 e 76, e Jucius e Juciuvienė sopra citata, § 27).

62. La Corte rammenta, inoltre, di avere considerato che la protezione accordata ai nonni non era ridotta a causa della presenza dei genitori che esercitano la responsabilità genitoriale (Nistor c. Romania, n. 14565/05, § 71, 2 novembre 2010; Manuello e Nevi, sopra citata, §§ 50-53; e Terna c. Italia n. 21052/18, § 64, 14 gennaio 2021). La Corte osserva che un legame interpersonale stretto si era sviluppato tra la minore e i ricorrenti, e che questo era stato riconosciuto anche dalle giurisdizioni interne. Di conseguenza considera che, nel caso di specie, le relazioni tra i ricorrenti e la minore siano, in linea di principio, della stessa natura delle altre relazioni familiari protette dall'articolo 8 della Convenzione.

63. La Corte ritiene che, considerate le circostanze che le sono state sottoposte, il suo compito consista nell’esaminare se le autorità nazionali abbiano adottato tutte le misure che si potevano ragionevolmente esigere dalle stesse affinché i legami tra i ricorrenti e la loro nipote fossero mantenuti, e nell'esaminare il modo in cui le autorità sono intervenute per agevolare l'esercizio del diritto di visita dei ricorrenti (Hokkanen c. Finlandia, 23 settembre 1994, § 58, serie A n. 299 A, Kuppinger c. Germania, n. 62198/11, § 105, 15 gennaio 2015; e Manuello e Nevi, sopra citata, § 55).

64. La Corte osserva che le autorità hanno rapidamente adottato misure concrete e utili volte a instaurare dei contatti effettivi a partire dal 2013. È stato fissato, in particolare, un calendario di incontri e i servizi sociali, per mezzo di un'attività di mediazione, hanno messo in atto un progetto di riavvicinamento tra le parti che non ha avuto successo. La Corte osserva, inoltre, che la conflittualità acuta tra F.C. e il primo ricorrente aveva un'influenza negativa per la minore (paragrafi 25 e 33 supra).

65. Essa osserva, a questo riguardo, che il tribunale e la corte d'appello, per due volte, hanno sottolineato che non era nell'interesse della minore continuare le visite.

66. Nella fattispecie, la Corte ritiene che le autorità abbiano adottato le misure appropriate per creare le condizioni necessarie alla piena realizzazione del diritto di visita dei ricorrenti (si vedano, a contrario, Manuello e Nevi, sopra citata, § 59, e Beccarini e Ridolfi c. Italia [comitato], n. 63190/16, § 59, 7 dicembre 2017), e osserva che le stesse hanno fissato un calendario di incontri, organizzato le visite e messo in atto un progetto volto a favorire il riallacciamento delle relazioni tra i ricorrenti e la minore.

67. Considerato, inoltre, che i tentativi di riavviare la relazione tra i ricorrenti e la minore non avevano prodotto i risultati sperati, le giurisdizioni interne hanno respinto il ricorso dei ricorrenti volto a fissare altre modalità di contatto con la minore.

68. La Corte osserva che, nel prendere tale decisione, le giurisdizioni interne hanno tenuto conto del parere dei servizi sociali e hanno considerato tutte le circostanze di fatto, analizzato le argomentazioni proposte dai ricorrenti (ivi comprese le argomentazioni dei ricorrenti secondo le quali F.C. influenzava la minore), e valutato le relazioni depositate dall'associazione «Le ali della vita» e dalla psicologa che aveva seguito la minore (paragrafi 25, 31 e 32 supra). Di conseguenza, le giurisdizioni interne hanno ritenuto che fosse stato sufficientemente accertato che i contatti tra i ricorrenti e la minore non erano nell'interesse superiore di quest'ultima, e avrebbero ostacolato il suo sviluppo.

69. Sulla base di quanto sopra esposto, la Corte ritiene che le ragioni addotte dai giudici nazionali fossero pertinenti e avessero una base probante sufficiente per prendere la decisione contestata di non continuare gli incontri tra i ricorrenti e la minore contro l'interesse superiore di quest'ultima.

70. La Corte osserva che, poiché le circostanze possono mutare nel tempo, il diritto interno non esclude la possibilità per i ricorrenti di presentare in futuro una nuova domanda di revisione delle modalità di contatto tra loro e la minore. Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato, in applicazione dell'articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.

Per questi motivi, la Corte, all'unanimità,

Dichiara il ricorso irricevibile.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 15 aprile 2021.

Alena Poláčková
Presidente

Liv Tigerstedt
Cancelliere aggiunto