Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 10 settembre 2020 - Ricorso n. 59751/15 - Causa G.L. contro l'Italia


© Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita e rivista dalla sig.ra Rita Carnevali, assistente linguistico, e dalla dott.ssa Martina Scantamburlo, funzionario linguistico.

Permission to re-publish this translation has been granted by the Italian Ministry of Justice for the sole purpose of its inclusion in the Court's database HUDOC


CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA G.L. c. ITALIA

(Ricorso n. 59751/15)

Art 14 (+ Art 2 P1) • Discriminazione • Diritto all'istruzione • Impossibilità per un bambino autistico di beneficiare di un sostegno scolastico specializzato, previsto dalla legge, durante i primi due anni di scuola elementare • Diritto interno che prevede l'istruzione inclusiva dei bambini con disabilità nelle scuole ordinarie con il sostegno di professionisti specializzati • Legge interna che, in astratto, prevede la messa in atto di «accomodamenti» ragionevoli ma assenza di precisazioni concrete sulla loro attuazione • Art 14 interpretato alla luce della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone handicappate, e di testi europei • Differenza di trattamento dovuta all'handicap della ricorrente • Eccezione di mancanza di risorse di bilancio • Mancata determinazione, da parte delle autorità nazionali, delle reali necessità della ricorrente e delle soluzioni atte a soddisfarle per consentire a quest'ultima di frequentare la scuola elementare in condizioni per quanto possibile equivalenti a quelle di cui beneficiano gli altri bambini, senza imporre un onere sproporzionato o eccessivo all'amministrazione • Grave discriminazione vista l'importanza dell'istruzione primaria • Mancanza di diligenza da parte delle autorità nazionali

SENTENZA

STRASBURGO

10 settembre 2020
 

Questa sentenza diverrà definitiva alle condizioni definite dall'articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire modifiche di forma.

Nella causa G.L. c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da:
Ksenija Turković, presidente,
Krzysztof Wojtyczek,
Aleš Pejchal,
Pauliine Koskelo,
Tim Eicke,
Jovan Ilievski,
Raffaele Sabato, giudici,
e da Abel Campos, cancelliere di sezione,
Visto il ricorso sopra menzionato (n. 59751/15) proposto contro la Repubblica italiana da una cittadina di questo Stato, la sig.na G.L. («la ricorrente»), che ha adito la Corte il 24 novembre 2015 ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»),
Vista la decisione del presidente della sezione di non divulgare l'identità della ricorrente (articolo 47 § 4 del Regolamento della Corte),
Osservando che il 16 marzo 2017 il ricorso è stato comunicato al Governo,
Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 7 luglio 2020,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

1. La causa riguarda l'impossibilità per la ricorrente, una ragazza oggi tredicenne, affetta da autismo con assenza di linguaggio verbale, di beneficiare di un sostegno scolastico specializzato durante i primi due anni di scuola elementare (2010/2011 e 2011/2012).

IN FATTO

2. La ricorrente è nata nel 2004 e risiede a Eboli. Dinanzi alla Corte è stata rappresentata dal sig. A.L. (suo padre) e dall'avvocato M.E. D'Amico, del foro di Milano.

3. Il governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal suo ex-agente, E. Spatafora, e dal suo ex-coagente, P. Accardo.

4. Alla ricorrente è stato diagnosticato un disturbo di tipo autistico con assenza di linguaggio verbale.

5. Fin dal suo ingresso alla scuola materna nel 2007, la ricorrente ha sempre beneficiato, a causa del suo handicap, conformemente all'articolo 13 della legge n. 104 del 1992, di un accompagnamento di ventiquattro ore a settimana fornito da un insegnante di sostegno, e di un'assistenza specializzata.

6. Il servizio di assistenza specializzata ha lo scopo di aiutare i bambini con disabilità a sviluppare la loro autonomia e le loro capacità di comunicazione personale, e di migliorare il loro apprendimento, la loro vita relazionale e la loro integrazione scolastica, per evitare che siano emarginati. Quindi, l'assistente specializzato era incaricato di migliorare l'inclusione e la socializzazione della ricorrente a scuola e in classe, nonché la sua autonomia (si veda paragrafo 18 infra).

7. Durante il suo primo anno di scuola elementare (2010-2011), la ricorrente non beneficiò più di questa assistenza specializzata e, al termine dell'anno scolastico, fu deciso di farle ripetere il corso preparatorio («CP»).

8. Il 10 agosto 2011, in vista dell'inizio del nuovo anno scolastico, i genitori della ricorrente chiesero al comune di Eboli di fare in modo che la loro figlia beneficiasse dell'assistenza specializzata prevista dall'articolo 13 della legge n. 104 del 1992. In assenza di una risposta da parte delle autorità municipali, reiterarono la loro richiesta il 30 gennaio 2012.

9. Il 21 febbraio 2012, tenuto conto del silenzio dell'amministrazione comunale, i genitori della ricorrente chiesero l'accesso al fascicolo della figlia.

10. A partire da gennaio 2012, pagarono un'assistenza specializzata privata affinché la loro figlia potesse beneficiare, nonostante tutto, di un sostegno scolastico.

11. Il 19 marzo 2012 l'amministrazione comunale, fece loro sapere che sarebbe stato difficile rimettere in atto un'assistenza specializzata pubblica, in quanto quest'ultima era stata prevista solo fino alla fine dell'anno 2011, ma che si poteva comunque sperare che la ricorrente ne avrebbe beneficiato quanto prima – cosa che non avvenne.

12. Il Governo sostiene che la ricorrente ha ricevuto un sostegno di cui si è fatta carico la scuola. A tale riguardo produce un documento firmato dal direttore dell'istituto scolastico, nel quale si afferma che, poiché la ricorrente non aveva potuto beneficiare di servizi educativi specializzati durante gli anni 2010-2011 e 2011-2012, la scuola le ha fornito un'assistenza di base e un aiuto fisico, e ha incaricato alcuni dei suoi impiegati di fornire assistenza materiale agli insegnanti. A sostegno delle sue affermazioni, il Governo allega una fattura di 476,56 euro (EUR).

13. La ricorrente ritiene che i documenti prodotti dal Governo non consentano di stabilire la veridicità di tali affermazioni. Osserva innanzitutto che questi documenti non specificano che tipo di assistenza è stata fornita, quali attività sono state svolte, o se le persone interessate fossero competenti e qualificate per occuparsi di un bambino autistico. In secondo luogo, la ricorrente ritiene che l'importo delle spese attestate (476,56 EUR per sei dipendenti, ossia un costo medio di 80 EUR per dipendente e per anno) dimostri che il sostegno in questione non può certamente essere considerato permanente.

14. Il 15 maggio 2012 i genitori della ricorrente, agendo in nome e per conto di quest'ultima, si rivolsero al tribunale amministrativo della regione Campania («il TAR»), lamentando che la loro figlia non poteva beneficiare dell'assistenza specializzata a cui aveva diritto ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 104 del 1992, e chiedendo al tribunale di constatare il mancato rispetto di questo diritto e condannare l'amministrazione a indennizzare la loro figlia.

15. Con sentenza del 27 novembre 2012, il TAR respinse questo ricorso ritenendo che il comune avesse avviato le pratiche necessarie in tempo utile e tenendo conto del fatto che la regione aveva dovuto far fronte a una riduzione delle risorse stanziate dallo Stato.

16. I genitori della ricorrente impugnarono questa sentenza dinanzi al Consiglio di Stato. Con sentenza depositata in cancelleria il 26 maggio 2015, il Consiglio di Stato respinse il loro ricorso ritenendo che la richiesta di risarcimento fosse vaga e non dimostrasse un nesso causale tra la mancanza di assistenza specializzata e il presunto danno. Il Consiglio di Stato ritenne anche che la regione non potesse essere considerata responsabile in quanto aveva dovuto far fronte a una riduzione delle risorse stanziate dallo Stato. Considerò che non fosse necessario accordare ai genitori della ricorrente il rimborso delle spese da loro sostenute per pagare un’assistenza specializzata privata, escludendo ogni addebito all'amministrazione comunale. Infine, per quanto riguarda la richiesta di condanna del comune di Eboli a fornire l'assistenza prevista dalla legge, rammentò che il giudice poteva emettere nei confronti dell'amministrazione comunale un'ingiunzione di fare solo quando la causa rientrava nella competenza esclusiva della giurisdizione amministrativa, ma non era questo il caso.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI PERTINENTE

I. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

A. Il regime giuridico interno

17. L’articolo 38 della Costituzione afferma che le persone con handicap hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.

18. La legge-quadro n. 104 del 5 febbraio 1992 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate («la legge n. 104 del 1992») contiene le seguenti disposizioni:

Articolo 3 – Soggetti aventi diritto

«1. È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
(...)»

Articolo 8 – Inserimento e integrazione sociale

«L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante:
(...)
d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e non docente.
(...)»

Articolo 12 – Diritto all'educazione e all'istruzione

«(...)

