Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 3 settembre 2020 - Ricorso n.59753/09 - Causa Grieco contro l'Italia

©Ministero della Giustizia, Direzione Generale degli Affari giuridici e legali, traduzione eseguita dalla dott.ssa Maria Caterina Tecca, funzionario linguistico.

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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA GRIECO c. ITALIA

(Ricorso n. 59753/09)

SENTENZA

STRASBURGO
3 settembre 2020

La presente sentenza è definitiva ma può subire modifiche di forma.

Nella causa Grieco c. Italia,
la Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in un Comitato composto da:
Aleš Pejchal, Presidente,
Pauliine Koskelo,
Tim Eicke, giudici,
e Renata Degener, cancelliere aggiunto di Sezione,
visto il ricorso presentato contro la Repubblica italiana con il quale in data 20 ottobre 2009 un cittadino italiano, il Sig. Aldo Grieco (“il ricorrente”) ha adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”);
vista la decisione di comunicare al Governo italiano (“il Governo”) la doglianza concernente l’ingerenza legislativa in un procedimento pendente e di dichiarare il ricorso irricevibile per il resto;
viste le osservazioni formulate dalle parti;
dopo aver deliberato in camera di consiglio in data 7 luglio 2020,
pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

La causa concerne l’intervento legislativo durante un procedimento in corso. In particolare, il ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che la promulgazione della Legge n. 296/2006 aveva costituito violazione del suo diritto a un equo processo.

IN FATTO

1. Il ricorrente è nato nel 1944 e vive a Foiano della Chiana. È stato rappresentato dall’avvocato E. Fatuzzo, del foro di Bergamo.

2. Il Governo è stato rappresentato dal suo ex agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo ex coagente, la Sig.ra M. L. Aversano.

3. Le circostanze della causa sono analoghe a quelle descritte nelle cause Maggio e altri c. Italia (nn. 46286/09 e altri 4, 31 maggio 2011) e Stefanetti e altri c. Italia (merito) (nn. 21838/10 e altri 7, 15 aprile 2014).

4. In data imprecisata il ricorrente, che aveva trasferito in Italia i contributi pensionistici che aveva versato in Svizzera, presentò una domanda all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (“INPS”) affinché riliquidasse la sua pensione, in conformità alla Convenzione italo-svizzera in materia di sicurezza sociale del 1962 (si veda “Il quadro giuridico e la prassi pertinenti” infra e i precedenti ivi citati), sulla base dei contributi che aveva versato in Svizzera per il lavoro ivi svolto per diversi anni. Come base per la liquidazione della sua pensione (in relazione alla sua retribuzione media negli ultimi cinque anni della sua vita lavorativa), l’INPS utilizzò una retribuzione teorica invece della retribuzione effettiva. Tale criterio comportò una riparametrazione sulla base dell’aliquota contributiva applicata in Svizzera (8%) e di quella applicata in Italia (32,7%), vale a dire che il calcolo fu basato su uno pseudo-salario, che ha comportato, secondo il ricorrente, che egli percepiva una pensione pari a un quarto di quanto avrebbe dovuto ricevere.

5. Conseguentemente, nel 2006, il ricorrente presentò ricorso al Tribunale di Arezzo (organo competente per le controversie di lavoro e previdenziali), sostenendo che ciò violava lo spirito della Convenzione italo-svizzera.

6. Mentre il pertinente procedimento pendeva dinanzi al Tribunale di Arezzo, in data 1° gennaio 2007 entrò in vigore la Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (“Legge n. 296/2006”).

7. In data 28 maggio 2009, in considerazione dell’entrata in vigore della Legge 296/2006, il Tribunale di Arezzo rigettò la domanda del ricorrente.

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI PERTINENTI

8. Il diritto e la prassi interni pertinenti relativi alla causa figurano nelle sentenze Maggio e altri c. Italia (sopra citata, §§ 27-35) e Stefanetti e altri (merito) (sopra citata, §§ 13-27).