  1. È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.
  2. L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.
  3. L'esercizio del diritto all'educazione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap.
  4. Successivamente all'accertamento della condizione di disabilità delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti ai sensi dell'articolo 3 [supra], è redatto un profilo di funzionamento secondo i criteri del modello bio-psico-sociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) adottata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ai fini della formulazione del progetto individuale di cui all'articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328, nonché per la predisposizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI).

(...)»

Articolo 13 – Integrazione scolastica

«1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalle leggi 11 maggio 1976, n.360, e 4 agosto 1977, n. 517, e successive modificazioni, anche attraverso:
a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n.142. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con i Ministri per gli affari sociali e della sanità, sono fissati agli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione alle attività di collaborazione coordinate.
b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presidi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico.
(...)
2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l'integrazione, nonché l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati.
3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale1 degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.
4. I posti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado sono determinati nell'ambito dell'organico del personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dall'articolo 42, comma 6, lettera h.
(...)
6. Gli insegnanti di sostegno 2 assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti.
(...)»

B. La giurisprudenza della Corte di cassazione

19. La Corte di cassazione, a sezioni unite, ha emesso in materia le seguenti sentenze, di cui vengono riprodotti gli estratti pertinenti.

Sentenza n. 25011 del 25 novembre 2014:
«In tema di sostegno all’alunno in situazione di handicap, il “piano educativo individualizzato”, definito ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 104 del 5 febbraio 1992, obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili, e ciò anche nella scuola dell’infanzia, pur non facente parte della scuola dell’obbligo. Quindi, la condotta dell’amministrazione che non appresti il sostegno pianificato si risolve nella contrazione del diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, la quale, ove non accompagnata dalla corrispondente riduzione dell’offerta formativa per gli alunni normodotati, concretizza una discriminazione indiretta, la cui repressione spetta al giudice ordinario»

Sentenza n. 25101 dell'8 ottobre 2019:
«Una volta che il piano educativo individualizzato, elaborato con il concorso determinante di insegnanti della scuola di accoglienza e di operatori della sanità pubblica, abbia prospettato il numero di ore necessarie per il sostegno scolastico dell’alunno che versa in situazione di handicap particolarmente grave, l’amministrazione scolastica è priva di un potere discrezionale capace di rimodulare o di sacrificare in via autoritativa, in ragione della scarsità delle risorse disponibili per il servizio, la misura di quel supporto integrativo così come individuato dal piano, ma ha il dovere di assicurare l’assegnazione, in favore dell’alunno, del personale docente specializzato, anche ricorrendo all’attivazione di un posto di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni. L’omissione o le insufficienze nell’apprestamento, da parte dell’amministrazione scolastica, di quella attività doverosa si risolvono in una sostanziale contrazione del diritto fondamentale del disabile e, ove non accompagnate da una corrispondente contrazione dell’offerta formativa riservata agli altri alunni normodotati, una discriminazione indiretta, vietata dalla legge n. 67 del 2006, art. 2, per tale intendendosi anche il comportamento omissivo dell’amministrazione pubblica preposta all’organizzazione del servizio scolastico che abbia l’effetto di mettere la bambina o il bambino con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto agli altri alunni. La competenza in materia spetta quindi al giudice civile, e il ricorrente non deve dedurre espressamente nella sua domanda di protezione l’esistenza di un comportamento discriminatorio da parte dell’amministrazione interessata»

Sentenza n. 9966 del 20 aprile 2017, in cui la Corte di cassazione ha riaffermato la conclusione della sentenza n. 25011 del 25 novembre 2014 con la seguente precisazione:
«(...) la scuola privata è tenuta a fornire agli alunni portatori di handicap in pari misura gli stessi servizi di sostegno forniti dalla scuola pubblica. I contributi corrisposti dallo Stato coprono solo parzialmente i costi di questi servizi. Pertanto la discriminazione indiretta, imputabile all'amministrazione dello Stato, consiste nel mancato rispetto dell'obbligo di erogare i contributi sopra citati con conseguente contrazione del sevizio educativo e sociale offerto dalla scuola privata, e non nel rifiuto di farsi integralmente carico di questo servizio, cosa che l'amministrazione non è tenuta a fare.»

II. IL DIRITTO E LA PRASSI INTERNAZIONALI

20. I testi internazionali pertinenti nel caso di specie sono riportati nella sentenza Çam c. Turchia (n. 51500/08, §§ 37-38, 23 febbraio 2016; si vedano anche, a titolo complementare, Zehnalová e Zehnal c. Repubblica Ceca (dec.), n. 38621/97, CEDU 2002-V, Mółka c. Polonia (dec.), n..56550/00, CEDU 2006-IV, e Farcaş c. Romania (dec.), n. 32596/04, §§ 68-70, 14 settembre 2010).

A. Il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali

21. L’articolo 13 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali dispone che:
«Gli Stati parte del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo all’istruzione. Essi convengono sul fatto che l’istruzione deve mirare al pieno sviluppo della personalità umana e del senso della sua dignità e rafforzare il rispetto per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali. Essi convengono inoltre che l’istruzione deve porre tutti gli individui in grado di partecipare in modo effettivo alla vita di una società libera, deve promuovere la comprensione, la tolleranza e l’amicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici o religiosi ed incoraggiare lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

L'articolo 2 § 2 prevede anche:

«(...) i diritti in esso enunciati verranno esercitati senza discriminazione alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione».

22. Nella sua Osservazione generale n. 5: Persone con disabilità, E/1995/22, del 9 dicembre 1994, il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite ha dichiarato espressamente:

«III. Obbligo di eliminare la discriminazione basata sulla invalidità

15. Sia de jure che de facto, le persone con disabilità sono da sempre oggetto di una discriminazione che si manifesta sotto diverse forme – che si tratti di tentativi di discriminazione odiosa, come negare ai bambini portatori di handicap la possibilità di frequentare la scuola, o di forme più sottili di discriminazione come la segregazione e l'isolamento imposti materialmente o socialmente. Ai fini del Patto, per «discriminazione basata sulla invalidità» si intende qualsiasi distinzione, esclusione, restrizione o preferenza motivata da una invalidità, o la privazione di adeguati accomodamenti aventi l'effetto di annullare o di limitare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti economici, sociali o culturali. La negligenza, l'ignoranza, i pregiudizi e le idee sbagliate, così come l'esclusione, la differenziazione o la segregazione pure e semplici, spesso impediscono alle persone con disabilità di godere dei loro diritti economici, sociali o culturali su una base di parità con gli altri esseri umani. Gli effetti di tale discriminazione si fanno particolarmente sentire nei settori dell'istruzione, dell'occupazione, dell'alloggio, dei trasporti, della vita culturale e per quanto riguarda l'accessibilità dei luoghi e dei servizi pubblici.»

23. Il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali delle Nazioni Unite ha riaffermato la sua Osservazione generale n. 5 nella sua Osservazione generale n. 20: La non-discriminazione nell'esercizio dei diritti economici, sociali e culturali, E/C.12/GC/20, del 2 luglio 2009, come segue:

«B. Qualsiasi altra situazione

24. La discriminazione varia a seconda dei contesti e dei momenti. La categoria «qualsiasi altra situazione» deve quindi essere intesa in modo flessibile al fine di cogliere altre forme di trattamento differenziato che non hanno alcuna giustificazione ragionevole e oggettiva e sono paragonabili ai motivi che l'articolo 2, comma 2 cita espressamente. Questi ulteriori motivi sono generalmente noti quando riflettono l'esperienza di gruppi sociali vulnerabili che sono stati o continuano ad essere emarginati. (...)

La disabilità

25. Nella sua Osservazione generale n. 5, il Comitato ha definito la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità come «qualsiasi distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata su una invalidità o sulla mancanza di accomodamenti adeguati che hanno l'effetto di annullare o limitare il riconoscimento, il godimento o l'esercizio dei diritti economici, sociali o culturali». La privazione di accomodamenti ragionevoli dovrebbe essere inclusa nella legislazione nazionale come forma proibita di discriminazione basata sull'handicap. Gli Stati parte devono porre rimedio alla discriminazione che si manifesta, ad esempio, attraverso divieti di esercitare il diritto all'istruzione, o la mancanza di accomodamenti ragionevoli in luoghi pubblici come le strutture sanitarie pubbliche e i luoghi di lavoro, così come nei luoghi privati; in effetti, se la progettazione e l’assetto del luogo di lavoro non consentono l'accesso delle persone in sedia a rotelle, queste ultime di fatto non possono esercitare efficacemente il loro diritto al lavoro.»

B. La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità

26. È opportuno richiamare i seguenti passaggi della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità («CRDPH»), adottata il 13 dicembre 2006 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite (Raccolta dei Trattati delle Nazioni Unite, vol. 2515, pag. 3), firmata il 30 marzo 2007, poi ratificata dall'Italia il 15 maggio 2009.

Articolo 2 – Definizioni

«Ai fini della presente Convenzione:
per «comunicazione» si intendono le lingue, la visualizzazione di testi, il Braille, la comunicazione tattile, la stampa a grandi caratteri, i supporti multimediali accessibili nonché i sistemi, gli strumenti ed i formati di comunicazione migliorativa ed alternativa scritta, sonora, semplificata, con ausilio di lettori umani, comprese le tecnologie dell’informazione e della comunicazione accessibili;

per «linguaggio» si intendono le lingue parlate e la lingua dei segni, come pure altre forme di espressione non verbale ;

per «discriminazione fondata sulla disabilità» si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole;
per «accomodamento ragionevole» si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
(...)»

Articolo 3 – Principi generali

«I principi della presente Convenzione sono:
a) il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone;
(...)»

Articolo 24 – Educazione

  1. « Gli Stati Parte riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati Parte garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati:
    1. al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana;
    2. allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità;
    3. a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera.
  2. Nell’attuazione di tale diritto, gli Stati Parte devono assicurare che:
    1. le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale in ragione della disabilità e che i minori con disabilità non siano esclusi in ragione della disabilità da una istruzione primaria gratuita libera ed obbligatoria o dall’istruzione secondaria;
    2. le persone con disabilità possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono, ad un’istruzione primaria, di qualità e libera ed all’istruzione secondaria;
    3. venga fornito un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno;
    4. le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione;
    5. siano fornite efficaci misure di sostegno personalizzato in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione.
  3. Gli Stati Parte offrono alle persone con disabilità la possibilità di acquisire le competenze pratiche e sociali necessarie in modo da facilitare la loro piena ed uguale partecipazione al sistema di istruzione e alla vita della comunità. A questo scopo, gli Stati Parte adottano misure adeguate, in particolare al fine di:
    1. agevolare l’apprendimento del Braille, della scrittura alternativa, delle modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, delle capacità di orientamento e di mobilità ed agevolare il sostegno tra pari e attraverso un mentore;

(...)»

C. Il Consiglio d'Europa

27. La Carta sociale europea riveduta (STE n. 163), aperta alla firma il 3 maggio 1996 e ratificata dall'Italia il 5 luglio 1999, afferma in particolare quanto segue:

Articolo 15 – Diritto delle persone portatrici di handicap all'autonomia, all'integrazione sociale e alla partecipazione alla vita della comunità

«Per garantire alle persone portatrici di handicap l'effettivo esercizio del diritto all'autonomia, all'integrazione sociale e alla partecipazione alla vita della comunità, a prescindere dall'età e dalla natura ed origine della loro infermità, le Parti si impegnano in particolare:

1. ad adottare i provvedimenti necessari per somministrare alle persone inabili o minorate un orientamento, un'educazione e una formazione professionale nel quadro del diritto comune ogni qualvolta ciò sia possibile oppure, se tale non è il caso, attraverso istituzioni specializzate pubbliche o private;

(...)

3. a favorire la loro completa integrazione e partecipazione alla vita sociale mediante misure, compresi i presidi tecnici, volte a sormontare gli ostacoli alla comunicazione e alla mobilità e a consentire loro di avere accesso ai trasporti, all'abitazione, alle attività culturali e del tempo libero.»

Parte V
Articolo E – Non discriminazione

«Il godimento dei diritti riconosciuti nella presente Carta deve essere garantito senza qualsiasi distinzione basata in particolare sulla razza, il colore della pelle, il sesso, la lingua, la religione, le opinioni politiche od ogni altra opinione, l'ascendenza nazionale o l'origine sociale, la salute, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la nascita o ogni altra situazione.»

28. La Raccomandazione n. R (92) 6 del Comitato dei Ministri su una politica coerente per le persone con disabilità, adottata il 9 aprile 1992, invita gli Stati membri a «garantire il diritto della persona con disabilità a una vita autonoma e all'integrazione nella società» e a «riconoscere il dovere della società di garantire questo diritto», al fine di assicurare che le persone con disabilità abbiano reali «pari opportunità» rispetto alle altre persone. L'azione dei poteri pubblici deve mirare, tra l'altro, a fare in modo che le persone con disabilità possano «godere della più ampia mobilità possibile, consentendo loro, in particolare, di accedere agli edifici e ai mezzi di trasporto», «svolgere nella società un ruolo a pieno titolo» e «partecipare alle attività economiche, sociali, ricreative e culturali».

29. La Raccomandazione Rec(2006)5 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sul Piano d'azione del Consiglio d'Europa per la promozione dei diritti e della piena partecipazione delle persone con disabilità: migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità in Europa 2006-2015, adottata il 5 aprile 2006, prevede numerose linee d'azione, fra cui la quarta è così formulata:

Linea d'azione n. 4: Educazione

« 3.4.1. Introduzione

L’istruzione rappresenta un fattore fondamentale ai fini dell’inserimento sociale e l’indipendenza per tutte le persone, incluse quelle con disabilità. L’influenza sociale, ad esempio proveniente da famiglie ed amici, contribuisce anch’essa, ma ai fini di questa linea d’azione l’istruzione dovrà coprire tutte le fasi della vita, inclusa l’istruzione prescolare, elementare, media, superiore e la formazione professionale, nonché l’apprendimento che dura tutta la vita. La creazione di opportunità per i disabili che consentano loro la partecipazione all’istruzione tradizionale non è solo importante per i disabili, ma ne beneficerà anche la comprensione della diversità umana da parte dei non disabili. La maggior parte dei sistemi di istruzione forniscono accesso all’istruzione tradizionale ed a strutture scolastiche specializzate per i disabili, ove indicato. Si dovrebbe incoraggiare la combinazione di strutture tradizionali e specializzate, al fine di sostenere i disabili nelle comunità locali, ma ciò dovrebbe essere coerente all’obiettivo del pieno inserimento.

3.4.2. Obiettivi

  1. Assicurare che tutte le persone, indipendentemente dalla natura e dal grado di disabilità, abbiano pari accesso all’istruzione e sviluppino la propria personalità, il proprio talento, la propria creatività e le proprie capacità intellettive e fisiche al meglio;
  2. assicurare che i disabili abbiano l’opportunità di cercare un posto nell’istruzione tradizionale incoraggiando le autorità competenti a formulare provvedimenti in materia di istruzione che soddisfino le necessità della popolazione disabile;
  3. sostenere e promuovere l’apprendimento che duri tutta la vita per i disabili di tutte le età ed agevolare passaggi efficaci ed efficienti tra ciascuna fase della loro istruzione e tra l’istruzione ed il lavoro;
  4. promuovere a tutti i livelli del sistema di istruzione, anche in tutti i bambini dalla prima infanzia, un atteggiamento di rispetto per i diritti delle persone con disabilità.

3.4.3. Azioni specifiche da parte degli Stati membri

  1. Promuovere legislazione, politiche e pianificazione volte a prevenire la discriminazione contro bambini, giovani ed adulti con disabilità nell’accesso a tutte le fasi della loro istruzione, dalla prima infanzia alla fase adulta. Nel fare ciò, consultarsi – se necessario – con i fruitori, i genitori e gli assistenti domiciliari, le organizzazioni volontarie e le altre autorità competenti;
  2. incoraggiare e sostenere lo sviluppo di un sistema di istruzione unificato, che includa la fornitura di istruzione tradizionale e specializzata, che promuova la condivisione di competenze ed un maggiore inserimento dei bambini, dei giovani e degli adulti disabili nella comunità;
  3. consentire la preventiva giusta valutazione delle necessità speciali in materia di istruzione dei bambini, dei giovani e degli adulti disabili, al fine di dare forma alla fornitura ed alla pianificazione nel settore dell’istruzione;
  4. monitorare l’attuazione dei singoli piani in materia di istruzione ed agevolare un approccio coordinato alla fornitura dell’istruzione durante e verso l’impiego;
  5. assicurare che le persone con disabilità, inclusi i bambini, ricevano il sostegno richiesto, nell’ambito del sistema di istruzione tradizionale, al fine di agevolare la presenza di un’istruzione efficace. In casi eccezionali, ove le loro necessità speciali in materia di istruzione valutate sul piano professionale non siano soddisfatte nell’ambito del sistema di istruzione tradizionale, gli Stati membri assicureranno la presenza di efficaci misure di supporto alternative coerenti con l’obiettivo del pieno inserimento. La fornitura di istruzione, sia speciale che tradizionale, dovrebbe incoraggiare il passaggio all’istruzione tradizionale e riflettere gli stessi obiettivi e criteri;
  6. incoraggiare lo sviluppo di una formazione iniziale e continua per tutti i professionisti ed il personale che operano in tutte le fasi dell’istruzione, al fine di incorporare la consapevolezza delle disabilità e l’uso delle tecniche e dei materiali adatti per il sostegno, ove indicato, degli scolari e degli studenti disabili;
  7. assicurare che tutto il materiale e gli schemi in materia di istruzione forniti attraverso il sistema di istruzione generale siano accessibili alle persone con disabilità;
  8. includere, nei programmi scolastici di educazione civica, temi relativi alle persone con disabilità considerate persone con gli stessi diritti degli altri;
  9. assicurare che la sensibilizzazione sulla disabilità sia un elemento chiave dei programmi didattici nelle scuole e nelle istituzioni tradizionali;
  10. prendere provvedimenti per rendere i luoghi di istruzione e formazione accessibili alle persone con disabilità, fornendo sostegno personale ed accorgimenti necessari (incluse attrezzature) per soddisfare le loro necessità;
  11. assicurare che i genitori dei bambini disabili siano partner attivi nel processo di sviluppo dei piani didattici personalizzati dei loro figli;
  12. garantire l’accesso all’istruzione non formale che consenta ai giovani disabili di sviluppare le capacità richieste altrimenti non raggiungibili attraverso l’istruzione formale;

(...)»