IN DIRITTO

I. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE

9. Il ricorrente ha lamentato che l’intervento legislativo – vale a dire la promulgazione della Legge n. 296/2006, che ha modificato la pertinente giurisprudenza consolidata nelle more del procedimento – gli aveva negato il diritto a un equo processo ai sensi dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, che recita:

“Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente da un tribunale (…) chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (...)”

A. Sulla ricevibilità

10. La Corte rileva che il ricorso non è manifestamente infondato e non incorre in alcun altro motivo di irricevibilità elencato nell’articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.

B. Sul merito

11. Il ricorrente ha sostenuto che mediante la promulgazione della Legge n. 296/2006 il Governo aveva compiuto un’ingerenza a favore di una delle parti di un procedimento pendente. La Legge n. 296/2006 aveva introdotto un’interpretazione delle pertinenti disposizioni giuridiche che era diametralmente opposta al significato attribuito a esse dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione (in particolare successivamente alla sua sentenza del 2004 – si veda Stefanetti e altri c. Italia (merito), nn. 21838/10 e altri 7, § 17, 15 aprile 2014).

12. Il Governo si è limitato ad affermare che il ricorrente non ha subito alcun danno a causa dell’applicazione della legge. Ha sostenuto che la differenza tra l’importo della pensione che sarebbe stato pagato al ricorrente in assenza della Legge n. 296/2006 e l’importo effettivamente ricevuto ammontava a zero.

13. La Corte osserva che circostanze praticamente identiche avevano dato luogo a violazione dell’articolo 6 nelle cause Maggio e altri c. Italia (nn. 46286/09 e altri 4, 31 maggio 2011) e Stefanetti e altri (merito) (sopra citata), ed è convinta che nel presente ricorso non vi sia motivo per concludere diversamente.

14. Vi è conseguentemente stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione.

II. L’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

15. L'articolo 41 della Convenzione prevede:

“Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.”

A. ll danno

16. Il ricorrente ha chiesto euro (EUR) 410.175 per il danno patrimoniale ed EUR 25.000 per il danno non patrimoniale.

17. Il Governo ha sostenuto che, in considerazione della durata del periodo di lavoro in Svizzera, il ricorrente non ha subito alcun danno patrimoniale o non patrimoniale.

18. Visto il calcolo effettuato dall’INPS (si veda Stefanetti e altri c. Italia (equa soddisfazione), nn. 21838/10 e altri 7, § 22, 1 giugno 2017), che ha tenuto conto della differenza tra l’importo della pensione che avrebbe dovuto essere pagata al ricorrente in assenza della Legge n. 296/2006, e l’importo effettivamente ricevuto, la Corte ritiene che non vi sia motivo per liquidare al ricorrente alcuna somma per il danno patrimoniale.

19. Riguardo al danno non patrimoniale, la Corte ritiene che la constatazione di violazione nella presente sentenza sia sufficiente a risarcire il ricorrente per il danno non patrimoniale subito.

B. Le spese

20. Il ricorrente ha chiesto anche una somma forfettaria pari a EUR 10.000 per le spese sostenute dinanzi ai tribunali interni e dinanzi alla Corte.

21. Il Governo ha sostenuto che non dovesse essere liquidata alcuna somma a tale titolo.

22. Visti i documenti di cui è in possesso e la sua giurisprudenza, la Corte ritiene ragionevole accordare la somma di EUR 500, che copre tutte le voci delle spese.

C. Gli interessi moratori

23. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ

  1. Dichiara il ricorso ricevibile;
  2. Ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione;
  3. Ritiene che la constatazione di violazione costituisca una sufficiente equa soddisfazione per il danno non patrimoniale subito dal ricorrente;
  4. che lo Stato convenuto debba versare al ricorrente, entro tre mesi, la seguente somma:
    1. EUR 500 (euro cinquecento), oltre l’importo eventualmente dovuto dal ricorrente a titolo di imposta, per le spese;
    2. che a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice a un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, maggiorato di tre punti percentuali.
  5. Rigetta la domanda di equa soddisfazione del ricorrente per il resto.

Aleš Pejchal
Presidente

Renata Degener
Cancelliere aggiunto