30. L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, da parte sua, ha affrontato questi temi nella sua Raccomandazione 1185 (1992) sulle politiche di riadattamento per i portatori di handicap, adottata il 7 maggio 1992. Questo testo sottolinea in particolare che «le nostre società hanno il dovere di adattare le loro norme alle specifiche esigenze delle persone con disabilità per garantire a queste ultime una vita autonoma». A tal fine, i governi e le autorità competenti sono chiamati a «ricercare e incoraggiare una partecipazione effettiva e attiva delle persone con disabilità alla vita comunitaria e sociale» e, a tal fine, a garantire «l'eliminazione delle barriere architettoniche».

31. Il 30 gennaio 2015, l’Assemblea ha adottato la Raccomandazione 2064 (2015), intitolata «Uguaglianza e inclusione delle persone con disabilità», che contiene i seguenti passaggi:
«1. L’Assemblea parlamentare fa riferimento alla sua Risoluzione 2039 (2015) «Uguaglianza e inclusione delle persone con disabilità».

2. L'Assemblea parlamentare accoglie con favore il contributo del Piano d'azione del Consiglio d'Europa «per la promozione dei diritti e della piena partecipazione delle persone con disabilità nella società: migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità in Europa 2006-2015» allo sviluppo di politiche nazionali che tengano conto dei diritti delle persone con disabilità. Il Piano d'azione ha anche contribuito a cambiare la percezione della disabilità in una questione rilevante per i diritti umani.

3. L'Assemblea osserva, tuttavia, che il pieno godimento dei diritti delle persone con disabilità è lungi dall'essere raggiunto negli Stati membri del Consiglio d'Europa. Rimane un divario significativo tra i principi contenuti negli strumenti internazionali e la realtà vissuta quotidianamente dalle persone con disabilità. Rimane quindi necessaria un'azione risoluta del Consiglio d'Europa e degli Stati membri nel campo della disabilità.

4. Di conseguenza, l'Assemblea raccomanda al Comitato dei Ministri:

4.1. di valutare l'attuazione del piano d'azione per le persone con disabilità 2006-2015 e trarre insegnamenti dai dieci anni della sua attuazione negli Stati membri;
4.2. di definire su questa base una nuova tabella di marcia per il periodo 2016-2020, in stretta consultazione con le organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità;
4.3. di concentrare questa nuova tabella di marcia su delle questioni prioritarie, come la capacità giuridica delle persone con disabilità e le misure volte a garantire la loro dignità e la loro piena inclusione nella società;
4.4. di invitare la Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa a insistere sul rispetto dei requisiti di accessibilità nella concessione dei prestiti per progetti di costruzione e riabilitazione, e a non finanziare la costruzione di grandi strutture destinate al collocamento di persone con disabilità;
4.5. di assicurare che la disabilità sia presa in considerazione nelle diverse attività settoriali svolte dal Consiglio d'Europa, in particolare nelle attività e nelle campagne del Consiglio d'Europa contro la violenza e il discorso di odio.»

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE IN COMBINATO DISPOSTO CON L’ARTICOLO 2 DEL PROTOCOLLO N. 1

32. La ricorrente lamenta una violazione del suo diritto all’istruzione. A tale proposito, la stessa indica che, per due anni scolastici, non ha potuto beneficiare dell’assistenza specializzata prevista dalla legge, e ritiene inoltre che lo Stato non abbia rispettato il proprio obbligo positivo di garantire la parità delle opportunità alle persone affette da handicap. La ricorrente invoca l’articolo 2 del Protocollo n. 1, che recita:
«Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.»

33. La ricorrente lamenta inoltre si avere subìto un trattamento discriminatorio a causa del suo handicap, in violazione dell’articolo 14 della Convenzione, che recita:
«Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella (…) Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.»

A. L’oggetto della causa

34. La Corte ritiene che il nucleo della doglianza della ricorrente consista nell’affermazione secondo la quale la stessa avrebbe subito un trattamento discriminatorio, e ritiene pertanto doversi esaminare la causa anzitutto dal punto di vista dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 2 del Protocollo n. 1 (si vedano, per un approccio simile, Oršuš e altri c. Croazia [GC], n. 15766/03, §§ 143 145, CEDU 2010, e Ponomaryovi c. Bulgaria, n. 5335/05, § 45, CEDU 2011; si vedano anche Enver Şahin c. Turchia, n. 23065/12, § 32, 30 gennaio 2018), fermo restando che il campo di applicazione dell’articolo 14 della Convenzione comprende non soltanto il divieto della discriminazione basata sull’handicap (si veda, ad esempio, Glor c. Svizzera, n. 13444/04, § 80, CEDU 2009), ma anche l’obbligo per gli Stati di assicurare «degli accomodamenti ragionevoli» che possano correggere le ineguaglianze di fatto che, non potendo essere giustificate, costituirebbero una discriminazione.

B. Sulla ricevibilità

35. Il Governo eccepisce la tardività del ricorso, argomentando soprattutto che la decisione interna definitiva è stata emessa il 25 maggio 2015 e che il timbro apposto sul formulario di ricorso reca la data del 30 novembre 2015.

36. La ricorrente contesta questa tesi, e afferma che ha inviato il ricorso il 24 novembre 2015, e che è dunque in tale data che ha adito la Corte. A sostegno delle sue affermazioni ha prodotto una copia di documenti che attestano che il ricorso è stato spedito il 24 novembre e, secondo quanto risulta dall’avviso di ricevimento della raccomandata, ricevuto dalla cancelleria della Corte il 27 novembre.

37. La Corte rammenta che la data a partire dalla quale inizia a decorrere il termine di sei mesi previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione (dies a quo) è quella in cui il ricorrente viene a conoscenza della decisione interna definitiva (si veda, tra molte altre, Sabri Güneş c. Turchia [GC], n. 27396/06, § 60, 29 giugno 2012), e che, ai sensi dell’articolo 47 § 6 a) del suo regolamento, la data di presentazione del ricorso ai fini del calcolo del termine di sei mesi (dies ad quem) è quella della spedizione del formulario, attestata dal timbro della posta, e non quella del timbro del ricevimento del ricorso in cancelleria (Vasiliauskas c. Lituania [GC], n. 35343/05, § 117, CEDU 2015).

38. Nella fattispecie, la Corte osserva che la decisione interna definitiva è la sentenza del Consiglio di Stato, e rileva inoltre che la busta contenente il ricorso è stata spedita il 24 novembre 2015, data del timbro delle poste italiane. La Corte conclude, pertanto, che il ricorso è stato presentato entro sei mesi a decorrere dalla decisione interna definitiva e, dunque, non è tardivo.

39. Pertanto, essa respinge l’eccezione del Governo.

40. Constatando che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per uno degli altri motivi previsti dall’articolo 35 della Convenzione, la Corte lo dichiara ricevibile.

C. Sul merito

1. Tesi delle parti

a) La ricorrente

41. La ricorrente afferma che, per due anni scolastici, non ha beneficiato dell’assistenza specializzata prevista dalla legge n. 104 del 1992, nonostante le numerose domande presentate dai suoi genitori, e aggiunge che tale periodo, che considera particolarmente lungo, ha coinciso con il suo ingresso nella scuola primaria, e che le sue possibilità di sviluppo e di integrazione nel sistema scolastico sono state compromesse.

42. La ricorrente argomenta inoltre che i costi legati alla fornitura dei servizi educativi specializzati di cui aveva bisogno non avrebbero inciso sul bilancio del consiglio comunale se non in misura estremamente ridotta, e afferma che, non stanziando risorse al finanziamento di misure educative specializzate, gli enti locali hanno scelto di non fornire assistenza scolastica ai bambini affetti da handicap.

43. Basandosi sulla giurisprudenza della Corte (Velyo Velev c. Bulgaria, n. 16032/07, CEDU 2014, e Glor, sopra citata), essa afferma che il diritto all’istruzione non può essere ostacolato e le sue garanzie non possono essere ridotte per motivi di bilancio, e aggiunge che, nella presente causa, il consiglio municipale disponeva di risorse sufficienti per mettere in atto le misure alle quali aveva diritto. Essa argomenta anche che dalla giurisprudenza della Corte risulta che il margine di discrezionalità di cui godono gli Stati contraenti per equilibrare il diritto all’istruzione con gli altri interessi, soprattutto economici, è particolarmente ridotto, a fortiori nel caso delle persone affette da handicap (Glor, sopra citata, § 84).

44. Infine, la ricorrente afferma che delle considerazioni di bilancio non possono giustificare una violazione del diritto fondamentale all’istruzione e che, pertanto, il Governo non ha presentato alcuna argomentazione valida a sostegno del mancato rispetto, da parte delle autorità, dell’obbligo di fornirle l’assistenza alla quale aveva diritto in virtù della legge, della Costituzione italiana e della Convenzione europea.

45. In definitiva, la ricorrente ritiene che la presente causa sia caratterizzata essenzialmente dalla violazione sistematica nei suoi confronti del diritto all’istruzione.

b) Il Governo

46. Il Governo spiega che la ricorrente non ha potuto beneficiare nel 2010/2011 e nel 2011/2012 di tutti gli interventi di sostegno previsti dall’articolo 13 della legge n. 104 del 1992 a causa delle restrizioni di bilancio previste dalla legge finanziaria del 2011 (legge n. 220 del 13 dicembre 2010), che riservava espressamente una certa somma al finanziamento dell’assistenza domiciliare alle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica («SLA»), e precisa che l’importo stanziato alla regione Campania (9.070.000 EUR) si è rivelato insufficiente per coprire tutte le misure di sostegno scolastico una volta dedotta la parte riservata alle persone affette da SLA, patologia che, inoltre, secondo il Governo è ben più grave di quella della ricorrente.

47. In queste condizioni, il Governo ritiene che le misure adottate a livello locale siano state conformi a quanto si poteva ragionevolmente esigere dalle autorità, tenuto conto delle risorse limitate di cui esse disponevano. Il Governo afferma che sono state adottate varie misure per aiutare la ricorrente a superare le difficoltà legate al suo handicap e per agevolare la sua integrazione scolastica, e argomenta che il fatto che una mancanza di risorse a livello regionale abbia portato alla sospensione per due anni scolastici di una sola di tali misure non è sufficientemente grave per costituire una violazione seria del diritto dell’interessata a un sostegno scolastico. Sottolineando, in particolare, che la scuola frequentata dalla ricorrente ha prelevato una parte delle proprie risorse per offrirle un’assistenza, il Governo afferma che, tenuto conto della necessità di dare la priorità ai bisogni delle persone affette da SLA, la situazione non ha comportato una violazione dell’articolo 14 in combinato disposto con l’articolo 2 del Protocollo n. 1 né, a fortiori, dell’articolo 8 della Convenzione.

48. Infine, il Governo argomenta che la Corte, è vero, ha concluso molte volte che vi è stata violazione della Convenzione a causa di una cattiva gestione dei fondi o di un ritardo nell’attribuzione degli stessi, ma mai a causa dell’assenza di fondi, e aggiunge che, sebbene la regione abbia dovuto affrontare una mancanza di risorse per due anni scolastici, la scuola ha saputo far fronte alla situazione ed è giunta, utilizzando le proprie risorse, ad assicurare un sostegno alla ricorrente, e quest’ultima ha sempre beneficiato delle ventiquattro ore settimanali di sostegno previste per lei.

2. Valutazione della Corte

a) Principi generali

49. La Corte rammenta che ha già avuto occasione di sottolineare che, in una società democratica, il diritto all’istruzione è indispensabile per la realizzazione dei diritti umani e occupa un posto fondamentale (Velyo Velev, sopra citata, § 33), e che l’istruzione è uno dei servizi pubblici più importanti in uno Stato moderno. Tuttavia, essa ammette anche che si tratta di un servizio complesso da organizzare e oneroso da gestire, e che le risorse che le autorità possono dedicare allo stesso sono necessariamente limitate. È altrettanto vero che, nel decidere in che modo regolamentare l’accesso all’istruzione, lo Stato deve garantire un equilibrio tra, da una parte, i bisogni educativi delle persone sottoposte alla sua giurisdizione e, dall’altra, la propria capacità limitata di rispondervi. Tuttavia, la Corte non può prescindere dal fatto che, a differenza di alcune altre prestazioni garantite dai servizi pubblici, l’istruzione è un diritto direttamente protetto dalla Convenzione (ibidem).

50. La Corte ribadisce che, nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 2 del Protocollo n. 1, deve tenere presente che la Convenzione deve essere vista come un insieme compatto e interpretata in maniera tale da promuovere la sua coerenza interna e l’armonia tra le sue diverse disposizioni (Stec e altri c. Regno Unito (dec.) [GC], nn. 65731/01 e 65900/01, § 48, CEDU 2005 X, e Austin e altri c. Regno Unito [GC], nn. 39692/09 e altri 2, § 54, CEDU 2012). Anche l’articolo 2 del Protocollo n. 1 deve essere interpretato alla 1uce, soprattutto, dell’articolo 8 della Convenzione, che esprime il diritto di ogni persona «al rispetto della sua vita privata» (Catan e altri c. Repubblica di Moldavia e Russia [GC], nn. 43370/04 e altri 2, §§ 136 e 143, CEDU 2012).

51. La Corte rammenta che, nell’interpretazione e nell’applicazione dell’articolo 2 del Protocollo n. 1, si deve tenere conto di ogni norma e di ogni principio di diritto internazionale applicabili alle relazioni tra le parti contraenti, e che la Convenzione deve per quanto possibile essere interpretata in maniera da conciliarsi con le altre norme del diritto internazionale, di cui fa parte integrante (ibidem, § 136). Si deve dunque tenere conto, nel caso di specie, delle disposizioni relative al diritto all’istruzione enunciate negli strumenti come la Carta sociale europea riveduta o la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Timichev c. Russia, nn. 55762/00 e 55974/00, § 64, CEDU 2005 XII, Catan e altri, sopra citata, § 136, e Çam, sopra citata, § 53).

52. Per quanto riguarda il divieto di cui all’articolo 14 della Convenzione, la Corte rammenta che la discriminazione consiste nel trattare in maniera diversa senza una giustificazione oggettiva e ragionevole delle persone che si trovano in situazioni analoghe, e che un trattamento differenziato è privo di «giustificazione oggettiva e ragionevole» quando non persegue uno scopo «scopo legittimo» o quando non esiste «un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito» (Biao c. Danimarca [GC], n. 38590/10, § 90 e § 93, 24 maggio 2016, Molla Sali c. Grecia [GC], n. 20452/14, §§ 135-136, 19 dicembre 2018, e Çam, sopra citata, § 54). Tuttavia, l’articolo 14 non vieta a uno Stato membro di trattare dei gruppi in maniera differenziata per correggere delle «ineguaglianze fattuali» tra gli stessi; di fatto, in alcune circostanze, è l’assenza di un trattamento differenziato per correggere una disparità che può, se non basata su una giustificazione oggettiva e ragionevole, comportare una violazione di questa disposizione (si veda, tra altre sentenze, Guberina c. Croazia, n. 23682/13, § 72, 22 marzo 2016), Inoltre, gli Stati contraenti godono di un certo margine di apprezzamento per determinare se, e in quale misura, delle disparità tra situazioni per altri versi analoghe giustifichino dei trattamenti distinti (Vallianatos e altri c. Grecia [GC], nn. 29381/09 e 32684/09, § 76, CEDU 2013).

53. Nell’esaminare una causa dal punto di vista dell’articolo 14 della Convenzione, la Corte deve tenere conto dell’evolversi del diritto internazionale ed europeo e rispondere, ad esempio, al consenso che eventualmente emerga in merito agli standard da rispettare (si vedano, mutatis mutandis, Konstantin Markin c. Russia [GC], n. 30078/06, § 126, CEDU 2012, e Fabris c. Francia [GC], n. 16574/08, § 56, CEDU 2013). Essa osserva in tal senso, l’importanza nell’esercizio del diritto all’istruzione dei principi fondamentali di universalità e di non-discriminazione, che sono stati ripetutamente affermati in alcuni testi internazionali (si veda il diritto internazionale pertinente, nei paragrafi 20 31 supra). La Corte sottolinea, inoltre, che è riconosciuto in tali strumenti che il mezzo più idoneo a garantire questi principi fondamentali è l’istruzione inclusiva, volta a promuovere la parità delle opportunità di ciascuno e, soprattutto, delle persone con disabilità (Çam, sopra citata, § 64, con i riferimenti ivi citati). L’istruzione inclusiva è dunque senza dubbio uno degli elementi della responsabilità internazionale degli Stati in questo ambito (Enver Şahin c. Turchia n. 23065/12, § 62, 30 gennaio 2018).

54. La Corte rammenta anche che, quando una restrizione dei diritti fondamentali si applica a una categoria di popolazione particolarmente vulnerabile che ha subìto importanti discriminazioni in passato, il margine di apprezzamento di cui dispone lo Stato è nettamente ridotto e soltanto delle considerazioni molto forti devono portare quest’ultimo ad applicare la restrizione in questione. La Corte ha già individuato un certo numero di queste categorie vulnerabili, vittime di disparità di trattamento a causa delle loro caratteristiche o della loro situazione, in particolare del loro handicap (Glor, sopra citata, § 84, Alajos Kiss c. Ungheria, n. 38832/06, § 42, 20 maggio 2010, Kiyutin c. Russia, n. 2700/10, § 63, CEDU 2011; Guberina, sopra citata § 73). Inoltre, tutte le azioni relative ai bambini affetti da handicap devono perseguire in via prioritaria l’interesse superiore del minore (paragrafo 34 supra, articolo 7 § 2 della CDPH). Tuttavia, in ogni caso, indipendentemente dal margine di apprezzamento riconosciuto allo Stato, spetta alla Corte decidere in ultima istanza sul rispetto delle esigenze della Convenzione (si veda, tra altre, Konstantin Markin c. Russia [GC], n. 30078/06, § 126, CEDU 2012).

b) Applicazione di questi principi nel caso di specie

i. Delimitazione dell’ambito dell’esame

55. La Corte osserva in via preliminare che il sistema giuridico italiano garantisce il diritto all’istruzione dei bambini affetti da handicap attraverso un’istruzione inclusiva all’interno delle scuole comuni. In Italia, tutti i bambini sono scolarizzati in un unico tipo di istituto scolastico per tutta la durata della scuola dell’obbligo: i bambini affetti da handicap sono integrati nelle classi ordinarie della scuola pubblica, e lo Stato ha creato dei servizi psico-pedagogici che devono assicurare la presenza in queste classi di un insegnante detto «di sostegno», che coordina l’azione degli assistenti e collabora con l’insegnante che ha in carico la classe, condividendone la responsabilità. Se la situazione dell’alunno lo necessita, sono previsti altri professionisti, come gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, che hanno il compito «di eliminare le barriere percettive e sensoriali», e gli assistenti educativi, che accompagnano l’alunno allo scopo di favorire l’autonomia e la socializzazione (si veda il paragrafo 18 supra).

56. Nella presente causa, la ricorrente, una bambina affetta da autismo non verbale, ha affermato di non avere potuto beneficiare dell’assistenza specializzata prevista dalla legge.

57. Il compito della Corte è dunque di verificare se le autorità nazionali abbiano effettivamente adempiuto gli obblighi posti a loro carico in virtù dell’articolo 14 della Convenzione, in combinato disposto con l’articolo 2 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, nei confronti della ricorrente entro i limiti del loro margine di apprezzamento, e se abbiano messo in atto delle soluzioni ragionevoli allo scopo di assicurarle il godimento dei suoi diritti sanciti dall’articolo 2 del Protocollo n. 1 in combinato disposto con l’articolo 14.

58. La Corte deve dunque valutare la diligenza con cui le autorità hanno reagito di fronte alla situazione sottoposta alla loro attenzione.

ii. Il rifiuto di fornire l’assistenza specializzata alla ricorrente

59. Nel caso di specie, la ricorrente afferma che il fatto che non abbia potuto beneficiare di un'assistenza specializzata durante i primi due anni di scuola elementare costituisce un trattamento discriminatorio nei suoi confronti. Su questo punto, la Corte osserva che, al momento dei fatti, varie disposizioni legislative sancivano il diritto dei bambini affetti da handicap all'istruzione e a essere tutelati contro la discriminazione (si veda il diritto interno pertinente, paragrafi 17 18 supra).

60. La Corte sottolinea che, prevedendo l'inclusione dei bambini portatori di handicap negli istituti scolastici comuni, il legislatore nazionale ha operato una scelta che rientra nel suo margine di apprezzamento. Essa osserva che, nel caso di specie, dai documenti del fascicolo risulta che, sebbene la legge prevedesse in maniera astratta la messa in atto di «accomodamenti» ragionevoli senza lasciare, a tale riguardo, il minimo margine di manovra all'amministrazione, le autorità nazionali competenti non hanno precisato concretamente in quale modo tali accomodamenti avrebbero dovuto essere messi in atto dal 2010 al 2012, e che in questo modo la ricorrente non ha beneficiato, durante tale periodo, di un’assistenza specializzata corrispondente alle sue esigenze didattiche specifiche.

61. Ribadendo che la Convenzione è volta a garantire diritti concreti ed effettivi, la Corte rammenta che, nel contesto della presente causa, essa deve tenere conto dell'evoluzione del diritto internazionale ed europeo e rispondere, ad esempio, al consenso che eventualmente emerga a questi livelli per quanto riguarda gli standard da raggiungere nel settore in questione (paragrafi 51 e 53 supra).

62. La Corte considera, perciò, che l'articolo 14 della Convenzione debba essere interpretato alla luce delle condizioni enunciate nei testi sopra menzionati, e soprattutto della CRDPH (si veda il paragrafo 26 supra). Ai sensi di tale strumento, gli «accomodamenti ragionevoli» che le persone affette da handicap hanno il diritto di attendersi sono «le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo» adottati «ove ve ne sia necessità in casi particolari» per garantire a tali persone «il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (articolo 2, paragrafo 26 supra), e la discriminazione fondata sull'handicap «comprende tutte le forme di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole». In effetti, le misure suddette hanno lo scopo di correggere delle ineguaglianze di fatto (paragrafo 26 supra, si vedano anche, mutatis mutandis, Çam, sopra citata, §§ 65 e 67, e Şanlısoy c. Turchia (dec.), n. 77023/12, § 60, 8 novembre 2016).

63. Certamente, non spetta alla Corte definire gli «accomodamenti ragionevoli»– che possono assumere diverse forme, sia materiali che immateriali – da mettere in atto nel campo dell'istruzione per rispondere alle esigenze educative delle persone affette da handicap, e le autorità nazionali si trovano in una posizione migliore per farlo rispetto alla Corte (si veda, ad esempio, Çam, sopra citata, § 66). Tuttavia, è importante che gli Stati siano particolarmente attenti alle scelte che operano in questo ambito, tenuto conto dell'impatto che tali scelte hanno sui bambini con disabilità, la cui vulnerabilità particolare non può essere ignorata (paragrafo 54 supra).

64. Nella fattispecie, la Corte deve dunque verificare, tenuto conto del fatto che lo Stato aveva previsto di offrire un'istruzione inclusiva ai bambini affetti da handicap, se l'amministrazione avesse dei motivi validi per privare la ricorrente dell’accesso all’assistenza specializzata (paragrafo 34 supra).

65. Il Governo ha fondato la sua tesi principalmente sull’argomentazione secondo la quale a causa dell'assegnazione degli unici fondi disponibili alle necessità delle persone affette da SLA, le autorità non disponevano di risorse finanziarie che potessero essere rapidamente destinate al sostegno scolastico. Il Governo afferma inoltre che, in ogni caso, l'amministrazione scolastica ha messo in atto, a proprie spese, un'assistenza specializzata assicurata da alcuni degli impiegati della scuola, senza fornire tuttavia alcuna informazione sulle competenze specifiche di queste persone o sull'aiuto fornito, né alcuna precisazione circa i periodi e le ore interessate. A tale proposito, la Corte osserva, inoltre, che, secondo gli elementi che le sono stati comunicati, la scuola ha speso 476,56 EUR per i servizi forniti da sei persone per un anno scolastico.

66. Tenuto conto delle spiegazioni date dal Governo, la Corte ritiene che non vi siano dubbi sul fatto che la ricorrente non ha potuto continuare a frequentare la scuola elementare in condizioni equivalenti a quelle di cui beneficiavano gli alunni non affetti da handicap, e che tale disparità di trattamento era dovuta alla sua disabilità. Essa non può che constatare che, per due anni scolastici, al di fuori di un’assistenza privata pagata dai genitori della ricorrente e degli interventi di alcuni impiegati della scuola, sui quali il Governo non ha fornito alcuna precisazione, la ricorrente non ha ricevuto l'assistenza specializzata alla quale aveva diritto e che doveva permetterle di beneficiare del servizio educativo e sociale offerto dalla scuola in condizioni di parità con gli altri alunni.

iii. Il procedimento dinanzi ai giudici amministrativi

67. La ricorrente ha adito i giudici amministrativi, che hanno respinto le sue richieste, considerando che la mancanza di risorse economiche giustificasse il fatto che non le fosse stata fornita un’assistenza specializzata, senza verificare se le autorità avessero garantito un giusto equilibrio tra le sue esigenze educative e la capacità limitata dell’amministrazione di farvi fronte, né se la dedotta discriminazione fosse fondata. In particolare, i giudici amministrativi non hanno verificato se le restrizioni di bilancio invocate dall’amministrazione avessero avuto lo stesso impatto sull'offerta formativa per i bambini non affetti da handicap e per quelli affetti da handicap.

68. La Corte osserva che in nessun momento i giudici nazionali hanno previsto la possibilità che la mancanza di risorse o la necessità straordinaria di fornire delle cure in via prioritaria alle persone affette da una patologia grave potessero essere compensate non da una modifica degli accomodamenti ragionevoli che permettono di garantire ai bambini affetti da handicap la parità delle opportunità, ma con una riduzione dell'offerta formativa distribuita equamente tra gli alunni non affetti da handicap e gli alunni affetti da handicap, e questo sebbene la Corte di cassazione avesse già sottolineato tale aspetto nelle sue sentenze (paragrafo 19 supra). Essa ritiene a tale riguardo che, tenuto conto da una parte del modello di inclusione scolastica adottato in Italia, nel quale tutti gli alunni sono accolti nello stesso corso di studi, e dall'altra della giurisprudenza della Corte di cassazione, le eventuali restrizioni di bilancio devono incidere sull'offerta formativa in maniera equivalente per gli alunni affetti da handicap e per quelli non affetti da handicap.

69. La Corte rammenta a questo proposito che, secondo l'articolo 15 della Carta sociale europea riveduta (paragrafo 27 supra), gli Stati devono «favorire la completa integrazione e partecipazione alla vita sociale [delle persone affette da handicap] mediante misure, compresi i presidi tecnici, volte a sormontare gli ostacoli alla comunicazione e alla mobilità» (si vedano anche, nel paragrafo 26 supra, gli articoli 24 § 2 c) e d) e 24 § 3 a) della CRDPH). Nella fattispecie, la ricorrente avrebbe dovuto beneficiare di un'assistenza specializzata volta a promuovere la sua autonomia e la sua comunicazione personale, e a migliorare il suo apprendimento, la sua vita relazionale e la sua integrazione scolastica, per escludere il rischio di emarginazione. La Corte rammenta che, nella sua Raccomandazione Rec(2006)5 (paragrafo 29 supra), il Comitato dei Ministri ha sottolineato che «la creazione di opportunità per i disabili che consentano loro la partecipazione all’istruzione tradizionale non è solo importante per i disabili, ma ne beneficerà anche la comprensione della diversità umana da parte dei non disabili».

iv. Conclusioni della Corte

70. Alla luce di tutti gli elementi sopra esposti la Corte conclude che, nel caso di specie, le autorità non hanno cercato di determinare le vere necessità della ricorrente e le soluzioni che potessero rispondervi al fine di permetterle di frequentare la scuola elementare in condizioni equivalenti, per quanto possibile, a quelle di cui beneficiavano gli altri bambini senza per questo imporre all'amministrazione un onere sproporzionato o eccessivo (si veda, a contrario, Sanlisoy, sopra citata, in cui la Corte ha dichiarato che il rifiuto di una scuola privata di procedere alla scolarizzazione del ricorrente, un bambino di 7 anni autistico, non costituiva una negazione sistematica del suo diritto all'istruzione a causa del suo autismo; né un inadempimento da parte dello Stato dei suoi obblighi previsti dall’articolo 2 del Protocollo n. 1 in combinato disposto con l’articolo 14 della Convenzione; e anche Stoian c. Romania [comitato], n. 289/14, 25 giugno 2019, in cui la Corte ha ritenuto che le autorità nazionali avessero destinato delle risorse alle scuole del ricorrente, un bambino affetto da disabilità, in maniera idonea a rispondere alle sue necessità speciali).

71. La Corte ritiene inoltre che la discriminazione subita dalla ricorrente sia ancor più grave in quanto è avvenuta nell'ambito dell'insegnamento primario, che fornisce le basi dell’istruzione e dell’integrazione sociale e le prime esperienze di vita sociale – e che è obbligatorio nella maggior parte dei paesi (si veda, mutatis mutandis, Ponomaryovi, sopra citata, §§ 56 57).

72. Considerati tutti questi elementi, la Corte conclude che, nel caso di specie, il Governo non abbia dimostrato che le autorità nazionali hanno agito con la diligenza richiesta per garantire alla ricorrente il godimento del suo diritto all'istruzione su un piano di parità con gli altri alunni, così da garantire un giusto equilibrio tra gli interessi coesistenti in gioco.
Pertanto, vi è stata violazione dell'articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l'articolo 2 del Protocollo n. 1.

73. Alla luce di questa conclusione, la Corte ritiene che non sia necessario esaminare separatamente la doglianza relativa all'articolo 2 del Protocollo n. 1 (si vedano, mutatis mutandis, Darby c. Svezia, 23 ottobre 1990, § 35, serie A n. 187, Pla e Puncernau c. Andorra, n. 69498/01, § 64, CEDU 2004 VIII, Oršuš e altri, sopra citata, § 186, e Çam, sopra citata, § 70).

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN COMBINATO DISPOSTO CON L’ARTICOLO 14

74. La ricorrente ritiene inoltre di avere subìto una lesione, a suo parere discriminatoria, del suo diritto al rispetto della vita privata, e considera che il fatto di non avere beneficiato di servizi di istruzione specializzata abbia pregiudicato il suo sviluppo personale e intellettuale e ridotto le sue possibilità presenti e future di condurre una vita degna in quanto membro a pieno titolo della comunità.

75. Il Governo, da parte sua, afferma che le autorità hanno adottato misure di sostegno adeguate per assicurare l’istruzione della ricorrente, la sua formazione, la sua socializzazione e la sua integrazione a scuola.

76. La Corte ritiene che questa doglianza sia strettamente connessa a quella che ha appena esaminato, e debba pertanto essere dichiarata anch’essa ricevibile. Tuttavia, considerate le osservazioni fatte nei paragrafi 70-72 supra e la constatazione alla quale è giunta nel paragrafo 73, essa ritiene di non doverla esaminare separatamente.

III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

77. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione:
«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno materiale

78. La ricorrente chiede la somma di 2.520 euro (EUR) per il danno materiale, affermando che tale somma rappresenta il costo dell’assistenza specializzata privata di cui si sono fatti carico i suoi genitori nell’anno scolastico 2011/2012.

79. Inoltre, la ricorrente chiede alla Corte di accordarle una somma equa per danno morale, e ritiene che, tenuto conto del fatto che l’impossibilità in cui si è trovata di beneficiare di un’assistenza adeguata ha ostacolato il suo sviluppo e leso il suo diritto all’istruzione e il suo diritto al rispetto della vita privata, la somma di 10.000 EUR potrebbe essere considerata equa, rimettendosi in ogni caso al giudizio della Corte.

80. Il Governo sostiene che le richieste della ricorrente non hanno alcuna base legale e che i genitori dell’interessata hanno scelto liberamente di ricorrere a un’assistenza specializzata privata.

81. La Corte constata che vi è un nesso di causalità diretto tra la violazione accertata e il danno materiale dedotto, ossia le spese sostenute dai genitori della ricorrente per permettere alla figlia di beneficiare di un’assistenza specializzata privata durante l’anno scolastico 2011/2012. Tenuto conto dei documenti in suo possesso, essa ritiene ragionevole accordare alla ricorrente la somma di 2.520 EUR a questo titolo.

82. Considerando inoltre che il fatto di essere stata privata per due anni scolastici di un’assistenza specializzata ha fatto subire alla ricorrente un pregiudizio morale, la Corte ritiene opportuno accordarle a questo titolo la somma richiesta di 10.000 EUR.

B. Spese

83 Producendo i relativi documenti giustificativi, la ricorrente richiede la somma di 4.175 EUR per le spese sostenute nell’ambito del procedimento condotto dinanzi ai giudici interni, e la somma di 8.000 EUR per le spese sostenute per il procedimento condotto dinanzi alla Corte, somma calcolata in base al tariffario nazionale.

84. Il Governo ritiene che la domanda di rimborso delle spese sostenute per il procedimento interno sia priva di base giuridica.

85. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti di cui dispone e dei criteri sopra menzionati, la Corte ritiene ragionevole accordare alla ricorrente la somma di 4.175 EUR per le spese sostenute per il procedimento interno, somma corrispondente alle spese sostenute ai fini del procedimento condotto dinanzi ai giudici amministrativi. La Corte respinge invece la domanda relativa alle spese sostenute per il procedimento dinanzi ad essa, in quanto la ricorrente non ha prodotto alcun documento giustificativo a questo proposito.

C. Interessi moratori

86. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 2 del Protocollo n. 1;
  3. Dichiara non doversi esaminare separatamente il merito delle doglianze formulate dal punto di vista dell’articolo 2 del Protocollo n. 1;
  4. Dichiara non doversi esaminare separatamente il merito delle doglianze formulate dal punto di vista dell’articolo 8 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 14;
  5. Dichiara
    1. che lo Stato convenuto deve versare alla ricorrente, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le somme seguenti:
      1. 2.520 EUR (duemilacinquecentoventi euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno materiale,
      2. 10.000 EUR (diecimila euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta, per danno morale,
      3. 4.175 EUR (quattromilacentosettantacinque euro), più l’importo eventualmente dovuto su tale somma a titolo di imposta dalla ricorrente, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  6. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Ksenija Turković
Presidente

Abel Campos
Cancelliere

Alla presente sentenza è allegata, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 del regolamento, l’esposizione dell’opinione separata del giudice Wojtyczek.

K.T.U.
A.C.

OPINIONE CONCORDANTE DEL GIUDICE WOJTYCZEK

1. La motivazione della presente sentenza suscita almeno quattro riserve.

2. Il principio di non discriminazione lascia un potere discrezionale molto ampio al giudice (si veda l'opinione dissenziente dei giudici Pejchal e Wojtyczek allegata alla sentenza J.D. e A c. Regno Unito, nn. 32949/17 e 34614/17, 24 ottobre 2019). In queste condizioni, è necessario stabilire nella giurisprudenza degli standard più precisi che concretizzino il principio di non discriminazione e guidino l'azione delle autorità nazionali.
Ora, il ragionamento seguito nella presente sentenza sembra incerto per quanto riguarda il contenuto preciso dello standard che deve essere applicato. Nel paragrafo 62, viene posto il principio seguente come base giuridica:
« La Corte considera, perciò, che l'articolo 14 della Convenzione debba essere interpretato alla luce delle condizioni enunciate nei testi sopra menzionati, e soprattutto della CRDPH (si vedano i paragrafi 20-21 supra). Ai sensi di tale strumento, gli «accomodamenti ragionevoli» che le persone affette da handicap hanno il diritto di attendersi sono «le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo» adottati «ove ve ne sia necessità in casi particolari» per garantire a tali persone «il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (articolo 2, paragrafo 26 supra), e la discriminazione fondata sull'handicap «comprende tutte le forme di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole» (grassetto aggiunto).
A mio parere questa formula si basa su un'interpretazione corretta dell'articolo 14. Nelle cause relative al trattamento delle persone affette da disabilità, i principi di uguaglianza e di non discriminazione impongono agli Stati di procedere agli accomodamenti ragionevoli che le persone con disabilità hanno il diritto di attendersi; in altri termini, tali principi esigono delle modifiche e aggiustamenti necessari e appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo, apportati in funzione delle necessità in una determinata situazione. Ritengo che, nella presente sentenza, questo standard avrebbe dovuto essere invocato e poi utilizzato in maniera coerente per tutto il ragionamento.
Tuttavia, la motivazione della sentenza rinvia varie volte a standard formulati in maniera diversa. Nel paragrafo 66, si parla di «frequentare la scuola elementare in condizioni equivalenti a quelle di cui beneficiavano gli alunni non affetti da handicap». Questo approccio è più esigente di quello che impone l'obbligo di introdurre degli accomodamenti ragionevoli. Per molte disabilità è impossibile, anche sostenendo oneri finanziari molto importanti, garantire ai bambini interessati delle condizioni equivalenti a quelle di cui beneficiano gli alunni non affetti da disabilità.
Nel paragrafo 70, lo standard delle condizioni equivalenti è formulato con alcune qualificazioni e riserve: «permettere di frequentare la scuola elementare in condizioni equivalenti, per quanto possibile, a quelle di cui beneficiavano gli altri bambini senza per questo imporre all'amministrazione un onere sproporzionato o eccessivo.»
Il paragrafo 69 esprime un altro standard diverso: « Nella fattispecie, la ricorrente avrebbe dovuto beneficiare di un'assistenza specializzata volta a promuovere la sua autonomia e la sua comunicazione personale, e a migliorare il suo apprendimento, la sua vita relazionale e la sua integrazione scolastica, per escludere il rischio di emarginazione. Nella fattispecie, la ricorrente avrebbe dovuto beneficiare di un'assistenza specializzata volta a promuovere la sua autonomia e la sua comunicazione personale, e a migliorare il suo apprendimento, la sua vita relazionale e la sua integrazione scolastica, per escludere il rischio di emarginazione.» Lo scopo non è più quello di garantire delle condizioni equivalenti ma, in maniera più modesta, di escludere il rischio di emarginazione, e niente di più.

3. La motivazione della sentenza evidenzia i diritti che sono riconosciuti ai bambini affetti da disabilità in Italia e insiste sul fatto che la legislazione italiana non è stata applicata nel caso di specie. Un tale approccio è dibattuto, in quanto sembra collegare la violazione della Convenzione che è stata constatata al fatto che la legislazione nazionale non sia stata rispettata. Ora, la questione del rispetto dell’articolo 14 e quella del rispetto della normativa nazionale sono due questioni distinte. Ci può essere violazione dell'articolo 14 in assenza di violazione della legislazione nazionale. Inversamente, delle misure possono essere dichiarate conformi all'articolo 14 mentre sono insufficienti dal punto di vista del diritto nazionale.

4. Nel paragrafo 68, la Corte prende posizione su questioni di giustizia distributiva e formula l'opinione seguente per quanto riguarda la ripartizione delle risorse disponibili:
«La Corte osserva che in nessun momento i giudici nazionali hanno previsto la possibilità che la mancanza di risorse o la necessità straordinaria di fornire delle cure in via prioritaria alle persone affette da una patologia grave potessero essere compensate non da una modifica degli accomodamenti ragionevoli che permettono di garantire ai bambini affetti da handicap la parità delle opportunità, ma con una riduzione dell'offerta formativa distribuita equamente tra gli alunni non affetti da handicap e gli alunni affetti da handicap, e questo sebbene la Corte di cassazione avesse già sottolineato tale aspetto nelle sue sentenze (paragrafo 19 supra). Essa ritiene a tale riguardo che, tenuto conto da una parte del modello di inclusione scolastica adottato in Italia, nel quale tutti gli alunni sono accolti nello stesso corso di studi, e dall'altra della giurisprudenza della Corte di cassazione, le eventuali restrizioni di bilancio devono incidere sull'offerta formativa in maniera equivalente per gli alunni affetti da handicap e per quelli non affetti da handicap.»
Queste affermazioni mi sembrano problematiche in quanto rientrano nell'ambito della gestione delle risorse di bilancio e contengono delle raccomandazioni precise per quanto riguarda il modo in cui sarebbe opportuno distribuire le risorse disponibili. Ritengo che sarebbe preferibile non formulare raccomandazioni in questo ambito e lasciare agli Stati la libertà di scegliere i metodi finanziari che ritengono più idonei per garantire la buona esecuzione degli obblighi che derivano dalla Convenzione. Rammento in questo contesto che, nella sentenza Çam c. Turchia (n. 51500/08, § 66, 23 febbraio 2016), la Corte ha sottolineato «che non ha il compito di definire i mezzi da mettere in atto per rispondere alle necessità educative dei bambini con disabilità» (cfr. anche con la sentenza emessa nella causa Stoian c. Romania, n. 289/14, § 109, 25 giugno 2019).

5. La Corte prende posizione anche sul modo in cui è opportuno organizzare l’istruzione per i bambini con disabilità quando esprime l'opinione seguente:
«Essa [La Corte] sottolinea, inoltre, che è riconosciuto in tali strumenti che il mezzo più appropriato per garantire questi principi fondamentali è l'istruzione inclusiva, volta a promuovere la parità delle opportunità di ciascuno e, soprattutto, delle persone con disabilità (Çam, sopra citata, § 64, con i riferimenti ivi citati). L’istruzione inclusiva è dunque senza dubbio uno degli elementi della responsabilità internazionale degli Stati in questo ambito (Enver Şahin c. Turchia, n. 23065/12, § 62, 30 gennaio 2018).»
L’istruzione inclusiva è senza dubbio la migliore soluzione per molte disabilità. Tuttavia, essa non permette sempre di tenere conto delle necessità specifiche di bambini affetti da alcuni tipi di disabilità (si veda, in particolare, Dupin c. Francia, n. 2282/17, 24 gennaio 2019). Alcuni bambini autistici, in particolare, hanno un notevole bisogno di sicurezza, di tranquillità e di accettazione. Degli studi scientifici dimostrano che in questi bambini l'istruzione inclusiva può suscitare forti sofferenze e nuocere allo sviluppo, mentre alcune scuole specializzate danno risultati molto migliori e permettono di ridurre le loro sofferenze. Di conseguenza, il fatto di raccomandare l’istruzione inclusiva presentando questa soluzione come il mezzo più adatto in maniera generale solleva degli interrogativi e suscita alcune riserve.


NOTE

1 Gli assistenti per l'autonomia e la comunicazione, previsti dall'articolo 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992, hanno il compito, secondo la normativa vigente, di «eliminare le barriere percettive e sensoriali», mentre gli assistenti didattici accompagnano l'alunno al fine di favorire l'autonomia e la socializzazione nell'ambiente scolastico, coadiuvando l'insegnante di sostegno. I loro obiettivi sono quelli di aiutare gli alunni nelle attività scolastiche e ricreative, di aiutarli a mensa e nella cura dell'igiene personale. Possono accompagnarli durante le uscite culturali e i viaggi d’istruzione. Ad essi è affidato il compito noto come «assistenza di base» degli alunni con disabilità.

2 L'insegnante di sostegno è un insegnante con una formazione specifica in tutte le forme di disabilità.